Il fascismo in Italia
AUSTRIA
F R A N C I A
SV I ZZ E R A
5.1 Il tormentato
Alto Adige
Trentino
Cervignano
Bergamo
Trieste
Brescia
Fiume
Torino Milano
Rovigo
Istria
Ferrara
Cuneo Genova
Ravenna
D
Bologna
dopoguerra dell’Italia
Legnano
Savona Carrara
Pisa
Livorno
Zara
Faenza
Forlì Pesaro
Lucca
Senigallia
Ancona
Macerata
Arezzo
Siena
Teramo
Civitavecchia
Roma
a
lm
Sulmona
Foggia
Torre
Annunziata
I UGOSL AVIA
a
zi
a
Barletta
Bari
Brindisi
Taranto
Crotone
Palermo
Diffusione delle rivolte
contadine
Movimento di occupazione
delle terre
Principali manifestazioni
operaie e contro il carovita
Zone rivendicate dai
nazionalisti italiani
Messina
Reggio C.
Caltanissetta
Catania
Le tensioni sociali durante il «biennio rosso» (1919-1920)
inflazione: è il costante aumento del prezzo dei beni al
consumo, dovuto a cause diverse come la crescita del costo
delle importazioni o del costo del lavoro. Con l’inflazione cala
il potere d’acquisto di una moneta: con gli stessi soldi si
acquistano meno beni rispetto al passato.
La crisi economica
e occupazionale
Subito dopo la vittoriosa partecipazione alla
Prima guerra mondiale l’Italia precipitò in
una gravissima crisi economica e sociale.
Terminata l’emergenza bellica e le vantaggiose commesse statali, l’industria doveva
ritornare alla normale produzione dei tempi di pace, ma la disponibilità di denaro tra
gli italiani non era sufficiente a sostenere i
consumi. In questa situazione molte aziende furono costrette a diminuire i salari o addirittura a licenziare i lavoratori.
Inoltre, a causa del massiccio arruolamento di contadini, la produzione agricola
– cerealicola in particolare – era diminuita
considerevolmente. Il governo italiano, tuttavia, era impossibilitato a importare grano
dall’estero a causa di gravissimi problemi
finanziari. Infatti, le spese sostenute negli anni della guerra e i debiti contratti nei
confronti di Francia, Inghilterra e Stati Uniti
costringevano lo Stato a una politica di bilancio molto restrittiva.
Alla disoccupazione si aggiunse poi una
forte inflazione , con la generalizzata crescita dei prezzi dei prodotti, compresi i generi alimentari fondamentali, per esempio
il pane. Per molte famiglie divenne allora
difficile arrivare alla fine del mese.
La crisi sociale e il «biennio
rosso»
Protesta dei mutilati di guerra in piazza Colonna, Roma, 1921.
La crisi economica fu la causa di in una
drammatica crisi sociale. Milioni di reduci
trovarono enormi difficoltà a reinserirsi nella vita civile. Molti di essi non trovarono occupazione e le loro rivendicazioni divennero causa di grande instabilità. I contadini, ai
quali in tempo di guerra era stata promessa
l’assegnazione di terra coltivabile, sviluppa-
R. Guttuso, Marsigliese contadina (L’occupazione delle terre), 1947, Budapest, Museum of Fine Arts.
Luigi Sturzo alla Cattolica, 1921.
rono, in particolare al centro-sud, un vasto
movimento di occupazione dei latifondi:
essi si impadronivano delle terre non coltivate e vi si stabilivano per viverci.
Gli operai, dal canto loro, reagirono alla
chiusura delle fabbriche e alla diminuzione dei salari con una serie di scioperi senza precedenti in Italia. L’aumento del costo
della vita scatenò in molte città vere e proprie sommosse popolari, contenute a stento
dall’esercito.
Le proteste furono talmente violente e
prolungate che 1919 e 1920 passarono alla
storia in Italia come il «biennio rosso»: in
due anni, complessivamente, quasi 3,5
milioni di lavoratori scesero in sciopero. Il
biennio culminò nel settembre 1920 quando gli scioperanti occuparono oltre 600 fabbriche e ne interruppero la produzione. Si
trattò di una strategia promossa dalla Fiom,
la Federazione degli operai metallurgici, e
patrocinata dalla Cgdl, la Confederazione
generale del lavoro (socialista). Fu questo
il momento di massima tensione sociale,
durante il quale nelle aziende comparvero i
consigli di fabbrica nati sul modello sovietico: nell’opinione pubblica si diffuse il timore che anche nel nostro paese fosse sul punto di scatenarsi una rivoluzione socialista.
Partiti di massa ed élite
di governo liberali
La vecchia classe politica italiana incontrò
gravi difficoltà nel gestire questa esplosiva
conflittualità sociale.
Nel dopoguerra emerse l’importanza dei
partiti di massa, ben radicati nella società e in sintonia con le richieste del popolo.
All’inizio degli anni Venti gli iscritti del Partito socialista italiano aumentarono conside-
La composizione della Camera dei
Deputati nel 1919
Liberali e
democratici
di Centro
49,6%
Socialisti
(Psi)
30,7%
Partito
popolare
italiano (Ppi)
19,7%
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1915
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1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
1945
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Totalitarismi e democrazie in conflitto
vanni Giolitti. Proprio quest’ultimo fronteggiò la crisi del settembre 1920 rinunciando
all’uso della forza e favorendo con successo
la ricerca di un accordo tra lavoratori e industriali.
Tuttavia, l’esito della trattativa acuì la
spaccatura in seno al Partito socialista tra riformisti di Turati e rivoluzionari. Questi ultimi, guidati da Antonio Gramsci e Palmiro
Togliatti, al congresso socialista di Livorno
del gennaio 1921 decisero di abbandonare il
Psi e fondarono il Partito comunista d’Italia
(Pcdi), disponendosi a quella che ritenevano sarebbe stata la lotta finale contro il capitalismo. La scissione socialista ebbe come
risultato politico più rilevante il decisivo indebolimento della sinistra in un momento
in cui sarebbe stato necessario affrontare
con coesione il nascente fascismo.
Gabriele D’Annunzio parla ai legionari a Fiume, 1920.
L’impresa di Fiume
R. Brooks, Il poeta in esilio
(Gabriele D’Annunzio), 1912,
Parigi, Musée National d’Art
Moderne, Centre Pompidou.
Antonio Gramsci.
revolmente. Nel 1919 nacque inoltre il Partito popolare italiano, formazione politica
fondata dal sacerdote Luigi Sturzo e ispirata
dai principi del cattolicesimo democratico. Anche il Ppi si volgeva alla difesa degli
strati più deboli della società, promuovendo la distribuzione delle terre ai contadini,
una maggiore equità fiscale e il sostegno ai
lavoratori. A differenza del Psi, però, i popolari rifiutavano qualsiasi rottura traumatica
dell’ordine costituito.
