Costruttivismo∗ Introduzione Il costruttivismo è un modo di fare matematica, quindi è difficile discuterlo prescindendo dai suoi prodotti. Si può chiamare una filosofia solo nel senso in cui si parla di filosofia aziendale. La filosofia sta nelle motivazioni che spingono a fare o ad accettare solo un particolare tipo di matematica. Esistono diversi tipi di costruttivismo, dai liberali ai fondamentalisti. In generale il costruttivismo è rivolto a produrre una matematica attenta al contenuto effettivo dei teoremi; con questo s’intende che ogni teorema deve affermare che qualcosa si può fare, in senso lato, non che qualcosa esiste. Noi ci dedichiamo alla matematica costruttiva per un desiderio di chiarire il significato della terminologia e della pratica matematica – in particolare il significato di esistenza in un contesto matematico. Il matematico classico, con la libertà di metodologia sostenuta da Hilbert, percepisce un oggetto come esistente se può dimostrare l’impossibilità della sua non esistenza; il matematico costruttivo deve avere a disposizione un algoritmo che costruisca l’oggetto prima di riconoscere che esso esiste.1 Il contenuto emerge attraverso il tipo di dimostrazioni sviluppate, con le informazioni che se ne ricavano. Il costruttivismo richiede una maggiore ∗ G. Lolli, Filosofia della matematica, Il Mulino, 2002, pp. 163-78; A. S. Troelstra e D. van Dalen, Constructivism in Mathematics. An Introduction, vol. I., North Holland, 1988; D. Bridges e F. Richman, Varieties of Constructive Mathematics, Cambridge Univ. Press, 1987; M. J. Beeson, Foundations of Constructive Mathematics, Springer, 1985. 1 Bridges e Richman, cit., p. 1. “Algoritmo” significa la specificazione di una procedura passo passo che possa essere eseguita almeno in linea di principio in un numero finito di passi. attenzione alla logica usata; esso, nelle varie versioni, preferisce logiche deboli, in base al principio che per cavarsela con strumenti poveri occorre ingegnarsi a spremere meglio le loro possibilità – benché non sia questo l’unico principio ispiratore, né sia sempre rispettata l’indicazione di usare una logica debole (restrizioni possono comparire in altre parti del discorso matematico, per esempio, per il predicativismo, nelle definizioni).2 Il costruttivismo è dunque anche un capitolo della logica, da quando la logica ha perfezionato una grande varietà di logiche intermedie. La sue motivazioni filosofiche peraltro in generale sono anti-logiche, sospettose e nemiche soprattutto della logica classica; esse mettono in discussione il concetto stesso di esistenza in matematica e non sono cosı̀ semplici o semplicistiche come l’opzione nominalista. La filosofia del costruttivismo si colloca su di un versante genericamente idealista, considera cioè la matematica un prodotto della mente umana, idealizzata quel tanto che le permette di dominare almeno l’infinito potenziale.3 Tutte le forme di costruttivismo tracciano una linea di separazione tra una matematica significativa e accettabile, da una parte, e dall’altra quella che può essere chiamata senza senso, o un’illusione, o comunque un uso improprio della ragione che prevarica oltre il lecito, anche se scimmiotta mosse che sono corrette entro i propri limiti. Tutte le versioni del costruttivismo sono accomunate dal rifiuto della matematica classica, dizione con la quale d’intende l’armoniosa struttura formatasi nel diciannovesimo secolo con la definizione dei reali e degli spazi di funzioni e funzionali sovrastanti, struttura le cui proprietà sono determinate per mezzo della teoria degli insiemi e della logica classica.4 I costruttivisti rifiutano, tra l’altro, il continuo insiemistico, gli esempi di funzioni patologiche, gli insiemi non misurabili secondo Lebesgue; rifiutano la diagonalizzazione di Cantor – quindi il più che numerabile, se non nella forma d’inesauribilità dei reali, proprietà che cercano di preservare per il loro sostituto del continuo; 2 Il predicativismo può essere classificato sia come una forma di logicismo sia tra le correnti costruttivistiche; lo distingue dal logicismo l’assunzione che la matematica sia un prodotto della mente, non di una ragione trascendente. 3 Peraltro i costruttivisti si possono definire o si sentono realisti in quanto insistono sul carattere concreto delle costruzioni matematiche, e tacciano di idealismo coloro che accettano tutti gli enti astratti, immaginati senza freno. 4 Si veda J. K. Truss, Foundations of Classical Analysis, Oxford, 1997. 2 un numero reale non è un oggetto infinito, ma un metodo per generarne l’espansione. Una formulazione recente e una messa in atto degli intenti costruttivisti che, pur non essendo filosoficamente e logicamente ben definita, ha avuto successo per l’accurata esecuzione e per essere riuscita a presentarsi in modo appetibile ai matematici è quella di Errett Bishop.5 Quest’ultima condizione è importante; mentre non è chiaro che il nominalista voglia davvero convincere i matematici a fare matematica a modo suo, per il costruttivista questa aspirazione è reale. Le ragioni del costruttivista possono peraltro far breccia nel matematico, perché consistono nel chiedere di “dare significato numerico a quanta più parte è possibile della matematica astratta classica”. Nella matematica s’incontrano enunciati che sono “meramente evocativi”, asserzioni senza validità empirica, solo logica, e altri che invece hanno immediata validità empirica, come quelli che affermano che determinate operazioni eseguibili produrranno determinati risultati osservabili. “La matematica è un misto del reale e dell’ideale”, la parte reale fornisce il controllo, la parte ideale permette semplificazioni e apre possibilità nuove; il bilanciamento deve essere ragionevole, e le considerazioni pragmatiche devono essere la guida finale. Contro lo scandalo che la matematica classica sia deficitaria in significato numerico, il costruttivismo s’ispira ai seguenti principi, etici o metodologici: rendere ogni concetto affermativo, anche quello di disuguaglianza per esempio; evitare definizioni non operative; evitare le pseudo-generalità. Esempi Proponiamo qualche esempio di idee condivise da tutte le correnti costruttiviste. Una definizione del tipo 1 se A vale f = 0 altrimenti dove A è un affermazione che allo stato presente non è né dimostrata né refutata non è accettabile. Neanche un matematico classico è interessato a una definizione di questo tipo, di cui non se ne fa niente; ma f esiste comunque, per il principio di comprensione. 5 E. Bishop, Foundations of Constructive Analysis, McGraw-Hill, 1967. 