LA SOCIALIZZAZIONE INFANTILE - Cara Flanagan Introduzione Obiettivo del libro è chiarire come le primissime esperienze infantili modellino la natura psicologica di ciascuno (essendo la base dello sviluppo emotivo dell'individuo) Una parte determinante della nostra personalità è infatti costituita da un Sé emotivo che influenza ogni altra dimensione dello sviluppo. Le prime esperienze sociali del neonato sono il tramite attraverso cui prende avvio il suo sviluppo emotivo. Un punto di partenza emotivo sicuro, una base sicura da cui procedere nel suo sviluppo emotivo, sono necessari al bambino per esplorare il mondo senza tensione. Tale sicurezza deriva al bambino dai legami che è capace di creare naturalmente con le persone. Alcune di queste relazioni sociali sono privilegiate, ad esempio il bambino crea un legame specifico con il/i caregiver (la/le persone che si prendono cura di lui). Gli attaccamenti producono sicurezza e consentono al bambino di esplorare la realtà circostante. Lo studio della prima socialità dei bambini non solo permette di capire il processo di sviluppo umano, ma consente alle persone che si occupano dei bambini di fornire loro esperienze precoci migliori. 1. Alcune visioni tradizionali dell'infanzia I nostri atteggiamenti sono figli della storia e della cultura con cui abbiamo a che fare. Così, le modalità di allevamento dei figli erano e restano legate al modello di età adulta vigente in una cultura. I filosofi del '600 e del '700 hanno contribuito a modificare l'accezione dell'infanzia. Se prima di allora si era diffuso un pensiero che considerava i bambini egoisti e mossi da istinti da controllare (dovevano essere socializzati per diventare adulti) Russeau pensava che i bambini avessero fin dalla nascita il senso del giusto e dell'ingiusto e che si dovesse rispettare questa primigenia bontà, consentendo uno sviluppo libero e naturale. 1.1 L'alba dell'infanzia La considerazione dell'infanzia come periodo importante e distinto dello sviluppo si è fatta strada lentamente. La scolarizzazione obbligatoria fece la sua comparsa solo nella seconda metà del XIX sec. E risale a quegli stessi anni il primo caso di abuso infantile, per il quale ci si appellò alla sola legge allora disponibile - che sanzionava le violenze sugli animali - . Si affermava così che la bambina maltrattata faceva parte del regno animale e doveva pertanto essere protetta dal tribunale non meno di ogni altro essere vivente non umano. 2. L'infanzia nel XX sec. Nel XX sec. ci fu un nuovo passo in avanti relativamente alle idee sull'infanzia e si riconobbero gli effetti che la deprivazione era capace di produrre sul bambino in via di sviluppo, in particolare sul piano emotivo. Freud fu il primo a riconoscere che le esperienze precoci possono avere conseguenze durature determinando anche una patologia nell'individuo adulto. 2.1 L'ipotesi della deprivazione di cure materne Attorno alla seconda guerra mondiale furono pubblicati diversi studi psicologici sugli effetti della deprivazione e della separazione precoce del bambino dai genitori, nel tentativo di sapere se tali eventi potessero causare disturbi emotivi duraturi. Spitz e Wolf (1946) studiando un campione di 100 bambini separati precocemente dalle loro madri, scoprirono che tendevano a sviluppare una forma di depressione che chiamarono anaclitica (Bowlby parlò di psicopatia da mancanza di affetto). Skeels e Dye (1936) e più tardi Skodak e Skeels rilevarono che i bambini ricoverati negli orfanotrofi tendevano a manifestare un deficit intellettuale che poteva essere compensato dando loro maggiori cure o trasferendoli in una struttura per adulti mentalmente ritardati. Tali ricerche dimostrarono in sostanza che la deprivazione di cure ed attenzioni durante i primi anni di vita produceva conseguenze durature. A John Bowlby si devono le teorie più influenti sulla deprivazione (l'ipotesi della deprivazione di cure materne e la teoria dell'attaccamento). Egli introdusse concetti rivoluzionari che suggerivano come la deprivazione materna potesse causare malattia mentale e deficit cognitivi. Nel 1953 l'OMS (organizzazione mondiale della Sanità) commissionò a Bowlby un rapporto che egli chiamò "cure materne e salute mentale" in cui con una celebre frase paragonò gli effetti pesanti e duraturi che la deprivazione prolungata di cure materne in un bambino piccolo aveva sulla strutturazione del carattere, a quelli della deprivazione di vitamine. 2.2 Valutazione Nonostante il limite di queste ricerche (è infatti difficile sapere se le conseguenze rinvenute dipendessero da deprivazione psicologica e non invece da quella fisica) il lavoro di Bowlby ha avuto il merito di favorire, sul piano politico, la lotta all'istituzionalizzazione (B. riteneva infatti che una cattiva famiglia fosse meglio di un buon istituto). Nello stesso tempo il suo lavoro fu strumentalizzato per elaborare un tesi (quella che se la presenza della madre è indispensabile al benessere dei figli, è giusto che stia a casa e non lavori) in linea con i bisogni del governo di allora. 2.3 Imprinting e formazione del legame Lo sviluppo successivo della teoria di Bowlby è stato influenzato dalle ricerche dell'etologo Konrad Lorenz sulle anatre, e di Harry Harlow sulle scimmie rhesus. Lorenz: gli anatroccoli sono geneticamente predisposti a fissarsi sul primo oggetto in movimento percepito alla nascita. Quest'impressione durevole determina la formazione di un legame fra il piccolo e chi ne ha cura, fondamentale per la sopravvivenza e la capacità riproduttiva futura. Tale processo si verifica con maggiore facilità in un periodo definito periodo sensibile, successivo alla nascita. Harlow: dimostrò come la deprivazione della possibilità di un contatto fisico interattivo (le scimmie avevano a disposizione solo madri di stoffa) produca nei piccoli conseguenze gravi e permanenti tra cui l'incapacità, nell'età adulta, di formare relazioni sessuali efficaci sul piano riproduttivo. 2.4 Imprinting, formazione del legame e attaccamento Termini talvolta usati come sinonimi. Reber (1995) ha definito il legame come: la formazione di un rapporto (...) fra la prole e in genere la figura materna. Il termine legame è stato usato da alcuni autori anche come sinonimo di attaccamento. Altri hanno preferito considerarlo come processo distinto che ha luogo nelle primissime ore dopo la nascita. un Lo stesso Rober ha poi definito l'attaccamento come "legame emotivo". Harlow ha parlato alternativamente di formazione del legame e di legami di attaccamento. L'imprinting è unanimemente considerato una specifica forma di apprendimento che si determina rapidamente nelle prime fasi di sviluppo. Ma non è chiaro se sia presente o meno nei mammiferi. Proposta terminologica: Imprinting - usare questo termine per gli animali a sviluppo precoce come gli anatroccoli. È una modalità specifica di apprendimento che ha luogo nella prime fasi dello sviluppo e che determina importanti conseguenze per la protezione, ed in seguito, riproduzione dell'individuo. Formazione del legame - usare l'espressione per riferirsi a certe forme di relazione presenti negli animali non umani (le scimmie di Harlow) e al legame che si crea tra i bambini molto piccoli e le figure di cura. Attaccamento - riservare questo termine al legame di natura emotiva che si sviluppa molto più lentamente nei mammiferi superiori e nei bambini più grandi. 2.5 La teoria bowlbiana dell'attaccamento Nella sua formulazione originale la teoria bowlbiana è una teoria della deprivazione materna che risente della formazione psicoanalitica freudiana dell'autore. Secondo alcuni il concetto bowlbiano di deprivazione si richiamerebbe a quello di deprivazione orale formulato da Freud, in quanto entrambi determinano esiti negativi prevedibili nell'età adulta. Alla luce delle ricerche empiriche di Lorenz ed Harlow, B. riformulò la sua teoria secondo una prospettiva più etologica. L'etologia è lo studio del comportamento animale, attento agli schemi osservabili di condotta e alle loro funzioni, prescindendo dai processi psicologici e cognitivi. Gli etologi sono attenti a quei comportamenti importanti per l'adattamento del singolo e della specie all'ambiente. Il valore per la sopravvivenza di un determinato comportamento è espresso dalla sua adattività1 (ogni condotta che è in grado di accrescere le probabilità riproduttive e di sopravvivenza è adattiva). 2.6 Socievolezza Bowlby ha sostenuto che l'attaccamento sia un processo adattivo e innato. Nel bambino ci sarebbe infatti un'innata socievolezza che lo porterebbe a rispondere agli stimoli sociali e a stimolare la presa in carico dell'adulto. Analogamente gli adulti sarebbero "programmati" a rispondere agli stimoli sociali provenienti dal bambino. É proprio quest'innata socievolezza che porta alla formazione di legami di attaccamento reciproci, diretti a mantenere la vicinanza e a promuovere la sopravvivenza. 2.7 Studi interculturali Non tutte le culture condividono l'importanza che la cultura occidentale dà all'attaccamento per lo sviluppo sano dell'individuo. Nello stesso tempo le ricerche empiriche mostrano l'universalità degli effetti della deprivazione e dell'attaccamento. 1 Può essere definita come il grado in cui un certo comportamento aumenta le probabilità riproduttive di un dato individuo, e quindi anche la sopravvivenza delle sue caratteristiche genetiche. Capitolo 1. Socievolezza La Socievolezza è la tendenza a cercare e mantenere la compagnia dei propri simili. É una caratteristica temperamentale innata che subisce poi un rinforzo attraverso le esperienze successive. Anche i bambini amano interagire con persone, animali ed oggetti. Tali interazioni sono centrali nella formazione di relazioni emotivamente significative. Il bambino che stimola e risponde alle interazioni sociali ha maggiore probabilità di sviluppare relazioni siffatte. La socievolezza del bambino dipende sia dalla natura che dalla cultura. 1. Abilità sociali innate È possibile sostenere, adottando un'ottica evoluzionistica (definita così perchè cerca di spiegare la condotta in base alla sua adattività e alla sopravvivenza) che il bambino che riesce a stimolare l'interesse e l'affetto degli adulti (dotato quindi di abilità sociali) aumenta le proprie probabilità di sopravvivenza. Le abilità sociali sono i comportamenti che permettono e promuovono le interazioni sociali. Probabilmente anche negli adulti esiste una sorta di programmazione innata a rispondere agli stimoli dei bambini. Le figure di cura incapaci di rispondere finiscono per limitare le possibilità di sopravvivenza dei loro figli. Pertanto, gli individui che sopravvivono tendono ad essere quelli che da bambini sono stati in grado di produrre su base innata segnali sociali in direzione del caregiver e che, una volta adulti, sono capaci di rispondere a questi segnali. 1.1 I comportamenti specifici Ecco un repertorio di comportamenti emessi dal bambino piccolo: 1- Faccia d'angelo. Tutti i cuccioli hanno un aspetto che li rende attraenti. Certo l'aspetto del bambino può essere considerato un comportamento solo se si considera il termine in senso lato. 2- Sorriso. Quando qualcuno ci sorride ci fa sentire che gli piacciamo e c'invita a rispondere. Quando i bambini piccolissimi sorridono lo fanno rispondendo a sensazioni interne di piacere. I primi sorrisi sociali (rivolti a qualcuno) compaiono probabilmente attorno all'ottava settimana dalla nascita ma sono difficilmente distinguibili dai sorrisi non sociali. 3- Vocalizzi non di pianto. Segnali che comunicano piacere e stimolano la risposta dell'adulto. 4- Pianto. Una delle funzioni del pianto è assicurarsi la risposta dell'altro, la vicinanza del caregiver e quindi la sopravvivenza. Nella società occidentale sembra prevalere l'idea che il pianto vada limitato. Il bambino, con il suo pianto, rischia quindi di generare una risposta controproducente (è il caso dei genitori che esercitano violenza sui figli che non smettono di piangere). 5- Imitazione. È la forma più sincera di adulazione ma anche un modo per comunicare piacere a gradimento. Studi sull'imitazione infantile hanno messo in luce come già a 7 giorni i bambini sono capaci d'imitare alcuni movimenti del viso partecipando, quindi, agli scambi sociali Il bambino piccolo dispone quindi di un ampio repertorio di condotte per attirare e mantenere l'attenzione del caregiver, tra cui le emozioni che già ad un mese è capace di esprimere (interesse, gioia, sorpresa, rabbia e paura). Tali emozioni, secondo Izard, devono essere considerate innate in quanto appartenenti a tutti i bambini normali fin da un'età molto precoce ed interpretate in modo analogo in tutte le culture. Le emozioni "secondarie" sono mescolanze di quelle primarie e tendono ad avere una loro specificità culturale. 1.2 Sensibilità emotiva Ci sono prove della capacità precoce del bambino di rispondere alle espressioni emotive altrui e non soltanto di esprimere emozioni, fattore questo molto importante nella costruzione delle relazioni interpersonali. La costruzione di legami e di forme di attaccamento è infatti un processo bidirezionale. Se è vero che alla nascita il bambino ha una capacità visiva fissa di soli 20 cm, è anche vero che questa sua possibilità visiva può essere sufficiente a discriminare le emozioni altrui. Ad esempio, Bushnell e colleghi (1989) hanno scoperto che la maggior parte dei bambini, alla nascita, preferisce il volto della madre a quello di un estraneo (il bambino ha quindi determinate capacità discriminative). Secondo Tronick, fin dai tre mesi il bambino è in grado di rispondere in modo appropriato alle espressioni di gioia, rabbia e tristezza percepibili nel volto della madre. A nove mesi è in grado di fare un passo in avanti ed utilizzare quelle informazioni per regolare il proprio comportamento sociale (capacità di riferimento sociale). La conclusione di Shaffer è che "le emozioni abbiano un valore adattivo per il bambino...". Gli individui che non riescono ad interagire con le emozioni degli altri finiscono per non riuscire a vivere le relazioni sociali. Probabilmente è così che si può spiegare il comportamento autistico. Secondo Baron-Cohen e colleghi (1985) l'isolamento sociale caratteristico dei bambini autistici, potrebbe essere dovuto alla loro incapacità di sviluppare una teoria della mente (cioè a comprendere che le altre persone abbiano stati mentali diversi; ciò condizionerebbe la loro capacità ad impegnarsi in relazioni emotivamente significative. 2. Abilità sociali acquisite Le risposte degli adulti ai bambini determinano un rinforzo positivo al loro comportamento (quando ne acclamano per esempio, un gorgheggio) o negativo (quando tentano di evitare il ripetersi di un comportamento). Il bambino comincia quindi ad apprendere fin dal momento della nascita. 3. Natura e cultura Difficile sapere se i cambiamenti del comportamento che avvengono con la crescita, siano dovuti ad una maturazione biologica che rende capaci di nuove forme di condotta (ed è geneticamente determinato) o ad apprendimenti riconducibili alla cultura. 