Terapia farmacologica del dolore 1) PREMESSA Il dolore può essere definito come un’esperienza sensoriale ed emotiva sgradevole associata ad un danno tissutale in atto o potenziale ovvero descritto come tale. Il dolore legato alle patologie tumorali può essere acuto, cronico o intermittente e spesso riconosce una precisa eziologia, generalmente riconducibile alla recidiva del tumore o al trattamento dello stesso. Il dolore cronico di origine neoplastica, a differenza del dolore acuto, può non accompagnarsi a segni di attivazione del sistema nervoso autonomo (tachicardia, ipertensione, sudorazione algida, midriasi e pallore). La mancanza di segni obiettivi può indurre il medico a misconoscere il dolore del paziente. La terapia oncologica si basa sulle linee guida stabilite dall’OMS (1966) secondo un percorso di scelta articolato in tre livelli, ciascuno dei quali è basato sull’intensità del dolore che proprio per questo va attentamente e ripetutamente misurato. In una scala da 1 a 10, il dolore compreso tra 1 e 3 è definito come dolore lieve, quello tra 4 e 6 dolore moderato e quello tra 7 e 10 come dolore severo (vedi la scala analgesica OMS = fig.4 del 2° volume Ravizza). 2) TERAPIA A GRADINI DEL DOLORE 1. Analgesici non oppioidi (FANS ed adiuvanti) • se il dolore persiste aggiungere oppioidi deboli • se il dolore persiste aggiungere oppioidi forti. Esistono regole precise e definite per la somministrazione dei farmaci in caso di dolore persistente ed esse vanno sempre rispettate indipendentemente dalla potenza farmacologica o dalla classe di farmaci usati: a) b) c) d) e) f) g) evitare sempre l’uso del placebo; somministrare il farmaco ad orari fissi; decidere il farmaco da somministrare seguendo i gradini della scala analgesica; individualizzare il trattamento; controllare l’efficacia dei risultati e gli effetti collaterali; fare uso quando necessario di farmaci adiuvanti; somministrare preferibilmente per bocca (se possibile). Per ragionevole controllo del dolore s’intende l’aver eliminato, se non del tutto il dolore, almeno quello che influisce in modo significativo sulla qualità di vita del paziente. Per il raggiungimento di tale obiettivo si deve tenere conto del tempo necessario affinché il farmaco svolga appieno la sua azione antalgica: essa è in funzione della dose, della via di somministrazione, del suo picco di azione, della sua emivita e del tempo impiegato a raggiungere lo steady state che normalmente va da 4 a 5 emivite. Dopo che è trascorso il tempo utile a permettere al farmaco di svolgere appieno la sua azione analgesica, se il paziente riferisce uno scarso o inefficace controllo del dolore si deve aumentare progressivamente il dosaggio del farmaco che si sta utilizzando, o aumentando la quantità della singola dose o riducendo l’intervallo tra le dosi, fino al massimo dosaggio efficace consentito. Non si deve salire oltre il dosaggio massimo, sia perché alcuni di questi farmaci hanno un effetto tetto e sia perché il rischio di effetti collaterali non giustifica l’ulteriore vantaggio analgesico che si può ottenere. In alcuni casi può essere utile provare a sostituire il farmaco analgesico con un altro principio attivo dello stesso gradino, esistendo una differente risposta individuale a farmaci di pari efficacia analgesica, ma questa procedura non deve essere ripetuta e non deve ostacolare il passaggio al gradino successivo, cioè a farmaci più potenti. Pagina 1 di 8 Terapia farmacologica del dolore 3) ANALGESICI NON OPPIOIDI Comprendono ASA, paracetamolo e FANS. Differiscono dagli analgesici oppioidi morfinosimili per i seguenti aspetti: 1. Presentano un effetto tetto di analgesia. 