Risoluzione delle equazioni di terzo grado

Università degli studi di Palermo
SISSIS Anno Accademico 2001-2002
Laboratorio di Algebra
Risoluzione delle equazioni di terzo grado
Prof. Michele Cipolla
Relatori:
Maria Elena Bono
Floreana Bono
Silvana Pupello
Marcella Urso
Risoluzione delle equazioni di terzo grado
Introduzione
Lo scopo della presente unità didattica è quello di consentire una maturazione e
un arricchimento interiore degli allievi, soprattutto sul piano delle “conoscenze pure” e
delle capacità intellettuali, riflessive e critiche; non si propongono “conoscenze
efficaci”, o capacità operative applicabili nelle attività lavorative e produttive.
Pertanto essa può essere inserita all’interno di una programmazione di una
quinta classe di un liceo scientifico, in cui è stata già raggiunta una maturazione
culturale e sono stati acquisiti metodi di critica e riflessione .
Prerequisiti
×
Avere padronanza delle tecniche del calcolo algebrico
×
Saper utilizzare il software Derive per trovare le radici di un’equazione
×
Saper descrivere rapidamente e con precisione, mediante l’uso delle lettere, sia
relazioni matematiche sia fenomeni connessi con la fisica, l’economia e le altre
scienze
×
Aver acquisito le tecniche per la risoluzione delle equazioni di primo e secondo
grado
×
Saper applicare la regola di Ruffini
×
Saper lavorare con radicali
×
Saper risolvere le equazioni di secondo grado anche quando ∆<0, quindi saper
operare con radicali di numeri negativi
×
Conoscere e saper utilizzare le proprietà dei numeri complessi
Obiettivi
×
Conoscere la storia relativa alla risoluzione delle equazioni di terzo grado
×
Risolvere problemi modellizzabili mediante equazioni di grado superiore al
secondo
×
Saper estrapolare l’esistenza dell’unità immaginaria in altri contesti
2
Motivazione
Uno dei più importanti progressi compiuti dalla cultura italiana negli ultimi trent’anni
è stato il superamento della separazione tra scienze umane e scienze naturali ed esatte
e il riconoscimento della rilevanza, non solo pratica, ma anche conoscitiva, culturale,
sociale della ricerca matematica e sperimentale.
In questo contesto acquista una sempre maggiore valenza l’introduzione storica di
alcune questioni matematiche fondamentali; come la disputa tra Cardano e Tartaglia
relativa alla scoperta-invenzione delle formule risolutive delle equazioni di 3° grado.
È ormai assodato che oggi, con lo sviluppo tecnologico e l’introduzione dei
calcolatori, molti problemi di natura algebrica e logica sono di facile risoluzione e
non necessitano di rigorosi percorsi, tuttavia analizzare e discutere problemi del
genere
può
favorire
il
naturale
processo
di
sviluppo
cognitivo
dell’alunno,
promuovendo l’astrazione e la strutturazione di problemi per ricavarne algoritmi
risolutivi.
Si deve tenere presente che la speculazione matematica è elemento essenziale alla
formazione umana, non meno di alcun altro tipo di studio; fornisce un mezzo
insostituibile per un completo sviluppo della mente, con effetti sulle caratteristiche
della personalità, dal momento che crea nell’individuo capacità di riflessione, di
equilibrio, di obiettività di giudizio.
Impostazione didattico-metodologica
Si propongono agli alunni problemi risolvibili mediante equazioni di 3° grado, frutto
dell’ingegno di Diofanto, Fior e Tartaglia, quest’ultimi protagonisti di famose
matematiche disfide.