3 I numeri interi e i numeri razionali sono introdotti come coppie (risp. di naturali e di interi). Successioni infinite di razionali sono accettate se si ha una procedura (una legge) che determina per ogni n l’n-esimo termine. Un numero reale può essere specificato a partire da una successione di Cauchy {xn } con un modulo, che è una successione α : N → N tale che per ogni k e ogni m, n ≥ αk | xm − xn |≤ 2−k . In alternativa a usare il modulo α, alcuni definiscono come successione di Cauchy al solito modo una successione {xn } di razionali tale che per ogni k esiste un n tale che per ogni m | xn − xn+m |< 2−k , scaricando l’effettività della definizione sull’interpretazione costruttiva del quantificatore esistenziale.6 Le affermazioni del tipo ∀x∃yA(x, y) devono essere intese costruttivamente; come vedremo con l’interpretazione BHK, sono accettabili solo se si ha un metodo costruttivo che per ogni x del dominio dia un y che con x soddisfa A. Quindi diventa possibile trasferire tale metodo all’interno esprimendo la dipendenza di t da x con una funzione; è accettabile cioè ∀n∃mA(n, m) → ∃f ∀nA(n, f (n)), n ∈ N. Enunciati di questa forma rappresentano principi di scelta accettabili, anche se in generale come vedremo il principio di scelta non è costruttivamente valido; per il collegamento con le forme usuali di scelta, se si considera Xn = {m | A(n, m)} l’antecedente dell’implicazione afferma che tutti gli Xn sono non vuoti, e il conseguente che esiste una funzione f tale che f (n) ∈ Xn per ogni n. Tra le successioni di Cauchy si definisce una relazione di uguaglianza: {xn } e {yn } sono uguali, x ≈ y, se per ogni k esiste un n tale che per ogni m | xn+m − yn+m |≤ 2−k . La relazione di uguaglianza è una relazione di equivalenza e le classi di equivalenza sono i numeri reali.7 Tuttavia, poiché ogni dimostrazione sui reali si 6 Si trovano anche nella letteratura costruttivista altre definizioni, per esempio con la condizione che per ogni m, n | xm − xn |≤ m−1 + n−1 , in Bridges e Richman, cit. 7 Cosı̀ in A. S. Troelstra, Principles of Intuitionism, Springer, 1969. 4 riconduce a una dimostrazione relativa a successioni di Cauchy rappresentanti alcuni preferiscono definire direttamente i reali come successioni di Cauchy, con la relazione ≈ vera relazione di equivalenza invece che di uguaglianza.8 Gli intuizionsiti chiamano generatori di numeri reali le successioni di Cauchy. L’uguaglianza tra due numeri reali è definita dall’uguaglianza di due successioni di Cauchy rappresentanti i due numeri. Dopo aver introdotto i numeri reali e le operazioni algebriche su di essi, si dimostra che una successione di Cauchy di reali è convergente, dove {xn } converge a x se ∀k∃n∀m(| x − xn+m |< 2−k ), sempre con l’interpretazione costruttiva dei quantificatori. Due esempi di dimostrazione non costruttiva, rifiutata dai costruttivisti, sono i seguenti: Teorema Esistono due numeri irrazionali a, b tali che ab è razionale. √ √ √2 e allora si prenda a = b = 2 è o razionale, 2, o Dimostrazione. √ 9 √ √a irrazionale, e allora si prenda a = 2 , b = 2. 2 Lemma di König Se T è un albero finitario (cioè ha una radice e ogni nodo ha un numero finito di successori immediati) infinito, in T esiste un ramo infinito. Dimostrazione. Definiamo un ramo, partendo dalla radice, la quale ha infiniti successori: ammesso di aver definito l’n-esimo nodo in modo che esso abbia infiniti successori, tra i suoi successori immediati se ne prenda uno che ha infiniti successori. 2 Torneremo sul lemma di König a proposito dell’intuizionismo. La dimostrazione non è costruttivamente accettabile, perché non si può decidere quali nodi a ogni stadio hanno infiniti successori. Il lemma di König si usa, o è implicito, in diverse situazioni. La sua dimostrazione si ritrova pari pari nel teorema che un insieme infinito limitato di punti sulla retta ha almeno un punto di accumulazione. Se l’insieme è contenuto in [a, b], si divide progressivamente questo intervallo in metà, scegliendo un sottointervallo in cui 8 Per esempio Bishop; alcuni enunciati diventano più contorti, ma si evita un livello di astrazione. 9 Il teorema ammette peraltro una versione costruttiva grazie a un teorema di Gelfond che afferma: se a, diverso da 0 e 1, è algebrico e b irrazionale algebrico, allora ab è irrazionale. 5 cadano infiniti punti dell’insieme; un albero è dato dalla relazione per cui un intervallo è predecessore immediato di un altro se è uguale a una sua metà. Controesempi Brouweriani I costruttivisti in generale accettano quelli che sono chiamati controesempi Brouweriani, o deboli : un controesempio Brouweriano a un’asserzione A non falsifica A ma è una prova che A implica un’affermazione inaccettabile o almeno molto dubbia. Questa prova fornisce evidenza per la non esistenza di una dimostrazione costruttiva di A. A stessa si chiama controesempio. Il controesempio più generale è la legge del terzo escluso, che è accettata per proprietà decidibili ma discutibile per quelle infinite indecidibili. Il terzo escluso, nella forma ∀x(P (x) ∨ ¬P (x)), è chiamato anche principio di onniscienza. Una possibile formulazione debole è la seguente, per P particolare; indichiamo con α una successione (infinita) di 0 e 1; P (α) sia l’affermazione che per qualche n αn = 1 e ¬P (α) l’affermazione che αn = 0 per ogni n. ∀α(P (α) ∨ ¬P (α)) è un caso particolare del terzo escluso. Se esistesse una prova costruttiva, si avrebbe una procedura per decidere tutte le questioni matematiche formulabili in questo modo. Per esempio αn potrebbe essere “αn = 0 se e solo se 2n è la somma di due primi e n > 2”. Questi casi particolari del terzo escluso sono anche chiamati da Bishop Principio limitato di onniscienza (LPO). Se {xn } è una successione infinita di 0 e 1, o esiste un n ∈ N tale che xn = 1 o xn = 0 per ogni n. Con il principio limitato di onniscienza si dimostra che ogni numero reale è uguale a 0 o diverso da 0: dato un reale r, per ogni n si determini un razionale rn tale che | r − rn |< n−1 . Se | rn |≤ n−1 si ponga an = 0; se | rn |> n−1 , an = 1. Allora r=0 se e solo se ∀n(an = 0) | r |> 0 se e solo se ∃n(an = 1). (1) Se, poniamo, rn > n−1 per qualche n, e rn − r < n−1 , allora r > rn − n−1 > 0, mentre se r − rn > n−1 > 0 allora r > 0. Ricordiamo che | x |= max(x, −x). Analogamente se rn < −n−1 . Cosı̀ è dimostrato che se ∃n(an = 1) allora | r |> 0. Viceversa, se | r |> 0, sia n tale che | r |> 2/n. Consideriamo il caso | r |= r: allora −n−1 < r − rn < n−1 , 6 da cui a destra rn > r − n−1 > n−1 > 0, quindi | rn |> n−1 . Se invece | r |= −r, allora −r > 2/n e da sinistra rn < r + n−1 < −2/n + n−1 = −n−1 ; di qui −rn > n−1 , | rn |> n−1 . In conclusione, ∃n(an = 1). L’altra equivalenza di (1) si dimostra nello stesso modo. 2 Viceversa a ogni successione