2. Non producono tolleranza o dipendenza fisica e psicologica. 3. Sono antipiretici. Il loro meccanismo primario di azione è legato all’inibizione dell’enzima ciclossigenasi a livello periferico (mentre il paracetamolo agisce sulle ciclossigenasi a livello cerebrale) con conseguente inibizione della sintesi delle prostaglandine, responsabile della sensibilizzazione agli stimoli dolorosi delle fibre nervose periferiche e dei neuroni sensitivi del sistema nervoso centrale. L’aspirina si lega in maniera irreversibile alla ciclossigenasi, (gli altri FANS in modo reversibile ma è necessario comunque un tempo pari a cinque volte l’emivita di eliminazione per annullarne l’effetto) E’ inadatta per il trattamento del dolore neoplastico. Il paracetamolo è un composto non salicilato dotato di un potere analgesico e antipiretico simile a quello degli ASA, ma sprovvisto di proprietà antiaggreganti e di spiccate proprietà antinfiammatorie e non danneggia la mucosa gastrica. Sebbene sia ben tollerato alle dosi raccomandate, vale a dire fino a 4000 mg /die, un’overdose acuta può causare necrosi epatica. I pazienti alcolisti o epatopatici possono manifestare epatotossicità severa anche per gli abituali dosaggi terapeutici. I FANS inibiscono l’enzima ciclossigenasi e pertanto la sintesi delle prostaglandine. Esistono due forme di ciclossigenasi: COX 1, presente a livello dei vasi sanguigni, dello stomaco e del rene che produce prostaglandine necessarie all’omeostasi cellulare; COX 2, indotta nei tessuti periferici dopo trauma o infiammazione e produce prostaglandine responsabili della catena dell’infiammazione. I FANS attualmente utilizzati agiscono su entrambi gli isoenzimi bloccando la sintesi delle prostaglandine. Pertanto l’inibizione di COX 1 si andrebbe ad associare agli effetti gastrolesivi e nefrotossici, mentre l’inibizione di COX 2 produrrebbe gli effetti terapeutici. Attualmente sono disponibili inibitori COX 2 selettivi (celecoxib, rofecoxib, ecc.), che hanno dimostrato una buona attività antinfiammatoria, mentre l’efficacia antalgica appare ancora controversa. COX 2–inibitori di seconda generazione, presto disponibili anche in Italia, sembrano in grado di garantire una analgesia di grado più elevato. Non c’è una classe di FANS più efficace dell’altra: ciascun paziente può mostrare una risposta variabile ai diversi FANS. Pertanto se un paziente con dolore cronico presenta una scarsa risposta a uno di questi somministrato a massimo dosaggio terapeutico è possibile sceglierne in alternativa un altro ma, come già detto, questa procedura non deve essere ripetuta più volte, procrastinando il passaggio al gradino superiore. Nel loro uso vanno ben tenuti presenti il danno gastrico (associare inibitori di pompa, eventualmente) le alterazioni ematologiche e gli effetti sulla funzione renale (specie nei pazienti anziani). Es. Ibuprofene (BRUFEN) da 200 a 600 mg ogni 4/6 ore. Naprossene sodico (SYNFLEX FORTE) 550 mg iniziali seguiti da 275 mg ogni 6 /8ore. Diclofenac 50 mg ogni 8 ore. 4) FARMACI ADIUVANTI I farmaci adiuvanti analgesici sono tutti quei farmaci che, con meccanismi anche molto diversi, potenziano l’effetto di FANS e oppioidi, e comprendono: a) i corticosteroidi il cui uso è pressoché costante e la loro efficacia dipende dall’azione sulla componente infiammatoria presente in ogni tipo di tumore, e da quella antiedemigena, in quanto Pagina 2 di 8 Terapia farmacologica del dolore intervengono nella riduzione dell’edema congestizio delle strutture nervose infiltrate dal tumore. La loro azione stimolante l’appetito e la cenestesi si traduce