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Corso di Astronomia
Sin dai tempi di Aristotele si pensava che i pianeti
si muovessero intorno alla Terra Seguendo traiettorie
circolari o combinazioni di moti circolari. Secondo Aristotele, infatti, l’unico moto naturale e perfetto era
quello circolare ed i pianeti, non potevano che muoversi
in quel modo. Per la stessa ragione le stelle, erano fisse
sulla sfera celeste con la quale condividevano un altrettanto perfetto moto circolare. Il modello aristotelico di
universo geocentrico venne perfezionato nel II secolo
d.C. dal grande astronomo e matematico greco Claudio
Tolomeo. Tolomeo, utilizzando i dati raccolti dai suoi
predecessori, elaborò la Megisté Syntaxis (Grande Sintesi), una maestosa opera di astronomia, più nota con il
titolo Almagesto, nella quale espose una teoria che,
seppur con grandi complicazioni geometrico-matematiche, riusciva a giustificare con sufficiente precisione i moti apparenti dei pianeti. Nel sistema tolemaico, la Terra è immobile al centro dell’universo. Attorno ad essa, il Sole, la Luna, Mercurio, Venere, Marte,
Giove e Saturno percorrono delle circonferenze,
dette deferenti, i cui centri si discostano di poco
dal centro della Terra. Da ora in poi il termine
deferente lo sostituiamo con circonferenza. Inoltre, solo il Sole percorre direttamente la
propria circonferenza con moto circolare uniforme; la Luna e gli altri pianeti si muovono su
altri cerchi, detti epicicli, i cui centri sono a loro
volta animati di moto uniforme e percorrono i
rispettivi deferenti. L’universo di Tolomeo, sebbene fosse un modello puramente cinematico e
non rendesse conto quindi delle cause dei moti
planetari, divenne una delle pietre miliari della
filosofia del mondo antico fino alla pubblicazione, nel 1543, del De Revolutionibus Orbium Coelestium di Nicola Copernico (1473-1543).
In quell’opera, frettolosamente messa al bando dalla censura ecclesiastica, si ponevano le basi del sistema eliocentrico, ovvero con il Sole immobile al centro
dell’universo e la Terra e i pianeti a ruotare intorno ad esso. Il modello copernicano non
ottenne un grande successo tra gli astronomi in quanto si dimostrava inadeguato come
quello tolemaico nel giustificare le osservazioni. Questo è dovuto semplicemente al fatto
che Copernico mantenne per i pianeti l’ipotesi di traiettorie circolari percorse a velocità
uniforme.
Contemporaneamente a Copernico, l’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601)
compì una serie di osservazioni molto accurate sul moto dei pianeti. Un suo allievo, Johannes Kepler (1571-1630), tentò di correlare i dati di Tycho utilizzando curve geometriche. Dopo otto anni di lavoro, nel 1609, Keplero pubblicò i risultati delle sue ricerche,
che sono sintetizzate nelle famose tre leggi:
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Prima di enunciare le tre leggi occorre prima spiegare che cos'è
un'ellisse: si tratta di una delle "sezioni coniche", quelle forme cioè
ottenute tagliando un cono con una superficie piana. Una torcia elettrica genera un cono di luce: se la puntate contro una parete piana
otterrete una sezione conica. Colpite la parete perpendicolarmente.
La parete taglierà il cono perpendicolarmente all'asse e si otterrà un
cerchio di luce. Inclinate il cono rispetto alla parete: si otterrà un'ellisse. Più inclinate la torcia e più
lontano si richiuderà l'ellisse. Alla
fine, quando un lato del cono è parallelo alla parete, la
curva non si chiude più: avete ottenuto una parabola.
Le leggi di Keplero (come le conosciamo ora) consentono tutte le sezioni coniche, e le parabole sono molto
simili alle orbite delle comete non periodiche, che iniziano da molto, molto lontano. Inclinando ancora di
più il fascio, otterrete
un'iperbole -- non soltanto le traiettorie non si chiudono,
ma le due direzioni di arrivo e di partenza divergono di un
certo angolo. Le ellissi hanno altre proprietà: esse hanno
due punti speciali, i "fuochi", e, se prendete due punti
qualsiasi sull'ellisse, la somma delle distanze (r1+r2) dai
due fuochi è sempre la stessa (per quella certa ellisse).
