Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo

Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo
Inquadramento nosografico clinico
Giovanni Valeri
UOC Neuropsichiatria Infantile
IRCCS – OPBG
2015
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
•  Disfunzioni Sessuali •  Disforia di Genere •  Disturbi da Comportamento •  Disturbi del Neurosviluppo Dirompente, del Controllo degli •  Disturbi dello Spe;ro della Impulsi, e della Condo;a Schizofrenia e altri Disturbi •  Disturbi CorrelaB a Sostanze e PsicoBci Disturbi da AddicBon •  Disturbi Bipolari •  Disturbi NeurocogniBvi •  Disturbi Depressivi •  Disturbi di Personalità •  Disturbi d’Ansia •  Disturbo Ossessivo-­‐Compulsivo •  Disturbi Parafiliaci •  Altri Disturbi Mentali •  Disturbi DissociaBvi •  Disturbi del Movimento IndoQ •  Disturbi da sintomi SomaBci da Farmaci o altri reazioni •  Disturbi dell’Alimentazione avverse ai Farmaci •  Disturbi dell’Evacuazione •  Altre Condizioni di A;enzione •  Disturbi del Sonno-­‐Veglia Clinica DSM-­‐5 (APA, 2013) Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
DSM-5 (APA,
2013)
Disabilità IntelleQva Disturbi della Comunicazione Disturbi del Neurosviluppo Disturbi dello Spe;ro AuBsBco Disturbo da Deficit di A;enzione e iperaQvità Disturbo Specifico dell’Apprendimento Disturbi Motori Altri disturbi dello Sviluppo Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
DSM-5 (APA, 2013)
Disturbi della Comunicazione Disturbo del Linguaggio Disturbo FoneBco-­‐
Fonologico Disturbo della Fluenza Verbale con esordio nell’infanzia Disturbo Socio PragmaBco ComunicaBvo (DSPC) Disturbo della Comunicazion
e Non Specificato Social (Pragma-c) Communica-on Disorder (SPCD) Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
A.  P r e s e n t i d i f f i c o l t à n e l l ’ u s o s o c i a l e d e l l a
comunicazione verbale e non verbale
come
manifestato da tutti i seguenti elementi :
1.  Deficit nell’uso della comunicazione per scopi sociali,
come salutarsi e scambiarsi informazioni, con
modalità appropriate al contesto sociale.
2.  Compromissione della capacità di modificare la
comunicazione al fine di renderla adeguata al
contesto o alle esigenze di chi ascolta, come parlare
diversamente a seconda che ci si trovi in un’aula
scolastica o in un parco giochi, parlare con un
bambino diversamente da come si parla con un
adulto, ed evitare l’uso di un linguaggio troppo
formale.
segue…
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
… A.
3. D i ff i c o l t à n e l s e g u i r e l e r e g o l e d e l l a
conversazione e della narrazione, come rispettare
i turni in una conversazione, riformulare una frase
quando male interpretata e saper utilizzare i
segnali verbali e non verbali per regolare
l’interazione.
4. Difficoltà nel capire ciò che non viene dichiarato
esplicitamente (per es., fare inferenze) e i
significati non letterali o ambigui del linguaggio
(per es., idiomi, frasi umoristiche, metafore,
significati molteplici la cui interpretazione dipende
dal contesto).
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
PRAGMATICA
COMPETENZA
SOCIO-COMUNICATIVA
COMPETENZA
SOCIO-LINGUISTICA
ETNOLINGUISTICA
ABILITA’ DI USARE IL LINGUAGGIO E LA COMUNICAZIONE (VERBALE E NON VERBALE) CONSIDERANDO IL CONTESTO, LE INTENZIONI E I BISOGNI DEGLI INTERLOCUTORI. Breve excursus storico….