Si invitano gli alunni a risolvere le equazioni ottenute mediante l’utilizzo del software
Derive e si analizzano le soluzioni visualizzate.
La scelta del software Derive non è del tutto casuale: gli strumenti tecnologici
all’interno del processo insegnamento-apprendimento sono fondamentali per guidare
gli studenti “a fare matematica” rendendoli a poco a poco autonomi nel costruire il
proprio sapere e nell’affrontare situazioni problematiche; essi, tuttavia, non devono
essere lasciati in libera gestione agli studenti, perché la tecnologia da sola non
produce apprendimento consapevole.
3
A questo punto l’insegnante fa osservare che l’algoritmo implementato nel software
fa riferimento alle “Formule Cardaniche”.
Prima di procedere nella formalizzazione matematica si riterrà opportuno, mettere in
chiara evidenza il periodo storico in cui furono elaborate le suddette formule.
In
questo
contesto,
l’insegnante
avrà
cura
di
motivare
l’apprendimento
dell’argomento, sottolineando il fatto che all’epoca in cui venivano affrontati queste
questioni si avevano ben pochi strumenti a disposizione e gli uomini potevano
affidarsi solo all’astuzia e all’ingegno.
Problema posto da Diofanto (III sec. d. C.)
Trovare un triangolo rettangolo tale che l’area aggiunta all’ipotenusa sia un
quadrato, mentre il perimetro un cubo.
Problemi posti da Fior
-Trovare un numero che, sommato alla sua radice cubica, dia come risultato
sei.
-Un ebreo presta un capitale a condizione che alla fine dell'anno gli venga
pagata come interesse la radice cubica del capitale. Alla fine dell'anno, l'ebreo
riceve ottocento ducati, tra capitale e interessi. Qual era il capitale?
Problemi posti da Tartaglia
-Un vascello sul quale si trovano quindici turchi e quindici cristiani viene
colpito da una tempesta e il capitano ordina di gettare fuori bordo la metà dei
passeggeri. Per sceglierli si procederà come segue: tutti i passeggeri verranno
disposti in cerchio e, cominciando a contare a partire da un certo punto, ogni
nono passeggero verrà gettato in mare. In che modo si devono disporre i
passeggeri perché solo i turchi siano designati dalla sorte per essere gettati a
mare?
-Suddividere un segmento di lunghezza data in tre segmenti con i quali sia
possibile costruire un triangolo rettangolo.
-Una botte è piena di vino puro. Ogni giorno se ne attingono due secchi, che
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vengono sostituiti con due secchi d'acqua. In capo a sei giorni, la botte è piena
per metà d'acqua e per metà di vino. Qual era la sua capacità?
Tra tutti i problemi introdotti abbiamo scelto di discutere il seguente proposto
da Fior:
“Un ebreo presta un capitale a condizione che alla fine dell'anno gli venga
pagata come interesse la radice cubica del capitale. Alla fine dell'anno, l'ebreo
riceve otto (ottocento) ducati, tra capitale e interessi. Qual era il capitale? “
Soluzione
Posto x la quantità di capitale da ricavare, il problema si traduce
nell’equazione:
x+3 x =8
3
x =8−x
x = (8 − x )3
Sviluppando tale cubo di binomio si ottiene la seguente equazione di terzo
grado:
x 3 − 24x 2 + 193x − 512 = 0
questa equazione può essere ricondotta ad una del tipo
sostituendo x → x −
a
nel caso specifico si ottiene la seguente:
3
x 3 + x = −8
Se risolviamo tale equazione con Derive si ottengono le tre soluzioni:
5
x 3 + px = q ,
x1 = 3
1299
1299
− 4 −3
+4
9
9
x 2 = −3
1299 1 3
− +
72
2
x 3 = −3
1299 1 3
− +
72
2