spesso in miglioramento della qualità di vita. D’altra parte in terapie molto protratte si possono riscontrare insonnia, irritabilità e psicosi oltre alla facies cortisonica. Il loro impiego richiede sempre gastroprotezione e spesso sedazione notturna e diuretici. I più impiegati sono betametasone (BENTELAN) e desametasone (SOLDESAM). b) gli adiuvanti antiepilettici (carbamazepina), anticonvulsivanti (gabapentin), gli antidepressivi triciclici (amitriptilina), vengono usati nel trattamento del dolore neuropatico. Questo è legato all’irritazione, infiltrazione o compressione di strutture nervose periferiche o di nervi cranici e si manifesta con sensazione urente o iperestesia termica e meccanica (bruciori, formicolii, punture di spillo, etc ). Non vengono mai usati da soli ma sempre in associazione ad oppioidi FANS, oltre che cortisone. Secondo alcuni autori gli oppioidi sono efficaci nel dolore neuropatico solo a dosaggi così elevati da provocare l’insorgenza di effetti collaterali prima dell’effetto analgesico. Carbamazepina (TEGRETOL) agisce a dosaggi inferiori rispetto a quelli impiegati nella profilassi delle crisi epilettiche: alla dose di 200/300 mg /die viene usato nelle plessopatie e nei dolori nevralgici da invasione neoplastica di strutture cranio basilari. Il suo limite principale è l’effetto leucopenizzante oltre alla epatotossicità. Gabapentin (NEURONTIN), anticonvulsivante di ultima generazione, agisce elettivamente sul sintomo allodinia (dolore provocato da uno stimolo non nocivo su cute sana) e su particolari sindromi come quella perineale da infiltrazione del parasimpatico pelvico. Schema terapeutico de Gabapentin • Dose iniziale 100mg.x3 • In terza giornata 200mg.x3 • In sesta giornata 300mg,x3 Fino a 1800mg/ die (in casi selezionati) • Sia la carbamazepina che il gabapentin agiscono con un meccanismo di stabilizzazione della membrana nervosa di sistemi cellulari del SNC. L’amitriptilina è il farmaco d’elezione tra gli antidepressivi triciclici che vengono molto usati nel dolore caratterizzato da lesioni infiltrativo-erosive di plessi nervosi somatici o simpatici (sindromi deafferentative). Agisce potenziando l’azione delle vie inibitorie discendenti, sia serotoninergiche che noradrenergiche. Si può usare in monosomministrazione serale in dosi crescenti fino a 50 mg (25 gtt) oppure alla dose di 1 goccia ogni 10 kg (1 gtt = 2mg) 2 volte /die. Può essere associata nelle situazioni più complesse sia alla carbamazepina che alla morfina, tenendo conto della notevole sinergia. Effetti collaterali riguardano la sua azione anticolinergica (secchezza della bocca, ritenzione urinaria, stipsi) e la sua azione sedativa ed ipotensiva. E’ controindicata nelle coronaropatie e nei disturbi di conduzione perché può provocare aritmie ventricolari. Negli anziani il suo impiego è limitato perché a causa dei suoi importanti effetti colinergici (disturbi minzionali e visivi di accomodamento). Nella gestione domiciliare del paziente con dolore neuropatico è preferibile conoscere bene l’applicazione di uno o due schemi terapeutici. Esempi : 1) amitriptilina e gabapentin a dosaggi parallelamente crescenti oppure; 2) carbamazepina e amitriptilina in monodose serale a dosaggi crescenti. Nei pazienti con notevoli effetti collaterali ad oppioidi (disforia, nausea) sono essenziali i derivati della promazina; il più usato è l’aloperidolo nella formulazione in gocce (da 0,5 mg a 2 mg tre volte al giorno ->10 gocce = 1mg.) Pagina 3 di 8 Terapia farmacologica del dolore 5) ANALGESICI OPPIOIDI: PREMESSE Terminologia Gli OPPIACEI sono farmaci derivati dall’oppio che includono la