1930 1940 Morris : Semeiotica
Sintassi (Segni
S-S)
Semantica (SReferenti)
Pragmatica (SUtenti)
1962 JL AusBn (1962): How yo things with words a6 linguis-ci (Speach acts)
Searle (1969; 1975) Grice (1975; 1989) Sperber, Wilson (1986, 1995) •  La supposizione fondamentale da cui parte la
pragmatica è che, all’interno di una determinata
situazione comunicativa, due interlocutori non solo
formulano enunciati con adeguata struttura
morfosintattica e semantica, ma compiono anche
dei veri e propri «atti», denominati «atti
linguistici» (Speech Acts), che costituiscono
l’unità di base dello studio della Linguistica
pragmatica.
La pragmatica quindi non si occupa della lingua intesa come
sistema di segni, ma studia come e per quali scopi la
lingua venga utilizzata e in che misura soddisfi esigenze e
finalità comunicative.
L a pragmatica si occupa di come il contesto influisca
sull’interpretazione dei significati. Per «contesto» si intende
l’insieme dei fattori linguistici ed extralinguistici (psicologici,
sociali, ambientali) che influenzano gli atti linguistici.
Non vi è ancora un consenso unanime su come
definire la pragmatica v. testi di riferimento
(Levinson, 1983; Ninio e Snow, 1996; Ochs e
Schieffelin, 1979, Ariel , 2010)
Una delle questioni principali è se essa sia un
oggetto autonomo di studio oppure se sia
solamente tutto ciò che rimane dopo aver preso
in considerazione gli aspetti del linguaggio che
sono maggiormente definiti e definibili, come la
fonologia, la semantica e la morfo-sintassi.
•  Pragmatica component, o perspective (Mey,
1998):
-  Nella visuale “component” , che si basa
essenzialmente su una concezione «modulare»
della linguistica, ogni dominio (e dunque anche
la pragmatica) ha un proprio ambito e metodo;
-  secondo la visuale «prospettica», la
pragmatica è il fondamento, la matrice, una
sorta di «ombrello» che copre ogni area
linguistica.
la pragmatica è una disciplina che coinvolge filosofia,
linguistica, psicologia, sociologia e antropologia, e
ultimamente anche le neuroscienze, e il cui
oggetto non è ancora distintamente definito.
Tradizionalmente si sono considerati come afferenti
alla pragmatica tre tipi principali di fenomeni
linguistici: la deissi, gli atti linguistici e gli
impliciti (Levinson, 1983)
Attualmente i fenomeni studiati dalla pragmatica si
sono ampliati e, soprattutto, cominciamo a
disporre di evidenze empiriche e modelli teorici
relativi allo sviluppo della competenza
pragmatica
(Barbieri e Di Sano, 2008; Matthew, 2014).
•  Umberto Eco (I limiti dell’interpretazione, 1990):
•  «Dire che la pragmatica è la dimensione della semiotica non
significa privarla di un oggetto. Significa invece che
l’approccio pragmatico ha a che vedere con la totalità della
semiosi, la quale, per essere compresa pienamente, deve
essere avvicinata anche da un punto vista pragmatico. La
sintattica e la semantica, quando si trovano in splendido
isolamento, diventano discipline “perverse”»
LO SVILUPPO DELLA PRAGMATICA •  L’accumularsi di evidenze empiriche sul ruolo
della pragmatica nell’acquisizione del linguaggio
pone ormai vincoli che non possono più essere
ignorati dalle teorizzazioni filosofiche o linguistiche
•  (v. Matthew, 2014; Tomasello, 2003; 2008; 2014).
•  Oggi sappiamo che, l’infante, il bambino piccolo
(dalla nascita a circa 18 mesi) ha una forte
motivazione a comunicare e questo determina
che lo sviluppo della pragmatica inizi molto presto
nell’ontogenesi.