1299 1
+ + i ⋅ 3
72
2


1299 1
+ − i ⋅ 3
72
2

433 3 3 3
−
+
8
2
433 3 3 3
−
+
8
2
433 3 3 
+

8
2 

433 3 3 
+

8
2 

In particolare i valori approssimati sono i seguenti:
x1 = -1.83375
x2 = 0.916876 + i 1.87669
x3 = 0.916876 – i 1.87669
Evidentemente le soluzioni ottenute lasceranno gli alunni assai perplessi e poco
convinti della riuscita del problema: si tratta di radici non tutte reali e con la presenza
di estrazioni di radice cubiche.
In questa fase nasce l’esigenza di introdurre le “ formule cardaniche “ mediante una
trattazione rigorosa sia da un punto di vista storico che analitico.
Storia e Matematica
Da Archimede a Gerolamo Cardano, dal III sec. a. C. al XVI sec. d. C., intercorrono
quasi 2 millenni. Ebbene, tanto tempo ci volle perché si ottenesse un risultato
matematico veramente nuovo, rispetto alle conoscenze dei Greci.
Per un matematico greco, il problema della determinazione della radice si poneva in
modo completamente diverso rispetto al metodo algebrico elaborato dagli Arabi: il
matematico greco era un geometra puro, accettava come soluzioni solo segmenti
costruibili in modo esatto con la riga e il compasso, a partire dai dati.
Gli Arabi e gli Europei occidentali fino al ‘500, non andavano al di là della soluzione
di problemi traducibili in equazioni di 2° grado.
La storia del rinvenimento della formula risolutiva dell'equazione di terzo grado si
sviluppa nella prima metà del 1500. Come tutte le storie, soprattutto quelle in cui sono
coinvolte più persone, è piuttosto intricata e difficile da ricostruire. I personaggi sono
tutti italiani: Scipione dal Ferro, il suo allievo Antonio Maria Fior, Niccolò Fontana,
detto Tartaglia e Gerolamo Cardano.
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La difficoltà storica di attribuire la paternità di una formula è legata alle motivazioni
socio-economiche che spingono questi matematici verso la ricerca scientifica. Da un
lato c'è l'urgenza di scoprire le leggi della balistica, dall'altro la bravura di un
matematico si misura con sfide pubbliche, delle vere e proprie gare di matematica.
Il matematico si comportava in fondo, come l’artigiano-artista, che custodisce
gelosamente i segreti della sua bottega. Perciò, chi aveva una formula, o un metodo per
risolvere un problema duro da masticare, non diceva niente a nessuno. Per dimostrare
che era più bravo degli altri , quando un matematico era in possesso di una scoperta
nuova, inviava un cartello di matematica disfida a qualche famoso lettore.
Naturalmente se lo sfidato gettava la spugna, lo sfidante doveva dare lui la soluzione,
altrimenti era squalificato per gioco scorretto.
Il 22 febbraio 1535 si tiene una sfida tra Tartaglia e Fior: ciascuno propone all'altro
trenta problemi da risolvere nel più breve tempo possibile. Tartaglia risolve rapidamente
i
problemi
di
Fior,
mentre
quest'ultimo
non
riesce
a
risolverne
nessuno.
Tutti i problemi si risolvevano per mezzo di equazioni di terzo grado; quelli proposti da
Fior potevano essere ricondotti tutti all'unico tipo che conosceva di equazione di terzo
grado, la cui formula risolutiva gli era stata rivelata dal suo maestro Scipione dal Ferro.
La schiacciante vittoria di Tartaglia dimostrava che questi aveva trovato un metodo per
risolvere tutte le equazioni di terzo grado.
La notizia giunge a Cardano, medico, scienziato e astrologo dalla fama internazionale.
Cardano cerca di convincere Tartaglia a rivelargli la formula, lo lusinga, lo minaccia, gli
fa promesse. Dopo numerose insistenze Tartaglia cede richiedendo che la formula
restasse segreta.
Tartaglia la comunica a Cardano inviando i seguenti versi:
Quando che 'l cubo con le cose appresso
Se agguaglia a qualche numero discreto:
Trovami dui altri, differenti in esso;
Dapoi terrai, questo per consueto,
Che 'l loro produtto, sempre sia eguale
Al terzo cubo delle cose netto;
El residuo poi suo generale,
