PAZIENTE IPERURICEMICO E GOTTOSO: FACCIAMO IL PUNTO CORSO DI FORMAZIONE A DISTANZA a cura di Giovambattista Desideri Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila UO Geriatria, Ospedale SS. Filippo e Nicola, Avezzano, L’Aquila Arrigo Lombardi Medico di Medicina Generale, ASL 10 Firenze, Specialista in Reumatologia Donatella Alesso Responsabile Formazione FIMMG/Metis Si ringrazia il Prof. Cimmino per l’iconografia fornita CORSO DI FORMAZIONE A DISTANZA PAZIENTE IPERURICEMICO E GOTTOSO: FACCIAMO IL PUNTO ORE DI FORMAZIONE: 15 CREDITI ECM EROGATI: 15 PERIODO FORMATIVO: 10 MAGGIO - 31 DICEMBRE 2012 MATERIALE DIDATTICO: FASCICOLO DI STUDIO IN FORMA CARTACEA ED ELETTRONICA L’accreditamento ECM (Educazione Continua in Medicina) è stato effettuato dal Provider Metis Srl Società Scientifica dei Medici di Medicina Generale ID AGE.NA.S.: 247 CODICE IDENTIFICATIVO EVENTO: 29430 PROCEDURA DI VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO ECM: questionario on-line con domande randomizzate a risposta multipla. MODALITA’ DI FRUIZIONE CARATTERISTICHE: Il corso è accreditato come progetto di Formazione a Distanza (FAD) con erogazione di crediti ECM validi sul territorio nazionale. Dopo aver approfondito i contenuti erogati tramite il fascicolo di studio, sarà possibile ottenere i crediti ECM collegandosi alla piattaforma FAD del provider Metis Srl secondo le modalità illustrate di seguito. REGISTRAZIONE SULLA PIATTAFORMA FAD Per iscriversi al corso ed ottenere i crediti ECM è sufficiente accedere alla pagina web http://www.fimmg.org/index.php?action=index&p=448 dove è a disposizione la documentazione necessaria all’apprendimento, le info per l’accesso e i questionari di apprendimento e di gradimento. I crediti verranno poi inviati alla chiusura del corso. OTTENIMENTO DEI CREDITI ECM: Per ottenere i crediti è necessario: • rispondere esattamente al 75% (soglia minima) delle domande del questionario di valutazione randomizzato; • compilare il test di valutazione della qualità percepita del corso (test “Customer satisfaction”). OBIETTIVI FORMATIVI: PERCORSI CLINICO-ASSISTENZIALI/DIAGNOSTICI/RIABILITATIVI, PROFILI DI ASSISTENZA - PROFILI DI CURA 3 Programma di Formazione a Distanza reso possibile grazie ad un contributo educazionale non condizionante di A. MENARINI Industrie Farmaceutiche Riunite s.r.l. TUTTI I DIRITTI RISERVATI Edizione fuori commercio. Omaggio ai Sigg. Medici E’ vietata la riproduzione di questo Corso o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo fotocopie, microfilm, registrazioni o altro, senza l’autorizzazione di Metis. RAZIONALE del corso: Il medico di medicina generale rappresenta sicuramente la figura di riferimento per la diagnosi, la terapia ed il follow up dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta), al punto che si potrebbe affermare che il paziente non si rivolge ad altro specialista per tale patologia. L’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) è una malattia conosciuta sin dai tempi di Ippocrate che la descriveva come l’artrite dei ricchi. Però nel tempo l’attenzione verso questa malattia è andata scemando. In realtà, negli ultimi anni si assiste ad un’inversione di tendenza dovuta al sommarsi di vari fattori: il diffondersi della sindrome metabolica, il consumo di alimenti e bevande contenenti fruttosio o ricchi di purine, di alcolici (in particolare birra) e di alcuni farmaci (in particolare diuretici tiazidici). Inoltre è stata osservata una correlazione tra l’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) e un aumentato rischio di morbi-mortalità cardiovascolare, per cui è raccomandabile una particolare attenzione sia del controllo dei normali valori di uricemia (≤6,0 mg/dl) sia dei fattori di rischio cardiovascolari nei pazienti affetti da iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta). Questi pazienti sono infatti 2 volte più a rischio rispetto ai pazienti senza iperuricemia e deposito di urato ad avere una malattia coronarica. In recenti studi clinici è stato inoltre dimostrato un aumento significativo del rischio di infarto miocardico in pazienti con iperuricemia cronica e deposito di urato, anche dopo aver controllato gli altri fattori tradizionali di rischio cardiovascolare. Malgrado ciò, in un’autovalutazione condotta nell’ambito di audit periodici di Netaudit, già da una ricerca preliminare emerge una sconcertante mancanza di punti di riferimento per il corretto management di questa malattia da deposito di urato ed un scarso aggiornamento scientifico di supporto sui farmaci ipouricemizzanti tradizionalmente usati per la cura della malattia. Eppure l’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta), malattia cronica e multisistemica, è una forma comune di artrite, che colpisce l’1-2% dei soggetti adulti nei Paesi industrializzati, in cui rappresenta l’artrite infiammatoria più frequente nella popolazione maschile. È 4 diventata frequente anche in altre parti del mondo, come la Cina, la Polinesia, la Nuova Zelanda e le aree urbane dell’Africa sub-sahariana. La prevalenza dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) è molto più elevata tra gli uomini che tra le donne e aumenta con l’età. Nelle donne si sviluppa prevalentemente dopo la menopausa, perché la caduta degli estrogeni, ormoni con effetto uricosurico, incrementa l’uricemia. Negli ultimi 10 anni, l’epidemiologia dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) sembra essersi modificata e sono stati compiuti notevoli progressi nella conoscenza della malattia. I dati mostrano un aumento della prevalenza dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) potenzialmente attribuibile a modificazioni della dieta e dello stile di vita, al miglioramento delle cure mediche e all’incremento della longevità. In Inghilterra, fra il 1970 e il 1990 i tassi di iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) sono aumentati dallo 0,3% all’1,0% della popolazione totale e un andamento simile è stato descritto negli Stati Uniti durante gli anni ’90, particolarmente negli uomini di età superiore a 75 anni nei quali i tassi sono pressoché raddoppiati, passando dal 2,1% nel 1990 al 4,1% nel 1999. Nel Regno Unito, tra il 2000 e il 2005 è stato stimato che l’1,4% della popolazione fosse affetto da iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta). L’abuso di alcol e gli eccessi alimentari sono stati messi da tempo in relazione con l’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta). La prevalenza della malattia negli uomini aumenta sia con l’elevato consumo di carne, frutti di mare e fruttosio sia con l’assunzione di birra e alcolici, mentre le verdure ad alto contenuto purinico e il consumo moderato di vino non hanno alcun effetto. I tassi di iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) aumentano con l’incremento dell’indice di massa corporea, e si riducono con il calo ponderale. Il consumo di latticini, vitamina C e caffè, compreso quello decaffeinato, è associato a una riduzione dell’uricemia, della prevalenza dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) o di entrambe. L’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) è una malattia cronica, frequentemente asintomatica, ma che nel suo subdolo percorso clinico può provocare attacchi di artrite acuta e comportare artropatia e nefropatia cronica, fino a severe e debilitanti complicanze a livello articolare ed extra-articolare. La gotta ha di base un disordine del metabolismo delle purine ed è