morfina, la codeina ed una grande varietà di composti semisintetici derivati da questi ultimi e dalla tebaina, un altro componente dell’oppio. La letteratura anglosassone ha adottato come termine più generale, utilizzando per tutti i composti agonisti ed antagonisti con attività morfinosimile come pure per i peptidi oppioidi naturali e sintetici, quello di OPPIOIDE. Il termine ENDORFINA è un nome generico che si riferisce alle tre famiglie di peptidi oppioidi endogeni: le encefaline, le dinorfine e le beta-endorfine. Recettori multipli degli oppioidi Esistono prove convincenti circa l’esistenza delle tre principali classi di recettori degli oppioidi all’interno del SNC denominati mu, k e delta, come pure vi sono indicazioni di sottotipi di recettori all’interno di ogni classe. Studi di legame recettoriale rivelano differenti profili di selettività per ogni classe, mentre studi funzionali hanno stabilito il loro particolare profilo farmacologico. La morfina presenta alta affinità per i recettori mu su cui ha una potente azione agonista (+++), non agisce sui recettori delta ed ha una scarsa attività sui recettori K1 e K3 dove ha una debole azione agonista (+). Il fentanyl agisce solo sui recettori mu con attività agonista elevata (+++). La buprenorfina ha una azione agonista parziale sui recettori mu, una azione non adeguata sui recettori delta e K3 ed una discreta azione antagonista sui recettori K1. Inoltre, studi di tipo autoradiografico hanno dimostrato particolari distribuzioni, per ogni classe recettoriale, a livello del cervello e del midollo spinale. E’ necessario sottolineare il fatto che farmaci relativamente selettivi quando utilizzati a dosi standard, sono in grado di interagire con ulteriori sotttotipi recettoriali se somministrati a dosi sufficientemente elevate. Recettori mu La morfina può svolgere effetti analgesici agendo sia a livello spinale (recettori mu2) che sovraspinale (recettori mu1). Quando si somministra morfina per via sistemica, questa agisce in modo prevalente attraverso i recettori mu1 a livello sovraspinale. Si ritiene che sia la depressione respiratoria che la stipsi provocate dall’inibizione del transito gastrointestinale siano risposte mediate dai recettori mu2. Recettori kappa I recettori K1 producono analgesia agendo a livello spinale, i recettori K3 agendo a livello sovraspinale. Non sono stati ancora identificati antagonisti selettivi per i K3 anche se questi vengono antagonizzati da numerosi antagonisti degli oppioidi. Le proprietà farmacologiche dei recettori K2 sono sconosciute. Recettori delta L’analgesia mediata dai recettori delta avviene sia a livello spinale che sovraspinale , sebbene il sistema spinale sembri essere più consistente 6) OPPIOIDI DEBOLI Sono rappresentati da: Buprenorfina (TEMGESIC), codeina (in Italia presente solo in associazione con paracetamolo), diidrocodeina e tramadolo (CONTRAMAL, FORTRADOL) Buprenorfina (TEMGESIC cpr sl 0,2 mg ; fiale im ev da 0,3 mg /1 ml ) Ottimo assorbimento sub linguale, ha un effetto agonista-antagonista (agonista sui recettori delta, Pagina 4 di 8 Terapia farmacologica del dolore agonista parziale sui recettori mu, effetto antagonista recettori k) per cui non va mai associata alla morfina. Può causare effetti collaterali importanti a livello del SNC in particolare negli anziani, che possono dissociarsi. Induce dipendenza. Dose sub linguale 0,4 mg che equivale a 0,3 i.m., effetto massimo dopo 3 ore, durata di azione 6-9 ore. Dosaggio massimo 1,2 mg per via sublinguale , 1 mg per via i.m.. Effetto tetto tra i 3 e i 5 mg al giorno. Il naloxone è relativamente inefficace nel far regredire