Marco Barlotti Appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA per il corso di laurea triennale in Scienze Naturali Vers. 2.22 Anno Accademico 2007-2008 In copertina un disegno originale (© Disney) di Luciano Gatto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina I PERCHE’ QUESTI APPUNTI, E COME USARLI (Prefazione alla vers. 2.22) Questi appunti nascono come supporto alle lezioni che tengo per l’insegnamento di “Istituzioni di Matematica” per il Corso di Laurea triennale in Scienze Naturali presso la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali all’Università di Firenze. Penso che tale insegnamento debba proporsi essenzialmente tre scopi : fornire una preparazione di base nella materia a livello universitario ; presentare i concetti matematici fondamentali mantenendo un “punto di vista superiore” rispetto alla Scuola Secondaria ; mettere i futuri laureati nelle condizioni di usare alcuni specifici strumenti di calcolo. Questa impostazione comporta una certa ampiezza nell’arco degli argomenti trattati e, di conseguenza, la rinuncia allo sviluppo di procedimenti avanzati di calcolo. Sono però convinto che una buona preparazione di base metta in condizione di apprendere, se necessario, tecniche specialistiche; mentre, d’altro lato, la padronanza di molti strumenti di calcolo non garantisce di per se´ una corretta visione della materia. Forse al lettore sembrerà di incontrare troppe definizioni. Per convincersi della loro necessità, consideri che la Matematica è strumento fondamentale per descrivere la realtà (fisica, biologica, economica, ecc.); una buona descrizione è necessariamente anche un’accurata tassonomia delle possibili situazioni, che per essere correttamente formalizzata ha bisogno di un linguaggio assolutamente preciso. Nell’usare questi appunti, lo studente deve tenere presente che, per la loro stessa natura di testo scritto, essi non sono la stessa cosa delle lezioni tenute in aula. Ad esempio, la trattazione è talvolta più formale (e quindi più “pesante”) rispetto a quanto consente l’immediatezza dell’esposizione orale, dove ci si può “lasciare andare” all’uso di qualche notazione non del tutto ortodossa. Inoltre, rispetto al programma effettivamente svolto a lezione, questi appunti comprendono alcune dimostrazioni in più (1) ma molti esercizi in meno (e quelli riportati non sono, in generale, svolti). Le dimostrazioni in più vogliono consentire allo studente interessato qualche approfondimento e servire comunque come riferimento per eventuali consultazioni future. 1Per la preparazione all’esame lo studente è invitato a fare riferimento al programmma consuntivo del corso disponibile su Internet all’URL http://www.dmd.unifi.it/marcobar/Istituzioni/Programma.html oppure http://marcobar.outducks.org/Istituzioni/Programma.html Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina II Alla carenza di esercizi dedicati all’Analisi Matematica il lettore può ovviare utilizzando qualcuno degli appositi testi reperibili in commercio (si veda anche, al termine della bibliografia posta dopo questa introduzione, l’elenco dei libri consigliati). Dovrebbero invece essere sufficienti per un’adeguata preparazione sull’argomento gli esercizi sui sistemi lineari riportati nel capitolo 14, fra l’altro in buona parte svolti nei dettagli e comunque corredati delle soluzioni. Si noti che alcuni degli esercizi proposti sono contrassegnati con un asterisco fra parentesi quadre ([*]) : si tratta di esercizi “di approfondimento”, generalmente più difficili degli altri, che non è necessario saper risolvere per superare l’esame, anche con un buon voto. Molti studenti affrontano questo corso di lezioni col timore di possedere una preparazione insufficiente a causa del tipo di Scuola Secondaria frequentato o per altri motivi. Raramente tale timore è giustificato: infatti, sia a causa del carattere “istituzionale” di questo corso sia per i criteri con cui esso viene impostato, i prerequisiti richiesti sono minimi; per tranquillizzare il lettore è comunque opportuno precisarli. NOZIONI SUPPOSTE NOTE DAGLI STUDI PRECEDENTI L’insieme dei numeri naturali, l’insieme ™ dei numeri interi relativi, l’insieme dei numeri razionali; le operazioni di “somma” e “prodotto”, la relazione di “minore o uguale”, sottrazione, divisione, divisione euclidea, elevamento a potenza in , in ™ e in ; principali proprietà di tali operazioni e relazioni. La scomposizione in fattori primi dei numeri naturali; massimo comun divisore e minimo comune multiplo. L’insieme ‘ dei numeri reali verrà introdotto durante il corso; tuttavia, a quel punto sarà data per acquisita (dai precedenti studi nella Scuola Secondaria) una certa capacità di calcolo con i numeri reali, e in particolare con i radicali. Polinomi, prodotti notevoli di polinomi e alcuni casi di scomposizione di polinomi; teorema di Ruffini. Equazioni algebriche; risoluzione delle equazioni algebriche di 1! e 2! grado ; risoluzione di quelle equazioni algebriche di grado superiore al 2! che possono essere affrontate mediante la scomposizione dei polinomi e il teorema di Ruffini. Disequazioni intere e fratte di 1! e 2! grado. Disequazioni di grado superiore al 2! che possono essere affrontate mediante la scomposizione dei polinomi e il teorema di Ruffini. Nozioni essenziali di geometria piana: rette, angoli, triangoli; segmenti commensurabili; misura dei segmenti commensurabili con l’unità di misura fissata; le isometrie del piano. Trigonometria piana: definizione delle funzioni sin, cos, tg, cotg ; le due relazioni fondamentali: sin# Ð!Ñ cos# Ð!Ñ œ 1 , tgÐ!Ñ œ sin(!Ñ ; le “formule di addizione” per sin e cos(!Ñ cos ; il “teorema dei seni” e il “teorema del coseno”. Per i fatti essenziali sulle isometrie del piano e le nozioni utili di trigonometria piana il lettore può utilmente consultare [1], distribuito in rete assieme a questi appunti. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina III È inevitabile la presenza in questi appunti di errori materiali; inoltre, per quanto mi sia sforzato di conciliare il rigore con la chiarezza, alcuni brani del testo possono risultare poco comprensibili. Sarò grato a tutti coloro, e specialmente agli studenti, che vorranno segnalarmi qualunque problema, dai più banali errori di stompa alle oscurità nell’esposizione. Firenze, 26.1.2008 Marco Barlotti BIBLIOGRAFIA [1] M. Barlotti Richiami su isometrie, angoli orientati e trigonometria piana http://www.dmd.unifi.it/marcobar/Istituzioni/Richiami.pdf http://marcobar.outducks.org/Istituzioni/Richiami.pdf [2] G. C. Barozzi, C. Corradi Matematica Generale per le scienze economiche il Mulino, Milano (1997) [3] G. C. Barozzi, C. Corradi Matematica Generale per le scienze economiche: Esercizi il Mulino, Milano (1998) [4] G. Choquet ´ ´ L’enseignement de la Geometrie Hermann, Paris (1964) [5] G. Devoto, G. C. Oli Il dizionario della lingua italiana Le Monnier, Firenze (1990) [6] E. Giusti Esercizi