Prima Legge: Le orbite dei pianeti sono ellissi delle
quali il Sole occupa uno dei due fuochi. Seconda Legge
Il segmento che unisce il pianeta al Sole (raggio vettore) descrive aree equivalenti in tempi uguali. Terza
Legge Il quadrato del tempo di rivoluzione di un pianeta
è proporzionale al cubo della sua distanza media dal Sole.
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Sia le leggi di Keplero che il modello di
Copernico rimanevano, comunque, delle descrizioni del moto dei pianeti e non delle
spiegazioni, per le quali occorrerà attendere
la pubblicazione del Philosophiae Naturalis
Principia Mathematica di Isaac Newton , nel
1687. In quest’opera, una delle più grandi
conquiste della mente umana, Newton pose
le basi della meccanica moderna enunciando i
tre principi fondamentali della dinamica:
Primo Principio In assenza di forze applicate, ogni corpo mantiene il suo stato di
quiete o di moto rettilineo uniforme.
Questo principio è facile da capire: se vedi
un corpo fermo quello rimarrà tale finchè non applichi una forza su di lui per muoverlo. Se invece si muove di moto rettilineo uniforme (si muove lungo una retta con velocità sempre costante), l'unico modo per frenarlo, accelerarlo, o farlo deviare della sua traiettoria è sempre applicare una forza su esso.
Secondo Principio L’accelerazione che un corpo subisce per effetto di una forza
applicata è proporzionale e parallela alla forza stessa.
In parole povere, se vuoi muovere un enorme cassa da 200 kilogrammi su una pista
da ghiaccio (quindi quasi senza attrito) devi applicare una grandissima forza per farla accelerare di molto, mentre se vuoi fare accelerare un scatola da un grammo e farlo andare velocissimo devi esercitare una forza molto ma molto più piccola.
Terzo Principio Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Una macchina in corsa impatta contro un muro. La conseguenza tangibile è che la
parte anteriore del veicolo va quasi completamente distrutta, ma perché? Essa deve aver certamente subito una forza e da chi l'ha subita? ovviamente l’ha subita dal muro. Il
muro, che non ha niente contro l'autista, ha semplicemente rispettato il terzo principio
restituendo la forza impressa su di esso dalla macchina, esattamente la stessa forza.
Contemporaneamente, Newton formulò la Legge della Gravitazione Universale :
Due corpi si attraggono con una forza proporzionale al prodotto delle loro masse ed inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa.
Per semplicità è opportuno scomporre il moto di un pianeta sulla sfera celeste nelle sue componenti: il moto proprio, dovuto alla rivoluzione del pianeta e della Terra intorno al Sole; e il moto di trascinamento, dovuto alla rotazione della Terra intorno al suo
asse. Il moto effettivo ovvero quello che osserviamo è dato dalla composizione di moto
proprio e moto di trascinamento. Per quel che riguarda il moto di trascinamento, il pianeta si comporta, né più né meno, come tutti gli astri: sorge a Est, percorre un arco di
circonferenza e tramonta a Ovest.
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Il moto proprio è molto più complesso.
Per questo motivo non ci addentreremo
più di tanto nell’argomento, dicendo soltanto
che, nel lungo periodo (qualche settimana o
qualche mese per i pianeti più distanti), ci si
accorge che la traiettoria apparente del pianeta presenta dei tratti in cui il moto è diretto
(da Ovest verso Est, come in punto A) ed altri
in cui è retrogrado (da Est verso Ovest, punto
C). Definiamo i punti che segnano l’inizio di
uno di questi tratti e il termine dell’altro come
Punti di Stazionarietà ( B e D ). Le orbite planetarie giacciono su piani diversi ma molto vicini tra loro, e perciò il moto apparente avviene sempre in prossimità dell’eclittica.
Foto 8
I pianeti vengono classificati in superiori
e inferiori, a seconda che le loro orbite siano
esterne (Marte, Giove, Saturno, Urano, Net-
tuno e il pianeta nano Plutone) o interne (Mercurio e Venere) a quella
terrestre. I pianeti inferiori, visti dalla
Terra , oscillano intorno al Sole scostandosi al massimo di un angolo non
superiore a 28° per Mercurio, e 48°
per Venere, definito come massima
elongazione. In tali posizioni, i pianeti
inferiori presentano delle fasi, cioè si
vede parte della loro superficie illuminata dal Sole e parte in ombra, come
Foto 9
avviene per la Luna. Alla minima e alla
massima distanza dalla Terra i pianeti inferiori si trovano rispettivamente in congiunzione inferiore e congiunzione superiore con il Sole.