3.1 L'interesse per i volti umani In un esperimento divenuto classico e riconfermato da ulteriori ricerche, Fantz (1961) dimostrò l'interesse dei neonati per i volti umani (in particolare le rappresentazioni schematiche dei volti). Tale interesse potrebbe essere innato (come spiegare altrimenti la capacità del neonato ad interagire con la giusta classe di oggetti - i volti - se non fosse in grado di riconoscerli anticipatamente?) ma anche dovuto ai rinforzi positivi ricevuti. Nè si può escludere la preferenza innata del neonato per le forme simmetriche. 3.2 Sempre più sorrisi Da quando il bambino inizia a sorridere lo fa sempre di più grazie ai rinforzi positivi ricevuti. Si è rilevato infatti che i bambini ciechi crescendo sorridono meno di quelli non affetti da questo handicap, e che quelli istituzionalizzati lo fanno ancora meno dei bambini ciechi che in qualche modo ricevono una risposta (non visiva) al sorriso. 4. Relazioni reciproche Se un tempo si guardava al bambino come ad un essere piuttosto passivo, ora grazie alle numerose ricerche sappiamo che non è così. Le ricerche di Brazelton e colleghi (1975) ad esempio hanno mostrato come i bambini siano in grado, fin da piccolissimi, di rispondere ai segnali provenienti dagli adulti partecipando attivamente all'interazione con essi. La ricerca di Brazelton mostrò anche che l'interazione sembrava seguire dei cicli alternanti momenti d' attenzione e di non attenzione (sincronia interattiva): a) fase di attenzione in cui c'era una rispondenza sempre maggiore ai segnali della madre; b) fase di chiusura; c) fase di recupero. In un secondo esperimento, i ricercatori alterarono l'interazione normale chiedendo alla madre di comportarsi in modo non risponsivo per poter valutare l'intenzionalità del comportamento del neonato. La sua reazione consisteva in un primo momento nel tentare di ottenere l'attenzione materna per poi, in alcuni casi, ritirarsi in atteggiamenti di disperazione distogliendo lo sguardo. Non riscontrando una risposta al suo comportamento, il neonato impara l'impotenza (tale studio ricorda quelli di Seligman sull'impotenza appresa). Secondo Stern (1977) l'iperstimolazione avrebbe conseguenze altrettanto negative della sottostimolazione, come dimostra il caso di un bambino che iperstimolato da reazioni sociali eccessive nella voce e nel volto della madre (che non riusciva a far desistere nemmeno distogliendo lo sguardo) sviluppò un comportamento autistico (asociale), evitando qualunque contatto d'occhi con l'interlocutore. 4.1 Problemi etici e metodologici Gli studi descritti hanno tutti una caratteristica comune: la manipolazione delle variabili che producevano disagi nei bambini coinvolti. La presenza di reazioni di disagio e rifiuto nei bambini (che portò Papousek e Papousek ad interrompere l'esperimento prima della fine) fa nascere dei dubbi sulla liceità di ricerche di questo tipo. Anche dal punto di vista metodologico ci si deve chiedere se siano realmente attendibili o se la condotta dei bambini non sia, invece, influenzata dalle aspettative dello sperimentatore. 5. Differenze individuali La socievolezza è un tratto temperamentale individuale. 5.1 Fattori innati Dev'essere considerata una delle cinque caratteristiche innate della nostra personalità, insieme al: - livello energetico - irritabilità /emotività - capacità di calmarsi - timorosità Una conferma alle tesi innatiste viene dalle ricerche condotte sui gemelli omozigoti e dizigoti. Matheny (1983) ha scoperto che i gemelli MZ sono più simili rispetto ai DZ anche quando venivano allevati con la convinzione che fossero DZ (quindi senza nessuna aspettativa di somiglianza da parte dei genitori). 5.2 L'influenza degli altri Il grado di socievolezza di un bambino potrebbe dipendere dalla sicurezza del suo attaccamento alle figure di cura (un attaccamento sicuro consente al bambino di esplorare l'ambiente circostante senza timori ed angosce). Ma visto che la sicurezza dell'attaccamento potrebbe dipendere dalla socievolezza innata è difficile individuare un rapporto di causa-effetto tra queste grandezze. Probabilmente le differenze individuali di socievolezza possono essere spiegate con l'atteggiamento dei genitori che incoraggiandone le manifestazioni fungono da buoni modelli sociali (genitori ansiosi alla comparsa di figure esterne trasmetteranno probabilmente questo comportamento al bambino). Il gioco con i genitori è importante per l'apprendimento da parte del bambino dell'interazione con gli altri. I bambini, figli di genitori che tendono ad essere direttivi e controllanti nel gioco, tendono a ripetere questo atteggiamento nel gioco con i pari. Shaffer (1993) si è anche chiesto in che modo la posizione del bambino all'interno del nucleo familiare influenzi la socievolezza. Se ad un primo sguardo sembrerebbe che i primogeniti siano più socievoli perchè hanno ricevuto più attenzione sviluppando così maggiore fiducia nella relazione, gli ultimogeniti sarebbero i più benvoluti perchè favoriti nella relazione con gli altri dall'apprendimento precoce dell' interazione (con i fratelli maggiori). PERCORSO DI AUTOVERIFICA 1- quali sono le abilità sociali innate e quali le acquisite? 2- quali sono le caratteristiche della sensibilità emotiva precoce? 3- come fa il bambino piccolo a stimolare in modo innato la presa in carico dell'adulto? 4- come fa il caregiver a rispondere in modo innato a queste sollecitazioni? 5- come interagiscono natura e cultura nello sviluppo del pianto? 6- per quale ragione è così importante la reciprocità nella relazione fra il bambino e il caregiver? Capitolo 2. Imprinting e formazione di legami Si può distinguere tra il processo di costruzione del legame riconoscendo quest'ultimo come un elemento della fase iniziale della formazione di un rapporto e pensando all' attaccamento come all'esito finale di tale processo (caratterizzato più del legame, dall'aspetto cognitivo e mentale). 1.Imprinting E' un concetto mutuato dall'etologia e sostiene che ogni tratto utile alla sopravvivenza e riproduzione del singolo, tende a fissarsi nel patrimonio genetico della specie. Si può quindi dedurre che le caratteristiche degli animali che ci circondano siano adattive, o almeno, compatibili con l'adattamento. L'imprinting è una di queste caratteristiche. 1.1 Konrad Lorenz e le oche selvatiche Esperimento: Lorenz divise una covata di oca selvatica in due gruppi. Un primo gruppo venne lasciato con la madre naturale, l'altro posto in incubatrice. Quando le uova di questo gruppo si schiusero si trovarono di fronte Lorenz come primo oggetto mobile e cominciarono a seguirlo. Una volta riunite tutte, le ochette si divisero automaticamente in due gruppi, uno seguì la madre naturale, l'altro Lorenz. Tali osservazioni furono pubblicate in un articolo del 1935 in cui Lorenz spiegò come gli animali a sviluppo precoce, una volta persa la madre, tendono a formare un legame con qualsiasi animale presente al momento, trasformandolo in una sorta di "madre adottiva". Questo legame è dimostrato dalla loro "tendenza a seguire" chiamata imprinting filiale, presente solo negli animali a sviluppo precoce. 1.2 L'ipotesi del periodo critico Il concetto di periodo critico viene dall'embriologia ed è usato da Lorenz per indicare quel periodo di tempo ristretto durante il quale, a suo parere, l'imprinting aveva luogo. Hess (1958) scoprì che l'intensità massima della riposta a seguire (imprinting) negli anatroccoli avveniva tra la tredicesima e la sedicesima ora dopo la schiusa delle uova, e che, in quel momento, l'imprinting che si realizzava era irreversibile. Inoltre scoprì che dopo 32 ore dalla schiusa, gli anatroccoli perdevano quasi del tutto la capacità di acquisire una risposta a seguire se non l'avevano appresa in precedenza. Tali dati indicano che l'imprinting avviene durante un periodo critico terminato il quale non può più presentarsi. 1.3 Periodo sensibile In seguito a ricerche proprie ed altrui, Slukin (1965) arrivò alla conclusione che il concetto di periodo critico fosse troppo rigido e dovesse essere sostituito con il più corretto periodo sensibile. Inoltre dimostrò come l'imprinting potesse aver luogo anche fuori dalla fase critica, anche se con minor frequenza, 1.4 Elasticità Un'ulteriore caratteristica dell'imprinting è la sua elasticità. Nonostante il processo d'imprinting sia innato gli oggetti in grado di stimolarlo non sono prefissati. L'imprinting va infatti oltre l'individuo (è sovraindividuale) e può essere stimolato da oggetti le cui caratteristiche sembrerebbero essere: stimoli visivi e la loro presenza nel periodo sensibile. Lorenz scoprì anche che non tutti gli uccelli sviluppano imprinting grazie a stimoli visivi come le papere. 1.5 Conseguenze dell'imprinting Una delle conseguenze dell'imprinting è l'imprinting sessuale, ossia una forma d'imprinting attraverso la quale un individuo apprende ad identificare i membri della sua specie ed in seguito ad utilizzare questa capacità per scegliere un compagno (riuscendo così a riprodursi con successo). Immelmann (1972) ha verificato quanto detto con un esperimento sull'allevamento congiunto di fringuelli zebrati con fringuelli bengalesi (pag.39). Qualcosa di simile avviene anche nella specie umana e si chiama "effetto Westermack" secondo il quale bambini che hanno passato molto tempo insieme durante i primi sei anni di vita, evitano in seguito di avere relazioni sessuali. Tale comportamento è chiaramente orientato ad evitare l'incesto, atto non adattivo in quanto la prole che ne deriva tende a sviluppare disordini genetici recessivi. 1.6 Valutazione Si può riassumere: l'Imprinting avviene in un periodo sensibile, è flessibile (sovraindividuale), si stabilisce molto rapidamente, è irreversibile e ha conseguenze durature. Tutte queste caratteristiche sono, peraltro oggetto di dibattito (infatti l'imprinting potrebbe essere reversibile come altre forme di apprendimeto). Oggi si sa che l'imprinting è un fenomeno più "plastico" e si è riflettuto sul fatto che non può essere, dopotutto, così diverso da altre forme di apprendimento. Anche l'apprendimento, infatti, può avvenire rapidamente senza particolari sforzi coscienti ed essere irreversibile. Allora probabilmente la caratteristica principale dell'Imprinting come forma di apprendimento è quella di verificarsi nel modo migliore in un particolare momento dello sviluppo. Questa predisposizione innata ad apprendere durante uno specifico periodo sensibile, potrebbe essere dovuta alla produzione di endorfine prodotte autonomamente dal nostro organismo. Hoffman (1996) ha suggerito che certi oggetti o alcune loro caratteristiche, possono produrre sensazioni piacevoli che scatenano la produzione di endorfine. In questo testo gli studi sull'Imprinting hanno notevole importanza legandosi in qualche modo alle questioni dell'attaccamento, rilevanti per l'autore. Sicuramente tali ricerche dovranno essere valutate anche da un punto di vista etico. Fino a che punto è accettabile manipolare i piccoli di qualsiasi specie in nome di un interesse scientifico? 2. La formazione del legame negli animali Harry Harlow ha condotto una serie di studi psicologici sulle scimmie Rhesus. I sui studi riguardavano in origine l'apprendimento ma le reazioni di tali animali lo portarono a formulare delle osservazioni rispetto alla formazione del legame e a continuare le sue ricerche in questo senso. Esperimento 1: i piccoli di scimpanzè furono separate dalle loro madri e svilupparono un particolare attaccamento nei confronti delle "imbottiture sanitarie" disposte sul pavimento delle loro gabbie. Avevano dunque sviluppato una forma di attaccamento verso questa sorta di "copertina di sicurezza". Esperimento 2: con il suo esperimento Harlow mette in crisi l'ipotesi comportamentista degli anni '50, secondo la quale il processo di formazione del legame tra il bambino e il caregiver si spiega con il fatto che quest'ultimo, soddisfacendone la fame, gli dà piacere. Il bambino assocerebbe questo piacere alla figura di cura formando con lui un positivo legame di attaccamento. L'esperimento mostra che il processo di formazione del legame è legato a consolazioni fisiche diverse dalla sola nutrizione. Madri di ferro: Harlow pose in gabbia per i primi 8 mesi di vita, singoli esemplari di scimpanzè. In tali gabbie erano state costruite delle finte madri: la prima costituita da un cilindro di ferro, un viso scimmiesco ed un biberon, la seconda era un semplice cilindro di ferro rivestita di panno. Si osservò che i piccoli tendevano a rifugiarsi dalla madre di "panno" e a cercare l'altra esclusivamente per il cibo. La tesi comportamentista era stata quindi confutata, ma la nuova tesi restava compatibile con quella behaviorista nella misura in cui anche la protezione e il benessere costituiscono non meno del cibo forme di rinforzo. Le scimmie di Harlow sperimentarono in realtà una forma di contatto corporeo molto povera, priva dell'elemento interattivo e, coerentemente, svilupparono disadattamento sociale e comportamenti simil autistici. 2.2 Variabili sperimentali Secondo Harlow e Harlow (1962) le scimmie deprivate tendevano ad avere atteggiamenti aggressivi, a rifiutare i figli e ad avere difficoltà nel reperimento di un compagno. Se però l'isolamento veniva interrotto entro i primi tre mesi di vita, questi effetti regredivano. Harlow e Novak (1975) notarono anche che se, dopo un anno d'isolamento, i cuccioli di scimmia venivano messi insieme ad altri cuccioli più giovani allevati normalmente, traevano grande beneficio da questa "terapia" e si riprendevano dagli effetti della deprivazione subita precedentemente. Rosenblum e Harlow (1963) offrirono ai piccoli di scimmia due tipi di madri finte, di cui una colpiva i cuccioli con getti d'aria compressa ad intervalli regolari. I due ricercatori notarono che i piccoli svilupparono un attaccamento più intenso nei confronti della madre punitiva. Forse questo può anche spiegare come mai i bambini maltrattati restano legati ai genitori nonostante gli abusi. Altre ricerche quali quella di Hogg e colleghi, mostrarono come 3 piccoli di gorilla separati dalla madre per un periodo di 24 settimane mostrarono un atteggiamento aggressivo tipico della fase di protesta della depressione anaclitica. Una volta ricongiunti alle loro madri, i cuccioli non mostrarono risposte di attaccamento immediate quanto la tendenza a restare in contatto fra loro. 2.3 Conclusioni a) sembra che il legame si formi attraverso il contatto corporeo più che attraverso la nutrizione b) tale contatto deve avere carattere interattivo pena l'instaurarsi di uno sviluppo emotivo anormale c) la mancanza di una figura di attaccamento con la quale interagire può essere compensata dalla presenza di terzi, come i compagni, che diventerebbero figure di attaccamento sostitutive 2.4 Valutazione della ricerca animale Si deve avere grande cautela nel trasferire all'essere umano i risultati di tali ricerche sugli animali. Infatti, come ricorda Bowlby, le differenze tra animali e uomini non solo solo quantitative, ma anche qualitative (come la consapevolezza, il linguaggio e soprattutto la cultura). Le osservazioni sulle scimmie possono essere usate come modello nello studio di quadri psicopatologici di base, tipicamente umani, come la depressione, ma se i dati di queste ricerche non vanno sottovalutati bisogna però usarli con prudenza. Altra valutazione da fare è quella etica, in particolare per le ricerche successive che hanno raggiunto la consapevolezza del disagio creato sugli animali di cui Harlow era ancora all'oscuro. 