LA SOCIALIZZAZIONE INFANTILE - Cara Flanagan
Introduzione
Obiettivo del libro è chiarire come le primissime esperienze infantili
modellino la natura psicologica di ciascuno (essendo la base dello
sviluppo emotivo dell'individuo)
Una parte determinante della nostra personalità è infatti costituita da un
Sé emotivo che influenza ogni altra dimensione dello sviluppo.
Le prime esperienze sociali del neonato sono il tramite attraverso cui
prende avvio il suo sviluppo emotivo. Un punto di partenza emotivo sicuro,
una base sicura da cui procedere nel suo sviluppo emotivo, sono necessari
al bambino per esplorare il mondo senza tensione.
Tale sicurezza deriva al bambino dai legami che è capace di creare
naturalmente con le persone. Alcune di queste relazioni sociali sono
privilegiate, ad esempio il bambino crea un legame specifico con il/i
caregiver (la/le persone che si prendono cura di lui). Gli attaccamenti
producono sicurezza e consentono al bambino di esplorare la realtà
circostante.
Lo studio della prima socialità dei bambini non solo permette di capire il
processo di sviluppo umano, ma consente alle persone che si occupano dei
bambini di fornire loro esperienze precoci migliori.
1. Alcune visioni tradizionali dell'infanzia
I nostri atteggiamenti sono figli della storia e della cultura con cui
abbiamo a che fare. Così, le modalità di allevamento dei figli erano e
restano legate al modello di età adulta vigente in una cultura. I filosofi
del '600 e del '700 hanno contribuito a modificare l'accezione
dell'infanzia. Se prima di allora si era diffuso un pensiero che
considerava i bambini egoisti e mossi da istinti da controllare (dovevano
essere socializzati per diventare adulti) Russeau pensava che i bambini
avessero fin dalla nascita il senso del giusto e dell'ingiusto e che si
dovesse rispettare questa primigenia bontà, consentendo uno sviluppo
libero e naturale.
1.1 L'alba dell'infanzia
La considerazione dell'infanzia come periodo importante e distinto dello
sviluppo si è fatta strada lentamente. La scolarizzazione obbligatoria
fece la sua comparsa solo nella seconda metà del XIX sec. E risale a
quegli stessi anni il primo caso di abuso infantile, per il quale ci si
appellò alla sola legge allora disponibile - che sanzionava le violenze
sugli animali - . Si affermava così che la bambina maltrattata faceva
parte del regno animale e doveva pertanto essere protetta dal tribunale
non meno di ogni altro essere vivente non umano.
2. L'infanzia nel XX sec.
Nel XX sec. ci fu un nuovo passo in avanti relativamente alle idee
sull'infanzia e si riconobbero gli effetti che la deprivazione era capace
di produrre sul bambino in via di sviluppo, in particolare sul piano
emotivo.
Freud fu il primo a riconoscere che le esperienze precoci possono avere
conseguenze durature determinando anche una patologia nell'individuo
adulto.
2.1 L'ipotesi della deprivazione di cure materne
Attorno alla seconda guerra mondiale furono pubblicati diversi studi
psicologici sugli effetti della deprivazione e della separazione precoce
del bambino dai genitori, nel tentativo di sapere se tali eventi potessero
causare disturbi emotivi duraturi.
Spitz e Wolf (1946) studiando un campione di 100 bambini separati
precocemente dalle loro madri, scoprirono che tendevano a sviluppare una
forma di depressione che chiamarono anaclitica (Bowlby parlò di psicopatia
da mancanza di affetto).
Skeels e Dye (1936) e più tardi Skodak e Skeels rilevarono che i bambini
ricoverati
negli
orfanotrofi
tendevano
a
manifestare
un
deficit
intellettuale che poteva essere compensato dando loro maggiori cure o
trasferendoli in una struttura per adulti mentalmente ritardati. Tali
ricerche dimostrarono in sostanza che la deprivazione di cure ed
attenzioni durante i primi anni di vita produceva conseguenze durature.
A John Bowlby si devono le teorie più influenti sulla deprivazione
(l'ipotesi
della
deprivazione
di
cure
materne
e
la
teoria
dell'attaccamento). Egli introdusse concetti rivoluzionari che suggerivano
come la deprivazione materna potesse causare malattia mentale e deficit
cognitivi.
Nel
1953
l'OMS
(organizzazione
mondiale
della
Sanità)
commissionò a Bowlby un rapporto che egli chiamò "cure materne e salute
mentale" in cui con una celebre frase paragonò gli effetti pesanti e
duraturi che la deprivazione prolungata di cure materne in un bambino
piccolo aveva sulla strutturazione del carattere, a quelli della
deprivazione di vitamine.
2.2 Valutazione
Nonostante il limite di queste ricerche (è infatti difficile sapere se le
conseguenze rinvenute dipendessero da deprivazione psicologica e non
invece da quella fisica) il lavoro di Bowlby ha avuto il merito di
favorire, sul piano politico, la lotta all'istituzionalizzazione (B.
riteneva infatti che una cattiva famiglia fosse meglio di un buon
istituto). Nello stesso tempo il suo lavoro fu strumentalizzato per
elaborare un tesi (quella che se la presenza della madre è indispensabile
al benessere dei figli, è giusto che stia a casa e non lavori) in linea
con i bisogni del governo di allora.
2.3 Imprinting e formazione del legame
Lo sviluppo successivo della teoria di Bowlby è stato influenzato dalle
ricerche dell'etologo Konrad Lorenz sulle anatre, e di Harry Harlow sulle
scimmie rhesus.
Lorenz: gli anatroccoli sono geneticamente predisposti a fissarsi sul
primo oggetto in movimento percepito alla nascita. Quest'impressione
durevole determina la formazione di un legame fra il piccolo e chi ne ha
cura, fondamentale per la sopravvivenza e la capacità riproduttiva futura.
Tale processo si verifica con maggiore facilità in un periodo definito
periodo sensibile, successivo alla nascita.
Harlow: dimostrò come la deprivazione della possibilità di un contatto
fisico interattivo (le scimmie avevano a disposizione solo madri di
stoffa) produca nei piccoli conseguenze gravi e permanenti tra cui
l'incapacità, nell'età adulta, di formare relazioni sessuali efficaci sul
piano riproduttivo.
2.4 Imprinting, formazione del legame e attaccamento
Termini talvolta usati come sinonimi.
Reber (1995) ha definito il legame come:
la formazione di un rapporto (...) fra la prole e in genere la figura
materna. Il termine legame è stato usato da alcuni autori anche come
sinonimo di attaccamento. Altri hanno preferito considerarlo come
processo distinto che ha luogo nelle primissime ore dopo la nascita.
un
Lo stesso Rober ha poi definito l'attaccamento come "legame emotivo".
Harlow ha parlato alternativamente di formazione del legame e di legami di
attaccamento. L'imprinting è unanimemente considerato una specifica forma
di apprendimento che si determina rapidamente nelle prime fasi di
sviluppo. Ma non è chiaro se sia presente o meno nei mammiferi.
Proposta terminologica:
Imprinting - usare questo termine per gli animali a sviluppo precoce come
gli anatroccoli. È una modalità specifica di apprendimento che ha luogo
nella prime fasi dello sviluppo e che determina importanti conseguenze per
la protezione, ed in seguito, riproduzione dell'individuo.
Formazione del legame - usare l'espressione per riferirsi a certe forme di
relazione presenti negli animali non umani (le scimmie di Harlow) e al
legame che si crea tra i bambini molto piccoli e le figure di cura.
Attaccamento - riservare questo termine al legame di natura emotiva che si
sviluppa molto più lentamente nei mammiferi superiori e nei bambini più
grandi.
2.5 La teoria bowlbiana dell'attaccamento
Nella sua formulazione originale la teoria bowlbiana è una teoria della
deprivazione materna che risente della formazione psicoanalitica freudiana
dell'autore. Secondo alcuni il concetto bowlbiano di deprivazione si
richiamerebbe a quello di deprivazione orale formulato da Freud, in quanto
entrambi determinano esiti negativi prevedibili nell'età adulta.
Alla luce delle ricerche empiriche di Lorenz ed Harlow, B. riformulò la
sua teoria secondo una prospettiva più etologica.
L'etologia è lo studio del comportamento animale, attento agli schemi
osservabili di condotta e alle loro funzioni, prescindendo dai processi
psicologici e cognitivi. Gli etologi sono attenti a quei comportamenti
importanti per l'adattamento del singolo e della specie all'ambiente. Il
valore per la sopravvivenza di un determinato comportamento è espresso
dalla sua adattività1 (ogni condotta che è in grado di accrescere le
probabilità riproduttive e di sopravvivenza è adattiva).
2.6 Socievolezza
Bowlby ha sostenuto che l'attaccamento sia un processo adattivo e innato.
Nel bambino ci sarebbe infatti un'innata socievolezza che lo porterebbe a
rispondere agli stimoli sociali e a stimolare la presa in carico
dell'adulto. Analogamente gli adulti sarebbero "programmati" a rispondere
agli stimoli sociali provenienti dal bambino. É proprio quest'innata
socievolezza che porta alla formazione di legami di attaccamento
reciproci,
diretti
a
mantenere
la
vicinanza
e
a
promuovere
la
sopravvivenza.
2.7 Studi interculturali
Non tutte le culture condividono l'importanza che la cultura occidentale
dà all'attaccamento per lo sviluppo sano dell'individuo. Nello stesso
tempo le ricerche empiriche mostrano l'universalità degli effetti della
deprivazione e dell'attaccamento.
1
Può essere definita come il grado in cui un certo comportamento aumenta le probabilità riproduttive di un dato
individuo, e quindi anche la sopravvivenza delle sue caratteristiche genetiche.
Capitolo 1. Socievolezza
La Socievolezza è la tendenza a cercare e mantenere la compagnia dei
propri simili. É una caratteristica temperamentale innata che subisce poi
un rinforzo attraverso le esperienze successive.
Anche i bambini amano interagire con persone, animali ed oggetti. Tali
interazioni sono centrali nella formazione di relazioni emotivamente
significative.
Il bambino che stimola e risponde alle interazioni sociali ha maggiore
probabilità di sviluppare relazioni siffatte. La socievolezza del bambino
dipende sia dalla natura che dalla cultura.
1. Abilità sociali innate
È possibile sostenere, adottando un'ottica evoluzionistica (definita così
perchè cerca di spiegare la condotta in base alla sua adattività e alla
sopravvivenza) che il bambino che riesce a stimolare l'interesse e
l'affetto degli adulti (dotato quindi di abilità sociali) aumenta le
proprie probabilità di sopravvivenza. Le abilità sociali sono i
comportamenti che permettono e promuovono le interazioni sociali.
Probabilmente anche negli adulti esiste una sorta di programmazione innata
a rispondere agli stimoli dei bambini. Le figure di cura incapaci di
rispondere finiscono per limitare le possibilità di sopravvivenza dei loro
figli. Pertanto, gli individui che sopravvivono tendono ad essere quelli
che da bambini sono stati in grado di produrre su base innata segnali
sociali in direzione del caregiver e che, una volta adulti, sono capaci di
rispondere a questi segnali.
1.1 I comportamenti specifici
Ecco un repertorio di comportamenti emessi dal bambino piccolo:
1- Faccia d'angelo. Tutti i cuccioli hanno un aspetto che li rende
attraenti. Certo l'aspetto del bambino può essere considerato un
comportamento solo se si considera il termine in senso lato.
2- Sorriso. Quando qualcuno ci sorride ci fa sentire che gli piacciamo e
c'invita a rispondere. Quando i bambini piccolissimi sorridono lo
fanno rispondendo a sensazioni interne di piacere. I primi sorrisi
sociali
(rivolti
a
qualcuno)
compaiono
probabilmente
attorno
all'ottava
settimana
dalla
nascita
ma
sono
difficilmente
distinguibili dai sorrisi non sociali.
3- Vocalizzi non di pianto. Segnali che comunicano piacere e stimolano
la risposta dell'adulto.
4- Pianto. Una delle funzioni del pianto è assicurarsi la risposta
dell'altro, la vicinanza del caregiver e quindi la sopravvivenza.
Nella società occidentale sembra prevalere l'idea che il pianto vada
limitato. Il bambino, con il suo pianto, rischia quindi di generare
una risposta controproducente (è il caso dei genitori che esercitano
violenza sui figli che non smettono di piangere).
5- Imitazione. È la forma più sincera di adulazione ma anche un modo per
comunicare piacere a gradimento. Studi sull'imitazione infantile
hanno messo in luce come già a 7 giorni i bambini sono capaci
d'imitare alcuni movimenti del viso partecipando, quindi, agli scambi
sociali
Il bambino piccolo dispone quindi di un ampio repertorio di condotte per
attirare e mantenere l'attenzione del caregiver, tra cui le emozioni che
già ad un mese è capace di esprimere (interesse, gioia, sorpresa, rabbia e
paura). Tali emozioni, secondo Izard, devono essere considerate innate in
quanto appartenenti a tutti i bambini normali fin da un'età molto precoce
ed interpretate in modo analogo in tutte le culture.
Le emozioni "secondarie" sono mescolanze di quelle primarie e tendono ad
avere una loro specificità culturale.
1.2 Sensibilità emotiva
Ci sono prove della capacità precoce del bambino di rispondere alle
espressioni emotive altrui e non soltanto di esprimere emozioni, fattore
questo molto importante nella costruzione delle relazioni interpersonali.
La costruzione di legami e di forme di attaccamento è infatti un processo
bidirezionale.
Se è vero che alla nascita il bambino ha una capacità visiva fissa di soli
20 cm, è anche vero che questa sua possibilità visiva può essere
sufficiente a discriminare le emozioni altrui.
Ad esempio, Bushnell e colleghi (1989) hanno scoperto che la maggior parte
dei bambini, alla nascita, preferisce il volto della madre a quello di un
estraneo (il bambino ha quindi determinate capacità discriminative).
Secondo Tronick, fin dai tre mesi il bambino è in grado di rispondere in
modo appropriato alle espressioni di gioia, rabbia e tristezza percepibili
nel volto della madre. A nove mesi è in grado di fare un passo in avanti
ed utilizzare quelle informazioni per regolare il proprio comportamento
sociale (capacità di riferimento sociale).
La conclusione di Shaffer è che "le emozioni abbiano un valore adattivo
per il bambino...".
Gli individui che non riescono ad interagire con le emozioni degli altri
finiscono per non riuscire a vivere le relazioni sociali. Probabilmente è
così che si può spiegare il comportamento autistico. Secondo Baron-Cohen e
colleghi (1985) l'isolamento sociale caratteristico dei bambini autistici,
potrebbe essere dovuto alla loro incapacità di sviluppare una teoria della
mente (cioè a comprendere che le altre persone abbiano stati mentali
diversi; ciò condizionerebbe la loro capacità ad impegnarsi in relazioni
emotivamente significative.
2. Abilità sociali acquisite
Le risposte degli adulti ai bambini determinano un rinforzo positivo al
loro comportamento (quando ne acclamano per esempio, un gorgheggio) o
negativo (quando tentano di evitare il ripetersi di un comportamento). Il
bambino comincia quindi ad apprendere fin dal momento della nascita.
3. Natura e cultura
Difficile sapere se i cambiamenti del comportamento che avvengono con la
crescita, siano dovuti ad una maturazione biologica che rende capaci di
nuove
forme
di
condotta
(ed
è
geneticamente
determinato)
o
ad
apprendimenti riconducibili alla cultura.
