la diagnosi istopatologica delle coliti idiopatiche

LA DIAGNOSI ISTOPATOLOGICA DELLE
COLITI IDIOPATICHE
( I.B.D. )
DR. VINCENZO VILLANACCI
DR. PAOLO INCARDONA
DOT.SSA STEFANIA MANENTI
DOTT.SSA ELISA ROSSI
2° SERVIZIO DI ANATOMIA ED ISTOLOGIA PATOLOGICA
SEZIONE PATOLOGIA GASTROINTESTINALE I.B.D.
SPEDALI CIVILI
BRESCIA
L’esame istologico rappresenta ancora oggi uno dei momenti fondamentali
per la diagnosi della malattia di Crohn e della Colite Ulcerosa nonché della
diagnostica differenziale con le altre forme di Colite e nell’individuazione di
lesioni pre-cancerose.
Un primo punto fondamentale da considerare è che la diagnosi iniziale, fatta
eccezione per i casi di colite fulminante o di megacolon tossico in cui l’esame
istologico è compiuto su pezzi operatori, viene effettuata su materiale bioptico
ossia su frammenti di mucosa colica o intestinale che vengono prelevati nel
corso dell’esame endoscopico; altro elemento importante è un vasto
campionamento dei tratti esplorati in modo da fornire il maggior numero di
biopsie possibili da esaminare compatibilmente con le condizioni del paziente
e dello stato dei tratti esaminati.
Queste biopsie devono sempre essere correttamente orientate in modo da
permettere una precisa localizzazione sia della sede della biopsia sia delle
differenti strutture anatomiche che compongono la parete intestinale, in
questo senso l’orientamento delle biopsie su filtri millipore di acetato di
cellulosa su cui le biopsie devono essere disposte in perfetta linea indiana e
in ogni singolo quadratino di cui essi sono composti rappresenta, nella nostra
esperienza, mutuata da quella dell’Ospedale St. Mark di Londra , il mezzo
più utile e facile da utilizzare anche perché non crea successivamente
problemi al tecnico di anatomia patologica permettendo di includere le
biopsie nel loro insieme senza necessità di toccarle e soprattutto di avere un
preciso punto di repere per l’inclusione stessa.
Una volta compiute tutte le operazioni tecniche necessarie di cui , il taglio e le
colorazioni delle biopsie sono un momento fondamentale, si giunge
all’allestimento del così detto “ vetrino “ ossia del campione istologico
colorato e posto su un supporto vitreo che verrà esaminato al microscopio
ottico, in questo senso la routinaria colorazione in Ematossilina ed Eosina è
già di per sé sufficiente per permettere ad un patologo esperto di formulare
una diagnosi di certezza.
A questo punto di fronte ad un vetrino istologico il patologo deve porsi e deve
saper rispondere alle seguenti domande :
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A) La mucosa è normale o patologica ?
B) Se è una condizione patologica ci troviamo di fronte ad una Colite
idiopatica ( Crohn-Colite Ulcerosa ) oppure ad un’altra forma di
colite?
C) Se è una Colite idiopatica è un Crohn o una Colite Ulcerosa?
D) Vi sono delle alterazioni precancerose?
Per quanto riguarda il primo punto il patologo deve sempre esaminare e
considerare quattro categorie fondamentali : architettura della mucosa,
cellularità della lamina propria, infiltrazione di elementi infiammatori,
anormalità epiteliali.
In una mucosa normale gli elementi ghiandolari sono perfettamente paralleli
tra loro occupano l’intero spessore della mucosa giungendo a contatto con la
muscolaris mucosae ed hanno un corredo di cellule producenti muco che
riveste l’intera ghiandola, nella lamina propria, ossia tra le ghiandole, si
possono trovare plasmacellule, linfociti, occasionali eosinofili ma non
granulociti neutrofili. Se questi elementi sono alterati in vario modo ci
troviamo di fronte al problema è una colite idiopatica o un’altra forma di colite
e quale?
Per questo secondo aspetto occorre considerare che vi sono molteplici
ulteriori forme di colite che molto semplicemente possono essere così
riassunte:
A) Coliti infettive ( comprendenti anche le parassitarie)
B) Coliti ischemiche
C) Coliti pseudo-menbranose
D) Coliti rare
Le coliti a genesi infettiva rappresentano il capitolo numericamente
preponderante della patologia colica e gli elementi morfologici che ci
permettono di porre una diagnosi di questo tipo sono i seguenti:
• normale architettura degli elementi ghiandolari
• aumento della cellularità della lamina propria
• infiltrazione di granulociti polimorfonucleati neutrofili nelle fasi
iniziali
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• deplezione dell’attività mucipara degli elementi ghiandolari
• infiammazione discontinua e focale criptite ossia aggressione degli
elementi ghiandolari da parte degli elementi infiammatori.