una depressione respiratoria severa indotta dalla buprenorfina. Inoltre la indisponibilità di un antidoto efficace per le emergenze è per molti motivo sufficiente per preferirle la morfina (il suo largo impiego degli anni passati era dovuto al fatto che per la ricettazione non occorreva il ricettario per gli stupefacenti ). Inoltre il passaggio da buprenorfina a morfina può creare per alcune ore problemi di minor efficacia antalgica di quest’ultima (“finestra analgesica”) a causa della parziale saturazione dei recettori per competizione sullo stesso sito attivo della buprenorfina, che li rende parzialmente indisponibili per sviluppare appieno l’efficacia analgesica prevista dalla morfina. Nei soggetti non più responsivi al trattamento con buprenorfina l’OMS consiglia che la dose iniziale di morfina dovrebbe essere 100 volte quella della dose giornaliera totale di buprenorfina utilizzata. La dose giornaliera totale di morfina così ottenuta va poi suddivisa in dosi singole a rapido rilascio da somministrare ogni 4 ore. Altri esperti preferiscono, invece, iniziare con dosi inferiori riaggiustando frequentemente la posologia della morfina fino a raggiungere un controllo soddisfacente del dolore. Tramadolo E’ un oppioide atipico in quanto agisce a più livelli in modo sinergico: a) possiede proprietà di agonista oppioide con bassa affinità per i recettori delta, K e mu. b) inibisce la ricaptazione della noradrenalina e della serotonina a livello delle sinapsi cerebrali. c) Picco plasmatico dopo 2 ore, emivita di 5-6 ore, biodisponibilità del 70% e durata di azione di 4-6 ore, dosaggio massimo 400 mg/die. d) L’efficacia analgesica è molto simile a quella della codeina e dei codeinosimili; somministrata per bocca ha una potenza pari ad 1/12 della morfina , per via i.m. a 1/10. Effetti collaterali: nausea, vertigini, stipsi, sedazione, cefalea e, specie se si superano i 400 mg/ die, riduzione della soglia epilettica (non somministrare in pazienti con storia di epilessia e, a dosaggi elevati, insieme a farmaci che abbassano tale soglia, quali antidepressivi triciclici ed inibitori del reuptake della serotonina). Non sono stati segnalati fenomeni di tolleranza, dipendenza fisica e psicologica. Schema di utilizzo Inizio terapia: - 1 fiala da 50 o 100 mg im/ev, - 20 gocce (= 50 mg ) o 1 cps da 50 mg tre volte al giorno secondo l’intensità del dolore; Se il dolore persiste: - 40 gtt o 2 cps fino a 4 volte/die, 1 supposta da 100 mg fino a 4 volte al giorno; Terapia a lungo termine: - 1 cpr SR da 100 mg a cessione prolungata fino a quattro volte al giorno. Pagina 5 di 8 Terapia farmacologica del dolore AA VV suggeriscono che sia sensato, in un paziente con dolore non controllato da 400 mg/die di tramadolo, sostituire il farmaco con un dosaggio di morfina di 10-20 mg ogni 4 ore. Codeina Oppioide naturale derivato dall’oppio, derivato metilato della morfina, per cui è anche chiamata metilmorfina. Il suo effetto è mediato dal recettore mu per il quale ha una affinità molto inferiore a quello della morfina. L’effetto analgesico è dovuto alla sua conversione in morfina: la sua azione è quindi limitata dalla capacità massima individuale di metabolizzare la metil-morfina in morfina (sarebbe questo il motivo per cui alcuni pazienti non rispondono affatto alla metil-morfina). Non presente come tale in commercio in Italia, ma solo in associazione con il paracetamolo (es. COEFFERALGAN, TACHIDOL). In associazione con il paracetamolo sfrutta l’effetto sinergico su due vie, con “ sparing effect” dell’oppioide. 