1 3. Elementi impropri e proprietà dello spazio ampliato con

Geometria euclidea, affine e proiettiva – anno acc. 2007/08
3 ottobre 2007
3. Elementi impropri e proprietà dello spazio ampliato con elementi impropri
Come si è ricordato, secondo la teoria della Prospettiva elaborata dai pittori rinascimentali, la
rappresentazione di un oggetto in una pittura si ottiene come intersezione del piano del quadro con
la piramide formata dai raggi visivi (la piramide visiva), che congiungono l’occhio del pittore con i
punti della figura da ritrarre.
La tecnica della prospettiva richiede dunque l’uso ripetuto di due operazioni fondamentali: la
proiezione e la sezione.
Proiettare da un punto O (centro di proiezione) una figura F significa costruire le rette che
congiungono O con tutti i punti di F; segare o sezionare con un piano σ una figura P composta di
rette significa determinare i punti comuni al piano e a tali rette, ottenendo la sezione o traccia di P
su σ. Le due operazioni di proiezione da un punto O e di sezione con un piano σ, eseguite in
successione, costituiscono la proiezione dal centro O sul piano σ.
Nel caso semplice in cui la figura sia una retta, i raggi visivi che congiungono l’occhio con i punti
della retta giacciono in un piano, che, se non è parallelo al piano del quadro, lo taglia in un’altra
retta. Nei termini introdotti sopra: la proiezione di una retta su un piano è una retta.
Se si considerano due rette parallele, i piani che le proiettano si intersecano in una retta; tagliando i
due piani con il quadro si ottengono due rette che si incontrano. Si spiega così come possa accadere
che due rette parallele siano rappresentate nel quadro da due rette che si intersecano in un punto
(detto punto di fuga); o, in altre parole, che le proiezioni di due rette parallele siano due rette
incidenti.
Il punto di fuga si può pensare come immagine di un punto che si trova molto lontano, dove
convergono le due rette parallele.
Si giustifica così l’introduzione di un nuovo elemento su ogni retta, il punto all’infinito (o
improprio), che si può identificare con la direzione della retta: esso è, per definizione, comune alla
retta e a tutte le sue parallele.
Ne segue che:
comunque si scelgano due rette complanari, distinte, esse si intersecano in un punto, che può
essere proprio o improprio.
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Geometria euclidea, affine e proiettiva – anno acc. 2007/08
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Inoltre, con l’introduzione dei punti impropri diviene bigettiva la corrispondenza α, tra una retta r e
la sua immagine r’ nel quadro, che si stabilisce facendo corrispondere ad un punto qualsiasi P di r
il punto P’ in cui r’ è tagliata dalla retta che congiunge l’occhio O con P (cioè il punto P’ che è la
proiezione di P da O su r).
Dimostriamo che α è ben definita per ogni punto di r ed è iniettiva e surgettiva. Chiamiamo:
L il punto in cui r incontra la retta per l’occhio parallela a r’ ,
L’ il punto in cui r’ incontra la retta per l’occhio parallela ad r ,
R∞ , R’∞ i punti impropri rispettivamente di r ed r’.
Per ogni punto P≠L, l’operazione di proiezione di P da O determina univocamente P’= α(P); per
ogni Q’ ≠ L’ , la retta OQ’ interseca r in un solo punto Q tale che α(Q) = Q’; inoltre:
α(L) = R’∞ , α(R∞) = L’.
c.v.d.
L’insieme di tutti i punti all’infinito delle rette giacenti in un piano β costituisce la retta impropria
del piano β.
Questa definizione è coerente con la geometria elementare; infatti, tagliando due piani paralleli con
un piano si ottengono rette parallele, il cui punto improprio deve trovarsi su entrambi i piani
paralleli. Due piani paralleli, perciò, devono contenere i punti impropri di tutte le loro rette, quindi
hanno in comune una retta impropria.
Ne segue che:
comunque si scelgano due piani, distinti, essi si intersecano in una retta, che può essere propria
o impropria.
Tutte le rette improprie dello spazio costituiscono il piano improprio.
Nel seguito, chiameremo “propri” gli elementi dello spazio usuale.
Si estendono agli elementi impropri proprietà valide per quelli propri, a cominciare dagli
assiomi su cui è fondata la geometria di Euclide. Ne esaminiamo in dettaglio alcuni, riformulandoli
in termini moderni.
I. Due punti distinti appartengono ad una sola retta.
Verifichiamo che l’affermazione è valida anche se uno o tutti e due i punti sono impropri.
• Se P è un punto proprio e Q è un punto improprio (direzione di un fascio di rette parallele),
esiste una sola retta per P con la direzione di Q (postulato della parallela).
• Se entrambi P,Q sono impropri, la retta che li contiene è la retta impropria dei piani che
sono paralleli ad entrambe le direzioni assegnate.
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II. Un punto ed una retta che non contenga il punto individuano un piano che li contiene
entrambi.
Verifichiamo che l’affermazione è valida anche se alcuni elementi sono impropri.
• Se P è un punto proprio e r una retta impropria (giacitura di un fascio di piani paralleli),
esiste un solo piano per P con la giacitura di Q (si possono scegliere due direzioni
appartenenti alla giacitura Q e considerare il piano delle due rette per P che hanno quelle
direzioni).
• Se P è un punto improprio e r una retta propria, tra tutti i piani passanti per r esiste un solo
piano parallelo alle rette aventi la direzione di P.
• Se P ed r sono entrambi impropri, appartengono al piano improprio dello spazio.
I geometri del XIX secolo osservarono che alcune proposizioni come queste - riguardanti le
relazioni di reciproca appartenenza tra punti, rette, piani, e valide per elementi propri ed impropri
senza distinzione - possono essere prese a fondamento della teoria geometrica che si era andata
sviluppando intorno allo studio della prospettiva. Nacque così, ad opera di Moebius, Steiner,
Chasles, Staudt, la geometria proiettiva sintetica, costruita come una teoria assiomatica.
Una teoria assiomatica è costituita di tutte le conseguenze logicamente deducibili (teoremi) e degli
oggetti costruibili (definizioni) a partire da:
• Termini e relazioni primitivi (cioè, non definiti); nel caso specifico: punti, rette, piani,
relazione di appartenenza.
• Assiomi, cioè proposizioni che riguardano relazioni e termini primitivi e che sono prese
come base della teoria (non sono dimostrate).
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