3.1 L'interesse per i volti umani
In un esperimento divenuto classico e riconfermato da ulteriori ricerche,
Fantz (1961) dimostrò l'interesse dei neonati per i volti umani (in
particolare le rappresentazioni schematiche dei volti). Tale interesse
potrebbe essere innato (come spiegare altrimenti la capacità del neonato
ad interagire con la giusta classe di oggetti - i volti - se non fosse in
grado di riconoscerli anticipatamente?) ma anche dovuto ai rinforzi
positivi ricevuti. Nè si può escludere la preferenza innata del neonato
per le forme simmetriche.
3.2 Sempre più sorrisi
Da quando il bambino inizia a sorridere lo fa sempre di più grazie ai
rinforzi positivi ricevuti. Si è rilevato infatti che i bambini ciechi
crescendo sorridono meno di quelli non affetti da questo handicap, e che
quelli istituzionalizzati lo fanno ancora meno dei bambini ciechi che in
qualche modo ricevono una risposta (non visiva) al sorriso.
4. Relazioni reciproche
Se un tempo si guardava al bambino come ad un essere piuttosto passivo,
ora grazie alle numerose ricerche sappiamo che non è così. Le ricerche di
Brazelton e colleghi (1975) ad esempio hanno mostrato come i bambini siano
in grado, fin da piccolissimi, di rispondere ai segnali provenienti dagli
adulti partecipando attivamente all'interazione con essi. La ricerca di
Brazelton mostrò anche che l'interazione sembrava seguire dei cicli
alternanti momenti d' attenzione e di non attenzione (sincronia
interattiva): a) fase di attenzione in cui c'era una rispondenza sempre
maggiore ai segnali della madre; b) fase di chiusura; c) fase di recupero.
In un secondo esperimento, i ricercatori alterarono l'interazione normale
chiedendo alla madre di comportarsi in modo non risponsivo per poter
valutare l'intenzionalità del comportamento del neonato. La sua reazione
consisteva in un primo momento nel tentare di ottenere l'attenzione
materna per poi, in alcuni casi, ritirarsi in atteggiamenti di
disperazione distogliendo lo sguardo. Non riscontrando una risposta al suo
comportamento, il neonato impara l'impotenza (tale studio ricorda quelli
di
Seligman
sull'impotenza
appresa).
Secondo
Stern
(1977)
l'iperstimolazione
avrebbe
conseguenze
altrettanto
negative
della
sottostimolazione, come dimostra il caso di un bambino che iperstimolato
da reazioni sociali eccessive nella voce e nel volto della madre (che non
riusciva a far desistere nemmeno distogliendo lo sguardo) sviluppò un
comportamento autistico (asociale), evitando qualunque contatto d'occhi
con l'interlocutore.
4.1 Problemi etici e metodologici
Gli
studi
descritti
hanno
tutti
una
caratteristica
comune:
la
manipolazione
delle
variabili
che
producevano
disagi
nei
bambini
coinvolti.
La presenza di reazioni di disagio e rifiuto nei bambini (che portò
Papousek e Papousek ad interrompere l'esperimento prima della fine) fa
nascere dei dubbi sulla liceità di ricerche di questo tipo. Anche dal
punto di vista metodologico ci si deve chiedere se siano realmente
attendibili o se la condotta dei bambini non sia, invece, influenzata
dalle aspettative dello sperimentatore.
5. Differenze individuali
La socievolezza è un tratto temperamentale individuale.
5.1 Fattori innati
Dev'essere considerata una delle cinque caratteristiche innate della
nostra personalità, insieme al:
- livello energetico
- irritabilità /emotività
- capacità di calmarsi
- timorosità
Una conferma alle tesi innatiste viene dalle ricerche condotte sui gemelli
omozigoti e dizigoti. Matheny (1983) ha scoperto che i gemelli MZ sono più
simili rispetto ai DZ anche quando venivano allevati con la convinzione
che fossero DZ (quindi senza nessuna aspettativa di somiglianza da parte
dei genitori).
5.2 L'influenza degli altri
Il grado di socievolezza di un bambino potrebbe dipendere dalla sicurezza
del suo attaccamento alle figure di cura (un attaccamento sicuro consente
al bambino di esplorare l'ambiente circostante senza timori ed angosce).
Ma visto che la sicurezza dell'attaccamento potrebbe dipendere dalla
socievolezza innata è difficile individuare un rapporto di causa-effetto
tra queste grandezze.
Probabilmente le differenze individuali di socievolezza possono essere
spiegate
con
l'atteggiamento
dei
genitori
che
incoraggiandone
le
manifestazioni fungono da buoni modelli sociali (genitori ansiosi alla
comparsa
di
figure
esterne
trasmetteranno
probabilmente
questo
comportamento al bambino). Il gioco con i genitori è importante per
l'apprendimento da parte del bambino dell'interazione con gli altri. I
bambini, figli di genitori che tendono ad essere direttivi e controllanti
nel gioco, tendono a ripetere questo atteggiamento nel gioco con i pari.
Shaffer (1993) si è anche chiesto in che modo la posizione del bambino
all'interno del nucleo familiare influenzi la socievolezza. Se ad un primo
sguardo sembrerebbe che i primogeniti siano più socievoli perchè hanno
ricevuto più attenzione sviluppando così maggiore fiducia nella relazione,
gli ultimogeniti sarebbero i più benvoluti perchè favoriti nella relazione
con gli altri dall'apprendimento precoce dell' interazione (con i fratelli
maggiori).
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1- quali sono le abilità sociali innate e quali le acquisite?
2- quali sono le caratteristiche della sensibilità emotiva precoce?
3- come fa il bambino piccolo a stimolare in modo innato la presa in
carico dell'adulto?
4- come fa il caregiver a rispondere in modo innato a queste
sollecitazioni?
5- come interagiscono natura e cultura nello sviluppo del pianto?
6- per quale ragione è così importante la reciprocità nella relazione fra
il bambino e il caregiver?
Capitolo 2. Imprinting e formazione di legami
Si può distinguere tra il processo di costruzione del legame riconoscendo
quest'ultimo come un elemento della fase iniziale della formazione di un
rapporto e pensando all' attaccamento come all'esito finale di tale
processo (caratterizzato più del legame, dall'aspetto cognitivo e
mentale).
1.Imprinting
E' un concetto mutuato dall'etologia e sostiene che ogni tratto utile alla
sopravvivenza e riproduzione del singolo, tende a fissarsi nel patrimonio
genetico della specie. Si può quindi dedurre che le caratteristiche degli
animali che ci circondano siano adattive, o almeno, compatibili con
l'adattamento. L'imprinting è una di queste caratteristiche.
1.1 Konrad Lorenz e le oche selvatiche
Esperimento: Lorenz divise una covata di oca selvatica in due gruppi. Un
primo gruppo venne lasciato con la madre naturale, l'altro posto in
incubatrice. Quando le uova di questo gruppo si schiusero si trovarono di
fronte Lorenz come primo oggetto mobile e cominciarono a seguirlo. Una
volta riunite tutte, le ochette si divisero automaticamente in due gruppi,
uno seguì la madre naturale, l'altro Lorenz.
Tali osservazioni furono pubblicate in un articolo del 1935 in cui Lorenz
spiegò come gli animali a sviluppo precoce, una volta persa la madre,
tendono a formare un legame con qualsiasi animale presente al momento,
trasformandolo in una sorta di "madre adottiva". Questo legame è
dimostrato dalla loro "tendenza a seguire" chiamata imprinting filiale,
presente solo negli animali a sviluppo precoce.
1.2 L'ipotesi del periodo critico
Il concetto di periodo critico viene dall'embriologia ed è usato da Lorenz
per indicare quel periodo di tempo ristretto durante il quale, a suo
parere, l'imprinting aveva luogo.
Hess (1958) scoprì che l'intensità massima della riposta a seguire
(imprinting) negli anatroccoli avveniva tra la tredicesima e la sedicesima
ora dopo la schiusa delle uova, e che, in quel momento, l'imprinting che
si realizzava era irreversibile. Inoltre scoprì che dopo 32 ore dalla
schiusa, gli anatroccoli perdevano quasi del tutto la capacità di
acquisire una risposta a seguire se non l'avevano appresa in precedenza.
Tali dati indicano che l'imprinting avviene durante un periodo critico
terminato il quale non può più presentarsi.
1.3 Periodo sensibile
In seguito a ricerche proprie ed altrui, Slukin (1965) arrivò alla
conclusione che il concetto di periodo critico fosse troppo rigido e
dovesse essere sostituito con il più corretto periodo sensibile. Inoltre
dimostrò come l'imprinting potesse aver luogo anche fuori dalla fase
critica, anche se con minor frequenza,
1.4 Elasticità
Un'ulteriore
caratteristica
dell'imprinting
è
la
sua
elasticità.
Nonostante il processo d'imprinting sia innato gli oggetti in grado di
stimolarlo non sono prefissati.
L'imprinting va infatti oltre l'individuo (è sovraindividuale) e può
essere stimolato da oggetti le cui caratteristiche sembrerebbero essere:
stimoli visivi e la loro presenza nel periodo sensibile. Lorenz scoprì
anche che non tutti gli uccelli sviluppano imprinting grazie a stimoli
visivi come le papere.
1.5 Conseguenze dell'imprinting
Una delle conseguenze dell'imprinting è l'imprinting sessuale, ossia una
forma d'imprinting attraverso la quale un individuo apprende ad
identificare i membri della sua specie ed in seguito ad utilizzare questa
capacità per scegliere un compagno (riuscendo così a riprodursi con
successo).
Immelmann
(1972)
ha
verificato
quanto
detto
con
un
esperimento
sull'allevamento congiunto di fringuelli zebrati con fringuelli bengalesi
(pag.39).
Qualcosa di simile avviene anche nella specie umana e si chiama "effetto
Westermack" secondo il quale bambini che hanno passato molto tempo insieme
durante i primi sei anni di vita, evitano in seguito di avere relazioni
sessuali. Tale comportamento è chiaramente orientato ad evitare l'incesto,
atto non adattivo in quanto la prole che ne deriva tende a sviluppare
disordini genetici recessivi.
1.6 Valutazione
Si può riassumere:
l'Imprinting
avviene
in
un
periodo
sensibile,
è
flessibile
(sovraindividuale), si stabilisce molto rapidamente, è irreversibile e ha
conseguenze durature. Tutte queste caratteristiche sono, peraltro oggetto
di dibattito (infatti l'imprinting potrebbe essere reversibile come altre
forme di apprendimeto).
Oggi si sa che l'imprinting è un fenomeno più "plastico" e si è riflettuto
sul fatto che non può essere, dopotutto, così diverso da altre forme di
apprendimento.
Anche l'apprendimento, infatti, può avvenire rapidamente senza particolari
sforzi coscienti ed essere irreversibile.
Allora probabilmente la caratteristica principale dell'Imprinting come
forma di apprendimento è quella di verificarsi nel modo migliore in un
particolare momento dello sviluppo.
Questa predisposizione innata ad apprendere durante uno specifico periodo
sensibile, potrebbe essere dovuta alla produzione di endorfine prodotte
autonomamente dal nostro organismo. Hoffman (1996) ha suggerito che certi
oggetti o alcune loro caratteristiche, possono produrre sensazioni
piacevoli che scatenano la produzione di endorfine.
In questo testo gli studi sull'Imprinting hanno notevole importanza
legandosi in qualche modo alle questioni dell'attaccamento, rilevanti per
l'autore.
Sicuramente tali ricerche dovranno essere valutate anche da un punto di
vista etico. Fino a che punto è accettabile manipolare i piccoli di
qualsiasi specie in nome di un interesse scientifico?
2. La formazione del legame negli animali
Harry Harlow ha condotto una serie di studi psicologici sulle scimmie
Rhesus.
I sui studi riguardavano in origine l'apprendimento ma le reazioni di tali
animali lo portarono a formulare delle osservazioni rispetto alla
formazione del legame e a continuare le sue ricerche in questo senso.
Esperimento 1: i piccoli di scimpanzè furono separate dalle loro madri e
svilupparono un particolare attaccamento nei confronti delle "imbottiture
sanitarie" disposte sul pavimento delle loro gabbie. Avevano dunque
sviluppato una forma di attaccamento verso questa sorta di "copertina di
sicurezza".
Esperimento 2: con il suo esperimento Harlow mette in crisi l'ipotesi
comportamentista degli anni '50, secondo la quale il processo di
formazione del legame tra il bambino e il caregiver si spiega con il fatto
che quest'ultimo, soddisfacendone la fame, gli dà piacere. Il bambino
assocerebbe questo piacere alla figura di cura formando con lui un
positivo legame di attaccamento.
L'esperimento mostra che il processo di formazione del legame è legato a
consolazioni fisiche diverse dalla sola nutrizione.
Madri di ferro: Harlow pose in gabbia per i primi 8 mesi di vita, singoli
esemplari di scimpanzè. In tali gabbie erano state costruite delle finte
madri: la prima costituita da un cilindro di ferro, un viso scimmiesco ed
un biberon, la seconda era un semplice cilindro di ferro rivestita di
panno. Si osservò che i piccoli tendevano a rifugiarsi dalla madre di
"panno" e a cercare l'altra esclusivamente per il cibo.
La tesi comportamentista era stata quindi confutata, ma la nuova tesi
restava compatibile con quella behaviorista nella misura in cui anche la
protezione e il benessere costituiscono non meno del cibo forme di
rinforzo.
Le scimmie di Harlow sperimentarono in realtà una forma di contatto
corporeo molto povera, priva dell'elemento interattivo e, coerentemente,
svilupparono disadattamento sociale e comportamenti simil autistici.
2.2 Variabili sperimentali
Secondo Harlow e Harlow (1962) le scimmie deprivate tendevano ad avere
atteggiamenti aggressivi, a rifiutare i figli e ad avere difficoltà nel
reperimento di un compagno. Se però l'isolamento veniva interrotto entro i
primi tre mesi di vita, questi effetti regredivano.
Harlow e Novak (1975) notarono anche che se, dopo un anno d'isolamento, i
cuccioli di scimmia venivano messi insieme ad altri cuccioli più giovani
allevati normalmente, traevano grande beneficio da questa "terapia" e si
riprendevano dagli effetti della deprivazione subita precedentemente.
Rosenblum e Harlow (1963) offrirono ai piccoli di scimmia due tipi di
madri finte, di cui una colpiva i cuccioli con getti d'aria compressa ad
intervalli regolari. I due ricercatori notarono che i piccoli svilupparono
un attaccamento più intenso nei confronti della madre punitiva. Forse
questo può anche spiegare come mai i bambini maltrattati restano legati ai
genitori nonostante gli abusi.
Altre ricerche quali quella di Hogg e colleghi, mostrarono come 3 piccoli
di gorilla separati dalla madre per un periodo di 24 settimane mostrarono
un atteggiamento aggressivo tipico della fase di protesta della
depressione anaclitica. Una volta ricongiunti alle loro madri, i cuccioli
non mostrarono risposte di attaccamento immediate quanto la tendenza a
restare in contatto fra loro.
2.3 Conclusioni
a) sembra che il legame si formi attraverso il contatto corporeo più che
attraverso la nutrizione
b) tale contatto deve avere carattere interattivo pena l'instaurarsi di
uno sviluppo emotivo anormale
c) la mancanza di una figura di attaccamento con la quale interagire può
essere compensata dalla presenza di terzi, come i compagni, che
diventerebbero figure di attaccamento sostitutive
2.4 Valutazione della ricerca animale
Si deve avere grande cautela nel trasferire all'essere umano i risultati
di tali ricerche sugli animali. Infatti, come ricorda Bowlby, le
differenze tra animali e uomini non solo solo quantitative, ma anche
qualitative (come la consapevolezza, il linguaggio e soprattutto la
cultura).