la conseguenza della deposizione di cristalli di urato nei tessuti dell’organismo, causato a sua volta da un’iperuricemia di lunga durata. L’iperuricemia cronica con e senza deposito di urato sono associate ad altre condizioni patologiche, quali ipertensione, diabete mellito, sindrome metabolica e malattie renali e cardiovascolari. Tali condizioni patologiche, a loro volta, pos- 5 sono aumentare il rischio di insorgenza dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta). Quando le concentrazioni sieriche di acido urico si riducono al di sotto del punto di saturazione dell’urato monosodico (≤6,0 mg/dl), i cristalli si dissolvono e la gotta può essere curata. L’educazione del paziente, i consigli riguardo uno stile di vita appropriato ed il trattamento delle comorbilità sono elementi importanti nella gestione dei pazienti con iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta). In particolare è importante l’aderenza alla terapia ipouricemizzante, che spesso viene abbandonata spontaneamente dal paziente per effetti indesiderati o per interazione con altri farmaci o per la mancanza di segni clinici legati alla malattia gottosa, dal momento che essa è spesso asintomatica nel suo decorso clinico. Risultati di studi hanno dimostrato che solo il 30-60% dei pazienti riceve ancora allopurinolo un anno dopo l’inizio della terapia e che il trattamento dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) è frequentemente inappropriato o limitato alla sola cura delle possibili fasi acute. Pertanto, l’educazione del paziente sembra essere un punto cruciale nella gestione dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta): ogni paziente dovrebbe essere adeguatamente informato riguardo alla malattia, alla sua curabilità, agli obiettivi terapeutici, agli aspetti pratici della terapia farmacologia ipouricemizzante, alle modalità con cui prevenire e gestire le fasi acute e all’importanza dello stile di vita e della dieta. I dati epidemiologici sottolineano l’importanza dei fattori dietetici nella patogenesi dell’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta), evidenza che ha portato all’elaborazione di raccomandazioni riguardanti la progressiva riduzione del peso corporeo per i pazienti in sovrappeso e l’abolizione/moderazione del consumo di birra, alcolici, analcolici contenenti fruttosio, carne rossa e frutti di mare. La gestione delle comorbilità è di grande importanza per il miglioramento della prognosi cardiovascolare. Alla luce di quanto riportato, appare evidente come il MMG sia e rimanga il professionista più indicato sia per la gestione e l’appropriato trattamento ipouricemizzante cronico sia per la diagnosi precoce, possibilmente in medicina di iniziativa, della malattia gottosa. Poiché negli anni l’attenzione scientifica si è maggiormente focalizzata su altre patologie croniche metaboliche, quali diabete e dislipidemie (anche a causa di un limitato ventaglio terapeutico nei confronti dell’iperuricemia) ne è derivato che l’iperuricemia cronica con deposito di urato (gotta) è attualmente sottostimata e la sua severità sottovalutata sia dal paziente, sia dal medico, che. Partendo dalle premesse sopra riportate è stato definito ed articolato in fasi sequenziali di seguito elencate e sinteticamente descritte un progetto formativo. 6 INDICE Paziente iperuricemico e gottoso: facciamo il punto 5 Nuova giovinezza per una malattia antica 6 La “nuova faccia” della gotta: le malattie cardiovascolari 7 Iperuricemia e Gotta: una relazione “complessa” 8 Il metabolismo dell’acido urico 9 La clearance renale dell’acido urico 10 La fisiopatologia dell’artrite gottosa 11 La clinica dell’attacco acuto di gotta 12 Le localizzazioni dell’artrite gottosa 13 Le localizzazioni dei tofi gottosi 14 La storia naturale della gotta 15 La diagnosi di laboratorio dell’attacco acuto di gotta 16 La diagnostica strumentale della gotta - RX 17 La diagnostica strumentale della gotta: RM ed ecografia 18 La diagnosi differenziale dell’artrite gottosa 19 Le forme atipiche di artrite gottosa 20 Forse non tutti sanno che… 21 Iperuricemia cronica e rischio cardiovascolare 22 Iperuricemia cronica ed ipertensione arteriosa 23 7 8 Iperuricemia, obesità e dismetabolismo glicidico 24 Iperuricemia cronica e malattia renale 25 Iperuricemia cronica ed eventi cardiovascolari 26 Iperuricemia cronica e mortalità cardiovascolare 27 L’iperuricemia cronica è associata ad aumentata mortalità nello scompenso cardiaco 28 Trattamento dell’attacco acuto di gotta 29 Trattamento dell’attacco acuto di gotta - segue 30 Trattamento dell’iperuricemia cronica e prevenzione delle recidive gottose 31 La dieta nel trattamento dell’iperuricemia cronica 32 Trattamento farmacologico dell’iperuricemia cronica 33 Trattamento dell’iperuricemia cronica: gli inibitori della xantino-ossidasi 34 Allopurinolo 35 Febuxostat 36 Febuxostat vs allopurinolo: Studio FACT 37 Febuxostat vs allopurinolo: Studio APEX 38 Farmaci uricosurici e uricolitici 39 Forse non tutti sanno che… 40 Il MMG nella gestione dell’iperuricemia cronica con deposito 41 Paziente iperuricemico e gottoso: facciamo il punto La gotta è una malattia metabolica dovuta ad un disordine del metabolismo delle purine che porta alla deposizione di cristalli di urato monosodico a livello articolare, con sviluppo di una reazione infiammatoria (artrite gottosa), e nei tessuti extra-articolari con formazione di depositi denominati tofi. La prima descrizione della podagra, termine che definisce il tipico attacco artritico acuto a carico della prima articolazione metatarso-falangea, risale probabilmente agli Egizi. Il nome gotta, dal latino “gutta” (goccia), fu invece coniato dal monaco domenicano Randolfo di Bocking sulla scorta del convincimento molto in voga nel medioevo che l’eccesso di uno dei 4 “umori” dal cui equilibrio dipendeva il mantenimento dello stato di salute potesse portare al gocciolamento dell’umore medesimo nelle articolazioni dove determinava dolore e infiammazione. The King of diseases, The disease of Kings. Ippocrate viene considerato il “padre” della gotta che descrisse come “una malattia che rende impossibile la deambulazione” e ipotizzò legami tra la malattia e stili di vita e variabili demografiche. Enunciò i famosi aforismi ancora validi dopo 2500 anni: • gli eunuchi non ammalano di gotta • la donna fertile non ammala di gotta • il maschio giovane non ammala di gotta L’iperuricemia cronica con deposito di cristalli di urato - definizione fisiopatologica della gotta - fin dalle sue prime descrizioni è stata sempre associata ad uno stato di benessere socio-economico. Ippocrate la definì “artrite dei ricchi” per differenziarla dal reumatismo articolare acuto, “artrite dei poveri”. Nei secoli successivi è stata a lungo etichettata come “la malattia dei re e dei papi” a voler evidentemente sottolineare una associazione con un tenore di vita elevato tale da consentire abitudini alimentari piuttosto ricche. Ippocrate (Kos, 460 a.C. circa - Larissa, 377 a.C.) 9 Nuova giovinezza per una malattia antica Anche se nell’immaginario collettivo la gotta viene percepita spesso come una malattia del passato, in realtà è oggi è largamente diffusa: • colpisce l’1-2% della popolazione adulta nei paesi sviluppati • si stima che in Italia ne sia affetto circa un milione di individui • è la più frequente malattia articolare infiammatoria negli uomini e nelle donne dopo la menopausa. Negli ultimi 15-20 anni, tra le popolazioni dei paesi occidentali, vi è