14. d) L`ariete, una macchina da guerra, nella

14.
d) L'ariete, una macchina da guerra, nella descrizione di
Vitruvio
L’architetto Vitruvio ricoprì incarichi specifici di ingegnere militare all’epoca di
Cesare. Nel brano seguente (De architectura, X 13, 1-4) egli ci presenta l’ariete,
la più semplice delle macchine belliche, così definita perché l’estremità della
trave che colpiva le porte o le mura nemiche era rivestita di una testa bronzea
riproducente le fattezze di questo animale noto per gli scontri frontali con i suoi
simili. Traduci il passo, seguendo le indicazioni che via via ti sono fornite.
[1] Primum ad oppugnationis aries sic inventus memoratur esse. Carthaginienses ad
Gadis oppugnandas castra posuerunt. Cum autem castellum ante cepissent, id demoliri
sunt conati. Posteaquam non habuerunt ad demolitionem ferramenta, sumpserunt
tignum idque manibus sustinentes capiteque eius summum murum continenter pulsantes
summos lapidum ordines deiciebant, et ita gradatim ex ordine totam communitionem
dissipaverunt. [2] Postea quidam faber Tyrius, nomine Pephrasmenos, hac ratione et
inventione inductus, malo statuto, ex eo alterum transversum uti trutinam suspendit et in
reducendo et inpellendo vementibus plagis deiecit Gaditanorum murum. Ceras autem
Carchedonius de materia primum basim subiectis rotis fecit supraque compegit
arrectariis et iugis varas et in his suspendit arietem coriisque bubulis texit, utique
tutiores essent qui in ea machinatione ad pulsandum murum essent conlocati. Id autem,
quod tardos conatus habuerat, testudinem arietariam appellare coepit. [3] His tunc
primis gradibus positis ad id genus machinationis, postea cum Philippus, Amyntae
filius, Byzanthios oppugnaret, Polyidos Thettalos pluribus generibus et facilioribus
explicavit, a quo receperunt doctrinam Diades et Charias, qui cum Alexandro
militaverunt. Itaque Diades scriptis suis ostendit se invenisse turres ambulatorias, quas
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etiam dissolutas in exercitu circumferre solebat, praeterea terebram et ascendentem
machinam, qua ad murum plano pede transitus esse posset, etiam corvum demolitorem,
quem nonnulli gruem appellant. [4] Non minus utebatur ariete subrotato, cuius rationes
scriptas reliquit.
•Fa’ una prima lettura autonoma del testo, senza guardare le note, cercando di
cogliere il maggior numero possibile di informazioni. Sai che la tecnica-base
consiste nel partire dai verbi, interrogarsi sul loro significato e cercare i «pezzi»
di testo che costituiscono le risposte alle domande che i verbi pongono in
relazione al loro significato.
•Riconosci e sottolinea i termini tecnici presenti nel brano, che danno subito
un’idea dei contenuti trattati, definendo lo «scenario».
oppugnationis, aries, castra, castellum, demoliri, demolitionem, deiciebant, murum,
machination
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•Fa’ il punto, stendendo un breve testo (che non è neppure la traduzione di
lavoro), delle conoscenze sin qui acquisite.
Nel testo si parla dell’ariete, macchina bellica che serve ………………………………..
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Ora puoi confrontare il testo con le note che ti proponiamo, senza per il
momento considerare le parti contenute nei riquadri col punto interrogativo.
[1] Primum: «Innanzi tutto». L’autore inizia con un excursus storico. Il ricorso a
citazioni, ricordi personali, osservazioni curiose è frequente nel De architectura e
testimonia la ricchezza culturale di Vitruvio. • ad ... aries: «l’ariete per l’assalto». Nota
la desinenza -is per l’accusativo plurale. Secondo Plinio il Vecchio l’invenzione di
questa macchina da guerra risalirebbe all’epoca della guerra di Troia, mentre Vitruvio
l’attribuisce ai Cartaginesi.
? Conviene far dipendere ad oppugnationis da inventus … esse o da aries? Il significato
cambia considerevolmente: «l’ariete fu escogitato per l’assalto», oppure «fu inventato
l’ariete per l’assalto (attributivo)».
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• memoratur: «si racconta». Il verbo è costruito personalmente. • ad ... oppugnandas:
«per assediare Cadice». Gadis è accus. plur. in -is del sostantivo Gades, Cadice, città
spagnola posta sull’Atlantico. • castellum: «la fortezza». Si tratta del diminutivo di
castrum. • posteaquam ... habuerunt: «poiché non avevano».