3. La formazione del legame negli esseri umani La formazione del legame negli esseri umani rappresenta il primo passo verso la formazione di legami di attaccamento ed in questo senso, le primissime esperienze subito dopo la nascita potrebbero avere un'importanza fondamentale. 3.1 Il contatto epidermico (pag.45) Klaus e Kennel (1976) notarono che il contatto epidermico che avviene tra madre e bambino nelle primissime ore successive alla nascita favorisce la formazione del legame di attaccamento. Tale contatto avverrebe, infatti, in un periodo sensibile caratterizzato dalla produzione di ormoni capaci di aumentare la predisposizione a formare un legame di attaccamento. In effetti era stata riscontrata, sia nella madre che nel bambino, la presenza di alte concentrazioni di endorfine subito dopo il parto. Se non si forma durante questa impennata ormonale, il legame tra la madre e il bambino ne risulta indebolito e questa debolezza finisce per influire sulla qualità del processo di attaccamento. Kalus e Kennel (1982) hanno anche suggerito che il legame tra il padre e il bambino possa trarre beneficio dalla presenza del primo, durante il periodo sensibile. 3.2 Valutazione della ricerca Dagli studi dei due ricercatori si possono tirare le seguenti conclusioni: a) il legame di attaccamento tra le figure di cura e i bambini s'indebolisce qualora manchi la possibilità di un contatto fisico precoce b) i bambini necessitano di un contatto fisico stretto durante un certo periodo sensibile per poter sviluppare il legame primario, base di ogni altro successivo attaccamento Tali ipotesi sono state valutate da studi che hanno rilevato la non validità dei risultati (Myers, 1984, non rilevò nessuna differenza nell'affettuosità e rispondenza delle madri che avevano avuto la possibilità di un contatto precoce con i figli, da quelle che non lo avevano avuto) e da quelli che, al contrario, ne hanno confermato la validità (De Chateau e Wiberg, 1977). Si può quindi concludere dicendo che il contatto precoce è un'opportunità auspicabile in grado di favorire la formazione di legami di attaccamento stabili, ma non rappresenta la condizione necessaria e sufficiente alla formazione di un buon legame di attaccamento (si pensi ai genitori adottivi, o a quelli di figli prematuri che possono riuscire a formare legami emotivamente forti e stabili pur non avendo avuto la possibilità di un contatto precoce). 4. Problemi etici e pratici E' difficile condurre esperimenti adeguatamente controllati sull'uomo, vista l'assenza frequente di adeguati gruppi di controllo. Per poter formare gruppi di controllo bisognerebbe infatti negare a gruppi di genitori e bambini l'accesso a comportamenti benefici come la possibilità di un contatto epidermico precoce. Ci sono poi anche problemi di ordine pratico, per esempio la scelta del tipo di metodo da usare per misurare l'esito di ogni progetto sperimentale. La Strange Situation, come vedremo, è uno di questi metodi. 5. Ricerca sulla formazione del legame e attaccamento Gli animali, uomo compreso, nascono con una serie di abilità innate che li predispongono a richiamare comportamenti di attaccamento e a sviluppare forme di attaccamento. Bambino e figura di cura dispongono di tanti comportamenti in grado di facilitare questo processo. Il legame svolge una delle funzioni utili all'adattamento. Il mancato sviluppo o la rottura del legame può, infatti, comportare conseguenze estreme ed impedire uno sviluppo sano. PERCORSO DI AUTOVERIFICA 1) 2) 3) 4) 5) 6) cosa s'intende per Imprinting? Quali sono i vantaggi dell'Imprinting? Cosa s'intente per periodo critico? Che differenza c'è tra periodo critico e periodo sensibile? Quali sono le ipotesi sulla formazione del legame nei bambini? Quali sono i problemi etici della ricerca sulla formazione del legame nell'uomo? CAPITOLO 3. IL PROCESSO DI ATTACCAMENTO Vediamo ora il processo dinamico di attaccamento valutando gli effetti benefici e le conseguenze di un sano attaccamento e ponendoci il problema della misura della qualità dell'attaccamento. Si adotterà il punto di vista del bambino, senza dimenticare, però, che l'attaccamento è un processo bidirezionale. 1. La natura dell'attaccamento Shaffer e Emerson (1964) hanno definito l'attaccamento come " la tendenza dei membri più giovani di una data specie a cercare la vicinanza di altri determinati cospecifici". Secondo Maccoby (1980) le caratteristiche principali dell'attaccamento sono 4: a) ricerca della vicinanza con la figura primaria di cura b) angoscia della separazione c) piacere del ricongiungimento d) orientamento generale della condotta in direzione della figura primaria di cura In entrambe le definizioni l'elemento comune è la ricerca e il mantenimento della vicinanza con l'oggetto, cosa o persona. Anderson (1982) confermò questo dato con una ricerca su un gruppo di bambini in un parco di Londra e notò come fosse raro incontrare bambini al di sotto dei tre anni che si allontanassero per più di una sessantina di metri dalla madre senza ritornare da lei magari solo per avvicinarla. Altra caratteristica fondamentale dell'attaccamento, come fecero notare Maurer e Maurer (1989) è l'interazione (non basta, infatti, la semplice compresenza fra due persone). 2. Lo sviluppo del comportamento Schaffer e Emerson (1964) hanno condotto una ricerca su di un gruppo esteso di bambini scozzesi (60) di un'età compresa fra i 0 e i 18 mesi ed appartenenti prevalentemente a famiglie della classe operaia, che permise loro di proporre una teoria dello sviluppo dell'attaccamento per stadi. Tale ricerca durò due anni Gli stadi di sviluppo del comportamento di attaccamento Obiettivo della ricerca: fornire dati descrittivi sull'attaccamento (età di comparsa, intensità, gli oggetti) e documentare eventuali differenze individuali. Metodo: l'attaccamento fu misurato esponendo il bambino a sette diverse situazioni di separazione quotidiana (lasciandolo solo in una stanza, con altre persone, nel passeggino fuori casa, nel passeggino davanti ad un negozio, nella culla di notte, mettendolo giù dopo averlo preso in braccio, non dandogli attenzione mentre è nella culla o sulla seggiola). I dati sulle risposte dei bambini furono raccolti con un'intervista fatta alla madre in occasione di ogni visita. L'intensità dell'attaccamento fu quindi valutata con una scala da 0 ( assenza di risposte di protesta registrate) a 3 (continui pianti del bambino in ogni situazione) in occasione dei controlli mensili. I due ricercatori valutarono anche l'ansia del bambino rispetto ad una figura estranea. Rislutati: a) età di comparsa: i primi segni di attaccamento specifico furono rinvenuti in un'età compresa fra i 6 e gli 8 mesi dalla nascita. La paura dell'estraneo compariva un mese dopo per tutti i bambini. Solo i pochissimi casi i segni di attaccamento si sviluppavano prima dei sei mesi o dopo gli unidici. b) Intensità: aveva il suo picco un mese dopo la comparsa della condotta dell'attaccamento e veniva misurata guardando la forza della protesta nel momento della separazione. L'intensità maggiore si rilevava nei casi in cui la madre rispondeva prontamente alle richieste del bambino (ad alta rispondenza) manifestando la massima interazione possibile. L'attaccamento era invece debole laddove la madre manifestava difficoltà nell'interazione. c) "Oggetti" dell'attaccamento: subito dopo la formazione dell'attaccamento fondamentale, i bambini sviluppavano attaccamenti verso altre persone. All'età d 18 mesi era raro trovare bambini con un unico attaccamento. d) Tempo speso con il bambino piccolo: nel 39% dei casi la madre era la figura di attaccamento primario anche se non assolveva i compiti di nutrire e cambiare il bambino 2.1 Lo stadio asociale Secondo Schaffer ed Emerson, nel primo mese di vita i bambini tendono a rispondere in maniera indifferenziata a tutti gli oggetti, animati e non, manifestando una preferenza per i volti umani ma non necessariamente per i volti "veri". Sembra che i neonati siano in grado di riconoscere la propria madre, ma che si lascino consolare da qualunque altra persona. In questo senso si può parlare di asocialità. Verso la fine del primo mese, il neonato comincia a preferire la compagnia di altre persone e mostrare maggiore predilezione per stimoli sociali come un viso sorridente. 2.2 Attaccamenti indiscriminati Dal secondo al settimo mese il bambino mostra una indiscriminata: preferisce la compagnia umana e riconosce dagli estranei. Può essere ancora consolato con relativa chiunque e non mostra ancora angoscia nei confronti di chi non socievolezza i familiari facilità da conosce. 2.3 Attaccamenti specifici A partire dal settimo mese il bambino comincia a mostrare un attaccamento specifico nei confronti della principale figura di cura: sembra essere a suo agio solo con lei, è contento quando la rivede e mostra disagio con altre persone. È in questa fase che inizia a manifestare la paura dell'estraneo. 2.4 Attaccamenti multipli Subito dopo aver costruito un attaccamento primario, il bambino comincia a formare altri attaccamenti variabili a seconda del numero di relazioni stabili che intrattiene. È ancora aperto il dibattito sulla qualità di tali attaccamenti, se cioè, essi siano equivalenti a quello istaurato con la figura principale di cura o se la figura di attaccamento privilegiata resti una sola. 2.5 Come spiegare questi cambiamenti Sicuramente le diverse fasi di attaccamento dipendono anche dallo sviluppo cognitivo del bambino. Sul piano percettivo, infatti, egli impara a distinguere i volti familiari da quelli estranei, ad interessarsi a rappresentazioni dei volti umani via via meno schematiche. Parallelamente si assiste allo sviluppo degli schemi (pacchetti d'informazioni che fungono da rappresentazioni del mondo) che man mano permettono al bambino di distinguere non solo ciò che è umano da ciò che non lo è ma anche fra le persone diverse che conosce o meno. Grazie allo sviluppo cognitivo il bambino impara la costanza dell'oggetto, capendo che un oggetto che scompare dalla sua visuale non per questo cessa di esistere. Anche lo sviluppo motorio è molto importante per il raggiungimento di forme di attaccamento specifiche e permette al bambino di separarsi autonomamente e facilmente dalle figure di cura. La Ainsworth (1967) ha notato che i bambini ugandesi sviluppano la paura dell'estraneo poco prima dei sei mesi, probabilmente in relazione ad uno sviluppo motorio più precoce. 2.6 Valutazione Non bisogna interpretare troppo rigidamente i riferimenti cronologici di ogni fase, che non devono far dimenticare che lo sviluppo dell'attaccamento avviene secondo un processo piuttosto fluido. I riferimenti cronologici sono utili per identificare delle anormalità nello sviluppo, come l'autismo. 3. Differenze individuali nell'attaccamento Il temperamento del bambino influisce sulla socievolezza e quindi sulla qualità dell'attaccamento. Thomas e Chess (1977) in uno studio classico sull'attaccamento hanno identificato tre tipi di personalità di base dei bambini: facile, difficile e a riscaldamento lento. È probabile che i bambini che formano relazioni più sicure siano quelli a temperamento facile. Le stesse figure di cura intraprendono la relazione di attaccamento armati di una personalità specifica, facilitando o inibendo tale processo. L'integrazione tra bambino e caregiver è allora fondamentale per la relazione di attaccamento. Se le due personalità si scontrano (quando ad esempio un bambino che ama essere coccolato si trova con un genitore che non ama le coccole) l'attaccamento che ne risulta sarà povero. 4. Misurare l'attaccamento La procedura più empirica e rigorosa è quella individuata dalla Ainsworth, si chiama Strange Situation e consiste in 7 episodi di 3 minuti (pag.59) e consente di misurare la sicurezza dell'attaccamento del bambino attraverso 4 indicatori: a) l'angoscia di separazione (il disagio espresso dal bambino quando il caregiver lo lascia solo) b) la sua propensione ad esplorare l'ambiente. Più sicuro è l'attaccamento maggiore la propensione ad esplorare la realtà c) La paura nei confronti dell'estraneo. Il grado di sicurezza del bambino è proporzionale all'intensità dell'angoscia nei confronti dell'estraneo d) Il comportamento nella fase di ricongiungimento. L'attaccamento insicuro si manifesta con la tendenza del bambino ad ignorare il caregiver al suo ritorno o a reagire in modo ambivalente 4.2 Stili di attaccamento La Strange Situation è stata usata dalla Ainsworth e da altri psicologi per individuare i pattern di attaccamento, questo ha portato alla definizione di 4 stili di attaccamento: 1- Attaccamento sicuro - di tipo B - attaccamento ottimale. Il bambino ricerca la vicinanza della madre in modo moderato. Quando questa si allontana si sconvolge ma accoglie il suo ritorno in modo positivo calmandosi rapidamente. 2- Attaccamento insicuro evitante - di tipo A - il piccolo reagisce con apparente indifferenza all'allontanamento della madre ed evita di entrare in contatto con lei al suo ritorno. Anche la madre tende a mostrarsi insensibile e ad ignorare il piccolo mentre gioca. 3- Attaccamento insicuro ambivalente resistente - di tipo C - il piccolo reagisce con notevole tensione all'allontanamento della madre, ed al suo ritorno non si lascia consolare facilmente, pur cercando il suo conforto. Anche l'atteggiamento della madre è incoerente, mostrandosi talvolta arrabbiata, talvolta calda e pronta a rispondere alle sue richieste. Il comportamento esplorativo del bambino è limitato dalle difficoltà di separazione dalla madre. 4- Attaccamento insicuro disorganizzato - di tipo D - (categoria assente nella tipologia originale della Ainswort). Il neonato sembra reagire alla separazione ed al ricongiungimento con un comportamento disorganizzato. Le reazioni disorganizzate sono più frequenti fra i bambini che hanno subito violenza o i figli di madri cronicamente depresse. Studi statunitensi hanno rilevato che c.ca il 65% dei bambini sviluppa un attaccamento sicuro e che il tipo di attaccamento insicuro più diffuso è quello di tipo C ambivalente. 4.3 Stabilità dell'attaccamento In che modo l'attaccamento permette di fare previsioni sul comportamento emotivo successivo? L'attaccamento è dunque stabile (ovvero permanente nel tempo)? Secondo Waters (1978), la concordanza dell'attaccamento fra i 12 e i 18 mesi era del 90%. Secondo alcuni la stabilità sarebbe inferiore nelle famiglie operaie, probabilmente perchè la loro vita tende ad essere meno stabile tra una valutazione e l'altra. 