I nuovi anticoagulanti orali
SIDS
Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia
2015 ©
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Introduzione
Nel trattamento e nella prevenzione di numerose patologie tromboemboliche, sia arteriose che venose,
per oltre 50 anni il medico ha avuto a disposizione solo gli antagonisti della vitamina K (AVK, warfarin,
acenocumarolo), farmaci di indubbia efficacia nella riduzione degli eventi tromboembolici, ma che
presentano altrettanto indubbi problemi gestionali che hanno contribuito probabilmente ad un utilizzo
non ottimale. Nonostante in Italia siano oltre 1 milione i pazienti che assumono anticoagulanti orali per il
trattamento di svariate patologie (fibrillazione atriale, cardiopatia dilatativa, valvulopatie, malattia
tromboembolica venosa, protesi valvolari cardiache), recenti dati epidemiologici evidenziano che, ad
esempio, solo un terzo circa dei pazienti con fibrillazione atriale, che in base alla linee guida correnti
sarebbero candidati ad un trattamento con AVK, ricevono effettivamente questa terapia. Inoltre La
necessità di un continuo monitoraggio laboratoristico, in alcune circostanze cliniche per tutta la vita,
costituisce in tutto il mondo la maggiore causa di ridotta compliance o di rifiuto della terapia con AVK, e
pertanto superare questo limite è un obiettivo importante nella efficacia e sicurezza della terapia
anticoagulante orale.
In questi ultimi anni, sono stati commercializzati tre nuovi principi attivi
ad azione anticoagulante, dabigatran, rivaroxaban, apixaban, che hanno
destato molto interesse perché superano alcune delle criticità della
terapia con gli anticoagulanti tradizionali. Rappresentano quindi una
vera novità nel campo della prevenzione tromboembolica sistemica pur
presentando a loro volta alcuni limiti che è necessario conoscere.
Il modulo fornirà quindi al farmacista le informazioni indispensabili sulle
caratteristiche di questi principi attivi fornendo gli strumenti per
inquadrarli nell'ambito del gruppo terapeutico a cui appartengono
(limitatamente alla via orale) e nel contesto della patologia trattata.
Questo tuttavia sarà soprattutto l'occasione per un ripasso dei
meccanismi dell'emostasi e del trattamento anticoagulante orale in generale che a tutt'oggi coinvolge un
numero elevatissimo di pazienti i quali, indipendentemente dall'assunzione di vecchi o nuovi farmaci,
necessitano del consiglio dei farmacista per ottenere dal trattamento i maggiori benefici con il minimo
rischio.
Nel modulo questi farmaci verranno indicati con la sigla NAO (nuovi anticoagulanti orali), acronimo
utilizzato fin dal momento della loro prima commercializzazione e certamente più noto. Nei documenti più
recenti pubblicati nella letteratura internazionale tuttavia vengono ormai in genere, più correttamente,
indicati come DOAC (direct-acting oral anticoagulants).
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Un po' di ripasso di fisiologia: il meccanismo della coagulazione
Trombina, fattori della coagulazione, fattore X attivato ecc….Forse sarà utile iniziare col rinfrescare le
conoscenze sui meccanismi della coagulazione. Questo aiuterà a capire meglio in cosa i NAO si
differenziano dagli AVK.
Emostasi normale
L'emostasi, uno dei più efficaci meccanismi di regolazione
dell'organismo, è il processo che blocca lo stravaso di sangue a
seguito di un danno vascolare.
L'emostasi fisiologica risulta da un equilibrio fra i meccanismi
favorenti il processo emostatico nella sua generalità ed i sistemi ad
esso antagonisti. Lo spostamento dell'equilibrio nel senso di un
aumento o di una diminuzione dell'attività emostatica ha
importanti conseguenze patologiche.
Le manifestazioni cliniche finali si possono ricondurre a due quadri fondamentali:
 una incontrollata attivazione intravasale dell'emostasi, che dà luogo a manifestazioni trombotiche
 un deficit del sistema emostatico, che dà luogo a manifestazioni emorragiche
L'emostasi svolge quindi tre funzioni:
 mantiene il sangue in uno stato fluido senza coaguli nei vasi normali;
 ripara le continue microlesioni che avvengono fisiologicamente alla parete endoteliale dei vasi
dovute allo scorrimento stesso del sangue senza provocare una coagulazione eccessiva che
porterebbe al blocco della circolazione;
 induce la rapida formazione di un tappo emostatico (coagulazione) localizzato nel sito di una
rottura del vaso, bloccando la fuoriuscita del sangue (emorragia).
All'interno dei vasi si possono individuare 4 fasi :
 fase vascolare che porta alla riduzione del lume vasale
 fase piastrinica (emostasi primaria) che porta alla formazione del tappo piastrinico
 fase coagulativa (emostasi secondaria) che porta alla formazione del coagulo di fibrina
 fase fibrinolitica che porta alla dissoluzione del coagulo
Fase vascolare
La vasocostrizione o spasmo vascolare è il primo evento
che si verifica quando un vaso viene lesionato. Essa
avviene inizialmente grazie al segnale nervoso che causa
una contrazione della muscolatura liscia presente nella
pareti del vaso offeso che, contraendosi (spasmo
vascolare), ne riduce il lume rallentando la fuoriuscita di
sangue. Anche i vasi contigui alla lesione sono interessati
da fenomeno di vasocostrizione che riduce il flusso
sanguigno nell'area circostante. In seguito la
vasocostrizione è sostenuta e prolungata dalle sostanze
rilasciate dalle piastrine richiamate e accumulate nel vaso danneggiato. Se la lesione interessa un capillare,
lo spasmo vascolare è in genere sufficiente a bloccare l'emorragia.
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Emostasi primaria
Giunte a livello della lesione le piastrine aderiscono al
collagene
del
vaso
danneggiato,
subiscono
modificazioni morfologiche con passaggio da una
forma discoidale (discociti) ad una forma sferica
(sferociti), ed emissione di pseudopodi, dapprima corti,
poi sempre più lunghi, fino a rendere possibile il
contatto tra piastrine vicine . Si liberano quindi dei
fosfolipidi e dei fattori piastrinici (sostanze con attività
vasocostrittrice e proaggregante, fattori della
coagulazione e inibitori della fibrinolisi) che aumentano
la loro adesività favorendone l'aggregazione. Tra queste il trombossano. il più potente agonista della
aggregazione piastrinica. Vengono anche richiamate in massa altre piastrine tanto da formare un tappo
emostatico detto "trombo bianco", un aggregato piastrinico instabile che si stabilizza in seguito con la
deposizione di fibrina. In molti casi, se il vaso è di piccole dimensioni, il trombo piastrinico è sufficiente per
frenare l'emorragia.
Emostasi secondaria
La fase coagulativa è un meccanismo complesso in cui
si verifica il consolidamento del tappo piastrinico grazie
al coinvolgimento di molti fattori della coagulazione
presenti nel plasma, che portano alla formazione di
fibrina. La fibrina, proteina insolubile che deriva dal
fibrinogeno (la sua forma solubile nel plasma),
precipita formando filamenti che costituiscono una
sorta di rete che intrappola le cellule del sangue,
generando un "trombo rosso" che chiude il vaso
lesionato. Quando si verifica una lesione di un vaso sanguigno i fattori della coagulazione (numerati
progressivamente dall'1 al 13 con numeri romani) normalmente presenti nella forma inattiva, vengono
attivati a cascata e portano alla fase finale in cui avviene la trasformazione del fibrinogeno plasmatico
solubile nel polimero insolubile, la fibrina.
Formazione del trombo ed eventi antitrombotici
Il trombo che si è formato previene ulteriori emorragie.
Contemporaneamente vengono attivati meccanismi di
contro-regolazione (come il t-PA = attivatore tissutale del
plasminogeno che promuove la fibrinolisi) che limitano il
coagulo emostatico alla sede della lesione.
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La coagulazione
Tipico di questo processo è il suo funzionamento, detto "a cascata" (si parla appunto di cascata
coagulativa) in cui entra in gioco una serie di fattori che si attivano appunto a cascata: di fatto, detto un po'
grossolanamente, una determinata proteina attivata porta a trasformare la forma inattiva di una seconda
proteina in forma attiva; la seconda proteina attivata porta all'attivazione di una terza proteina e così via.
La successione di questa cascata di eventi è strettamente specifica: la prima proteina attiva la seconda, ma
non può attivare la terza; tutto avviene quindi secondo uno schema ben determinato. L'attivazione avviene
in presenza di particolari molecole dette cofattori.
I fattori della coagulazione
I fattori della coagulazione sono di varia natura. Per la maggioranza sono proenzimi (zimogeni) che, quando
sono attivati, sono in grado di esplicare attività proteasica. Altri fattori, come l'VIII ed il V, sono cofattori di
natura non enzimatica, che servono a mantenere in adeguato contatto un enzima con il substrato. Altri
componenti fondamentali nella coagulazione sono i fosfolipidi, che costituiscono una adatta superficie di
reazione, e infine gli ioni calcio, che favoriscono le interazioni fra enzimi, cofattori e fosfolipidi.
Fattori Vitamina K-Dipendenti
I fattori emocaoagulativi sono sintetizzati per lo più a livello epatico. Alcuni hanno necessità dell'intervento
della Vitamina K per poter essere sintetizzati completamente. I fattori la cui sintesi dipende dalla Vitamina K
(denominati Fattori Vitamina K dipendenti) sono il Fattore II, FattoreVII, Fattore IX e Fattore X. Il nome di
vitamina K deriva dal nome Koagulation vitamin con cui fu nominato uno di questi fattori quando si scoprì
che, insieme al colesterolo, questa sostanza era necessaria alla normale coagulazione.
Zimogeno: precursore inattivo di enzimi proteolitici. Gli zimogeni , rispetto alla sequenza
amminoacidica della proteina matura, possiedono un frammento peptidico in più, che ne modifica la
struttura del sito catalitico così da renderlo non accessibile al substrato, quindi inattivo. Questo
frammento viene rimosso proteoliticamente o per autocatalisi perdare la forma attiva.
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Comunemente si distinguono due vie principali che attivano il processo di coagulazione: la via estrinseca e
la via intrinseca, queste due vie convergono poi dando origine alla cosiddetta via comune.
La via estrinseca è la via più rapida dal momento che sono minori i fattori coagulativi che ne prendono
parte: porta alla formazione di un coagulo in un tempo molto breve, quantificabile in pochi secondi. Essa
viene attivata nel momento in cui una lesione vasale produce la liberazione di fosfolipidi e di un complesso
di tipo proteico noto come fattore tissutale (anche tromboplastina tissutale); gli altri fattori attivati sono i
fattori plasmatici VII, X e V.