? Il latino usa il perfetto habuerunt, perché sente l’azione come avvenuta e conclusa nel
passato, l’italiano usa invece l’imperfetto. Ma se si vuole indicare che, proprio in quella
circostanza, i Cartaginesi erano privi di strumenti, e non già che ne erano privi in
generale, allora si può tradurre col passato remoto.
• ad ... ferramenta: «gli utensili di ferro necessari alla demolizione». • tignum: «una
trave». • capiteque eius: «e con l’estremità di essa».
? Conviene rendere capite con «estremità» o conservare la metafora e tradurre «con la
testa»? Evidentemente Vitruvio sta già pensando all’ariete vero e proprio, nel quale
l’estremità della trave è lavorata in forma di testa.
• summum murum: «la sommità delle mura ». • continenter pulsantes: «colpendo
ripetutamente ». Il verbo pulsare è intensivo rispetto a pellere, ed indica la ripetitività
dell’azione, qui ulteriormente sottolineata dalla presenza dell’avverbio continenter.
? Come rendere la doppia intensificazione (del verbo e dell’avverbio)?
• summos ... deiciebant: «smantellavano la sommità delle mura». • ex ordine:
«sistematicamente ». • communitionem dissipaverunt: «demolirono le fortificazioni».
? Da notare l’uso dell’imperfetto deiciebant, che indica un’azione continuata nel
passato, in contrapposizione ai perfetti habuerunt e dissipaverunt.
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La differenza è di aspetto, durativo o momentaneo: prima c’è la continua, graduale
opera di smantellamento (deiciebant), il cui risultato è la demolizione, constatata a
operazione conclusa. Nella traduzione occorre tenere conto di questa opposizione
aspettuale.
[2] Postea: «Successivamente», riprende primum all’inizio del paragrafo precedente.
Inizia la descrizione di un secondo momento nella storia dell’evoluzione di questa
macchina da guerra. Continuò peraltro ad essere usato il primo tipo, quello più semplice
sopra descritto, raffigurato anche sulla colonna traiana. • faber Tyrius: «un geniere di
Tiro». Tiro era una famosa città della Fenicia. LINGUA e CIVILTÀ: lessico di base e
lessico
? La traduzione di faber con «geniere» non è ovvia: nel nostro esercito esiste un corpo
militare altamente specializzato, il genio appunto; nell’esercito romano c’erano dei fabri
(fabbri, artigiani, operai) agli ordini di un praefectus fabrum. In questo caso, trattandosi
di un inventore isolato, si potrebbe rendere meglio con «ingegnere»?
• nomine Pephrasmenos: «di nome Pefrasmenos ». Probabilmente Vitruvio ha tenuto
presenti fonti greche, tra cui l’opera di Ateneo Meccanico, che parla appunto di un tale
Pefrasmenos in relazione all’invenzione dell’ariete. • hac ratione et inventione
inductus: «sulla scorta di questa invenzione ». Inducere qui significa «guidato, indotto,
portato a». Ratione et inventione è un’endiadi.
? La resa delle endiadi è sempre problematica. La nostra traduzione è insufficiente.
Occorre trovare un’espressione che contenga sia l’idea della razionalità espressa da
ratio, sia quella della scoperta originale espressa da inventio.
• malo statuto: «dopo aver rizzato un palo», ablativo assoluto. Malus indica l’albero
della nave, poi, in senso lato, ogni palo, compresa l’antenna per sostenere il tendone del
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circo o del teatro. • ex eo: «a questo». Nota il legame grammaticale con l’ablativo
assoluto precedente. Tale costruzione è post-classica e denota una certa libertà sintattica
in Vitruvio. • alterum transversum: «un altro posto trasversalmente». • uti trutinam:
«come una stadera». Trutina, presente in autori come Cicerone ed Orazio, indica una
bilancia popolare ed è la trascrizione latina di un sostantivo greco, trytáne, ago della
bilancia o bilancia in generale.
? Per capire come funziona il marchingegno, devi sapere com’è fatta una stadera. Puoi
consultare il vocabolario d’italiano o un’enciclopedia. Nella traduzione non potrai che
impiegare questo termine tecnico, che come tale non ha sinonimi.
• in ... inpellendo: «tirando indietro e spingendo avanti». Si noti in + gerundio in caso
ablativo, per rendere il valore strumentale. • vementibus plagis: «con colpi violenti».
Vemens è una forma contratta per vehemens. • Ceras ... Carchedonius: «Ceras di
Cartagine ». Altri leggono Geras Chalcedonius, Geras di Calcedone, città marittima
della Bitinia. Si tratta di un artigiano o architetto militare non altrimenti noto. In realtà
l’invenzione dell’ariete risalirebbe ad un periodo più antico, se si pensa che macchine di
questo genere sono raffigurate su monumenti assiri. • de materia: «di legno». Nel latino
classico il complemento di materia è espresso da ex + abl., ma Vitruvio usa spesso il
sostantivo materia per indicare il legno di cui sono fatte le sue macchine. • basim:
«base», è un calco del sostantivo greco basis, «supporto, piedistallo, zoccolo». •
subiectis rotis: «poste sotto delle ruote».