4.4 Valutazione Per la Main e Weston (1981) l'attaccamento dipende dal rapporto con la figura genitoriale e non tanto dal temperamento del bambino. Ma nel 1984, Lamb e colleghi hanno messo in discussione questo risultato dicendo che i comportamenti espressi nella Strange Situation dipendono in primo luogo dal carattere del bambino e solo secondariamente dalle differenze nel rapporto con il caregiver. Sono, infatti, le differenze innate nella personalità del bambino a richiamare differenti modalità di interazione. Nello stesso tempo non si può negare l'importanza delle differenze culturali nell'attaccamento. Questo probabilmente perchè anche i comportamenti genitoriali, variabli in base ai sistemi di socializzazione (culturalmente diversi), influiscono sulla relazione. Si può dire allora che il comportamento espresso nella Strange Situation è funzione sia del carattere del bambino che di quello del caregiver, sottolineando così la natura interattiva della relazione di attaccamento. Non bisogna dimenticare poi che il processo di socializzazione è determinato da entrambe le figure e che lo sviluppo di un attaccamento insicuro non è mai la semplice conseguenza di una risposta genitoriale. Le ricerche con la Strange Situation hanno permesso di misurare l'attaccamento infantile e di meglio comprendere le situazioni fonte di angoscia per il bambino come l'ospedalizzazione e la cura diurna, ma nello stesso tempo il problema che ci si pone è di ordine etico: è giusto porre i bambini e i genitori in situazioni estremamente o moderatamente ansiogene ai fini della ricerca? 5. L'importanza di un attaccamento sicuro 5.1 Effetti a breve termine - rinforzo dell'avvicinamento tra il bambino ed il caregiver garantendo sia il piacere della relazione che la cura, la scurezza e la nutrizione del bambino - l'attaccamento sicuro costituisce una base sicura da cui esplorare il mondo e permette lo sviluppo cognitivo precoce. Hazen e Durrett (1982) hanno scoperto che i bambini che hanno sviluppato un attaccamento sicuro esplorano maggiormente l'ambente e tendono ad approciarsi ai problemi in maniera più innovativa. 5.2 Effetti a lungo termine - lo sviluppo emotivo e le relzioni come evidenzia Bowlby con il suo concetto di internal working model (modello operativo interno) le relazioni di attaccamento costituiscono un modello per tutte le relazioni successive. Il modello operativo interno è quindi un insieme di norme consce e non, che regola il nostro rapporto con gli altri. A sostegno di questa tesi, le ricerche di Grossmann e Grossmann (1991) hanno dimostrato che i bambini con attaccamento sicuro, tendevano durante la loro infanzia, e creare relazioni amicali strette, mentre quelli con attaccamento insicuro, evitante o ansioso tendevano non avere amici o a non ricordarne i nomi. Hazan e Shaver in una ricerca del 1987 individuarono una coerenza tra l'attaccamento infantile e l' innamoramento adulto. 1- Le persone che avevano sviluppato un attaccamento sicuro affermavano di credere nell'amore eterno e non manifestavano il timore di essere abbandonati o troppo invasi dal loro partner 2- Le persone con attaccamento ambivalente vivevano l'amore con la costante preoccupazione che la relazione potesse non funzionare; temevano che i loro partner non li amassero veramente o che li potessero abbandonare; dubitavano di sé ed erano pieni di insicurezze 3- Le persone con attaccamento evitante dubitavano della possibilità dell'amore, temevano l'intimità e la evitavano ritenendo di non avere bisogno dell'amore per essere felici 5.3 Effetti a lungo termine - la genitorialità Le ricerche di Quinton e Rutter (1988) su di un gruppo di donne con passato di istituzionalizzazione infantile dimostrano come sia grazie agli attaccamenti precoci sicuri che l'individuo possa formare buone relazioni con il figlio e contemporaneamente offrirgli modelli di ruolo con cui sia possibile identificarsi. 5.4 Effetti a lungo termine - lo sviluppo della personalità Erickson e colleghi (1985) crearono e condussero il Minnesota Mother-Child Interaction Project per considerare specificamente la prole di 250 donne a rischio (con l'ipoteso anticipata che tali donne avrebbero sviluppato un attaccamento insucuro per le loro caratteristiche demografiche). I ricercatori rilevarono poi che i bambini con attaccamento insicuro erano tendenzialmente più ansiosi, avevano più problemi con i compagni ed erano meno amati dagli insegnanti. I ricercatori invitarono comunque a non generalizzare tali risultati, in quanto non era possibile individuare una coincidenza matematica tra i bambini ansiosi (insicuri) e le problematiche sviluppate successivamente. 5.5 Effetti a lungo termine - autostima Secondo Rogers (1961) l'accettazione positiva incondizionata del caregiver svincola l'individo da una ricerca ossassiva dell'approvazione sociale e gli consente i raggiungere la realizzazione di sè. Secondo Sroufe (1985) i bambini con attaccamento sicuro diventano ragazzi più indipendenti e con una più radicata stima di sé. Il suo studio seguiva i soggetti dalla nascita ai 19 anni d'età. Anche quando la loro esistenza non era stabile, i ragazzi con attaccamento sicuro precoce alla amdre, tendevano ad avere un buon livello di fiducia in sé durante l'adolescenza, a non sviluppare particolari forme di psicopatilogia, ad avere relazioni significative con i compagni e a conseguire buoni risultati scolastici. 5.6 Effetti a lungo termine: sviluppo cognitivo Lo studio di Bus e Van Ijzedoorn (1988) nota che i bambini ad attaccamento sicuro mostrano maggiore interesse per il materiale scritto, indipendentemente dal livello d'intelligenza. Secondo Sroufe il tipo di attaccamento non influisce direttamente sulla lettura, ma sulla fiducia e l'atteggiamento, e successivamente sull'attenzione e la performance. Nello stesso tempo è possibile che i bambini che sviluppano un attaccamento sicuro siano proprio i più intelligenti. 5.7 Valutazione Nel valutare l'insieme di questi studi si deve ricordare che raramente i tipi di attaccamento restavano gli stessi. Inoltre gli studi riportati consideravano un'unica relazione di attaccamento mentre in alcuni casi i bambini potevano aver sviluppato attaccamenti sicuri con altre figure. 6. Monotropia o attaccamenti multipli? 6.1 Monotropia Concetto introdotto da Bowlby che riteneva che l'attaccamento riguardasse un'unica persona, ma non necessariamente la madre, e che quest0unico legame avesse importanza particolare (rendendo capaci di stabilire legami profondi) 6.2 La tesi degli attaccamenti multipli La teoria di Bowlby risentì in parte degli studi di Shaffer e Emerson (1964) e di Ainsworth (1967) che mostrano che i bambini formano molteplici attaccamenti la cui importanza risiede probabilmente nella presenza di differenze qualitative 6.3 Valutazione La tesi di Bowlby era che gli attaccamenti non avessero la stessa importanza. Lamb (1981) ha sostenuto che i diversi attaccamenti assolvono a scopi differenti e non sono gerarchicamente ordinati PERCORSO DI AUTOVERIFICA 1- perchè l'età può costituire u fattore importante nello sviluppo del legame di attaccamento? 2- In quale stadio ritenete che il bambino possa iniziare a sviluppare paura dell'estraneo? 3- Come si misura il legame di attaccamento? 4- Quali sono gli stili di attaccamento? 5- Quale importanza riveste a breve e a lungo termine la formazione di un attaccamento sicuro? 6- Quali critiche di ordine metodologico e/o etico si possono avanzare alla ricerca empirica descritta in questo capitolo? CAPITOLO 4. PRIVAZIONE Cosa succede quando il processo di attaccamento non riesce. Analizziamo ad esempio i casi in cui il bambino subisce una grave privazione delle cure materne (l'aggettivo "materno" non si riferisce necessariamente alla madre ma alle cure "materne" che possono essere offerte anche da un'altra persona). Se Bowlby parlò nei suoi primi lavori dell'ipotesi della "deprivazione materna", Rutter (1972;1981) individuò i limiti della sua teoria che tendeva a mettere insieme tutti i tipi di deprivazione. Secondo Rutter, i neonati o bambini possono essere deprivati della presenza del caregiver (con la rottura del legame di attaccamento ) o privati, con differeze diverse a seconda che subiscano una deprivazione o una privazione. Bisogna inoltre distinguere tra le interrozioni momentanee del legame e quelle a lungo temrine. Questo capitolo si occupa della privazione. Si tenga presente che in entrambi i casi, solitamente, viene usata l'espressione "bambini deprivati" in quanto "bambini privati" non è ancora in uso. 2. Bambini allevati in isolamento 2.1 I gemelli di Koluchova Quella di Koluchova è una delle ricerche più lunghe e dettagliate mai tentate in quest'ambito. La ricerca fu condotta su due gemelli cecoslovacchi, dati in affido per 18 mesi dopo la morte della madre causata dal parto. I gemelli furono successivamente riaccolti dal padre e dalla matrigna, che li avevano trattati in modo atroce, chiudendoli in un armadio. I gemelli erano quindi cresciuti lontano dalla famiglia, privati di un'alimentazione adeguata e di ogni esperienza e stimolo. Salvati all'età di 7 ani, ne dimostravano 3 ed avevano un linguaggio estremamente limitato. Adottati successivamente da due sorelle molto premurosi riuscirono a fare progressi al punto, poi da sposarsi, ad avere dei figli ed avere relazioni sociali stabili ed appaganti 2.2 Genie Il caso di Genie ha avuto un esito decisamente diverso, probabilmente a causa delle dinamiche della sua riabilitazione. Tenuta segregata fino all'età di 13 anni da un padre che pensava fosse ritardata e pertanto vulnerabile, quando fu ritrovata dimostrava la metà dei suoi anni ed era sottosviluppata dal punto di vista fisico, emotivo e cognitivo. Probabilmente soffriva di qualche forma di ritardo mentale e questo spiegherebbe le sue difficoltà a riprendersi pienamente. Ma rilievo ebbe anche il fatto che la fase iniziale della sua riabilitazione fu caotica, caratterizzata da diverse figure di riferimento ed affidata a dei genitori che avevano abusato di lei. Il suo comportamento era caratterizzato dal disinteresse autistico verso le altre persone che si limitava a trattare come oggetti inanimati. 2.3 Valutazione 2.4 Alla luce di questi casi è possibile tirare le seguenti conclusioni: - l'offerta di cure adeguate può consentire un recupero dei bambini che hanno subito privazioni l'età può giocare un ruolo importante nel processo di recupero (forse Genie aveva un'età troppo avanzata, aveva superato il "periodo sensibile" - la privazione fisica ed emotiva può produrre effetti permanenti Bisogna comunque ricordare che non è possibile fare delle generalizzazioni a partire dai singoli casi, nè è possibile, per i casi considerati, valutare in che misura i bambini siano stati effettivamente privati di qualsiasi relazione emotiva significativa nei primi anni di vita (i gemelli potevano contare sulla compagnia reciproca e Genie continuava ad avere rapporti con la madre). Inoltre, è impossibile distinguere gli effetti prodotti dalla privazione fisica da quelli prodotti dalla privazione emotiva (è possibile spiegare le insufficienze dello sviluppo psicologico come effetto della malnutrizione e più in generale di un limitato rapporto con la realtà). Bisogna anche ricordare, infine, che i dati disponibili potrebbero essere inattendibili derivanti da interviste probabilmente viziate da errori pregiudiziali. - 3. Istituzionalizzazione Dati empirici provengono anche da studi condotti istituti, luoghi di estrema privazione nei quali di adeguati stimoli cognitivi ed emotivi. La rpofonde era in parte inevitabile ed in consapevolezza degli operatori degli effetti deprivazione. su bambini cresciuti in i bambini non disponeva mancanza di relazione parte lagata alla on a lungo termine della 3.1 Lo studio di Harold Skeels Nel 1939, Skeels e Dye pubblicarono uno studio sul caso di due bambini apparentemente ritardati, tolti da un orfanotrofio per essere affidati ad una comunità di donne affette da ritardo mentale, mostrando così un miglioramento del QI. L'ipotesi era che l'attenzione ricevuta all'interno della comunità avesse sviluppato un attaccamento e facilitato così lo sviluppo cognitivo. Nel 1949, Skodak e Skeels condussero un esperimento su un gruppo di ospiti di un orfanotrofio, spostandone una parte in una comunità di pazienti affetti da ritardo mentale e lasciando un gruppo di controllo in orfanotrofio. Un anno e mezzo dopo scoprirono che il QI dei pazienti rimasti in orfanotrofio era diminuito, mentre quello dei pazienti ospitati nella comunità era notevolmente salito. Questi esperimenti supportarono l'idea di Bowlby ("meglio una famiglia cattiva che una buona istituzione") suggerendo che l'offerta di cure anche minime è meglio dell'assenza totale di cure in quanto dà al bambino la possibilità di formare qualche legame di attaccamento. 3.2 Lo studio di Barbara Tizard B. Tizard ha condotto uno studio longitudinale su 65 bambini che erano stati istituzionalizzati entro il 4 mese di vita e che durante la loro permanenza in istituto, non avevano formato legami di attaccamento (agli educatori era stato vietato di istaurare particolari legami con i bambini). Un primo effetto di questa condizione fu che a due anni, i bambini correvano a salutare chiunque entrasse nella stanza ma temevano l'estraneo più di un gruppo di controllo di bambini allevati dai genitori naturali che non avevano sperimentato simili separazioni. A 4 anni, 24 dei bambini istituzionalizzati erano stati adottati, 15 erano ritornati in famiglia e i restanti erano rimasti in istituto. Lo studio della Tizard aveva il compito di valutare l'effetto della deprivazione sullo sviluppo successivo e di confrontare l'impatto delle diverse esperienze di attaccamento. La valutazione fu fatta a 4, 8 e 16 anni. Per i soggetti di 16 anni il quadro descritto fu il seguente: i bambini adottati avevano delle buone relazioni familiari a differenza di quelli rientrati nelle proprie famiglie che si trovavano nelle stesse difficoltà che avevano portato alla prima istituzionalizzazione. Se quindi, i loro atteggiamenti differenziavano per quanto riguarda le relazioni interne, erano invece simili rispetto alle relazioni esterne alla famiglia. Entrambi i gruppi cercavano l'attenzione e l'approvazione degli adulti più dei bambini del gruppo di controllo. Non fu possibile valutare, invece, la situazione dei bambini rimasti in istituto, anche perchè solo uno vi rimase fino ai 16 anni. 3.3 Valutazione dello studio della Tizard Emergono due osservazioni: 1- la presenza di marcate differenze individuali in ciascun gruppo conferma che sono numerosi i fattori indipendenti che intervengono nel processo di attaccamento 2- la perdita di soggetti nel corso dello studio potrebbe aver viziato il risultato finale (anche perchè i bambini tornati in famiglia con maggiori difficoltà di adattamento tenevano a lasciare lo studio depurando così il campione di partenza. Da considerare anche il fatto che le famiglie adottive erano spesso più ricche di quelle naturali e con un livello culturale più alto). 