La via intrinseca della coagulazione inizia quando il sangue viene a contatto con superfici cariche
negativamente, come avviene in seguito a danno delle cellule endoteliali. E' così denominata perché i
componenti del sistema intrinseco sono tutti presenti nel sangue. La via intrinseca si attiva generalmente
quando il sangue viene a contatto con la matrice extracellulare (carica negativamente). La formazione di un
coagulo attraverso questa via richiede un periodo di tempo di alcuni minuti; essa inizia con l'attivazione del
fattore XII (fattore di Hageman) e comprende, oltre al fattore di Hageman e ai fattori che prendono parte
alla via estrinseca, anche i fattori XI, IX e VIII.
Dopo l'attivazione del fattore X (di Stuart), le vie intrinseca ed estrinseca convergono in una via comune che
porta alla formazione della trombina, l'ultimo enzima della cascata che agisce sul fibrinogeno (substrato
ultimo) producendo fibrina, a cui si deve la stabilizzazione del coagulo.
Avvenuta la riparazione del vaso, il coagulo deve essere dissolto al fine di evitare ostacoli alla circolazione
del sangue.
La fibrinolisi rappresenta il meccanismo fondamentale attraverso il quale si dissolve il coagulo di fibrina,
dopo che ha svolto la sua funzione. La principale reazione della fibrinolisi è rappresentata dalla
conversione, ad opera di attivatori enzimatici, del plasminogeno (proenzima plasmatico, inattivo)
nell'enzima proteolitico attivo plasmina. La plasmina così prodotta degrada la fibrina, dando origine a
prodotti di degradazione solubili e quindi alla lisi del coagulo di fibrina.
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Trombo o embolo?
Il trombo è una massa semisolida, costituita da cellule ematiche e
fibrina, che si origina da un'inopportuna attivazione dell'emostasi.
Presenta forme e dimensioni variabili: da piccole masse vagamente
sferiche a strutture allungate in cui si possono distinguere una "testa",
nel punto di origine del trombo, ben adesa alla parete, un "corpo" ed
una "coda" libera nel lume del vaso. I trombi si possono sviluppare in
qualsiasi punto del sistema cardiovascolare: all'interno delle cavità
cardiache, sulle cuspidi valvolari, nelle arterie, nelle vene e nei vasi del
microcircolo.
L'embolo è un frammento di un trombo (ma potrebbe anche essere di
altra natura es.lipidica, gassosa, neoplastica) che viene trasportato in
una sede lontana dall'origine, in qualunque punto dell'albero vascolare,
andando a bloccare i vasi di calibro troppo piccolo per permetterne il
passaggio e determinando quindi un'occlusione parziale o totale del
vaso stesso. La conseguenza più seria di un episodio tromboembolico è
la necrosi ischemica del tessuto irrorato dal vaso occluso.
La Terapia Anticoagulante Orale (TAO)
Lo spostamento dell'equilibrio omeostatico dell'emostasi può portare a importanti conseguenze
patologiche: una diminuzione dell'attività emostatica porterà a condizioni con diatesi emorragica mentre se
viene alterato o per un eccesso di attività procoagulante o per difetto di attività fibrinolitica avremo come
risultato finale (nella maggior parte dei casi in presenza di altri fattori favorenti), la possibilità di una
manifestazione tromboembolica.
Tre principali fattori (triade di Virchow) predispongono alla formazione della trombosi:
- Fattori meccanici legati ad alterazioni del flusso sanguigno
- Iper-coagulabilità (trombofilia) del sangue (aumento della velocità di base della cascata coagulativa)
- Alterazioni dell'endotelio vasale
Da oltre 50 anni la terapia anticoagulante orale si fonda sull'utilizzo dei farmaci antagonisti della vitamina K
(AVK), di cui il warfarin è il capostipite e il più comunemente utilizzato in Europa e anche nel nostro Paese.
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In Italia è presente anche l'acenocumarolo, mentre in altri stati europei è disponibile anche il
fenprocumone. LA TAO ha rappresentato il principale intervento terapeutico per la prevenzione e per il
trattamento di numerose patologie tromboemboliche, prevalentemente venose. Scopo della TAO è di
prevenire le manifestazioni tromboemboliche, attraverso la depressione "controllata" della coagulabilità
del sangue senza esporre i pazienti ad un rischio emorragico eccessivo.
Grazie alla maggiore accuratezza diagnostica, al progressivo aumento dell'età media della popolazione
generale e, di conseguenza, del numero di pazienti con malattie croniche, l'utilizzo della TAO è in continuo
aumento in misura molto rilevante ovunque nel mondo. In Italia si ritiene che i pazienti in TAO siano circa
500.000 l'anno. Viene, infatti, stimato che circa 1'1-2% della popolazione generale e circa 1'8% della
popolazione ultra-ottantenne assuma TAO per diverse patologie.
AVK: la farmacologia
Meccanismo d'azione
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Gli AVK inibiscono la sintesi epatica dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti. In particolare, i
fattori II, VII, IX e X necessitano di un processo di carbossilazione per poter acquisire la loro azione procoagulante. Questa reazione è resa possibile dalla presenza di vitamina K in forma ridotta, la quale cede il
gruppo carbossilico e si ritrova, al termine della reazione, in forma ossidata. La vitamina K ossidata, per
essere utilizzata in un nuovo ciclo di carbossilazione, deve essere ri-convertita nella sua forma ridotta
dall'enzima vitamina K-epossido reduttasi. Proprio quest'ultimo enzima costituisce il target terapeutico dei
farmaci antagonisti della vitamina K, i quali agiscono impedendo l'interconversione ciclica della vitamina K
ossidata in vitamina K ridotta.
Gli AVK inibiscono anche la carbossilazione di alcune proteine anticoagulanti fisiologiche vitamina Kdipendenti (Proteina C e Proteina S), e perciò essi hanno anche una potenziale azione pro-coagulante
specie nella fase iniziale della terapia. Per evitare questo transitorio effetto paradosso, quando, dopo un
evento trombotico si inizia una terapia con AVK, è necessario associare per qualche giorno la terapia
eparinica alla TAO, fintanto che si raggiunge il pieno effetto terapeutico e valori di tempo di protrombina,
espressi come International Normalized Ratio (INR) nell'intervallo terapeutico indicato (vedi oltre).
Farmacocinetica
Gli AVK sono somministrabili per via orale, rapidamente e quasi completamente assorbiti nel tratto
gastrointestinale.
Circolano nel sangue legati alle proteine plasmatiche ( > 97%), soprattutto all'albumina.
L'emivita plasmatica del warfarin varia da circa 36 a 42 ore mentre la sua durata d'azione può arrivare a
circa 5 giorni mentre l'emivita dell'acenocumarolo è di circa 9 ore e la sua durata d'azione di circa 2 giorni.
Anche se nessuno studio ha dimostrato vantaggi clinici di uno dei due farmaci sull'altro, l'emivita più lunga
del warfarin sembra favorire il mantenimento del paziente nell'intervallo terapeutico desiderato.
Vengono metabolizzati a livello epatico da enzimi del complesso del citocromo P450.
L'effetto antitrombotico pieno prodotto dagli AVK viene raggiunto dopo diversi giorni dall'inizio della
terapia anticoagulante orale.
Modalità di somministrazione
Perché si raccomanda di assumerli nel tardo pomeriggio?
Abitualmente si raccomanda l'assunzione dell'anticoagulante orale di pomeriggio per distanziarla dai pasti.
Inoltre l'assunzione pomeridiana o serale è giustificata dal fatto che a quell'ora si suppone di conoscere il
risultato di un eventuale controllo del valore di INR relativo al prelievo eseguito al mattino, per cui è
possibile stabilire la dose di farmaco da somministrare.
E' raccomandabile l'assunzione del farmaco sempre alla stessa ora del giorno.
Criticità degli AVK
A fronte della loro provata efficacia, gli AVK presentano importanti limitazioni riconducibili alle loro
caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche che ne rendono difficoltoso l'impiego nella pratica
clinica sia per il medico prescrittore che per l'aderenza e la preferenza del paziente stesso alla terapia.
- Il ristretto margine terapeutico implica che la dose terapeutica non è molto differente da quella tossica e
da quella inefficace: infatti basta nella maggior parte dei pazienti una variazione nella dose di 1 mg alla
settimana per determinare una variazione significativa del livello di decoagulazione.
- Imprevedibilità della risposta individuale; la variabilità può dipendere
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

da caratteristiche del paziente (età, sesso, peso corporeo, varianti genomiche degli enzimi
metabolizzanti del sistema P450, malattie intercorrenti, in particolare epatiche e renali, funzionalità
tiroidea,
dalla dieta (contenuto in vitamina K degli alimenti, vedi paragrafo)
- Un effetto biologico complesso caratterizzato da




lento raggiungimento dei livelli ematici terapeutici (3 a 6 giorni)
lenta cessazione dell'effetto terapeutico: la sospensione del farmaco (ad esempio prima di un
intervento invasivo) è piuttosto complesso;
interferenze da parte dello stato metabolico del paziente
interferenze da parte di molti farmaci eventualmente assunti in associazione.
Visto che efficacia e sicurezza della TAO sono strettamente correlate con l'effetto anticoagulante ottenuto,
e non con la dose di dicumarolico somministrata, e in considerazione del fatto che la maggior parte dei
pazienti in TAO sono anziani e assumono numerosi altri farmaci, l'interferenza con altre molecole è un
problema di particolare rilievo. Tale interazione può esprimersi, a seconda dei casi, in un aumento o una
diminuzione dell'effetto della TAO (vedi paragrafo "Interazioni").
- Rischio emorragico non trascurabile specie di emorragia intracranica (vedi paragrafo "Effetti
indesiderati").
Un importante aspetto da ricordare è l'effetto dell'invecchiamento sulla TAO. Con l'avanzare dell'età, si
verifica una riduzione delle scorte epatiche di vitamina K e, quindi, della concentrazione plasmatica dei
fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti. Ne consegue un aumento della sensibilità agli AVK e,
quindi, la necessità di assumerne dosi minori. Al contrario, alcune componenti del fumo di sigaretta sono in
grado di indurre alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo degli AVK (CYP1A2). Infatti, dopo sospensione del
fumo di sigaretta, è stata documentata una riduzione delle dosi di AVK necessarie per ottenere lo stesso
grado di azione anticoagulante.
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Il monitoraggio della terapia
In considerazione della multifattorialità della risposta agli AVK e del rischio (di inefficacia o di emorragia in
caso di, rispettivamente, sotto- o sovra-dosaggio), la TAO richiede un controllo costante dell'INR
(International Normalized Ratio).
Tempo di Quick e l'INR: cosa sono?
Il tempo di protrombina o tempo di Quick, noto anche come PT (sigla dell'inglese prothrombin time) è una misura della via estrinseca
della coagulazione e viene effettuato per detreminare la tendenza del sangue a coagulare.
In condizioni normali, il tempo di protrombina varia indicativamente dagli 11 ai 13 secondi, in relazione alle metodiche analitiche
adottate. Il più delle volte, comunque, il tempo di protrombina viene espresso mediante un indice detto INR ( International
Normalized Ratio, Rapporto Internazionale Normalizzato) che tiene conto della sensibilità del reagenti utilizzati. In questo modo il
medico può valutare i risultati in modo accurato, anche quando provengono da laboratori che sfruttano differenti metodiche di
determinazione.