7) OPPIOIDI FORTI Generalità da sapere Gli oppioidi esercitano il loro effetto attraverso 1) inibizione delle afferenze primarie somatosensoriali del corno posteriore, 2) inibizione delle afferenze somatosensoriali a livelli sovraspinali, 3) attivazione delle le vie inibitorie discendenti. Sono poco o nulla efficaci sul 1)dolore somatico da ulcere muco-cutanee, 2) sul dolore incidente, 3) sul dolore viscerale da distensione, 4) sul dolore neuropatico. Non esistono dosi standard: la dose giusta è quella che allevia il dolore; il dosaggio, la via di somministrazione, il tipo sono personalizzati in funzione delle caratteristiche del dolore, dell’età del pz, delle condizioni mediche concomitanti, del luogo di cura e dei sistemi di somministrazione disponibili. Quando possibile preferire sempre la somministrazione orale. La dose può essere aumentata del 30-50% ogni 24-48 ore fino alla dose ottimale che controlla il dolore e/o fino alla comparsa di effetti indesiderati insopportabili o mal controllabili; va somministrata sempre ad intervalli adeguati e mai al bisogno. Nausea, vomito e sonnolenza sono effetti indesiderati iniziali, mentre la costipazione continua nel tempo e tende ad accentuarsi, per cui deve essere trattata fin dall’inizio con emollienti ed aumentando l’apporto idrico. Per prevenire la sindrome da sospensione si devono evitare brusche sospensioni del farmaco, riducendo gradualmente la dose fino alla completa sospensione. Quando usata a dosi analgesiche la morfina non dà fenomeni di dipendenza psicologica. Tuttavia non deve essere interrotta bruscamente, perché tale sospensione può scatenare crisi di astinenza. Si può associare agli opportuni adiuvanti potenziandone l’effetto analgesico. Insonnia, ansia e depressione vanno trattate tempestivamente. Dare sempre informazioni chiare e precise ai familiari ed ai pazienti stessi sullo schema di trattamento con oppioidi forti. Pagina 6 di 8 Terapia farmacologica del dolore Morfina E’ l’oppioide più usato del III gradino ed è il farmaco di scelta nel dolore neoplastico da moderato a severo. L’assorbimento, dopo somministrazione orale avviene a livello del tratto superiore del piccolo intestino; la sua emivita è di 2-3 ore mentre l’efficacia analgesica è di 4-6 ore. Viene metabolizzata per il 90% a livello epatico in due metaboliti: morfina-3-glucuronide (che ha effetti eccitatori ed è responsabile di alcuni effetti collaterali, quali allodinia, iperalgesia e mioclono) e morfina6-glucuronide; solo quest’ultimo sembra essere capace di svolgere attività antalgica legandosi ai recettori mu. Solo il 30% della dose somministrata per os raggiunge il circolo sistemico; la sua escrezione avviene essenzialmente per via renale, attraverso la filtrazione glomerulare, in funzione della clearance della creatinina, mentre solo il 10% ha eliminazione biliare: attenzione quindi ai casi di insufficienza epatica e renale dove bisogna ridurre la dose al 50%. Il fattore di conversione tra morfina iniettabile e morfina orale è 1:3 (es. 10 mg e.v = 30 mg p.o.). E’ sempre preferibile utilizzare la somministrazione orale (sciroppo o gocce) ed aumentare la dose in modo graduale (ogni 24-48 ore). Morfina orale: sciroppo o gocce a rilascio immediato (IR) particolarmente utile nelle prime fasi del trattamento; discoidi a rilascio lento (SR) indicata nelle fasi di mantenimento. Nella titrazione utilizzare, se possibile, morfina IR: 10 mg ogni 4 ore (50% se insufficienza renale o epatica, pz>70 aa, o pz. naiv. Esempio: 10 mg x 6; se non sufficiente, dopo 24 ore (se dolore insostenibile), o dopo 48 ore (se dolore non ben controllato) si aumenta a 15mg x 6, ed a seguire 20 x 6 30 x 6 - 45 x 6 – 60 x 6, in pratica si aumenta