3.4 Altri studi Lo studio di Pringle e Bossio (1960) conferma l'importanza dei legami di attaccamento mostrando come i bambini disadattati non fossero capaci di formare relazioni durature con altri adulti e con i loro compagni. Altri studi, fanno pensare che per i casi d'istituzionalizzazione il recupero è possibile ma che altri fattori possono entrare in gioco facendo pensare che l'istituzionalizzazione abbia effetti a lungo termine (pag.79) 3.5 Orfani Rumeni Rutter e colleghi (1998) hanno valutato 111 orfani rumeni adottati in GB prima dei due anni d'età, e presentanti gravi ritardi nello sviluppo. Raggiunti i 4 anni d'età i bambini si erano ripresi in modo sorprendente. Tuttavia l'età di adozione restava molto importante; infatti più tardiva era stata l'adozione più lento era risultato il recupero. Bisognerà aspettare altri rapporti per vedere se i bambini adottati più tardivamente sapranno riprendersi. Lo studio di Morison e colleghi (1995) scoprì che i bambini adottati più tardivamente riuscivano a compensare, una volta raggiunte le famiglie adottive, la maggioranza dei ritardi evolutivi ad un ritmo di 2 punti di quoziente evolutivo al mese. 3.6 Conclusioni Tesi di Bowlby: mancanza di una figura di attaccamento nella prima infanzia può condurre ad un disadattamento emotivo permanente e a successive difficoltà relazionali. Gli studi successivi hanno smorzato tale tesi dimostrando che nei casi in cui i bambini riescano ad avere l'opportunità di sperimentare successivamente buoni legami di attaccamento, tendono ad avere un discreto recupero (infatti delle differenze pur sempre rimangono e sono state messe in luce dal modello transazionale sviluppato da Clarke e Clarke - 1979). Si può ipotizzare, tenendo presente la natura reciproca della relazione, che i bambini istituzionalizzati siano in grado di fare fronte alla realtà finché hanno di fronte persone capaci e disposte a far del loro meglio, ma che poste su un piano di gioco paritetico (cioè con persone che non lo sono) siano messi in difficoltà dalle loro esperienze precoci. Non bisogna sottovalutare, in ogni caso, l'importanza dell'attaccamento fra pari che i bambini istituzionalizzati potrebbero essersi dati. Le ricerche di Freud e Dann (1951) su un gruppo di bambini reduci dal campo di concentramento, mette in luce l'importanza di tali legami per la stessa sopravvivenza emotiva. 4. Il disturbo reattivo all'attaccamento In alcuni casi una rottura precoce del processo di attaccamento sembra impedire il recupero, come nei casi in cui il bambino sia affetto dal cosiddetto "disturbo reattivo dell'attaccamento". Sintomi: - incapacità di dare e ricevere affetto - crudeltà nei confronti degli altri, soprattutto degli animali - anomalie nel contatto degli occhi e negli schemi linguistici - tendenza alla menzogna e al furto - assenza di amicizie durature - gravi problemi di controllo degli impulsi La diagnosi viene fatta soltanto quando la mancanza di risposta sociale non è attribuibile ad altre cause. Si è ipotizzato che la causa del disturbo dia il mancato sviluppo di attaccamenti primari per effetto del rifiuto materno o della separazione dalla madre. I bambini che hanno questo disturbo tendono ad avere una storia di ripetute esperienze di ricovero in case di accoglienza e di adozioni tardive. Lynch e Roberts hanno suggerito la possibilità che il fallimento del legame sia una caratteristica distintiva di ogni relazione improntata alla violenza. Fare una diagnosi di disturbo reattivo dell'attaccamento, consente di predisporre adeguati interventi preventivi e terapeutici rivolti sia ai genitori che ai figli. 5. Effetti della privazione Se l'effetto principale della privazione è la successiva capacità dell'individuo a formare relazioni, esistono però degli effetti collegati nel breve periodo: 1. Psicopatia anaffettiva: termine introdotto da Bowlby, descrive i giovani delinquenti da lui studiati, che manifestavano la mancanza di affettività normale e di sentimenti di vergogna e responsabilità . Erano inoltre incapaci di formare relazioni stabili emotivamente significative. La loro condotta ricorda quella dei bambini affetti dal disturbo reattivo dell'attaccamento. 2. Depressione anaclitica: termine introdotto da Spritz (1945) per descrivere le gravi forme di depressione che colpivano alcuni bambini istituzionalizzati privi di legami di attaccamento. 3. Decadimento della risposta immunitaria: Spritz notò un legame fra lo stress conseguente alla privazione emotiva e lo sviluppo di disturbi fisici nonostante cure mediche adeguate. 4. Nanismo da deprivazione: Widdowson (1951) studiando un gruppo di orfani istituzionalizzati e apparentemente malnutriti notò che il ritardi dello sviluppo continuava a permanere nonostante diete integrative e igliorò solo con il miglioramento delle cure emotive. Si può ipotizzare che gli ormoni prodotti dall'organismo sotto stress influiscano sulla crescita oltre che sullo sviluppo del corpo, fino a determinare questi "nanismo da deprivazione". 6. Conclusioni Le esperienze precoci contano ma non sono irreversibili. Bisogna però ricordarsi che la relazione è un processo interpersonale, e che un bambino che ha subito una privazione primaria rischia di diventare intrattabile e difficilmente amabile. Ma bisogna considerare anche alcune questioni specifiche. 6.1 Privazione o deprivazione Questi studi non permettono in realtà di sapere se i bambini studiati non abbiano mai avuto legami di attaccamento o se questi esistessero ma fossero troppo fragili. Inoltre bisogna ricordare che in molti casi la deprivazione colpiva la sfera cognitiva (bambini isolati in assenza di stimoli) e non solo quella emotiva. Ciò potrebbe spiegare i ritardi evolutivi tanto sul piano emotivo che su quello cognitivo. 6.2 Periodo sensibile Se non si può condividere l'ipotesi di Bowlby del 1951 (da lui stesso successivamente mitigata) dell'inutilità di fornire cure materne dopo i due anni e mezzo e con essa l'esistenza di un periodo critico, si può invece ammettere l'esistenza di un periodo sensibile durante il quale i bambini siano molto vulnerabili alla rottura del legame. Il periodo sensibile suggerisce anche una maggiore facilità per il bambino, a formare legami in quel lasso di tempo, non solo perchè il bambino è più ricettivo a quell'età, ma anche perchè esprime comportamenti che facilitano lo sviluppo di attaccamenti reciproci con le figure di cura (è più facile amare un bambino piccolo che non un bambino di 5 anni goffo e chiassoso). Per formare attaccamenti oltre il periodo di sensibilità occorre uno sforzo più consapevole. 6.3 Differenze individuali nelle capacità di "coping" Le molte differenze individuali confermano le difficoltà di operare generalizzazioni. Persone che non hanno goduto di relazioni precoci qualsiasi riescono ugualmente a diventare adulti adeguati. Pensiamo inoltre al fatto che in culture diverse dalla nostra l'importanza delle relazioni interpersonali è minore. Di conseguenza le forme di attaccamento discusse nel capitolo non possono essere considerate universali. 6.4 Metodologia Le difficoltà metodologiche sono dovute al fatto che non si tratta di veri e propri esperimenti, non essendoci nessun controllo delle variabili indipendenti. Infatti gli studi non hanno creato delle situazioni di deprivazione, ma si sono limitate a studiare quelle situazioni in cui tale condizione si presentasse naturalmente. 6.5 Rilevanza Gli studi hanno indotto ad avere una maggiore riflessione e attenzione prima di porre i bambini in condizione di isolamento o di rompere la relazione di attaccamento per esempio ospedalizzandoli. PERCORSO DI AUTOVERIFICA: 1- Qual'è la differenza tra privazione e deprivazione della presenza del caregiver? 2- Quali sono le conclusioni tratte dallo studio dei casi dei gemelli cechoslovacchi e di Genie? 3- Quali sono i problemi derivanti dall'istituzionalizzazione? 4- Quali comportamente assocereste ad un attaccamento sicuro e ad uno insicuro? 5- Per cosa si caratterizza il disturbo reattivo dell'attaccamento? 6- Quali sono gli effetti della privazione? CAPITOLO 5. SEPARAZIONE In questo capitolo si analizzeranno i casi in cui il legame venga interrotto per studiarne gli effetti e capire come poterli mitigare nei casi in cui la separazione sia inevitabile. La formazione di legami di attaccamento consente al bambino di sviluppare un senso di sicurezza e contemporaneamente comporta l'insorgere di stati d'ansia quando tale legame s'interrompe. La strange Situation prende in esame questa angoscia per misurare il grado di sicurezza del legame. Secondo Robertson e Bowlby (1952) la risposta ansiosa di fronte ad una separazione prolungata segue tre fase tipiche: - Protesta: un bambino che ha sviluppato un attaccamento sicuro nei confronti del caregiver risponde alla sua assenza con la protesta, piangendo e mostrando tensione. Si lascerà consolare facilmente ma resterà arrabbiato. La protesta è una risposta normale alla perdita e può protrarsi da poche ore a qualche giorno. - Disperazione: dopo la fase di protesta, se l'assenza si prolunga, si verifica una sorta di soppressione dell'emotività. Il bambino mostra un'apparente apatia, cessa di cercare il caregiver e volge altrove la sua attenzione, che però è passiva. Può inoltre cercare conforto succhiandosi il pollice o dondolandosi. - Distacco: se il periodo di separazione si protrae ulteriormente, il bambino può reagire in modo apparentemente adattivo. In realtà nasconde turbamento ed infelicità e tende a salutare il ritorno del caregiver con indifferenza od ostilità. Il grado di tensione espressa dal bambino varia a seconda della sicurezza del legame di attaccamento, inoltre, se il bambino ha più volte sperimentato l'assenza ed il ricongiungimento con il caregiver il suo atteggiamento sarà più positivo nel caso di una separazione (nella misura in cui abbia colto il nesso tra separazione e ricongiungimento). Lo stesso si può dire se il bambino è lasciato in un ambiente familiare con i suoi giochi; l'angoscia di separazione tenderà ad essere più contenuta. 1.2 Critiche al modello protesta-disperazione-distacco Tale modello ha ricevuto le critiche di Barrett (1997) che dopo aver esaminato i filmati che riproducevano il comportamento dei bambini ospedalizzati studiati da Bowlby, ipotizzò che la risposta iniziale non fosse una protesta ma lo sforzo di far fronte alla situazione. Successivamente la risposta dei bambini era di tensione e disagio come aveva descritto Bowlby. La spiegazione di Barrett è più complessa e tiene conto del tipo di legami formato da questi bambini prima della separazione. Secondo Barret, i bambini che hanno formato un attaccamento sicuro tendono a mostrare scarsi segni di protesta e ad affrontare la separazione in un modo abbastanza positivo, mentre se l'attaccamento è evitante o ambivalente, il bambino tende a tuffarsi immediatamente nella protesta e disperazione. Tale versione riveduta del modello PDD, ha il vantaggio di considerare le differenze individuali e di riconoscere il ruolo attivo del bambino nel processo e la natura interattiva del legame con il caregiver. 2. Ospedalizzazione Rispetto alle teorie di Bowlby e Robertson, la comunità psicologica, dopo aver visionato i filmati, affermò che se anche l'ansia del bambino era dovuta alla separazione, avrebbe potuto essere facilmente superata attraverso l'offerta di adeguate cure mediche. Per i due studiosi invece, quest'ansia non poteva essere superata facilmente e poteva dare luogo anche a reazioni estreme e patologiche. I filmati di Robertson e moglie, mostrano che un modo per ridurre al minimo lo stress e facilitarne il rapido recupero emotivo è il ridurre al minimo la rottura del legame. Per ottenere questo risultato i Robertson fecero in modo d'incontrare i bambini con i genitori, almeno la prima volta. Permisero loro di portare con sè le proprie cose quando si dovettero stabilire da loro a causa dell'ospedalizzazione materna ed in seguito andarono a trovare la madre in ospedale. Tutte soluzioni queste, da cui il bambino trasse effettivo beneficio. D'altro canto un altro filmato dei Robertson mostra anche un bambino allegro e affettuoso di un anno e mezzo che accudito in un centro residenziale per nove giorni, aveva mostrato pian piano segni di ritiro e disperazione. Ritornato a casa era diventato tetro, aveva rifiutato la madre e mostrato problemi comportamentali per tutta l'infanzia. Se le ricerche di Bolwby e Robertson non consentono di effettuare generalizzazioni, hanno comunque il merito di aver influenzato la politica ospedaliera promuovendo l'idea che la cura emotiva sia importante quanto quella del corpo. In particolare il loro lavoro ha portato al riconoscimento del diritto dei genitori e dei bambini di essre presenti nel caso in cui una delle parti sia ricoverata, proprio per evitare la rottura del legame. 2.1 Ospedalizzazione e disadattamento successivo Spritz e Wolf (1946) avevano notato la comparsa di depressione in seguito al ricovero ospedaliero dei bambini e che questi erano in grado di riprendersi se il ricovero non durava più di tre mesi ma che, per degeze più lunghe difficilmente si aveva un recupero completo. Douglas analizzò i dati provenienti da uno studio longitudinale (National Survey of Healt and Development) su 5000 bambini nati nel giro di una settimana nel 1946. I bambini erano stati valutati ad intervalli regolari fino al 21 anno d'età. D. scoprì che i bambini che avevano passato più di una settimana in ospedale o che avevano sperimentato più ricoveri mostravano problemi di comportamento nell'adolescenza e difficoltà di lettura. Clarke e Clarke (19769 hanno invece avanzato l'ipotesi di una terza variabile da considerare nel caso di odpedalizzazione disadattamento. Ossia la presenza di problemi in famiglia, che porterebbe contemporaneamente ad aver bisogno di cure mediche e a manifestare difficoltà in adolescenza, riconducibili al retroterra familiare. Bowlby e colleghi (1956) hanno studiato un gruppo di 60 bambini affetti da Tbc e ricoverati in un sanatorio fuori Londra, per un periodo fra i 5 e i 24 mesi. AL momento del primo ricovero i bambini avevano meno di 4 anni ma l'ospedale aveva previsto che avessero degli incontri settimanali con i familiari. Quando i bambini furono valutati dai loro insegnanti e da uno psicologo, non fu riscontrata nessuna differenza rispetto ai loro compagni di classe, tanto sotto il profilo dello sviluppo intellettuale che quello emotivo. Sembrerebbe che l'ospedalizzazione non comporti necessariamente effetti negativi sul bambino qualora vengano attuate misure che riducono al minimo il rischio di rottura del legame. 2.2 Valutazione Relativamente a questi studi sull'ospedalizzazione, bisogna tener presente che l'essere malati e l'essere curati in ospedali provoca di per sé uno stato d'ansia, indipendentemente dalla rottura del legame. Kirkby e Whelan (1996) dopo aver analizzato le ricerche più recenti del settore, hanno individuato una serie di variabili capaci di influire sulle reazioni del bambino all'ospedalizzazione (la gravità del disturbo, l'invasività delle cure...). Il disagio sarebbe allora l'esito finale di tutti questi fattori. É anche probabile che la separazione dalla principale forma di conforto accresca il disagio del bambino. Le ricerche ci portano a concludere che, con tutta probabilità, non è tanto la separazione a contare quanto la rottura del legame. Se si permette al bambino di mantenere un contatto con le figure di attaccamento, gli effetti negativi della separazione si riducono notevolmente. 