Abitualmente si raccomanda di mantenere il valore di INR tra i 2 e 3 (cosiddetto range terapeutico) nel trattamento e la prevenzione
delle tromboembolie nei pazienti con trombosi venosa profonda, embolia polmonare, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca, ictus
cerebrale su base embolica e portatori di valvola biologica.
Nei portatori di protesi valvolare meccanica il range terapeutico raccomandato per la prevenzione di embolia sistemica è più alto (tra
i 2,5 - 3,5).
Il miglior indice della qualità del trattamento anticoagulante è il Time in Therapeutic Range (TTR), (ossia la
percentuale di tempo totale in cui il paziente ha un INR nel range terapeutico), calcolato secondo le
raccomandazioni di letteratura. Recenti studi hanno dimostrato che l'efficacia clinica degli AVK per la
prevenzione dell'ictus nei pazienti con FA è ottimale per valori di TTR >70% e accettabile per valori di TTR
fra 61% e 70% .
Purtroppo, nonostante un'ottimizzazione della sorveglianza laboratoristica, il tempo trascorso dai pazienti
con un INR in range terapeutico varia tra i vari centri tra il 50 e l'80% dei controlli.
La frequenza del monitoraggio può essere cambiata nel tempo, in rapporto alla risposta dell'INR e alla
situazione clinica. È spesso necessario un controllo inizialmente bisettimanale (con controlli anche più
frequenti nelle prime 2 settimane se non sono state raggiunte dosi stabili) e poi settimanale durante il
primo mese. Un controllo più frequente è richiesto quando intercorrono fattori in grado di interferire con la
risposta anticoagulante o se si stenta a raggiungere valori terapeutici di INR. Quando il paziente raggiunge
una posologia e una risposta stabile è consigliato il controllo dell'INR a intervalli di 3-4 settimane.
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Gli anticoagulanti e l'alimentazione
Come
è
intuibile
il
principale
micronutriente interferente con gli AVK è
la vitamina K.
La vitamina K di cui necessita il nostro
organismo, deriva da due fonti:
• principalmente dall'alimentazione: alcuni
cibi ne sono più ricchi, come alcune
verdure il fegato, altri meno;
• in piccola parte dal nostro intestino,
prodotta dalla flora batterica intestinale.
In genere i pazienti in TAO ricevono dai
centri per l'emostasi un elenco di prodotti
alimentari con specificata l'indicazione
della quantità di vitamina K che essi
contengono (indicazione viene espressa in
mcg/100 g di prodotto).
Queste indicazioni possono essere d'aiuto
nella gestione alimentare quotidiana ma
rischiano di complicare ulteriormente il
rapporto del paziente con la terapia. In realtà difficilmente un regime alimentare equilibrato e costante
interferisce in modo significativo con la terapia anticoagulante: l'importante è evitare bruschi cambiamenti
o introduzioni improvvise di grandi quantità di cibi non abituali.
Per quanto riguarda le verdure, si possono mangiare nella quantità desiderata, evitando eccessi e
improvvisi cambiamenti.
Soprattutto ricordare che la vitamina K di provenienza alimentare non deve essere totalmente eliminata
ma deve essere assunta con un apporto giornaliero che non superi i 200-300 mcg.
Fra gli alimenti di cui generalmente si consiglia un modesto consumo vi sono le verze e il prezzemolo.
Andrebbe inoltre evitato un consumo superiore ai 100 g di broccoli, cavoletti, cavolo cappuccio, cime di
rapa, lattuga, radicchio e spinaci. Un alimento particolarmente ricco di vitamina K è il fegato per cui
potrebbe essere opportuno sostituirlo con altre tipologie di carne; andrebbe inoltre evitato il consumo di
cereali integrali.
La cottura dei cibi non elimina la vitamina K, perché questa vitamina non risente del calore.
Per quanto concerne le bevande, l'alcool, la caffeina (non solo nel caffè ma anche alle bevande come coca o
Red Bull), il ginger, il te' verde, il succo di mirtillo possono interferire con l'attività anticoagulante. L'alcool
rallenta l'eliminazione degli anticoagulanti: può essere assunto ma in quantità limitata ed è meglio evitare i
superalcolici.
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Le interazioni degli AVK
Le interazioni farmacologiche segnalate per gli AVK sono numerosissime. Va sottolineato tuttavia che molte
si riferiscono solo a singoli case report e non sono altrettanto ben documentate di altre Tra i meccanismi di
interazione farmacologica uno dei principali è rappresentato dall'effetto che alcuni farmaci esercitano sul
metabolismo epatico degli AVK: alcuni (metronidazolo, trimetoprim/sulfametossazolo e amiodarone)
inibiscono il metabolismo del warfarin, potenziandone l'effetto, altri (barbiturici, la carbamazepina, la
rifampicina e l'azatioprina), inducendone il metabolismo epatico, ne riducono l'azione anticoagulante. Un
ulteriore meccanismo responsabile di interazioni farmacologiche deriva dall'azione di alcuni farmaci sulla
sintesi o sulla clearance dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti. Per altri farmaci, infine, (ad
esempio eritromicina, steroidi anabolici, fibrati) il meccanismo alla base dell'interazione non è noto.
Inoltre, anche se non dipendente da interazione di tipo farmacodinamico/farmacocinetico, non bisogna
dimenticare che l'assunzione concomitante di altri farmaci attivi sull'emostasi (acido acetilsalicilico, antiinfiammatori non steroidei) provoca un aumento del rischio di sanguinamento in corso di terapia con AVK.
In caso di assunzione concomitante di farmaci interagenti è consigliabile aumentare la frequenza di
controllo dell'INR modificando eventualmente di conseguenza il dosaggio degli AVK, al fine di evitare eventi
avversi. L'aggiustamento preventivo del dosaggio degli AVK non è consigliato, poiché l'entità della risposta
individuale dei pazienti alle interazioni farmacologiche non è comunque prevedibile in anticipo.
Una revisione sistematica della letteratura riguardante le interazioni tra AVK e altri farmaci, che ha valutato
la qualità degli studi, la gravità delle interazioni e diversi criteri di causalità, ha classificato tali interazioni in
altamente probabili, probabili, possibili e improbabili, come riportato nella tabella esemplificativa.
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Anticoagulanti orali e prodotti erboristici
L'aumento a cui si è assistito negli ultimi anni dell'utilizzo di prodotti a base di erbe ed estratti vegetali ha
reso le interazioni erbe-farmaco un importante focus di ricerca. Una recente valutazione del database delle
segnalazioni di sospetta reazione avversa ai prodotti di origine naturale dell'Istituto Superiore di Sanità ha
permesso di identificare numerose segnalazioni di interazioni tra anticoagulanti orali e prodotti a base di
piante officinali.
La tabella seguente, riportata nella scheda tecnica del Coumadin®, elenca una serie di prodotti erboristici
che, con meccanismi diversi possono interferire con la terapia anticoagulante, aumentando o il rischio
emorragico o il rischio trombotico a seconda del meccanismo d'azione. Anche se non tutte le interazioni
sono ugualmente ben documentate (alcune sono certe, altre probabili, altre semplicemente possibili)
secondo alcuni autori, i pazienti in trattamento con anticoagulanti orali dovrebbero essere esplicitamente
scoraggiati dall'assumere fitoterapici o integratori vegetali. In ogni caso, è indispensabile un atteggiamento
molto prudente, accertandosi sempre delle eventuali terapie in atto ogni volta si consiglia un fitofarmaco o
un integratore per documentarsi sulla eventuale compatibilità.
Preparazioni a base di erbe che contengono cumarinici con un potenziale effetto anticoagulante
Agrimonia
a
Sedano
Passiflora
Angelica cinese (Angelica sinensis)
Camomilla (tedesca e romana)
Frassino spinoso (settentrionale)
Anice
Tarassaco
Arnica
Fieno greco
Trifoglio rosso
Asafoetida (Ferula assafoetida)
Ippocastano
Trifoglio dolce
Trifoglio d'acqua (Menyanthes
b
trifoliata)
Rafano
Asperula (Asperula odorata)
Boldo
Liquirizia
Buchu (Agathosma Betulina)
Olmaria (Filipendula ulmaria)
Capsico
Cassia
c
d
Quassia
d
Dipteryx odorata
b
Ortica
d
Varie preparazioni a base di erbe con proprietà anticoagulanti
Fucus vesiculosus
Pau d'Arco
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Preparazioni a base di erbe che contengono salicilati e/o hanno proprietà antipiastriniche
Agrimonia
a
Mirtillo rosso
Olmaria (Filipendula ulmaria)
d
Pioppo tremulo
Tarassaco
Cimicifuga rubifolia
Partenio (Tanacetum parthenium)
Trifoglio d'acqua (Menyanthes
b
trifoliata)
Aglio
Cassia
d
Chiodo di garofano
Policosanolo
e
Tamarindo
Salice
Ginger
Tè del Canada
Ginko biloba
Millefoglie
Ginseng (Panax spp)
Liquirizia
b
e
d
Preparazioni a base di erbe con proprietà fibrinolitiche
Bromelina
Capsico
d
c
Aglio
e
Ginseng (Panax spp)
e
Salvia miltiorrhiza
Preparazioni a base di erbe con proprietà coagulanti
Alfa-alfa (Medicago sativa)
Agrimonia
Ortaggi verdi (broccoli, cavoli, spinaci,
cime di rapa e cavoletti di Bruxelles)
Erba di San Giovanni (Hypericum
perforatum)
a
a
Contiene cumarinici, ha proprietà antipiastriniche, e può avere proprietà coagulanti dovute al possibile contenuto di vitamina K.
Contiene cumarinici e salicilati.
c
Contiene cumarinici e ha proprietà fibrinolitiche.
d
Contiene cumarinici e ha proprietà antipiastriniche.
e
Ha proprietà antipiastriniche e fibrinolitiche.
b
L'efficacia terapeutica di warfarin potrebbe essere ridotta dalla somministrazione contemporanea di preparazioni a base di erba di San
Giovanni (Hypericum perforatum). Ciò a seguito dell'induzione degli enzimi responsabili del metabolismo dei farmaci da parte di tali
preparazioni che pertanto non devono essere somministrate in concomitanza con warfarin. L'effetto di induzione può persistere per
almeno 2 settimane dopo l'interruzione del trattamento con prodotti a base di Hypericum perforatum.
Se un paziente sta assumendo in concomitanza con warfarin prodotti a base di Hypericum perforatum i valori di INR devono essere
controllati e la terapia con questi ultimi deve essere interrotta.