stato un raddoppio dei casi. Statistiche U.S.A. (N.I.H.) recenti dimostrano che il 3.9% degli adulti (età >20 anni) soffre di gotta e che 1 su 5 è iperuricemico. La prevalenza della gotta aumenta con l’età fino a raggiungere percentuali del 7% nei maschi di età >65 anni e del 3% nelle donne di età >85 anni. Da alcuni decenni a questa parte la gotta sta vivendo una nuova giovinezza perché da malattia di “pochi eletti” è diventata una patologia diffusa in tutti gli strati della popolazione. Le cause di questa rilevante diffusione vanno sostanzialmente ricercate tra le seguenti: • modificazioni delle abitudini dietetiche • diffusione epidemica dell’obesità • aumento dell’aspettativa di vita • utilizzo di diuretici ed aspirina a basse dosi che riducono l’eliminazione di acido urico con le urine • maggior frequenza di patologie che favoriscono l’accumulo di acido urico, come l’insufficienza renale • aumentata sopravvivenza per patologie correlate alla gotta, quali soprattutto la cardiopatia ischemica L’incremento della prevalenza della gotta si è verificato, in particolar modo, nella popolazione anziana: tra i 65 e i 74 anni l’aumento è stato del 40%, oltre i 75 anni del 100%. Madonna del Magnificat, Sandro Botticelli 10 La “nuova faccia” della gotta: le malattie cardiovascolari La tendenza dell’iperuricemia cronica con e senza deposito di cristalli di urato a combinarsi con i diversi fattori di rischio cardiovascolare, dall’ipertensione all’obesità, al diabete, e con le malattie cardiovascolari e renali è nota da oltre un secolo. A partire dagli anni Cinquanta-Sessanta un numero crescenti di studi epidemiologici ha dimostrato la stretta associazione tra i livelli circolanti di acido urico e malattie cardiovascolari. Conosciuta come malattia prevalentemente articolare, l’iperuricemia cronica con deposito di cristalli di urato nel corso degli ultimi anni è stata associata sempre più spesso alle malattie cardiovascolari, cerebrali e renali di cui condiziona in modo rilevante la prognosi: cardiopatia ischemia, scompenso cardiaco, ictus, deterioramento cognitivo, insufficienza renale. Già nel 1897 Davis, nel suo discorso presidenziale alla American Medical Association scriveva “High arterial tension in gout is due in part to uric acid or other toxic substances in the blood which increase the tonus of the [renal] arterioles” pur non avendo mai potuto dimostrare nella sua carriera un ruolo causale dell’acido urico in quanto a quei tempi non erano ancora disponibili farmaci efficaci nel ridurre l’uricemia. Se si considera che la clinica della iperuricemia non si esaurisce nella classiche manifestazioni da deposito articolare (artrite) o extraarticolare (tofi) appare evidente come debba essere posta particolare attenzione alla iperuricemia cronica oltre che alla gotta per sè. Per questo motivo si parla sempre più spesso di iperuricemia cronica con e senza deposito di urati ad indicare che anche indipendentemente dai segni clinici della gotta il monitoraggio dei livelli di acido urico, nel contesto del quadro cardiovascolare e renale globale del paziente, sia decisamente opportuno. Luigi XIV 11 Iperuricemia e Gotta: una relazione “complessa” Non necessariamente un iperuricemico è anche un gottoso nè un gottoso è necessariamente iperuricemico. • Frequenza dell’iperuricemia: 20-25% • Frequenza della gotta: 1-3% (paesi occidentali) • Rapporto Iperuricemia:gotta = 10:1 La dieta ha un ruolo non trascurabile, sia pur meno importante di quanto ipotizzato nel passato, nel favorire l’iperuricemia. Il consumo di carne, pesce, frutti di mare e di cibi ad alto contenuto di fruttosio e l’assunzione di birra e, più in generale, di alcolici aumentano i livelli di acido urico sia pur in modo non clamoroso. Ciò rende ragione di come nei paesi occidentali l’uricemia media sia sostanzialmente raddoppiata dagli inizi del Novecento ai giorni nostri con un trend in ulteriore aumento. Sebbene l’uricasi (urato-ossidasi), che trasforma l’acido urico nella più solubile allantoina, sia presente in quasi tutti gli organismi viventi, (vertebrati, invertebrati, batteri, funghi, piante), è assente in molti primati (in particolare nell’uomo) e nei cani dalmata. Nel genoma umano è presente un gene per l’urato ossidasi, reso non funzionale da due mutazioni. Secondo alcuni studi di paleontologia genetica la perdita del gene dell’uricasi, probabilmente verificatasi nel Miocene, in un periodo quindi compreso fra 10 e 20 milioni di anni fa, avrebbe rappresentato un vantaggio evolutivo in un momento in cui i primati che si alimentavano con cibi vegetali, e quindi poveri di sale, stavano assumendo la posizione eretta. L’aumento dell’uricemia conseguente alla scomparsa dell'uricasi avrebbe compensato l’iponatremia favorendo il mantenimento o l’innalzamento della pressione arteriosa rendendola, quindi, più adeguata all'ortostatismo. Un ulteriore beneficio deriverebbe dal fatto che l'acido urico, essendo un potente antiossidante, sarebbe in grado di contrastare i radicali liberi, aumentando l’aspettativa di vita e riducendo l'incidenza dei tumori. Voltaire 12 Il metabolismo dell’acido urico L’acido urico rappresenta, nell’uomo, il prodotto finale urinario del metabolismo delle purine. La concentrazione di acido urico nei liquidi corporei è il risultato dell’equilibrio tra ritmo di produzione e velocità di escrezione. Nell’uomo la quantità di acido urico è di 1,2 grammi (poco più della metà nella donna), con un turnover giornaliero di circa 0,7 grammi, di cui circa 2/3 escreti per via urinaria ed 1/3 per via intestinale (secrezione biliare, gastrica e intestinale). La forma circolante di acido urico è costituita quasi interamente dallo ione urato. A pH fisiologico ed a normale temperatura il limite di solubilità dell'urato è 6,8 mg/dl. A livello intestinale, la flora batterica residente degrada l’acido urico mediante un processo di uricolisi. Le purine endogene rappresentano la principale fonte di acido urico, con incremento nella produzione dipendente dall’attività sintetica e dal riciclo delle stesse. L’altra fonte di acido urico, quantitativamente minore, è rappresentata dalle purine esogene, introdotte con la dieta, mentre una piccola quota è di derivazione catabolica tissutale. Alessandro Magno 13 La clearance renale dell’acido urico L’acido urico è una molecola idrosolubile, con un basso legame con le proteine plasmatiche (circa 5%). Viene eliminato dal rene per mezzo di un complesso meccanismo. L’urato è filtrato liberamente dal glomerulo e oltre il 90% della quota filtrata viene attivamente riassorbito nel tubulo prossimale, in gran parte grazie ad uno specifico trasportatore denominato URAT-1. Nelle porzioni successive del tubulo, l’urato va incontro a secrezione attiva e a nuovo riassorbimento attivo, cosicché il risultato finale è una secrezione urinaria di urato pari a circa il 6-12% della quantità filtrata. I fenomeni di secrezione e riassorbimento attivi sono sensibili a numerosi molecole. Fattori che influenzano la clearance renale dell’urato: • riassorbimento tubulare di glucosio, fosfati, calcio, sodio, bicarbonato • secrezione di acidi organici • estrogeni (riducono l’escrezione di acido urico) • flusso plasmatico renale Charles Darwin 14 La fisiopatologia dell’artrite gottosa La precipitazione dell’acido urico a livello articolare è condizionata da diversi determinanti quali lo stato di idratazione dei tessuti, la temperatura, la presenza dei diversi componenti della matrice extracellulare. La