e complementi di analisi matematica Bollati Boringhieri, Torino (1991) [7] P. R. Halmos Naive set theory Van Nostrand, Princeton NJ (1966) [8] P. R. Halmos Teoria elementare degli insiemi Feltrinelli, Milano (1970) Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina IV [9] D. Hilbert Fondamenti della Geometria Feltrinelli, Milano (1970) [10] P. Marcellini, C. Sbordone Esercitazioni di Matematica Liguori, Napoli (1988) [11] G. Peano Aritmetica generale e algebra elementare Paravia, Torino (1902) [12] G. Prodi Istituzioni di Matematica McGraw Hill, Milano (1994) [13] R. Scozzafava Matematica di base Masson, Milano (1992) [14] A. Spinelli, L. Scaglianti Guida all’esame di Matematica generale CEDAM, Padova (1984) A chi preferisca studiare su altri libri, segnalo come abbastanza omogenei al programma che svolgo (in ordine decrescente di omogeneità) [12] , [13] e [2] . Fra i libri di esercizi che conosco, credo di poter consigliare (in ordine crescente di difficoltà) [14] , [3] , [10] e [6] . Per approfondimenti, sono ottimi testi [4] , [8] e [9] . AVVERTENZA Tutti i diritti di questa pubblicazione sono dell’autore. È consentita la riproduzione integrale di questa pubblicazione a titolo gratuito. È altresì consentita a titolo gratuito l’utilizzazione di parti di questa pubblicazione in altra opera all’inderogabile condizione che ne venga citata la provenienza e che della nuova opera nella sua interezza vengano consentite la riproduzione integrale a titolo gratuito e l’utilizzazione di parti a queste stesse condizioni. L’uso di questa pubblicazione in quasiasi forma comporta l’accettazione integrale e senza riserve di quanto sopra. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina V SOMMARIO 1. - Introduzione 1.1 - L’impostazione assiomatica . . . . . . . 1.2 - La teoria degli insiemi . . . . . . . . . 1.3 - Prime notazioni sugli insiemi . . . . . . 1.4 - Gli assiomi di Hilbert per la geometria piana 1.5 - Gli assiomi di Peano per i numeri naturali . 1.6 - Ancora sull’insieme dei numeri naturali . . . 1.7 - L’insieme ™ dei numeri interi . . . . . . 1.8 - L’insieme dei numeri razionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 2. - Elementi di logica 2.1 - Introduzione . . . . . . . . . . . 2.2 - Elementi di calcolo delle proposizioni 2.3 - Elementi di calcolo dei predicati . . . 2.4 - I teoremi, e come si dimostrano . . . 2.5 - Dimostrazioni per induzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 9 pag. 9 pag. 14 pag. 20 pag. 23 3. - Come si definisce un insieme 3.1 - Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 - Definizione mediante elenco degli elementi . . . . . . 3.3 - Definizione mediante una proprietà caratteristica . . . . 3.4 - Definizione come unione di insiemi già definiti . . . . . 3.5 - L’insieme delle parti . . . . . . . . . . . . . . . 3.6 - Unione, intersezione, differenza . . . . . . . . . . . 3.7 - Unione e intersezione di una famiglia di insiemi. Partizioni 3.8 - Prodotto cartesiano . . . . . . . . . . . . . . . . 3.9 - 8-ple ordinate. Matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. . . . . . . . . . . 1 2 3 3 4 5 6 7 25 25 26 27 27 27 29 29 30 Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina VI 4. - Funzioni 4.1 - Relazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 - Funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 - Dominio. Immagine, immagine inversa. Punti fissi 4.4 - Iniettività e suriettività . . . . . . . . . . . 4.5 - Restrizione a un sottoinsieme . . . . . . . . . 4.6 - La funzione inversa . . . . . . . . . . . . . 4.7 - Composizione di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 31 32 32 33 34 35 35 5. - Relazioni di ordine 5.1 - Definizioni . . . . . . . . . . . . . 5.2 - Relazioni di ordine . . . . . . . . . . 5.3 - Intervalli . . . . . . . . . . . . . . 5.4 - Minimo e massimo . . . . . . . . . . 5.5 - Limitazioni inferiori e limitazioni superiori 5.6 - Estremo superiore . . . . . . . . . . 5.7 - Estremo inferiore . . . . . . . . . . 5.8 - Completezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 37 38 39 39 40 41 42 44 6. - Relazioni di equivalenza 6.1 - Definizione . . . . . 6.2 - Classi di equivalenza . 6.3 - Insieme quoziente . . 6.4 - Le classi di resto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. 45 46 47 49 7. - Operazioni in un insieme 7.1 - Operazioni in un insieme . . . . 7.2 - Chiusura rispetto a un’operazione 7.3 - Associatività e commutatività . . 7.4 - Elemento neutro . . . . . . . 7.5 - Il simmetrico di un elemento . . 7.6 - La proprietà distributiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. 51 52 52 52 53 54 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 55 56 56 57 59 59 62 8. - Gruppi e anelli 8.1 - Gruppi . . . . . . . . . . . . . 8.2 - Sottogruppi . . . . . . . . . . . 8.3 - Omomorfismi e isomorfismi tra gruppi 8.4 - Anelli . . . . . . . . . . . . . 8.5 - Omomorfismi e isomorfismi tra anelli 8.6 - L’anello ™8 . . . . . . . . . . . 8.7 - I criteri di divisibilità per i numeri interi Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina VII 9. - Campi 9.1 - Campi . . . . . . 9.2 - Isomorfismo tra campi 9.3 - Sottocampi . . . . 9.4 - Campi ordinati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. 65 66 66 67 10. - Il campo dei numeri reali 10.1 - Definizione di ‘. Numeri razionali, irrazionali, algebrici, trascendenti 10.2 - La rappresentazione dei numeri reali sulla retta . . . . . . . . . 10.3 - La radice 8-sima di un numero reale . . . . . . . . . . . . . . 10.4 - Potenze in ‘ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10.5 - L’insieme ‘8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. 73 74 75 75 78 11. - Elementi di calcolo combinatorio 11.1 - Introduzione . . . . . . . . . 11.2 - 5 -disposizioni con ripetizione . . 11.3 - 5 -disposizioni semplici . . . . . 11.4 - 5 -combinazioni semplici . . . . 11.5 - 5 -combinazioni con ripetizione . . 11.6 - Esercizi di ricapitolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. 79 79 81 83 87 89 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. pag. 91 92 93 95 96 96 13. - Le rette nel piano 13.1 - Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13.2 - Forma generale dell’equazione cartesiana di una retta . . . . 13.3 - Equazione della retta per due punti . . . . . . . . . . . 13.4 - Forma esplicita dell’equazione di una retta . . . . . . . . 13.5 - Equazione della generica retta passante per un punto assegnato 13.6 - Condizioni di parallelismo e ortogonalità fra rette . . . . . 13.7 - Distanza di un punto da una retta . . . . . . . . . . . . 13.8 - Il luogo geometrico dei punti equidistanti da due punti dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 97 pag. 97 pag. 98 pag. 99 pag. 100 pag. 100 pag. 102 pag. 103 12. - Sistemi di riferimento cartesiani nel piano 12.1 - Orientamento della retta e del piano . . . 12.2 - Il “metodo delle coordinate” . . . . . . 