Le osservazioni sulle scimmie possono essere usate come modello nello
studio di quadri psicopatologici di base, tipicamente umani, come la
depressione, ma se i dati di queste ricerche non vanno sottovalutati
bisogna però usarli con prudenza.
Altra valutazione da fare è quella etica, in particolare per le ricerche
successive che hanno raggiunto la consapevolezza del disagio creato sugli
animali di cui Harlow era ancora all'oscuro.
3. La formazione del legame negli esseri umani
La formazione del legame negli esseri umani rappresenta il primo passo
verso la formazione di legami di attaccamento ed in questo senso, le
primissime
esperienze
subito
dopo
la
nascita
potrebbero
avere
un'importanza fondamentale.
3.1 Il contatto epidermico (pag.45)
Klaus e Kennel (1976) notarono che il contatto epidermico che avviene tra
madre e bambino nelle primissime ore successive alla nascita favorisce la
formazione del legame di attaccamento. Tale contatto avverrebe, infatti,
in un periodo sensibile caratterizzato dalla produzione di ormoni capaci
di aumentare la predisposizione a formare un legame di attaccamento.
In effetti era stata riscontrata, sia nella madre che nel bambino, la
presenza di alte concentrazioni di endorfine subito dopo il parto. Se non
si forma durante questa impennata ormonale, il legame tra la madre e il
bambino ne risulta indebolito e questa debolezza finisce per influire
sulla qualità del processo di attaccamento.
Kalus e Kennel (1982) hanno anche suggerito che il legame tra il padre e
il bambino possa trarre beneficio dalla presenza del primo, durante il
periodo sensibile.
3.2 Valutazione della ricerca
Dagli studi dei due ricercatori si possono tirare le seguenti conclusioni:
a) il legame di attaccamento tra le figure di cura e i bambini
s'indebolisce qualora manchi la possibilità di un contatto fisico
precoce
b) i bambini necessitano di un contatto fisico stretto durante un certo
periodo sensibile per poter sviluppare il legame primario, base di
ogni altro successivo attaccamento
Tali ipotesi sono state valutate da studi che hanno rilevato la non
validità dei risultati (Myers, 1984, non rilevò nessuna differenza
nell'affettuosità e rispondenza delle madri che avevano avuto la
possibilità di un contatto precoce con i figli, da quelle che non lo
avevano avuto) e da quelli che, al contrario, ne hanno confermato la
validità (De Chateau e Wiberg, 1977).
Si può quindi concludere dicendo che il contatto precoce è un'opportunità
auspicabile in grado di favorire la formazione di legami di attaccamento
stabili, ma non rappresenta la condizione necessaria e sufficiente alla
formazione di un buon legame di attaccamento (si pensi ai genitori
adottivi, o a quelli di figli prematuri che possono riuscire a formare
legami emotivamente forti e stabili pur non avendo avuto la possibilità di
un contatto precoce).
4. Problemi etici e pratici
E' difficile condurre esperimenti adeguatamente controllati sull'uomo,
vista l'assenza frequente di adeguati gruppi di controllo. Per poter
formare gruppi di controllo bisognerebbe infatti negare a gruppi di
genitori e bambini l'accesso a comportamenti benefici come la possibilità
di un contatto epidermico precoce.
Ci sono poi anche problemi di ordine pratico, per esempio la scelta del
tipo di metodo da usare per misurare l'esito di ogni progetto
sperimentale. La Strange Situation, come vedremo, è uno di questi metodi.
5. Ricerca sulla formazione del legame e attaccamento
Gli animali, uomo compreso, nascono con una serie di abilità innate che li
predispongono a richiamare comportamenti di attaccamento e a sviluppare
forme di attaccamento.
Bambino e figura di cura dispongono di tanti comportamenti in grado di
facilitare questo processo. Il legame svolge una delle funzioni utili
all'adattamento. Il mancato sviluppo o la rottura del legame può, infatti,
comportare conseguenze estreme ed impedire uno sviluppo sano.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1)
2)
3)
4)
5)
6)
cosa s'intende per Imprinting?
Quali sono i vantaggi dell'Imprinting?
Cosa s'intente per periodo critico?
Che differenza c'è tra periodo critico e periodo sensibile?
Quali sono le ipotesi sulla formazione del legame nei bambini?
Quali sono i problemi etici della ricerca sulla formazione del legame
nell'uomo?
CAPITOLO 3. IL PROCESSO DI ATTACCAMENTO
Vediamo ora il processo dinamico di attaccamento valutando gli effetti
benefici e le conseguenze di un sano attaccamento e ponendoci il problema
della misura della qualità dell'attaccamento. Si adotterà il punto di
vista del bambino, senza dimenticare, però, che l'attaccamento è un
processo bidirezionale.
1. La natura dell'attaccamento
Shaffer e Emerson (1964) hanno definito l'attaccamento come " la tendenza
dei membri più giovani di una data specie a cercare la vicinanza di altri
determinati cospecifici".
Secondo Maccoby (1980) le caratteristiche principali dell'attaccamento
sono 4:
a) ricerca della vicinanza con la figura primaria di cura
b) angoscia della separazione
c) piacere del ricongiungimento
d) orientamento generale della condotta in direzione della figura
primaria di cura
In entrambe le definizioni l'elemento comune è la ricerca e il
mantenimento della vicinanza con l'oggetto, cosa o persona.
Anderson (1982) confermò questo dato con una ricerca su un gruppo di
bambini in un parco di Londra e notò come fosse raro incontrare bambini al
di sotto dei tre anni che si allontanassero per più di una sessantina di
metri dalla madre senza ritornare da lei magari solo per avvicinarla.
Altra caratteristica fondamentale dell'attaccamento, come fecero notare
Maurer e Maurer (1989) è l'interazione (non basta, infatti, la semplice
compresenza fra due persone).
2. Lo sviluppo del comportamento
Schaffer e Emerson (1964) hanno condotto una ricerca su di un gruppo
esteso di bambini scozzesi (60) di un'età compresa fra i 0 e i 18 mesi ed
appartenenti prevalentemente a famiglie della classe operaia, che permise
loro di proporre una teoria dello sviluppo dell'attaccamento per stadi.
Tale ricerca durò due anni
Gli stadi di sviluppo del comportamento di attaccamento
Obiettivo della ricerca: fornire dati descrittivi sull'attaccamento (età
di comparsa, intensità, gli oggetti) e documentare eventuali differenze
individuali.
Metodo: l'attaccamento fu misurato esponendo il bambino a sette diverse
situazioni di separazione quotidiana (lasciandolo solo in una stanza, con
altre persone, nel passeggino fuori casa, nel passeggino davanti ad un
negozio, nella culla di notte, mettendolo giù dopo averlo preso in
braccio, non dandogli attenzione mentre è nella culla o sulla seggiola).
I dati sulle risposte dei bambini furono raccolti con un'intervista fatta
alla madre in occasione di ogni visita. L'intensità dell'attaccamento fu
quindi valutata con una scala da 0 ( assenza di risposte di protesta
registrate) a 3 (continui pianti del bambino in ogni situazione) in
occasione dei controlli mensili. I due ricercatori valutarono anche
l'ansia del bambino rispetto ad una figura estranea.
Rislutati:
a) età di comparsa: i primi segni di attaccamento specifico furono
rinvenuti in un'età compresa fra i 6 e gli 8 mesi dalla nascita. La
paura dell'estraneo compariva un mese dopo per tutti i bambini. Solo
i pochissimi casi i segni di attaccamento si sviluppavano prima dei
sei mesi o dopo gli unidici.
b) Intensità: aveva il suo picco un mese dopo la comparsa della condotta
dell'attaccamento e veniva misurata guardando la forza della protesta
nel momento della separazione. L'intensità maggiore si rilevava nei
casi in cui la madre rispondeva prontamente alle richieste del
bambino (ad alta rispondenza) manifestando la massima interazione
possibile. L'attaccamento era invece debole laddove la madre
manifestava difficoltà nell'interazione.
c) "Oggetti"
dell'attaccamento:
subito
dopo
la
formazione
dell'attaccamento fondamentale, i bambini sviluppavano attaccamenti
verso altre persone. All'età d 18 mesi era raro trovare bambini con
un unico attaccamento.
d) Tempo speso con il bambino piccolo: nel 39% dei casi la madre era la
figura di attaccamento primario anche se non assolveva i compiti di
nutrire e cambiare il bambino
2.1 Lo stadio asociale
Secondo Schaffer ed Emerson, nel primo mese di vita i bambini tendono a
rispondere in maniera indifferenziata a tutti gli oggetti, animati e non,
manifestando una preferenza per i volti umani ma non necessariamente per i
volti "veri".
Sembra che i neonati siano in grado di riconoscere la propria madre, ma
che si lascino consolare da qualunque altra persona. In questo senso si
può parlare di asocialità. Verso la fine del primo mese, il neonato
comincia a preferire la compagnia di altre persone e mostrare maggiore
predilezione per stimoli sociali come un viso sorridente.
2.2 Attaccamenti indiscriminati
Dal secondo al settimo mese il bambino mostra una
indiscriminata: preferisce la compagnia umana e riconosce
dagli estranei. Può essere ancora consolato con relativa
chiunque e non mostra ancora angoscia nei confronti di chi non
socievolezza
i familiari
facilità da
conosce.
2.3 Attaccamenti specifici
A partire dal settimo mese il bambino comincia a mostrare un attaccamento
specifico nei confronti della principale figura di cura: sembra essere a
suo agio solo con lei, è contento quando la rivede e mostra disagio con
altre persone. È in questa fase che inizia a manifestare la paura
dell'estraneo.
2.4 Attaccamenti multipli
Subito dopo aver costruito un attaccamento primario, il bambino comincia a
formare altri attaccamenti variabili a seconda del numero di relazioni
stabili che intrattiene. È ancora aperto il dibattito sulla qualità di
tali attaccamenti, se cioè, essi siano equivalenti a quello istaurato con
la figura principale di cura o se la figura di attaccamento privilegiata
resti una sola.
2.5 Come spiegare questi cambiamenti
Sicuramente
le diverse fasi di attaccamento dipendono anche dallo
sviluppo cognitivo del bambino.
Sul piano percettivo, infatti, egli impara a distinguere i volti familiari
da quelli estranei, ad interessarsi a rappresentazioni dei volti umani via
via meno schematiche.
Parallelamente
si
assiste
allo
sviluppo
degli
schemi
(pacchetti
d'informazioni che fungono da rappresentazioni del mondo) che man mano
permettono al bambino di distinguere non solo ciò che è umano da ciò che
non lo è ma anche fra le persone diverse che conosce o meno.
Grazie allo sviluppo cognitivo il bambino impara la costanza dell'oggetto,
capendo che un oggetto che scompare dalla sua visuale non per questo cessa
di esistere.
Anche lo sviluppo motorio è molto importante per il raggiungimento di
forme di attaccamento specifiche e permette al bambino di separarsi
autonomamente e facilmente dalle figure di cura. La Ainsworth (1967) ha
notato che i bambini ugandesi sviluppano la paura dell'estraneo poco prima
dei sei mesi, probabilmente in relazione ad uno sviluppo motorio più
precoce.
2.6 Valutazione
Non bisogna interpretare troppo rigidamente i riferimenti cronologici di
ogni
fase,
che
non
devono
far
dimenticare
che
lo
sviluppo
dell'attaccamento avviene secondo un processo piuttosto fluido. I
riferimenti cronologici sono utili per identificare delle anormalità nello
sviluppo, come l'autismo.
3. Differenze individuali nell'attaccamento
Il temperamento del bambino influisce sulla socievolezza e quindi sulla
qualità dell'attaccamento.
Thomas e Chess (1977) in uno studio classico sull'attaccamento hanno
identificato tre tipi di personalità di base dei bambini: facile,
difficile e a riscaldamento lento. È probabile che i bambini che formano
relazioni più sicure siano quelli a temperamento facile. Le stesse figure
di cura intraprendono la relazione di attaccamento armati di una
personalità specifica, facilitando o inibendo tale processo.
L'integrazione tra bambino e caregiver è allora fondamentale per la
relazione di attaccamento. Se le due personalità si scontrano (quando ad
esempio un bambino che ama essere coccolato si trova con un genitore che
non ama le coccole) l'attaccamento che ne risulta sarà povero.
4. Misurare l'attaccamento
La procedura più empirica e rigorosa è quella individuata dalla Ainsworth,
si chiama Strange Situation e consiste in 7 episodi di 3 minuti (pag.59) e
consente di misurare la sicurezza dell'attaccamento del bambino attraverso
4 indicatori:
a) l'angoscia di separazione (il disagio espresso dal bambino quando il
caregiver lo lascia solo)
b) la
sua
propensione
ad
esplorare
l'ambiente.
Più
sicuro
è
l'attaccamento maggiore la propensione ad esplorare la realtà
c) La paura nei confronti dell'estraneo. Il grado di sicurezza del
bambino è proporzionale all'intensità dell'angoscia nei confronti
dell'estraneo
d) Il comportamento nella fase di ricongiungimento. L'attaccamento
insicuro si manifesta con la tendenza del bambino ad ignorare il
caregiver al suo ritorno o a reagire in modo ambivalente
4.2 Stili di attaccamento
La Strange Situation è stata usata dalla Ainsworth e da altri psicologi
per individuare i pattern di attaccamento, questo ha portato alla
definizione di 4 stili di attaccamento:
1- Attaccamento sicuro - di tipo B - attaccamento ottimale. Il bambino
ricerca la vicinanza della madre in modo moderato. Quando questa si
allontana si sconvolge ma accoglie il suo ritorno in modo positivo
calmandosi rapidamente.
2- Attaccamento insicuro evitante - di tipo A - il piccolo reagisce con
apparente indifferenza all'allontanamento della madre ed evita di
entrare in contatto con lei al suo ritorno. Anche la madre tende a
mostrarsi insensibile e ad ignorare il piccolo mentre gioca.
3- Attaccamento insicuro ambivalente resistente - di tipo C - il piccolo
reagisce con notevole tensione all'allontanamento della madre, ed al
suo ritorno non si lascia consolare facilmente, pur cercando il suo
conforto. Anche l'atteggiamento della madre è incoerente, mostrandosi
talvolta arrabbiata, talvolta calda e pronta a rispondere alle sue
richieste. Il comportamento esplorativo del bambino è limitato dalle
difficoltà di separazione dalla madre.
4- Attaccamento insicuro disorganizzato - di tipo D - (categoria assente
nella tipologia originale della Ainswort). Il neonato sembra reagire
alla separazione ed al ricongiungimento con un comportamento
disorganizzato. Le reazioni disorganizzate sono più frequenti fra i
bambini che hanno subito violenza o i figli di madri cronicamente
depresse.
Studi statunitensi hanno rilevato che c.ca il 65% dei bambini sviluppa un
attaccamento sicuro e che il tipo di attaccamento insicuro più diffuso è
quello di tipo C ambivalente.
4.3 Stabilità dell'attaccamento
In che modo l'attaccamento permette di fare previsioni sul comportamento
emotivo successivo? L'attaccamento è dunque stabile (ovvero permanente nel
tempo)?
Secondo Waters (1978), la concordanza dell'attaccamento fra i 12 e i 18
mesi era del 90%. Secondo alcuni la stabilità sarebbe inferiore nelle
famiglie operaie, probabilmente perchè la loro vita tende ad essere meno
stabile tra una valutazione e l'altra.
4.4 Valutazione
Per la Main e Weston (1981) l'attaccamento dipende dal rapporto con la
figura genitoriale e non tanto dal temperamento del bambino.
Ma nel 1984, Lamb e colleghi hanno messo in discussione questo risultato
dicendo che i comportamenti espressi nella Strange Situation dipendono in
primo luogo dal carattere del bambino e solo secondariamente dalle
differenze nel rapporto con il caregiver. Sono, infatti, le differenze
innate nella personalità del bambino a richiamare differenti modalità di
interazione.