Monitorare attentamente i valori di INR, in quanto questi potrebbero aumentare dopo l'interruzione dell'assunzione di Hypericum
perforatum. Il dosaggio di warfarin potrebbe necessitare di un aggiustamento.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Effetti indesiderati
Rischio emorragico
Nonostante una meticolosa e accurata sorveglianza della TAO mediante il monitoraggio regolare e
sistematico dell'INR, il limite più grave degli AVK è l'aumento del rischio di sanguinamento. Le emorragie
possono verificarsi a danno di qualsiasi organo, anche con conseguenze fatali soprattutto per le emorragie
intracraniche (0,44%/anno). Tale rischio è influenzato dall'intensità della TAO, dalla patologia di base del
paziente, dall'età avanzata, dall'uso concomitante di altri farmaci e, quindi, da eventuali interazioni.
Complessivamente gli episodi emorragici (maggiori e/o minori) presentano un'incidenza di 18-20/100
pazienti-anno, mentre le sole emorragie maggiori hanno un'incidenza di 3,5/100 pazienti-anno.
Quali sono le emorragie maggiori ?
 neurologiche:ematoma sottodurale (raccolta di sangue tra la scatola cranica ed il cervello),
emorragia cerebrale (manifestantesi in genere con segni di lesione a focolaio tipo ictus cerebrale).
 gastrointestinali : emorragia da precedente ulcera peptica non sospettata (che si manifesta con
ematemesi, cioè con vomito di sangue rosso vivo e/o con melena, ossia con un colore nero delle
feci tipo pece e con un cattivo odore delle stesse), emorragia rettale da varici emorroidarie (che si
manifesta, invece, con presenza di abbondante di sangue rosso vivo nelle feci).
 renali: ematuria macroscopica (colore rosso delle urine, tipo lavatura di carne).
Queste emorragie maggiori in corso di terapia anticoagulante sono abbastanza rare. In caso di emorragia
maggiore in corso di TAO si impone, oltre ovviamente alla sospensione del farmaco, la rapida e completa
normalizzazione dell'emostasi al fine di ridurre l'entità del sanguinamento e conseguentemente di
migliorare la prognosi del paziente sia in termini di mortalità che di morbilità.
AVK: è opportuna una sospensione in occasione di un'estrazione dentaria?
In base ai dati disponibili, per i pazienti in trattamento anticoagulante il rischio di sanguinamento
significativo, non controllabile mediante misure emostatiche locali, in seguito a semplici interventi
ambulatoriali quali l'estrazione di un dente, appare modesto, oscillando tra lo 0% e il 2%, e non giustifica la
sospensione del farmaco nel periodo perioperatorio.
Per sanguinamento clinicamente significativo si intende un sanguinamento che duri almeno 12 ore, induca
il paziente a ricontattare l'ambulatorio dentistico o a rivolgersi al Pronto Soccorso, causi la formazione di
una ecchimosi estesa o richieda una trasfusione. Si tratta infatti di un'evenienza poco frequente in seguito
all'estrazione di un dente e, in ogni caso, potrebbe presentarsi anche in pazienti con un'emostasi normale,
perché il cavo orale è riccamente vascolarizzato ed, inoltre, la saliva contiene sostanze con attività
fibrinolitica.
Quali pazienti?
Vi è ormai consenso generale nell'affermare che anche i pazienti "scoagulati" possono essere gestiti in tutta
sicurezza nella pratica dentistica ambulatoriale, a condizione che abbiano un INR stabilizzato e compreso
nel range terapeutico (2,0-4,0) e che vengano adottate opportune misure precauzionali. Idealmente
dovrebbe essere effettuata una misurazione di controllo dell'INR 24 ore prima dell'intervento ma nei
pazienti con un INR stabile può essere sufficiente il valore ottenuto 72 ore prima.
Alcune indicazioni utili per la gestione "domiciliare" della ferita.
Per aiutare la formazione di un coagulo stabile e ridurre il rischio di risanguinamento nel postoperatorio, è
consigliabile:
 non sciacquare la bocca nelle prime 24 ore;
 non "tormentare" il coagulo con la lingua;
 non bere liquidi caldi (bevande o brodo) né masticare cibi solidi per il resto della giornata;
 nei giorni successivi evitare di masticare dalla parte della ferita.
Inoltre:
 se il sanguinamento non dovesse arrestarsi o dovesse, nonostante tutto, riprendere, il paziente
dovrà applicare una compressione sulla ferita con un tampone di garza o un fazzoletto pulito,
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
tenendolo premuto per almeno 20 minuti. Se il provvedimento dovesse risultare inefficace, si
raccomanda di ricontattare l'ambulatorio per una visita urgente.
 il paracetamolo, non interferendo con l'aggregazione piastrinica, può essere considerato
l'analgesico di scelta da impiegare in caso di dolore postoperatorio.
Nessun aumento del rischio di complicanze emorragiche è stato segnalato con aspirina somministrata a
dosi antiaggreganti (100 mg/die)
Teratogenicità A parte le complicanze emorragiche, un rilevante effetto collaterale degli AVK è la potenziale
teratogenicità nel primo trimestre di gravidanza. I farmaci AVK passano la barriera placentare e possono
dare effetti teratogeni per tutto il primo trimestre (condrodisplasia, atrofia ottica,cataratta congenita,
ritardo mentale), emorragie fetali, specie intracraniche, soprattutto durante le ultime settimane di
gravidanza, alterazioni ossee. Per tale motivo le donne in età fertile che iniziano la TAO vanno
adeguatamente istruite sulle procedure da adottare in caso di gravidanza che, in linea di massima,
consistono nell'immediata sospensione della TAO al momento della diagnosi di gravidanza e nella sua
sostituzione con farmaci quali le eparine, che non passano la barriera placentare.
AVK riassumendo…..
Svantaggi
Vantaggi
- Risposta imprevedibile
- Ristretto margine terapeutico (INR 2-3)
- Azione a lenta insorgenza/cessazione
- Numerose interazioni con il cibo
- Numerose interazioni con i farmaci
- Farmaco-resistenza
- necessità di monitoraggio costante della coagulazione
→frequenti aggiustamenti di dose
- interferenze da parte dello stato metabolico del paziente
- Efficacia elevata e documentata da anni di impiego
- Assorbimento completo e biodiponibilità elevata
- Possibilità di un controllo costante del livello di
scoagulazione
- Possibilità di controllo della compliance
- Disponibilità dell'antidoto (vitamina K) in caso di
sovradosaggio
- Basso costo
Indicazioni al trattamento anticoagulante orale con AVK
Le principali patologie e condizioni per le quali è indicata la TAO sono: la fibrillazione atriale, la trombosi
venosa profonda, l'embolia polmonare e l'impianto di protesi valvolari cardiache.
• Fibrillazione Atriale (FA): in questa aritmia le pareti degli atri non si contraggono più in modo efficace; la
contrazione diviene irregolare non permette il corretto funzionamento del cuore: il sangue non viene
pompato efficacemente e ristagna nelle cavità superiori del cuore e ciò favorisce la formazione di trombi
all'interno del cuore con possibile distacco di emboli che possono arrivare al cervello o in altri organi
periferici.
• Trombosi Venosa Profonda (TVP) ed Embolia Polmonare (EP): la TVP consiste nell'ostruzione parziale o
completa di una vena profonda degli arti inferiori, da parte di un trombo. Da quella sede si può staccare
l'embolo che raggiunge i vasi polmonari causando l'Embolia Polmonare.
• Protesi Valvolari Cardiache: l'impianto di protesi valvolari cardiache (aortiche o mitraliche) predispone alla
formazione di trombi sulla loro superficie, con possibile mal funzionamento e distacco di pericolosi emboli
che possono dar luogo a ictus cerebrali o embolie periferiche.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
I nuovi anticoagulanti orali: dabigatran, rivaroxaban, apixaban
A causa dei limiti significativi degli AVK, nel corso dell'ultimo decennio, la ricerca farmacologica ha portato
allo sviluppo di nuove terapie anticoagulanti orali, la cui caratteristica fondamentale è la selettività del
meccanismo d'azione; questa capacità di bloccare uno specifico "target" della cascata emocoagulativa
differenzia tali farmaci dagli anticoagulanti orali che interagiscono in modo non selettivo a più livelli della
trombogenesi.
I tre farmaci oggetto di questo modulo sono il risultato di questa ricerca. Sono stati sviluppati con
l'obiettivo di mantenere un'efficacia almeno sovrapponibile a quella degli AVK, ma di consentire di superare
possibilmente molte delle criticità evidenziate con gli AVK.
Dabigatran, rivaroxaban e apixaban sono già in commercio da parecchi anni, rispettivamente i primi due dal
2009 e il terzo dal 2012 con l'indicazione nella prevenzione degli eventi tromboembolici nell'artroprotesi di
anca e ginocchio a cui si è aggiunto successivamente il trattamento della TEV.
La vera novità è però rappresentata dalla indicazione nella prevenzione del cardioembolismo in pazienti
affetti da fibrillazione atriale, indicazione che richiede una somministrazione cronica in cui i vantaggi di
questi nuovi anticoagulanti orali diventano rilevanti.
Inoltre, la prescrizione dei NAO nella chirurgia dell'anca o del ginocchio è riservata all'ambito ospedaliero,
mentre il loro impiego nella prevenzione della FA avviene in prevalenza sul territorio.
Limiteremo quindi a quest'area la trattazione e l'approfondimento di questi farmaci.
Attuali indicazioni dei NAO
Dabigatran
Prevenzione primaria di episodi tromboembolici in pazienti adulti
sottoposti a chirurgia sostitutiva elettiva totale dell'anca o del
ginocchio.
Trattamento della trombosi venosa profonda (TVP) e la
prevenzione della TVP recidivante e dell'embolia polmonare dopo
TVP acuta nell'adulto.
Prevenzione di ictus e tromboembolismo sistemico in soggetti con
fibrillazione atriale (FA) non valvolare e con uno o più fattori di
rischio, quali insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione, età
≥ 75 anni, diabete mellito, pregresso ictus o attacco ischemico
transitorio.
Rivaroxaban
Apixaban
Rivaroxaban
10
Apixaban 2,5
Dabigatran 75
Dabigatran
110
Dabigatran
110
Rivaroxaban
15
Dabigatran
150
Rivaroxaban
20
Dabigatran
110
Rivaroxaban
15
Dabigatran
150
Rivaroxaban
20
Apixaban 2,5
Apixaban 2,5
Epidemiologia della FA
La fibrillazione atriale non valvolare (FANV), che rappresenta l'85-90% di tutti i casi di fibrillazione atriale, ha
una elevata prevalenza nella popolazione generale, ed in particolare nella popolazione anziana. La
prevalenza della FA infatti aumenta con l'età, arrivando intorno all'8% nei soggetti con più di 80 anni.
Corrisponde a circa 1 milione di persone in Italia (Fonte FCSA Federazione Centri per la diagnosi della
trombosi e la Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche, trombosi e la Sorveglianza delle terapie
Antitrombotiche, anno 2011). Ha quindi un peso rilevante in termini salute pubblica.
Le ragioni del forte aumento della prevalenza e dell'incidenza della FA nel tempo sono conseguenti
all'aumento del numero delle persone anziane che notoriamente sono a maggior rischio di sviluppare
l'aritmia e all'allungamento della sopravvivenza dei soggetti affetti da condizioni cliniche che sono
strettamente correlate alla FA come ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco e coronaropatie.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
La fibrillazione atriale ha un ruolo importante e riconosciuto quale fattore di rischio di morbosità e
mortalità.