Questi criteri, sopra elencati, permettono di porre una diagnosi di colite a
genesi infettiva in cui l’elemento importante è la sostanziale regolarità
architetturale degli elementi ghiandolari, questa diagnosi va convalidata da
una analisi microbiologica delle feci che consenta di individuare l’agente
etiologico per una terapia mirata; a questa forma è correlata quella legata ad
agenti parassitari spesso identificabili morfologicamente quali ad esempio le
coliti Amebiche da Schistosoma, da Strongiloides Stercoralis, da Brachispira
Aalborgi nonché quelle da virus ad esempio Citomegalovirus e da Adenovirus
tutte condizioni in cui l’esperienza del patologo è determinante.
Le Coliti Ischemiche sono condizioni legate ad un arresto totale o parziale
del flusso ematico a livello intestinale o colico per le ragioni più svariate quali
ade esempio aterosclerosi , embolie, compressioni ab estrinseco; in tutte
queste forme quale che ne sia la causa, l’elemento morfologico è il riscontro
di necrosi coagulativa nonché di trombosi delle strutture vascolari che
permettono la diagnosi.
La Colite Pseudomembranosa è generalmente legata all’impiego di
antibiotici che determinano la prevalenza di un batterio il Clostridium difficile
la cui tossina è patogena; anche in questo caso l’esame istologico è
determinante in quanto l’aspetto classico è rappresentato da un accumulo di
fibrina e granulociti eosinofili inizialmente sulla superfice della mucosa a
formare le classiche pseudo-menbrane
(Tipo I ) successivamente negli
elementi ghiandolari che si dilatano e assottigliano con aree di necrosi ( Tipo
II ) e infine una necrosi diffusa talvolta indistinguibile dalla necrosi ischemica.
A queste forme “ classiche “ si possono aggiungere tutta una serie di forme
particolari che citeremo per completezza la Colite Collagena, la Colite
Allergica, la Colite Linfocitica la Colite correlata a diverticoli ed altre .
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Una volta considerate e naturalmente escluse queste forme entriamo nel
capitolo delle coliti idiopatiche e di conseguenza nel dilemma Crohn ? Colite
Ulcerosa ?
Un aiuto alla diagnosi istologica, è importante ricordarlo, è fornito in questa
fase dall’esame macroscopico quindi endoscopico vale a dire se la mucosa è
interessata in modo continuo oppure in modo discontinuo ; le ulcere ampie,
confluenti nella Colite Ulcerosa, sottili, a colpo d’unghia nel Crohn ma è
sempre l’esame microscopico che dà la certezza e quindi anche qui: quali
sono gli elementi diagnostici
Per la Colite Ulcerosa sono :
• severa distorsione architetturale degli elementi ghiandolari
• diffusa diminuzione della densità numerica delle ghiandole stesse
• aspetto “villoso” ossia irregolare talora con erosioni o ulcere della
superfice epiteliale
• densa e diffusa infiltrazione infiammatoria della lamina propria
• severa deplezione dell’attività mucipara.
Per la malattia di Crohn:
•
•
•
•
granulomi epitelioidei
distorsione discontinua degli elementi ghiandolari
infiammazione discontinua
focale criptite
Questi,in sintesi sono gli elementi morfologici che permettono di porre una
diagnosi differenziale, in particolare la severa distorsione architetturale degli
elementi ghiandolari è un elemento cardine nella diagnostica della colite
ulcerosa sebbene sia da ricordare come questa condizione patologica sia
suddivisibile in tre fasi morfologiche e cliniche vale a dire una Fase Attiva,
una Fase di Risoluzione ed una di Remissione o Quiescenza in cui da una
condizione di severa infiammazione si passa ad un ritorno verso la normalità
in cui tuttavia come elemento diagnostico fondamentale permane un severo
disturbo architetturale pur in presenza di un ritorno ad una normale attività
mucipara da parte degli elementi ghiandolari.
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Nel Crohn è soprattutto da valutare la segmentarietà del processo
infiammatorio nonché il riscontro di granulomi epitelioidei in cui va sempre
compiuta una colorazione di Ziehl - Neelsen per escludere una tubercolosi o
una micobatteriosi atipica.
In ultima analisi la diagnosi dipende dall’insieme di opinioni cliniche,aspetti
radiologici ed endoscopici, nonché di dati di laboratorio ( ricordiamo oggi
l’importanza dei dati relativi ad ANCA ed ASCA ) ma soprattutto dall’esame
di multiple biopsie coliche e, nel caso del Crohn anche della mucosa dell’ileo
terminale, ma anche dall’esperienza del patologo.