Nello stesso tempo non si può negare l'importanza delle differenze
culturali
nell'attaccamento.
Questo
probabilmente
perchè
anche
i
comportamenti genitoriali, variabli in base ai sistemi di socializzazione
(culturalmente diversi), influiscono sulla relazione.
Si può dire allora che il comportamento espresso nella Strange Situation è
funzione sia del carattere del bambino che di quello del caregiver,
sottolineando così la natura interattiva della relazione di attaccamento.
Non bisogna dimenticare poi che il processo di socializzazione è
determinato da entrambe le figure e che lo sviluppo di un attaccamento
insicuro non è mai la semplice conseguenza di una risposta genitoriale.
Le ricerche con la Strange Situation hanno permesso di misurare
l'attaccamento infantile e di meglio comprendere le situazioni fonte di
angoscia per il bambino come l'ospedalizzazione e la cura diurna, ma nello
stesso tempo il problema che ci si pone è di ordine etico: è giusto porre
i bambini e i genitori in situazioni estremamente o moderatamente
ansiogene ai fini della ricerca?
5. L'importanza di un attaccamento sicuro
5.1 Effetti a breve termine
- rinforzo dell'avvicinamento tra il bambino ed il caregiver garantendo
sia il piacere della relazione che la cura, la scurezza e la nutrizione
del bambino
- l'attaccamento sicuro costituisce una base sicura da cui esplorare il
mondo e permette lo sviluppo cognitivo precoce.
Hazen e Durrett (1982) hanno scoperto che i bambini che hanno sviluppato
un attaccamento sicuro esplorano maggiormente l'ambente e tendono ad
approciarsi ai problemi in maniera più innovativa.
5.2 Effetti a lungo termine - lo sviluppo emotivo e le relzioni
come evidenzia Bowlby con il suo concetto di internal working model
(modello operativo interno) le relazioni di attaccamento costituiscono un
modello per tutte le relazioni successive. Il modello operativo interno è
quindi un insieme di norme consce e non, che regola il nostro rapporto con
gli altri.
A sostegno di questa tesi, le ricerche di Grossmann e Grossmann (1991)
hanno dimostrato che i bambini con attaccamento sicuro, tendevano durante
la loro infanzia, e creare relazioni amicali strette, mentre quelli con
attaccamento insicuro, evitante o ansioso tendevano non avere amici o a
non ricordarne i nomi.
Hazan e Shaver in una ricerca del 1987 individuarono una coerenza tra
l'attaccamento infantile e l' innamoramento adulto.
1- Le persone che avevano sviluppato un attaccamento sicuro affermavano
di credere nell'amore eterno e non manifestavano il timore di essere
abbandonati o troppo invasi dal loro partner
2- Le persone con attaccamento ambivalente vivevano l'amore con la
costante preoccupazione che la relazione potesse non funzionare;
temevano che i loro partner non li amassero veramente o che li
potessero abbandonare; dubitavano di sé ed erano pieni di insicurezze
3- Le persone con attaccamento evitante dubitavano della possibilità
dell'amore, temevano l'intimità e la evitavano ritenendo di non avere
bisogno dell'amore per essere felici
5.3 Effetti a lungo termine - la genitorialità
Le ricerche di Quinton e Rutter (1988) su di un gruppo di donne con
passato di istituzionalizzazione infantile dimostrano come sia grazie agli
attaccamenti precoci sicuri che l'individuo possa formare buone relazioni
con il figlio e contemporaneamente offrirgli modelli di ruolo con cui sia
possibile identificarsi.
5.4 Effetti a lungo termine - lo sviluppo della personalità
Erickson e colleghi (1985) crearono e condussero il Minnesota Mother-Child
Interaction Project per considerare specificamente la prole di 250 donne a
rischio (con l'ipoteso anticipata che tali donne avrebbero sviluppato un
attaccamento insucuro per le loro caratteristiche demografiche). I
ricercatori rilevarono poi che i bambini con attaccamento insicuro erano
tendenzialmente più ansiosi, avevano più problemi con i compagni ed erano
meno amati dagli insegnanti. I ricercatori invitarono comunque a non
generalizzare tali risultati, in quanto non era possibile individuare una
coincidenza matematica tra i bambini ansiosi (insicuri) e le problematiche
sviluppate successivamente.
5.5 Effetti a lungo termine - autostima
Secondo Rogers (1961) l'accettazione positiva incondizionata del caregiver
svincola l'individo da una ricerca ossassiva dell'approvazione sociale e
gli consente i raggiungere la realizzazione di sè.
Secondo Sroufe (1985) i bambini con attaccamento sicuro diventano ragazzi
più indipendenti e con una più radicata stima di sé. Il suo studio seguiva
i soggetti dalla nascita ai 19 anni d'età. Anche quando la loro esistenza
non era stabile, i ragazzi con attaccamento sicuro precoce alla amdre,
tendevano ad avere un buon livello di fiducia in sé durante l'adolescenza,
a non sviluppare particolari forme di psicopatilogia, ad avere relazioni
significative con i compagni e a conseguire buoni risultati scolastici.
5.6 Effetti a lungo termine: sviluppo cognitivo
Lo studio di Bus e Van Ijzedoorn (1988) nota che i bambini ad attaccamento
sicuro
mostrano
maggiore
interesse
per
il
materiale
scritto,
indipendentemente dal livello d'intelligenza. Secondo Sroufe il tipo di
attaccamento non influisce direttamente sulla lettura, ma sulla fiducia e
l'atteggiamento, e successivamente sull'attenzione e la performance. Nello
stesso tempo è possibile che i bambini che sviluppano un attaccamento
sicuro siano proprio i più intelligenti.
5.7 Valutazione
Nel valutare l'insieme di questi studi si deve ricordare che raramente i
tipi di attaccamento restavano gli stessi. Inoltre gli studi riportati
consideravano un'unica relazione di attaccamento mentre in alcuni casi i
bambini potevano aver sviluppato attaccamenti sicuri con altre figure.
6. Monotropia o attaccamenti multipli?
6.1 Monotropia
Concetto introdotto da Bowlby che riteneva che l'attaccamento riguardasse
un'unica persona, ma non necessariamente la madre, e che quest0unico
legame avesse importanza particolare (rendendo capaci di stabilire legami
profondi)
6.2 La tesi degli attaccamenti multipli
La teoria di Bowlby risentì in parte degli studi di Shaffer e Emerson
(1964) e di Ainsworth (1967) che mostrano che i bambini formano molteplici
attaccamenti la cui importanza risiede probabilmente nella presenza di
differenze qualitative
6.3 Valutazione
La tesi di Bowlby era che gli attaccamenti non avessero la stessa
importanza. Lamb (1981) ha sostenuto che i diversi attaccamenti assolvono
a scopi differenti e non sono gerarchicamente ordinati
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1- perchè l'età può costituire u fattore importante nello sviluppo del
legame di attaccamento?
2- In quale stadio ritenete che il bambino possa iniziare a sviluppare
paura dell'estraneo?
3- Come si misura il legame di attaccamento?
4- Quali sono gli stili di attaccamento?
5- Quale importanza riveste a breve e a lungo termine la formazione di
un attaccamento sicuro?
6- Quali critiche di ordine metodologico e/o etico si possono avanzare
alla ricerca empirica descritta in questo capitolo?
CAPITOLO 4. PRIVAZIONE
Cosa succede quando il processo di attaccamento non riesce. Analizziamo ad
esempio i casi in cui il bambino subisce una grave privazione delle cure
materne (l'aggettivo "materno" non si riferisce necessariamente alla madre
ma alle cure "materne" che possono essere offerte anche da un'altra
persona). Se Bowlby parlò nei suoi primi lavori dell'ipotesi della
"deprivazione materna", Rutter (1972;1981) individuò i limiti della sua
teoria che tendeva a mettere insieme tutti i tipi di deprivazione.
Secondo Rutter, i neonati o bambini possono essere deprivati della
presenza del caregiver (con la rottura del legame di attaccamento ) o
privati, con differeze diverse a seconda che subiscano una deprivazione o
una privazione. Bisogna inoltre distinguere tra le interrozioni momentanee
del legame e quelle a lungo temrine. Questo capitolo si occupa della
privazione. Si tenga presente che in entrambi i casi, solitamente, viene
usata l'espressione "bambini deprivati" in quanto "bambini privati" non è
ancora in uso.
2. Bambini allevati in isolamento
2.1
I
gemelli
di
Koluchova
Quella di Koluchova è una delle ricerche più lunghe e dettagliate mai
tentate in quest'ambito.
La ricerca fu condotta su due gemelli cecoslovacchi, dati in affido per 18
mesi dopo la morte della madre causata dal parto. I gemelli furono
successivamente riaccolti dal padre e dalla matrigna, che li avevano
trattati in modo atroce, chiudendoli in un armadio. I gemelli erano quindi
cresciuti lontano dalla famiglia, privati di un'alimentazione adeguata e
di ogni esperienza e stimolo. Salvati all'età di 7 ani, ne dimostravano 3
ed avevano un linguaggio estremamente limitato.
Adottati successivamente da due sorelle molto premurosi riuscirono a fare
progressi al punto, poi da sposarsi, ad avere dei figli ed avere relazioni
sociali stabili ed appaganti
2.2
Genie
Il caso di Genie ha avuto un esito decisamente diverso, probabilmente a
causa delle dinamiche della sua riabilitazione. Tenuta segregata fino
all'età di 13 anni da un padre che pensava fosse ritardata e pertanto
vulnerabile, quando fu ritrovata dimostrava la metà dei suoi anni ed era
sottosviluppata dal punto di vista fisico, emotivo e cognitivo.
Probabilmente soffriva di qualche forma di ritardo mentale e questo
spiegherebbe le sue difficoltà a riprendersi pienamente. Ma rilievo ebbe
anche il fatto che la fase iniziale della sua riabilitazione fu caotica,
caratterizzata da diverse figure di riferimento ed affidata a dei genitori
che avevano abusato di lei. Il suo comportamento era caratterizzato dal
disinteresse autistico verso le altre persone che si limitava a trattare
come oggetti inanimati.
2.3
Valutazione
2.4
Alla
luce
di
questi casi è possibile tirare le seguenti conclusioni:
- l'offerta di cure adeguate può consentire un recupero dei bambini che
hanno subito privazioni
l'età può giocare un ruolo importante nel processo di recupero (forse
Genie aveva un'età troppo avanzata, aveva superato il "periodo
sensibile"
- la privazione fisica ed emotiva può produrre effetti permanenti
Bisogna comunque ricordare che non è possibile fare delle generalizzazioni
a partire dai singoli casi, nè è possibile, per i casi considerati,
valutare in che misura i bambini siano stati effettivamente privati di
qualsiasi relazione emotiva significativa nei primi anni di vita (i
gemelli potevano contare sulla compagnia reciproca e Genie continuava ad
avere rapporti con la madre).
Inoltre, è impossibile distinguere gli effetti prodotti dalla privazione
fisica da quelli prodotti dalla privazione emotiva (è possibile spiegare
le
insufficienze
dello
sviluppo
psicologico
come
effetto
della
malnutrizione e più in generale di un limitato rapporto con la realtà).
Bisogna anche ricordare, infine, che i dati disponibili potrebbero essere
inattendibili derivanti da interviste probabilmente viziate da errori
pregiudiziali.
-
3. Istituzionalizzazione
Dati empirici provengono anche da studi condotti
istituti, luoghi di estrema privazione nei quali
di adeguati stimoli cognitivi ed emotivi. La
rpofonde era in parte inevitabile ed in
consapevolezza degli operatori degli effetti
deprivazione.
su bambini cresciuti in
i bambini non disponeva
mancanza di relazione
parte lagata alla on
a lungo termine della
3.1
Lo
studio
di
Harold Skeels
Nel 1939, Skeels e Dye pubblicarono uno studio sul caso di due bambini
apparentemente ritardati, tolti da un orfanotrofio per essere affidati ad
una comunità di donne affette da ritardo mentale, mostrando così un
miglioramento del QI. L'ipotesi era che l'attenzione ricevuta all'interno
della comunità avesse sviluppato un attaccamento e facilitato così lo
sviluppo cognitivo.
Nel 1949, Skodak e Skeels condussero un esperimento su un gruppo di ospiti
di un orfanotrofio, spostandone una parte in una comunità di pazienti
affetti da ritardo mentale e lasciando un gruppo di controllo in
orfanotrofio.
Un anno e mezzo dopo scoprirono che il QI dei pazienti rimasti in
orfanotrofio era diminuito, mentre quello dei pazienti ospitati nella
comunità era notevolmente salito.
Questi esperimenti supportarono l'idea di Bowlby ("meglio una famiglia
cattiva che una buona istituzione") suggerendo che l'offerta di cure anche
minime è meglio dell'assenza totale di cure in quanto dà al bambino la
possibilità di formare qualche legame di attaccamento.
3.2 Lo studio di Barbara Tizard
B. Tizard ha condotto uno studio longitudinale su 65 bambini che erano
stati istituzionalizzati entro il 4 mese di vita e che durante la loro
permanenza in istituto, non avevano formato legami di attaccamento (agli
educatori era stato vietato di istaurare particolari legami con i
bambini). Un primo effetto di questa condizione fu che a due anni, i
bambini correvano a salutare chiunque entrasse nella stanza ma temevano
l'estraneo più di un gruppo di controllo di bambini allevati dai genitori
naturali che non avevano sperimentato simili separazioni.
A 4 anni, 24 dei bambini istituzionalizzati erano stati adottati, 15 erano
ritornati in famiglia e i restanti erano rimasti in istituto.
Lo studio della Tizard aveva il compito di valutare l'effetto della
deprivazione sullo sviluppo successivo e di confrontare l'impatto delle
diverse esperienze di attaccamento. La valutazione fu fatta a 4, 8 e 16
anni. Per i soggetti di 16 anni il quadro descritto fu il seguente: i
bambini adottati avevano delle buone relazioni familiari a differenza di
quelli rientrati nelle proprie famiglie che si trovavano nelle stesse
difficoltà che avevano portato alla prima istituzionalizzazione. Se
quindi, i loro atteggiamenti differenziavano per quanto riguarda le
relazioni interne, erano invece simili rispetto alle relazioni esterne
alla famiglia. Entrambi i gruppi cercavano l'attenzione e l'approvazione
degli adulti più dei bambini del gruppo di controllo. Non fu possibile
valutare, invece, la situazione dei bambini rimasti in istituto, anche
perchè solo uno vi rimase fino ai 16 anni.
3.3 Valutazione dello studio della Tizard
Emergono due osservazioni:
1- la presenza di marcate differenze individuali in ciascun gruppo
conferma che sono numerosi i fattori indipendenti che intervengono
nel processo di attaccamento
2- la perdita di soggetti nel corso dello studio potrebbe aver viziato
il risultato finale (anche perchè i bambini tornati in famiglia con
maggiori difficoltà di adattamento tenevano a lasciare lo studio
depurando così il campione di partenza. Da considerare anche il fatto
che le famiglie adottive erano spesso più ricche di quelle naturali e
con un livello culturale più alto).
3.4 Altri studi
Lo studio di Pringle e Bossio (1960) conferma l'importanza dei legami di
attaccamento mostrando come i bambini disadattati non fossero capaci di
formare relazioni durature con altri adulti e con i loro compagni.
Altri studi, fanno pensare che per i casi d'istituzionalizzazione il
recupero è possibile ma che altri fattori possono entrare in gioco facendo
pensare che l'istituzionalizzazione abbia effetti a lungo termine (pag.79)
3.5 Orfani Rumeni
Rutter e colleghi (1998) hanno valutato 111 orfani rumeni adottati in GB
prima dei due anni d'età, e presentanti gravi ritardi nello sviluppo.