Bates, Camaioni, Volterra 1975 The acquisition of
performatives prior to speech
Bruner 1975, The ontogenesis of speech acts
Bates 1976 Language and context the acquisition
of pragmatics
•  Può essere utile suddividere la
riflessione sullo sviluppo della
pragmatica in due aspetti:
•  Fondamenti Filogenetici ed
Ontogenetici della pragmatica
•  Sviluppo della Convenzionalità
comunicativa
FILOGENESI DELLA PRAGMATICA: LE
ORIGINI DELLA COMUNICAZIONE UMANA
•  La comunicazione umana è evolutivamente
stratificata, composta da livelli di competenze di
diverso tipo, che probabilmente sono emerse in
epoche diverse della nostra storia evolutiva.
•  ( Hauser, Chomsky e Fitch, 2002; Bickerton,
2104; Tomasello, 2008; 2014).
•  Il linguaggio va considerato indissolubilmente
connesso al suo contesto pragmatico e interattivo,
e inoltre va sempre visto all’interno di sistemi
multi-modali di comunicazione (Levinson e
Holler, 2104).
Il contesto ecologico di base per l’uso del linguaggio si
trova nelle interazioni faccia a faccia: questa è la
«nicchia ecologica» in cui le lingue sono apprese e in
cui si verifica gran parte del!’uso del linguaggio.
•  In questa nicchia, la produzione linguistica si verifica
sempre con il coinvolgimento non solo del tratto vocale
e dei polmoni, ma anche del tronco, della testa, del
viso, degli occhi e delle mani. La postura eretta
permette di utilizzare nella comunicazione l’intera
superficie ventrale del corpo. La produzione del
parlante è sempre multi-modale
•  Il parlato (speech) è solo un sistema nel sistema
di sistemi che costituisce la comunicazione umana
e, date le sue origini recenti, è ragionevole
aspettarsi che si tratti di un livello emerso in
ritardo su altri sistemi.
•  V. la teoria gestuale delle origini linguistiche
• 
(Tylor, 1865; Kendon, 2004; Armstrong e Wilcox, 2007;
Sterelny, 2012; Corballis, 2002; Arbib, 2005; Corballis, 2009;
Kendon, 2004; Arbib. 2005; Armstrong e Wilcox, 2007;
Corballis, 2002; 2009; Sterelny, 2012).
•  Call e Tomasello (2003) hanno evidenziato che tra
i primati gli atti comunicativi intenzionali sono
segnalati in gran parte con mezzi non-vocali, in
particolare con le mani, anche se alcuni studi
recenti (Gruber e Zuberbuhler, 2013; Schel et al.
2013) hanno evidenziato il carattere intenzionale
di almeno alcune vocalizzazioni nei primati.
•  L’alternanza del turno è presente già nella
prima infanzia, certamente entro il primo anno e
ben prima della produzione delle prime parole
(Snow, 1977).
•  Nonostante la presenza di elementi precursori in
altre specie di primati, nel suo insieme
l’interazione e la comunicazione umana, presenta
caratteristiche specifiche.
•  Ad esempio, la tolleranza o addirittura aspettativa
dello sguardo reciproco è di importanza
fondamentale negli esseri umani (Argyle e Cook,
1976), ma si verifica molto meno in altri primati
(Nettle, Cronin e Bateson, 2013).
•  L’evoluzione della sclera bianca dell’occhio
umano è in rapporto alla migliore capacità di
rilevamento dello sguardo (Kobayashi e
Koheshima, 2001); alcune ricerche hanno
evidenziato che i neonati umani sono sensibili
alla differenza tra sguardo diretto e sguardo
deviato appena 2-5 giorni dopo la nascita
(Farroni et al., 2002).
•  La rapidità dell’alternanza dei turni, nonostante l’enorme
variabilità dei contenuti comunicativi, lo scambio multimodale di segnali vocali e visivi (tramite mani, viso e
corpo) e l’enorme quantità di tempo e di sforzo investito
nella comunicazione, sembra senza paralleli tra gli altri
primati.
•  Le competenze sottostanti questa specificità della
comunicazione umana sono state variamente definite; ad
esempio, Levinson (2006) ha proposto il concetto di
interaction engine, il motore dell’interazione. Tomasello
(2008; 2014) quello di motivazione prosociale e di
intenzionalità condivisa.
