ISTIOCITOSI A CELLULE
DI LANGERHANS
L’ Istiocitosi a cellule di Langerhans (ICL) una malattia rara. La sua rarità ha certamente
contribuito a mantenere le incertezze di classificazione e di diagnosi e soprattutto la scarsa
conoscenza dei meccanismi patogenetici. Tutto questo ha limitato per anni le possibilità di un
nostro approccio razionale ed efficace soprattutto, relativamente alla terapia.
La scarsa conoscenza della sua ezio-patogenesi giustifica la definizione di "Istiocitosi X", molto
usata in passato. Oggi sappiamo che questa malattia può essere polimorfa, in funzione soprattutto
del numero e della sede degli infiltrati tissutali.
In alcuni casi, la diagnosi è di riscontro occasionale; in altri casi, al contrario, la malattia esplode,
gravissima, già nei primi mesi di vita con un quadro simil-leucemico: febbre, epato-splenomegalia,
adenomegalia, citopenia, con una mortalità molto alta.
Complessivamente quindi, la ICL si può manifestare con un ventaglio di quadri clinici con forme
più
ricorrenti
ed
altre
che
ne
rappresentano
una
varia
combinazione.
Il quadro clinico dipende essenzialmente dal tipo di tessuto interessato e dal grado di implicazione
funzionale di questo interessamento.
L’osso è interessato in circa l’80% dei casi. Una tumefazione dolente è spesso il primo riscontro,
specie nelle forme localizzate. Cranio, vertebre, bacino, ossa lunghe sono più spesso coinvolte; al
contrario, è quasi eccezionale l’interessamento di mani e piedi. A volte potrà essere presente un
tessuto proliferante adiacente a lesioni osteolitiche, che può dare origine a tumefazioni più o meno
dolenti; è importante ricordare che l’erosione mastoidea si camuffa da otite persistente, cui quindi il
pediatra dovrà porre un’attenzione specifica. Meno insidiosa, in quanto più immediatamente
riconoscibile, è la tumefazione intra- o peri-orbitaria che può condurre fino ad una vera e propria
protusione dell’occhio, segno meritevole sempre di grande attenzione.
DIAGNOSI
L’approccio diagnostico deve iniziare con la radiografia, che mostra aree litiche irregolari, con o
senza tumefazione locale (granuloma eosinofilo).
Il riscontro d’aree osteolitiche deve suggerire al pediatra l’invio del bambino al pediatra-oncologo,
che completerà la ricerca di altre localizzazioni, anche non sintomatiche e procederà alla biopsia del
tessuto. La diagnosi definitiva di ICL è sempre istologica.
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La cute è interessata in un terzo dei casi, più spesso nelle pieghe, al capo ed in regione lombosacrale. L’aspetto può essere quello della dermatite seborroica, con cui spesso viene scambiata.
Nei casi in cui la malattia è solo cutanea, essa va incontro, nella maggior parte dei casi, a
regressione spontanea nel corso di settimane o mesi.
Compito specifico del pediatra-oncologo che valuta un bambino con diagnosi di ICL all’esordio è
quello di esplorare la possibilità di localizzazioni ulteriori, poco o non manifeste. Andranno
ricercate infiltrazioni a carico di quelle che possono essere altre sedi usuali. Poliuria e polidipsia
(anche 6-8 litri al giorno) sono le manifestazioni del diabete insipido (DI), malattia molto rara nei
bambini, ma caratteristicamente associata alla istiocitosi.
Fortunatamente, è molto meno frequente nel bambino un interessamento del fegato, del polmone o
dela milza. Si tratta nella maggior parte dei casi, di bambini con malattia disseminata.
Occasionalmente, una linfoadenomegalia anche isolata (solitamente laterocervicale) diventa il
quadro clinico principale della Istiocitosi.