Nel caso di congiunzione superiore il pianeta non è osservabile. Nel caso di congiunzione inferiore si può osservare il transito del pianeta sul disco solare, che però non
avviene ad ogni rivoluzione a causa della non complanarità delle orbite di questi pianeti
con quella terrestre.
Per la terza legge di Keplero, i pianeti inferiori hanno periodi di rivoluzione più
brevi di quello della Terra.
Riprendiamo allora la FOTO 9 e, tenendo la Terra fissa, facciamo percorrere al pianeta inferiore la sua orbita in senso antiorario a partire dalla congiunzione superiore.
Osserviamo che esso si muove in senso diretto (da Ovest verso Est) fino a raggiungere la
massima elongazione occidentale, quindi il suo moto si inverte e il pianeta si avvicina al
Sole, raggiungendo la massima elongazione orientale, per poi invertire nuovamente il
suo moto. In realtà, mentre il pianeta fa tutto ciò anche la Terra si muove lungo la sua
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orbita in senso antiorario, ma qualitativamente le cose non cambiano più di tanto. I pianeti superiori presentano movimenti apparenti più ampi di quelli inferiori. Le posizioni
fondamentali sono dette congiunzione, opposizione, quadratura orientale e quadratura
occidentale (vedi ancora la FOTO 9).
Le migliori condizioni per l’osservazione sono quelle in prossimità
dell’opposizione, quando il pianeta è alla minima distanza dalla Terra. Prendiamo ancora
in esame la FOTO 9 e stavolta teniamo fisso il pianeta superiore, muovendo la Terra (che
è più veloce) a partire dall’opposizione. Mentre la Terra si sposta in senso antiorario, il
pianeta appare animato di moto retrogrado fino a che la Terra, vista dal pianeta, non
raggiunge la sua massima elongazione occidentale: a quel punto il moto del pianeta si
inverte e diviene diretto. Quando la Terra, vista dal pianeta, giunge alla massima elongazione orientale, il moto apparente del pianeta si inverte nuovamente.
A questo punto siamo all’incirca nella posizione indicata con B nella FOTO 8 . Il
moto retrogrado si mantiene poi per tutto il tratto intorno all’opposizione punto C nella
FOTO 8. fino a che la Terra non torna alla massima elongazione occidentale punto D.
Moto Retrogrado
Questa è la spiegazione, rigorosa, del
moto retrogrado. Una spiegazione più semplice, probabilmente più comprensibile è
quella data dalla figura Moto Retrogrado.
Come potete vedere nella foto il moto del
pianeta è diretto nella posizione 1-2, mentre
diventa retrogrado nella posizione 3-5, mentre nella posizione 4 il pianeta è stazionario
nel cielo, lo stesso dicasi a metà del passaggio 5 – 6, a questo punto il pianeta sarà visibile nuovamente con moto diretto
Il tempo impiegato da un pianeta per effettuare una rivoluzione completa intorno
al Sole rispetto alle stelle fisse è detto periodo siderale. L’intervallo di tempo tra due
successive congiunzioni o opposizioni è invece detto periodo sinodico. La conoscenza del
periodo sinodico è molto importante, in quanto permette di stabilire quanto tempo occorre aspettare prima che il pianeta si ripresenti nella stessa posizione rispetto alla Terra.
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Per la prima legge di Keplero, l’orbita di un pianeta
è un’ellisse avente un fuoco coincidente con il Sole. Conoscendo la posizione del pianeta e la sua velocità orbitale in un certo istante di riferimento, è possibile determinare la posizione del pianeta in ogni istante futuro o passato, risolvendo le equazioni della meccanica celeste. Posizione e velocità del pianeta sono tuttavia delle quantità
che, a priori, non dicono nulla circa le caratteristiche
dell’orbita del pianeta. Esistono dei particolari parametri,
detti elementi orbitali, che risultano equivalenti alle suddette quantità, ma hanno il vantaggio di fornire
un’immagine diretta della forma e dell’orientamento dell’orbita nello spazio. Per descrivere la forma dell’orbita del pianeta sul suo piano orbitale si utilizzano le proprietà geometriche dell’ellisse. Senza entrare nel merito delle proprietà geometriche dell’ellisse,
possiamo definire l’ellisse come il luogo dei punti del piano per i quali è costante la
somma delle distanze da due punti fissi, detti fuochi.