•  Le competenze sottostanti questa specificità
della comunicazione umana sono state
variamente definite;
•  Levinson (2006) ha proposto il concetto di
interaction engine, il motore dell’interazione.
•  Tomasello (2008; 2014) quello di motivazione
prosociale e di intenzionalità condivisa.
A.  P r e s e n t i d i f f i c o l t à n e l l ’ u s o s o c i a l e d e l l a
comunicazione verbale e non verbale
come
manifestato da tutti i seguenti elementi :
1.  Deficit nell’uso della comunicazione per scopi sociali,
come salutarsi e scambiarsi informazioni, con
modalità appropriate al contesto sociale.
2.  Compromissione della capacità di modificare la
comunicazione al fine di renderla adeguata al
contesto o alle esigenze di chi ascolta, come parlare
diversamente a seconda che ci si trovi in un’aula
scolastica o in un parco giochi, parlare con un
bambino diversamente da come si parla con un
adulto, ed evitare l’uso di un linguaggio troppo
formale.
segue…
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
… A.
3. D i ff i c o l t à n e l s e g u i r e l e r e g o l e d e l l a
conversazione e della narrazione, come rispettare
i turni in una conversazione, riformulare una frase
quando male interpretata e saper utilizzare i
segnali verbali e non verbali per regolare
l’interazione.
4. Difficoltà nel capire ciò che non viene dichiarato
esplicitamente (per es., fare inferenze) e i
significati non letterali o ambigui del linguaggio
(per es., idiomi, frasi umoristiche, metafore,
significati molteplici la cui interpretazione dipende
dal contesto).
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
B. I deficit causano limitazioni funzionali dell’efficacia della
comunicazione, della partecipazione sociale,delle relazioni
sociali, del rendimento scolastico o delle prestazioni
professionali, individualmente o in combinazione.
C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello
sviluppo (ma i deficit possono non manifestarsi pienamente
fino al momento in cui le esigenze di comunicazione sociale
eccedano le capacità limitate).
D. I sintomi non sono attribuibili a un’altra condizione medica o
neurologica o a basse capacità negli ambiti della struttura della
parola e della grammatica, e non sono meglio spiegati da
disturbo dello spettro dell’autismo, disabilità intellettiva
(disturbo dello sviluppo intellettivo), ritardo globale dello
sviluppo o da un altro disturbo mentale.
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
Prima del DSM-5
•  Disomogeneità nella terminologia.
-  Sindrome da deficit semantico-pragmatico
e Allen, 1983);
- Disturbo semantico-pragmatico
Rosenbloom, 1987);
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
(Rapin
(Bishop e
•  Deficit Semantici e Pragmatici
•  Verbosità, deficit comprensione del
discorso, atipie semantiche, deficit accesso
lessicale, atipie prosodiche, deficit
competenze conversazionali, scarsa
coerenza narrativa.
•  Adeguate competenze
Fonologiche e Sintattiche
Pragmatico VS Semantico
CCC Children’s Communication
Checklist (Bishop, 1998): item semantici
non differenziavano bambini con
sviluppo tipico da coetanei con DSL.
Proposta: considerare separatamente
ambito PragmaBco da quello SemanBco Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
Pragma4c Language Impairment (PLI) Termine usato per riferirsi a bambini che:
Presentano difficoltà primarie nell’uso sociale del linguaggio e della comunicazione Non soddisfano i criteri per una diagnosi di Disturbo dello Spe;ro AuBsBco (ASD) Molti in passato hanno presentato problemi di linguaggio
strutturale (Norbury et al., 2004)
Proposta: inserire PLI nell’ICD-11 (WHO, 2013)
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
DSM-5: perché nuova categoria
diagnostica?