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PROGNOSI E TERAPIA
La singola lesione istiocitaria tende a stabilizzarsi, dopo un periodo di acuzie e quindi ad andare
incontro, entro un periodo di tempo assai variabile, alla risoluzione spontanea. Purtroppo, prima
della sua evoluzione favorevole, è possibile che il tessuto interessato, ad esempio l’osso, vada
incontro ad un danno: ad esempio, una lesione osteolitica in una regione sottoposta a carico può
essere responsabile di una frattura patologica e quindi, di consolidamento con deformità.
Addirittura, alcune localizzazioni vertebrali possono divenire immediatamente pericolose.
Altrettanto si può dire per lesioni a carico di parenchimi nobili, in cui l’evoluzione fibrotica può
essere tardiva o comunque, lesiva della funzione. Obbiettivo del trattamento quindi è sempre quello
di accelerare il processo di guarigione del focolaio infiammatorio, prevenendo anche, se possibile,
la sua cicatrizzazione estesa.
In base a quanto detto, si può comprendere come la ICL infantile localizzata, solitamente a carico di
osso o cute, non sia mai mortale e solitamente guarisca spontaneamente dopo un periodo variabile
di attivazione/riattivazione.
Obbiettivo del trattamento dovrebbe essere quello di limitare i disturbi come dolore e prurito o le
possibili sequele invalidanti, specie a carico dell’osso. Solo in casi selezionati, sono utili terapie
locali. Tra queste certamente, protagonista è il curettage chirurgico, trattamento essenziale delle
lesioni osteolitiche. Ad esso, può essere aggiunta la instillazione intra-lesionale di farmaci antiinfiammatori, specie steroidi. Questa procedura diventa sempre più comune, grazie alla
collaborazione con ortopedici sensibilizzati nella conoscenza della malattia.
La radioterapia, assai largamente adottata in passato, è certamente efficace nel controllo della
lesione osteolitica, ma si associa inevitabilmente ad una morbidità, spesso inaccettabile per il
piccolo paziente in età evolutiva. Deformità facciali o del tronco oggi visibili in pazienti trattati
alcune
decadi
or
sono
rimangono
un
monito
per
i
trattamenti
attuali.
L’applicazione di mostarda azotata sulle lesioni cutanee è stata suggerita dalla scuola inglese diversi
anni fa. Per quanto richieda precauzioni evidenti nella preparazione e nella somministrazione, la sua
efficacia è certa, talora addirittura sorprendente e quindi, va considerata come una opzione in casi
molto selezionati.
E’ importante chiarire che la riattivazione di malattia, specie a carico di osso e cute, avverrà nella
maggioranza dei casi, ma non andrà interpretata come un segno di prognosi meno favorevole e
potrà in alcuni casi ancora essere trattata con terapie locali mentre terapie sistemiche andranno
eseguite solo in caso di estensione della malattia ai parenchimi nobili, evenienza del tutto
infrequente come evoluzione secondaria di malattia localizzata. L’istiocitosi multifocale che non
coinvolge fegato, milza, polmone, tessuto emopoietico, parenchima cerebrale e non è praticamente
mai associata ad un rischio di mortalità, da progressione di malattia, richiede un trattamento
sistemico non aggressivo con Vinblastina e Prednisone per un periodo di 1 anno circa e ha una
prognosi buona.
Ben diversa è la situazione nel caso di ICL disseminata, il cui trattamento, almeno inizialmente, è,
comunque, un trattamento chemioterapico non aggressivo ancora con la combinazione di
vinblastina + prednisone.
La risposta al trattamento con questa combinazione per sei settimane acquista un valore prognostico
molto forte, permettendo di identificare rapidamente pazienti con prognosi altamente sfavorevole.
In questi casi refrattari alla terapia iniziale, gravati di una mortalità elevata, si adottano
chemioterapie alternative che possono comprendere il trapianto di cellule staminali emopoietiche.
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Sequele della Istiocitosi
Le sequele ortopediche od endocrinologiche, o epatiche o polmonari, rappresentano uno dei motivi
di maggiore rilievo nell’assistenza ai bambini con ICL. Lesioni osteolitiche o trattamenti radianti
possono essere causa di deformità ossee talora limitanti. Il DI non è guaribile e necessita di terapia
sostitutiva.
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