più bassa temperatura di una articolazione rispetto alle altre può motivare la particolare predilezione della gotta per la prima articolazione metacarpo-falangea mentre la disidratazione intra-articolare durante il riposo notturno spiega la frequente insorgenza di notte. Una volta precipitati i cristalli di urato monosodico rappresentano un potente stimolo infiammatorio capace di innescare, amplificare e mantenere una intensa reazione infiammatoria (Figura). Un ruolo chiave è rivestito dall’interleuchina IL-1β, mediatore centrale dell’infiammazione nella gotta acuta e possibile target terapeutico, e dall’inflammasoma NLRP3. Il miglioramento delle conoscenze sulla fisiopatologia dell’artrite gottosa ha portato allo sviluppo di farmaci che hanno come bersaglio i meccanismi infiammatori chiave dell’artrite gottosa quali l’interleuchina 1β. Carlo Magno 15 La clinica dell’attacco acuto di gotta “Il soggetto si è coricato in pieno benessere e si è addormentato. Intorno alle due del mattino…viene svegliato da un dolore che solitamente colpisce l’alluce, qualche volta il tallone, la gamba o la caviglia. Questo dolore evoca quello di una distorsione, cui si aggiunge la sensazione di acqua fredda versata sulla zona dolente. Ben presto sopraggiungono una sensazione di freddo, brividi ed un leggero rialzo febbrile. Il dolore, dapprima moderato, aumenta via via e contemporaneamente il freddo ed i brividi scompaiono; si protrae per ore finché raggiunge il culmine al termine della notte … Esso si estrinseca sia come una tensione violenta, sia come il morso di un cane che rode le ossa, altre volte come una pressione o uno schiacciamento. La parte affetta ha una sensibilità così acuta che non sopporta il peso delle lenzuola né può tollerare passi pesanti sul pavimento della stanza. Il supplizio dura tutta la notte…Infine il sollievo arriva, ma solo mattino …” Thomas Sydenham, il famoso medico inglese sostenitore della medicina ippocratica, essendo egli stesso gottoso, fornì nel 1683 una delle descrizioni più dettagliate dell’attacco acuto di gotta che ancora oggi mantiene la sua piena efficacia didattica. L’attacco acuto di gotta, quasi sempre monoarticolare, rappresenta il quadro clinico di infiammazione articolare più violento, insieme all’artrite settica. Classicamente, si localizza a livello della prima articolazione metatarso-falangea (ποδαγρα, tagliola al piede) ed è caratterizzato dalla presenza di tutti i segni e sintomi della flogosi, particolarmente spiccati. La cute sovrastante l’articolazione assume un colorito rosso-violaceo e diventa estremamente calda. Precocemente si instaura una tumefazione che coinvolge i tessuti circostanti la sede colpita. Thomas Sydenham 16 Le localizzazioni dell’artrite gottosa In genere la gotta esordisce come una monoartrite che nel 50% dei casi interessa la prima articolazione metatarso-falangea. Possono essere colpite anche altre articolazioni ma raramente interessa la spalle, le anche e la colonna vertebrale. Talora, soprattutto nelle donne di età avanzata, può essere presente un interessamento poliarticolare che mima l’artrite reumatoide. Pur rimanendo l’alluce il bersaglio preferenziale nel 50% degli attacchi acuti, in tempi più recenti si è assistito ad una sorta di mutazione clinica, con frequente interessamento di distretti articolari diversi, quali, in modo particolare, il ginocchio, la caviglia, il polso. Si ritiene che ciò possa dipendere dalle mutate abitudini di vita: gli spostamenti non avvengono più a piedi ma spesso con l’auto e quindi vengono maggiormente sollecitate le grandi articolazioni dell’arto inferiore. Questo sembra riconoscere alle sollecitazioni articolari un effetto localizzante. Giorgio IV 17 Le localizzazioni dei tofi gottosi La gotta tofacea, attualmente divenuta più rara rispetto al passato, è l’espressione tardiva della storia naturale dell’iperuricemia. Si caratterizza per la formazione di noduli, detti tofi, dovuti al deposito di cristalli di urato a livello tissutale. La formazione dei tofi e la loro frequenza sono strettamente correlate ai valori plasmatici di acido urico, essendo in genere assenti allorquando il soggetto abbia valori di uricemia inferiori ai 10 mg/dl. Le sedi di più frequente localizzazione dei tofi sono: orecchio (elice ed antelice), olecrano, dita delle mani e dei piedi, tendine d’Achille. Sono noduli di dimensioni che vanno dal millimetro a diversi centimetri, di consistenza cretacea o, talvolta pastosa. Possono andare incontro ad ulcerazione con conseguente fuoriuscita di materiale di colore bianco-giallastro. Oltre alla presenza di valori di uricemia elevati, la maggiore probabilità di andare incontro alla gotta tofacea sembra aversi quando l’intervallo di tempo che intercorre tra il primo attacco di gotta e il successivo è lungo. Piero il gottoso 18 La storia naturale della gotta Se l’iperuricemia non viene adeguatamente trattata nel corso del tempo le manifestazioni acute tendono a farsi ricorrenti, in genere con intervalli di remissione sempre più brevi, e l’artrite può diventare polidistrettuale ed indurre un danno articolare progressivamente ingravescente. In oltre il 60% dei pazienti, infatti, la recidiva si verifica entro 1 anno e in un altro 27% entro 5 anni. Mentre il primo episodio artritico è generalmente monoarticolare, i successivi possono coinvolgere più articolazioni ed avere una maggiore severità clinica. Durante tale periodo di apparente completo benessere è necessario, oltre che identificare le possibili cause della gotta, mettere in atto tutti i provvedimenti volti a prevenire i successivi episodi gottosi. Nel tempo la deposizione di cristalli di urato monosodico a livello dei tessuti molli e delle articolazioni porta alla formazione di tofi che si riscontrano in circa i tre quarti dei pazienti con una storia decennale di gotta. Galileo 19 La diagnosi di laboratorio dell’attacco acuto di gotta L’esame di gran lunga più utile per confermare la diagnosi di gotta è l’analisi del liquido sinoviale o di agoaspirati dai tofi. La loro valutazione al microscopio a luce polarizzata evidenzia la presenza di cristalli aghiformi con birifrangenza negativa. Questi cristalli sono patognomonici della gotta e, soprattutto se fagocitati da macrofagi, indicano chiaramente che è stato il cristallo ad attivare la flogosi. Quindi, l’esame del liquido sinoviale dovrebbe essere eseguito ogni qualvolta si sospetti la gotta perché, come si vedrà di seguito, le possibili insidie diagnostiche sono numerose. La tipica birafrangenza al microscopio a luce polarizzata dei cristalli di acido urico nel liquido sinoviale o nel materiale aspirato dai tofi I cristalli sono in genere identificabili durante l’attacco acuto ma spesso nei pazienti iperuricemici anche nelle fasi intercritiche Immagini gentilmente fornita dal Prof. Cimmino Orazio Nelson 20 La diagnostica strumentale della gotta - RX La diagnostica per immagini non riveste, in genere, un ruolo fondamentale per la diagnosi di gotta poiché la maggior parte delle lesioni compaiono in una fase tardiva della malattia. La radiologia tradizionale è la tecnica di prima scelta nella gotta cronica, dove può dimostrare le tipiche erosioni indotte dai tofi (Figura A, freccia). I cristalli di urato attivano, infatti, gli osteoclasti che contribuiscono al riassorbimento osseo. Il tofo dell’articolazione interfalangea distale è visibile nella radiografia (A, teste di freccia) ed ancor più nella RM (B = sequenza GE T1 pesata, C = sequenza