Una piccola appendice a questa esposizione è quella relativa al termine di
“colite indeterminata “ vale a dire quel termine che viene utilizzato oggi
sempre più frequentemente nel caso in cui non si riesca a definire se ci si
trovi davanti ad un Crohn o ad una Colite Ulcerosa.
Originariamente il termine è stato formulato da Price per essere usato solo su
pezzi operatori in casi operati per colite fulminante, successivamente il
termine è stato applicato anche su materiale bioptico ingenerando molteplici
problemi interpretativi; in una recente review sull’ argomento ( Challenges in
Inflammatory Bowel Disease 2001 ) due illustri specialisti B. Warren e N.A.
Sheperd
nel capitolo dedicato alla diagnostica istopatologica iniziano il
problema con la domanda “ esistono coliti indeterminate o patologi
indeterminati ? “ proponendo di ritornare alla primitiva formulazione di Price,
e cioè di non usare più il termine in casi bioptici e di usarlo solo su pezzi
operatori; personalmente siamo perfettamente d’accordo con questa
posizione che invece di coprire una deficienza; impone al patologo di
esprimere una diagnosi ; nel caso di dubbio tra Crohn e Colite Ulcerosa è
preferibile il termine di Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale I.B.D. ; nel
tempo con ulteriori biopsie si arriverà ad una diagnosi definitiva.
Un ultimo settore da esaminare è quello rappresentato dall’individuazione di
lesioni precancerose più frequenti nella colite ulcerosa ( 3-4% dei casi).
Queste lesioni sono soprattutto ad appannaggio di soggetti giovani che
hanno una durata di malattia di almeno 10 anni e soprattutto una pancolite.
Le lesioni precancerose sono individuabili macroscopicamente sotto due
forme : su mucosa piatta o su massa , in ogni caso l’elemento diagnostico
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fondamentale è il riscontro istologico di “DISPLASIA” con questo termine si
intende indicare l’insieme di tre fattori morfologici:
• ANOMALIE ARCHITETTURALI
• ANOMALIE DIFFERENZIATIVE
• ANOMALIE CITOLOGICHE
questi tre elementi consentono di identificare una condizione displastica
suscettibile di evoluzione in senso neoplastico ossia tumorale.
Attraverso consensus conference, riunioni cioè di esperti del settore, si è
stabilito di dividere la displasia in due forme :
• displasia di grado lieve
• displasia di grado severo
sulla base della loro identificazione si può porre una valida base operativa per
il paziente. È da sottolineare che l’individuazione sicura della displasia è
estremamente difficile, talora soggettiva e non va mai posta nelle fasi attive
della malattia in cui può essere facilmente confusa con forme rigenerative
marcate. Molto è basato sull’esperienza del patologo.
Sono state proposte molte indagini supplementari di biologia molecolare o
citofluorimetria , ma come ammonisce un grande del settore quale il Prof. K.
Geboes di Lovanio, considerare le metodiche addizionali sempre con molta
prudenza “ il semplice riconoscimento
morfologico
con normale
Ematossilina ed Eosina della displasia nelle biopsie endoscopiche rimane
ancora oggi l’elemento più importante per il trattamento del rischio di cancro
nelle IBD.
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Sulla base di queste considerazioni è stato postulato una schema a sfondo
prognostico così formulabile:
Mucosa negativa per
displasia
Mucosa normale
Continuo regolare followup
Colite quiescente
Colite attiva
Mucosa indefinita per
displasia
Probabilmente negativa
Follow-up a brevi
intervalli
Dubbia
Probabilmente positiva
Positiva per displasia
Basso grado
Alto grado
Follow-up brevi o
considerare la possibilità
di colectomia, soprattutto
con lesioni su massa
Colectomia
Quelle elencate sono le caratteristiche morfologiche che permettono di poter
porre diagnosi di colite idiopatica ( Crohn o Colite Ulcerosa ) e di
differenziarla da altre forme di colite ricordando come il termine di colite
indeterminata sia da attribuire solo a quelle forme operate in fase di acuzie in
cui gli aspetti morfologici non permettono inizialmente di differenziare tra
Crohn e Colite Ulcerosa elemento questo molto importante per il successivo
intervento chirurgico definitivo in cui l’esecuzione di una pouch è possibile
solo nei casi di Colite Ulcerosa.
In ultima analisi ciò che conta è l’esperienza del vostro patologo di riferimento
e soprattutto un ottimo lavoro di equipe tra i differenti specialisti chiamati alla
diagnosi e al trattamento nell’interesse ultimo del paziente.
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