L’avanzata di questi nuovi e grandi partiti
fu favorita dal nuovo sistema elettorale, che
assegnava un numero di seggi proporzionale ai voti ottenuti. Alle elezioni del novembre 1919, il Psi e il Ppi conquistarono infatti
rispettivamente 156 e 100 seggi, vale a dire
circa la metà dei 508 seggi della Camera dei
Deputati. Le radicali differenze ideologiche
tra Psi e Ppi rendevano tuttavia impossibile
la formazione di una alleanza di governo. La
guida dell’esecutivo fu quindi affidata ancora una volta ai vecchi politici liberali: prima
Francesco Saverio Nitti e poi di nuovo Gio-
Anche nel campo della politica estera gli
esecutivi del dopoguerra incontrarono considerevoli difficoltà. In particolare, a causa
della propaganda dei nazionalisti, si andava diffondendo la convinzione che l’Italia
avesse ricevuto una ricompensa non adeguata per la vittoria nella Grande guerra, in
altre parole che avesse ottenuto una «vittoria mutilata».
Una delle questioni più spinose era rappresentata dalla città di Fiume (abitata in
prevalenza da italiani) sulla quale avanzavano pretese sia l’Italia sia il nuovo Stato
di Iugoslavia. In questo clima di crescente
esaltazione nazionalistica maturò la cosiddetta «impresa di Fiume»: nel settembre
1919, alla testa di circa 9000 «legionari», il
poeta e scrittore Gabriele D’Annunzio occupò la città con un’azione di forza che divise
profondamente la politica italiana e determinò forti tensioni con lo Stato balcanico.
Giolitti, dopo aver cercato di convincere in
via pacifica D’Annunzio a desistere, visto il
rifiuto del poeta, ricorse ai colpi di cannone. Tuttavia, D’Annunzio e la sua milizia si
ritirarono solo nel gennaio 1921, dopo che
il Trattato di Rapallo fece di Fiume una città
libera (una sorta di città-stato). Fu necessario attendere fino al 1924 per la firma di
un accordo tra Italia e Iugoslavia in grado di
chiudere definitivamente la questione (assegnando Fiume all’Italia e concedendo il
territorio circostante alla Iugoslavia).
Crumiri fascisti durante lo sciopero della nettezza urbana, Roma, 1920.
5.2 Il fascismo al potere
Benito Mussolini
e i Fasci di combattimento
Della difficile situazione sociale e politica
dell’Italia approfittò abilmente Benito Mussolini. Nato a Predappio nei pressi di Forlì
nel 1883, Mussolini, che da giovane era stato
maestro elementare, aveva iniziato la propria
carriera politica con i socialisti. Era stato direttore dell’«Avanti!», quotidiano del Psi, fino
all’autunno del 1914, quando a causa delle
posizioni interventiste era stato espulso dal
partito. Aveva quindi fondato un nuovo giornale, «Il Popolo d’Italia», che usò in seguito
per sostenere le proprie posizioni.
Poco dopo la conclusione della guerra,
il 23 marzo 1919, Mussolini creò a Milano i
Fasci Italiani di combattimento. Composti
all’inizio soprattutto da reduci, i Fasci avevano un programma protestatario piuttosto
vago e confuso, caratterizzato soprattutto da
una netta opposizione ai partiti di massa. I
Fasci erano repubblicani e anticlericali, auspicavano il passaggio delle fabbriche sotto
il controllo degli operai, ma erano anche
accesi nazionalisti e sostenevano il metodo
della lotta politica violenta. Mussolini puntava a trasformarli in un grande movimento
e cercava il sostegno trasversale di tutte le
classi sociali: tuttavia, alle elezioni del novembre 1919 i Fasci (che si presentarono
solo nella circoscrizione di Milano) raccol-
sero un pugno di voti e non ottennero alcun
seggio. [ I NODI DELLA STORIA p. 106]
Lo squadrismo
In seguito all’insuccesso, Mussolini decise
di cambiare strategia. I Fasci si dichiararono
allora apertamente contrari al movimento
operaio e al socialismo, e tentarono di accreditarsi come rappresentanti della grande
borghesia, spaventata dall’avanzata dei lavoratori, e della piccola borghesia, impoverita dall’inflazione. Anche la situazione
generale era difficile, per via di una crisi economica internazionale che stava arrivando.
La produzione industriale calava e gli imprenditori non potevano concedere al pro-
1915
Fasci: il nome deriva
dal fascio littorio romano,
un fascio di verghe che
avvolge una scure: lo
portavano appoggiato
su una spalla i «littori»,
funzionari dell’antica
Roma incaricati di
scortare i magistrati.
Una squadra di camicie nere nel 1922.
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Il fascismo in Italia
© Loescher Editore – Torino
1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
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letariato migliori condizioni. Così i fascisti
con le squadre d’azione iniziarono ad esercitare la violenza contro operai e contadini.
Nelle città, i fascisti armati assaltavano le
sedi delle organizzazioni sindacali, devastavano le redazioni dei giornali, pestavano gli
oppositori. Nelle campagne, sostenuti economicamente dai proprietari terrieri grandi e piccoli, i Fasci conducevano una lotta
durissima alle leghe socialiste, che difendevano i braccianti e organizzavano il mercato
del lavoro agricolo.
Assecondare il disagio dei ceti medi permise dunque al movimento di Mussolini di
conoscere un notevole sviluppo. Imprenditori e proprietari terrieri iniziarono a finanziare le camicie nere in misura sempre più
cospicua.
La violenza squadrista inoltre si svolgeva
spesso nell’indifferenza (o con la complicità) della magistratura e delle forze dell’ordine. Lo stesso Giolitti ritenne il fascismo utile
a bilanciare la forza di socialisti e comunisti:
e volle Mussolini come alleato per le elezioni del maggio 1921. In quella occasione, i
Fasci fecero il loro ingresso in Parlamento,
ottenendo ben 35 deputati.
stato d’assedio:
provvedimento
eccezionale, adottato dalle
autorità per affrontare un
invasore o porre fine a
gravi disordini interni.
Durante lo stato d’assedio
vengono sospesi i diritti
personali e il potere
militare prende il posto
delle autorità civili.
La Marcia su Roma
Le elezioni del 1921 non riuscirono a dare
al paese una maggioranza stabile e, nel giro
di pochi mesi, prima il socialista riformista
Ivanoe Bonomi e poi il liberale Luigi Facta
rimpiazzarono Giolitti come presidenti del
Consiglio.
Gli esecutivi si mostrarono però sempre scarsamente efficaci nel fronteggiare
Il primo gabinetto Mussolini rende omaggio al Milite ignoto, Roma, Altare della Patria, 1923.
G. Balla, La marcia su Roma, 1922, collezione privata.
la difficile situazione economica e sociale,
e mentre la violenza squadrista cresceva
senza sosta, Mussolini trasformò il suo movimento in un vero partito. Nacque così,
nel novembre 1921, il Partito nazionale fascista. Il programma del partito prevedeva
l’abbandono delle posizioni radicali degli
inizi, abbracciava una politica economica
liberista, sosteneva la monarchia contro la
repubblica e tentava un riavvicinamento
con la Chiesa.
Nell’autunno del 1922 la situazione parve a Mussolini propizia per una prova di forza. Il 28 ottobre chiamò a raccolta a Roma
le camicie nere di tutta Italia. Il presidente
del Consiglio Facta, che temeva un colpo
di mano, chiese al re Vittorio Emanuele III
di decretare lo stato d’assedio e ordinare
all’esercito di opporsi ai fascisti. Il re rifiutò e scelse una strada diversa: mentre gli
squadristi entravano nella capitale senza
incontrare resistenza e completavano così
la Marcia su Roma, egli convocò Mussolini
e gli affidò l’incarico di formare un nuovo
governo. Il capo del fascismo aveva infine
ottenuto il potere, un obiettivo del tutto impensabile appena qualche anno prima.