Raggiunti i 4 anni d'età i bambini si erano ripresi in modo sorprendente.
Tuttavia l'età di adozione restava molto importante; infatti più tardiva
era stata l'adozione più lento era risultato il recupero. Bisognerà
aspettare altri rapporti per vedere se i bambini adottati più tardivamente
sapranno riprendersi.
Lo studio di Morison e colleghi (1995) scoprì che i bambini adottati più
tardivamente riuscivano a compensare, una volta raggiunte le famiglie
adottive, la maggioranza dei ritardi evolutivi ad un ritmo di 2 punti di
quoziente evolutivo al mese.
3.6 Conclusioni
Tesi di Bowlby: mancanza di una figura di attaccamento nella prima
infanzia può condurre ad un disadattamento emotivo permanente e a
successive difficoltà relazionali.
Gli studi successivi hanno smorzato tale tesi dimostrando che nei casi in
cui
i
bambini
riescano
ad
avere
l'opportunità
di
sperimentare
successivamente buoni legami di attaccamento, tendono ad avere un discreto
recupero (infatti delle differenze pur sempre rimangono e sono state messe
in luce dal modello transazionale sviluppato da Clarke e Clarke - 1979).
Si può ipotizzare, tenendo presente la natura reciproca della relazione,
che i bambini istituzionalizzati siano in grado di fare fronte alla realtà
finché hanno di fronte persone capaci e disposte a far del loro meglio, ma
che poste su un piano di gioco paritetico (cioè con persone che non lo
sono) siano messi in difficoltà dalle loro esperienze precoci.
Non bisogna sottovalutare, in ogni caso, l'importanza dell'attaccamento
fra pari che i bambini istituzionalizzati potrebbero essersi dati. Le
ricerche di Freud e Dann (1951) su un gruppo di bambini reduci dal campo
di concentramento, mette in luce l'importanza di tali legami per la stessa
sopravvivenza emotiva.
4. Il disturbo reattivo all'attaccamento
In alcuni casi una rottura precoce del processo di attaccamento sembra
impedire il recupero, come nei casi in cui il bambino sia affetto dal
cosiddetto "disturbo reattivo dell'attaccamento".
Sintomi:
- incapacità di dare e ricevere affetto
- crudeltà nei confronti degli altri, soprattutto degli animali
- anomalie nel contatto degli occhi e negli schemi linguistici
- tendenza alla menzogna e al furto
- assenza di amicizie durature
- gravi problemi di controllo degli impulsi
La diagnosi viene fatta soltanto quando la mancanza di risposta sociale
non è attribuibile ad altre cause. Si è ipotizzato che la causa del
disturbo dia il mancato sviluppo di attaccamenti primari per effetto del
rifiuto materno o della separazione dalla madre. I bambini che hanno
questo disturbo tendono ad avere una storia di ripetute esperienze di
ricovero in case di accoglienza e di adozioni tardive.
Lynch e Roberts hanno suggerito la possibilità che il fallimento del
legame sia una caratteristica distintiva di ogni relazione improntata alla
violenza.
Fare una diagnosi di disturbo reattivo dell'attaccamento, consente di
predisporre adeguati interventi preventivi e terapeutici rivolti sia ai
genitori che ai figli.
5. Effetti della privazione
Se l'effetto principale della privazione è la successiva capacità
dell'individuo a formare relazioni, esistono però degli effetti collegati
nel breve periodo:
1. Psicopatia anaffettiva: termine introdotto da Bowlby, descrive i
giovani delinquenti da lui studiati, che manifestavano la mancanza di
affettività normale e di sentimenti di vergogna e responsabilità .
Erano inoltre incapaci di formare relazioni stabili emotivamente
significative. La loro condotta ricorda quella dei bambini affetti
dal disturbo reattivo dell'attaccamento.
2. Depressione anaclitica: termine introdotto da Spritz (1945) per
descrivere le gravi forme di depressione che colpivano alcuni bambini
istituzionalizzati privi di legami di attaccamento.
3. Decadimento della risposta immunitaria: Spritz notò un legame fra lo
stress conseguente alla privazione emotiva e lo sviluppo di disturbi
fisici nonostante cure mediche adeguate.
4. Nanismo da deprivazione: Widdowson (1951) studiando un gruppo di
orfani istituzionalizzati e apparentemente malnutriti notò che il
ritardi dello sviluppo continuava a permanere nonostante diete
integrative e igliorò solo con il miglioramento delle cure emotive.
Si può ipotizzare che gli ormoni prodotti dall'organismo sotto stress
influiscano sulla crescita oltre che sullo sviluppo del corpo, fino a
determinare questi "nanismo da deprivazione".
6. Conclusioni
Le esperienze precoci contano ma non sono irreversibili. Bisogna però
ricordarsi che la relazione è un processo interpersonale, e che un bambino
che ha subito una privazione primaria rischia di diventare intrattabile e
difficilmente amabile.
Ma bisogna considerare anche alcune questioni specifiche.
6.1 Privazione o deprivazione
Questi studi non permettono in realtà di sapere se i bambini studiati non
abbiano mai avuto legami di attaccamento o se questi esistessero ma
fossero troppo fragili. Inoltre bisogna ricordare che in molti casi la
deprivazione colpiva la sfera cognitiva (bambini isolati in assenza di
stimoli) e non solo quella emotiva. Ciò potrebbe spiegare i ritardi
evolutivi tanto sul piano emotivo che su quello cognitivo.
6.2 Periodo sensibile
Se non si può condividere l'ipotesi di Bowlby del 1951 (da lui stesso
successivamente mitigata) dell'inutilità di fornire cure materne dopo i
due anni e mezzo e con essa l'esistenza di un periodo critico, si può
invece ammettere l'esistenza di un periodo sensibile durante il quale i
bambini siano molto vulnerabili alla rottura del legame.
Il periodo sensibile suggerisce anche una maggiore facilità per il
bambino, a formare legami in quel lasso di tempo, non solo perchè il
bambino è più ricettivo a quell'età, ma anche perchè esprime comportamenti
che facilitano lo sviluppo di attaccamenti reciproci con le figure di cura
(è più facile amare un bambino piccolo che non un bambino di 5 anni goffo
e chiassoso).
Per formare attaccamenti oltre il periodo di sensibilità occorre uno
sforzo più consapevole.
6.3 Differenze individuali nelle capacità di "coping"
Le molte differenze individuali confermano le difficoltà di operare
generalizzazioni.
Persone che non hanno goduto di relazioni precoci qualsiasi riescono
ugualmente a diventare adulti adeguati. Pensiamo inoltre al fatto che in
culture diverse dalla nostra l'importanza delle relazioni interpersonali è
minore. Di conseguenza le forme di attaccamento discusse nel capitolo non
possono essere considerate universali.
6.4 Metodologia
Le difficoltà metodologiche sono dovute al fatto che non si tratta di veri
e propri esperimenti, non essendoci nessun controllo delle variabili
indipendenti. Infatti gli studi non hanno creato delle situazioni di
deprivazione, ma si sono limitate a studiare quelle situazioni in cui tale
condizione si presentasse naturalmente.
6.5 Rilevanza
Gli studi hanno indotto ad avere una maggiore riflessione e attenzione
prima di porre i bambini in condizione di isolamento o di rompere la
relazione di attaccamento per esempio ospedalizzandoli.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA:
1- Qual'è la differenza tra privazione e deprivazione della presenza del
caregiver?
2- Quali sono le conclusioni tratte dallo studio dei casi dei gemelli
cechoslovacchi e di Genie?
3- Quali sono i problemi derivanti dall'istituzionalizzazione?
4- Quali comportamente assocereste ad un attaccamento sicuro e ad uno
insicuro?
5- Per cosa si caratterizza il disturbo reattivo dell'attaccamento?
6- Quali sono gli effetti della privazione?
CAPITOLO 5. SEPARAZIONE
In questo capitolo si analizzeranno i casi in cui il legame venga
interrotto per studiarne gli effetti e capire come poterli mitigare nei
casi in cui la separazione sia inevitabile.
La formazione di legami di attaccamento consente al bambino di sviluppare
un senso di sicurezza e contemporaneamente comporta l'insorgere di stati
d'ansia quando tale legame s'interrompe. La strange Situation prende in
esame questa angoscia per misurare il grado di sicurezza del legame.
Secondo Robertson e Bowlby (1952) la risposta ansiosa di fronte ad una
separazione prolungata segue tre fase tipiche:
- Protesta: un bambino che ha sviluppato un attaccamento sicuro nei
confronti del caregiver risponde alla sua assenza con la protesta,
piangendo e mostrando tensione. Si lascerà consolare facilmente ma
resterà arrabbiato. La protesta è una risposta normale alla perdita e
può protrarsi da poche ore a qualche giorno.
- Disperazione: dopo la fase di protesta, se l'assenza si prolunga, si
verifica una sorta di soppressione dell'emotività. Il bambino mostra
un'apparente apatia, cessa di cercare il caregiver e volge altrove la
sua attenzione, che però è passiva. Può inoltre cercare conforto
succhiandosi il pollice o dondolandosi.
- Distacco: se il periodo di separazione si protrae ulteriormente, il
bambino può reagire in modo apparentemente adattivo. In realtà
nasconde turbamento ed infelicità e tende a salutare il ritorno del
caregiver con indifferenza od ostilità.
Il grado di tensione espressa dal bambino varia a seconda della sicurezza
del legame di attaccamento, inoltre, se il bambino ha più volte
sperimentato l'assenza ed il ricongiungimento con il caregiver il suo
atteggiamento sarà più positivo nel caso di una separazione (nella misura
in cui abbia colto il nesso tra separazione e ricongiungimento). Lo stesso
si può dire se il bambino è lasciato in un ambiente familiare con i suoi
giochi; l'angoscia di separazione tenderà ad essere più contenuta.
1.2 Critiche al modello protesta-disperazione-distacco
Tale modello ha ricevuto le critiche di Barrett (1997) che dopo aver
esaminato i filmati che riproducevano il comportamento dei bambini
ospedalizzati studiati da Bowlby, ipotizzò che la risposta iniziale non
fosse una protesta ma lo sforzo di far fronte alla situazione.
Successivamente la risposta dei bambini era di tensione e disagio come
aveva descritto Bowlby.
La spiegazione di Barrett è più complessa e tiene conto del tipo di legami
formato da questi bambini prima della separazione. Secondo Barret, i
bambini che hanno formato un attaccamento sicuro tendono a mostrare scarsi
segni di protesta e ad affrontare la separazione in un modo abbastanza
positivo, mentre se l'attaccamento è evitante o ambivalente, il bambino
tende a tuffarsi immediatamente nella protesta e disperazione.
Tale versione riveduta del modello PDD, ha il vantaggio di considerare le
differenze individuali e di riconoscere il ruolo attivo del bambino nel
processo e la natura interattiva del legame con il caregiver.
2. Ospedalizzazione
Rispetto alle teorie di Bowlby e Robertson, la comunità psicologica, dopo
aver visionato i filmati, affermò che se anche l'ansia del bambino era
dovuta alla separazione, avrebbe potuto essere facilmente superata
attraverso l'offerta di adeguate cure mediche.
Per i due studiosi invece, quest'ansia non poteva essere superata
facilmente e poteva dare luogo anche a reazioni estreme e patologiche.
I filmati di Robertson e moglie, mostrano che un modo per ridurre al
minimo lo stress e facilitarne il rapido recupero emotivo è il ridurre al
minimo la rottura del legame. Per ottenere questo risultato i Robertson
fecero in modo d'incontrare i bambini con i genitori, almeno la prima
volta. Permisero loro di portare con sè le proprie cose quando si
dovettero stabilire da loro a causa dell'ospedalizzazione materna ed in
seguito andarono a trovare la madre in ospedale. Tutte soluzioni queste,
da cui il bambino trasse effettivo beneficio.
D'altro canto un altro filmato dei Robertson mostra anche un bambino
allegro e affettuoso di un anno e mezzo che accudito in un centro
residenziale per nove giorni, aveva mostrato pian piano segni di ritiro e
disperazione. Ritornato a casa era diventato tetro, aveva rifiutato la
madre e mostrato problemi comportamentali per tutta l'infanzia.
Se le ricerche di Bolwby e Robertson non consentono di effettuare
generalizzazioni, hanno comunque il merito di aver influenzato la politica
ospedaliera promuovendo l'idea che la cura emotiva sia importante quanto
quella del corpo. In particolare il loro lavoro ha portato al
riconoscimento del diritto dei genitori e dei bambini di essre presenti
nel caso in cui una delle parti sia ricoverata, proprio per evitare la
rottura del legame.
2.1 Ospedalizzazione e disadattamento successivo
 Spritz e Wolf (1946) avevano notato la comparsa di depressione in
seguito al ricovero ospedaliero dei bambini e che questi erano in
grado di riprendersi se il ricovero non durava più di tre mesi ma
che, per degeze più lunghe difficilmente si aveva un recupero
completo.
 Douglas analizzò i dati provenienti da uno studio longitudinale
(National Survey of Healt and Development) su 5000 bambini nati nel
giro di una settimana nel 1946. I bambini erano stati valutati ad
intervalli regolari fino al 21 anno d'età. D. scoprì che i bambini
che avevano passato più di una settimana in ospedale o che avevano
sperimentato più ricoveri mostravano problemi di comportamento
nell'adolescenza e difficoltà di lettura.
 Clarke e Clarke (19769 hanno invece avanzato l'ipotesi di una terza
variabile
da
considerare
nel
caso
di
odpedalizzazione
disadattamento. Ossia la presenza di problemi in famiglia, che
porterebbe contemporaneamente ad aver bisogno di cure mediche e a
manifestare difficoltà in adolescenza, riconducibili al retroterra
familiare.
 Bowlby e colleghi (1956) hanno studiato un gruppo di 60 bambini
affetti da Tbc e ricoverati in un sanatorio fuori Londra, per un
periodo fra i 5 e i 24 mesi. AL momento del primo ricovero i bambini
avevano meno di 4 anni ma l'ospedale aveva previsto che avessero
degli incontri settimanali con i familiari. Quando i bambini furono
valutati dai loro insegnanti e da uno psicologo, non fu riscontrata
nessuna differenza rispetto ai loro compagni di classe, tanto sotto
il
profilo
dello
sviluppo
intellettuale
che
quello
emotivo.
Sembrerebbe che l'ospedalizzazione non comporti necessariamente
effetti negativi sul bambino qualora vengano attuate misure che
riducono al minimo il rischio di rottura del legame.
2.2 Valutazione
Relativamente a questi studi sull'ospedalizzazione, bisogna tener presente
che l'essere malati e l'essere curati in ospedali provoca di per sé uno
stato d'ansia, indipendentemente dalla rottura del legame. Kirkby e Whelan
(1996) dopo aver analizzato le ricerche più recenti del settore, hanno
individuato una serie di variabili capaci di influire sulle reazioni del
bambino all'ospedalizzazione (la gravità del disturbo, l'invasività delle
cure...). Il disagio sarebbe allora l'esito finale di tutti questi
fattori. É anche probabile che la separazione dalla principale forma di
conforto accresca il disagio del bambino.
Le ricerche ci portano a concludere che, con tutta probabilità, non è
tanto la separazione a contare quanto la rottura del legame. Se si
permette al bambino di mantenere un contatto con le figure di
attaccamento,
gli
effetti
negativi
della
separazione
si
riducono
notevolmente.
3. Servizi di cura diurni
Un'importante questione sollevata dal Bowlby sulla deprivazione materna
riguardava il possibile effetto negativo dell'affidamento dei bambini a
centri diurni esterni alle famiglie (nidi).