binaria α corrisponde un numero reale {2−n αn } che soddisfa (1), quindi r = 0 ∨ | r |> 0 equivale a LPO.10 Tuttavia r = 0 ∨ | r |> 0, o altre analoghe espressioni della totalità dell’ordine dei reali, appaiono indimostrabili, come vedremo, dal punto di vista costruttivo. Si possono dare esempi specifici di generatori di numeri reali per cui non si può decidere se sono uguali a 0 o diversi da 0, con una tecnica tipica basata su affermazioni indecise allo stato attuale delle conoscenze. Sia p il primo numero tale che il (p+i)-esimo posto nello sviluppo decimale di π è un 1 per 0 ≤ i < 10, e p = 0 se non esiste nello sviluppo decimale di π una successione consecutiva di 1 di lunghezza almeno 10. Per mezzo di p si definisca la seguente successione: per ogni m, xm uguale a 10−p se nei primi m + 9 posti della rappresentazione decimale di π c’è una successione di almeno dieci 1, e p è il primo posto dove inizia una tale successione; altrimenti xm = 10−m . La successione è di Cauchy: dato h, dobbiamo trovare un N tale che ∀n, m ≥ N | xn − xm |< 2−h . N può essere k + 9. Dati due numeri n ed m maggiori o uguali a N , se calcolando k + 9 cifre di π si è incontrata una successione di dieci 1, allora xn e xm sono uguali; se non si è incontrata, anche se p fosse maggiore di k si può dire comunque che | xn − xm |≤| xn | + | xm |≤ 2 · 10−h < 2−h . Questa successione è generatore di un numero reale costruttivo legittimo: il numero α uguale a 10−p , dove p è quello di sopra, se π contiene una successione di almeno dieci 1, e α uguale a 0 altrimenti. Un numero come α, per cui non si può affermare α = 0 ∨ ¬α = 0 si dice fluttuante. Un principio più sofisticato è il seguente: Principio (meno) limitato di onniscienza (LLPO). Se {xn } è una successione binaria in cui al massimo un termine è 1, allora o x2n = 0 per ogni n o 10 Equivalenti a LPO sono anche tante altre affermazioni, per esempio [−1, 1] = [−1, 0}∪ {0} ∪ {0, 1]. 7 x2n+1 = 0 per ogni n, vale a dire il primo (e unico) n per cui la successione non è 0 o è pari o è dispari. Enunciati equivalenti a LLPO sono: “per ogni reale r, o r ≤ 0 o r ≥ 0”, ovvero [−1, 1] = [−1, 0] ∪ [0 − 1], e “se il prodotto di due reali è =, uno dei due fattori è 0”. I principi di onniscienza si possono schematizzare nel linguaggio proposizionale, introducendo il tema dei principi logici costruttivamente inaccettabili: LPO come A ∨ ¬A; LLPO come ¬(A ∧ B) → ¬A ∨ ¬B. Altri principi di onniscienza sono WLPO: ¬A ∨ ¬¬A MP: ¬¬A → A, quest’ultimo detto anche principio di Markov. LPO implica WLPO e WLPO implica LLPO; le loro relazioni logiche sono più strette, per esempio da LLPO, come caso particolare ¬(¬A∧A) → ¬¬A∨ ¬A, quindi siccome ¬(¬A ∧ A) vale in tutte le logiche, ¬¬A ∨ ¬A. Sono tutti rifiutati sia dall’intuizionismo sia dalla scuola russa, mentre questa accetta il principio di Markov MP. Questo è conseguenza di A ∨ ¬A, e viceversa ¬¬A → A implica intuizionsticamente A ∨ ¬A. I controesempi non sono oggetto di ricerca di per sé, per contraddire la matematica classica, servono a indirizzare la matematica costruttiva in direzioni che spesso sono raffinamenti o sviluppi alternativi. 8 Alcune correnti storiche del costruttivismo Dalla premessa si capisce che il costruttivismo è una tendenza che ha senso solo il presenza di una matematica astratta, quindi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Aritmetizzazione Leopold Kronecker (1823-1891) espone un progetto di aritmetizzazione, cioè fondare algebra e analisi sulla nozione di numero naturale (geometria e meccanica dipendono dalla realtà esterna, non solo dalla mente). Kronecker considerava una definizione accettabile solo se poteva essere verificato in un numero finito di passi se un numero vi ricadeva o no. La sua filosofia si riduce alla famosa frase “Dio ha creato i numeri naturali, tutto il resto è opera dell’uomo”. Jules Monk aggiunge che una definizione deve essere algebrica, non logica. I semi-intuizionsti francesi Henri Poincaré (1854-1913) ha un pensiero complesso elaborato in polemica con i logicisti. I punti fermi, che lo possono far dichiarare un costruttivista dal punto di vista filosofico, meno da quello pratico, sono: l’affermazione che il principio di induzione è indimostrabile (sintetico a priori), la critica della funzione creativa della logica, il rifiuto dell’infinito attuale, l’appello all’intuizione (a proposito della quale distingueva quella legata ai sensi e all’immaginazione, quella dell’induzione e l’intuizione primordiale dei numeri). Peraltro affermava anche che l’esistenza coincideva con l’assenza di contraddizione. Un altro suo contributo è la critica e il rifiuto delle definizioni impredicative. Emile Borel (1871-1956) era più vicino a Kronecker, forse un po’ più vago; sosteneva che solo oggetti definibili con un numero finito di parole esistono. I singoli numeri possono essere solo definiti in questo modo, quindi la loro totalità è numerabile. Il continuo era dato allora da una sorta di intuizione geometrica. “Non capisco cosa possa significare la possibilità astratta di un atto che è impossibile per la mente umana”. I semi-intuizionisti non erano del tutto coerenti nel loro lavoro con le loro convinzioni espresse nelle polemiche, soprattutto in relazione al principio di scelta. Finitismo Kronecker e Borel possono essere considerati esponenti di un filone caartterizzabile come finitismo: solo strutture concretamente rappresenta- 9 bili esistono , e le operazioni su di esse devono essere di natura combinatoria, mentre le nozione astratte sono da rifiutare. Nel finitismo qualcuno inserisce anche David Hilbert (1862-1943), o per lo meno l’influsso che ha avuto per la sua insistenza sull’uso di metodi finitisti in metamatematica, perché Hilbert in realtà è quello che più di ogni altro ha cercato di salvare la matematica classica dagli attacchi dei costruttivisti (Brouwer). La trattazione dell’aritmetica primitiva ricorsiva di Skolem 1923 è considerata un esempio di matematica costruttiva. Intuizionismo La base dell’intuizionismo, come predicato da Luitzen Egbertus Jan Brouwer (1881-1966) a partire dalla tesi del 1907,11 è una tesi sulla radicale frattura tra pensiero e linguaggio. La tesi del 1907 è ricca di contenuto filosofico, con venature misticheggianti, in parte ridotto su pressione del relatore D. J. Korteweg; in essa sono già presenti espliciti riferimenti a Hilbert e alla sua proposta del 1904. La posizione di Brouwer è assolutamente opposta: “Operare uno studio matematico di simboli linguistici [. . . ] non ci può insegnare nulla sulla matematica”. La matematica è prodotto della mente umana; l’espressione linguistica non è matematica e non è neanche una rappresentazione della matematica; il linguaggio serve solo a comunicare, a permettere agli altri di (cercare di) seguire il proprio pensiero. La prima tesi dell’intuizionismo è cosı̀ espressa nelle conferenze di Cambridge del 1946-51:12 Primo atto dell’intuizionsimo Separazione completa della matematica dal linguaggio matematico e quindi dai fenomeni del linguaggio descritti dalla logica teoretica, riconoscendo che la matematica intuizionstica è un’attività essenzialmente a-linguistica della mente che ha la sua origine nella percezione del passare del tempo. Questa percezione del passare del tempo può essere descritta come lo scindersi di un momento della vita in due cose distinte, una delle quali cede il passo alla seconda, ma è conservata nella memoria. Se la biunità [duità, twoity] cosı̀ prodotta è svestita di ogni qualità, trascorre nella forma vuota del sostrato comune a tutte le biunità. Ed è questo comune sostrato, questa forma vuota, che è l’intuizione fondamentale della matematica. 