? In basim subiectis rotis, conviene rendere l’ablativo assoluto come fosse un attributo
(«un supporto munito di ruote»).
• compegit ... varas: «costruì, con travi perpendicolari e trasversali, dei cavalletti».
Compegit è il perfetto del verbo compingo (cum + pango) dal cui participio, compactus,
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deriva il nostro aggettivo «compatto». Arrectaria, -orum, sono dei travicelli diritti.
Iugum, -i, indica ogni legno trasversale che unisce due oggetti; ovviamente il primo
significato è quello di «giogo dei buoi». Il sostantivo vara, dall’aggettivo varus
«storto», indica una forcella che sostiene una rete, qui un cavalletto.
? La nostra traduzione non ci soddisfa affatto. Intanto, prima di tradurre, dovrai capire
bene com’è costruito un cavalletto: prima unisci quasi perpendicolarmente due travi
ottenendo una x; ripeti l’operazione ottenendo una seconda x. Poi colleghi queste due x
con un’altra trave perpendicolare, come un giogo che unisce due buoi. Questo è ciò che
dice Vitruvio. A te, il compito di renderlo in una forma italiana che sappia coniugare la
precisione tecnica e la chiarezza. e CIVILTÀ: lessico di base e lessico specifico
• coriis bubulis: «con pelli bovine». Corium indica la pelle, il cuoio degli animali. • uti:
«affinché». Si noti l’uso di ut in una proposizione finale con comparativo: nel latino
classico avremmo avuto quo. • in ea machinatione: «vicino a questa macchina da
guerra». • essent conlocati: «erano stati posti». Il congiuntivo si spiega con la cosiddetta
attrazione modale. • tardos conatus: «movimenti lenti». Questo è il terzo tipo di ariete,
protetto da uno scudo resistente e montato su ruote. Vegezio, scrittore latino vissuto alla
fine del IV secolo, autore di un’Epitoma rei militaris, ci offre una spiegazione diversa
della medesima denominazione: essa infatti nascerebbe dal movimento della testa
dell’ariete che entra ed esce rispetto al corpo della macchina, come la testa di una
tartaruga. • testudinem arietariam: «testuggine (a forma) d’ariete». Questo tipo di
ariete, trasportabile su ruote, riceve il nome dell’animale cui somiglia, la tartaruga, sia
per la lentezza dei movimenti, sia perché fornito di un tetto che protegge i soldati
addetti allo spostamento. Il primo autore latino a porre in relazione la denominazione
delle macchine da guerra con la loro forma o le loro caratteristiche era stato Varrone.
La testuggine era una tettoia mobile di legno, sotto la quale gli assedianti lavoravano al
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riparo dai colpi degli assediati, spingendo l’ariete contro le mura; era di solito ricoperta
di pelli fresche non conciate, per offrire una migliore difesa contro il fuoco.
[3] His ... positis: «Fatti questi primi passi ». La metafora esiste anche in italiano. •
Philippus: si tratta di Filippo di Macedonia, padre di Alessandro Magno, che assediò
Bisanzio nell’anno 340-339. Pare che i Macedoni fossero piuttosto esperti nella tecnica
degli assedi e vari storici greci ricordano gli ingegneri di Filippo per la loro esperienza e
le loro capacità. • Polyidos Thettalos: Polidos è il nome dell’architetto, mentre Thettalos
indica la sua provenienza (era originario della Tessaglia). È citato anche in altri luoghi
da Vitruvio. • pluribus ... explicavit: «apportò varie modifiche alla macchina,
semplificandone l’uso». • a quo: «e da lui». Nesso relativo. • doctrinam: «tale scienza».
• Diades ...Charias: sono due architetti militari di Alessandro Magno. Diade scrisse un
trattato sulle macchine belliche che Vitruvio conosceva bene, come si deduce dalla
successiva affermazione. • turres ambulatorias: le torri di legno si spingevano contro le
mura della città assediata.