Mussolini al governo
Le camicie nere sfilano a Roma davanti al palazzo del Quirinale.
Il 30 ottobre 1922 il primo governo Mussolini era pronto. Ne facevano parte fascisti e
alcuni liberali e popolari, mentre all’opposizione rimanevano socialisti e comunisti.
Gran parte di un elettorato sfiancato dalla
continua tensione nella vita sociale e politica italiana confidava nel nuovo esecutivo per il rilancio dell’economia del paese.
Passava così in subordine il fatto che per la
prima volta nella storia del regno un uomo
politico otteneva il mandato di governo con
la minaccia delle armi.
Mussolini si dedicò attivamente a restaurare l’autorità dello Stato e le manifestazioni
più estreme dello squadrismo vennero soffocate. Nel contempo, incrementò la pressione su sindacati e lavoratori e ottenne una
diminuzione degli scioperi e della conflittualità sociale.
L’esecutivo avviò inoltre una lenta opera
di trasformazione delle istituzioni: furono
creati il Gran consiglio del fascismo e la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale,
un autentico esercito di partito.
Infine, per le elezioni del 1924 fu preparata una nuova legge elettorale, detta «legge
Acerbo» dal nome del suo estensore, Giacomo Acerbo, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Essa introdusse un forte
premio di maggioranza: il partito o la lista
di partiti che avessero vinto le elezioni conquistando almeno il 25% dei voti sarebbero
stati premiati con i due terzi dei seggi della
Camera dei Deputati. L’intento di Mussolini
era chiaro: ottenere il controllo pieno della
Camera per governare in totale autonomia.
L’omicidio Matteotti
Il Parlamento fu sciolto nel gennaio del 1924
e le nuove elezioni vennero fissate per il 6
aprile successivo. Le consultazioni si svolsero in un contesto di pesanti violenze e
intimidazioni a danno degli elettori e degli
esponenti politici dell’opposizione: per la
prima volta furono colpiti non solo socialisti e comunisti, ma anche popolari e liberali. Inoltre, si verificarono numerosi brogli,
a danno della regolarità del voto. L’esito di
questo clima fu che il «listone», comprendente i fascisti e i loro alleati liberali, otten-
ne il 65% dei consensi e 374 seggi, ben oltre
la maggioranza assoluta della Camera.
Durante la seduta inaugurale della nuova
Camera, suscitando le ire dei fascisti, il socialista Giacomo Matteotti denunciò aspramente l’irregolarità delle elezioni e fornì un
elenco delle violenze commesse dai fascisti
durante il periodo pre elettorale. [Testimonianze  documento 2, p. 170] Alcuni giorni
dopo, il 10 giugno, il parlamentare venne sequestrato e ucciso. Le indagini individuarono presto gli assassini in un gruppo di squadristi convinti di interpretare così la volontà
di Mussolini. Non vennero alla luce responsabilità dirette dello stesso Mussolini, ma il
fascismo attraversò una grave crisi. L’opinione pubblica di ogni tendenza si scagliò
contro il capo del governo: popolari, liberali
1915
Vittorio Emanuele III
incontra Benito Mussolini
dopo la Marcia su Roma,
30 ottobre 1922.
I Parlamenti italiani dal 1919
al 1924
Elezioni
Deputati
1919
Partito socialista
156
Partito popolare
100
Democrazia liberale (Giolitti)
91
Altri partiti
161
1921
Socialisti riformisti
82
Socialisti massimalisti
40
Partito comunista
16
Partito popolare
107
Blocco nazionale
275 (35 fascisti)
1924
Fascisti
375
Opposizione
106
Altri partiti
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Milizia fascista, 1930.
Ovra: nome
indecifrabile pensato dallo
stesso Mussolini il cui
significato più plausibile
è: «organizzazione per la
vigilanza e la repressione
dell’antifascismo».
e socialisti si ritirarono dal Parlamento, rifugiandosi, come allora si disse, «sull’Aventino delle loro coscienze». E più parti fecero
pressioni su Vittorio Emanuele III affinché
obbligasse Mussolini alle dimissioni e ristabilisse la legalità. Tuttavia passarono i mesi,
Mussolini rimase al suo posto e il fascismo
non cadde.
La trasformazione dell’Italia
in una dittatura
p. 166
Il 3 gennaio 1925, in un clima di fortissima
tensione, alla Camera dei Deputati Mussolini disse in riferimento all’omicidio Matteotti: «dichiaro qui […] che io mi assumo,
io solo, la responsabilità politica, morale e
storica di ciò che è avvenuto. Se il fascismo
è un’associazione per delinquere, io sono il
capo di questa associazione per delinquere». Affermazioni che, pur rappresentando
una rottura netta con i principi dello Stato
liberale e di diritto, non trovarono opposizione a livello politico e sociale. Esse, anzi,
segnarono un passaggio decisivo verso l’affermazione della dittatura, dando a Musso-
lini la sicurezza di poter perseguire indisturbato il proprio disegno politico.
Tra 1925 e 1926 vennero approvate le cosiddette «leggi fascistissime», che trasformarono l’Italia in uno Stato autoritario. I
partiti antifascisti furono sciolti. La libertà
d’opinione e d’espressione vennero drasticamente limitate, la stampa fu posta sotto
controllo e molti giornali non allineati al governo vennero chiusi. Il diritto di sciopero
e la libertà sindacale furono soppressi: solo
il sindacato fascista fu riconosciuto e autorizzato a trattare con gli industriali. Vennero istituiti l’Ovra , la polizia politica creata
direttamente da Mussolini per reprimere il
dissenso, e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Divenne più facile arrestare
gli oppositori politici, il cui diritto alla difesa fu pesantemente limitato. Il potere centrale esercitò in modo sempre più stretto il
controllo sulla periferia del paese: in ogni
città e villaggio i sindaci elettivi furono sostituiti dai podestà, nominati dai prefetti, a
loro volta scelti direttamente da Roma.
Soprattutto, il Parlamento venne svuotato delle sue funzioni e al capo del governo furono concessi poteri amplissimi. La
nuova legge elettorale approvata nel 1928
prevedeva infine una unica lista fascista
(scelta dal Gran consiglio del fascismo) da
sottoporre all’approvazione dell’elettorato,
che era tenuto a confermarla o a rifiutarla in
blocco: alle elezioni del marzo 1929 il 98,4%
degli elettori votò a favore della lista e appena l’1,6% dei votanti espresse la propria
contrarietà ai fascisti (con un atto di vero
coraggio, poiché le due schede avevano colori differenti e la segretezza del voto non
era garantita). Mussolini e il fascismo erano
padroni assoluti dell’Italia.