11 Tradotta in inglese solo nel 1975 in L. E. J. Brouwer, Collected Works I , North Holland, Amsterdam, 1975. 12 Brouwer’s Cambridge Lectures on Intuitionism (a cura di D. van Dalen), Cambridge Univ. Press, 1981. 10 Un secondo assunto dell’intuizionismo è che non ha senso parlare della verità o falsità di un’affermazione matematica indipendentemente dalla nostra conoscenza di essa; è vera se ne abbiamo una dimostrazione, è falsa se possiamo mostrare che l’ipotesi che esista una dimostrazione porta a un assurdo (contraddizione). Un terzo assunto è quello della libertà della creazione matematica. Il pensiero umano qualche volta è idealizzato dagli intuizionisti, ma più spesso consiste proprio di atti individuali di pensiero, non esiste per essi una mente collettiva – in particolare la mente non è infinita, e lavora sempre con un ammontare finito di informazioni. La matematica consiste in costruzioni della mente, la prima delle quali è quella dei numeri naturali, fondata sulla percezione del tempo sopra descritta. L’intuizione del tempo ricorda Kant; Brouwer chiamava Kant un protointuizionista, ma la sua intuizione è molto diversa, creativa, non si limita come in Kant a rendere non vuoti i concetti. Naturalmente quest’intuizione è ancora diversa da quella di cui parlano i platonisti. Benché il pensiero di Brouwer sia del tutto originale, con forti venature di misticismo, egli stesso riconosce qualche antesignano, tra i tanti nemici del formalismo o del logicismo, in particolare i semi-intuinisti francesi. Nel 1908 Brouwer pubblica due articoli, con cui si affaccia alle questioni fondazionali, perché la tesi non era nota ad alcuno; uno è dedicato alle cardinalità infinite e al continuo. Sul metodo diagonale, che permette di ottenere potenze superiori al numerabile, Brouwer sostiene che si tratta solo di un metodo per estendere insiemi numerabili, per esempio di ordinali, e che non fornisce un insieme compiuto, ma al massimo prova che l’insieme (degli ordinali numerabili) non esiste. Il continuo si presenta come formato da cammini in un albero binario infinito. L’albero contiene solo una infinità numerabile di nodi, e possono esistere singoli cammini, ma non la loro totalità. La collezione di tutti i cammini è da intendersi come una matrice, nella quale si collocano gli oggetti costruiti. Nel secondo articolo, intitolato “L’inaffidabilità dei principi logici”, Brouwer suggerisce che il principio del terzo escluso non si possa estendere agli insiemi infiniti: per affermare ϕ ∨ ¬ϕ si deve avere o una costruzione che esegue il compito descritto da ϕ o una costruzione che blocca ogni processo di esecuzione di tale compito; non è detto che si dia sempre una tale situazione.13 13 Il concetto di negazione ¬ϕ nella logica intuizionistica è variamente espresso come “è 11 La concezione della matematica di Brouwer è che una asserzione matematica, per essere vera, deve essere conosciuta come tale, quindi dimostrata, o costruita. Il principio del terzo escluso non è falso nel senso che ¬(A∨¬A) sia vera, cioè che sia dimostrabile l’assurdità di A ∨ ¬A; la disgiunzione è accettabile per esempio nei domini finiti. Il principio è al massimo semplicemente non contraddittorio; a parole si potrebbe dire che una doppia negazione ¬¬A significa che è impossibile dimostrare che è indimostrabile A, o che è impossibile dimostrare che A è assurdo; nel caso del terzo escluso questo segue dal fatto che nel caso finito tale principio vale, quindi ¬¬(A ∨ ¬A) è accettabile. D’altra parte Brouwer collega il principio del terzo escluso alla questione se possano esistere problemi matematici insolubili, negando che tale eventualità sia stata esclusa da alcuna dimostrazione. Per Brouwer il passaggio dalla non contraddittorietà all’esistenza può essere espresso proprio dalla legge della doppia negazione ¬¬A → A, che segue intuizionisticamente dal principio del terzo escluso. Per questo motivo Brouwer sosterrà sempre che Hilbert continua a credere al principio della risolubilità di tutti i problemi, accettando il tertium non datur . Per Brouwer il principio ¬¬A → A è falso, anche se non è contraddittorio. Dopo un periodo di impegno in lavori di topologia, Brouwer torna ai fondamenti nel 1918 con un lavoro sulla “Fondazione della teoria degli insiemi indipendente dal principio del terzo escluso”, nel quale inizia a costruire in modo sistematico la matematica intuizionistica, prima presentata in modo frammentario. Nel 1920 in una conferenza pubblicata l’anno successivo sui Mathematisce Annalen, Brouwer risponde negativamente alla questione della esistenza di una espansione decimale per ogni numero reale. L’intuizionismo di Brouwer negli anni venti del ventesimo secolo ha goduto di un notevole ascolto. Brouwer era un grande geometra, è stato nemico acerrimo di Hilbert non solo per la filosofia della matematica, ma anche in dispute accademiche. Hilbert era spaventato del suo successo nella questione dei fondamenti, e parlava di putsch a proposito della rivoluzione intuizionista a cui si era avvicinato anche Hermann Weyl; fu anche per difendere la matematica dalla minaccia di Brouwer che Hilbert si dedicò seriamente alla teoria della dimostrazione. Nel 1923 Brouwer spiega come il principio del terzo escluso abbia le sue origini nella matematica finita e come poi sia stato applicato al mondo fisico e alla matematica infinitaria, ma senza alcuna giustificazione, per inerzia. dimostrabile che ϕ è impossibile”, o “è dimostrabile che ϕ è assurdo”. 