12.3 - Sistemi di riferimento nel piano . . . . 12.4 - Cambiamento del sistema di riferimento . 12.5 - Distanza di due punti . . . . . . . . . 12.6 - Coordinate del punto medio di un segmento Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina VIII 14. - Sistemi lineari 14.1 - Richiami sulle equazioni algebriche . . . . . . . . 14.2 - Generalità sui sistemi lineari . . . . . . . . . . . 14.3 - Matrici associate a un sistema lineare . . . . . . . 14.4 - Operazioni elementari sulle equazioni di un sistema . 14.5 - Operazioni elementari sulle righe di una matrice . . . ´ 14.6 - Teorema di Rouche-Capelli . . . . . . . . . . . 14.7 - Esercizi sui sistemi lineari . . . . . . . . . . . . 14.8 - Esercizi sui sistemi lineari dipendenti da un parametro 14.9 - Soluzione degli esercizi proposti nella sezione 14.7 . . 14.10 - Soluzione degli esercizi proposti nella sezione 14.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 105 pag. 106 pag. 107 pag. 108 pag. 110 pag. 113 pag. 115 pag. 122 pag. 129 pag. 131 15. - Funzioni IR Ä IR 15.1 - Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . 15.2 - Osservazioni sulla funzione “valore assoluto” . . 15.3 - Grafico di una funzione ‘ Ä ‘ . . . . . . . . 15.4 - Funzioni pari, funzioni dispari, funzioni periodiche 15.5 - Estremi . . . . . . . . . . . . . . . . . 15.6 - Intorni. Punti di accumulazione . . . . . . . . 15.7 - Punti isolati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 135 pag. 137 pag. 138 pag. 138 pag. 140 pag. 141 pag. 141 16. - Continuità 16.1 - Definizione . . . . . . . . . . . . . 16.2 - Prime proprietà delle funzioni continue . 16.3 - Proprietà algebriche di V! ÐIÑ . . . . . . 16.4 - Ulteriori proprietà delle funzioni continue 16.5 - Singolarità. Prolungamento per continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. 17. - Limiti 17.1 - Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17.2 - Limite destro, limite sinistro . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17.3 - Operazioni in ‘‘ e limiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17.4 - Limiti notevoli (e altri limiti) che coinvolgono funzioni trigonometriche 17.5 - Limiti infiniti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17.6 - Limite per x che tende a _ o a _ . . . . . . . . . . . . . 17.7 - Operazioni in ‘‘ e limiti infiniti . . . . . . . . . . . . . . . . 17.8 - L’insieme esteso dei numeri reali . . . . . . . . . . . . . . . . 17.9 - Il numero / ed alcuni limiti notevoli ad esso collegati . . . . . . . . 17.10 - Forme “non immediate” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17.11 - Esercizi sui limiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 155 pag. 157 pag. 158 pag. 161 pag. 162 pag. 164 pag. 166 pag. 169 pag. 170 pag. 172 pag. 173 . . . . . . . . . . . . . . . 145 147 149 151 152 Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina IX 18. - Derivate 18.1 - Incremento. Rapporto incrementale . . . . . . . . . . . . . . 18.2 - Derivata in un punto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18.3 - Significato geometrico della derivata. Tangente al grafico in un punto 18.4 - Continuità e derivabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18.5 - Funzione derivata. Derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . 18.6 - Compatibilità tra derivazione e operazioni tra funzioni . . . . . . 18.7 - Derivata di funzione composta . . . . . . . . . . . . . . . . 18.8 - Derivata della funzione inversa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 177 pag. 177 pag. 184 pag. 186 pag. 187 pag. 188 pag. 190 pag. 191 19. - Estremi locali e teoremi connessi 19.1 - Monotonia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 193 19.2 - Estremi locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 194 19.3 - Ricerca dei punti estremanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 197 ^ 20. - Le regole di De L’Hopital 20.1 - Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20.2 - La forma “non immediata” !! . . . . . . . . . . . 20.3 - La forma “non immediata” _ _ . . . . . . . . . . . 0 0 _ 20.4 - Le forme 0 † _ , 0 , _ e 1 . La forma _ _ . . . ^ 20.5 - Esercizi di riepilogo sull’uso delle regole di De L’Hopital . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 201 pag. 201 pag. 203 pag. 205 pag. 208 21. - Convessità 21.1 - Funzioni convesse . . . . . . . . . . . 21.2 - Criteri di convessità per le funzioni derivabili 21.3 - Funzioni concave . . . . . . . . . . . 21.4 - Punti di flesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209 210 210 211 22. - Asintoti 22.1 - Asintoti destri e asintoti sinistri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 213 22.2 - Asintoti verticali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 215 22.3 - Esempi ed esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 215 Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina X 23. - Studio di una funzione 23.1 - Introduzione . . . . . . . . . . . . . . 23.2 - Studio della funzione f ÐBÑ ³ ln "ÐBÑ . . . . 23.3 - Studio della funzione f ÐBÑ ³ B$ 3B# . . . 23.4 - Studio della funzione f ÐBÑ ³ sin ÐBÑ cos ÐBÑ 1 23.5 - Studio della funzione f ÐBÑ ³ B†±B± . . . . ±B1± . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. pag. pag. pag. pag. 24. - Primitive 24.1 - Generalità . . . . . . . . . . . . . 24.2 - Ricerca di primitive . . . . . . . . . 24.3 - Ricerca di primitive “per parti” . . . . . 24.4 - Ricerca di primitive per sostituzione . . . 24.5 - Esempi ed esercizi sulla ricerca di primitive 24.6 - Una primitiva per le funzioni razionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 229 pag. 232 pag. 233 pag. 235 pag. 237 pag. 240 25. - Elementi di calcolo integrale 25.1 - Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25.2 - La defÞ di integrale per una funzione non negativa superiormente limitata 25.3 - Prime proprietà dell’integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . 25.4 - Estensione della defÞ alle funzioni che assumono anche valori negativi . 25.5 - Estensione della defÞ di integrale fra + e , al caso in cui , Ÿ + . . . . 25.6 - Il teorema fondamentale del calcolo . . . . . . . . . . . . . . . 25.7 - Calcolo di aree mediante integrali . . . . . . . . . . . . . . . . 25.8 - Integrazione su intervalli illimitati . . . . . . . . . . . . . . . . 25.9 - Integrazione di funzioni non limitate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 251 pag. 251 pag. 253 pag. 254 pag. 256 pag. 257 pag. 261 pag. 263 pag. 265 . . . . . . . . . . . . 219 220 222 224 226 Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 1 1.