3. Servizi di cura diurni Un'importante questione sollevata dal Bowlby sulla deprivazione materna riguardava il possibile effetto negativo dell'affidamento dei bambini a centri diurni esterni alle famiglie (nidi). Se alcuni (e fra essi i governi britannici) interpretarono ed usarono le sue teorie come sostegno dell'idea che la donna dovesse stare a casa con i figli, altri videro le sue teorie come volte a migliorare le cure offerte in tali centri. Kagan e colleghi (1980) condussero uno studio su larga scala sui servizi diurni degli Stati Uniti ed affermarono che sul finire degli anni '60 si stava diffondendo una sorta di doppio standard. Da un lato si riteneva che i bambini delle classi meno abbienti avrebbero potuto trarre degli stimoli intellettuali frequentando i centri diurni, e dall'altro che tale stimolo intellettuale avrebbe compensato gli effetti negativi dovuti alla separazione dalle principali figure di attaccamento. A tale scopo istituirono un centro diurno a Boston aperto a famiglie delle classi inferiori e medie di differenti gruppi etnici. Ogni membro del personale era responsabile di un gruppetto di bambini per assicurare un buon contatto emotivo. Lo studio prese in esame un gruppo di 33 bambini che frequentavano il nido a tempo pieno fin dal terzo mese di vita e le confrontò con un gruppo di controllo. Nei due anni successivi i ricercatori valutarono se ci fossero differenze sul piano cognitivo, sullo sviluppo degli attaccamenti e della socialità e non riscontrarono alcun tipo di differenza consistente fra i due gruppi. Andersson prese in esame un gruppo di 120 bambini svedesi che avevano frequentato i nidi, valutandoli al 13° anno di età e ne risultò che tutti i bambini, maschi in particolare, avevano tratto beneficio dall'esperienza, soprattutto se avevano frequentato il nido prima del 1° anno di età. D'altro canto Tizard (1979) ha dimostrato che il rapporto e il dialogo bambino-maestra è meno stimolante e complesso di quello madre-figlio. Quindi sembra che l'affidamento al nido possa produrre effetti positivi sullo sviluppo sociale e cognitivo, ma non a spese di quello emotivo. Lo studio di Clarke-Stuart e colleghi (1974) ha preso in esame la relazione tra tempo passato al nido e qualità dell'attaccamento su un campione di 500 bambini. Il confronto fra un gruppo di bambini ad affidamento intensivo al servizio (almeno 30 ore al nido) a partire dai 3 mesi e mezzo di età ed uno a bassa intensità, ha rilevato (Strange Situation) che il livello di stress dovuto alla separazione dalla madre è pressoché uguale. Secondo questo confronto l'attaccamento non risentirebbe delle esperienze di separazione. 3.2 Affidamento diurno a persone esterne alla famiglia Si possono offrire diversi tipi di cura, dai nidi alla figura esterna che badi ai bambini in casa propria ricostruendo così un contesto familiare. Mayall e Petrie (1983) hanno condotto uno studio che mostrava come gli effetti delle cure a cui il bambino era sottoposto, variava a seconda di variabili quali la qualità della cura, la stabilità del contesto e la qualità del legame originario. 3.3 L'attaccamento nei confronti delle figure di cura operanti nei servizi diurni Howes e Hamilton (1992) hanno scoperto che i bambini frequentanti i centri diurni formano con le figure principali di cura una forma di attaccamento simile a quella formata con la madre. Ciò nonostante l'attaccamento sicuro si verifica con minore facilità. Questo è sicuramente dovuto alla minore qualità ed intimità del rapporto con la figura di cura e sottolinea la necessità di un'elevata qualità delle cura. 3.4 Valutazione Le ricerche condotte hanno dimostrato gli indubbi effetti positivi dell'affidamento al nido sulla socializzazione e sullo sviluppo cognitivo, specie nei casi in cui la permanenza in famiglia potrebbe significare per il bambino una deprivazione dei necessari stimoli sociali e cognitivi. Anche le difficoltà di adattamento emotivo, infatti, tendono ad influenzare lo sviluppo cognitivo in quanto l'ansia finisce per dominare l'attività del bambino. 4. Divorzio Alcune ricerche mostrano che il divorzio tende a creare difficoltà di adattamento. Ci sono infatti prove che i figli di genitori divorziati tendono ad indulgere in attività delinquenziali durante l'adolescenza e a mostrare maggiori difficoltà di adattamento. Wallerstein e Kelly 81985) hanno dimostrato che l'80% dei bambini ricoverati in clinica psichiatrica negli Stati Uniti proviene da famiglie divorziate. Secondo Rutter tali ricerche cadono in un errore logico; è infatti possibile che non sia la separazione in sé a causare le difficoltà di adattamento ma i disaccordi che accompagnano e precedono la decisione dei genitori di separarsi. 4.1 Disaccordi fra i genitori Cockett e Tripp (1994) hanno condotto una ricerca su 152 bambini provenienti da famiglie monogenitoriali, divorziate e non, ed hanno riscontrato che: 1- i bambini appartenenti a famiglie riordinate mostravano più difficoltà nelle amicizie, problemi di autostima e di salute di quelli appartenenti a famiglie intatte. 2- i bambini appartenenti a famiglie intatte caratterizzate da disaccordi fra i genitori stavano peggio di quelli appartenenti a famiglie poco litigiose e meglio di quelli appartenenti a famiglie riordinate. La conclusione che si può trarre è che la rottura della coppia genitoriale causa più problemi della sola presenza di disaccordi. Nello stesso tempo, le famiglie riordinate sono quelle che hanno tendenzialmente più bisogno di aiuto. Ma ci potrebbe essere un errore logico. Infatti nei casi in cui si era verificato un divorzio, il livello precedente di conflitto potrebbe essere stato maggiore che nei casi in cui il divorzio era stato evitato. Chess e colleghi (1984) hanno analizzato gli effetti della separazione e del divorzio su 132 bambini che avevano seguito dalla nascita alla prima età adulta e hanno notato che il conflitto genitoriale era predittivo di successive difficoltà di adattamento nella vita adulta. Amato e colleghi hanno condotto uno studio longitudinale su 2033 persone sposate, alcune delle quali divorziate, e riuscirono ad intervistare cca 500 figli adulti di questo gruppo, che avevano vissuto nella stessa casa con i genitori al tempo delle prime rilevazioni. I ricercatori notarono che: nelle famiglie in cui il conflitto era alto i problemi di adattamento espressi dai giovai adulti intervistati erano minori se si era verificato un divorzio, e maggiore se i genitori avevano continuato a convivere. nelle famiglie in cui il conflitto era basso, i problemi di adattamento espressi erano maggiori se si era verificato un divorzio e minori se i genitori avevano continuato a convivere. Si può quindi concludere che il conflitto sia peggio del divorzio, a meno che non sia basso, caso in cui è preferibile continuare a convivere. 4.2 Interpretazioni Le difficoltà di adattamento associate al divorzio: - potrebbero essere dovute alla presenza a monte di un conflitto fra i genitori (Rutter) - potrebbero essere associate alla rottura dei legami precedentemente istituiti con la figura genitoriale, come suggerisce la teoria Bowlbiana (ma eisstendo un nesso fra delinquenza e divorzio e non fra delinquenza e morte di uno dei genitori suggerisce l'insufficienza di questa tesi) - potrebbero essere dovuti ai numerosi cambiamenti di vita e alle improvvise ristrettezze economiche 8cockett e Tripp 1994) - potrebbero essere dovute alle difficoltà di adattamento psichico dei genitori che influendo sul legame con il figlio influenzerebbero anche le sue capacità di coping La Ainsworth concludeva gli studi empirici sulla separazione affermando che la separazione prolungata dai genitori, per oltre un mese nei primi anni di vita sembrava produrre un leggero aumento delle probabilità dell'individuo di sviluppare problemi psicologici. La ricercatrice era però convinta che non si potesse generalizzare tale risultato per periodi di separazione più breve. Era invece probabile che i bambini che vivevano esperienze di separazione dovessero far fronte a problemi diversi e che fossero tali problemi a produrre effetti a lungo termine. PERCORSO DI AUTOVERIFICA 1- Quali sono le risposte del bambino alla separazione? 2- Quali sono le caratteristiche del modello PDD e quali le critiche? 3- In che senso il coinvolgimento emotivo personale con i bambini costituisce un elemento importante delle cure offerte? 4- Quali metodi di studio sono stati usati nella ricerca di Kagan? 5- Quali conclusioni è possibile trarre dagli studi della cura diurna? 6- Quali effetti producono il divorzio e i disaccordi tra i genitori? CAPITOLO 6. DIFFERENZE SOCIALI E CULTURALI Ci si chiede se il processo di attaccamento sia universale o innato o se costituisca un fenomeno legato ad un determinata cultura. 1. Cosa si intende per differenze culturali Una cultura è l'insieme di regole, valori e modalità d'interazione che tiene insieme un gruppo d'individui. Queste regole e valori sono appresi tramite la socializzazione (ossia l'interazione sociale con altri membri della propria cultura). All'interno della propria cultura operano delle "sottoculture". Si può ritenere che le diverse classi sociali siano delle "sottoculture" ed includere le differenze di classe all'interno delle differenze culturali. Si può pensare che anche la questione dell' allevamento dei bambini sia legata alla cultura e alle sottoculture, visto che le modalità di allevamento conducono alla socializzazione. Ma si può anche pensare che non sia così, se si guarda ai processi che la sottendono (ossia la propensione innata del bambino a richiamare l'attenzione del caregiver e la propensione del caregiver a rispondere alla sollecitazione del piccolo). Vediamo allora i dati raccolti dalle ricerche interculturali sull'attaccamento e sulle modalità dell'allevamento dei bambini. 2. Differenze culturali nell'attaccamento 2.1 Somiglianze culturali Secondo Konner (1981) l'angoscia di separazione, che avviene intorno al 7 mese di vita, è presente in tutte le culture e confermerebbe il fondamento biologico dell'attaccamento. Mentre delle differenze emergono cca la modalità di risposta dei genitori. Ad es. in Botswana gli adulti non lasciano piangere i bambini che vengono presi in braccio ed attaccati al seno non appena manifestano disagio. 2.2 La Strange Situation Tale stecnicca è stata utilizzata per valutare l'attaccamento ed effettuare un confronto fra le culture nelle modalità di attaccamento dei bambini. Nakagawa e colleghi ('92) hanno ad esempio valutato che in Giappone era più diffuso l'attaccamento sicuro rispetto alla Gran Bretagna. L'analisi probabilmente più estesa è stata compiuta da Ijzendoord e Kroonenberg ('88) che hanno confrontato i risultati di studi condotti in 8 paesi e hanno rilevato che le modalità di attaccamento sicuro andavano dal 50% della cina al 75%della GB. Bisogna tener presente che i risultati non sono molto affidabili perchè consideravano campioni piuttosto piccoli. 2.3 La Strange Situation come etica imposta Si parla di etica imposta perchèci troviamo di fronte ad una tecnica elaborata da una determinata cultura, per studiarne un'altra, diversa dalla prima. Un'etica è un comportamento universale e per questa universalità si distingue dall'emica, comportamento di una data cultura. La strange situaion assume in modo scorretto che il comportamento dei bambini abbia lo stesso significato in tutte le culture. Ma Takahaski (1990) sottolinea, ad esempio, che i bambini Giapponesi potrebbero provare molto disagio nell'essere lasciati soli perchè non accade mai nella loro cultura. Quindi l'ansia che appare nella Strange Situation potrebbe essere una risposta alla stranezza della situazione e non un indicatore del grado di sicurezza dell'attaccamento. Ciò nonostante le ricerche di Ijzendoord e Kroonenberg riscontrando simili percentuali di attaccamento sicuro in molte diverse culture, fanno pensare, come conclude Bee, che l'interazione madre-bambino sia sottesa dagli stessi fattori in tutte le culture. 2.4 Attaccamento o attaccamenti? Le ricerche interculturali si sono anche formate sul numero degli attaccamenti. Nella nostra società la presenza di un solo attaccamento primario sembra la norma, anche se il crescente coinvolgimento del padre potrebbe cambiare le cose. La Ainsworth studiando i Ganda dell'Uganda ha riscontrato che il modello di cura dei piccoli comportava la presenza di più figure, anche se i bambini continuavano a formare un unico attaccamento primario. Tronick e colleghi ('92) hanno studiato gli Efe, tribù pigmea dello Zaire che vive in gruppi familiari allargati. <i piccoli erano guardati da chiunque fosse a portata di mano ed allattati da più donne anche se continuavano a dormire con la madre. I ricercatori hanno riscontrato che a sei mesi questi bambini coninuavano a mostrare preferenza per la madre e quindi ad avere un unico attaccamento primario. Lo stesso risultato diede la ricerca di Fox, incentrata sulla vita di un kibbutz, comunità agricola israeliana nella quale i bambini passano la maggior parte del tempo con delle bambinaie chiamate metapelet. Posti nella Strange Situation i bambini mostravano protesta sia all'allontanarsi della madre che della metapelet, ma sembravano più riconfortati dal ritorno della madre. I bambini esprimevano dunque un attaccamento più sicuro nei confronti della madre. Sembrerebbe quindi che la qualità del tempo importi più della quantità del tempo. Infatti probabilmente la rispondenza e la sensibilità della madre nei confronti del bambino era maggiore. Nello stesso tempo, lo studio era viziato da un errore metodologico quale l'avvicendamento delle metapelet e il fatto che si occupassero di più bambini. Infatti nel caso in cui la figura della metapelet diventasse più stabile, anche l'attaccamento espresso dai bambini nei suoi confronti potrebbe essere più intenso. È possibile allora che la Strange Situation vada a misurare la quantità e non la forza dell'attaccamento. Bisogna anche ricordare che lo studio di Fox era interculturale, e che forse la Strange Situation non costituiva il metodo di misura adeguato per valutare il grado di attaccamento dei bambini nella cultura israeliana. 2.5 Esistono differenze? Diversi studi hanno mostrato che l'attaccamento e la cura amorevole non sono caratteristiche innate universali, diffuse in tutte le società. Infatti, presso gli Ik dell'Uganda, lo studioso Turnbull ('72) osservò un'esplicita avversione nei confronti della prole fin dalla nascita. I figli erano abbandonati a sè stessi alla prima occasione e correvano il rischio continuo di morte per fame a causa dell'strema indigenza. Kagan e Klein avevano osservato una società in cui i piccoli erano allevati in situazione di estrema privazione. Nella società guatemalteca i piccoli venivano segregati in ambienti chiusi x essere protetti dalla sporcizia e dal disagio. Vivevano quindi nell'oscurità senza oggetti con cui giocare. Valutati ad un anno presentavano notevoli ritardi nello sviluppo. A qualche anno di distanza, dopo aver goduto di normali interazioni sociali e fisiche, mostravano modelli di prestazione confrontabili con quelli di bambini occidentali di pari età. In questo caso la privazione precoce non aveva influito sui successivi sviluppi cognitivi. Ma è anche possibile che i bambini non si fossero trovato in condizioni di privazione totale e che avessero continuato ad avere qualche forma di contatto esterno. 