12 L’uso prevalente del principio nel mondo materiale ha fatto sı̀ che gli venisse associato un carattere a priori dimenticando le condizioni della sua applicabilità, che consistono “nella proiezione di un sistema discreto finito sugli oggetti in esame”. Un carattere a priori è stato cosı̀ persistentemente ascritto alle leggi della logica teoretica che fino a poco tempo fa queste leggi, incluso il principio del terzo escluso, erano applicate senza riserve anche nella matematica dei sistemi infiniti, e noi non abbiamo permesso che ci turbasse la considerazione che i risultati ottenuti per questa via non erano in generale sottoponibili, né praticamente né teoricamente, a una qualsiasi corroborazione empirica. Le contraddizioni che, come risultato, ripetutamente si incontrarono diedero origine alla critica formalista, una critica che in sostanza si riduce a questo: il linguaggio che accompagna l’attività mentale matematica viene assoggettato a una disamina matematica. A un tale esame, le leggi della logica teoretica si presentano come operatori che agiscono su formule primitive, o assiomi, e l’obiettivo che ci si pone è quello di trasformare questi assiomi in modo tale che l’effetto linguistico degli operatori menzionati [. . . ] non può essere inficiato dall’apparire della figura linguistica di una contraddizione. Non si deve per nulla disperare di ottenere questo risultato, ma con esso non si otterrà nulla di valore matematico: una teoria non corretta, anche se se non può essere bloccata da alcuna contraddizione che la refuti, resta nondimeno incorretta, proprio come una politica criminale non è meno criminale se non può essere bloccata da alcun tribunale. Nel 1927 Brouwer tenta di mettere a fuoco quattro temi sui quali si potrebbe instaurare un dialogo tra formalismo e intuizionismo, affermando ottimisticamente che sui primi tre il formalismo ha accettato la visione intuizionistica (in verità solo sul primo e parzialmente il secondo). prima intuizione La distinzione, all’interno del lavoro dei formalisti, tra una costruzione di un “catalogo di formule matematiche” (visione formalista della matematica) e una teoria intuitiva (contenutistica) delle leggi di questa costruzione, come pure il riconoscimento del fatto che per la seconda la matematica intuizionistica dell’insieme dei numeri naturali è indispensabile. 13 seconda intuizione Il rifiuto dell’uso acritico del principio logico del terzo escluso, insieme al riconoscimento, primo, del fatto che l’indagine della questione del perché il menzionato principio sia giustificato, e in che misura sia valido, costituisce un problema essenziale di ricerca nei fondamenti della matematica, e, secondo, del fatto che nella matematica intuitiva (contenutistica) il principio è valido solo per i sistemi finiti . terza intuizione L’identificazione del principio del terzo escluso con il principio della risolubilità di ogni problema matematico. quarta intuizione Il riconoscimento del fatto che la giustificazione (contenutistica) della matematica formalista attraverso la dimostrazione della sua non contraddittorietà contiene un circolo vizioso, dal momento che tale giustificazione poggia sulla correttezza (contenutistica) della proposizione che dalla non contraddittorietà di una proposizione segue la correttezza della stessa, vale a dire sulla correttezza (contenutistica) del principio del terzo escluso. Brouwer osserva che i primi due assunti mancano in Hilbert 1904 e 1917, e che il secondo è stato accettato solo nel 1922. La terza intuizione è invece contraddetta ancora in Hilbert 1925, e la quarta in modo sistematico da Hilbert. Osserva Brouwer che se una costruzione eseguita viene messa in forma linguistica, ad essa si possono applicare trasformazioni linguistiche; il risultato è qualcosa che a sua volta può essere la descrizione di una costruzione possibile, nel qual caso il linguaggio funziona come una specie di scorciatoia; ma questo è lecito e garantito solo se nelle trasformazioni si sono usati alcuni principi logici e non altri; il principio di non contraddizione è accettabile, quello del terzo escluso no. Tutti gli enti matematici per Brouwer sono costruzioni della mente; anche la parola “costruzione” ricorda Kant, ma ha un significato diverso, generalissimo; in Kant aveva il senso tecnico delle costruzioni geometriche con riga e compasso. Oltre all’intuizione di base, per Brouwer la mente ha altre capacità di costruire nuove entità matematiche, in particolare le successioni di numeri. Secondo atto dell’intuizionismo Ammettere due modi di creare nuove entità matematiche: innanzi tutto nella forma di 14 successioni infinite procedenti più o meno liberamente di entità matematiche precedentemente acquisite [. . . ]; in secondo luogo nella forma di specie matematiche, cioè proprietà immaginabili di entità matematiche precedentemente acquisite, che soddisfano la condizione che se valgono per una certa entità matematica allora valgono anche per ogni entità matematica che sia sta definita essere ‘uguale’ ad essa, dove le definizioni di uguaglianza devono soddisfare le condizioni di simmetria, riflessività e transitività. Per la costruzione (di strani sostituti) del continuo Brouwer, che non finirà mai di lavorarci sopra, introdurrà in coerenza e sviluppo del secondo atto, molti concetti nuovi: le successioni legiformi, le successioni di libera scelta, gli spiegamenti, le specie; formulerà originali metodi dimostrativi, come l’induzione a sbarramento, il teorema del ventaglio, analogo intuizionistico del lemma di König, classicamente equivalenti ad essi ma tutti ostici ai matematici, anche se alcuni sono utili per capire meglio la continuità. Weyl Hermann Weyl (1885-1955) ha flirtato con l’intuizionismo per un breve periodo. Ma prima di approdare all’intuizionismo, egli aveva elaborato una sua personale versione di costruttivismo. All’inizio Weyl si è dichiarato idealista trascendentale, rifacendosi più a Fichte che a Kant, con correzioni husserliane. Nelle sue opere spesso raccomanda di rivolgersi al pensiero di Fichte. Da Kant impara che la conoscenza richiede concetti e intuizione, e la sua opera si può considerare proprio uno studio dei rapporti tra concetti teorici formali e intuizione. Nell’idealismo di Weyl la verità oggettiva non è negata, ma deve essere affrontata a partire dal dato assoluto che è la pura coscienza. Anche il mondo reale è dato come oggetto intenzionale dell’attività della coscienza. Come in Husserl, pensare per Weyl è sempre pensare a qualcosa (il che esclude forse che pensare una legge logica sia pensare), e le intenzioni possono essere soddisfatte o meno. Per sapere che un oggetto corrisponde ad un’intenzione, e che il pensiero quindi non è vuoto, occorre un’evidenza, e la fonte dell’evidenza è l’intuizione. Per la matematica, il punto di partenza può essere un’intuizione qualunque, seguita dalla sua ripetizione