- INTRODUZIONE 1.1 - L’impostazione assiomatica. Ogni teoria matematica si sviluppa mediante definizioni e teoremi su cui poggiano a cascata altre definizioni e altri teoremi. Ogni definizione spiega il significato di una parola, o di un gruppo di parole, mediante altre parole. Ma è possibile definire tutte le parole? O, forse, alcuni termini matematici possono essere definiti con vocaboli “non tecnici”, cioè del tutto estranei alla teoria in esposizione, che quindi non hanno bisogno di spiegazione? La risposta è negativa per entrambe le domande. Esempio 1.1.1 Si chiama dizionario della lingua italiana una raccolta di parole e locuzioni della lingua italiana (generalmente disposte in ordine alfabetico) per ciascuna delle quali è fornita una spiegazione del significato. Tale spiegazione è data usando soltanto parole della lingua italiana. Nella edizione 1990 de “Il dizionario della lingua italiana” di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli Ð[5]Ñ leggiamo: UOMO ³ L’individuo di sesso maschile della specie umana. UMANO ³ Proprio dell’uomo, in quanto rappresentante della specie. Questo non è soddisfacente: infatti il lettore non può comprendere la spiegazione del sostantivo “UOMO” se non conosce il significato dell’aggettivo “UMANO”; e non può comprendere la spiegazione dell’aggettivo “UMANO” se non conosce il significato del sostantivo “UOMO”. Esempio 1.1.2 La più antica opera oggi conosciuta in cui la geometria viene trattata non come un sistema di regole pratiche e nozioni empiriche ma come una “scienza razionale” è costituita dagli “Elementi” di Euclide (matematico vissuto in Grecia nel III secolo a. C.). La teoria sviluppata da Euclide costituisce ancor oggi uno strumento semplice e efficace per descrivere la realtà fisica Ð1Ñ attorno a noi e per studiare fenomeni di varia natura. 1 almeno in prima approssimazione. Le descrizioni quantistico-relativistiche utilizzano una geometria “diversa”, detta appunto “non euclidea”. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 2 Dovendo riferirsi a certi enti su cui costruire la geometria, Euclide ritenne necessario aprire la sua opera con una serie di “definizioni”, ad esempio: Un punto è ciò che non ha parti. Una linea è una lunghezza senza larghezza. Una superficie è ciò che ha solo lunghezza e larghezza, ma non spessore. Oggi queste “definizioni” non ci sembrano utilizzabili per sopportare il peso di una teoria. Non si comprende infatti come si possa spiegare che cos’è un “punto” mediante la nozione di “parte” senza poi precisare che cosa significhi “parte”; né come si possano definire “linea” e “superficie” mediante le parole “lunghezza”, “larghezza” e “spessore” senza che queste vengano a loro volta definite. Lo sviluppo (nel diciannovesimo secolo) della critica ai fondamenti della matematica (e in particolare della geometria euclidea) ha condotto a stabilire che una trattazione razionale e rigorosa deve procedere assiomaticamente: ciò significa che alla base della teoria non si deve porre un sistema di definizioni; si assegnano invece certe parole (dette concetti primitivi) e le regole precise (dette assiomi, o postulati) con le quali tali parole verranno utilizzate. In tal modo anziché definire gli enti fondamentali si descrivono piuttosto le relazioni logiche che intercorrono fra essi. 1.2 - La teoria degli insiemi. La teoria degli insiemi può essere utilizzata per una costruzione organica e coerente di tutta la Matematica. Essa si è venuta sviluppando a partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo grazie ai lavori di (fra gli altri) Georg Cantor (1845 1918), Friedrich Ludwig Gotilds Frige (1848 1925) e Bertrand Russel (1872 1970), ed ha trovato una sistemazione ormai classica ad opera di Ernst Friedrich Ferdinand Zermelo (1871 1953) e Adolf Abraham Fraenkel (1891 1965). Una rigorosa impostazione assiomatica (cfr. 1.1) esula certamente dalle nostre possibilità Ð2Ñ. Noi utilizzeremo tuttavia il linguaggio degli insiemi; pur non formalizzandole esplicitamente, cercheremo di stabilire “regole del gioco” chiare e precise che ci consentano di utilizzare le parole “primitive” (insieme, elemento, appartiene, ...) senza cadere in formalismi esasperati ma evitando imprecisioni che possano poi dar luogo a contraddizioni logiche. Useremo dunque la parola “insieme” per indicare un ente completamente caratterizzato dagli elementi che ad esso appartengono. Per sgombrare il campo da possibili fraintendimenti, chiariamo subito che 2 Il lettore interessato può consultare utilmente [7], se necessario nella traduzione italiana [8]. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 3 si usa il termine “elemento” per indicare ciò che “appartiene” ad un “insieme”, senza che ciò prefiguri due mondi distinti, quello degli “elementi” e quello degli “insiemi”: anzi, gli elementi di un insieme possono benissimo essere essi stessi insiemi; poiché un insieme resta completamente caratterizzato dai propri elementi, si conviene in particolare che: due insiemi sono lo stesso insieme (si dice anche che coincidono) se e solo se hanno gli stessi elementi. 1.3 - Prime notazioni sugli insiemi. Siano A, B insiemi. Se a è un elemento di A (ciò si esprime anche dicendo che a appartiene ad A), scriveremo a − A. Se ogni elemento di A è anche elemento di B, diremo che A è un sottoinsieme di B (oppure che è incluso, o contenuto in B) e scriveremo A § B. Se A § B e B § A, cioè se A e B hanno gli stessi elementi, A e B sono lo stesso insieme e scriveremo AœB (osserviamo qui esplicitamente che intenderemo sempre l’uguaglianza nel senso “leibniziano” di identità). In generale, se si deve provare che A œ B, il procedimento migliore è appunto quello di mostrare che A § B e B § A. Le scritture a  A, A § y B, A Á B indicano la negazione rispettivamente di a − A, A § B e A œ B (cioè significano rispettivamente: a non è un elemento di A, A non è un sottoinsieme di B, A e B non sono lo stesso insieme; quest’ultimo fatto si esprime anche dicendo che A e B sono diversi o distinti). Se A § B e A Á B (ciò si esprime dicendo che A è incluso propriamente in B, oppure che A è un sottoinsieme proprio di B), scriveremo anche A§ Á B. 1.4 - Gli assiomi di Hilbert per la geometria piana. Abbiamo ricordato in 1.1 la particolare attenzione che fu rivolta nel diciannovesimo secolo ai fondamenti della geometria euclidea. In seguito a ciò sono state proposte varie costruzioni assiomatiche di tale geometria; noi faremo riferimento all’opera “Grundlagen der Geometrie” di David Hilbert (1862-1943). Esula naturalmente dalle nostre possibilità uno studio diretto dei concetti primitivi e degli assiomi fissati da Hilbert; ci riserviamo però di richiamarli in qualche occasione (si può consultare [9]). Ci farà comodo pensare al piano euclideo come a un insieme di punti nel quale vengono individuati particolari sottoinsiemi detti rette, segmenti, ecc.. In questo contesto, la nozione di incidenza fra il punto A e la retta e corrisponde all’appartenenza dell’elemento A al sottoinsieme e del piano (con la notazione introdotta in 1.3: A − e). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 4 Alla nozione di retta come particolare sottoinsieme del piano faremo riferimento in 1.6, 1.7 e 1.8 per “rappresentare” altri insiemi (il senso di questa espressione potrà essere precisato solo in 4.4.4). A tale scopo, supporremo fissati una retta e e due punti di essa: O (origine) e U (punto unità); il segmento OU sarà la nostra unità di misura. Supponiamo note dallo studio della geometria effettuato nella Scuola Secondaria Superiore le nozioni di multiplo e sottomultiplo di un segmento, di commensurabilità fra segmenti e di misura rispetto a OU dei segmenti commensurabili con OU (tale misura è in generale un numero razionale, cfr. 1.8). 1.5 - Gli assiomi di Peano per i numeri naturali. Vediamo un esempio particolarmente semplice e nello stesso tempo profondo: la costruzione assiomatica proposta dal matematico italiano Giuseppe Peano (1858 1932) per i numeri naturali. Riportiamo, con qualche irrilevante aggiornamento nei termini Ð3Ñ, la formulazione di [11]; la prima esposizione del sistema di assiomi è in un lavoro scientifico pubblicato nel 1891. I concetti primitivi sono indicati con la locuzione “numero naturale” e le parole “zero”, “successivo”, “insieme” e “appartiene”. Gli assiomi sono i seguenti: ÐP1Ñ Zero è un numero naturale. ÐP2Ñ Ogni numero naturale ha un successivo, che è anch’esso un numero naturale. ÐP3Ñ Sia A un insieme di numeri naturali. Supponiamo che zero appartenga ad A e che per ogni numero naturale che appartiene ad A anche il suo successivo appartenga ad A; allora ogni numero naturale appartiene ad A. ÐP4Ñ Se due numeri naturali hanno lo stesso successivo, essi sono lo stesso numero. ÐP5Ñ Zero non è il successivo di alcun numero naturale. Questi concetti primitivi e questi assiomi sono sufficienti per definire tutte le usuali nozioni relative ai numeri naturali e per dimostrarne le proprietà. Ad esempio, si definisce il numero “uno” come il successivo di zero; il numero “due” come il successivo di “uno”; il risultato della somma 7 8 come il successivo del successivo del successivo... (8 volte) di 7; il risultato del prodotto 7 † 8 come il risultato della somma di 8 numeri tutti uguali a 7; ecc. ecc.. L’assioma ÐP3Ñ è detto anche principio di induzione. Esso fornisce il sostegno teorico a un’importante tecnica di dimostrazione, detta appunto dimostrazione per induzione, sulla quale torneremo in 2.5. 3 Ad esempio, Peano scrive “classe” anziche´ “insieme”, e scrive “numero” tout-court anziche´ “numero naturale”. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 5 1.6 - Ancora sull’insieme dei numeri naturali. Abbiamo visto in 1.5 un sistema di assiomi per l’insieme dei numeri naturali, che indichiamo con . Supporremo note dagli studi precedenti le informazioni essenziali su tale insieme; non preciseremo qui dunque che cosa si intende con le parole “somma”, “prodotto”, “minore”, ecc. Ricordiamo però esplicitamente la seguente importante proprietà di : Osservazione 1.6.1 Comunque presi due numeri naturali +, , con b Á !, restano univocamente determinati due numeri naturali ; , < tali che + œ ,; < e <,. Essi si dicono rispettivamente quoziente e resto della divisione euclidea di + per ,. Per rappresentare sulla retta (come accennato in 1.4) un numero naturale 8, si procede come segue. Si considera un segmento ON di misura 8, avente il primo estremo nell’origine O e il secondo estremo nella semiretta individuata da O contenente U; il secondo estremo del segmento ON è il punto della retta che “rappresenta” il numero 8. Siano fissati un insieme A di numeri e uno o più simboli (generalmente, lettere di qualche alfabeto: B, C, a, b, *, á ). Ricordiamo che si dice equazione algebrica in A nell’incognita B un’uguaglianza fra due polinomi (a coefficienti in A, nella indeterminata B) della quale ci si chiede per quali valori di B scelti in A sia verificata; gli elementi di A che sostituiti a B verificano l’uguaglianza si dicono le soluzioni in A dell’equazione data. Analogamente si definiscono le equazioni algebriche in più incognite B, C, a, b, *, á : si veda, ad es., 14.1. Si estende anche la nozione di equazione considerando espressioni più complesse dei polinomi, eÎo insiemi A i cui elementi non sono numeri: in questo caso però non si parla di equazione “algebrica” ma si usa un altro opportuno aggettivo. Risolvere un’equazione in A significa trovarne le soluzioni. Siano +, , − . In generale, l’equazione B + œ , nell’incognita B non ha soluzioni in . Esempio 1.6.2 L’equazione B#œ" nell’incognita B non ha soluzioni in . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 6 1.7 - L’insieme ™ dei numeri interi. Si indica con ™ l’insieme dei numeri interi (á , $, #, ", !, ", #, $, á ). Come già per , supponiamo note dagli studi precedenti le informazioni essenziali su ™ e non precisiamo che cosa si intende con le parole “somma”, “prodotto”, “minore”, ecc.. Ricordiamo solo che gli interi diversi da ! si distinguono in positivi (quelli maggiori di !, che si identificano con i numeri naturali maggiori di !) e negativi (quelli minori di !). L’insieme dei numeri interi positivi si indica con ™ ; è usuale identificare (e anche noi lo faremo) ™ Ö!× con . L’insieme dei numeri interi negativi si indica con ™ . Osservazione 1.7.1 Si estende all’insieme ™ la nozione di divisione euclidea ricordata in 1.6.6: comunque presi due numeri interi +, , con , Á !, restano univocamente determinati due numeri interi ; , < (detti rispettivamente quoziente e resto) tali che + œ ,; < e !Ÿ< ±,±. Esercizio 1.7.2 Si determinino quoziente e resto della divisione euclidea di ") per &, della divisione euclidea di ") per & e della divisione euclidea di ") per &. Ricordiamo anche la nozione di “valore assoluto” per i numeri interi. Sia D − ™; si dice valore assoluto di D , e si indica con ± D ± , il numero naturale così definito: ± D ± œ D se D !, ± D ± œ D se D !. I numeri interi si rappresentano sulla retta con gli stessi punti che rappresentano i numeri naturali e con i loro simmetrici rispetto all’origine. Per ogni scelta dei numeri interi + e ,, l’equazione B + œ , nell’incognita B ha soluzioni in ™. In generale, però, l’equazione +B œ , (con +, , − ™ e + Á !) nell’incognita B non ha soluzioni in ™. Esempio 1.7.3 L’equazione #B œ " nell’incognita B non ha soluzioni in ™. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 7 1.8 - L’insieme dei numeri razionali. Si indica con l’insieme dei numeri razionali, rappresentabili come è noto nella forma con 7, 8 numeri interi. Si noti che è opportuno distinguere fra la frazione 7 8 e il numero razionale che tale frazione rappresenta (ciò sarà precisato meglio in 6.3.6); ricordiamo inoltre che ogni numero razionale si può rappresentare con infinite frazioni Ð4Ñ. 7 8 Come già per e ™, supponiamo note dagli studi precedenti le informazioni essenziali su e non precisiamo che cosa si intende con le parole “somma”, “prodotto”, “minore”, ecc.. Ricordiamo solo quanto segue. Un numero razionale si dice positivo se è maggiore di !, negativo se è minore di !. L’insieme dei numeri razionali positivi si indica con ; quello dei numeri razionali negativi si indica con . Il sottoinsieme di costituito dai numeri rappresentabili nella forma 8" , con 8 − ™, si identifica usualmente con ™, e anche noi lo faremo. Con questa convenzione, e quella analoga introdotta in 1.7, si ha dunque § ™ § . Il numero razionale 7 8 (con 7, 8 − ™) si rappresenta sulla retta (come accennato in 1.4) col secondo estremo del segmento di misura ±7± ±8± che ha il primo estremo nell’origine O e giace nella semiretta individuata da O contenente U (se 7 8 !) oppure nella semiretta opposta (se 7 ! ). Si noti che i punti così individuati al variare di 7 8 8 sono “densi”, nel senso che fra due di essi c’è sempre un altro punto che corrisponde a un numero razionale. Si estende anche all’insieme la nozione di “valore assoluto”. Sia B − ; si dice valore assoluto di B, e si indica con ± B ± , il numero razionale (non negativo) così definito: B se B ! ±B± ³œ B se B ! . Per ogni scelta di + e , in , hanno soluzioni in sia l’equazione B + œ , (nell’incognita B) che (purché sia + Á !) l’equazione +B œ , (nell’incognita B). Però, in generale, se 8 − e + − , l’equazione B8 œ + (nell’incognita B) non ha soluzioni in : 4 La frazione 7 8 si dice ridotta ai minimi termini se il massimo comun divisore fra 7 e 8 è " (ossia se, come anche si dice, 7 e 8 sono primi fra loro). Ogni numero razionale si rappresenta in uno e un solo modo con una frazione ridotta ai minimi termini il cui denominatore sia positivo. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 8 Teorema 1.8.1 L’equazione B# œ # non ha soluzione in . Dimostrazione Supponiamo per assurdo (si veda la sez. 2.4 più avanti) che esista un numero razionale B tale che B# œ #. Posto B œ 7 8 con 7, 8 − ™ÏÖ!}, sarà 7# 8# œ # e dunque 7# œ #8# . Osserviamo che nella scomposizione in fattori primi del quadrato di qualsiasi numero intero ogni fattore primo compare sempre con esponente pari: infatti se : compare con esponente 5 nella scomposizione in fattori primi di +, allora : compare con esponente #5 in quella di +# . Consideriamo ora la scomposizione in fattori primi di 8# : in essa, per quanto appena osservato, il fattore “#” compare con esponente pari. Dunque il fattore “#” compare con esponente dispari nella scomposizione in fattori primi di #8# , ossia di 7# ; e ciò è assurdo, di nuovo per quanto si è osservato sopra (si ricordi che la scomposizione in fattori primi di un numero intero è unica). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 9 2.- ELEMENTI DI LOGICA 2.1 - Introduzione. Si è detto in 1.1 che gli assiomi costituiscono le “regole precise” con le quali vengono utilizzati i concetti primitivi. Il lettore attento si sarà accorto che ciò non è del tutto esatto: ad esempio, quando affermiamo che “Zero ha un successivo, che è anch’esso un numero naturale” (il che ci consente di dare la definizione di “Uno”) non utilizziamo solo gli assiomi (P1) e (P2) di 1.5 ma anche una regola deduttiva nota come modus ponens. In effetti, a monte dei concetti primitivi e degli assiomi ci sono delle più generali “regole di ragionamento” che sono studiate da un particolare ramo della Matematica detto Logica matematica. Noi non possiamo affrontare il complesso apparato della Logica matematica (che, naturalmente, dovrebbe essere introdotto per via assiomatica). Riassumiamo in 2.2 e 2.3 quelle poche nozioni e i semplici risultati che avremo poi occasione di utilizzare esplicitamente. 2.2 - Elementi di calcolo delle proposizioni. Ciò che vogliamo fare è, intuitivamente, questo: date alcune affermazioni (dette proposizioni, o enunciati), per ciascuna delle quali possiamo dire (non importa in base a che cosa) se è vera oppure falsa, stabilire un criterio per costruire altre frasi (più “complesse”; anch’esse saranno dette proposizioni o enunciati) e decidere “automaticamente” la verità o falsità di queste ultime. Non cerchiamo di definire che cos’è una proposizione; useremo la parola enunciato come sinonimo di proposizione. Conveniamo che ad ogni proposizione resti associato uno e uno solo dei due numeri naturali ! e " (che viene detto valore di verità della proposizione) Ð5Ñ. Un enunciato si dice vero se ha valore di verità ", si dice invece falso se ha valore di verità !. Se a, b sono proposizioni, scriveremo aµb per indicare che a e b hanno lo stesso valore di verità (ossia, sono entrambe vere oppure sono entrambe false). 5 Col linguaggio che sarà introdotto in 4.2, potremmo dire che il valore di verità è una funzione dall’insieme delle proposizioni in Ö!, "×. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 10 Dato un insieme di proposizioni, ciascuna col suo valore di verità, possiamo costruire altri oggetti, che chiameremo ancora proposizioni, utilizzando (anche ripetutamente) i sei simboli Ð, Ñ, c, ” , • , Ê e le seguenti regole: Se a è una proposizione, anche c ÐaÑ è una proposizione (che si legge: “non a”). Se a, b sono proposizioni, anche ÐaÑ ” ÐbÑ è una proposizione (che si legge: “a oppure b”). Se a, b sono proposizioni, anche ÐaÑ • ÐbÑ è una proposizione (che si legge: “a e b”). Se a, b sono proposizioni, anche ÐaÑ Ê ÐbÑ è una proposizione (che si legge: “a implica b”, o anche “da a segue b”). Alle proposizioni c ÐaÑ, ÐaÑ ” ÐbÑ, ÐaÑ • ÐbÑ, ÐaÑ Ê ÐbÑ assegniamo un valore di verità completamente determinato dai valori di verità di a e b, con le seguenti regole: il valore di verità di c ÐaÑ è: " se il valore di verità di a è !; ! altrimenti; il valore di verità di ÐaÑ ” ÐbÑ è: ! se entrambe le proposizioni a, b hanno valore di verità !; " altrimenti; il valore di verità di ÐaÑ • ÐbÑ è: " se entrambe le proposizioni a, b hanno valore di verità "; ! altrimenti. il valore di verità di ÐaÑ Ê ÐbÑ è: ! se la proposizione a ha valore di verità " e la proposizione b ha valore di verità !; " altrimenti. I quattro simboli c, ” , • , Ê si dicono connettivi proposizionali (rispettivamente: negazione logica, disgiunzione logica, congiunzione logica e implicazione logica). I due simboli Ð e Ñ si dicono parentesi ausiliarie e usualmente si omettono quando ciò non dia luogo ad ambiguità: dunque (ad esempio) si scrive a ” b in luogo di ÐaÑ ” ÐbÑ, e si scrive a Ê b in luogo di ÐaÑ Ê ÐbÑ; ma non si considera accettabile (perché ambigua) la scrittura a ” b Ê c. Si scrive talvolta a Í b come abbreviazione di Ða Ê bÑ • Ðb Ê aÑ. Osservazione 2.2.1 Le proposizioni che consideriamo sono generalmente espresse con parole della lingua italiana e simboli matematici. Tuttavia, per ciò che diremo, non ha interesse la proposizione in sé ma il suo valore di verità; niente impedisce perciò in teoria di calcolare il valore di verità per espressioni come Ð& è un numero primoÑ • ÐFrancesca è bellaÑ oppure ÐAndrea è simpaticoÑ Ê Ð"#& è un quadrato perfettoÑ o anche Ðfugjkhl mkl fg%%$Ñ ” ÐghjoooooiÑ purché si sia stabilita preliminarmente il valore di verità per le proposizioni “Francesca è bella”, “Andrea è simpatico” (assumendosene ogni responsabilità... nei confronti degli interessati!), “fugjkhl mkl fg%%$” e “ghjoooooi”. Per quanto riguarda proposizioni su enti matematici (le uniche che interverranno nei nostri esempi) converremo che il valore di verità sia quello risultante dalla usuale teoria matematica. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 11 Esempio 2.2.2 Sono esempi di proposizioni vere le seguenti: Ð# è un numero pariÑ • Ð% è un numero pariÑ; Ð# è un numero pariÑ ” Ð$ è un numero pariÑ; Ð$ è un numero pariÑ Ê Ð% è un numero pariÑ; Ð$ è un numero pariÑ Ê Ð& è un numero pariÑ; Ðc Ð$ è un numero pariÑÑ • Ð% è un numero pariÑ. Sono esempi di proposizioni false le seguenti: Ð# è un numero pariÑ • Ð$ è un numero pariÑ; Ðc Ð# $ œ &ÑÑ ” Ð" #Ñ; ÐÐ$ è un numero pariÑ ” Ð% è un numero pariÑÑ Ê Ð& è un numero pariÑ. Non sono esempi di proposizioni le seguenti: Ð# è un numero pariÑ • ” Ð% è un numero pariÑ; c ” Ð# è un numero pariÑ • Ð& è un numero primoÑ; • Ð# è un numero pariÑc Ð$ è un numero pariÑ. Inoltre: “# è un numero pari” ha lo stesso valore di verità di “# $ œ &” ; “& è un numero pari” ha lo stesso valore di verità di “$* è un numero primo” . Osservazione 2.2.3 Siano a e b proposizioni. Se a e a Ê b sono vere, allora b è vera (questa “regola di dimostrazione” è nota col nome di “modus ponens”); se a Ê b è vera e b è falsa, allora a è falsa. Dimostrazione Supponiamo che a e a Ê b siano vere; poiché a è vera, se b fosse falsa allora a Ê b sarebbe falsa; dunque b non è falsa, e quindi b è vera. Supponiamo ora che a Ê b sia vera e b sia falsa; poiché b è falsa, se a fosse vera allora a Ê b sarebbe falsa; dunque a non è vera, e quindi a è falsa. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 12 Osservazione 2.2.4 Siano p" , p# , á , p8 proposizioni. Se p" Ê p# , p# Ê p$ , á , p8" Ê p8 sono vere, allora p" Ê p8 è vera. Dimostrazione Proviamo l’asserto per 8 œ $ (in generale si potrebbe procedere per induzione, cfr. 2.5). Siano a, b, c proposizioni tali che a Ê b e b Ê c sono vere. Se a è falsa, certamente a Ê c è vera; se a è vera, allora b è vera (osservazione 2.2.3): ma allora, ancora per l’osservazione 2.2.3, c è vera; dunque in ogni caso a Ê c è vera. Siano date alcune proposizioni a, b, c, á ed altre proposizioni p" , p# , p$ , á costruite a partire da esse mediante i connettivi come descritto sopra. È spesso conveniente scrivere delle tabelle che esprimano i valori di verità per p" , p# , p$ , á in funzione di tutti i possibili valori di verità di a, b, c, á ; tali tabelle si dicono tabelle di verità per p" , p# , p$ , á . Ad esempio: a ! " a ! ! " " b ! " ! " a”b ! " " " b”a ! " " " ca " ! a•b ! ! ! " c ÐcaÑ ! " b•a ! ! ! " ÐcaÑ ” b " " ! " aÊb " " ! " Si noti che dall’esame di una tabella di verità si può dedurre che certe proposizioni costruite con l’uso dei connettivi a partire da altre assumono lo stesso valore di verità qualunque sia il valore di verità delle proposizioni che le compongono (si dice allora talvolta che sono logicamente equivalenti). Così, dalle precedenti tabelle di verità si ricava che: Osservazione 2.2.5 Qualunque siano le proposizioni a e b, a µ c ÐcaÑ ; a”b µ b”a; a•b µ b•a; a Ê b µ ÐcaÑ ” b . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 13 Dalle seguenti tabelle di verità a ! ! " " b ! " ! " a”b ! " " " c Ða ” bÑ " ! ! ! ca " " ! ! cb " ! " ! ÐcaÑ • ÐcbÑ " ! ! ! a ! ! " " b ! " ! " a•b ! ! ! " c Ða • bÑ " " " ! ca " " ! ! cb " ! " ! ÐcaÑ ” ÐcbÑ " " " ! si ricavano le cosiddette leggi di De Morgan: Osservazione 2.2.6 Qualunque siano le proposizioni a e b, e c Ða ” bÑ ha lo stesso valore di verità di ÐcaÑ • ÐcbÑ c Ða • bÑ ha lo stesso valore di verità di ÐcaÑ ” ÐcbÑ. Esercizio 2.2.7 Dimostrare, scrivendo le opportune tabelle di verità, che, qualunque siano le proposizioni a e b, aÊb e ha lo stesso valore di verità di c Ða Ê bÑ ÐcbÑ Ê ÐcaÑ ha lo stesso valore di verità di a • ÐcbÑ. Esercizio 2.2.8 Dimostrare mediante opportune tabelle di verità quanto già visto nelle osservazioni 2.2.3 e 2.2.4. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 14 2.3 - Elementi di calcolo dei predicati. Sia A un insieme. Fissato un simbolo (ad esempio, B) che chiameremo variabile, consideriamo certi enti che diremo proposizioni aperte (o predicati) con variabile libera B su A. Come già in 2.2 per le proposizioni, non cerchiamo di dare una definizione di proposizione aperta; stabiliamo solo la seguente regola: se pÐBÑ è una proposizione aperta con variabile libera B su A, deve esistere un criterio che per ogni a − A permette di ricavare da pÐBÑ una proposizione (nel senso di 2.2), che diremo ottenuta da pÐBÑ sostituendo a ad B e indicheremo con pÐaÑ. Generalmente, una proposizione aperta con variabile libera B su A è espressa mediante una locuzione della lingua italiana (eventualmente con simboli matematici) in cui compare la B; e per ogni a − A si ottiene una proposizione proprio col “sostituire” (nel senso letterale di “mettere una cosa nel luogo di un’altra”, cfr. [5]) a ad B. Esempio 2.3.1 Sono proposizioni aperte con variabile libera B su : $ è un divisore di B; B " "!; ÐB &Ñ • ÐB è pariÑ ; ÐB è pariÑ Ê ÐB è multiplo di %Ñ. Si noti che ciascuna di esse non è né vera nè falsa (solo le proposizioni sono vere o false!). Però: sostituendo ' alla variabile B, la prima e la terza diventano proposizioni vere, la seconda e la quarta diventano proposizioni false; sostituendo "# alla variabile B, diventano tutte proposizioni vere; sostituendo # alla variabile B, diventano tutte proposizioni false. Non sono invece proposizioni aperte con variabile libera B su : C " "! ; B è grande ; (& B œ (Ñc • B . Esercizio 2.3.2 Si stabilisca se la seguente proposizione aperta con variabile libera B su ÐB è pariÑ Ê ÐB è multiplo di %Ñ diventa una proposizione vera sostituendo alla B ciascuno dei seguenti numeri naturali: (, ), *, "!. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 15 A partire dai predicati si possono ottenere enunciati utilizzando due simboli speciali b e a (detti rispettivamente quantificatore esistenziale e quantificatore universale) e le seguenti regole: Sia A un insieme, e sia pÐBÑ una proposizione aperta con variabile libera B su A. ÐbB − AÑÐpÐBÑÑ La è una proposizione (che si legge “esiste almeno un B in A tale che pÐBÑ”Ñ alla quale si assegna il seguente valore di verità: " se si può trovare un elemento a di A che sostituito alla B dà luogo ad una proposizione vera, ! altrimenti. ÐaB − AÑÐpÐBÑÑ La è una proposizione (che si legge “per ogni B pÐBÑ”Ñ alla quale si assegna il seguente valore di verità: " se ogni elemento a di A sostituito alla B dà luogo ad una proposizione vera, ! altrimenti. Se è chiaro dal contesto quale sia l’insieme A considerato, si scrive bBÐpÐBÑÑ anziché ÐbB − AÑÐpÐBÑÑ e si scrive aBÐpÐBÑÑ anziché ÐaB − AÑÐpÐBÑÑ. Si usano anche le seguenti convenzioni: si dice che bB ÐpÐBÑÑ è vera [risp. falsa] in A se ÐbB − AÑÐpÐBÑÑ è vera [risp. falsa] e si dice che aB ÐpÐBÑÑ è vera [risp. falsa] in A se ÐaB − AÑÐpÐBÑÑ è vera [risp. falsa]. Esempio 2.3.3 Sono proposizioni vere in le seguenti: bB ÐÐB #Ñ Ê ÐB è multiplo di "!