STIR). Immagine gentilmente fornita dal Prof. Cimmino Isaac Newton 21 La diagnostica strumentale della gotta: RM ed ecografia Il segno del doppio contorno (Figura A) è tipico a livello della cartilagine articolare. Dati recenti suggeriscono che questi fenomeni si possano verificare in soggetti iperuricemici prima che esordisca il primo attacco acuto di artrite gottosa. Conoscere questa informazione potrebbe essere utile per individuare coloro a più alto rischio di evoluzione della malattia. Anche la TC, per quanto meno utilizzata, è in grado di evidenziare tofi profondi, la cui natura può essere sospettata a causa della loro specifica densità. La Figura B mostra un tofo del muscolo psoas. Immagini gentilmente fornita dal Prof. Cimmino Giulio II 22 La diagnosi differenziale dell’artrite gottosa Le principali patologie che possono mimare un attacco acuto di gotta sono: • artrite settica • condrocalcinosi (pseudogotta) • reumatismo palindromico • artrite reattiva • artrite psoriasica Un'artrite settica acuta può essere confusa con un'artrite gottosa acuta. L’isolamento dei batteri responsabili nel liquido sinoviale consente quasi sempre la diagnosi. Nella condrocalcinosi, dovuta alla precipitazione di cristalli di pirofosfato diidrato di calcio, si può avere una sinovite acuta nella variante nota come pseudogotta. Il reumatismo palindromico, caratterizzato da episodi di artralgie migranti che si ripetono in diverse sedi articolari, è comune soprattutto in persone di mezza età o anziane. L'esordio è di solito improvviso e il dolore può essere molto intenso. Le crisi acute regrediscono spontaneamente dopo qualche giorno. Nel 50% circa dei casi, si può assistere ad una evoluzione verso una Artrite Reumatoide. Le artriti reattive possono manifestarsi con artrite acuta accompagnata da tumefazione articolare e arrossamento intenso della cute sovrastante l’articolazione colpita. L’artropatia psoriasica può, talvolta, essere confusa con la gotta, anche a causa del frequente incremento dei livelli plasmatici di acido urico, conseguente all’elevato turnover cellulare, tipico della psoriasi. Publio Ovidio Nasone 23 Le forme atipiche di artrite gottosa Gotta e trapianti d’organo: la presenza di iperuricemia è descritta nel 75% negli individui sottoposti a trapianto di cuore, trattati con ciclosporina, mentre la gotta si riscontra circa nel 50% dei trapiantati di fegato e rene in terapia con ciclosporina. Nei pazienti trapiantati si assiste ad un rapidissimo passaggio dalla fase di iperuricemia asintomatica (che ha una durata di alcuni anni invece che di alcuni decenni) alla gotta tofacea, e il periodo della gotta acuta intermittente può prolungarsi solo per alcuni anni prima che si sviluppi l’artrite distruttiva. Nella gotta che si associa a trapianto d’organo vi può essere un coinvolgimento precoce dell’anca, articolazione normalmente risparmiata dalla gotta classica, e sono comuni le crisi acute poliarticolari. Gli attacchi acuti possono essere controllati tramite somministrazione di prednisone a dosaggi di 7,5-15 mg/die, efficace nella gotta associata a trapianto d’organo. Gotta acuta poliarticolare: L’attacco acuto poliarticolare non è infrequente negli anziani. Spesso si accompagna a febbre e leucocitosi importante (20.000 globuli bianchi), mimando una forma settica. Dal momento che le articolazione colpite da gotta possono infettarsi con maggiore facilità, sarebbe opportuno eseguire colture ematiche e sinoviali nei casi di gotta acuta poliarticolare. Gotta ad esordio precoce: Si stima che circa il 5% dei pazienti affetti da gotta sviluppi i sintomi prima dei 25 anni. In questo pazienti, nel quale si ha una iperproduzione di acido urico, è presente una forte componente genetica e il decorso della malattia è più rapido e richiede un trattamento ipouricemizzante più aggressivo. In questi pazienti è molto frequente la nefrolitiasi. Gotta femminile: Quando la gotta si manifesta nel sesso femminile, nel 90% dei casi si sviluppa in epoca post-monopausale. Quando la malattia esordisce prima, solitamente si accompagna ad ipertensione arteriosa e insufficienza renale ed è favorita dal’uso di diuretici tiazidici o dell’ansa. Una storia familiare di gotta è molto più frequente nelle donne gottose. Johann Wolfgang Goethe 24 Forse non tutti sanno che… La gotta è sempre stata considerata una malattia delle persone brillanti e ne hanno sofferto molti illustri personaggi. A tal riguardo uno studio pubblicato sul Journal of Medical Genetics (1981;18:410-3), ha dimostrato che fra gli appartenenti al MENSA, associazione di individui dotati di particolare acume, sono presenti, con elevata frequenza, la miopia e la gotta. Per quanto riguarda l’associazione QI-gotta, va sottolineata la stretta analogia strutturale tra acido urico e caffeina: entrambi sono, infatti delle metilxantine. Una tale somiglianza lascia ipotizzare che un paziente iperuricemico si trovi in una condizione di costante stimolo neuro-psichico, come se assumesse grandi quantità di caffeina. Questa osservazione sembrerebbe confermare ciò che già aveva colto Thomas Sydenham (1624-1689), cha a proposito della gotta diceva “Uccide più gente spiritosa che stupida”. Sono molti i personaggi famosi della storia affetti da gotta. L’elenco che segue ne ricorda solo alcuni: Re ed Imperatori (Alessandro Magno, Ottaviano Augusto, Carlo Magno, Carlo V, Luigi XVIII, Giorgio IV, Napoleone Bonaparte) Papi e riformatori religiosi (Pio III, Giulio II, Clemente VII, Innocenzo XI, Martin Lutero, Giovanni Calvino, John Wesley) Uomini politici e condottieri (Francis Bacon, Oliver Cronwell, i due William Pitt, Orazio Nelson) Poeti e scrittori (Orazio, Ovidio, Marziale, Lorenzo il Magnifico, Johann Wolfgang Goethe, Michel de Montaigne, John Milton) Artisti (Michelangelo, Leonardo da Vinci, Pietro Paolo Rubens) Filosofi (Voltaire, Gottfried Leibnitz, Immanuel Kant, Johann Fichte, Karl Marx) Scienziati (Isaac Newton, Galileo Galilei, Benjamin Franklin, Carl von Linné, Jons Jacob Berzelius, Jean-François Champollion, Charles Darwin) Medici (William Harvey, Thomas Sydenham, Giovanni Battista Morgagni). Francis Bacon 25 Iperuricemia cronica e rischio cardiovascolare Numerose evidenze scientifiche suggeriscono come l’iperuricemia cronica con e senza deposito di cristalli di urato sia un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di ictus, infarto del miocardio e malattia arteriosa periferica. L’iperuricemia si colloca in una posizione di rilievo nello scenario fisiopatologico delle malattie cardiovascolari in ragione della frequente associazione con altri fattori di rischio cardiovascolare e di una probabile lesività diretta a livello vascolare dell’acido urico nel paziente iperuricemico. Alcune interessanti evidenze scientifiche hanno dimostrato in modo convincente l’esistenza di una relazione tra i livelli circolanti di acido urico e la presenza di disfunzione endoteliale, ossia di una compromissione della capacità delle arterie di modulare il proprio tono vasomotore, espressione precoce di danno vascolare. Enrico VIII 26 Iperuricemia cronica ed ipertensione arteriosa Numerosi studi sperimentali e clinici hanno indicato come elevati livelli di acido urico possano favorire la comparsa di ipertensione arteriosa. Una recente metaanalisi che ha incluso 18 studi per un totale di oltre 55.000 partecipanti ha dimostrato per ogni mg/dL di incremento di uricemia un parallelo aumento del rischio di sviluppare ipertensione pari a 1.13 (intervallo