2.6 Attaccamento e condizione economica Secondo Schaffer l'attaccamento sarebbe allora una potenzialità innata che risente del contesto e della cultura. Le società analizzate erano e sono caratterizzate da una mancanza di ricchezza materiale. I fattori economici avrebbero allora molta importanza per lo sviluppo dell'attaccamento (si possono prodigare molte cure se non si è vincolati dagli impegni di lavoro o dalla scarsità delle risorse). Ma le differenze culturali riscontrate possono anche essere spiegate in riferimento ai comportamenti adulti di tale società. In questo senso ogni società cresce i bambini preparandoli a sviluppare il comportamento emotivo più consono in quella cultura (per i Mundugumour in nuovi nati dovevano essere socializzati in modo da diventare adulti aggressivi e guerrieri). Società individualistiche avranno modalità di allevamento diverse da quelle collettivistiche. 2.7 Conclusioni Per quanto il comportamento dei bambini nelle prime fasi di vita possa essere universale, essi sono ben presto socializzate in base alle risposte che ricevono dagli adulti, influenzati a loro volta dalle esperienze di socializzazione precedentemente vissuta. Il compito dell'adulto è trasformare il bambino piccolo in un membro integrato della propria cultura. Come ricorda Hinde ('879 socializzazione ed acculturazione procedono di pari passo. 3. Differenze culturali nell'allevamento dei bambini Siversi studi hanno ricondotto gli stili di allevamento dei bambini ad alcune categorie, associate poi ad esiti quali l'aggressività ed il comportamento morale. Ad esempio Baumrind ('71) basandosi su osservazioni ed interviste ha individuato 4 categorie: 1- Autoritarismo. Gli adulti impongono modalità di comportamento senza spiegarne le ragioni e ricorrono a misure punitive per assicurarsi il rispetto. Questo stile tende a far crescere un bambino pieno di pregiudizi, umorale, timoroso e/o passivo. 2- Autorevolezza. Gli adulti alternano discussione e linee di comportamento chiare e cerca di rispondere ai sentimenti del bambino. Il bambino che ne deriva è tendenzialmente sicuro di sé, capace di autocontrollo, allegro, cooperante e curioso. 3- Permissività. Gli adulti lasciano il bambino libero di esprimersi senza limiti definiti, Di rado esercita controllo o esprime calore. Il bambino tende ad essere ribelle, a non avere scopi, a mostrare mancanza di autocontrollo e ad ottenere scarsi risultati. 4- Rifiuto/negligenza. Questo stile, a differenza degli altri, è caratterizzato da un disinteresse nei confronti del bambino. Gli adulti sono ultrapermissivi e distanti, scarsamente coinvolti dal bambino. Questo stile si traduce in un bambino antisociale, ribelle ed ostile 3.2 Valutazione Le ricerche hanno mostrato la presenza di nessi tra un tipo di educazione ed un certo tipo di comportamento del figlio, ma non una necessità causaeffetto. È possibile che il comportamento dei figli richieda uno stile educativo preciso, ma nello stesso tempo se osserviamo il fatto che i genitori tendono ad usare lo stesso stile con figli diversi è più probabile che il ruolo genitoriale sia una caratteristica della personalità. Per Erikson esistono altre caratteristiche importanti degli stili genitoriali, che vanno al di là del controllo esercitato sul bambino. Per lui le due dimensioni principali sarebbero il calore ed il controllo. Una ricerca di Rosenhan ('70) ha dimostrato che i bambini tendono ad essre più alruisti se la loro relazione con i genitori è stata improntata al calore. 3.3 Differenze subculturali legate alla classe sociale Maccoby ('80) ha concluso che esistono 4 differenze di fondo fra le modalità di allevamento dei figli espressi dalle classi sociali inferiori e quelle superiori: 1- Obbiedenza. I genitori delle classi inferiori tendono a valorizzare l'obbedienza ed il rispetto, mentre quelle superiori ad enfatizzare la curiosità e l'indipendenza. 2- Disciplina. I genitori delle classi sociali inferiori, tendono ad usare forme di disciplina basate sull'affermazione di sé e sul potere; quelle superiori, si basano sulla permissività e l'autorevolezza. 3- Linguaggio. I genitori delle classi superiori tendono ad usare un linguaggio più complesso. 4- Calore. I genitori delle classe socio-economiche superiori tendono ad esprimere più calore ed affetto nei confronti dei figli. Bisogna notare le somiglianza fra lo stile genitoriale delle classi più basse e quello delle società meno ricche. Ciò conferma che le modalità di allevamento dei figli sono espressione del tipo di cure che i genitori possono permettersi di offrire e della realtà che aspetta i bambini. É comunque necessario ricordare che tali considerazioni sono sempre delle astrazioni generali e rappresentano il soggetto medio, non il singolo individuo. 3.4 Ricerche inerculturali Whiting ha condotto diversi studi interculturali sul comportamento di 6 diverse cluture (filippina, messicana, keniota, indiana, giapponese e statunitense). Minturn e Lambert dopo aver analizzato questi dati dedussero che le differenze fra le culture fossero altrettanto marcate di quelle presenti all0interno della stessa cultura. Berry e colleghi ('57) hanno individuato 6 dimensioni di fondo comuni a tutte le società nell'allevamento dei bambini: l'obbedienza, la responsabilità, la capacità di prendersi cura di altri membri della propria società, l'attenzione ai risultati, la fiducia in sè e l'indipendenza generale. Tali aspetti sono sintetizzati in un'unica dimensione complessiva, la "pressione alla compliance" rispetto alla quale l'obbedienza e l'autoaffermazione sono i due estremi del continuum. Le società possono essere confrontate rispetto a queste dimensioni. Per esempio Berry ha notato che una tendenza comune a tutte le società, è la socializzazione delle bambine soprattutto alla compliance. 4. Conclusioni L'attaccamento va compreso all'interno delle culture specifiche, ma la sua funzione è sostanzialmente la stessa all'interno delle diverse culture. Offre al bambino la base emotiva sulla quale fondare relazioni appropriate alla cultura in cui vive, ed un'adeguata autostima. Le modalità di allevamento dei bambini sono fenomeni culturali, connessi agli atteggiamenti e necessità di ciascun gruppo sociale. Questa è un affermazione di relativismo culturale. PERCORSO DI AUTOVERIFICA 1- Quali sono le differenze culturali rispetto alla Strange Situation? 2- Quali sono le caratteristiche universali dell'attaccamento? 3- Società individualistica e società collettivistica: quali le caratteristiche rispetto all'attaccamento? 4- Esiste più di un attaccamento? 5- Quali sono gli stili di allevamento occidentali? 6- Descrivere le differenze di allevamento dei figli rispetto alla classe sociale di appartenenza CAPITOLO 7. TEORIE DELL'ATTACCAMENTO 1. Teorie e dati empirici I dati empirici informano la teoria che genera a sua volta altre ricerche. Tutte le ricerche fin qui esaminate sono state sviluppate a partire dalla teoria di Bowlby 2. Cosa s'intende per teorie dell'attaccamento una teoria dell'attaccamento cerca di rispondere ad alcuni interrogativi: - Quali sono le caratteristiche della figura primaria di attaccamento del bambino? Perchè i bambini sviluppano un attaccamento nei confronti di una sola persona e non di altre? L'attaccamento dipende dal tempo speso con la figura di cura, dal nutrimento o dalla rispondenza del caregiver? - Quali sono le funzioni dell'attaccamento a breve e a lungo termine? Quali le conseguenze derivante da un attaccamento sano (sicuro) e da uno insano (insicuro)? Cosa succede ad un bmabino che non riesce a sviluppare un attaccamento ottimale. 3. La teoria dell'attaccamento prima di Bowlby 3.1 La teoria freudiana Per Freud è la persona che nutre il bambino a diventare figura primaria di attaccamento, soddisfacendo i bisogni del bambino nella sua fase orale. Dandogli piacere orale, la figura di cura diventa poi oggetto d'amore costituendo la base di ogni successivo attaccamento. Per Freud il piccolo poteva sviluppare degli attaccamenti patologici se veniva privato del cibo e del soddisfacimento orale, ma anche se iperstimolato in tal senso. Gli attaccamenti patologici si trasformerebbero poi in fissazioni orali come il fumare, la voracità, il masticare matite ecc., che rappresentano un tentativo tardivo di ottenere soddisfazione orale. Inoltre secondo Freud, la deprivazione delle necessità pulsionali del bambino produrrebbe effetti a lungo termine come uno stato di perenne bisogno. 3.2 La teoria comportamentista Anche per il comportamentismo la figura primaria di attaccamento è colei che nutre il bambino costituendo una sorta di rinforzo condizionato. Il bambino reagisce istintivamente all'essere nutrito provando piacere. In un secondo momento il bambino arriva ad associare questo piacere alla figura di cura. Il piacere allora finisce per comparire ogni volta che la figura di cura si presenta. 3.3 Valutazione della teoria freudiana e comportamentista Gli esperimenti di Harlow con gli scimpanzè, e le altre ricerche hanno mostrato che l'attaccamento non dipende solo dalla nutrizione, come non dipende dal tempo speso insieme al caregiver, ma è piuttosto legato all'interazione. Fra le critiche avanzate contro la teoria freudiana della personalità è che essa si basa troppo sullo studio del comportamento patologico adulto, e che facendo risalire questo comportamento all'impatto delle esperienze precoci ne estrapola successivamente una teoria dello sviluppo normale, compiendo un errore logico. Il comportamentismo tenderebbe invece a ridurre la complessità della condotta ad un insieme ipersemplificato di strutture e processi, ma avrebbe il merito di non sostenere che il solo rinforzo dell'attaccamento fosse la nutrizione, ma anche altri fattori come l'essere abbracciato ed accarezzato, e più in generale l'essere curato. Questa visione ara corretta anche se la teoria del condizionamento ha sottolineato una presunta passività del bambino non riscontrata dai dati empirici. 3.4 L'approcio etologico Gli etologi hanno introdotto il concetto di IMPRINTING del processo di attaccamento. Gli animali hanno una serie di impulsi innati fra i quali la tendenza a seguire un oggetto di un certo tipo (che emette un particolare suono o che ha un particolare odore) e che induce l'animale a stare vicino alla figura di cura. Dati dimostrano che anche i piccoli umani imparano precocemente e riconoscere la madre dall'odore e già a dodici giorni dalla nascita riconoscono e preferiscono l'odore della ascella della madre (se allatta al seno) ad odori estranei. 4. La teoria di Bowlby La si può riassumere in 4 punti: 1- risente dell'influenza della psicoanalisi (sottolineando gli effetti della deprivazione) e dell'etologia (sottolineando il carattere innato ed adattivo della condotta 2- è stata presentata in una prima versione negli ani '50 in cui si avanzava l'ipotesi della deprivazione materna, e in una seconda versione, negli anni '60, con la teoria dell'attaccamento 3- la teoria descrive la tendenza innata del bambino e del caregiver a formare attaccamenti. Descrive come i comportamenti innati del bambino inneschino le risposte innate e la presa in carico dell'adulto 4- sottolinea gli effetti positivi dell'attaccemtno e quelli negativi della sua perdita o mancanza 4.1 L'influenza psicoanalitica e l'ipotesi della deprivazione materna La teoria della deprivazione materna (che sostituiva il concetto di deprivazione orale) venne elaborata nel '51 In un testo intitolato "cure materne e igiene mentale del fanciullo" in cui si evidenziavano gli effetti potenzialmente patologici della mancanza di tali cure, necessarie e vitali come le vitamine dunque. Parlando di cure materne, B. non faceva tanto riferimento alla madre quanto al tipo di cure. Suggerì che in assenza della possibilità di sviluppare attaccamenti precoci il bambino non sarebbe riuscito a prosperare e che avrebbe tendenzialmente manifestato una psicopatia anaffettiva. 4.2 L'influenza dell'etologia e la teoria dell'attaccamento Secondo la Ainsworth il concetto di attaccamento si delineò in B. dopo aver sentito parlare del lavoro degli etologi Lorenz e Tinberg. La prospettiva etologa si basava sui principi biologici dell'evoluzionismo per cui tutti i comportamenti venivano spiegati in base alla funzione che avevano per l'individuo (essenzialmente l'assicurarsi della sopravvivenza). In questo senso la funzione dell'attaccamento sarebbe assicurarsi la sopravvivenza del patrimonio genetico della specie. Perchè ciò avvenga la relazione di attaccamento dev'essere reciproca. Infatti ciascun partner innesca nell'altro comportamenti sociali innati che innescano una relazione sociale. Esisterebbe un insieme innato di organizzatori sociali (social releasers): il bambino ha certi comportamenti sociali, come il sorriso ed il pianto, e suscita la risposta sociale dell'adulto che lo prende in braccio. Vedi quadro pag. 127 4.3 Presenza di un periodo critico di sensibilità Tutti i processi innati, come quello che costruisce il legame di ataccamento, hanno un motore biologico ed avvengono all'interno di un "periodo finestra". Tale periodo è definito da Bowlby "periodo sensibile" e per la costruzione di attaccamenti si concluderebbe con i due anni e mezzo. Secondo Bowlby, inoltre, la rottura o mancanza di legami in questo periodo produrrebbe danni gravi ed irreversibili. 4.4 L'attaccamento è innato? Se è innato, come suggeriscono gli etologi, allora dovrebbe essere anche universale. Le ricerche interculturali confermano questa tesi nel senso che tutti i bambini in tutte le cuture tendono a formare un legame primario di attaccamento. Ma esistono delle eccezioni e variano le modalità di relazione dell'adulto ocn il bambino piccolo. Si può allora dire che l'attaccamento ha aspetti innati. 4.5 Monotropia Il termine è usato per indicare la tendenza dei piccoli ad avere una sola figura primaria di attaccamento. Questa figura, secondo Bowlby costituirebbe il modello per ogni altra relazione di attaccamento. Per indicare tale processo B. coniò l'espressione modello operativo interno. 4.6 Il modello operativo interno È un insieme di regole ed aspettative che opera all'interno della relazione con l'altro e prende avvio dalla relazione primaria di attaccamento, modello per le successive relazioni. La sicurezza di questo primario attaccamento permette di costruire relazioni positive. Uno dei limiti di questo concetto è la possibilità di validarlo empiricamente. 4.7 L'ipotesi della sensibilità del caregiver La Aisnworth ha scoperto che i piccoli che ricevono cure improntate al calore ed alla sensibilità, sviluppano un attaccamento sicuro (e creano l'indipendenza). Questa è la teoria della sensibilità del caregiver, che è stata sostenuta empiricamente dalle ricerche de Bell ed Ainsworth su 26 coppie madre-bambino (ad un anno i bambini che piangevano di meno erano quelli le cui madri, in origine, avevano risposto prontamente al pianto). 4.8 Una base sicura L'attaccamento sicuro è una base sicura per creare l'indipendenza del bambino e la sua sicurezza nell'esplorazione del mondo. La figura primaria sarebbe infatto il perno cui fare continuamente ritorno durante le sue esplorazioni. 