La complicanza più temibile della FA è l'ictus ischemico di natura cardioembolica: da una recente revisione
sistematica dei risultati pubblicati in letteratura sulla fibrillazione atriale è emerso che i soggetti affetti da
questa patologia, di età compresa tra gli 80 e gli 89 anni, hanno un rischio di sviluppare un ictus circa 5
volte superiore a quelli che non hanno la fibrillazione atriale, e gli ictus nei pazienti con FA sono gravati da
una maggiore morbidità e mortalità rispetto alle altre tipologie di ictus. Questo rischio è ulteriormente
aumentato nei pazienti con ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, diabete mellito e cardiopatia
ischemica e/o vasculopatia.
La fibrillazione atriale è responsabile del 15% tutti ictus e del 30% degli ictus in ultra80enni e l'ictus
cardioembolico è associato ad un tasso di mortalità del 25% a 30 giorni e del 50% ad 1 anno.
La FA è asintomatica in oltre un terzo delle persone nella popolazione generale oppure può manifestarsi
con sintomi vaghi non specifici. I pazienti possono riferire genericamente dispnea, palpitazioni,
vertigini/instabilità posturale, senso di oppressione o dolore toracico. Ancora troppo spesso perciò viene
diagnosticata solo quando il paziente presenta sintomi e segni rilevanti o serie complicazioni.
Al momento, lo standard di cura per la prevenzione dell'ictus è rappresentato, come abbiamo visto, dagli
AVK. I farmaci anticoagulanti orali si sono dimostrati efficaci nel ridurre in modo significativo (-64%)7 gli
ictus di origine tromboembolica e, pur potendo provocare emorragie, sono considerati i farmaci di prima
scelta nella prevenzione del tromboembolismo in pazienti con fibrillazione atriale. Per questa indicazione,
abbiamo ora a disposizione tre nuovi farmaci: dabigatran, rivaroxaban, apixaban.
I NAO nella fibrillazione atriale
In Italia il primo ad ottenere l'indicazione nella
prevenzione del tromboembolismo in pazienti con
fibrillazione atriale è stato il dabigatran etexilato
(Dabigatran®) a giugno 2013, il secondo il
Rivaroxaban ad agosto 2013 e il terzo l'Apixaban a
gennaio 2014.
A livello europeo questa indicazione era già stata
accordata da tempo.
Caratteristiche farmacologiche
Meccanismo d'azione
A differenza dei farmaci AVK che agiscono a vari livelli sulla cascata della coagulazione, inibendo la sintesi
nel fegato di vari fattori (II, VII, IX, X), i NAO agiscono direttamente su alcuni fattori della cascata
trombotica:
- il dabigatran inibisce direttamente la trombina
- rivaroxaban e apixaban sono inibitori diretti del fattore Xa
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Caratteristiche farmacocinetiche
Il dabigatran etexilato è un profarmaco, rapidamente trasformato in composto attivo (dabigatran), nel
plasma e nel fegato. La sua biodisponibilità orale è pari a circa il 6%, non influenzata dal cibo. Il farmaco
perciò può essere assunto indipendentemente dai pasti, tuttavia se assunto con il cibo, il tempo di picco
delle concentrazioni plasmatiche viene prolungato da 2 a 4 ore. L'emivita dopo assunzioni orali ripetute è di
circa 15. La sua eliminazione avviene principalmente per via renale (80%) in forma immodificata; per questo
viene richiesta una particolare cautela nei pazienti nefropatici. Il farmaco ha un basso potenziale di
interazione con altri farmaci in quanto scarsamente legato alle proteine plasmatiche e non metabolizzato
dal sistema del citocromo P450. Tuttavia il dabigatran è un substrato per il trasportatore della glicoproteina
P e quindi la sua farmacocinetica può essere modificata da farmaci che agiscono su questo sistema.
Il rivaroxaban viene assorbito rapidamente e raggiunge il pico di massima concentrazione plasmatica in 2-4
ore dalla somministrazione. La biodisponibilità diminuisce al crescere della dose a causa della scarsa
solubilità del farmaco; con una dose singola giornaliera di 20 e 10 mg biodisponibilità è rispettivamente
60% e 80%. Arriva tuttavia ad essere completa se assunto durante i pasti. L'emivita del rivaroxaban è 7-11
ore; riguardo all'eliminazione un terzo della dose viene escreta immodificata per via renale e i due terzi
rimanenti, per metà vengono metabolizzati ed escreti per via renale e per metà per via epatobiliare. Il suo
metabolismo avviene attraverso il citocromo P450- 3A4 ed e anche substrato della glicoproteina P.
L'apixaban ha un assorbimento orale eloce e il picco delle concentrazioni plasmatiche si raggiunge in 1-2
ore dalla somministrazione. La sua biodisponibilità orale è circa del 60%, indipendentemente dai pasti.
L'emivita è di circa 15 ore e il suo metabolismo e la sua escrezione coinvolgono la via renale per il 25% della
dose assorbita, il metabolismo epatico e l'escrezione intestinale per la restante parte. L'apixaban viene
metabolizzato mediante il citocromo P450 3A4 e può quindi dare luogo a interazioni farmacologiche con
terapie che influenzano questo sistema.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
La tabella riporta le caratteristiche farmacocinetiche dei tre farmaci a confronto per un rapido
inquadramento delle similitudini e delle differenze.
CARATTERISTICHE
DABIGATRAN
RIVAROXABAN
APIXABAN
WARFARIN
Meccanismo
d'azione
Inibizione diretta
trombina
Inibizione diretta
fattora Xa
Inibizione diretta
fattora Xa
Riduzione sintesi
fattori coagulaz. vit.K dipendenti
Profarmaco
SI
NO
NO
NO
≈6%
60-80%
100% se assunto ai
pasti
60%
100%
Somministrazione
due volte/die
una volta/die
due volte/die
una volta/die
Tempo effetto max
1-3 ore
2-4 ore
1-2 ore
4-5 giorni
35%
85%
90%
98%
15 ore
7-11 ore
12 ore
40 ore
Clearance renale
80%
33%
25%
nessuna
Tempo di scomparsa
dell'effetto
anticoagul.
24h
24h
24h
24h
Monitoraggio
Non necessario
Non necessario
Non necessario
SI
Interazioni
Glicoproteina-P
Citocr. P450 3A4
Glicoproteina-P
Citocr. P450 3A4
Glicoproteina-P
Numerosa
Biodisponibilità
orale
Legame con le
proteine
plasmatiche
Emivita
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NAO: vantaggi…… ……e svantaggi
NAO: vantaggi……
Rispetto agli AVK, i NAO, per il loro meccanismo d'azione, le caratteristiche farmacocinetiche
e farmacodinamiche, presentano innegabili vantaggi ma anche alcuni aspetti problematici.
- Rapida insorgenza d'azione. I NAO raggiungono concentrazioni plasmatiche di picco 1-4 ore dopo la
somministrazione orale. Il warfarin presenta invece un inizio d'azione lento, in quanto sono mediamente
necessari alcuni giorni (3-6) per raggiungere il range terapeutico di PT-INR.
- Effetto dose risposta prevedibile. L'effetto anticoagulante diretto dei NAO, entro certi limiti, è
proporzionale alla loro concentrazione nel plasma. Come abbiamo visto, molti farmaci ed alimenti sono in
grado di interferire con il metabolismo degli AVK, così come i polimorfismi genetici. A causa di queste
possibili interferenze, è necessario un frequente monitoraggio della coagulazione per assicurare una
risposta all'interno del range terapeutico. In caso di scostamento dal range terapeutico è necessario
aggiustare il dosaggio. Molto minori sono invece le possibili interferenze alimentari e farmacologiche dei
NAO, per cui, in generale, possono essere somministrati a dosi fisse, a precisi intervalli di tempo, senza
periodico monitoraggio della coagulazione.
- Emivita relativamente breve. Rispetto al warfarin, la cui emivita plasmatica è di circa 40 ore, i NAO
presentano una emivita relativamente breve (nel range di 7-15 ore). Questo consente una diminuzione
rapida della concentrazione plasmatica del farmaco in presenza di un evento emorragico e rappresenta un
potenziale beneficio dal momento che può escludere la necessità di una terapia ponte con eparina in
previsione di un intervento chirurgico.
- Via di eliminazione. A seconda del prodotto, i NAO presentano una prevalente eliminazione renale
(dabigatran) o un metabolismo/eliminazione misti epatico/renale (rivaroxaban, apixaban), consentendo al
medico di scegliere tra i tre prodotti per rispondere ad eventuali condizioni di comorbidità del paziente.
Queste caratteristiche aumentano in modo rilevante la facilità di impiego e la maneggevolezza di questi
farmaci. La necessità di un continuo monitoraggio laboratoristico, che in alcune circostanze cliniche deve
proseguire a vita, costituisce infatti, in tutto il mondo, la maggiore causa di ridotta compliance o di rifiuto
della terapia con AVK in pazienti che ne avrebbero l'indicazione e pertanto superare questo limite è un
obiettivo importante per aumentare l'efficacia della terapia anticoagulante orale.
AVK vs. NAO
Inizio effetto
Posologia
Effetto dei cibi
Interazioni
Monitoraggio
Cessazione effetto
AVK
NAO
Lento
Rapido
Variabile
Fissa
Sì
No
Molte
Poche
Sì
No
Lenta
Rapida
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
……e svantaggi
A fianco di questi potenziali benefici clinici e vantaggi gestionali per i pazienti, alcune
caratteristiche rappresentano limiti che destano qualche preoccupazione rispetto ad un loro impiego
esteso ed acritico. In alcuni casi alle stesse caratteristiche sopra menzionate può essere attribuita una
valenza positiva o negativa.
- Emivita relativamente breve. La rapida diminuzione della concentrazione ematica del farmaco, se da un
lato rappresenta un potenziale beneficio in caso di necessità di intervento invasivo o di stato emorragico,
dall'altro, in caso di scarsa aderenza alla terapia, può aumentare il rischio di ictus o di embolia sistemica.
- Monitoraggio periodico dell'anticoagulazione. Il fatto che non sia necessario monitorare in modo
routinario la coagulabilità del sangue, a differenza degli AVK, è senz'altro una caratteristica che semplifica la
gestione dell'anticoagulazione e migliora la qualità di vita dei pazienti, ma limita notevolmente la possibilità
di verificare oggettivamente, con il dato di laboratorio, il grado di aderenza/persistenza dei pazienti in
terapia anticoagulante. I controlli costanti che richiede invece la terapia con AVK rappresentano anche una
occasione continua di educazione del paziente sull'importanza della terapia anticoagulante.