di confidenza al 95% compreso tra 1.06 e 1.20). Il paziente iperteso ipeuricemico mostra spesso un più evidente danno d’organo rispetto al normouricemico (Figura tratta da Viazzi F, et al. Hypertension 2005;45:991-6). Giovan Battista Morgagni 27 Iperuricemia, obesità e dismetabolismo glicidico La prevalenza di sindrome metabolica è significativamente aumentata nei pazienti con iperuricemia cronica con deposito di cristalli di urato (Figura tratta da Choi HK, et al. Arthritis Rheum 2007; 57:109-15). Il frequente riscontro di elevati livelli di acido urico nei pazienti con sindrome metabolica è stato attribuito alla presenza di iperinsulinemia in quanto l’insulina riduce l’escrezione renale di acido urico. L’iperuricemia, tuttavia, spesso precede la comparsa dell’iperinsulinemia, dell’obesità e del diabete e può essere presente anche nei pazienti con sindrome metabolica non obesi. La presenza di livelli di uricemia anche solo moderatamente aumentati (>5.3 mg/dL nelle donne e >7.0 mg/dL negli uomini) è associata anche a un significativo aumento del rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2 (hazard ratio: 2.78 con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 1.35 e 5.70, p = 0.0054). Lorenzo il Magnifico 28 Iperuricemia cronica e malattia renale Evidenze ottenute in modelli sperimentali dimostrano che concentrazioni elevate di acido urico sono in grado di indurre lo sviluppo di un danno renale, soprattutto rappresentato da glomerulosclerosi, fibrosi interstiziale e danno arteriolare, o di aggravare una preesistente nefropatia anche in assenza di deposizioni di cristalli di urato. La nefropatia uratica (rene gottoso), caratterizzata dalla deposizione di cristalli di urato monosodico a livello dell’intestizio, può manifestarsi con proteinuria e ridotta capacità di concentrazione delle urine e può essere causa di insufficienza renale. Il danno renale da iperuricemia è rappresentato anche da: Litiasi renale, estremamente frequente nei gottosi ed è proporzionale alla quantità di acido urico escreto. Nefropatia da acido urico, appannaggio dei pazienti in chemioterapia, è un quadro di insufficienza renale acuta provocato dalla massiccia precipitazione di cristalli di urato monosodico a livello dei tubuli, dei dotti collettori, dei bacinetti e degli ureteri. Generalmente è reversibile. In uno studio di recentissima pubblicazione i soggetti affetti da iperuricemia cronica con deposito di urato hanno mostrato un’incidenza dell’insorgenza di End State Renal Disease significativamente più alta (p<0.001) rispetto a quelli che non presentavano tale condizione clinica. Il rischio dell’insorgenza di insufficienza renale terminale è risultato soprattutto aumentato nei soggetti con età >45 anni (KuangHui Yu et al. Arthritis Research & Therapy 2012). Giulio Cesare 29 Iperuricemia cronica ed eventi cardiovascolari Nel Preventive Cardiology Information System (PreCIS) Database Cohort Study sono stati osservati livelli sierici di acido urico significativamente maggiori nei pazienti con pregressa diagnosi di coronaropatia rispetto al resto dei pazienti studiati (6.3±1.7 mg/dL versus 5.9±1.6 mg/dL; p < 0.001). Analizzando i dati degli oltre 3000 pazienti arruolati nello studio PreCIS è risultato evidente come il rischio di mortalità crescesse gradualmente all’aumentare dell’uricemia, risultando significativamente superiore nel gruppo di pazienti appartenenti al quartile più alto (7.1-13.9 mg/dL) rispetto a quelli appartenenti al quartile più basso (0.4-4.9 mg/dL) di uricemia (Figura tratta da Ioachimescu AG et al. Arthirtis & Rheumatism 2008: 58: 623-30.). Già a partire dal terzo anno di follow-up è stato osservato un incremento del rischio di mortalità per tutte le cause pari al 39% per ogni singolo incremento di 1 mg/dL di acido urico sierico (intervallo di confi denza al 95% compreso tra 1.28 e 1.50; p < 0.001). Karl Marx 30 Iperuricemia cronica e mortalità cardiovascolare Lo studio NHANES I ha dimostrato una più elevata mortalità cardiovascolare nei pazienti con più elevati livelli di uricemia (Figura tratta da Fang J, et al. JAMA 2000; 283: 2404-10). È interessante notare come la relazione tra acido urico e malattie cardiovascolari sia evidente non solo in condizioni di franca iperuricemia ma anche per livelli di uricemia nel range di normalità o ai limiti alti della norma, sia in nei soggetti sani che in quelli con anamnesi positiva per malattie cardiovascolari. Clemente VII 31 L’iperuricemia cronica è associata ad aumentata mortalità nello scompenso cardiaco L’iperuricemia rappresenta anche un predittore indipendente di prognosi sfavorevole nei pazienti con scompenso cardiaco lieve-moderato (Figura tratta da Anker SD, et al. Circulation 2003; 107: 1991-97.). La presenza di depositi di cristalli di urato rappresenta un importante determinante dell’aumentato rischio cardiovascolare nei pazienti con iperuricemia cronica. Nello studio di Framingham, nei pazienti iperuricemici cronici la presenza di deposito di cristalli di urato era associata a un aumento di due volte del rischio di sviluppare eventi coronarici rispetto ai pazienti senza depositi. Immanule Kant 32 Trattamento dell’attacco acuto di gotta In corso di attacco acuto di gotta l’intervento terapeutico deve mirare alla rapida risoluzione del dolore e dell’impaccio funzionale dovuto all’intensa infiammazione. Le opzioni terapeutiche sono rappresentate dai farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), dalla colchicina e dai cortisonici. La scelta del farmaco, della dose e della durata del trattamento è condizionata dalla severità dell’attacco acuto e da eventuali patologie concomitanti, che possono controindicare l’uso di alcuni farmaci. Come misure terapeutiche complementari vanno considerate l’applicazione locale di ghiaccio e l’immobilizzazione dell’articolazione. Colchicina orale e/o FANS sono farmaci di prima linea per il trattamento sistemico degli attacchi acuti; in assenza di controindicazioni, un FANS è un’opzione conveniente e accettabile (EULAR 2006). La colchicina è stata a lungo utilizzata anche se il suo uso per gli attacchi acuti di gotta è stato approvato dalla Food and Drug Administration solo di recente. E’ particolarmente efficace se somministrata precocemente, ma l'effetto benefico è molto spesso accompagnato, o anche preceduto, da diarrea e/o vomito che si manifestano entro 24 ore dall'inizio del trattamento e precedono la riduzione dei sintomi. La dose abitualmente impiegata è di 2-4 mg/die, che poi viene ridotta progressivamente fino a sospensione quando i sintomi sono regrediti, anche se talora dosaggi più bassi possono essere sufficienti a dominare la sintomatologia. Cosimo il Vecchio 33 Trattamento dell’attacco acuto di gotta - segue I FANS non selettivi e selettivi per la cicloossigenasi 2 (coxib) presentano un efficacia terapeutica comparabile a quella della colchicina con riduzione del dolore entro poche ore dall’inizio del trattamento. Tra le molecole più ampiamente utilizzate sono il naprossene (500 mg due volte al giorno) e l’indometacina (50 mg tre volte al giorno). L’acido acetilsalicilico non viene utilizzato in quanto alla dosi comunemente utilizzate nella pratica clinica riduce l’escrezione urinaria di acido urico (mentre a dosaggi superiori a 3 g/die ne promuove l’escrezione). I glicocorticoidi sono soprattutto utili nei casi in cui sussistano condizioni cliniche che possono controindicare l’uso della colchicina o dei FANS o quando questi farmaci