Lo Stato autoritario
Abolizione
del regime
parlamentare
(scioglimento
di tutti i
partiti politici
tranne quello
fascista)
Imposizione
della censura
sui mezzi di
informazione
Soppressione
dei diritti
sindacali e di
sciopero
Creazione
del Tribunale
speciale per
la difesa dello
Stato, che si
occupa degli
oppositori
Creazione
dell’Ovra,
polizia segreta
che si occupa
di reprimere il
dissenso
Storica seduta nella quale il duce sottopone al Gran consiglio la fondazione dell’Impero, 1938.
La battaglia del grano: Mussolini falcia il
grano insieme ad alcuni agricoltori, 1933.
5.3 L’Italia sotto il regime
fascista
I centri del potere fascista
Dalla metà circa degli anni Venti cominciò
l’epoca di quello che oggi chiamiamo «ventennio fascista». Esautorato di fatto il Parlamento, i centri del potere erano tre:
• Il Gran consiglio del fascismo, nato come
organo del partito, nel dicembre 1928 venne elevato al rango di organo costituzionale. Sedevano in esso i maggiori esponenti
del Pnf, del governo e lo stesso Mussolini.
Il Gran consiglio accentrava in sé il potere decisionale dello Stato e regolava ogni
campo della vita pubblica italiana.
• Il Partito nazionale fascista era il partito
unico a cui tutti erano di fatto costretti ad
appartenere, pena l’esclusione dalla vita
sociale ed economica nazionale: senza
tessera del partito, per esempio, non si
poteva insegnare o lavorare nei ministeri.
• Il Gran consiglio e il partito facevano entrambi riferimento alla persona di Benito Mussolini. Egli era il capo del regime,
l’autentico detentore del potere dello
Stato, il vertice della piramide. Per questo gli italiani cominciarono a chiamarlo
«duce», ossia «condottiero».
Le leggi «fascistissime»
Fascismo, Chiesa e Patti
lateranensi
R. Bertelli, Profilo continuo del duce, 1933,
New York, Massimo & Sonia Cirulli Archive.
Mussolini dovette però confrontarsi con la
Chiesa cattolica, una istituzione assai più
antica e consolidata del fascismo. Il papa
esercitava sugli italiani – quasi tutti cattolici
– una enorme autorità morale e per questo
il duce cercò con determinazione un avvicinamento al Vaticano. Il percorso culminò
l’11 febbraio 1929 con la firma dei Patti lateranensi , a Roma.
In base ai Patti, la Chiesa riconosceva il
regno d’Italia e Roma come sua capitale,
mentre lo Stato italiano dichiarava il cattolicesimo la «sola religione dello Stato» e
accettava la sovranità della Città del Vaticano. Venne garantita libertà di culto, fu reso
obbligatorio l’insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche e si attribuì
inoltre valore civile al matrimonio religioso.
La Santa Sede si impegnò, dal canto suo, a
nominare i vescovi con l’approvazione del
governo di Roma. Mussolini venne definito
dal papa Pio XI «uomo della provvidenza»
e grazie ai Patti lateranensi conquistò l’appoggio dei cattolici italiani.
1915
Patti lateranensi: gli
accordi tra Stato e Chiesa
del febbraio 1929 presero
il nome dal luogo in cui
vennero firmati, il Palazzo
del Laterano a Roma
(che all’inizio del Trecento
fu la residenza ufficiale
dei papi).
L’interventismo in campo
economico
Anche in campo economico il fascismo intervenne pesantemente. Nel 1934 furono
create le corporazioni, le quali, per ogni
branca produttiva, associavano i lavoratori
e i datori di lavoro: essi, pur avendo obiettivi
e interessi contrapposti, secondo la visione sociale del regime, dovevano accordarsi
nell’interesse del paese. Le corporazioni erano 22 e coprivano i diversi settori dell’agricoltura, dell’industria, del commercio e
dei servizi. Riunite nel Consiglio nazionale
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Il fascismo in Italia
Pio XI.
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Totalitarismi e democrazie in conflitto
Il fascismo in Italia
disoccupazione fu varato inoltre un ampio
piano di lavori pubblici, con la costruzione
di strade, ferrovie, edifici.
Il fascismo promosse poi due progetti assai ambiziosi:
• La «battaglia del grano», che mirava a incrementare la produzione di cereali, per
i quali l’Italia dipendeva in grande misura dall’estero. Grazie alla messa a coltura
di nuove terre e all’adozione di tecniche
agricole più moderne, nel giro di quindici
anni le importazioni di grano diminuirono di due terzi.
Mussolini saluta i lavoratori all’inaugurazione di uno zuccherificio, Roma, 1938.
Album p. 108
Dossier 9 p. 408
 Tweet Storia p. 430
delle corporazioni, dovevano elaborare le
regole dei nuovi rapporti economici e lavorativi. Esse non entrarono mai pienamente
a regime, ma il fascismo non rinunciò a farne uno dei capisaldi ideologici dello Stato,
tanto che nel 1939 fu creata la Camera dei
fasci e delle corporazioni: essa sostituì la
Camera dei Deputati, decretando la fine anche formale della democrazia parlamentare
e rappresentativa in Italia.
Per favorire la produzione nazionale si
adottò una politica protezionistica, con
l’imposizione di dazi sulle merci d’importazione. Si tentò di combattere l’inflazione
istituendo un pressante controllo sui prezzi dei beni più importanti. Per vincere la
La zona dell’Agro Pontino, nel Lazio meridionale
Littoria
(Latina)
Pontinia
Terracina
Roma
San Felice Circeo
• Il piano di «bonifica integrale», che aveva invece lo scopo di rendere abitabili e
coltivabili vaste zone paludose del paese,
come l’Agro Pontino, nel Lazio meridionale: qui sulle terre prosciugate furono
creati migliaia di nuovi poderi e intere
nuove città, come Pomezia, Sabaudia
o Latina  (Littoria), che divennero presto centri di vivaci attività economiche.
La vita quotidiana sotto
il fascismo
Attraverso le organizzazioni di partito il fascismo permeava di sé la vita dei cittadini.
Scopo del regime era costruire un nuovo
italiano capace di muoversi secondo i desideri del duce e dar lustro all’Italia.
Furono adottati numerosi provvedimenti assistenziali a favore dei lavoratori, per
esempio vennero introdotti l’istituto delle
ferie pagate e le assicurazioni professionali; venne inoltre creata l’Opera nazionale
dopolavoro, che ne organizzava il tempo
libero. A
Alle donne fu chiesto di mettere al mondo molti figli e di svolgere con dedizione il
ruolo di madri: a questo scopo, dal 1935 tutte le madri lavoratrici poterono usufruire di
assicurazione e congedi per maternità: venne a questo scopo istituita l’Opera nazionale maternità e infanzia. D9 Secondo Mussolini, per competere economicamente e in
campo internazionale con Francia, Regno
Unito e Germania, all’Italia occorreva un
deciso aumento demografico. Le famiglie
numerose vennero incentivate e si giunse a porre una tassa sul celibato. A partire
dall’inizio degli anni Trenta, la politica demografica fu una preoccupazione costante
di Mussolini e vennero lanciate numerose
campagne per l’incremento della natalità.
Interno di una scuola, da «L’Italia fascista in cammino», Istituto Nazionale Luce, 1932.