Disturbo Socio-­‐PragmaBco ComunicaBvo IdenBficare e dare un nome alle difficoltà dei bambini che non soddisfano i criteri di precedenB categorie diagnosBche Perme;ere ai bambini con deficit socio-­‐comunicaBvi e pragmaBci di giovarsi di terapie e specifici supporB educaBvi. Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
Valutazione e diagnosi
Competenze socio-comunicative e pragmatico/
linguistiche, difficili da misurare in modi
standardizzati:
• fortemente dipendenti dal contesto;
• caratterizzate da regole implicite e dinamiche
(vs strutturazione del momento di valutazione)
• sensibili a variazioni culturali;
• difficoltà reperimento dati normativi.
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
Età di diagnosi e decorso
Diagnosi possibile dai 4-5 anni (sviluppo di
sufficienti competenze linguistiche
MA
Forme lievi: non evidenti prima dell’adolescenza.
Traiettorie evolutive ed esito ancora non
sufficientemente noti (estrema variabilità).
Deficit precoci correlati a maggiore compromissione
nelle relazioni sociali e nell’apprendimento.
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
DSPC e altri disturbi
Bambini con DSPC spesso presentano:
- Atipie nell’interazione sociale (vs ASD)
-  Storia di ritardo del linguaggio e/o presenza di
compromissione negli aspetti strutturali del linguaggio
( vs DSL);
•  condotte di evitamento delle interazioni sociali (vs
Disturbo Ansia sociale);
•  problemi comportamentali (vs ADHD e DC)
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
Diagnosi differenziale
•  ASD: interessi e comportamenti ristretti e
stereotipati (RRBIs), anche pregressi;
•  ADHD: uso sociale della comunicazione
deficitario dovuto all’impulsività, iperattività e/o
disattenzione;
•  Disturbo Ansia Sociale: fondamentale l’età
di comparsa sintomi;
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
Criticità:
1.  Differenze terminologiche; 2.  Confini diagnosBci non chiari; ES. Sovrapposizione criteri diagnosBci per DSL e ASD (diagnosi differenziale); 3. Criteri inclusione/esclusione; 4. Divergenze dei modelli teorico-­‐clinici; 5.  I bambini con DSPC riceveranno terapie e supporto educaBvo necessari? Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
Questioni controverse
•  Competenze socio-­‐comunicaBve e competenze pragmaBco-­‐linguisBche: manifestazioni dello stesso processo cogniBvo so;ostante? •  Competenze pragma&co-­‐linguis&che altamente prediQve della competenza sociale nella popolazione generale (Ketelaars et al., 2002). •  ASD (ALN vs ALI)
•  prove di pragmatica linguistica
(comprensione di metafore) correlate
al livello di competenza nel linguaggio
strutturale più che alla capacità di
TdM
•  (Norbury, 2004)
•  ALN = TD
•  ALI < TD
•  Nel DSM 5 la richiesta della presenza di deficit in entrambe le aree (socio-­‐comunicaBva e pragmaBco-­‐linguisBca) rischia di precludere la diagnosi di DSPC a bambini con competenze linguisBche stru;urali nella o sopra la media. DSPC e ASD
Rischio: DSPC considerata come categoria residuale
degli ASD (come DGS-NAS) (Skuse, 2012).
Diagnosi differenziale con ASD: assenza, anche
pregressa, di RRIBs.
Studi con ADOS e SCQ:
a. no differenze nell’area dei RRIBs tra bambini con DGS/
ASD e bb con DSPC (Reisinger, 2011);
b. frequenza RRIBs in bb con PLI minore che nei bb con
DGS/ASD (criteri DSM-IV-TR) (Bishop et al., 2002);
Ma nel gruppo PLI: atipie ling strutturale, ling stereotipato,
interessi sensoriali atipici
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
•  Studi con Repe44ve Behaviour Ques4onnaire-­‐2: •  differenza tra bb ASD e DSPC a 6-­‐11 anni (Gibson, 2013). •  Ma non conosciamo la frequenza di RRBI nei bambini a ST sviluppo Bpico DSPC e DSL
DSL: presenti deficit in una qualsiasi delle
tre aree: lessico, sintassi e discorso.