Se alcuni (e fra essi i governi britannici) interpretarono ed usarono le
sue teorie come sostegno dell'idea che la donna dovesse stare a casa con i
figli, altri videro le sue teorie come volte a migliorare le cure offerte
in tali centri.
Kagan e colleghi (1980) condussero uno studio su larga scala sui servizi
diurni degli Stati Uniti ed affermarono che sul finire degli anni '60 si
stava diffondendo una sorta di doppio standard. Da un lato si riteneva che
i bambini delle classi meno abbienti avrebbero potuto trarre degli stimoli
intellettuali frequentando i centri diurni, e dall'altro che tale stimolo
intellettuale avrebbe compensato gli effetti negativi dovuti alla
separazione dalle principali figure di attaccamento.
A tale scopo istituirono un centro diurno a Boston aperto a famiglie delle
classi inferiori e medie di differenti gruppi etnici. Ogni membro del
personale era responsabile di un gruppetto di bambini per assicurare un
buon contatto emotivo. Lo studio prese in esame un gruppo di 33 bambini
che frequentavano il nido a tempo pieno fin dal terzo mese di vita e le
confrontò con un gruppo di controllo. Nei due anni successivi i
ricercatori valutarono se ci fossero differenze sul piano cognitivo, sullo
sviluppo degli attaccamenti e della socialità e non riscontrarono alcun
tipo di differenza consistente fra i due gruppi.
Andersson prese in esame un gruppo di 120 bambini svedesi che avevano
frequentato i nidi, valutandoli al 13° anno di età e ne risultò che tutti
i
bambini,
maschi
in
particolare,
avevano
tratto
beneficio
dall'esperienza, soprattutto se avevano frequentato il nido prima del 1°
anno di età.
D'altro canto Tizard (1979) ha dimostrato che il rapporto e il dialogo
bambino-maestra è meno stimolante e complesso di quello madre-figlio.
Quindi sembra che l'affidamento al nido possa produrre effetti positivi
sullo sviluppo sociale e cognitivo, ma non a spese di quello emotivo.
Lo studio di Clarke-Stuart e colleghi (1974) ha preso in esame la
relazione tra tempo passato al nido e qualità dell'attaccamento su un
campione di 500 bambini. Il confronto fra un gruppo di bambini ad
affidamento intensivo al servizio (almeno 30 ore al nido) a partire dai 3
mesi e mezzo di età ed uno a bassa intensità, ha rilevato (Strange
Situation) che il livello di stress dovuto alla separazione dalla madre è
pressoché uguale.
Secondo questo confronto l'attaccamento non risentirebbe delle esperienze
di separazione.
3.2 Affidamento diurno a persone esterne alla famiglia
Si possono offrire diversi tipi di cura, dai nidi alla figura esterna che
badi ai bambini in casa propria ricostruendo così un contesto familiare.
Mayall e Petrie (1983) hanno condotto uno studio che mostrava come gli
effetti delle cure a cui il bambino era sottoposto, variava a seconda di
variabili quali la qualità della cura, la stabilità del contesto e la
qualità del legame originario.
3.3 L'attaccamento nei confronti delle figure di cura operanti nei servizi
diurni
Howes e Hamilton (1992) hanno scoperto che i bambini frequentanti i centri
diurni formano con le figure principali di cura una forma di attaccamento
simile a quella formata con la madre. Ciò nonostante l'attaccamento sicuro
si verifica con minore facilità. Questo è sicuramente dovuto alla minore
qualità ed intimità del rapporto con la figura di cura e sottolinea la
necessità di un'elevata qualità delle cura.
3.4 Valutazione
Le ricerche condotte hanno dimostrato gli indubbi effetti positivi
dell'affidamento al nido sulla socializzazione e sullo sviluppo cognitivo,
specie nei casi in cui la permanenza in famiglia potrebbe significare per
il bambino una deprivazione dei necessari stimoli sociali e cognitivi.
Anche le difficoltà di adattamento emotivo, infatti, tendono ad
influenzare lo sviluppo cognitivo in quanto l'ansia finisce per dominare
l'attività del bambino.
4. Divorzio
Alcune ricerche mostrano che il divorzio tende a creare difficoltà di
adattamento. Ci sono infatti prove che i figli di genitori divorziati
tendono ad indulgere in attività delinquenziali durante l'adolescenza e a
mostrare maggiori difficoltà di adattamento. Wallerstein e Kelly 81985)
hanno dimostrato che l'80% dei bambini ricoverati in clinica psichiatrica
negli Stati Uniti proviene da famiglie divorziate.
Secondo Rutter tali ricerche cadono in un errore logico; è infatti
possibile che non sia la separazione in sé a causare le difficoltà di
adattamento ma i disaccordi che accompagnano e precedono la decisione dei
genitori di separarsi.
4.1 Disaccordi fra i genitori
Cockett e Tripp (1994) hanno condotto una ricerca su 152 bambini
provenienti da famiglie monogenitoriali, divorziate e non, ed hanno
riscontrato che:
1- i bambini appartenenti a famiglie riordinate mostravano più difficoltà
nelle amicizie, problemi di autostima e di salute di quelli appartenenti a
famiglie intatte.
2- i bambini appartenenti a famiglie intatte caratterizzate da disaccordi
fra i genitori stavano peggio di quelli appartenenti a famiglie poco
litigiose e meglio di quelli appartenenti a famiglie riordinate.
La conclusione che si può trarre è che la rottura della coppia genitoriale
causa più problemi della sola presenza di disaccordi. Nello stesso tempo,
le famiglie riordinate sono quelle che hanno tendenzialmente più bisogno
di aiuto. Ma ci potrebbe essere un errore logico. Infatti nei casi in cui
si era verificato un divorzio, il livello precedente di conflitto potrebbe
essere stato maggiore che nei casi in cui il divorzio era stato evitato.
Chess e colleghi (1984) hanno analizzato gli effetti della separazione e
del divorzio su 132 bambini che avevano seguito dalla nascita alla prima
età adulta e hanno notato che il conflitto genitoriale era predittivo di
successive difficoltà di adattamento nella vita adulta.
Amato e colleghi hanno condotto uno studio longitudinale su 2033 persone
sposate, alcune delle quali divorziate, e riuscirono ad intervistare cca
500 figli adulti di questo gruppo, che avevano vissuto nella stessa casa
con i genitori al tempo delle prime rilevazioni. I ricercatori notarono
che:
 nelle famiglie in cui il conflitto era alto i problemi di adattamento
espressi dai giovai adulti intervistati erano minori se si era
verificato un divorzio, e maggiore se i genitori avevano continuato a
convivere.
 nelle famiglie in cui il conflitto era basso, i problemi di
adattamento espressi erano maggiori se si era verificato un divorzio
e minori se i genitori avevano continuato a convivere.
Si può quindi concludere che il conflitto sia peggio del divorzio, a meno
che non sia basso, caso in cui è preferibile continuare a convivere.
4.2 Interpretazioni
Le difficoltà di adattamento associate al divorzio:
- potrebbero essere dovute alla presenza a monte di un conflitto fra i
genitori (Rutter)
- potrebbero essere associate alla rottura dei legami precedentemente
istituiti con la figura genitoriale, come suggerisce la teoria Bowlbiana
(ma eisstendo un nesso fra delinquenza e divorzio e non fra delinquenza e
morte di uno dei genitori suggerisce l'insufficienza di questa tesi)
- potrebbero essere dovuti ai numerosi cambiamenti di vita e alle
improvvise ristrettezze economiche 8cockett e Tripp 1994)
- potrebbero essere dovute alle difficoltà di adattamento psichico dei
genitori che influendo sul legame con il figlio influenzerebbero anche le
sue capacità di coping
La Ainsworth concludeva gli studi empirici sulla separazione affermando
che la separazione prolungata dai genitori, per oltre un mese nei primi
anni di vita sembrava produrre un leggero aumento delle probabilità
dell'individuo di sviluppare problemi psicologici. La ricercatrice era
però convinta che non si potesse generalizzare tale risultato per periodi
di separazione più breve. Era invece probabile che i bambini che vivevano
esperienze di separazione dovessero far fronte a problemi diversi e che
fossero tali problemi a produrre effetti a lungo termine.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1- Quali sono le risposte del bambino alla separazione?
2- Quali sono le caratteristiche del modello PDD e quali le critiche?
3- In che senso il coinvolgimento emotivo personale con i bambini
costituisce un elemento importante delle cure offerte?
4- Quali metodi di studio sono stati usati nella ricerca di Kagan?
5- Quali conclusioni è possibile trarre dagli studi della cura diurna?
6- Quali effetti producono il divorzio e i disaccordi tra i genitori?
CAPITOLO 6. DIFFERENZE SOCIALI E CULTURALI
Ci si chiede se il processo di attaccamento sia universale o innato o se
costituisca un fenomeno legato ad un determinata cultura.
1. Cosa si intende per differenze culturali
Una cultura è l'insieme di regole, valori e modalità d'interazione che
tiene insieme un gruppo d'individui. Queste regole e valori sono appresi
tramite la socializzazione (ossia l'interazione sociale con altri membri
della propria cultura).
All'interno della propria cultura operano delle "sottoculture". Si può
ritenere che le diverse classi sociali siano delle "sottoculture" ed
includere le differenze di classe all'interno delle differenze culturali.
Si può pensare che anche la questione dell' allevamento dei bambini sia
legata alla cultura e alle sottoculture, visto che le modalità di
allevamento conducono alla socializzazione. Ma si può anche pensare che
non sia così, se si guarda ai processi che la sottendono (ossia la
propensione innata del bambino a richiamare l'attenzione del caregiver e
la propensione del caregiver a rispondere alla sollecitazione del
piccolo).
Vediamo
allora
i
dati
raccolti
dalle
ricerche
interculturali
sull'attaccamento e sulle modalità dell'allevamento dei bambini.
2. Differenze culturali nell'attaccamento
2.1 Somiglianze culturali
Secondo Konner (1981) l'angoscia di separazione, che avviene intorno al 7
mese di vita, è presente in tutte le culture e confermerebbe il fondamento
biologico dell'attaccamento.
Mentre delle differenze emergono cca la modalità di risposta dei genitori.
Ad es. in Botswana gli adulti non lasciano piangere i bambini che vengono
presi in braccio ed attaccati al seno non appena manifestano disagio.
2.2 La Strange Situation
Tale stecnicca è stata utilizzata per valutare l'attaccamento ed
effettuare un confronto fra le culture nelle modalità di attaccamento dei
bambini.
Nakagawa e colleghi ('92) hanno ad esempio valutato che in Giappone era
più diffuso l'attaccamento sicuro rispetto alla Gran Bretagna. L'analisi
probabilmente più estesa è stata compiuta da Ijzendoord e Kroonenberg
('88) che hanno confrontato i risultati di studi condotti in 8 paesi e
hanno rilevato che le modalità di attaccamento sicuro andavano dal 50%
della cina al 75%della GB.
Bisogna tener presente che i risultati non sono molto affidabili perchè
consideravano campioni piuttosto piccoli.
2.3 La Strange Situation come etica imposta
Si parla di etica imposta perchèci troviamo di fronte ad una tecnica
elaborata da una determinata cultura, per studiarne un'altra, diversa
dalla prima.
Un'etica è un comportamento universale e per questa universalità si
distingue dall'emica, comportamento di una data cultura. La strange
situaion assume in modo scorretto che il comportamento dei bambini abbia
lo stesso significato in tutte le culture.
Ma Takahaski (1990) sottolinea, ad esempio, che i bambini Giapponesi
potrebbero provare molto disagio nell'essere lasciati soli perchè non
accade mai nella loro cultura. Quindi l'ansia che appare nella Strange
Situation potrebbe essere una risposta alla stranezza della situazione e
non un indicatore del grado di sicurezza dell'attaccamento.
Ciò nonostante le ricerche di Ijzendoord e Kroonenberg riscontrando simili
percentuali di attaccamento sicuro in molte diverse culture, fanno
pensare, come conclude Bee, che l'interazione madre-bambino sia sottesa
dagli stessi fattori in tutte le culture.
2.4 Attaccamento o attaccamenti?
Le ricerche interculturali si sono anche formate sul numero degli
attaccamenti. Nella nostra società la presenza di un solo attaccamento
primario sembra la norma, anche se il crescente coinvolgimento del padre
potrebbe cambiare le cose.
La Ainsworth studiando i Ganda dell'Uganda ha riscontrato che il modello
di cura dei piccoli comportava la presenza di più figure, anche se i
bambini continuavano a formare un unico attaccamento primario.
Tronick e colleghi ('92) hanno studiato gli Efe, tribù pigmea dello Zaire
che vive in gruppi familiari allargati. <i piccoli erano guardati da
chiunque fosse a portata di mano ed allattati da più donne anche se
continuavano a dormire con la madre. I ricercatori hanno riscontrato che a
sei mesi questi bambini coninuavano a mostrare preferenza per la madre e
quindi ad avere un unico attaccamento primario.
Lo stesso risultato diede la ricerca di Fox, incentrata sulla vita di un
kibbutz, comunità agricola israeliana nella quale i bambini passano la
maggior parte del tempo con delle bambinaie chiamate metapelet.
Posti nella Strange Situation i bambini mostravano protesta sia
all'allontanarsi della madre che della metapelet, ma sembravano più
riconfortati dal ritorno della madre. I bambini esprimevano dunque un
attaccamento più sicuro nei confronti della madre. Sembrerebbe quindi che
la qualità del tempo importi più della quantità del tempo. Infatti
probabilmente la rispondenza e la sensibilità della madre nei confronti
del bambino era maggiore. Nello stesso tempo, lo studio era viziato da un
errore metodologico quale l'avvicendamento delle metapelet e il fatto che
si occupassero di più bambini. Infatti nel caso in cui la figura della
metapelet diventasse più stabile, anche l'attaccamento espresso dai
bambini nei suoi confronti potrebbe essere più intenso. È possibile allora
che la Strange Situation vada a misurare la quantità e non la forza
dell'attaccamento. Bisogna anche ricordare che lo studio di Fox era
interculturale, e che forse la Strange Situation non costituiva il metodo
di misura adeguato per valutare il grado di attaccamento dei bambini nella
cultura israeliana.
2.5 Esistono differenze?
Diversi studi hanno mostrato che l'attaccamento e la cura amorevole non
sono caratteristiche innate universali, diffuse in tutte le società.
Infatti, presso gli Ik dell'Uganda, lo studioso Turnbull ('72) osservò
un'esplicita avversione nei confronti della prole fin dalla nascita. I
figli erano abbandonati a sè stessi alla prima occasione e correvano il
rischio continuo di morte per fame a causa dell'strema indigenza. Kagan e
Klein avevano osservato una società in cui i piccoli erano allevati in
situazione di estrema privazione. Nella società guatemalteca i piccoli
venivano segregati in ambienti chiusi x essere protetti dalla sporcizia e
dal disagio. Vivevano quindi nell'oscurità senza oggetti con cui giocare.
Valutati ad un anno presentavano notevoli ritardi nello sviluppo. A
qualche anno di distanza, dopo aver goduto di normali interazioni sociali
e fisiche, mostravano modelli di prestazione confrontabili con quelli di
bambini occidentali di pari età.
In questo caso la privazione precoce non aveva influito sui successivi
sviluppi cognitivi. Ma è anche possibile che i bambini non si fossero
trovato in condizioni di privazione totale e che avessero continuato ad
avere qualche forma di contatto esterno.