In generale, il controllo del fascismo sulla
vita degli italiani era ferreo – secondo il motto «tutto nello Stato, nulla contro lo Stato,
niente al di fuori dello Stato» – e si spingeva
ai dettagli più minuti della quotidianità: per
esempio fu lanciata una battaglia per sostituire l’uso del «voi» a quello del «lei». Fu severamente vietato l’uso di parole straniere,
molte delle quali vennero italianizzate  .
Venne introdotto il saluto romano, col braccio destro alzato e teso, e la mano aperta.
Era obbligatorio partecipare alle celebrazioni del regime o portare la divisa nei giorni di
festa. E nessuno poteva esprimere il benché
minimo dissenso sulle scelte del duce.
L’Opera nazionale balilla e la
«fascistizzazione» della scuola
La propaganda fascista si dedicò con particolare attenzione ai giovani, i quali, non
avendo sperimentato il clima più aperto
dell’Italia liberale, si mostrarono generalmente ben disposti verso un regime
dall’aspetto dinamico e moderno.
Tutti i ragazzi tra i sei e i diciotto anni
furono inquadrati nell’Opera nazionale
balilla , prima come «Figli della lupa», poi
come «Balilla» e infine come «Avanguardisti». Nei campi e nelle colonie i giovani
ricevevano istruzione fisica, un primo indottrinamento politico e una sorta di addestramento premilitare. Per i più maturi
c’erano i Gruppi Universitari Fascisti. Tutti
venivano cresciuti secondo il motto coniato
dallo stesso Mussolini: «credere, obbedire,
combattere». Anche le ragazze furono irreggimentate, come «Piccole italiane», «Giovani italiane» e «Giovani fasciste».
A un controllo particolarmente stretto
fu sottoposto il sistema dell’istruzione. Già
nel 1923, il filosofo e ministro della Pubbli-
ca istruzione Giovanni Gentile introdusse
l’esame di Stato al termine di ogni ciclo di
studi. Negli anni successivi, alle scuole elementari e medie venne adottato un libro di
testo unico, il cui contenuto rispecchiava
ovviamente la visione del regime.
Agli insegnanti furono imposti l’iscrizione al Pnf e il giuramento di fedeltà al fascismo. Lo stesso accadde all’università, dove
appena una dozzina di docenti su circa 1200
rifiutarono di giurare.
Il controllo dei mezzi
di comunicazione
Il fascismo tenne sotto stretto controllo i
mezzi di comunicazione di massa e li utilizzò con grande abilità per influenzare l’opinione pubblica italiana.
Il ministero della Cultura popolare im-
1915
balilla: era il
soprannome di
Giambattista Perasso,
il ragazzo genovese che
il 5 dicembre 1746,
a undici anni, scagliò
un sasso contro i soldati
austriaci e diede inizio
alla rivolta della città
contro gli Asburgo,
costretti in pochi giorni
alla fuga.
 Tweet Storia p. 430
Elezioni plebiscitarie: la facciata di Palazzo Braschi, ricoperta
da un enorme manifesto di propaganda, Roma, 1934.
© Loescher Editore – Torino
102
Copertina di quaderno di epoca
fascista con immagine del duce.
© Loescher Editore – Torino
1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
1945
103
5
Totalitarismi e democrazie in conflitto
Mussolini ritratto come dominatore del mondo.
Mussolini diventa il duce
degli italiani
Al centro di questi interventi nella vita sociale ed economica del paese era la persona
di Benito Mussolini. Egli rappresentava la
nazione e ogni italiano era tenuto a seguirlo
come modello. Secondo la propaganda del
regime, il duce lavorava senza sosta e infallibilmente per la patria e solo lui poteva interpretare e dare voce correttamente ai bisogni
del popolo. Tali principi furono instillati
quotidianamente nei cittadini e ottennero
lo scopo di legare a Mussolini la volontà degli italiani.
Il culto della personalità raggiunse punte
di adorazione quasi religiosa. Quando Mussolini parlava dal balcone di Palazzo Venezia, a Roma, una folla oceanica applaudiva e
acclamava eccitata ogni suo gesto o parola.
Nacquero così le «adunate» e i «riti» del re-
gime fascista, quell’insieme di celebrazioni,
liturgie e coreografie di massa che si svolgevano negli stadi o nelle piazze e tornano oggi
a noi nelle immagini d’epoca; esse testimoniano un consenso popolare per il fascismo
e per il duce che fu effettivamente elevato.
La sofferta stagione
dell’antifascismo
Come ogni dittatura, il fascismo si dotò di
efficaci strumenti per reprimere qualunque
forma di dissenso.
La polizia politica del regime, l’Ovra, sorvegliava senza sosta i cittadini. Svolgere attività politica contraria al fascismo o anche
solo criticarlo era molto pericoloso: spesso
significava finire davanti al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, le cui sentenze non erano appellabili. Il Tribunale mandò
a morte decine di oppositori e ne condannò
migliaia al carcere o al confino, vale a dire
al soggiorno coatto e sotto controllo poliziesco in località isolate della penisola (e sempre lontanissime dalla dimora abituale del
condannato).
Nelle prigioni del regime si spense Antonio Gramsci, principale ideologo del Partito comunista, mentre furono vittime dello
squadrismo, perdendo la vita in seguito alle
percosse, il liberale Giovanni Amendola e il
giovane pensatore Piero Gobetti.
Tutti i maggiori esponenti dell’opposizione antifascista furono costretti ad abbandonare l’Italia: dal socialista Pietro Nenni al
comunista Palmiro Togliatti, dal cattolico
Luigi Sturzo al liberale Carlo Sforza. Solitaria
eccezione fu il filosofo Benedetto Croce, che
già nel 1925 aveva firmato il Manifesto degli
intellettuali antifascisti: egli rimase a Napoli e oppose al fascismo una salda resistenza
culturale per l’intera durata del regime.
Alcuni partiti, soprattutto quello comunista, organizzarono in Italia reti clandestine di militanti per tenere vivo nell’opinione
pubblica l’afflato della democrazia. Ma fu
un’opera condotta in mezzo a grandi rischi
e con scarsi risultati concreti. Fu dunque sui
cosiddetti «fuoriusciti» che si appuntarono
le speranze di chi lottava contro il fascismo:
a tale proposito è opportuno ricordare almeno i fratelli Carlo e Nello Rosselli, fondatori del movimento Giustizia e Libertà,
uccisi in Francia nel 1937 dai servizi segreti
di Mussolini.
5.4 La guerra d’Etiopia
e le leggi razziali
La conquista dell’Etiopia
Per molti anni il fascismo si impegnò a consolidare le conquiste coloniali dello Stato
liberale, e favorì l’insediamento di contadini italiani in Libia, Eritrea e Somalia. Poi,
il 3 ottobre 1935, l’esercito varcò i confini
dell’Etiopia, invadendo il paese retto dal
negus Hailé Selassié  .
Le ragioni che spinsero Mussolini alla
guerra furono molte. Tra queste, il desiderio
di guadagnare prestigio internazionale per
sé e per il regime fascista; la volontà di garantire all’Italia «un posto al sole» nell’ambito delle grandi potenze europee; la speranza
di favorire lo sviluppo dell’industria bellica
e di alleviare la disoccupazione con l’invio
di contadini nella nuova colonia.