Nella sono indicati anche i fuochi (F1 ed F2), in uno dei quali si trova il Sole, e le
distanze afeliaca, F2-S, e perieliaca, F2-S2. Per definire una particolare ellisse su questo
piano è sufficiente fornire i due semiassi; in astronomia si preferisce tuttavia fornire il
semiasse maggiore e l’eccentricità che dà una misura di quanto l’ellisse si discosta da
una circonferenza tenete presente che l’eccentricità di una circonferenza è zero perché i
due fuochi coincidono con il centro. Dobbiamo ora individuare l’orientamento del piano
orbitale rispetto al piano dell’eclittica. Definiamo, a tal fine, un nuovo sistema di riferimento, detto eliocentrico, in cui il Sole è situato nell’origine degli assi coordinati.
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Gli elementi che permettono di definire l'orbita di un pianeta sono:
a: definizione del piano dell'orbita
b: orientazione dell'orbita
c: forma dell'orbita
d: elementi meccanici del moto
Le orbite sono descritte rispetto ad un piano
di riferimento vediamo la diapo. Per i pianeti questo è il piano dell'orbita terreste (l'eclittica); per i
satelliti è il piano che contiene l'equatore dei rispettivi pianeti. I due punti in cui l'orbita interseca
il piano di riferimento sono detti nodi. Il nodo ascendente è definito dal passaggio da posizioni al di
sotto del piano di riferimento (negative) a posizioni
al di sopra del piano di riferimento (positive). Il nodo discendente è definito, al contrario, come il
punto di passaggio da posizioni positive a posizioni
negative. La linea che congiunge i nodi è detta linea
dei nodi. Per definire l'orbita, si fissa prima di tutto l'angolo i tra il piano dell'orbita e il
piano di riferimento. Questo angolo è l'inclinazione. Poi si fissa l'angolo O maiuscolo,
detto longitudine del nodo, contato dal punto gamma al nodo ascendente. Per orientare l'orbita sul piano è sufficiente individuare la direzione del suo asse maggiore oppure
fissare la direzione del perielio P, cioè l'angolo o minuscolo, detto anche distanza angolare tra perielio e nodo. Determinare la forma dell'orbita vuol dire fissare la lunghezza
del suo semiasse maggiore a eccentricità e In definitiva, quindi, i 6 elementi orbitali, necessari a definire un'orbita, sono:
il semiasse maggiore a
l'eccentricità e
l'inclinazione i
la longitudine del nodo ascendente O
la distanza angolare tra perielio e nodo o
6. l'istante T del passaggio al perielio
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Per individuare un'orbita sono necessarie almeno 3 osservazioni che fissino 3 coppie di valori (3 coordinate nel sistema eclitticale). Con questi dati è possibile trovare i sei elementi orbitali, incogniti. Diciamo che la soluzione di questo problema è complicata e per la natura del corso
non viene qui nemmeno accennata. Per mezzo di questi elementi conosciamo direttamente la
posizione del pianeta all’istante T; risolvendo le equazioni della meccanica celeste, il che è possibile a patto di disporre di una sufficiente capacità di calcolo e di elaborazione, possiamo conoscerne la posizione in ogni istante. Fino a non molto tempo fa, soltanto gli istituti di ricerca più
importanti possedevano computer di adeguata potenza: le effemeridi (cioè le coordinate dei
pianeti) da loro calcolate venivano pubblicate annualmente sugli almanacchi sotto forma di tabelle.
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Oggi, grazie all’enorme sviluppo avuto dall’informatica negli ultimi anni, il calcolo delle effemeridi può essere fatto anche con un personal computer che è in grado, con opportuno software, di determinare in pochi secondi l’aspetto della sfera celeste all’istante desiderato.
Il corso online “Astronomia di Base” ,
viene trasmesso utilizzando il Network
Skylive Telescopi Remoti. Per poter accedere al Network Skylive, è necessario collegarsi al sito Skylive.it e scaricare il Client Skylive NG.
Per mezzo di questo è possibile osservare in diretta dai telescopi siti in Italia e
in Australia, nonché seguire eventi online.
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SA e dell’ESA.
Gli argomenti trattati nelle lezioni sono frutto di conoscenze personali
nonché dell’utilizzo di fonti varie: libri, dispense, internet.
Relatori lezioni online: Antonino Cutri
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(Acer_35)
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(Luca.Scarparolo)
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Creazione dispense:
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Testi lezioni:
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Astronomia di base
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