x3 +px
=q
u-v = q
u·v =
(p/3)3
3
Delli lor lati cubi, ben sottratti
Varrà la tua cosa principale.
In el secondo, de cotesti atti;
Quando che 'l cubo, restasse lui solo,
Tu osserverai quest'altri contratti,
Del numer farai due tal part' a volo,
u −3 v
=x
7
Che l' una, in l' altra, si produca schietto,
El terzo cubo delle cose in stolo;
Delle quali poi, per commun precetto,
Terrai li lati cubi, insieme gionti,
El cotal somma, sarà il tuo concetto;
El terzo, poi de questi nostri conti,
Se solve col secondo, se ben guardi
Che per natura son quasi congionti,
Questi trovai, et non con passi tardi
Nel mille cinquecent' e quattro e trenta;
Con fondamenti ben saldi, e gagliardi;
Nella Città del mar 'intorno centa.
Nel 1545, contravvenendo alla promessa verso Tartaglia, Cardano pubblica nell'Ars
magna la formula risolutiva delle equazioni di terzo grado. Invece di trattare la formula
generale con il complesso linguaggio che ne sarebbe derivato, Cardano affronta un caso
particolare, un esempio diremmo oggi, sottintendendo che il metodo si può applicare a
qualsiasi caso.
La formula generale data da Cardano è la seguente:
q
q 2 p3 3 q
q2 p3
x= − +
+
− + +
+
2
4 27
2
4 27
3
Applichiamo il procedimento suggerito da Tartaglia per risolvere il problema di Fior,
partiamo dall’equazione
x3 + x = -8
applicando il procedimento di Tartaglia si ha
u-v = -8
(1)
u⋅v = 1/27
(2)
sostituendo la (1) nella (2) si ottiene
(-8 + v) v = 1/27
da cui
27 v2 + 216v - 1 = 0
Applicando la formula risolutiva delle equazioni di 2° grado si ha
8
v1,2 = 4 ±
1299
9
la radice positiva è
v= 4+
1299
9
u = -4 +
1299
9
conseguentemente
Infine
x = 3 -4+
1299 3
1299
− 4+
9
9
Confrontando questa soluzione con le soluzioni ottenute mediante Derive sembra che ne
manchino due;in realtà questa formula dà 9 valori di x, poiché ognuno dei radicali
cubici ha 3 valori.
Fra questi 9 valori occorre però scegliere quelli che soddisfano alla condizione
u⋅v = p/ 3
Pertanto scelto un valore u1 per il primo radicale cubico, si sceglierà
v1 = - p/ 3u1
e così si avrà una prima radice
x1 = u1 −
p
3u 1
e le altre due saranno:
x 2 = åu 1 + å 2 v 1
x 3 = å 2 u 1 + åv 1
9
dove å e å 2 rappresentano le due radici cubiche dell’unità:
1
3
+i
2
2
1
3
å 2 =− −i
2
2
å =−
Indicata con R la quantità
q2 p3
+
è facile rendersi conto che:
4
27
1) Se R>0 l’equazione ha una radice reale e due complesse coniugate;
2) Se R=0 ha tutte le radici reali, di cui una è di molteplicità due;
3) Se R<0 ha tre radici reali distinte
L’ultimo caso è particolarmente interessante in quanto, benché le radici siano reali, il
loro calcolo, secondo la formula di Cardano, necessita dell’estrazione di radici cubiche
di numeri complessi: in effetti, per la regola dei segni, ogni quadrato di un numero reale
(positivo o negativo) è positivo, quindi un numero negativo non può avere radici
quadrate.
Di fronte a queste difficoltà, gli algebristi italiani e i loro successori, in particolare
ricordiamo il matematico R. Bombelli, non esitarono a eseguire calcoli sui numeri del
tipo
− a , dove a>0 , come se questi numeri esistessero, vale a dire applicando nei loro
riguardi le regole usuali dell’algebra, e ponendo
(
−a
)
2
= −a .
Si nota facilmente che la formula di Cardano necessita di grandi abilità di calcolo sia
con radicali sia con numeri complessi; pertanto spesso il loro utilizzo non è consigliato
per la risoluzione “manuale” dell’equazione di terzo grado, ma trova applicazione
semplicemente negli algoritmi elaborati da un calcolatore.
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Bibliografia essenziale
C. B. Boyer, Storia della matematica, Mondadori, Milano, 1980, pp. 328-331.
G. Loria, Storia delle matematiche, Hoepli, Milano, 1950, pp. 302-303.
M. Klein, Mathematical thought from ancient to modern times, Oxford University
Press, New York, 1972, pp. 263-270.
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