Furono inviati in Etiopia quasi 400.000
soldati, che avevano a disposizione ingenti
equipaggiamenti. La guerra fu condotta con
determinazione brutale e comprese l’uso di
gas asfissianti. L’esercito etiopico, male addestrato, fu travolto sul campo. Il 5 maggio 1936,
mentre Hailé Selassié fuggiva verso l’esilio, il
maresciallo Pietro Badoglio entrava in Addis
Le sanzioni internazionali
e l’autarchia
La guerra d’Etiopia fu l’ultima delle guerre
coloniali e giunse in un periodo in cui i popoli colonizzati cominciavano a prendere
coscienza di se stessi, rifiutando il dominio
delle potenze europee. L’impresa mussoliniana suscitò così l’ostilità della Società
delle Nazioni, che colpì l’Italia con pesanti
sanzioni economiche.
All’embargo internazionale non aderirono però USA e Germania, e il fascismo
ebbe buon gioco nel raffigurare il nostro
paese come una vittima di Francia e Regno Unito, nazioni ricche che negavano il
diritto dell’Italia a espandersi oltremare. In
quell’occasione, inoltre, il regime lanciò la
nuova parola d’ordine dell’autarchia , dichiarando l’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza economica. I cittadini vennero
invitati ad acquistare solo prodotti italiani,
fabbricati con materie prime italiane: una
scelta poco conveniente sul piano economico ma estremamente efficace dal punto
di vista propagandistico.
1915
negus: parola etiope
che significa «sovrano».
Era il titolo che veniva
attribuito all’imperatore
di Etiopia.
autarchia: termine che
viene dal greco e significa
«bastare a se stessi».
In campo economico
indica il tentativo di
creare un’economia
autosufficiente e
indipendente dai mercati
esteri.
 Tweet Storia p. 430
La campagna dell’esercito italiano in Etiopia
Mar
Rosso
Massaua
Asmara
Eritrea
Tembien
Endert
Gondar Ascianghi
Dessié
Assab
Golf
Somalia
francese
Addis Abeba
Sassabaneh
E T I O P I A
Negele
OCEANO
Bombiso Korahe
Obbia
INDIANO
So mali a
i t al i ana
Mega
Mogadiscio
Ugand a
(R.U.)
Aden
o di
Somalia
britannica
Diredaua
Ken ya
(R.U.)
Territori occupati
L’aratro dissoda l’Africa, 1942, copertina «Africa Italiana».
© Loescher Editore – Torino
104
Il fascismo in Italia
Abeba. Pochi giorni più tardi, il 9 maggio,
Mussolini annunciava alla folla in delirio di
Piazza Venezia la nascita dell’impero.
ang
loegi
zia
no
Immagini di propaganda politica:
Mussolini che raccoglie il grano.
partiva alla stampa ordini quotidiani sui temi da
trattare e sul modo in cui
presentare le notizie; l’Eiar,
l’Ente radiofonico di Stato, trasmetteva in diretta
i discorsi del duce e altoparlanti disposti nelle piazze e negli edifici pubblici
diffondevano le parole di
Mussolini in ogni paese e
città d’Italia.
I documentari d’attualità
girati dall’Istituto Luce venivano proiettati nei cinema
prima dei film e comunicavano il punto di vista del fascismo ai moltissimi analfabeti del paese. Mussolini era
convinto che il cinema stesso fosse uno straordinario
strumento di propaganda
e volle nel 1937 la creazione
degli studi cinematografici
di Cinecittà, presso Roma,
per porre la giovane arte
sotto il controllo del regime. Manifesti pubblicitari,
cartoline, riviste illustrate:
tutto veniva utilizzato per
diffondere gli slogan, le parole d’ordine e la visione del
mondo fascista.
Su d an
2
© Loescher Editore – Torino
1919 Gropius fonda la scuola di architettura Bauhaus
1922 La BBC inizia le trasmissioni radio
1929 Fleming scopre la penicillina
1942 Fermi realizza la prima pila atomica
1945
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Totalitarismi e democrazie in conflitto
Le leggi razziali
La guerra d’Etiopia rilanciò anche l’idea di
una «razza» italiana superiore, destinata a
civilizzare popoli «barbari» come quelli africani. E quando Mussolini, in cerca di un alleato forte e stabile, decise di avvicinarsi alla
Germania di Hitler, prese corpo nel nostro
paese una politica antisemita simile a quella
tedesca.
Fu così che, nonostante la contrarietà della Chiesa e le perplessità di molti gerarchi
fascisti, Mussolini promosse le leggi razziali
del 1° settembre 1938.
Esse colpivano i cittadini
di «razza» ebraica con misure durissime: agli ebrei
venne impedito di sposarsi con italiani, di insegnare nelle scuole statali,
di impiegarsi nelle amministrazioni pubbliche, di
esercitare le libere professioni con clientela italia-
na. Venne dunque creato un nuovo nemico
da perseguitare, al pari degli oppositori politici. [Testimonianze  documento 3, p. 171]
Guerra d’Etiopia e leggi razziali furono due
delle pagine più nere del fascismo: la prima
proiettò il paese in un’economia e in una politica di tipo bellico; le seconde lo allontanarono dalle sue tradizioni di civiltà e tolleranza; insieme infine portarono l’Italia al fianco
della Germania nazista. Gli storici considerano le leggi razziali l’apice e allo stesso tempo
l’inizio del declino del fascismo.
1919-1920
«Biennio rosso»
1921
Mussolini fonda il Partito
nazionale fascista
1922
Marcia su Roma
1924
Delitto Matteotti
1925-1926
Leggi fascistissime: dittatura
personale di Mussolini
I NODI DELLA STORIA
Quale fu la vera natura del fascismo?
106
© Loescher Editore – Torino
1 L’Italia dei primi anni Venti attraversa una fortissima crisi sociale, economica e politica che lascia il paese senza una guida stabile e mina il
vecchio regime liberale. Dopo la fine della Prima guerra mondiale, l’Italia attraversò una drammatica crisi economica e sociale caratterizzata da: disoccupazione e
inflazione, scioperi degli operai e occupazione contadina delle terre, tumulti contro
il caro-vita. In politica pesava l’instabilità governativa dovuta alla crisi della classe
dirigente di notabili che facevano capo a Giolitti e Salandra, mentre accanto ai liberali prendevano quota tre grandi partiti di massa. Erano il Partito socialista, guidato
ancora da Filippo Turati, il Partito popolare, cattolico e fondato da don Luigi Sturzo, e
il Partito comunista, nato da una scissione interna ai socialisti. All’azione dei proletari,
culminata tra 1919 e 1920 nel cosiddetto «biennio rosso», fece da contrappunto
l’opera dei nazionalisti, che occuparono nel settembre 1919 la città di Fiume sotto la
guida di Gabriele D’Annunzio.