e dell’intuizione della ripetizione che porta all’intuizione dell’iterazione di un’intuizione qualunque. Questo soltanto, non le infinite ripetizioni, è il fondamento dei numeri naturali, l’intuizione che fa sı̀ che il concetto “numero naturale’” sia estensionalmente determinato. Tale intuizione è evidentemente strettamente intrecciata con l’intuizione del tempo. Siccome l’infinito può essere afferrato solo grazie all’intuizione pura che è l’idea d’iterazione, cioè con l’esempio 15 dei numeri naturali, è assurdo cercare un fondamento insiemistico per i numeri naturali. Nell’intuizione dell’iterazione non c’è possibilità di un circolo vizioso, mentre nel pensiero che non è fondato su tale intuizione il circolo vizioso è in agguato. Weyl inventa il paradosso dell’aggettivo “eterologo” per illustrare un’intenzione il cui soddisfacimento è per ragioni di principio impossibile. Si schiera quindi con Poincaré nella denuncia dell’impredicatività, e propone una revisione dell’Analisi che non faccia uso del teorema impredicativo di Bolzano-Weierstrass. Nella presentazione della sua Analisi predicativista, Weyl ricorre spesso all’esistenza dell’estremo superiore per successioni limitate di numeri razionali; in questi casi l’estremo superiore si può definire quantificando solo sui numeri naturali. Al di sopra dei numeri naturali, il predicativista ammette solo livelli costituiti da insiemi che siano definibili in termini di quelli già dati; la chiarificazione del concetto di definibilità deve molto al lavoro di Weyl che già nella sua tesi di laurea del 1910 si era interessato della questione proponendo la presentazione del linguaggio e dell’insieme di regole che in seguito è stata chiamata logica del primo ordine. Tuttavia dei livelli iterati di definibilità al di sopra dei naturali Weyl accetta solo il primo, dimostrandosi meno liberale dello stesso Husserl e precludendosi l’approfondimento delle idee che avrebbero portato Gödel alla gerarchia dei costruibili. Weyl ha continuato a riflettere sull’Analisi che egli proponeva e sul continuo che in essa era trattato. Era a lui evidente che il (suo) continuo matematico e quello intuitivo non coincidevano; quello formale era inevitabilmente atomistico; Weyl poteva solo chiedere che la trattazione formale fosse accettata come una teoria del continuo la cui giustificazione doveva essere cercata altrove, come succede per le teorie fisiche; i numeri e le funzioni dell’Analisi predicativa permettono secondo Weyl almeno una trattazione del movimento coerente con quello che appare nel mondo dell’oggettività fisica.14 Nella sua riflessione sul continuo matematico atomistico, inadeguato rispetto al continuo fluido dell’intuizione, Weyl si avvicina a Brouwer; nel 1921 dichiara di rinunciare a perseguire un’elaborazione indipendente e di schierarsi completamente con l’intuizionismo. Pensava che il continuo di Brouwer potesse essere la presentazione matematica del continuo intuitivo, giustificato dall’intuizione del flusso di coscienza, e non dalle applicazioni fisiche, per le 14 Solomon Feferman sostiene che a distanza di tempo tale adeguatezza ai bisogni della fisica sembra confermata. 16 quali bastava quello atomistico. Non c’era tuttavia pieno accordo tra i due pensatori sulle successioni di libera scelta; per Brouwer esse erano individui e potevano essere quantificate; per Weyl invece solo le successioni legiformi erano individui, quelle di libera scelta erano piuttosto un divenire libero; il loro merito era proprio quello di presentare i reali come in divenire, in un flusso temporale indeterminato dove non ci sono punti senza durata. Weyl anticipa addirittura Brouwer nell’osservazione che tutte le funzioni reali sono continue, non con una dimostrazione, come farà questi, ma sulla base della fluidità del continuo intuitivo e dell’impossibilità di dividerlo in parti disgiunte. A partire dal 1924 tuttavia Weyl si dimostra pubblicamente sempre più preoccupato dei guasti che la rinuncia alle leggi della logica classica induceva sulla struttura delle teorie avanzate, e del dissolversi dell’imponente edificio costruito dalla matematica classica. Inevitabilmente s’incontra con Hilbert, che lavorava mosso dalle stesse preoccupazioni. Weyl non rinnega Brouwer, ma considera irrinunciabile la parte, predominante, della matematica in cui sono presenti concetti senza costruzioni date dall’intuizione; pur ammettendo che in questa parte della matematica non abbiamo conoscenza – abbiamo piuttosto una credenza – ritiene che se ne debba dare una ragione. La chiama matematica simbolica. La matematica non fondata sull’intuizione pretende di parlare del trascendente, invita ad un realismo ingenuo. Il realismo non è accettabile da un idealista ma, attraverso il formalismo assiomatico hilbertiano, la coscienza cerca di saltare sulla sua ombra e di rappresentare il trascendente attraverso i simboli. Se la matematica deve conservare un valore culturale, bisogna riuscire ad attribuire un senso al gioco delle formule. Per questo, Weyl individua una terza possibilità, oltre all’idealismo e al realismo ingenuo, una prospettiva che chiama il livello della creazione teorica . Ma dove è quel mondo trascendente, portato dalla credenza, a cui si riferiscono i simboli? Non lo trovo, a meno che io non fonda completamente la matematica con la fisica e assuma che i concetti matematici di numero, funzione ecc. (o i simboli di Hilbert) in generale svolgono un ruolo nella costruzione teorica della realtà allo stesso modo dei concetti di energia, gravità, elettrone ecc. La costruzione teorica è diversa dall’intuizione, è avvicinabile alla creazione artistica, una spinta creativa alla rappresentazione simbolica del trascendente. Come Hilbert, Weyl finisce per cercare giustificazioni sia per la matematica costruttiva che per quella classica. 