circa del 50% la dose che non è stata efficace. Trovata la dose efficace si può passare alla morfina SR dividendo la dose totale per 2, prescrivendo due somministrazioni die, anche se l’esperienza dice che è meglio dividere per tre e prescrivere tre somministrazioni die. Dosi morfina orale: gocce 4 gtt = 5 mg, 8gtt =10 mg, 16 gtt = 20 mg, sciroppo 1 ml = 2mg, 5 ml= 10mg, etc. Prodotti : ORAMORPH gocce o sciroppo; MS CONTIN; Discoidi. BREAKTHROUGH PAIN: è definito come una transitoria esacerbazione del dolore che insorge in un paziente, altrimenti con buon controllo del dolore, in terapia cronica con oppioidi. Durante la titrazione una dose piena (uguale a quella impostata) deve essere usata come “rescue dose”, cioè di soccorso tante volte quanto richiesto dal breakthrogh pain. La registrazione delle dosi richieste per la rescue sarà usata per aggiustare la successiva dose giornaliera (es. dosi breakthrough pain mg/die + dosi programmate die = nuova dose die: 6 = nuova dose ogni 6 ore). (La somministrazione venosa prevede l’infusione continua di morfina attraverso un elastomero, con dosi variabili tra 20 e 50 mg/die. Tale somministrazione deve essere riservata a casi selezionati, non responders ad altri trattamenti.) Fentanyl Il fentanyl è un oppioide forte (da 75 a 100 volte più della morfina) che agisce prevalentemente sui recettori mu, recentemente utilizzato come analgesico nella formulazione transdermica (Durogesic), che dà la possibilità di cedere il farmaco a dosi costanti nelle 24 ore. Questa cessione è indipendente dalla sede di applicazione del cerotto, dall’età del paziente, dalla temperatura (anche se secondo alcuni l’aumento di temperatura della cute può aumentare la cessione) e dal flusso sanguigno. Viene evitato in questo modo l’effetto di primo passaggio epatico. E’ utilizzato prevalentemente in quei pz che hanno un buon controllo del dolore con dosi costanti di Pagina 7 di 8 Terapia farmacologica del dolore oppioidi, o che sono affetti da mucosità del cavo orale (trattamento temporaneo), o che sono affetti da tumori orali o faringei (trattamento definitivo). Dopo la prima applicazione bisogna attendere 12-18 ore per avere l’effetto analgesico; quindi bisogna coprire il pz con morfina orale durante questo periodo (es. somministrare 1 cp di morfina SR contemporaneamente alla applicazione del cerotto oppure morfina IR ogni 4 ore dalla sua applicazione). La durata d’azione si esplica per 72 ore (anche se alcuni casi necessitano del cambio di cerotto dopo 48 h); quando il cerotto viene rimosso la concentrazione plasmatica del farmaco si riduce al 50% in 17 ore (range 13-22 ore). Effetti collaterali sono comuni a quelli degli altri oppioidi maggiori, anche se alcuni hanno notato una riduzione della stipsi. Dosi equianalgesiche: non c’è unanimità di vedute, la casa produttrice allega una tabella di conversione che non è accettata dagli esperti, che propongono la seguente: MORFINA ORALE (ogni 4h) MORFINA ORALE (mg/die) FENTANYL TRANSDEMICO 5 - 20 30 – 120 25 25 – 35 150 – 210 50 40 – 50 240 – 300 75 55 – 65 330 - 390 100 70 - 80 420 - 480 125 85 - 95 510 - 570 150 (da R. Twycross, Sympton in advanced cancer) secondo altri MORFINA ORALE(mg) FENTANYL TRANSDERMICO (mg/h) 60 25 90 50 120 75 180 100 FENTANYL TRANSMUCOSO (lecca-lecca) ancora non disponibile, nome commerciale ACTIQ; indicato per titrazione e breakthrough pain perché agisce in 15-30 minuti rispetto ai 90 minuti circa della morfina orale (gocce o sciroppo). 19/02/2003 Supervisione: Prof. Consalvo Mattia Dr. Lamberto Bertucci Dr. Giampaolo Garufi Dr.ssa Meri Nannucci Dr. Domenico Quadrelli Pagina 8 di 8