-Test di coagulazione meno accessibili. Le caratteristiche farmacocinetiche dei NAO ne permettono la
somministrazione a dosi fisse giornaliere con effetto anticoagulante prevedibile e non richiedono un
monitoraggio routinario del livello di anticoagulazione; tuttavia in situazioni cliniche particolari [in corso di
trombosi acuta, evento emorragico, sospetta mancata aderenza, stato di incoscienza del paziente, sospetto
di sovradosaggio o assunzione di grandi quantità di farmaco, estrema magrezza (<50Kg) o estrema obesità
(>110Kg), assunzione di farmaci potenzialmente interferenti,ecc.] potrebbe essere necessario avere la
certezza che il farmaco sia stato assunto correttamente. L'INR non è utile né attendibile. I laboratori devono
disporre di test specifici (ad esempio dTT (Tempo di Trombina diluito) ECT (Ecarin clotting time), TCT
(Thrombing clotting time).
-Assenza di antidoti o di procedure ben definite: già dopo poche ore dall'ultima somministrazione, l'effetto
del farmaco sulla coagulazione si riduce significativamente. Tuttavia, in caso di emergenza nelle prime ore
dopo l'assunzione di un NAO, può porsi la necessità di ristabilire rapidamente la coagulabilità, ma per questi
farmaci non esistono attualmente veri e propri antidoti (come la vitamina K in caso di sovradosaggio di
AVK). Sono in fase di completamento studi promettenti sull'utilizzo di un vero antidoto per dabigatran
(anticorpo specifico) e di un falso substrato per rivaroxaban (Fattore Xa non funzionante).
- Aumento del rischio emorragico in caso di insorgenza di insufficienza renale. I NAO, avendo una
eliminazione renale, pur se diversa tra di loro, necessiteranno di un controllo periodico della funzione
renale. Questa avvertenza vale soprattutto per il dabigatran la cui eliminazione renale è intorno all'80%. Si
calcola che più del 30% della popolazione oltre i 60 anni presenti una insufficienza renale di vario grado. La
funzione renale diminuisce dell'1% per ogni anno di vita dopo la terza decade e nel paziente anziano può
declinare improvvisamente (per disidratazione, eventi infettivi, uso concomitante di alcuni farmaci). Il
risultato può essere un accumulo pericoloso dei NAO che espone il paziente al rischio emorragico.
- Aumento del rischio emorragico in caso di insorgenza di insufficienza epatica. Nel corso della terapia con
NAO anche la funzionalità epatica deve essere monitorata attentamente. Sono controindicati in pazienti
con malattie epatiche associate a coagulopatia e rischio emorragico clinicamente rilevante.
- In caso di scostamento importante del peso corporeo dalla media: i dati di letteratura sono limitati nei
pazienti molto grassi o molto magri.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Efficacia
L'efficacia di apixaban, dabigatran e rivaroxaban nella profilassi dell'ictus in soggetti
con FA è stata dimostrata in numerosi studi di confronto con la terapia standard
(warfarin). Gli studi hanno cercato di dimostrare che i nuovi anticoagulanti orali
fossero almeno efficaci e sicuri quanto il warfarin nel prevenire eventi di ictus ed
embolia sistemica nei soggetti con FA (studi di non inferiorità). In base ai risultati di
tali studi si può affermare che l'obiettivo è stato raggiunto: questi farmaci si sono
dimostrati altrettanto efficaci del warfarin in pazienti con FA non valvolare ad
aumentato rischio di ictus, o anche più efficaci pur se con un modesto vantaggio
reale, e con eventi indesiderati (soprattutto emorragie) non superiori. Ecco una
sintesi degli studi principali che hanno portato all'approvazione di questa
indicazione.
Dabigatran
Nello studio RE-LY, condotto in aperto su 18.133 pazienti con età media di 71 anni e con esiti valutati a 2
anni, il dabigatran è risultato non inferiore (alla dose di 110 mg due volte al giorno) e superiore (alla dose di
150 mg due volte al giorno) al warfarin sull'esito primario dello studio. Non è tuttavia stata osservata alcuna
differenza significativa sulla frequenza di ictus di qualunque tipo, sulla mortalità cardiovascolare e su quella
totale. Nei pazienti trattati con dabigatran 110 mg due volte al giorno il rischio di emorragie è risultato
inoltre inferiore a quello dei pazienti che assumevano il warfarin, mentre in quelli trattati con la dose più
elevata (150 mg due volte al giorno) solo le emorragie intracraniche sono risultate meno frequenti, mentre
quelle maggiori di tipo gastrointestinale sono risultate più frequenti con dabigatran.
Rivaroxaban
Nello studio ROCKET, condotto in cieco su 14.264 soggetti e con esiti valutati a 2 anni, il rivaroxaban si è
dimostrato non inferiore rispetto al warfarin sull'esito primario dello studio, anche se non è stata osservata
alcuna differenza fra i due gruppi sulla mortalità totale. Non sono inoltre emerse differenze tra il
rivaroxaban e il warfarin rispetto al rischio globale di emorragie clinicamente rilevanti, anche se tra i
soggetti trattati con rivaroxaban è stata osservata una minore frequenza di emorragie intracraniche e fatali.
Apixaban
Nello studio ARISTOTELE, condotto su 18.201 soggetti e con esiti valutati a 1,8 anni, l'apixaban si è
dimostrato superiore al warfarin sull'esito primario dello studio, nella frequenza di ictus di qualunque tipo e
nella riduzione della mortalità totale. Anche i sanguinamenti (maggiori e minori) sono stati riportati con
minore frequenza con apixaban, così come le emorragie intracraniche. Secondo ulteriori analisi dello studio
l'efficacia di apixaban rispetto all'esito primario sarebbe tuttavia superiore solo nei pazienti con più di 65
anni e nei pazienti con CHADS2 >31.
L'assenza di studi di confronto diretto non consente al momento di indicare se uno dei tre possa essere
ritenuto superiore agli altri.
1
Il CHADS2 (acronimo di "Congestive heart failure, Hypertension, Age >75 years, Diabetes mellitus, prior Stroke 2 or transient ischemic attak, or thromboembolism") è
un indicatore internazionale che si basa su un sistema a punti che consente di valutare il rischio trombotico di un paziente
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Il profilo di sicurezza
Le complicanze più rilevanti di ogni terapia anticoagulante sono rappresentate dagli eventi emorragici.
Anche i NAO non fanno eccezione come dimostrano gli studi clinici e l'esperienza post-marketing.
Le Schede tecniche dei tre farmaci riportano come comuni (cioè che compaiono da 1 a 10 pazienti su 100
trattati) le emorragie che possono manifestarsi a livello gastrointestinale, oculare, gengivale, nasale,
urogenitale, cutaneo e sottocutaneo (ecchimosi, ematomi).
Negli studi registrativi l'incidenza di emorragie maggiori è
compresa fra il 2% e il 3.6% pazienti/anno, e quella di
emorragie intracraniche fra lo 0.23% e lo 0.5%
pazienti/anno.
Per quanto riguarda le emorragie intracraniche, quelle più
pericolose, secondo i risultati di due recenti revisioni sistematiche degli studi condotti, apixaban,
dabigatran e rivaroxaban, impiegati nella prevenzione dell'ictus in pazienti con FA, presentano una
riduzione del rischio relativo di emorragia intracranica di circa il 50% rispetto agli AVK. Questo dato, così
espresso, sembrerebbe confermare una sicurezza per quanto concerne il rischio emorragico molto
superiore rispetto agli AVK ed è stato molto enfatizzato nella stampa medica, ma in realtà può essere
fuorviante sul piano clinico.
Vediamo perché?
Poiché si tratta di una "strategia" frequente nella presentazione dei dati degli studi, cerchiamo di capire
perché quando i risultati vengono presentati come "riduzione del rischio relativo" possono sembrare
migliori di quanto sono in realtà. Prendiamo i dati della metanalisi, pubblicata su JAMA Neurology che ha
indagato in modo specifico il rischio di emorragia intracranica nei pazienti con FA. Lo studio è stato
condotto su un totale di 57.491 soggetti, in cui un NAO, somministrato a 31.830 pazienti, è stato
confrontato con warfarin, somministrato a 25.661. Complessivamente, sono state registrate 186 emorragie
intracraniche nel gruppo NAO (0,58%) e 317 nel gruppo warfarin ( 1,24%), con una riduzione
statisticamente significativa effettivamente di circa il 50% del rischio relativo a favore dei NAO. Ma,
esprimendo questo dato in termini assoluti, ciò significa che su circa 60.000 pazienti con FA non valvolare,
la terapia anticoagulante orale con NAO ha consentito di evitare 131 emorragie intracraniche, con una
riduzione del rischio assoluto dello 0,66%, il che significa che se un paziente, quando assume un AVK ha un
probabilità del 98,8% di non avere un'emorragia intracranica, questa probabilità aumenta al 99,4% quando
assume un NAO, che rimane pur sempre un vantaggio, ma certamente meno "impressionante"!
Oltre agli effetti emorragici, per tutti sono segnalati effetti indesiderati gastrointestinali. La dispepsia ad
esempio è uno degli eventi avversi più comuni in corso di trattamento con dabigatran, potendo
manifestarsi fino nel 10% dei soggetti trattati con tale farmaco e in grado di determinare una precoce
interruzione della terapia. L'assunzione del farmaco con il cibo o con l'uso di un inibitore della pompa
protonica potrebbe ridurre il problema secondo alcuni esperti mentre secondo altri è preferibile dare la
preferenza ad alternative farmacologiche di efficacia e sicurezza sostanzialmente sovrapponibili.
Altri effetti indesiderati sono riportati per i singoli principi attivi:
Per dabigatran:


comuni nausea, dispepsia, diarrea, dolore addominale, anemia;
meno comuni, disturbi epatobiliari, vomito, disfagia, ulcera gastrointestinale, reflusso
gastroesofageo, trombocitopenia.
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Per rivaroxaban:


comuni nausea;
meno comuni stipsi, diarrea, dispepsia, secchezza della bocca, vomito, ipotensione, edema
periferico, tachicardia, trombocitopenia, sincope, vertigini, cefalea, dolore alle estremità, prurito,
eruzione cutanea, ittero
Per apixaban:


comuni nausea, lividi, anemia;
meno comuni ipotensione, trombocitopenia, rash.
Controindicazioni
Sebbene esistano alcune differenze tra apixaban, dabigatran e rivaroxaban per quanto riguarda le
controindicazioni, sono comuni ai tre principi attivi:





diatesi emorragica congenita nota.
gravidanza.
malattia epatica associata a coagulopatia ed a rischio di sanguinamento clinicamente rilevante.
protesi valvolari cardiache che richiedano trattamento anticoagulante.
ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti della forma farmaceutica.
La grave compromissione renale (ClCr < 30 ml/min) è una controindicazione solo per il dabigatran, mentre
apixaban e rivaroxaban sono controindicati in caso di insufficienza epatica grave.