non hanno mostrato una adeguata efficacia terapeutica. Gli effetti terapeutici dei cortisonici sono analoghi a quelli ottenuti con i FANS, ma le riacutizzazioni dopo sospensione del trattamento sono più frequenti. Le dosi abitualmente efficaci sono 25-50 mg di prednisone al giorno (o dosi equivalenti di altre molecole) per uno o due giorni. Successivamente si riduce progressivamente il dosaggio fino a sospendere il trattamento nell’arco di 7-10 giorni. Nelle forme monoarticolari può essere considerata anche l'infiltrazione intraarticolare di cortisonici in formulazione depot. Recentemente, sono stati sviluppati e testati con successo nella gotta farmaci che antagonizzano l’interleuchina 1b (canakinumab, anakinra e rilonacept) che potrebbero rappresentare una opportunità terapeutica per i pazienti non responders ai trattamenti tradizionali. Martin Lutero 34 Trattamento dell’iperuricemia cronica e prevenzione delle recidive gottose Il trattamento ottimale dell’iperuricemia cronica con deposito di cristalli di urato prevede una combinazione dell’approccio farmacologico con le modifiche dello stile di vita. L’approccio va modulato in relazione alle caratteristiche individuali del paziente con specifico riferimento all’eventuale presenza di condizioni cliniche concomitanti, quali ipertensione, eccedenza ponderale e dismetabolismo glicolipidico. Esistono diversi livelli di intervento per ridurre l’iperuricemia: • Correzione di abitudini alimentari errate • Inibizione della sintesi endogena dell’acido urico • Aumento dell’eliminazione renale • Uso di farmaci uricolitici Quinto Orazio Flacco 35 La dieta nel trattamento dell’iperuricemia cronica L’apporto alimentare, contrariamente a quanto ritenuto, non costituisce una causa importante di iperuricemia. A conferma di ciò, una dieta apurinica è in grado di ridurre l’uricemia di non più di 1 mg/dl. Ciò rende ragione della limitata utilità delle diete a basso contenuto purinico nel trattamento delle iperuricemie e della gotta. Questo, ovviamente, non significa che non debba essere attuato un corretto regime alimentare. Peraltro, questo tipo di dieta è sgradevole e sostanzialmente utile solo in quei soggetti con una alimentazione improntata all’eccessiva assunzione di purine. All’opposto, è poco utile nei pazienti con normali abitudini alimentari nei quali, tuttavia, è consigliabile un’alimentazione che preveda un elevato contenuto di proteine derivate da latticini a basso contenuto lipidico e non da carne o pesce, un ridotto contenuto in grassi saturi e la sostituzione dei glicidi semplici con quelli complessi. Le diete ipoproteiche trovano, invece, migliore indicazione in presenza di insufficienza renale. Anche il consumo di bevande edulcorate con fruttosio va evitato in quanto questo zucchero favorisce la produzione di acido urico. Analoga limitazione deve riguardare l’introito di alcol in quanto questa sostanza può essere metabolizzata a lattato che compete con l’acido urico per l’eliminazione renale. La birra scura e alcuni vini rossi, inoltre, contengono purine. Michelangelo Buonarroti 36 Trattamento farmacologico dell’iperuricemia cronica La terapia ipouricemizzante è indicata nei pazienti con attacchi acuti ricorrenti, artropatia uratica cronica, depositi tofacei o alterazioni radiografiche tipiche della gotta (EULAR 2006). L’obiettivo della terapia ipouricemizzante consiste nel promuovere la dissoluzione e nel prevenire la formazione dei cristalli di urato monosodico. Ciò è possibile mantenendo i livelli di uricemia al di sotto del punto di saturazione dell’urato monosodico (≤ 360 µmol/l o 6 mg/dl). (EULAR 2006) Nella profilassi dell’attacco acuto nei primi mesi della terapia ipouricemizzante possono essere utilizzati colchicina a basso dosaggio (0.5-1 mg/die) e/o FANS (con gastroprotezione se indicata). (EULAR 2006). Nello studio EXEL la riduzione stabile dell’uricemia a valori <6 mg/dL ha determinato la sostanziale scomparsa, degli attacchi acuti di gotta (Figura tratta Becker MA, et al. J Rheumatol 2009; 36:1273-1282). Leonardo da Vinci 37 Trattamento dell’iperuricemia cronica: gli inibitori della xantino-ossidasi La xantina ossidasi, enzima flavinico che catalizza la conversione della xantina in acido urico, è il target enzimatico dei farmaci che interferiscono con la sintesi di acido urico. Gli inibitori della xantina ossidasi arrestano il metabolismo delle purine alla formazione di ipoxantina e di xantina, intermedi metabolici che vengono quindi eliminati come tali. Proprio in ragione del loro meccanismo di azione questi farmaci possono essere utilizzati nell’iperuricemia indipendentemente dalle cause di iperproduzione di acido urico e si sono dimostrati efficaci sia negli iperproduttori che negli ipoescretori e rappresenta di fatto il trattamento abituale del'iperuricemia. Carl von Linnè 38 Allopurinolo Per lunghi anni l’inibitore della xantina ossidasi di riferimento è stato l’allopurinolo, analogo purinico che inibisce competitivamente la xantina ossidasi. La dose giornaliera necessaria per portare l'uricemia ai valori desiderati è compresa tra 100 e 600 mg. La maggior parte dei pazienti assumono la dose di 300 mg/die anche se nella generalità dei casi questa dose non è sufficiente a portare l’uricemia a target. Nei pazienti con normale funzionare renale si potrebbe arrivare ad una dose giornaliera di 800 mg. L'effetto inizia entro 2 giorni e si stabilizza in una-due settimane; la stabilizzazione è di regola più lenta nei soggetti con gotta tofacea. Allopurinolo viene metabolizzato ad ossipurinolo, metabolita attivo che viene eliminato dal rene, cosa che impone una netta riduzione della dose di allopurinolo in presenza di insufficienza renale. Allopurinolo è efficace nel prevenire le ricorrenze di gotta e nel favorire la regressione dei tofi, a condizione che il target terapeutico venga raggiunto. L’uso di allopurinolo può essere gravato da reazioni indesiderate soprattutto a carico dell’apparato gastroenterico (nausea, vomito, diarrea), della cute (eruzioni cutanee ma anche casi di necrolisi epidermica tossica e di sindrome di Stevens-Johnson) e del sistema emopoietico (leuco- e trombocitopenia). Sono stati descritti anche vasculiti, nefriti interstiziali e casi di urolitiasi e di cristalluria (cristalli di xantina e di ossipurinolo) in soggetti con uricuria particolarmente elevata e una sindrome da ipersensibilità molto rara, ma con una letalità del 25% dei casi, che sembra favorita dalla presenza di insufficienza renale e dall'uso di diuretici. Napoleone Bonaparte 39 Febuxostat A differenza dell’allopurinolo e del suo metabolita attivo ossipurinolo il febuxostat non è un analogo della purine, cosa che permette al farmaco di inibire soltanto la xantina ossidasi e non altri enzimi coinvolti nel metabolismo delle purine e delle pirimidine. L’assorbimento di febuxostat dopo somministrazione orale è molto rapido (circa l’85% si ritrova in circolo dopo 1 ora dall’assunzione) e non viene influenzato in modo significativo dall’assunzione di cibo e antiacidi. Il farmaco ha un’emivita di circa 12 ore, caratteristica questa che ne consente la monosomministrazione giornaliera. Febuxostat viene principalmente metabolizzato a livello epatico mediante glucuronidazione e presenta una doppia via di eliminazione, epatica e renale. Ciò ne consente l’uso senza dover prevedere aggiustamenti posologici anche nei pazienti con insufficienza renale di grado moderato e negli anziani Febuxstat non presenta interazioni