17 Heyting Per la giustificazione delle tesi accennate di Brouwer e Weyl, è più trasparente l’esposizione di altri autori, che nello sforzo di rendere convincente l’intuizionismo hanno preso in considerazione sistematicamente la logica soggiacente; tra questi un posto preminente spetta ad Arend Heyting (18981980), l’allievo di Brouwer che nel 1930 espone i principi dell’intuizionismo e per farlo si riferisce esplicitamente a Husserl.15 Una proposizione matematica per Heyting esprime un’aspettativa, o in termini fenomenologici un’intenzione. Un’asserzione, cioè un’affermazione di una proposizione, è il riconoscimento del soddisfacimento dell’intenzione; tale è sempre il suo significato. A differenza della proposizione o dell’intenzione, l’asserzione è un fatto empirico – per modo di dire, non ci sono ad esempio limitazioni di spazio e tempo. L’aspettativa si soddisfa con una costruzione, con l’esibizione di un oggetto; il non soddisfacimento di un’aspettativa, non temporaneo ma definitivo, si realizza con una prova d’impossibilità. Dunque asserire la negazione di una proposizione è impegnativo. La prova d’impossibilità si ha dimostrando che l’assunzione porta ad una contraddizione. Anche le dimostrazioni sono costruzioni. L’intenzione di non-p è soddisfatta da una prova che p è assurda. Con le parole di Oskar Becker (18811964),16 citato da Heyting, la negazione è l’intenzione di una contraddizione contenuta nell’intenzione originaria. Una disgiunzione, per considerare uno dei connettivi tradizionali, è anch’essa un’intenzione; si può asserire solo se si è asserita una delle due proposizioni disgiunte; quindi p o non-p si può asserire solo se o si ha una dimostrazione di p o si ha una dimostrazione che il soddisfacimento di p porta ad una contraddizione. Le due proposizioni p e “è provabile che p”, che Heyting rappresenta con “+p”, esprimono due intenzioni diverse, soddisfatte la prima da una costruzione relativa all’argomento di cui parla p, la seconda da una costruzione che è una dimostrazione di p. Le asserzioni “` p” e “` +p” hanno lo stesso significato: “perché se p è dimostrata, la dimostrabilità di p è anche dimostrata, e se +p è dimostrata, allora l’intenzione di una dimostrazione di p è stata soddisfatta, cioè p è stata dimostrata”. Ma p e +p non sono identiche; il controesempio di Heyting si riferisce come spesso negli esempi matematici intuizionistici ad approssimazioni di numeri 15 A Königsberg nel settembre 1930 alla Conferenza sulla epistemologia delle scienze esatte, pubblicato in P. Benacerraf e H. Putnam (eds.), Philosophy of Mathematics, Blackwell, Oxford, 1964, pp. 42-9. 16 O. Becker, “Mathematische Existenz”, Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung, 7 (1927), pp. 439-809. 18 irrazionali: “Nel calcolo della costante C di Euler, potrebbe succedere che un particolare valore razionale A sia contenuto per un tempo insolitamente lungo nell’intervallo che continuiamo a stringere intorno a C, sicché siamo indotti a sospettare che C = A; cioè sospettiamo che se continuassimo il calcolo di C continueremmo a trovare A nell’intervallo. Ma un tale sospetto non è per nulla una prova che questo succederà. La proposizione +(C = A), perciò, contiene qualcosa in più rispetto alla proposizione C = A.”. Invece non solo “¬p” e “¬ + p” sono proposizioni diverse, ma anche le asserzioni “` ¬p” e “` ¬ + p” sono diverse. La seconda significa che l’assunzione di una costruzione come +p richiede è contraddittoria, mentre la semplice aspettazione di p non necessariamente porta a una contraddizione. “È persino concepibile che noi possiamo [. . . ] asserire allo stesso tempo sia ‘` ¬ + p’ sia ‘` ¬¬p’. In tal caso il problema [p] sarebbe essenzialmente irrisolubile”. La distinzione tra p e +p scompare se in p stessa è intesa una costruzione, perché la possibilità di una costruzione può essere dimostrata solo dalla sua effettiva esecuzione. Se ci si limita perciò a trattare proposizioni che richiedono costruzioni, per esempio quelle della forma “p è dimostrabile”, la funzione di dimostrabilità non appare, e questo è il motivo, secondo Heyting per cui la logica intuizionistica fino ad ora è stata sviluppata senza la funzione +. Immaginare situazioni in cui né p è soddisfatta, né si ha una dimostrazione che p è assurda è facile soprattutto se la matematica è concepita, coerentemente con l’idea di una produzione da parte di un soggetto creativo, come dipendente dal tempo, come l’insieme delle costruzioni eseguite, non come un insieme di verità. Amleto era un intuizionista, visto che per lui to be or not to be era un problema, e non una tautologia. Altre presentazioni della logica dell’intuizionismo la giustificano come un calcolo di soluzione di problemi. In ogni caso, per ogni p, p o non-p è l’aspettativa di una costruzione matematica, quindi la logica dipende dalla matematica, lungi dal fondarla. La logica usata nella matematica viene quindi costruita a partire dalla nozione matematica di prova. Michael Dummett ha usato quest’idea come fondazione della logica in generale, della semantica, usando una nozione primitiva di prova in modo intuizionista. Heyting si dedicherà soprattutto alla logica e all’aritmetica, piuttosto che al continuo, e costruirà una logica formale intuizionista, uno di quei sistemi formali contro i quali protestano anche altri costruttivisti, oltre a Brouwer. La logica intuizionista ha interessanti semantiche, sia in termini di mondi possibili, sia in termini di soluzione di problemi, sia in termini di funzionali. 19 Tali sistemi sono interessanti in teoria della dimostrazione per misurare la forza delle varie teorie; ma è vero che con essi scompare un po’ la carica eversiva dell’intuizionismo. Ha incominciato Gödel,17 nel 1932, a mostrare che prima la logica, poi l’aritmetica classiche sono interpretabili in quelle intuizioniste, vale a dire per ogni loro teorema una opportuna traduzione è intuizionisticamente derivabile.18 I sistemi intuizionisti forniscono quindi dimostrazioni di non contraddittorietà relativa per la logica e l’aritmetica classica. Ultrafinitismo L’ultrafinitismo nega la prima parte della tesi di Kronecker, affermando che i numeri sono creati dall’uomo. A. S. Esenin-Volpin (1924 - ) 10 prende sul serio la domanda se 1010 sia un numero, e parte dall’assunzione che l’iterazione del successore non sia infinitamente iterabile. Ne viene che i numeri naturali non costituiscono una struttura unica, ma possibilmente diversamente lunga, e non chiusa rispetto alle operazioni di moltiplicazione ed esponenziazione. Il programma di Esenin-Volpin non si è sviluppato, anche per le disavventure politiche del suo sostenitore, un dissidente; si è trasformato nella discussione sui numeri feasible, arricchita da Rohit Parikh (1936-) negli anni settanta, in connessione a questioni di complessità. Matematica ricorsiva costruttiva Una matematica basata sulle funzioni ricorsive e la tesi di Church è stata sviluppa da Markov, Shanin e altri, a partire dagli ani cinquanta. I principi su cui si basa sono: a) gli oggetti della matematica costruttiva sono parole di vari alfabeti, b) sono possibili astrazioni basate sull’infinito potenziale, ma non su quello attuale, per esempio la somma è un processo potenzialmente realizzabile, attraverso un algoritmo. A. A. Markov (1903-1979) usava il formalismo degli algoritmi normali, o di Markov,19 ma la sua matematica si può esprimere in riferimento a qualsiasi modello di calcolabilità per esempio le macchine di Turing. La caratteristica principale, rispetto all’intuizionismo e ad altre versioni di matematica costruttiva, è il principio delle scelte costruttive, o principio di Markov. Il principio afferma che se non è il caso che una macchina non si fermi su un dato input, allora si ferma; da intendersi che se è impossibile che 17 Con anticipazioni di Kolmogorov e Glivenko. K. Gödel, “Zur intuitionistichen Arithmetic und Zahlentheorie” (1933), in Collected Works, Vol. I , Oxford Univ. Press, New York, 1986, pp. 286-95; trad. it. in Opere, vol. 1, pp. 212-17. 