Ovviamente rappresentano controindicazioni anche i sanguinamenti attivi o le lesioni o condizioni che
comportano un rischio elevato di sanguinamento maggiore come ad esempio:






ulcera gastrointestinale in corso o recente;
presenza di neoplasia maligna ad alto rischio di sanguinamento;
lesione cerebrale o spinale recente;
intervento chirurgico cerebrale, spinale o oftalmico recente;
recente emorragia intracranica;
varici esofagee accertate o sospette;
e il trattamento concomitante con ogni altro anticoagulante come eparina non frazionata, eparine a basso
peso molecolare (enoxaparina, dalteparina, ecc.), derivati dell'eparina (fondaparinux, ecc.), anticoagulanti
orali (warfarin, acenocumarolo), sottolinea queste controindicazioni anche la recente Nota Informativa
Importante diffusa da AIFA che raccomanda al medico di prestare attenzione alla posologia, alle avvertenze
e alle precauzioni d'impiego, facendo un'attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio. La stessa nota
raccomanda anche una sorveglianza clinica dei segni e sintomi di sanguinamento, aspetto che anche il
farmacista deve sempre sottolineare quando dispensa un anticoagulante.
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Interazioni
Nonostante i nuovi anticoagulanti orali abbiano un minore rischio di interazioni rispetto al warfarin, sono
note diverse variazioni dell'efficacia in presenza di terapie e/o patologie concomitanti. E' opportuno quindi
prestare attenzione soprattutto in soggetti che ricevono terapie multiple, poiché tutti i meccanismi di
interazione potrebbero non essere attualmente noti.
Rivaroxaban e apixaban subiscono un esteso metabolismo epatico mediato dal sistema dei citocromi e sono
inoltre un substrato della glicoproteina P, una pompa di efflusso transmembrana che svolge il compito di
facilitare l'eliminazione del farmaco dall'organismo, risultando pertanto a elevato rischio di interazione con
i farmaci in grado di modulare l'attività di questi due sistemi. Il dabigatran non viene invece metabolizzato
dal sistema dei citocromi e le interazioni a oggi note riguardano solo le interferenze a livello della
glicoproteina P.
DABIGATRAN
RIVAROXABAN,
APIXABAN
Inibitori della P-glicoproteina:
Amiodarone, Fenotiazine,Antifungini azolici, Verapamil,
Antimalarici, Ciclosporina, Tioxanteni.
SI
SI
Induttori della P-glicoproteina:
Desametazone, Rifampicina, Erba di S.Giovanni.
SI
SI
Inibitori del CYP3A4:
Fenotiazine, Antifungini azolici, Verapamil, Eritromicina,
Telitromicina, Nefazodone, Antimalarici, Ciclosporina.
NO
SI
Induttori del CYP3A4:
Carbamazepina, Efavirenz, Nevirapina, Fentoina,
Fenobarbitale, Rifabutin, Rifapentina, Rifampicina, Erba di
S.Giovanni, Alcol.
NO
SI
Oltre alle interazioni che influenzano la cinetica (assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione)
va ricordato che tutti i nuovi anticoagulanti orali, in maniera simile al warfarin, aumentano il rischio di
sanguinamenti se assunti in concomitanza ad antiaggreganti piastrinici, FANS e altri anticoagulanti o
corticosteroidi
sistemici.
Non sono segnalate interazioni di particolare rilevanza con gli alimenti. Da ricordare che la biodisponibilità
del rivaroxaban varia col cibo, tanto che il farmaco deve essere assunto durante i pasti perché
l'assorbimento sia ottimale.
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La tabella riporta le principali interazioni note ma va sottolineato che le segnalazioni sono in rapido
aumento per cui questo elenco non deve essere ritenuta esaustivo.
Farmaco
Dabigatran
Rivaroxaban
Apixaban
atorvastatina
possibile
possibile
non studiata
digossina
possibile
possibile
possibile
verapamil
possibile con riduzione di
dosaggio a 110 mg e
assunzione simultanea
possibile con cautela
non studiata
diltiazem
possibile
possibile con cautela
possibile con cautela
chindina
possibile con cautela
possibile con cautela
non studiata
amiodarone
possibile con cautela
possibile
non studiata
dronedarone
no
no
non studiata
itraconazolo
no
no
no
fluconazolo
non studiata
possibile con cautela
non studiata
no
possibile con cautela
non studiata
possibile con cautela
possibile con cautela
non studiata
inibitori proteasi HIV
no
no
no
rifampicina, erba di S.
Giovanni, carbamazepina,
fenitoina, fenobarbital
no
possibile con cautela
no
possibile
possibile
non studiata
ciclosporina, tacrolimus
claritromicina, eritromicina
gastroprotettori (IPP e
antiH2)
*Possibile: è possibile associare i due farmaci perché non vi è interazione o la stessa non è rilevante dal punto di vista clinico.
*Possibile con cautela: associazione è possibile ma potrebbe richiedere riduzione del dosaggio dell'anticoagulante (da 150 a
110 ogni 12 ore per dabigatran, da 20 a 15 mg ogni 24 ore per rivaroxaban, da 5 mg a 2,5 mg ogni 12 ore per apixaban)
soprattutto nei pazienti di età ≥ 75 anni, molto magri (≤ 60 Kg), con ridotta funzionalità renale, o in presenza di altre situazioni
di aumentato rischio emorragico (ad esempio: utilizzo di farmaci antiaggreganti piastrinici, antinfiammatori non steroidei,
terapia steroidea; sanguinamento gastrointestinale ecc).
*Possibile ma a dosaggio ridottp: l'associazione può essere fatta solo a condizione di ridurre il dosaggio dell'anticoagulantte.
*No: associazione controindicata.
*Non studiata: non adeguatamente studiata
Per ulteriori informazioni specifiche è buona norma consultare l'ultima versione della scheda tecnica del farmaco.
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In pratica
NAO: gli aspetti innovativi e...
Inducono l'effetto anticoagulante rapidamente (entro alcune
ore), che scompare mediamente entro 24 ore.
La gestione dei pazienti è semplificata, non essendo
necessari controlli coagulativi routinari e dosi personalizzate.
Sono segnalate poche interazioni con gli alimenti anche se la
biodisponibilità di alcuni NAO varia col cibo.
Le interazioni farmacologiche coi NAO sono più limitate
rispetto agli AVK, e diverse fra i diversi NAO.
Sono quindi preferibili
• nei pazienti con difficoltà logistico-organizzative ad
eseguire un adeguato monitoraggio di INR;
• in caso di pregressa emorragia intracranica;
• per i pazienti già in trattamento con AVK, in presenza di un
controllo non ottimale della terapia.
...i problemi da risolvere
Non sono possibili controlli coagulativi routinari per
verificare l'entità dell'effetto anticoagulante. Ciò non
consente attualmente di:
- avere informazioni sulla effettiva entità dell'effetto
anticoagulante in alcune importanti situazioni cliniche
(emorragie, interventi chirurgici urgenti)
- verificare la compliance del paziente.
In caso di sanguinamento grave manca un antidoto specifico
in grado di annullarne l'effetto terapeutico. L'assenza di
trattamenti in grado di antagonizzare rapidamente l'effetto
anticoagulante rappresenta tuttora una importante incognita
nella gestione delle emergenze emorragiche soprattutto
chirurgiche o traumatiche
Alcune interazioni farmacologiche dei NAO sono
potenzialmente gravi e tali da controindicarne l'associazione.
Costo
Il costo annuo del trattamento con NAO è di gran lunga superiore a quello degli AVK, anche prevedendo
con questi ultimi i costi del monitoraggio dell'INR. Alcuni studi internazionali, che si sono occupati
dell'argomento, affermano, valutando il costo sanitario globale della FA, che il rapporto costo efficacia dei
NAO sia comunque favorevole considerando i benefici clinici e gestionali complessivi correlati al loro
impiego.
E' opportuno sottolineare tuttavia che in genere gli studi di farmacoeconomia sono sponsorizzati dalle
industrie che producono farmaci, con evidente rischio di conflitto di interessi, per cui sono necessari
ulteriori valutazioni ed approfondimenti (possibilmente indipendenti) per poter stabilire veramente, il
rapporto beneficio/costo di questi nuovi trattamenti.
Prescrivibilità
La concessione della prescrivibilità a nuove molecole a importante impatto clinico ed economico induce, di
norma, le autorità sanitarie ad assumere un atteggiamento di prudenza, soprattutto in fase iniziale, onde
poter valutare con chiarezza il profilo di beneficio/rischio del farmaco in esame e giustificare la spesa ad
esso collegata. E' ipotizzabile che ogni Regione abbia definito, attraverso l'attivazione di tavoli tecnici
multidisciplinari, i percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziale dei pazienti da trattare con i NAO, che
comprenda l'attivazione, il monitoraggio e la gestione della terapia, ma anche il controllo della spesa
farmaceutica derivante dall'impiego dei NAO.
Attualmente, ai fini della fornitura, le specialità medicinali a base di dabigatran, rivaroxaban e apixaban
sono in classe A soggette a prescrizione medica limitativa, vendibili al pubblico su prescrizione di centri
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ospedalieri o di specialisti quali cardiologo, internista, neurologo, geriatra, e di ematologi che facciano parte
di centri abilitati al trattamento di trombosi ed emostasi indicati dalle Regioni e individuati dalla Direzione
Sanitaria delle singole strutture. Tali centri devono compilare la scheda di raccolta dati informatizzata di
arruolamento indicante i pazienti eleggibili, il piano terapeutico e la scheda di follow-up, secondo le
direttive pubblicate nel sito dell'AIFA.
Cosa rispondere se un paziente chiede……
Quando e come si deve prendere questo medicinale?
Si deve prendere regolarmente, rispettando con scrupolo le istruzioni
del medico. Per avere una protezione adeguata non si deve
dimenticare nessuna dose.
- Dabigatran, due volte al giorno, una capsula al mattino e una
capsula alla sera, lasciando che tra le due assunzioni trascorra un
intervallo di 12 ore. La capsula deve essere inghiottita intera, con o
senza cibo, con un bicchiere d'acqua, senza rompere, masticare o
rimuovere i granuli dalla capsula.
- Rivaroxaban, una volta al giorno: si deve prendere una compressa di questo medicinale alla stessa ora di
ogni giorno, insieme con il cibo, alla mattina oppure alla sera, scegliendo, tra mattina e sera, il momento nel
quale è più facile ricordarsi di assumere la compressa.
- Apixaban, due volte al giorno: una compressa al mattino e una compressa alla sera, lasciando che tra le
due assunzioni trascorra un intervallo di 12 ore con o senza cibo.
Per i pazienti con problemi di memoria è bene che un familiare o altra persona capace si prendano la
responsabilità di somministrare la terapia.
E' importante raccomandare la regolarità nell'assunzione ricordando che il medicinale funziona solo se
viene assunto ogni giorno e nel dosaggio prescritto. Tutti i NAO infatti presentano una emivita
relativamente breve e pertanto il loro effetto anticoagulante diminuisce rapidamente nell'arco di 12 ore
(dabigatran, apixaban) o 24 ore (rivaroxaban) aumentando il rischio di ictus o di embolia sistemica. Tutti gli
operatori sanitari in occasione di qualsiasi contatto con il paziente devono rimarcare l'importanza di questo
aspetto.