Sovrapposizione diagnostica
• Competenze narrative e conversazionali
fanno parte dell’area del discorso.
• Bambini con DSL presentano spesso deficit
nella comunicazione, nell’interazione e nella
cognizione sociale e difficoltà in aspetti
pragmatici del linguaggio.
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
•  DSL simili a DSPC in prove PragmaBco-­‐
LinguisBche (inferenze, ling implicito, ling figurato, narrazione): basse performance Prove evidenB della differenza tra DSL e DSPC: analisi di appropriatezza conversazionale: alternanza turno, risposte apertura conversazionali, comunicaz non verbale (Adams et al., 1989; Bishop et al., 2000). DSPC e altri disturbi
Deficit socio-­‐comunicaBvi e pragmaBci presenB anche in bb con: -­‐  ADHD (Bishop et al., 2001; Leonard et al., 2011); -­‐  Disturbo CondoFa (Donno et al., 2010; Oliver et al., 2011); -­‐  Sindrome di Williams (John et al., 2009; Philofsky et al., 2007); -­‐  Trauma Cranico (Dennis et al., 2001); -­‐  Spina Bifida/Idrocefalo (Holck et al., 2009). Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
•  CCC e CCC-­‐2 uBli per idenBficare diversi profili qualitaBvi per specifiche diagnosi cliniche. •  Non evidenze di profili pragmaBci specifici per gruppi clinici (studi con CCC) (Bishop et al., 2001). Ipotesi di intervento
The Social Communication Intervention Project:
a randomized controlled trial of the effectiveness
of speech and language therapy for school-age
children who have pragmatic and social
communication problems with or without autism
spectrum disorder (Adams,2012)
Obiettivo: valutare l'efficacia di un intervento intensivo
manualizzato sulla comunicazione sociale e sul linguaggio per
migliorare:
• 
Abilità linguistiche
• 
Semantiche /Pragmatiche
•  Aspetti dell’interazione e interpretazione sociale
METODI E PROCEDURE
DELL'INTERVENTO
88 bb con PLI (6-­‐11 ANNI) RandomizzaB GRUPPO SPERIMENTALE SCIP GRUPPO DEL TRATTAMENTO AS-­‐USUAL Entrambi i gruppi (SCIP e AS Usual ) venivano valutaB: • T0: baseline • T1: immediatamente post intervento • T2:6 mesi follow-­‐up INTERVENTO SCIP
Fasi dell’intervento
RISULTATI
I bambini che avevano seguito l'intervento SCIP
miglioravano:
•  Qualità della conversazione
•  Funzione pragmatica- socio-comunicativa riportata
dai genitori
•  Capacità di apprendimento riportate dagli insegnanti
•  Nessun miglioramento: struttura del linguaggio e
abilità narrativa
Implicazioni cliniche
Probabile overlap tra PLI e ASD
(non è stato utilizzato l'ADOS-G)
Lo studio NON AVEVA l'obiettivo di trattare le
compromissioni socio-comunicative /modificare la
sintomatologia autistica
Lo SCIP potrebbe migliorare le abilità sociocomunicative anche nei ASD
CONCLUSIONI
•  Ancora scarse le evidenze a
sostegno della validità della categoria
diagnostica del DSPC.
•  Modello CATEGORIALE vs
DIMENSIONALE
Conclusioni
La ricerca dovrebbe:
• Descrivere in maniera più unitaria il fenomeno clinico
• Sviluppare strumenti di valutazione validi e attendibili al
fine di migliorare attendibilità della diagnosi;
• Individuare e confrontare i profili socio-comunicativi e
pragmatici specifici per i disturbi del neurosviluppo;
• Tracciare traiettorie evolutive e monitorare stabilità della
diagnosi nel tempo.
• Progettare interventi terapeutici specifici (v. SCIP)
Il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo: inquadramento nosografico e clinico
G. Valeri e L. Marotta
I DISTURBI DELLA
COMUNICAZIONE