? Lasciamo a te il compito di rendere l’aggettivo ambulatorias. Per capire a che cosa
faccia riferimento, bisogna sapere che esistevano due tipi di torri militari, uno in
muratura o in legno, adatto alle fortificazioni e uno mobile, usato per l’assedio. Il
sostantivo turris indica in latino l’uno o l’altro tipo di macchina da guerra,
indifferentemente, mentre l’aggettivo che accompagna il nome consente di capire di
quale torre si stia parlando. L’uso delle torri da parte degli assedianti incuteva
particolare timore agli assediati. Cesare, nel De bello Gallico, riferisce che gli Aduatici,
dopo aver schernito i Romani che costruivano torri tanto alte (loro, di così bassa statura)
e così lontane dalle mura della città che volevano assalire, quando si accorsero che tali
torri potevano essere mosse ed erano avvicinate facilmente alle mura, gli mandarono dei
messi che parlarono così: «Noi pensiamo che i Romani non facciano una guerra senza
l’aiuto divino, se possono far avanzare tanto rapidamente macchine di così grande
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altezza» (Caes., B. G. II 31). Quando le torri non potevano essere trasportate smontate,
erano costruite fuori della portata dei colpi dei nemici e poi avvicinate alle mura.
• quas ... solebat: «che anche smontate in vari pezzi era solito spostare con l’esercito». •
terebram ... machinam: il sostantivo terebra (dal verbo tero) in latino designa sia la
trivella sia il trapano del chirurgo. La machina ascendens ha la funzione di ponte mobile
che consente agli assedianti di giungere in cima alle mura degli assediati. • qua: «grazie
alla quale». Il pronome relativo introduce una proposizione con sfumatura consecutivafinale. • plano pede: «stando a livello». La macchina permetteva di salire fin sopra le
mura, senza dover arrampicarsi. • etiam ... demolitorem: «anche il corvo per demolire».
A causa della sua somiglianza col becco di un corvo, prendeva questo nome una
macchina da guerra costituita da una lunga spranga munita di un uncino (cfr. quanto è
stato detto nella nota a compegit). Si tratta probabilmente di una specie di gru il cui
braccio termina con un uncino o gancio in ferro con cui si demolivano le mura della
città assediata. • gruem: «gru». Il sostantivo grus, -is indica sia l’uccello sia la macchina
da guerra.
[4] ariete subrotato: «ariete montato su ruote». • rationes: «misure e descrizioni».
• Ora è venuto il momento di iniziare la traduzione di lavoro.
• Ultimata la traduzione di lavoro, puoi passare alla traduzione vera e propria. Si
tratterà quasi obbligatoriamente di una traduzione semantica, cioè scarsamente
comunicativa, dato il contenuto tecnico del brano in questione. A questo punto:
- poni particolare attenzione ai problemi di traduzione espressi nei riquadri
contenenti il simbolo;
- tieni conto di alcune peculiarità complessive dello stile di Vitruvio, riassunte
nella seguente scheda.
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Lingua e stile di Vitruvio
La lingua di Vitruvio presenta molti elementi tipici del latino parlato, vuoi per le
scelte lessicali vuoi per gli aspetti morfologico-sintattici che, in alcuni costrutti,
sembrano anticipare il volgare. Per quanto concerne il lessico, Vitruvio utilizza
diminutivi, che non sono più una semplice alterazione del nome da cui derivano,
ma assumono significati del tutto autonomi: un esempio per tutti può essere il
sostantivo castellum, diminutivo di castra, ma indicante una fortezza. Spesso
Vitruvio preferisce, invece che cercare o inventare parole latine, traslitterare
(cioè trascrivere in alfabeto latino) parole greche spesso lasciandone invariate
le desinenze proprie: ad esempio, i sostantivi hidraletae, graphidos o
l’espressione encyclios disciplina o, nel nostro testo, trutina. Egli traduce dal
greco sia realizzando precise corrispondenze di significato e morfologiche sia
procedendo per approssimazione. Desume termini da altre aree di significati e li
utilizza in riferimento all’architettura: per esempio, il sostantivo compositio,che
in Cicerone indica la disposizione di parole e di suoni per evitare cacofonie o
per creare relazioni armoniche tra le parti, in Vitruvio indica invece il sistema
organico, frutto di armonico rapporto tra le componenti, che si stabilisce
all’interno di una compiuta opera architettonica. In particolare, come suggerisce
C. De Meo, in Vitruvio «molti termini vivono contemporaneamente nell’area
militare e in quella agricola, testimonianza linguistica della contiguità di due
mondi in cui si realizza un unico protagonista, il contadino-soldato, per una
consuetudine di esistenza che fu spiccatamente romana». Il sostantivo aries
prova la validità di questa tesi. Ma ci sono anche altri termini agricoli nel passo
in questione: aries, ferramenta, malus, corium, bubulus, testudo, arietarius,
tignum, lapis, trutina, materia, compingere, iugum, grus. In una traduzione
conviene valorizzare questa presenza di terminologia agricola, che è un
elemento caratterizzante dello stile di Vitruvio.
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