Vi sono particolari precauzioni nell'assunzione e conservazione di questi farmaci?
Come tutti i farmaci, devono essere conservati nella confezione originale (blister), per proteggerli
dall'umidità, ma, a differenza di rivaroxaban ed apixaban, dabigatran richiede una attenzione particolare
nell'assunzione. Le capsule, di grosso volume, hanno un rivestimento esterno in HPMC (idrossi-propil-metilcellulosa) che racchiude microgranuli di farmaco. Se il paziente apre le capsule (per facilitarne l'assunzione)
e ingerisce direttamente i microgranuli o se il rivestimento esterno viene danneggiato dallo schiacciamento
della capsula sull'ogiva di plastica trasparente, la biodisponibilità del farmaco può aumentare fino al 75%
con rischio di sovradosaggio. La capsula perciò va estratta dal blister con molta attenzione sollevando il
foglio di alluminio posto sulla parte posteriore, senza spingere la capsula attraverso il blister. Il foglio di
alluminio del blister deve essere sollevato solo quando occorre estrarre una capsula. La capsula va ingerita
intera. Le capsule non vanno trasferite in scatolette portapillole.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Che cosa fare se ci si dimentica di assumere una dose di questo nuovo anticoagulante?
Riguardo la possibile mancata assunzione di una dose, le indicazioni riportate nel documento "European
Heart Rhythm Association. Guida pratica all'impiego dei NAO nei soggetti con FA non valvolare" sono le
seguenti:
- se il medicinale prescritto è: dabigatran oppure apixaban una dose ogni 12 ore, si può assumere la dose
dimenticata fino a 6 ore prima della dose successiva; se questo non è più possibile, si deve tralasciare la
dose omessa riprendendo quella successiva all'ora prefissata;
- se il medicinale prescritto è: rivaroxaban una dose al giorno, si può prendere la dose dimenticata fino a 12
ore prima della dose successiva; se questo non è più possibile, si deve tralasciare la dose omessa e
riprendere quella successiva all'ora prefissata;
Va segnalato che per apixaban e rivaroxaban queste indicazioni tuttavia non coincidono con quelle
riportate nella scheda tecnica che prevede:
- per apixaban che il paziente assuma il farmaco non appena se ne accorge e quindi continui con
l'assunzione due volte al giorno come in precedenza;
- per rivaroxaban che il paziente assuma il farmaco non appena se ne accorge e poi prosegua il giorno
successivo con l'assunzione monogiornaliera raccomandata.
In ogni caso non si deve mai assumere una dose doppia nello stesso tempo per compensare la dose
dimenticata, così come non si deve recuperare il giorno dopo la dose dimenticata il giorno prima.
Che cosa fare se si è già in trattamento con determinati medicinali ed è prescritto un NAO?
Anche se le interazioni farmacologiche sono più limitate, per tutti i pazienti in trattamento con NAO è
necessario verificare eventuali terapie in corso e informarli di comunicare sempre al medico o al farmacista
nuovi trattamenti sia con farmaci di prescrizione che con farmaci da banco, prodotti a base di erbe,
integratori acquistati in farmacia, al supermercato o in negozi di alimenti biologici. Tali precauzioni sono
necessarie per evitare possibili interazioni, che potrebbero aumentare o ridurre l'effetto anticoagulante.
Si deve seguire una particolare dieta nel corso del trattamento con NAO?
Non esiste una dieta specifica per i pazienti in terapia con i nuovi anticoagulanti orali. Sottolineare invece
l'importanza di una giusta idratazione soprattutto negli anziani, nei periodi più caldi, per evitare di
affaticare il rene. Inoltre, il rischio di sanguinamento aumenta in caso di disidratazione (che può risultare
quale conseguenza di vomito, diarrea, febbre, forte calore, ecc).
Dabigatran può causare disturbi dello stomaco: se si dovessero manifestare bruciori o
dolori informare subito il medico. L'alcol può interagire con i NAO ed avere un effetto
sul sanguinamento. Piccole quantità di alcol (1-2 bicchieri da tavola al giorno) non
dovrebbero causare problemi ma vanno evitati gli eccessi.
Quando si assume un NAO esiste il rischio di eventi emorragici?
Come per tutti gli anticoagulanti, gli eventi emorragici costituiscono il principale
effetto indesiderato dei NAO. Tuttavia, se si prende il medicinale secondo le modalità
prescritte, cioè rispettando le dosi e i tempi di assunzione, il rischio di sanguinamenti
è modesto.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Occorre comunque sempre informare di segnalare al medico:








sanguinamenti inattesi, anche se di scarsa entità, o che perdurano a lungo, come
sangue dal naso, dalle gengive, da tagli o graffi, o periodi mestruali prolungati o troppo
abbondanti, ecc;
ecchimosi più o meno gravi o inspiegabili, o lividi che tendono ad allargarsi senza una
causa;
ematuria;
feci nere o sangue rosso vivo nelle feci;
tracce di sangue nell'escreato;
vomito con sangue;
forte mal di testa o vertigini;
dolore inatteso, gonfiore o fastidio.
Si possono fare le iniezioni intramuscolari?
L'iniezione intramuscolare provoca un trauma che, pur se di piccole dimensioni, può determinare ematomi
nella zona interessata (che a volte si possono complicare in ascessi). La terapia intramuscolare deve essere
limitata ai casi strettamente necessari (es. quando un farmaco indispensabile può essere somministrato
solo con questa modalità) e bisogna avere l'avvertenza di usare un ago piccolo e di applicare dopo
l'iniezione una pressione sul punto di iniezione e un impacco con ghiaccio per 5-10 minuti.
Occorre avere delle precauzioni particolari durante le normali attività quotidiane?
Per ridurre al minimo il rischio di lesioni che possono provocare
sanguinamenti, è consigliabile:
 evitare attività sportive di contatto (calcio, rugby, ecc) che possono
causare lesioni;
 fare attenzione a prevenire le cadute, in quanto possono causare
lesioni significative;
 indossare guanti quando si fa giardinaggio;
 considerare l'opportunità di utilizzare un rasoio elettrico invece che
con lama (a mano libera).
Se si è in trattamento con un NAO si può pianificare una gravidanza?
I NAO, come gli AVK sono controindicati in gravidanza e durante l'allattamento. Se la paziente intende
pianificare una gravidanza o pensa di essere rimasta incinta deve parlarne immediatamente con il proprio
medico.
Quali altre consigli è sempre opportuno dare ad un paziente in trattamento con NAO?
Innanzitutto le informazioni riguardanti le condizioni che richiedono la consultazione del medico, oltre i
segni di eccessivo sanguinamento:
 reazioni allergiche quali eruzione cutanea, prurito, gonfiore in qualsiasi parte del corpo,
difficoltà respiratorie
 segni di disturbi epatici, come ingiallimento della pelle e/o delle sclere degli occhi (ittero)
 indigestione, difficoltà nella deglutizione
 diarrea, mal di stomaco
 nausea, vomito
 febbre o malessere generale.
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2015
Il ruolo del farmacista
Da un recente studio americano pubblicato su JAMA, in cui i ricercatori
hanno esaminato le variazioni di aderenza alla terapia in pazienti trattati
con dabigatran (n. 4.863) tra il 2010 e il 2012, è emerso che i risultati
migliori si sono ottenuti ove più intensa era l'attività dei farmacisti
nell'educare e seguire i pazienti trattati. Anche per questi farmaci dunque il
farmacista ha un ruolo importante e la farmacia si conferma punto di
osservazione (e di informazione) privilegiato per verificare che vi sia una
corretta aderenza alla terapia e per scoprire eventuali problemi.
La semplificazione nella gestione del paziente per l'assenza di monitoraggio laboratoristico non vuol dire
ridurre la sorveglianza sulla corretta esecuzione della terapia, anzi i pazienti in trattamento con questi
nuovi anticoagulanti richiedono un livello di attenzione ancora maggiore: innanzitutto perché, in quanto
farmaci nuovi, il loro profilo di sicurezza non è ancora del tutto definito e in secondo luogo perché,
avendo una durata d'azione più breve rispetto al warfarin, in caso di mancata somministrazione, il
paziente è esposto ad un maggior rischio di trombosi.
Il farmacista quindi, in collaborazione con il medico, può monitorare in tempo reale l'impiego della
specialità medicinale anticoagulante, verificando se, in base al dosaggio prestabilito, il numero di dosi
distribuite siano bastate a coprire l'arco di tempo previsto, oppure se si verifica il mancato ritiro del
farmaco nella data prestabilita, ecc. Oltre a ciò, le farmacie possono essere luogo di counselling attraverso
un'assistenza personalizzata fatta di informazioni, avvertimenti, attenzioni, suggerimenti.
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Bibliografia
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Link alla pagina web dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA) per consultare l'ultima versione
autorizzata del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto
(apixaban):
http://www.ema.europa.eu/ema/index.jsp?curl=pages/medicines/human/medicines/002148/hum
an_med_001449.jsp&mid=WC0b01ac058001d124
(dabigatran etexilato):
http://www.ema.europa.eu/ema/index.jsp?curl=pages/medicines/human/medicines/000829/hum
an_med_000981.jsp&mid=WC0b01ac058001d124
(rivaroxaban):
http://www.ema.europa.eu/ema/index.jsp?curl=pages/medicines/human/medicines/000944/hum
an_med_001155.jsp&mid=WC0b01ac058001d124
AIFA - Concept Paper su Nuovi anticoagulanti orali. In:
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/version_2012_09_24_cp_noacs_1.pdf .
Documento regionale di indirizzo sul ruolo dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) nella
prevenzione del cardioembolismo nel paziente con fibrillazione atriale non valvolare. A cura del
gruppo di lavoro multidisciplinare della Regione Emilia-Romagna.
I nuovi anticoagulanti orali nella fibrillazione atriale non valvolare. Pacchetti informativi sui Farmaci.
Agenzia Sanitaria Regionale. Area Valutazione dei Farmaci.
http://www.ulss20.verona.it/data/29/Informazioni/NAO_Monografia_InfoFarma_2014.pdf
Bozzini L et al. Vivere in terapia con un nuovo anticoagulante orale (NAO). Infofarma n.1 2014.
Problemi relativi alla sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) - Reazioni avverse,
controindicazioni, interazioni, avvertenze e precauzioni. Infofarma 2014; 2: 1-6. In:
http://www.ulss20.verona.it/data/29/Informazioni/InfoFarma_2_2014.pdf
La terapia con i nuovi anticoagulanti orali: dabigatran, rivaroxaban,
apixaban: guida pratica per il paziente. Edizione gennaio 2014. Azienda OspedalieroUniversitaria Parma.
Masotti L. al. Efficacia e sicurezza dei nuovi farmaci anticoagulanti orali rispetto al warfarin
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ombre. Italian Journal of Medicine (2012) 6: 153-169.
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