2 Prima pagina del «Corriere della sera» dell’11 Novembre 1938.
La storiografia si è molto interrogata sulla natura del fascismo
italiano e sulle sue origini ideologiche. Come si è visto il fondatore del movimento fu un personaggio molto particolare, Benito Mussolini, per molti versi un tipico esponente del ribellismo
italiano a cavallo tra i due secoli, tradizionalmente presente in
quella terra romagnola che gli diede i natali. Secondo la nota tesi
dello storico Renzo De Felice, la natura rivoluzionaria, e quindi
non di destra, del fascismo delle origini, sarebbe un fatto assodato. Non è qui possibile discutere sistematicamente le tesi, stimolanti anche se controverse, di questo importante studioso. Va
detto, almeno, che la sua scelta di studiare il fenomeno fascista
attraverso la ricostruzione biografica del suo capo ne ha forse
un po’ condizionato le conclusioni. In ogni caso è vero che Mussolini fu un esponente del partito socialista schierato con la sua
componente più radicale. Durante l’impresa di Libia mantenne
una corretta posizione anticolonialista e pacifista. Tutto cambiò
nel 1914 quando, mettendosi a capo della minoranza socialista
interventista si guadagnò al contempo l’espulsione dal partito
e una certa fama nazionale. La fondazione del movimento dei
Fasci di combattimento nel 1919 e l’elaborazione del programma politico detto di «San Sepolcro», sembrava riguardare
un gruppo non ancora deciso nel suo orientamento ideologico.
I toni repubblicani, anticlericali e anticapitalistici, sembravano
echeggiare parole d’ordine ricorrenti a sinistra più che nell’area
Il fascismo in Italia
dei partiti d’ordine e di destra. Tuttavia questa ispirazione, vaga
e contraddittoria, era ampiamente compensata da una retorica
nazionalista e militarista molto evidente. La scelta successiva
del fascismo di schierarsi a difesa degli interessi degli agrari
e della classe imprenditoriale, dalla quale, peraltro, dipendeva
finanziariamente, fu forse dovuta alla contingenza della situazione. L’area politica più a sinistra era troppo affollata e le paure
suscitate dal protagonismo operaio durante il «biennio rosso»
avevano intimorito non solo i ceti possidenti ma anche quei vasti
settori di media e piccola borghesia a cui il fascismo aveva
guardato sin dagli inizi. Con spregiudicato senso tattico e notevole cinismo politico, Mussolini trasformò il confuso e velleitario
programma del suo movimento in uno strumento volto prima
alla repressione delle proteste operaie, poi alla conquista e alla
successiva distruzione dello Stato liberale. Da un certo punto
di vista si può dire che Mussolini e il suo partito si rivelarono
politicamente flessibili; incarnarono in qualche modo una novità, feroce e violenta, ma comunque sufficientemente capace
d’inserirsi nelle contraddizioni di uno Stato democratico debole
e inefficace. Ad eccezione dei socialisti e dei comunisti, tutti i
partiti si illusero di poter sfruttare a proprio vantaggio un’alleanza con i fascisti: dai liberali del redivivo Giolitti ai popolari, agli
ambienti politici più vicini alla monarchia. Il risultato fu, come è
noto, la loro sconfitta e una lunga dittatura.
1926
Fondazione dell’organizzazione
giovanile Opera nazionale balilla
1926
Istituzione del Tribunale speciale
per la difesa dello Stato
1929
Patti lateranensi
1936
Conquista dell’Etiopia
Benito Mussolini, a capo del Partito nazionale fascista, conquista nel 1922
il potere e imprime una svolta antiparlamentare e antidemocratica, instaurando una dittatura. Della difficile situazione del paese approfittò Benito Mussolini, emiliano, ex socialista, fondatore del Partito nazionale fascista. Fortemente
antioperaio, antiparlamentare e antidemocratico, e appoggiato dalla piccola e grande
borghesia imprenditoriale e terriera, il movimento fascista guadagnò largo seguito
combattendo i propri avversari con la violenza. Al termine della Marcia su Roma,
nell’ottobre 1922, Mussolini ricevette dal re Vittorio Emanuele III l’incarico di formare
un nuovo governo. Valendosi di una legge elettorale che prevedeva un forte premio
di maggioranza, il fascismo vinse con largo margine le elezioni politiche dell’aprile
1924, svoltesi tra brogli e intimidazioni all’opposizione. Il deputato socialista Giacomo Matteotti, che denunciò tutto questo, venne ucciso. Società e politica italiane
non avevano però più forze sufficienti per opporsi a Mussolini. Il regime liberale
venne così abbattuto e sostituito, grazie alle cosiddette «leggi fascistissime», da una
dittatura personale: i partiti antifascisti furono sciolti; la stampa fu posta sotto controllo e la libertà d’espressione drasticamente limitata. Il diritto di sciopero e la libertà
sindacale furono annullati, gli oppositori politici incarcerati, il dissenso represso. Soprattutto, il Parlamento fu svuotato delle sue funzioni e Mussolini divenne il capo di
tutti gli italiani, prendendo l’appellativo di «duce».
3 Gli italiani vengono indottrinati dal fascismo e sottomessi alla guida del
«duce», che reprime ogni dissenso, conquista l’Etiopia e inaugura una
politica razziale antisemita. Per circa vent’anni il regime fascista controllò strettamente la vita degli italiani. Attraverso le organizzazioni del partito venivano irreggimentati giovani, donne e lavoratori. L’economia era diretta dallo Stato, che riunì salariati e datori di lavoro nelle corporazioni. Le esigenze della Chiesa, riconosciuta quale
«sola religione dello Stato», furono soddisfatte con i Patti lateranensi nel 1929.
Gli insegnanti dovettero giurare fedeltà al «duce». Stampa e radio diffondevano la
visione del mondo di Mussolini e attorno a lui si sviluppò un culto della personalità
quasi religioso. Polizia politica e tribunali speciali mandavano a morte o in prigione gli
esponenti dell’antifascismo: gli scampati all’arresto si rifugiarono all’estero. Nel difficile clima europeo degli anni Trenta, trovò spazio anche la politica estera aggressiva
del fascismo. Con l’ultima delle guerre coloniali, nel 1936 venne occupata l’Etiopia.
Infine, a seguito dell’alleanza con la Germania nazista, pure in Italia prese piede una
legislazione antisemita: le leggi razziali del 1938 discriminarono pesantemente gli
ebrei e li esclusero dalla vita pubblica del nostro paese.
1938
Leggi razziali
© Loescher Editore – Torino
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2
5
Totalitarismi e democrazie in conflitto
Le organizzazioni fasciste
Il fascismo in Italia
Le organizzazioni giovanili fasciste
A partire dagli anni Trenta la dittatura fascista assunse le caratteristiche di un regime totalitario. Alla repressione di ogni forma di dissenso e di opposizione politica il regime affiancò il controllo da parte del partito e
dello Stato di ogni settore della società e della vita quotidiana. Attraverso il monopolio dei mezzi di comunicazione di massa e un’intensa opera di propaganda, il fascismo mirò a ottenere il consenso della popolazione
e a inquadrarne le attività quotidiane all’interno delle organizzazioni statali.
Attraverso le Organizzazioni della gioventù il partito fascista cercò di educare gli italiani, fin da piccoli, ai valori fascisti, secondo il
principio «Credere, obbedire, combattere». Fin dalla nascita gli
italiani vennero inquadrati in organizzazioni di massa controllate dal
regime: l’Opera nazionale maternità e infanzia, l’Infanzia della lupa
(4-8 anni), l’Opera nazionale balilla (8-14 anni) e le Piccole italiane
(8-12 anni), i Giovani avanguardisti (14-28 anni) e le Giovani italiane
(13-18), la Gioventù fascista (18-21 anni).