19 Si veda una trattazione in E. Mendelson, Introduzione alla logica matematica. 18 20 una macchina calcoli per sempre, allora c’è un algoritmo per trovare l’output: basta continuare a calcolare finché la macchina si ferma. Il principio non è accettato dall’intuizionismo, e anche da altri costruttivisti. Markov ha risposto che il rifiuto basato sul fatto che il principio non sarebbe intuitivamente chiaro non è accettabile, perché l’intuizione non è un criterio per la verità matematica, sarebbe un successo del soggettivismo, e farebbe della matematica un’attività sociale. Markov accettava il principio non perché gli fosse intuitivamente chiaro, ma perché non vedeva obiezioni ragionevoli e perché usandolo poteva costruire una matematica costruttiva adeguata alle necessità della scienza. Bishop Errett Bishop (1928-1983) presenta nel 1967 il suo manifesto costruttivista a partire dall’affermazione che l’interesse primario della matematica è dato dai numeri, dagli interi positivi, e che “gli enunciati matematici dovrebbero avere un signficato numerico”. Ricorda Kronecker naturalmente, e la sua affermazione che i numeri naturali sono stati creati da Dio, il resto dall’uomo, ma lo precisa nel senso che sono stati creati a vantaggio dell’uomo: la matematica è umana. A partire dai numeri naturali si ascende a livelli più alti di esistenza matematica, con l’introduzione delle strutture numeriche e delle funzioni dell’analisi, considerando relazioni e funzioni tra enti già costruiti e necessariamente ipostatizzandole, ma sempre in un modo costruttivo. Il teorema di Bolzano-Weierstrass non è costruttivo perché se lo fosse dovrebbe succedere quanto segue: data una successione limitata {xn } di numeri razionali, si dovrebbe calcolare l’estremo superiore con il grado voluto di accuratezza; ma non esiste un metodo generale per produrre un procedimento costruttivo che calcoli un tale numero per ogni successione data costruttivamente; se esistesse, allora per ogni successione costruttiva di 0 e 1 tale metodo o dimostrerebbe che i termini sono tutti 0 o fornirebbe un n per cui xn è 1; un tale metodo risolverebbe tutti i problemi aperti, da quello di Fermat (al tempo di Bishop) all’ipotesi di Riemann, attraverso un’ovvia codifica di tutti gli enunciati matematici. Il termine “costruttivo” finora è stato usato in modo informale; la sua precisazione non è facile, perché si tratta di un concetto aperto. Viene da chiedersi per esempio se una successione di numeri interi è considerata costruttivamente data se si ammette una generazione in cui l’n-esimo termine si ottiene con una ricerca, e la prova che la ricerca ha la garanzia di terminare è costituita da una dimostrazione in un sistema formale. Bishop non lo accetterebbe, ma si rende conto che il lettore del suo libro potrebbe all’inizio 21 non averlo capito; solo andando avanti si realizza sempre meglio che cosa vuol dire “costruttivo”, vedendo esempi via via più precisi di come lo usa l’autore; e può darsi che l’autore stesso non domini completamente tutte le ramificazioni delle sue definizioni e sia soggetto alla necessità di modificare le interpretazioni, e magari addirittura le definizioni, per conformarsi ai dettati dell’esperienza. All’inizio c’è una tendenza naturale a scegliere, per quanto possibile, le funzioni ricorsive come paradigma dei metodi costruttivi, ma non è questa la restrizione giusta, anche perché certi aspetti della stessa teoria delle funzioni ricorsive non sono costruttivi. Il marchio della non costruttività secondo Bishop è il principio di onniscenza, viso sopra. LPO sembra ovvio, per l’abitudine che si ha alla logica classica, ma [t]eorema dopo teorema della matematica classica dipendono in modo essenziale dal principio di onniscenza ristretto [. . . ] Alcuni esempi sono: il teorema che ogni funzione reale continua su un intervallo chiuso limitato raggiunge il suo massimo; il teorema del punto fisso per una funzione continua di una cella chiusa in sé; il teorema ergodico; il teorema di Hahn-Banach. Tuttavia questi teoremi non vengono persi nella matematica costruttiva. Ciascuno di questi teoremi P ha un sostituto costruttivo Q che è un teorema costruttivamente valido e che implica P nel sistema classico, con un argomento che in genere è un semplice appello al principio di onniscenza. Per esempio il teorema che ogni funzione continua da una cella chiusa di uno spazio euclideo in sé ammette un punto fisso ha un sostituto costruttivo nell’enunciato che una tale funzione ammette un punto arbitrariamente vicino alla sua immagine. Spesso un teorema classico ha più di un sostituto, nel senso che si suddivide in diversi teoremi, sfruttando in modo sottile e variando ciascuna ipotesi e il modo di arrivare alla conclusione. Sempre i sostituti forniscono maggiori informazioni, in quanto esibiscono algoritmi o metodi effettivi o limitazioni per le eventuali soluzioni; i teoremi esistenziali sono sempre sostituiti da versioni effettive. L’ampiezza dei campi in cui si hanno buoni sostituti costruttivi dei teoremi della matematica classica è per Bishop una dimostrazione che la matematica classica ha un sostegno sostanziale di verità costruttiva; aver prodotto tale evidenza ha rappresentato il motivo del successo di Bishop e dell’attenzione che si è tornati a dare al costruttivismo. 22 Quest’impostazione in precedenza non godeva di buona fama a causa – secondo la ricostruzione di Bishop – degli eccessi filosofici di Brouwer, “coinvolto in speculazioni metafisiche dal suo desiderio di migliorare la teoria del continuo”, a scapito della concreta attività matematica. Al nome di Brouwer e all’intuizionismo è legata soprattutto la conoscenza, per quel che se ne ha, dell’esistenza del costruttivismo nel ventesimo secolo. Ma Brouwer dava l’impressione di credere – sostiene Bishop – che senza il suo intervento il continuo sarebbe diventato discreto; i suoi allievi ne hanno poi tradito lo spirito facendo compromessi con la logica; altri seguaci hanno cambiato bandiera, come Weyl che “soppresse le sue convinzioni costruttiviste” confidando che “la matematica idealistica trovasse la sua giustificazione nelle applicazioni alla fisica”. 23