2.6 Attaccamento e condizione economica
Secondo Schaffer l'attaccamento sarebbe allora una potenzialità innata che
risente del contesto e della cultura. Le società analizzate erano e sono
caratterizzate da una mancanza di ricchezza materiale. I fattori economici
avrebbero allora molta importanza per lo sviluppo dell'attaccamento (si
possono prodigare molte cure se non si è vincolati dagli impegni di lavoro
o dalla scarsità delle risorse).
Ma le differenze culturali riscontrate possono anche essere spiegate in
riferimento ai comportamenti adulti di tale società. In questo senso ogni
società cresce i bambini preparandoli a sviluppare il comportamento
emotivo più consono in quella cultura (per i Mundugumour in nuovi nati
dovevano essere socializzati in modo da diventare adulti aggressivi e
guerrieri). Società individualistiche avranno modalità di allevamento
diverse da quelle collettivistiche.
2.7 Conclusioni
Per quanto il comportamento dei bambini nelle prime fasi di vita possa
essere universale, essi sono ben presto socializzate in base alle risposte
che ricevono dagli adulti, influenzati a loro volta dalle esperienze di
socializzazione
precedentemente
vissuta.
Il
compito
dell'adulto
è
trasformare il bambino piccolo in un membro integrato della propria
cultura. Come ricorda Hinde ('879 socializzazione ed acculturazione
procedono di pari passo.
3. Differenze culturali nell'allevamento dei bambini
Siversi studi hanno ricondotto gli stili di allevamento dei bambini ad
alcune categorie, associate poi ad esiti quali l'aggressività ed il
comportamento morale.
Ad esempio Baumrind ('71) basandosi su osservazioni ed interviste ha
individuato 4 categorie:
1- Autoritarismo. Gli adulti impongono modalità di comportamento senza
spiegarne le ragioni e ricorrono a misure punitive per assicurarsi il
rispetto. Questo stile tende a far crescere un bambino pieno di
pregiudizi, umorale, timoroso e/o passivo.
2- Autorevolezza.
Gli
adulti
alternano
discussione
e
linee
di
comportamento chiare e cerca di rispondere ai sentimenti del bambino.
Il bambino che ne deriva è tendenzialmente sicuro di sé, capace di
autocontrollo, allegro, cooperante e curioso.
3- Permissività. Gli adulti lasciano il bambino libero di esprimersi
senza limiti definiti, Di rado esercita controllo o esprime calore.
Il bambino tende ad essere ribelle, a non avere scopi, a mostrare
mancanza di autocontrollo e ad ottenere scarsi risultati.
4- Rifiuto/negligenza. Questo stile, a differenza degli altri, è
caratterizzato da un disinteresse nei confronti del bambino. Gli
adulti sono ultrapermissivi e distanti, scarsamente coinvolti dal
bambino. Questo stile si traduce in un bambino antisociale, ribelle
ed ostile
3.2 Valutazione
Le ricerche hanno mostrato la presenza di nessi tra un tipo di educazione
ed un certo tipo di comportamento del figlio, ma non una necessità causaeffetto. È possibile che il comportamento dei figli richieda uno stile
educativo preciso, ma nello stesso tempo se osserviamo il fatto che i
genitori tendono ad usare lo stesso stile con figli diversi è più
probabile che il ruolo genitoriale sia una caratteristica della
personalità.
Per Erikson esistono altre caratteristiche importanti degli stili
genitoriali, che vanno al di là del controllo esercitato sul bambino. Per
lui le due dimensioni principali sarebbero il calore ed il controllo. Una
ricerca di Rosenhan ('70) ha dimostrato che i bambini tendono ad essre più
alruisti se la loro relazione con i genitori è stata improntata al calore.
3.3 Differenze subculturali legate alla classe sociale
Maccoby ('80) ha concluso che esistono 4 differenze di fondo fra le
modalità di allevamento dei figli espressi dalle classi sociali inferiori
e quelle superiori:
1- Obbiedenza. I genitori delle classi inferiori tendono a valorizzare
l'obbedienza ed il rispetto, mentre quelle superiori ad enfatizzare
la curiosità e l'indipendenza.
2- Disciplina. I genitori delle classi sociali inferiori, tendono ad
usare forme di disciplina basate sull'affermazione di sé e sul
potere;
quelle
superiori,
si
basano
sulla
permissività
e
l'autorevolezza.
3- Linguaggio. I genitori delle classi superiori tendono ad usare un
linguaggio più complesso.
4- Calore. I genitori delle classe socio-economiche superiori tendono ad
esprimere più calore ed affetto nei confronti dei figli.
Bisogna notare le somiglianza fra lo stile genitoriale delle classi più
basse e quello delle società meno ricche. Ciò conferma che le modalità di
allevamento dei figli sono espressione del tipo di cure che i genitori
possono permettersi di offrire e della realtà che aspetta i bambini. É
comunque necessario ricordare che tali considerazioni sono sempre delle
astrazioni generali e rappresentano il soggetto medio, non il singolo
individuo.
3.4 Ricerche inerculturali
Whiting ha condotto diversi studi interculturali sul comportamento di 6
diverse cluture (filippina, messicana, keniota, indiana, giapponese e
statunitense).
Minturn e Lambert dopo aver analizzato questi dati dedussero che le
differenze fra le culture fossero altrettanto marcate di quelle presenti
all0interno della stessa cultura.
Berry e colleghi ('57) hanno individuato 6 dimensioni di fondo comuni a
tutte le società nell'allevamento dei bambini:
l'obbedienza, la responsabilità, la capacità di prendersi cura di altri
membri della propria società, l'attenzione ai risultati, la fiducia in sè
e l'indipendenza generale. Tali aspetti sono sintetizzati in un'unica
dimensione complessiva, la "pressione alla compliance" rispetto alla quale
l'obbedienza e l'autoaffermazione sono i due estremi del continuum. Le
società possono essere confrontate rispetto a queste dimensioni. Per
esempio Berry ha notato che una tendenza comune a tutte le società, è la
socializzazione delle bambine soprattutto alla compliance.
4. Conclusioni
L'attaccamento va compreso all'interno delle culture specifiche, ma la sua
funzione è sostanzialmente la stessa all'interno delle diverse culture.
Offre al bambino la base emotiva sulla quale fondare relazioni appropriate
alla cultura in cui vive, ed un'adeguata autostima.
Le modalità di allevamento dei bambini sono fenomeni culturali, connessi
agli atteggiamenti e necessità di ciascun gruppo sociale. Questa è un
affermazione di relativismo culturale.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1- Quali sono le differenze culturali rispetto alla Strange Situation?
2- Quali sono le caratteristiche universali dell'attaccamento?
3- Società
individualistica
e
società
collettivistica:
quali
le
caratteristiche rispetto all'attaccamento?
4- Esiste più di un attaccamento?
5- Quali sono gli stili di allevamento occidentali?
6- Descrivere le differenze di allevamento dei figli rispetto alla
classe sociale di appartenenza
CAPITOLO 7. TEORIE DELL'ATTACCAMENTO
1. Teorie e dati empirici
I dati empirici informano la teoria che genera a sua volta altre ricerche.
Tutte le ricerche fin qui esaminate sono state sviluppate a partire dalla
teoria di Bowlby
2. Cosa s'intende per teorie dell'attaccamento
una teoria dell'attaccamento cerca di rispondere ad alcuni interrogativi:
- Quali sono le caratteristiche della figura primaria di attaccamento
del bambino? Perchè i bambini sviluppano un attaccamento nei
confronti di una sola persona e non di altre? L'attaccamento dipende
dal tempo speso con la figura di cura, dal nutrimento o dalla
rispondenza del caregiver?
- Quali sono le funzioni dell'attaccamento a breve e a lungo termine?
Quali le conseguenze derivante da un attaccamento sano (sicuro) e da
uno insano (insicuro)? Cosa succede ad un bmabino che non riesce a
sviluppare un attaccamento ottimale.
3. La teoria dell'attaccamento prima di Bowlby
3.1 La teoria freudiana
Per Freud è la persona che nutre il bambino a diventare figura primaria di
attaccamento, soddisfacendo i bisogni del bambino nella sua fase orale.
Dandogli piacere orale, la figura di cura diventa poi oggetto d'amore
costituendo la base di ogni successivo attaccamento. Per Freud il piccolo
poteva sviluppare degli attaccamenti patologici se veniva privato del cibo
e del soddisfacimento orale, ma anche se iperstimolato in tal senso. Gli
attaccamenti patologici si trasformerebbero poi in fissazioni orali come
il fumare, la voracità, il masticare matite ecc., che rappresentano un
tentativo tardivo di ottenere soddisfazione orale.
Inoltre secondo Freud, la deprivazione delle necessità pulsionali del
bambino produrrebbe effetti a lungo termine come uno stato di perenne
bisogno.
3.2 La teoria comportamentista
Anche per il comportamentismo la figura primaria di attaccamento è colei
che nutre il bambino costituendo una sorta di rinforzo condizionato. Il
bambino reagisce istintivamente all'essere nutrito provando piacere. In un
secondo momento il bambino arriva ad associare questo piacere alla figura
di cura. Il piacere allora finisce per comparire ogni volta che la figura
di cura si presenta.
3.3 Valutazione della teoria freudiana e comportamentista
Gli esperimenti di Harlow con gli scimpanzè, e le altre ricerche hanno
mostrato che l'attaccamento non dipende solo dalla nutrizione, come non
dipende dal tempo speso insieme al caregiver, ma è piuttosto legato
all'interazione. Fra le critiche avanzate contro la teoria freudiana della
personalità è che essa si basa troppo sullo studio del comportamento
patologico adulto, e che facendo risalire questo comportamento all'impatto
delle esperienze precoci ne estrapola successivamente una teoria dello
sviluppo normale, compiendo un errore logico.
Il comportamentismo tenderebbe invece a ridurre la complessità della
condotta ad un insieme ipersemplificato di strutture e processi, ma
avrebbe il merito di non sostenere che il solo rinforzo dell'attaccamento
fosse la nutrizione, ma anche altri fattori come l'essere abbracciato ed
accarezzato, e più in generale l'essere curato.
Questa visione ara corretta anche se la teoria del condizionamento ha
sottolineato una presunta passività del bambino non riscontrata dai dati
empirici.
3.4 L'approcio etologico
Gli etologi hanno introdotto il concetto di IMPRINTING del processo di
attaccamento. Gli animali hanno una serie di impulsi innati fra i quali la
tendenza a seguire un oggetto di un certo tipo (che emette un particolare
suono o che ha un particolare odore) e che induce l'animale a stare vicino
alla figura di cura.
Dati dimostrano che anche i piccoli umani imparano precocemente e
riconoscere la madre dall'odore e già a dodici giorni dalla nascita
riconoscono e preferiscono l'odore della ascella della madre (se allatta
al seno) ad odori estranei.
4. La teoria di Bowlby
La si può riassumere in 4 punti:
1- risente dell'influenza della psicoanalisi (sottolineando gli effetti
della deprivazione) e dell'etologia (sottolineando il carattere
innato ed adattivo della condotta
2- è stata presentata in una prima versione negli ani '50 in cui si
avanzava l'ipotesi della deprivazione materna, e in una seconda
versione, negli anni '60, con la teoria dell'attaccamento
3- la teoria descrive la tendenza innata del bambino e del caregiver a
formare attaccamenti. Descrive come i comportamenti innati del
bambino inneschino le risposte innate e la presa in carico
dell'adulto
4- sottolinea gli effetti positivi dell'attaccemtno e quelli negativi
della sua perdita o mancanza
4.1 L'influenza psicoanalitica e l'ipotesi della deprivazione materna
La teoria della deprivazione materna (che sostituiva il concetto di
deprivazione orale) venne elaborata nel '51
In un testo intitolato "cure materne e igiene mentale del fanciullo" in
cui si evidenziavano gli effetti potenzialmente patologici della mancanza
di tali cure, necessarie e vitali come le vitamine dunque. Parlando di
cure materne, B. non faceva tanto riferimento alla madre quanto al tipo di
cure. Suggerì che in assenza della possibilità di sviluppare attaccamenti
precoci il bambino non sarebbe riuscito a prosperare e che avrebbe
tendenzialmente manifestato una psicopatia anaffettiva.
4.2 L'influenza dell'etologia e la teoria dell'attaccamento
Secondo la Ainsworth il concetto di attaccamento si delineò in B. dopo
aver sentito parlare del lavoro degli etologi Lorenz e Tinberg. La
prospettiva etologa si basava sui principi biologici dell'evoluzionismo
per cui tutti i comportamenti venivano spiegati in base alla funzione che
avevano
per
l'individuo
(essenzialmente
l'assicurarsi
della
sopravvivenza). In questo senso la funzione dell'attaccamento sarebbe
assicurarsi la sopravvivenza del patrimonio genetico della specie. Perchè
ciò avvenga la relazione di attaccamento dev'essere reciproca. Infatti
ciascun partner innesca nell'altro comportamenti sociali innati che
innescano una relazione sociale. Esisterebbe un insieme innato di
organizzatori
sociali
(social
releasers):
il
bambino
ha
certi
comportamenti sociali, come il sorriso ed il pianto, e suscita la risposta
sociale dell'adulto che lo prende in braccio.
Vedi quadro pag. 127
4.3 Presenza di un periodo critico di sensibilità
Tutti i processi innati, come quello che costruisce il legame di
ataccamento, hanno un motore biologico ed avvengono all'interno di un
"periodo finestra". Tale periodo è definito da Bowlby "periodo sensibile"
e per la costruzione di attaccamenti si concluderebbe con i due anni e
mezzo. Secondo Bowlby, inoltre, la rottura o mancanza di legami in questo
periodo produrrebbe danni gravi ed irreversibili.
4.4 L'attaccamento è innato?
Se è innato, come suggeriscono gli etologi, allora dovrebbe essere anche
universale. Le ricerche interculturali confermano questa tesi nel senso
che tutti i bambini in tutte le cuture tendono a formare un legame
primario di attaccamento. Ma esistono delle eccezioni e variano le
modalità di relazione dell'adulto ocn il bambino piccolo. Si può allora
dire che l'attaccamento ha aspetti innati.
4.5 Monotropia
Il termine è usato per indicare la tendenza dei piccoli ad avere una sola
figura
primaria
di
attaccamento.
Questa
figura,
secondo
Bowlby
costituirebbe il modello per ogni altra relazione di attaccamento. Per
indicare tale processo B. coniò l'espressione modello operativo interno.
4.6 Il modello operativo interno
È un insieme di regole ed aspettative che opera all'interno della
relazione con l'altro e prende avvio dalla relazione primaria di
attaccamento, modello per le successive relazioni. La sicurezza di questo
primario attaccamento permette di costruire relazioni positive.
Uno dei limiti di questo concetto è la possibilità di validarlo
empiricamente.
4.7 L'ipotesi della sensibilità del caregiver
La Aisnworth ha scoperto che i piccoli che ricevono cure improntate al
calore ed alla sensibilità, sviluppano un attaccamento sicuro (e creano
l'indipendenza). Questa è la teoria della sensibilità del caregiver, che è
stata sostenuta empiricamente dalle ricerche de Bell ed Ainsworth su 26
coppie madre-bambino (ad un anno i bambini che piangevano di meno erano
quelli le cui madri, in origine, avevano risposto prontamente al pianto).
4.8 Una base sicura
L'attaccamento sicuro è una base sicura per creare l'indipendenza del
bambino e la sua sicurezza nell'esplorazione del mondo. La figura primaria
sarebbe infatto il perno cui fare continuamente ritorno durante le sue
esplorazioni.
4.9 Le principali accezioni dell'attaccamento
Secondo Hinde si possono distinguere nella teoria bowlbiana diverse
accezioni dell'attaccamento:
1- Quella
psicodinamica
per
cui
l'attaccamento
sicuro
permette
l'indipendenza e di sentirsi a proprio agio mentre l'attaccamento
insicuro crea dipendenza.