Il controllo dell’informazione
Attraverso il controllo dell’informazione, il fascismo tentò
di orientare i modi di pensare, la mentalità e la vita
quotidiana degli italiani, non solo vietando la stampa
antifascista, ma anche controllando i grandi quotidiani di
informazione (come il «Corriere della sera» e «La stampa»). Vennero creati un ente radiofonico (Eiar) e un istituto
cinematografico (Istituto Luce), alle dirette dipendenze di
Mussolini, che avevano il compito diffondere la propaganda
favorevole al regime. Attraverso il ministero della Cultura
popolare (Minculpop), fondato nel 1937, la vita culturale
italiana cadde integralmente nelle mani del regime.
La posa della prima pietra degli stabilimenti dell’istituto Luce.
Balilla in sfilata.
La fascistizzazione della scuola
Il fascismo considerò la scuola, soprattutto quella elementare, un
momento fondamentale della formazione della mentalità fascista. La
giornata scolastica degli studenti italiani era segnata dalla massiccia
presenza del regime, a livello ideologico (la preghiera per il re e per il
duce; la ripetizione degli slogan e della parole d’ordine del fascismo: per
esempio, «Libro e moschetto balilla perfetto») e di immagini (la fotografia
di Mussolini, accanto al crocifisso; le carte geografiche e i giornali murali
che decantavano i successi economici e militari del duce). Anche i libri
di testo erano uno strumento di propaganda dei valori del regime: patria,
religione, ordine, impero, razza, militarismo. Nel 1928 venne introdotto il
libro di testo unico governativo per le scuole elementari.
Le organizzazioni
di massa
L’iscrizione al partito durante il fascismo era obbligatoria per i dipendenti pubblici ed era spesso
necessaria per ottenere un posto
di lavoro. Strumenti della fascistizzazione della società italiana furono
l’Opera nazionale dopolavoro, che
organizzava il tempo libero dei lavoratori con gare sportive, spettacoli, gite, colonie estive e che arrivò
a contare 4,5 milioni di iscritti, e la
Federazione fascista delle massaie
rurali, che raccoglieva più di due milioni di donne.
«Libro e moschetto (balilla perfetto!)»,
illustrazione di copertina per la rivista
«Gioventù fascista», 1932.
Un’aula scolastica negli anni Trenta. Accanto al crocifisso sono le foto del re Vittorio Emanuele III e di Mussolini.
108
© Loescher Editore – Torino
Uno stabilimento balneare dell’Opera nazionale dopolavoro lungo il Tevere.
© Loescher Editore – Torino
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2
5
Totalitarismi e democrazie in conflitto
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
ATTIVITÀ
2
Osserva la cartina a p. 94 e analizza la diffusione geografica delle proteste del «biennio rosso» suddividendole
tra nord, centro e sud; poi spiega i risultati della tua analisi.
1 Nel
Carlo e Nello Rosselli, fondatori del movimento Giustizia e Libertà, vengono uccisi in Francia dai servizi
segreti di Mussolini
2 Nel
il Trattato di Rapallo dichiara Fiume una città libera; tuttavia nel
, a seguito di un accordo tra
Italia e Iugoslavia, Fiume viene assegnata all’Italia e il territorio circostante alla Iugoslavia
3 Il 23 marzo
Mussolini crea a Milano i Fasci di combattimento
4 Tra il
e il
vengono approvate le «leggi fascistissime» che trasformano l’Italia in uno Stato
autoritario
5 Nel
avviene la scissione del partito socialista: Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti abbandonano il Psi e
fondano il Pcdi (Partito comunista d’Italia)
6 Nel settembre del
il poeta e scrittore Gabriele d’Annuzio occupa con un colpo di forza la città di Fiume,
contesa tra l’Italia e la Iugoslavia
7 Nel novembre del
Mussolini trasforma il suo movimento in un partito: nasce il Partito nazionale fascista
8 Nell’autunno del
, le camicie nere completano la Marcia su Roma
9 Il 3 gennaio
, in un discorso alla Camera dei Deputati, Mussolini si assume la «responsabilità politica,
morale, storica» dell’omicidio di Matteotti
10 L’11 febbraio
vengono firmati i Patti lateranensi
11 Negli anni
e
l’Italia è teatro di proteste violente e prolungate; tale periodo è passato alla storia
come «biennio rosso»
12 Il 1° settembre
Mussolini promuove le leggi razziali
Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo del fascismo.
1
2
3
4
5
6
7
8
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento; poi distingui con due colori diversi gli eventi
che precedono la formazione del governo di Mussolini e quelli che la seguono.
5
Il fascismo in Italia
Politica di bilancio
Reduce
Sistema proporzionale
Embargo
Stato di diritto
Democrazia parlamentare
Legalità
Squadrismo
Prova a riflettere sul significato di «sentenze non appellabili» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega
in che modo tale provvedimento si inserisce all’interno di una dittatura.
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa al regime fascista. Poi rispondi alle domande.
Le caratteristiche fondamentali del regime fascista
1 Quali sono gli istituti politici e
giuridici del regime?
2 Quali sono le caratteristiche
e l’obiettivo della politica
economica?
3 Che rapporto c’è tra politica
sociale e privazione delle libertà?
Esplora il macrotema
3
Completa il testo.
L’Italia del dopoguerra è attraversata da una forte crisi politica e sociale che porta alla fine dello Stato
liberale e alla nascita del regime totalitario fascista.
La vecchia classe dirigente liberale, infatti, incontra gravi difficoltà sia in politica interna, nel gestire
la conflittualità (1)
, sia in politica (2)
, dove va diffondendosi la
convinzione che l’Italia ha ottenuto una «vittoria mutilata»; di questa difficile situazione sociale e
politica ne approfitta abilmente Benito Mussolini, portavoce del disagio dei ceti medi e oppositore
del movimento operaio e del (3)
. Dopo aver fondato il Partito nazionale fascista e
aver ottenuto l’incarico a governare con la minaccia delle (4)
(«marcia su Roma»),
Mussolini sale al governo: dal 1922 al 1926 il fascismo adopera le istituzioni dello Stato liberale e di
(5)
per preparare l’instaurazione della dittatura, in un crescendo di soppressione della
(6)
. Tra 1925 e 1926 vengono approvate le cosiddette «leggi fascistissime», che
trasformano l’Italia in uno Stato autoritario: lo Stato viene a identificarsi con il Partito (7)
,
che con i suoi militanti e la sua ideologia controlla tutte le istituzioni statali e la società civile. Esautorato
di fatto il (8)
, i centri del potere sono tre: il Gran consiglio del fascismo, il Partito
nazionale fascista e Benito Mussolini, capo del regime e autentico detentore del potere dello Stato. Per
questo gli italiani cominciano a chiamarlo «(9)
», ossia «condottiero».
Mostra quello che sai
7
110
© Loescher Editore – Torino
Osserva le immagini di propaganda alle pp. 100, 103 e 104 e spiega le caratteristiche della rappresentazione di
Mussolini, ipotizzandone le intenzioni comunicative.
© Loescher Editore – Torino
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