4.9 Le principali accezioni dell'attaccamento Secondo Hinde si possono distinguere nella teoria bowlbiana diverse accezioni dell'attaccamento: 1- Quella psicodinamica per cui l'attaccamento sicuro permette l'indipendenza e di sentirsi a proprio agio mentre l'attaccamento insicuro crea dipendenza. 2- Quella comportamentale per cui lo sviluppo di sentimenti di attaccamento porta a mantenere la vicinanza con al figura di cura. 3- La componente sistemica, che designa il modello mentale della relazione con l'altro. La teoria dell'attaccamento si è incentrata sui processi interpersonali che portano allo sviluppo dei legami di attaccamento (la tendenza innata del bambino piccolo a cercare un legame e provocare la risposta del caregiver). 5. Valutazione della teoria di Bowlby 5.1 L'opera di Rutter e la rivalutazione dell'ipotesi della deprivazione materna Le due versioni del volume "Maternal deprivation riassessed" costituiscono un commento ed un'integrazione alla teoria bowlbiana. Rutter, aderendo pienamente all'idea che le esperienze precoci influiscono sullo sviluppo intellettuale e psicosociale, distingue però i disturbi conseguenti alla deprivazione. - i disturbi antisociali deriverebbero piuttosto da disaccordi familiari più che dalla separazione - la psicopatia anaffettiva era riconducibile alla mancanza ma non alla perdita (separazione o deprivazione) d'amore - i ritardi cognitivi erano riconducibili alla mancanza di stimoli intellettuali più che alla deprivazione emotiva. Nell'edizione dell'81 aggiunse che le conseguenze della deprivazione non erano così stabili, estreme ed irreversibili come aveva indicato Bowlby. E neppure la rottura delle relazioni di attaccamento è il solo problema che riguarda l'esperienz sociale dei piccoli. 5.2 Ulteriori critiche alla teoria di B. Dalle femministe che hanno letto le sue teorie come un incentivo per le donne a stare a casa con i figli. Le sue teorie sembrerebbero criticare anche le istituzioni dato che affermò che una cattiva famiglia era meglio di una buona istituzione (tesi non confermata del tutto dai dati empirici. Vedi studio Tizard secondo cui i bambini tornati in famiglie inadeguate stavano peggio di tutti). D'altro canto B. voleva affermare in primo luogo l'importanza per i piccoli di ricevere cure adeguate e solo in secondo piano dire che una famiglia, per quanto cattiva, avrebbe potuto garantire al bambino una qualità superiore di attaccamento. In ogni caso il suo messaggio era di migliorare la qualità delle cure, da chiunque venissero prodigate. Un'altra tesi criticata è la monotropia e l'idea che l'attaccamento primario fosse il modello per le relazioni successive. Infatti se esistono dati a favore dell'ipotesi di una relazione fra lo stile di attaccamento primario e le relazioni successive, non si tratta di risultati univoci. Si potrebbe imputare questa somiglianza nelle relazioni a delle caratteristiche temperamentali innate del bambino. Alcuni sarebbero più capaci di altri di formare relazioni e coloro che riescono a sviluppare una buona relazione tendono a sviluppare altre relazioni positive. Invece secondo Hinde e Stevenson-Hinde, i comportamenti, le emozioni e le cognizioni acquisite all'interno di un determinato rapporto sono specifiche di quel rapporto. La logica evoluzionistica ritiene che ogni comportamento che viene espresso, deve avere una logica adattiva. Ma anche quest'ipotesi (retrospettiva) resta probabilmente vera; nessuno può dire se le cose stanno effettivamente così. 5.3 Analisi finale La teoria di Bowlby è una buona teoria e come tale genera diverse ricerche scientifiche; è una teoria corretta nella misura in cui si è potuta dimostrare l'origine innata di alcuni comportamenti di attaccamento. Lo è meno quando tende a sopravvalutare le conseguenze della costruzione e della rottura del legame di attaccamento. Inoltre, non riesce a spiegare le differenze individuali e la maggiore capacità di alcuni bambini di affrontare esperienze precoci difficili. PERCORSO DI AUTOVERIFICA 1- Quali sono le 4 caratteristiche chiave della teoria di Bowlby? 2- Quali sono le differenze ed i punti di contatto fra il modello di Bowlby e la prima teoria comportamentista? 3- Cosa s'intende per monotropia? 4- Cos'è il modello operativo interno? 5- Cosa s'intende per base sicura? 6- Quali sono le principali critiche alla teoria di Bowlby? CAPITOLO 8. ARRICCHIMENTO Vediamo come poter arricchire le esperienze e le situazioni di vita dei bambini. 1. Che cosa s'intende per arricchimento? a) sulla base delle ricerche fin qui presentate, si potrebbe intendere con questo termine, l'offerta al bambino di esperienze ad un'età più precoce di quella in cui sarebbe normalmente avvenute. In questo modo il bambino potrebbe progredire più rapidamente. b) un'altra accezione del termine arricchimento è l'offerta al bambino di esperienze che altrimenti non vivrebbe. Senza quest'esperienze lo sviluppo del bambino sarebbe limitato. In questo caso l'arricchimento eviterebbe i possibili effetti negativi Quindi i programmi di arricchimento sono di due tipi: 1- diretti ad accrescere lo sviluppo 2- orientati a compensare possibili deprivazioni 2. Lo sviluppo cognitivo Riguarda diversi ambiti di studio: la percezione, il l'intelligenza (su cui si sono concentrate molte ricerche) linguaggio e 3. Lo sviluppo percettivo 3.1 L'effetto dell'istituzionalizzazione Uno dei motivi per cui i bambini istituzionalizzati rischiano di avere danni intellettivi è la ristrettezza delle esperienze percettive. Si pensi che era prassi comune in GB tenere i bambini allettati. Lo sviluppo cognitivo, nelle sue prime fasi, necessita di stimoli percettivi perchè i bambini imparino a coordinare le proprie sensazioni 8per esempio imparare che ciò che si muove davanti ai loro occhi è la propria mano). Piaget aveva chiamato la prima fase dello sviluppo cognitivo, sensomotorio. White e Held scoprirono nelle loro ricerche che i bambini stimolati con guanti bianchi e rossi e fogli multicolore cominciavano a guardarsi le mani prima di quelli di un gruppo di controllo ( e si pensava che i bambini che passavano più tempo a guardarsi le mani fossero più sviluppati sul piano percettivo e quindi intellettuale. Conclusione questa, piuttosto discutibile). Se non ci sono risultati sulle conseguenze a lungo termine di tale operazione di arricchimento, c'è conferma che si può accelerare lo sviluppo tramite programmi di arricchimento e che la deprivazione visiva possa produrre conseguenze serie sullo sviluppo. 3.2 Altri studi sulla deprivazione visiva Studi condotti sugli animali (sarebbe poco lecito effettuare ricerche che pongano in situazioni di deprivazione visiva gli uomini) hanno dimostrato che lo sviluppo del sistema visivo richiede la presenza di stimoli, e che l'assenza o la limitatezza di tali esperienze in un periodo critico, provocano un danno permanente nel sistema. Ad esempio Blakemore e Cooper ('70) hanno allevato dei gattini dentro un cilindro a strisce verticali bianche e nere, e gli animali, successivamente, non erano capaci di percepire le righe orizzontali. Tali risultati sono stati confermati da evidenze empiriche ottenute sull'uomo. Bancks e colleghi hanno infatto scoperto che nei casi di strabismo, se l'operazione chirurgica non avviene prima del 4 anno d'età, il danno alla visione binoculare rimane permanente. Trascorsa un'età critica, quindi, il sistema visivo non può essere modificato. 3.3 Conclusione La deprivazione sensoriale produrrebbe due effetti possibili: - ritardi cognitivi che influiscono sullo sviluppo cognitivo generale - danni permanenti alle zone del cervello deputate all'interpretazione dei dati sensoriali 4. Lo sviluppo del linguaggio 4.1 Arricchimento linguistico Schwartz e colleghi hanno dimostrato che interventi integrativi precoci aiutano a controbilanciare la disabilità linguistica prodotte dallo svantaggio sociale. Infatti per Bernstein esisterebbero due codici linguistici, quello ristretto in usi nelle classi sociali più basse, e quello elaborato, che permette di formare con più facilità concetti astratti, usato perlopiù dalle classi medie e dai loro figli. Anche Fowlerb ha valutato i miglioramenti prodotti da un programma di arricchimento linguistico, mentre secondo uno studio di Sinclair-de-zwart i programmi di arricchimento linguistico non influiscono sullo sviluppo cognitivo. Infatti i bambini che non riuscivano a risolvere le prove di conservazione della quantità (cioè la capacità di comprendere che il volume e la massa restano identici anche se si cambia la forma dell'oggetto che lo contiene) presentavano ritardi anche nello sviluppo linguistico, e che se anche quest'ultimo veniva migliorato non si otteneva alcun miglioramento nella capacità cognitiva di cogliere la conservazione. 4.2 Critiche alla teoria della conservazione verbale Labov ha criticato la posizione di Bernstein dicendo che lo slang inglese, ad esempio, era assolutamente capace di rappresentare concetti astratti, e che lo studioso aveva confuso la deprivazione sociale con quella linguistica. Un tema dibattuto è anche il rapporto fra linguaggio e pensiero. Per flanagan le evidenze empiriche disponibili non consentono di concludere che il linguaggio sia un prerequisito del pensiero. Inoltre bisogna considerare che i programmi di arricchimento incorrono in difficoltà politiche dato che il linguaggio è intimamente legato all'identità di ciascuna sottocultura i cui membri sono poco propensi ad apprendere nuove forme di espressione. 4.3 Lettura Lo sviluppo della lettura è legato a quello del linguaggio. Gibson e colleghi hanno dimostrato che prima dei 5 anni, i bambini non hanno una capacità di discriminare gli stimoli visivi talmente sviluppata da consentire la lettura. 4.4 Eloquio I programmi di arricchimento volti ad evitare la compromissione dello sviluppo sociale e cognitivo potrebbero aiutare a superare problemi di elocuzione come la balbuzie e i disturbi di pronuncia. 5. Lo sviluppo dell'intelligenza 5.1 Crescita in serra Alcun credono che un surplus di stimoli comporti un miglioramento duraturo e sensibile della prestazione intellettuale dei bambini. Logan disse di aver creato bambini con un quoziente intellettivo superiore ai 160 grazie a programmi di stimolazione prenatale. In realtà, tali programmi in cui lo sperimentatore parla ai bambini mentre sono ancora nella pancia non hanno trovato particolari conferme empiriche. Secondo Howe, l'uso dell'hothousing durante l'infanzia è invece possibile, ma richiede un training intensivo ed una fortissima motivazione. Probabilmente i genitori che inseriscono i figli in programmi di hothousing sono essi stessi molto motivati ed influiscono con questa motivazione su quella dei figli. 5.2 Programmi integrativi prescolastici Il programma più famoso e diffuso è stato l'headstart che prese piede negli anni '60, insieme ad un movimento politico che voleva istituire programmi d'intervento in grado di aiutare i bambini delle classi svantaggiate. I primi programmi dell'headstart diffusi nel '65, coinvolsero c.ca un milione di bambini in età prescolastica (si pensava che agendo in età prescolastica si potessero ridurre le differenze tra questi bambini e quelli delle classi sociali più elevate, evitando così che i bambini iniziassero un ciclo di fallimenti sempre più incolmabili). In realtà i costi del programma non furono giustificati dai risultati ottenuti, anche se gli studi di follow-up dimostrarono che i bambini inseriti nel programma avevano più probabilità di proseguire gli studi, minori fallimenti, e minore probabilità di diventare delinquenti. Inoltre, Seitz rilevò un Qi superiore durante l'adolescenza, e ciò suggerisce un possibile effetto ritardato del programma. Probabilmente i pochi risultati ottenuti potrebbero essere dipesi dall'età tardiva dei bambini considerati. Sebbene altri programmi avessero ottenuto risultati migliori causando un aumento del QI di bambini posti in situazione di svantaggio sociale (con madri ritardate ad esempio) quest'aumento o era regredito rapidamente, o era in parte regredito, quando i bambini avevano raggiunto i 12 anni. Altri programmi hanno avuto una durata limitata ed hanno coinvolto bambini in età più avanzata. Portnoy e colleghi avevano istituito un campo estivo diurno per bambini delle periferie fra i 6 e gli otto anni. Il campo puntava all'arricchimento educativo e cognitivo, oltre che alla consapevolezza sociale ed alla crescita. Secondo i ricercatori i soggetti coinvolti mostrarono sensibili benefici a livello di pensiero astratto ed immagine di sé. 5.3 Arricchimento alimentare Numerosi i programmi che hanno mostrato che un arricchimento della dieta può produrre effetti positivi rilevanti sullo sviluppo cognitivo. Benton e Cook ('91) hanno riscontrato sensibili aumenti del Qi in bambini a cui avevano somministrato integratori vitaminici. 5.4 Conclusioni sui programmi di arricchimento dell'intelligenza sebbene i risultati di tali programmi siano stati riscontrati essenzialmente a breve termine, consentono di contrastare l'idea che l'intelligenza sia qualcosa di geneticamente determinato e quindi immodificabile. Sicuramente resta la difficoltà di valutare il rapporto costi7benefici esistendo più metodi di calcolo capaci di portare anche a valutazioni opposte. 6. Lo sviluppo sociale ed emotivo 6.1 Popolarità Alcuni bambini sono più popolari di altri e ciò è probabilmente dovuto a particolari abilità sociali dell'individuo (che resta popolare anche cambiando gruppo). Forse i bambini "rifiutati" hanno delle specifiche disabilità sociali ed un'aspettativa di fallimento sviluppata sulla base dell'esperienze passate. I programmi integrativi che danno a questi bambini l'opportunità di apprendere a praticare le abilità di rapporto sociale hanno avuto un certo successo (pag. 148) 6.2 Attaccamento Un modo per arricchire le esperienze di attaccamento dei bambini è intervenire sulla qualità dei servizi diurni di cura. E' possibile realizzare interventi integrativi anche lavorando sui genitori. Il programma developmental play aveva lo scopo di stimolaree ricostruire il legame relazionale fra un genitore ed un figlio emotivamente disturbato. Lavorando su 7 coppie genitori-figli cercando di favorire un'interazione più efficace, i ricercatori ottennero risultati promettenti. 6. Conclusioni Qualsiasi tecnica d'intervento usata per migliorare lo sviluppo del bambino può essere considerata un intervento di arricchimento. Esistono programmi di arricchimento che portano ad un accelerazione dello sviluppo ed altri volti a colmare qualche mancanza di esperienza o situazione di deprivazione. Questi ultimi, potrbbero cambiare notevolmente la vita de una persona, e dovrebbero avere luogo prima di una certa età (come per lo sviluppo percettivo). Per quanto riguarda il punto di vista etico, se non esistono obiezioni al programma di arricchimento, ne esistono al fatto che le ricerche hanno bisogno della presenza di gruppi di controllo per essere attendibili, e quindi la presenza di gruppi di bambini a cui venga negato l'accesso al programma; tale bisogno è discutibile sul piano etico. È inoltre possibile che l'esperienza di arricchimento modifichi le dinamiche di gruppo e finisca per "impoverire" dei bambini precedentemente "normali".