2- Quella comportamentale per cui lo sviluppo di sentimenti di
attaccamento porta a mantenere la vicinanza con al figura di cura.
3- La componente sistemica, che designa il modello mentale della
relazione con l'altro.
La teoria dell'attaccamento si è incentrata sui processi interpersonali
che portano allo sviluppo dei legami di attaccamento (la tendenza innata
del bambino piccolo a cercare un legame e provocare la risposta del
caregiver).
5. Valutazione della teoria di Bowlby
5.1 L'opera di Rutter e la rivalutazione dell'ipotesi della deprivazione
materna
Le
due
versioni
del
volume
"Maternal
deprivation
riassessed"
costituiscono un commento ed un'integrazione alla teoria bowlbiana.
Rutter, aderendo pienamente all'idea che le esperienze precoci
influiscono sullo sviluppo intellettuale e psicosociale, distingue però
i disturbi conseguenti alla deprivazione.
- i
disturbi
antisociali
deriverebbero
piuttosto
da
disaccordi
familiari più che dalla separazione
- la psicopatia anaffettiva era riconducibile alla mancanza ma non alla
perdita (separazione o deprivazione) d'amore
- i ritardi cognitivi erano riconducibili alla mancanza di stimoli
intellettuali più che alla deprivazione emotiva.
Nell'edizione dell'81 aggiunse che le conseguenze della deprivazione non
erano così stabili, estreme ed irreversibili come aveva indicato Bowlby. E
neppure la rottura delle relazioni di attaccamento è il solo problema che
riguarda l'esperienz sociale dei piccoli.
5.2 Ulteriori critiche alla teoria di B.
Dalle femministe che hanno letto le sue teorie come un incentivo per le
donne a stare a casa con i figli. Le sue teorie sembrerebbero criticare
anche le istituzioni dato che affermò che una cattiva famiglia era meglio
di una buona istituzione (tesi non confermata del tutto dai dati empirici.
Vedi studio Tizard secondo cui i bambini tornati in famiglie inadeguate
stavano peggio di tutti).
D'altro canto B. voleva affermare in primo luogo l'importanza per i
piccoli di ricevere cure adeguate e solo in secondo piano dire che una
famiglia, per quanto cattiva, avrebbe potuto garantire al bambino una
qualità superiore di attaccamento. In ogni caso il suo messaggio era di
migliorare la qualità delle cure, da chiunque venissero prodigate.
Un'altra tesi criticata è la monotropia e l'idea che l'attaccamento
primario fosse il modello per le relazioni successive. Infatti se esistono
dati a favore dell'ipotesi di una relazione fra lo stile di attaccamento
primario e le relazioni successive, non si tratta di risultati univoci. Si
potrebbe
imputare
questa
somiglianza
nelle
relazioni
a
delle
caratteristiche temperamentali innate del bambino. Alcuni sarebbero più
capaci di altri di formare relazioni e coloro che riescono a sviluppare
una buona relazione tendono a sviluppare altre relazioni positive.
Invece secondo Hinde e Stevenson-Hinde, i comportamenti, le emozioni e le
cognizioni
acquisite
all'interno
di
un
determinato
rapporto
sono
specifiche di quel rapporto.
La logica evoluzionistica ritiene che ogni comportamento che viene
espresso, deve avere una logica adattiva. Ma anche quest'ipotesi
(retrospettiva) resta probabilmente vera; nessuno può dire se le cose
stanno effettivamente così.
5.3 Analisi finale
La teoria di Bowlby è una buona teoria e come tale genera diverse ricerche
scientifiche; è una teoria corretta nella misura in cui si è potuta
dimostrare l'origine innata di alcuni comportamenti di attaccamento. Lo è
meno quando tende a sopravvalutare le conseguenze della costruzione e
della rottura del legame di attaccamento. Inoltre, non riesce a spiegare
le differenze individuali e la maggiore capacità di alcuni bambini di
affrontare esperienze precoci difficili.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1- Quali sono le 4 caratteristiche chiave della teoria di Bowlby?
2- Quali sono le differenze ed i punti di contatto fra il modello di
Bowlby e la prima teoria comportamentista?
3- Cosa s'intende per monotropia?
4- Cos'è il modello operativo interno?
5- Cosa s'intende per base sicura?
6- Quali sono le principali critiche alla teoria di Bowlby?
CAPITOLO 8. ARRICCHIMENTO
Vediamo come poter arricchire le esperienze e le situazioni di vita dei
bambini.
1. Che cosa s'intende per arricchimento?
a) sulla base delle ricerche fin qui presentate, si potrebbe intendere con
questo termine, l'offerta al bambino di esperienze ad un'età più precoce
di quella in cui sarebbe normalmente avvenute. In questo modo il bambino
potrebbe progredire più rapidamente.
b) un'altra accezione del termine arricchimento è l'offerta al bambino di
esperienze che altrimenti non vivrebbe. Senza quest'esperienze lo sviluppo
del bambino sarebbe limitato. In questo caso l'arricchimento eviterebbe i
possibili effetti negativi
Quindi i programmi di arricchimento sono di due tipi:
1- diretti ad accrescere lo sviluppo
2- orientati a compensare possibili deprivazioni
2. Lo sviluppo cognitivo
Riguarda diversi ambiti di studio: la percezione, il
l'intelligenza (su cui si sono concentrate molte ricerche)
linguaggio
e
3. Lo sviluppo percettivo
3.1 L'effetto dell'istituzionalizzazione
Uno dei motivi per cui i bambini istituzionalizzati rischiano di avere
danni intellettivi è la ristrettezza delle esperienze percettive. Si pensi
che era prassi comune in GB tenere i bambini allettati. Lo sviluppo
cognitivo, nelle sue prime fasi, necessita di stimoli percettivi perchè i
bambini imparino a coordinare le proprie sensazioni 8per esempio imparare
che ciò che si muove davanti ai loro occhi è la propria mano). Piaget
aveva chiamato la prima fase dello sviluppo cognitivo, sensomotorio.
White e Held scoprirono nelle loro ricerche che i bambini stimolati con
guanti bianchi e rossi e fogli multicolore cominciavano a guardarsi le
mani prima di quelli di un gruppo di controllo ( e si pensava che i
bambini che passavano più tempo a guardarsi le mani fossero più sviluppati
sul piano percettivo e quindi intellettuale. Conclusione questa, piuttosto
discutibile).
Se non ci sono risultati sulle conseguenze a lungo termine di tale
operazione di arricchimento, c'è conferma che si può accelerare lo
sviluppo tramite programmi di arricchimento e che la deprivazione visiva
possa produrre conseguenze serie sullo sviluppo.
3.2 Altri studi sulla deprivazione visiva
Studi condotti sugli animali (sarebbe poco lecito effettuare ricerche che
pongano in situazioni di deprivazione visiva gli uomini) hanno dimostrato
che lo sviluppo del sistema visivo richiede la presenza di stimoli, e che
l'assenza o la limitatezza di tali esperienze in un periodo critico,
provocano un danno permanente nel sistema.
Ad esempio Blakemore e Cooper ('70) hanno allevato dei gattini dentro un
cilindro
a
strisce
verticali
bianche
e
nere,
e
gli
animali,
successivamente, non erano capaci di percepire le righe orizzontali.
Tali risultati sono stati confermati da evidenze empiriche ottenute
sull'uomo. Bancks e colleghi hanno infatto scoperto che nei casi di
strabismo, se l'operazione chirurgica non avviene prima del 4 anno d'età,
il danno alla visione binoculare rimane permanente. Trascorsa un'età
critica, quindi, il sistema visivo non può essere modificato.
3.3 Conclusione
La deprivazione sensoriale produrrebbe due effetti possibili:
- ritardi cognitivi che influiscono sullo sviluppo cognitivo generale
- danni permanenti alle zone del cervello deputate all'interpretazione dei
dati sensoriali
4. Lo sviluppo del linguaggio
4.1 Arricchimento linguistico
Schwartz e colleghi hanno dimostrato che interventi integrativi precoci
aiutano a controbilanciare la disabilità linguistica prodotte dallo
svantaggio sociale. Infatti per Bernstein esisterebbero due codici
linguistici, quello ristretto in usi nelle classi sociali più basse, e
quello elaborato, che permette di formare con più facilità concetti
astratti, usato perlopiù dalle classi medie e dai loro figli.
Anche Fowlerb ha valutato i miglioramenti prodotti da un programma di
arricchimento linguistico, mentre secondo uno studio di Sinclair-de-zwart
i programmi di arricchimento linguistico non influiscono sullo sviluppo
cognitivo. Infatti i bambini che non riuscivano a risolvere le prove di
conservazione della quantità (cioè la capacità di comprendere che il
volume e la massa restano identici anche se si cambia la forma
dell'oggetto che lo contiene) presentavano ritardi anche nello sviluppo
linguistico, e che se anche quest'ultimo veniva migliorato non si otteneva
alcun miglioramento nella capacità cognitiva di cogliere la conservazione.
4.2 Critiche alla teoria della conservazione verbale
Labov ha criticato la posizione di Bernstein dicendo che lo slang inglese,
ad esempio, era assolutamente capace di rappresentare concetti astratti, e
che lo studioso aveva confuso la deprivazione sociale con quella
linguistica.
Un tema dibattuto è anche il rapporto fra linguaggio e pensiero. Per
flanagan le evidenze empiriche disponibili non consentono di concludere
che il linguaggio sia un prerequisito del pensiero.
Inoltre bisogna considerare che i programmi di arricchimento incorrono in
difficoltà politiche dato che il linguaggio è intimamente legato
all'identità di ciascuna sottocultura i cui membri sono poco propensi ad
apprendere nuove forme di espressione.
4.3 Lettura
Lo sviluppo della lettura è legato a quello del linguaggio. Gibson e
colleghi hanno dimostrato che prima dei 5 anni, i bambini non hanno una
capacità di discriminare gli stimoli visivi talmente sviluppata da
consentire la lettura.
4.4 Eloquio
I programmi di arricchimento volti ad evitare la compromissione dello
sviluppo sociale e cognitivo potrebbero aiutare a superare problemi di
elocuzione come la balbuzie e i disturbi di pronuncia.
5. Lo sviluppo dell'intelligenza
5.1 Crescita in serra
Alcun credono che un surplus di stimoli comporti un miglioramento duraturo
e sensibile della prestazione intellettuale dei bambini.
Logan disse di aver creato bambini con un quoziente intellettivo superiore
ai 160 grazie a programmi di stimolazione prenatale. In realtà, tali
programmi in cui lo sperimentatore parla ai bambini mentre sono ancora
nella pancia non hanno trovato particolari conferme empiriche.
Secondo Howe, l'uso dell'hothousing durante l'infanzia è invece possibile,
ma richiede un training intensivo ed una fortissima motivazione.
Probabilmente i genitori che inseriscono i figli in programmi di
hothousing sono essi stessi molto motivati ed influiscono con questa
motivazione su quella dei figli.
5.2 Programmi integrativi prescolastici
Il programma più famoso e diffuso è stato l'headstart che prese piede
negli anni '60, insieme ad un movimento politico che voleva istituire
programmi d'intervento in grado di aiutare i bambini delle classi
svantaggiate.
I
primi
programmi
dell'headstart
diffusi
nel
'65,
coinvolsero c.ca un milione di bambini in età prescolastica (si pensava
che agendo in età prescolastica si potessero ridurre le differenze tra
questi bambini e quelli delle classi sociali più elevate, evitando così
che i bambini iniziassero un ciclo di fallimenti sempre più incolmabili).
In realtà i costi del programma non furono giustificati dai risultati
ottenuti, anche se gli studi di follow-up dimostrarono che i bambini
inseriti nel programma avevano più
probabilità di proseguire gli studi,
minori fallimenti, e minore probabilità di diventare delinquenti. Inoltre,
Seitz rilevò un Qi superiore durante l'adolescenza, e ciò suggerisce un
possibile effetto ritardato del programma. Probabilmente i pochi risultati
ottenuti
potrebbero
essere
dipesi
dall'età
tardiva
dei
bambini
considerati. Sebbene altri programmi avessero ottenuto risultati migliori
causando un aumento del QI di bambini posti in situazione di svantaggio
sociale (con madri ritardate ad esempio) quest'aumento o era regredito
rapidamente, o era in parte regredito, quando i bambini avevano raggiunto
i 12 anni.
Altri programmi hanno avuto una durata limitata ed hanno coinvolto bambini
in età più avanzata. Portnoy e colleghi avevano istituito un campo estivo
diurno per bambini delle periferie fra i 6 e gli otto anni. Il campo
puntava
all'arricchimento
educativo
e
cognitivo,
oltre
che
alla
consapevolezza sociale ed alla crescita. Secondo i ricercatori i soggetti
coinvolti mostrarono sensibili benefici a livello di pensiero astratto ed
immagine di sé.
5.3 Arricchimento alimentare
Numerosi i programmi che hanno mostrato che un arricchimento della dieta
può produrre effetti positivi rilevanti sullo sviluppo cognitivo. Benton e
Cook ('91) hanno riscontrato sensibili aumenti del Qi in bambini a cui
avevano somministrato integratori vitaminici.
5.4 Conclusioni sui programmi di arricchimento dell'intelligenza
sebbene
i
risultati
di
tali
programmi
siano
stati
riscontrati
essenzialmente a breve termine, consentono di contrastare l'idea che
l'intelligenza sia qualcosa di geneticamente determinato e quindi
immodificabile.
Sicuramente resta la difficoltà di valutare il rapporto costi7benefici
esistendo più metodi di calcolo capaci di portare anche a valutazioni
opposte.
6. Lo sviluppo sociale ed emotivo
6.1 Popolarità
Alcuni bambini sono più popolari di altri e ciò è probabilmente dovuto a
particolari abilità sociali dell'individuo (che resta popolare anche
cambiando gruppo). Forse i bambini "rifiutati" hanno delle specifiche
disabilità sociali ed un'aspettativa di fallimento sviluppata sulla base
dell'esperienze passate. I programmi integrativi che danno a questi
bambini l'opportunità di apprendere a praticare le abilità di rapporto
sociale hanno avuto un certo successo (pag. 148)
6.2 Attaccamento
Un modo per arricchire le esperienze di attaccamento dei bambini è
intervenire sulla qualità dei servizi diurni di cura. E' possibile
realizzare interventi integrativi anche lavorando sui genitori. Il
programma developmental play aveva lo scopo di stimolaree ricostruire il
legame relazionale fra un genitore ed un figlio emotivamente disturbato.
Lavorando su 7 coppie genitori-figli cercando di favorire un'interazione
più efficace, i ricercatori ottennero risultati promettenti.
6. Conclusioni
Qualsiasi tecnica d'intervento usata per migliorare lo sviluppo del
bambino può essere considerata un intervento di arricchimento.
Esistono programmi di arricchimento che portano ad un accelerazione dello
sviluppo ed altri volti a colmare qualche mancanza di esperienza o
situazione di deprivazione. Questi ultimi, potrbbero cambiare notevolmente
la vita de una persona, e dovrebbero avere luogo prima di una certa età
(come per lo sviluppo percettivo).
Per quanto riguarda il punto di vista etico, se non esistono obiezioni al
programma di arricchimento, ne esistono al fatto che le ricerche hanno
bisogno della presenza di gruppi di controllo per essere attendibili, e
quindi la presenza di gruppi di bambini a cui venga negato l'accesso al
programma; tale bisogno è discutibile sul piano etico.
È inoltre possibile che l'esperienza di arricchimento modifichi le
dinamiche di gruppo e finisca per "impoverire" dei bambini precedentemente
"normali".