clinicamente rilevanti con il citocromo P450 e quindi con i farmaci metabolizzati da questo sistema enzimatico. Come per l’allopurinolo anche per febuxostat va considerata la possibilità di una interazione con le 6-mercaptopurina e l’azatioprina in ragione della metabolizzazione di questi farmaci attraverso la xantina ossidasi. Pio III 40 Febuxostat vs allopurinolo: Studio FACT Nei diversi studi clinici di confronto febuxostat ha sempre mostrato rispetto ad allopurinolo una maggiore efficacia nel ridurre i livelli di acido urico. Nel Febuxostat Allopurinol Controlled Trial (FACT) Study 762 pazienti con iperuricemia (≥ 8.0 mg/dL) cronica e deposito di cristalli di urato sono stati randomizzati a ricevere febuxostat (80 mg o 120 mg) oppure allopurinolo (300 mg) in monosomministrazione giornaliera per 52 settimane. L’endpoint primario era rappresentato dal conseguimento di una uricemia <6.0 mg/dL nelle ultime 3 misurazioni mensili. L’endpoint primario è stato raggiunto nel 53% dei pazienti trattati con febuxostat 80 mg, nel 62% di quelli trattati con febuxostat 120 mg e nel 21% dei pazienti randomizzati a ricevere allopurinolo 300 mg al giorno (p <0.001 per entrambe le dosi di febuxostat versus allopurinolo) (Figura tratta da Becker MA, et al. New Engl J Med 2005;353:2450-61). Analogamente, nello stesso studio la riduzione dell’area interessata da tofi risultava superiore nei pazienti trattati con febuxostat 80 mg (-83%) e 120 mg (-66%) rispetto a quella osservata nei pazienti trattati con allopurinolo (-50%). Giovanni Calvino 41 Febuxostat vs allopurinolo: Studio APEX La manegevolezza di febuxostat anche nei pazienti con inziale danno renale ha trovato conferma nel Febuxostat, Allopurinol and Placebo-Controlled (APEX) Study nel quale 1.072 pazienti con iperuricemia (≥8.0 mg/dL) cronica e deposito di cristalli di urato e creatininemia normale oppure moderatamente elevata (>1.5 e ≤2.0 mg/dL) sono stati randomizzati al trattamento per 28 settimane con febuxostat (80 mg/die, 120 mg/die o 240 mg/die), allopurinolo (300 mg/die o 100 mg/die, in relazione alla funzione renale) o placebo. L’endpoint primario, rappresentato da una uricemia <6.0 mg/dL nelle ultime 3 misurazioni mensili, è stato osservato in una percentuale significativamente più elevata di pazienti assegnati al trattamento con febuxostat (80 mg = 48%; 120 mg = 65%; 240 mg = 69%) rispetto a quanto osservato nei pazienti assegnati ad allopurinolo (22%) o placebo (0%) (Figura tratta da Schumacher HR, et al. Arthritis Rheum. 2008; 59:1540-48). Pietro Paolo Rubens 42 Farmaci uricosurici e uricolitici In linea teorica il trattamento con farmaci uricosurici potrebbe essere utilizzato nella maggioranza dei pazienti iperuricemici in quanto nella generalità dei casi ci si trova di fronte a pazienti con escrezione urinaria di acido urico bassa o inappropriatamente normali in relazione agli aumentati livelli di uricemia. In realtà, il trattamento con uricosurici è gravato da un aumentato rischio di calcolosi e di nefropatia uratica e può essere utilizzato soltanto nei pazienti con funzione renale normale. In Italia è disponibile il sulfinpirazone come farmaco con effetto uricosurico anche se vale la pena ricordare che l’utilizzo come uricosurico di sulfinpirazone non rappresenta una indicazione riportata in scheda tecnica. Un effetto uricosurico, sia pur modesto, è noto anche per l’antipertensivo losartan, l’ipolipemizzante fenofibrato e la vitamina C. I farmaci uricolitici vengono utilizzati quando la riduzione della uricemia debba essere ottenuta rapidamente o nella prevenzione dell’iperuricemia secondaria a chemioterapia o quando la riduzione dell'uricemia non possa essere ottenuta con le altre linee di intervento ipouricemizzante per intolleranza ai farmaci usati o per loro inefficacia. In Italia è disponibile per uso ospedaliero l’uricasi, enzima estratto dalle colture di Apergillus flavus, capace di catalizzare l’ossidazione dall’acido urico, scarsamente solubile, in allantoina, molto solubile. Il trattamento delle forme refrattarie di gotta e della nefropatia urica acuta si potrebbe giovare della uricasi ricombinante legata a polietilenglicole (PEG-uricasi), legame che ne prolunga l'effetto e ne riduce l'immunogenicità rendendone più agevole e sicuro l'impiego. La somministrazione intramuscolare o endovenosa di uricasi pegilata si è dimostrata efficace nel’indurre un riduzione notevole e prolungata dell'uricemia. Questo trattamento, tuttavia, non di rado è accompagnato da reazioni sia locali nella sede di iniezione endovenosa che generali. John Milton 43 Forse non tutti sanno che... Sofocle, nella tragedia Filottete, ci ha lasciato una suggestiva descrizione della gotta. Il protagonista, un guerriero greco, a causa della malattia che aveva colpito il suo piede, venne abbandonato dai compagni sull’isola di Lemno. È opinione comune che Sofocle abbia tratto ispirazione dall’attacco acuto di gotta, del quale sembra indicare le caratteristiche cliniche relative alla tipologia e all’intensità del dolore. Si deve a Marziale la classica immagine del paziente gottoso tratteggiato, nelle famose commedie, come un soggetto benestante, dissoluto, sovente antipatico, dedito più a soddisfare i piaceri piuttosto che ad assolvere i doveri. L’immagine sostanzialmente negativa del gottoso è stata trasferita anche nel cinema, nei personaggi rappresentati da Charlie Chaplin e da Stan Laurel ed Oliver Hardy: il gottoso è spesso dipinto come un uomo ricco, grasso, cattivo e talora perfido persecutore di giovani fanciulle. Essendo la gotta considerata una malattia correlata agli eccessi alimentari e allo stile di vita, il gottoso è divenuto un simbolo di abitudini riprovevoli. Da questa visione è nata la severa raccomandazione dietetica e comportamentale, con condanna dei cibi proteici, dell’alcol e, meno comprensibilmente, dell’attività sessuale. In campo terapeutico, la gotta ha stimolato il ricorso a molti rimedi: l’elettroanalgesia (Scribonio Largo, 46 d. C.), l’esposizione della parte malata a fuoco intenso, l’applicazione di sanguisughe, l’abbondante idratazione con acqua bollente, l’applicazione di ferro arroventato (Dizionario Classico di Medicina Interna ed Esterna, 1833). Carlo V 44 Il MMG nella gestione dell’iperuricemia cronica con deposito La gotta è una condizione clinica che vede nel MMG il protagonista assoluto della sua gestione completa, dalla precisazione diagnostica, al trattamento degli attacchi acuti, alla prevenzione delle recidive gottose, prevendendo, ovviamente, la stretta collaborazione con lo specialista. La patologia è tipicamente cronica e richiede, quindi, un monitoraggio continuo al fine di controllare l’aderenza alla prescrizioni terapeutiche farmacologiche e farmacologiche non di cui la letteratura scientifica ha dimostrato chiaramente l’efficacia nel prevenire le riacutizzazioni. La crescente evidenza di una associazione sempre più solida tra iperuricemia, fattori di rischio cardiovascolare ed eventi cardiovascolari suggerisce l’opportunità di tenere sempre nella giusta considerazione i livelli di acido urico allorquando si approccia ad una strategia di prevenzione cardiovascolare. Stando a quanto suggerito dalle evidenze scientifiche parrebbe, infatti, alquanto miope limitare l’attenzione sul dismetabolismo dell’acido urico alla sola gotta. Immagine gentilmente fornita dal Prof. Cimmino Oliver Cromwell 45 Finito di stampare nel mese di ................... 2012 Con il contributo incondizionato di