ÑÑ ; aB ÐÐB "'Ñ ” Ð#B $!ÑÑ . Sono proposizioni false in le seguenti: bB ÐÐ#B è dispariÑ ” ÐB " œ B "ÑÑ ; aB ÐÐB #Ñ Ê ÐB è multiplo di "!ÑÑ . La proposizione bB Ð#B œ $Ñ La proposizione aB ÐB !Ñ è falsa in e ™, ed è vera in . è vera in ed è falsa in ™ e . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 16 Esercizio 2.3.4 Per ciascuna delle seguenti proposizioni si stabilisca se è vera oppure falsa in : aB ÐÐB è pariÑ Ê ÐB è multiplo di %ÑÑ ; aB ÐÐB è multiplo di %Ñ Ê ÐB è pariÑÑ ; bB ÐÐB è pariÑ • ÐB è multiplo di $ÑÑ ; aB ÐÐB è pariÑ ” ÐB è multiplo di $ÑÑ ; aB ÐÐB è pariÑ ” ÐB " è multiplo di %Ñ ” ÐB " è multiplo di %ÑÑ. Osservazione 2.3.5 Sia A un insieme i cui elementi sono a" , a# , á , a8 (dove 8 è un numero naturale)Ð6Ñ. Se pÐBÑ è un predicato su A, aB ÐpÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di pÐa" Ñ • pÐa# Ñ • á • pÐa8 Ñ; bB ÐpÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di pÐa" Ñ ” pÐa# Ñ ” á ” pÐa8 Ñ. In questo senso, i quantificatori si possono considerare una generalizzazione dei connettivi ” e • , e le due osservazioni che seguono si possono considerare una estensione delle leggi di De Morgan (2.2.6). Osservazione 2.3.6 Qualunque sia l’insieme A, e qualunque sia il predicato pÐBÑ su A, c ÐaB ÐpÐBÑÑÑ ha lo stesso valore di verità di bB Ðc pÐBÑÑ. Dimostrazione Sono possibili due casi: aB ÐpÐBÑÑ è vera, oppure aB ÐpÐBÑÑ è falsa. Supponiamo in primo luogo che aB ÐpÐBÑÑ sia vera (e quindi c ÐaB ÐpÐBÑÑÑ sia falsa); allora ogni elemento di A sostituito alla B in pÐBÑ dà luogo ad una proposizione vera, e dunque sostituito alla B in c pÐBÑ dà luogo ad una proposizione falsa: non si può perciò trovare alcun elemento di A che sostituito alla B in c pÐBÑ dia luogo ad una proposizione vera, e dunque la proposizione bBÐc pÐBÑÑ è falsa. Supponiamo poi che aB ÐpÐBÑÑ sia falsa (e quindi c ÐaB ÐpÐBÑÑÑ sia vera): allora non ogni elemento di A sostituito alla B in pÐBÑ dà luogo ad una proposizione vera; c’è, in altri termini, un opportuno a − A per il quale pÐaÑ è falsa, e quindi c pÐaÑ è vera: ciò significa che la proposizione bB Ðc pÐBÑÑ è vera. 6 Con la notazione che introdurremo in 3.2, A ³ Öa , a , á , a ×. Si può descrivere questa situazione " # 8 dicendo che A è un insieme finito. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 17 Osservazione 2.3.7 Qualunque sia l’insieme A, e qualunque sia il predicato pÐBÑ su A, c ÐbB ÐpÐBÑÑÑ ha lo stesso valore di verità di aB Ðc pÐBÑÑ. Dimostrazione Per quanto visto in 2.2.5 e 2.3.6, si ha che aB Ðc pÐBÑÑ µ c Ðc ÐaB Ðc pÐBÑÑÑÑ µ c ÐbB Ðc Ðc pÐBÑÑÑÑ µ c ÐbB ÐpÐBÑÑÑ e ciò è proprio quel che si voleva dimostrare. Esercizio 2.3.8 Si dimostri che, qualunque sia l’insieme A, e qualunque sia il predicato pÐBÑ su A, e bB ÐpÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di c ÐaB Ðc pÐBÑÑÑ aB ÐpÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di c ÐbB Ðc pÐBÑÑÑ. Osservazione 2.3.9 Sia A un insieme, e siano pÐBÑ, qÐBÑ predicati su A. Se per ogni a − A l’enunciato pÐaÑ ha lo stesso valore di verità dell’enunciato qÐaÑ, allora e bB ÐpÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di bB ÐqÐBÑÑ aB ÐpÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di aB ÐqÐBÑÑ. Tenendo conto di quanto visto nella sez. 2.2, si può così ad esempio affermare che bB Ðc Ðp" ÐBÑ • p# ÐBÑÑÑ e che aB Ðc p" ÐBÑ ” p# ÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di ha lo stesso valore di verità di bB ÐÐc p" ÐBÑÑ ” Ðc p# ÐBÑÑÑ aB Ðp" ÐBÑ Ê p# ÐBÑÑ. Dimostrazione Supponiamo che bB ÐpÐBÑÑ sia vero. Allora si può trovare un elemento a! − A per il quale pÐa! Ñ è vero; per ipotesi, anche qÐa! Ñ è vero, e dunque bB ÐqÐBÑÑ è vero. Supponiamo ora che bB ÐpÐBÑÑ sia falso. Allora per ogni a − A pÐaÑ è falso, e quindi anche qÐaÑ è falso; dunque bB ÐqÐBÑÑ è falso. Supponiamo poi che aB ÐpÐBÑÑ sia vero; allora pÐaÑ è vero per ogni a − A; per ipotesi, anche qÐaÑ è vero per ogni a − A , e dunque aB ÐqÐBÑÑ è vero. Supponiamo infine che aB ÐpÐBÑÑ sia falso. Allora si può trovare un elemento a! − A per il quale pÐa! Ñ è falso; per ipotesi, anche qÐa! Ñ è falso, e dunque aB ÐqÐBÑÑ è falso. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 18 Esercizio 2.3.10 Si provi che, qualunque sia l’insieme A, e qualunque siano i predicati pÐBÑ e qÐBÑ su A, e bB ÐpÐBÑ ” qÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di ÐbB ÐpÐBÑÑÑ ” ÐbB ÐqÐBÑÑÑ aB ÐpÐBÑ • qÐBÑÑ ha lo stesso valore di verità di ÐaB ÐpÐBÑÑÑ • ÐaB ÐqÐBÑÑÑ. Si osservi poi, scegliendo opportunamente due predicati pÐBÑ e qÐBÑ su , che in generale e bB ÐpÐBÑ • qÐBÑÑ non ha lo stesso valore di verità di ÐbB ÐpÐBÑÑÑ • ÐbB ÐqÐBÑÑÑ aB ÐpÐBÑ ” qÐBÑÑ non ha lo stesso valore di verità di ÐaB ÐpÐBÑÑÑ ” ÐaB ÐqÐBÑÑÑ. Le osservazioni che abbiamo fatto nelle sezioni 2.2 e 2.3, e in particolare 2.2.5, 2.2.6, 2.2.7, 2.3.6, 2.3.7 e 2.3.9, ci permettono di semplificare utilmente espressioni logiche anche complesse. Esempio 2.3.11 Si ha la seguente catena di proposizioni che hanno a due a due lo stesso valore di verità: c ÐbB ÐpÐBÑ • Ðc qÐBÑÑÑÑ µ aB Ðc ÐpÐBÑ • Ðc qÐBÑÑÑÑÑ µ µ aB ÐÐc pÐBÑÑ ” Ðc Ðc qÐBÑÑÑÑ µ aB ÐÐc pÐBÑÑ ” ÐqÐBÑÑÑ µ aB ÐpÐBÑ Ê qÐBÑÑ. La nozione di “proposizione aperta (o predicato) con variabile libera B su un insieme” si estende al caso in cui vi siano più variabili, anche con la possibilità che queste assumano valori su insiemi diversi. Resta essenziale che valga la seguente regola: se pÐB" , B# , ..., B8 Ñ è una proposizione aperta con variabili libere B" su A" , B# su A# , ..., B8 su A8 , deve esistere un criterio che per ogni a3 − A3 permette di ricavare da pÐB" , B# , ..., B8 Ñ una proposizione pÐa" , a# , ..., a8 Ñ. Una proposizione aperta con due [risp. tre] variabili libere si dice anche predicato binario [risp. ternario]. Esempio 2.3.12 Sono predicati binari con variabili libere B su e 8 su : Ð" BÑ8 " 8B ; B(8#) œ B8 B# . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 19 Mediante l’uso dei quantificatori (con regole del tutto analoghe a quelle già viste) da predicati con 8 variabili libere si possono ottenere proposizioni aperte con un numero inferiore di variabili libere o addirittura enunciati. Esempio 2.3.13 Dalla proposizione aperta su BC œ& si ricavano i seguenti predicati su aBÐB C œ &Ñ ; aCÐB C œ &Ñ ; bBÐB C œ &Ñ ; bCÐB C œ &Ñ e i seguenti enunciati su aBaCÐB C œ &Ñ ; aCaBÐB C œ &Ñ ; aBbCÐB C œ &Ñ ; aCbBÐB C œ &Ñ ; bBaCÐB C œ &Ñ ; bCaBÐB C œ &Ñ ; bBbCÐB C œ &Ñ ; bCbBÐB C œ &Ñ dei quali i primi sei sono falsi e gli ultimi due sono veri. Osservazione 2.3.14 Si noti che in generale è essenziale l’ordine in cui si scrivono i quantificatori. Per esempio, se pÐB, CÑ è un predicato binario su un insieme A qualunque, si ha che aB aC pÐB, CÑ µ aC aB pÐB, CÑ e bB bC pÐB, CÑ µ bC bB pÐB, CÑ mentre aB bC pÐB, CÑ non ha in generale lo stesso valore di verità di bC aB pÐB, CÑ e aC bB pÐB, CÑ non ha in generale lo stesso valore di verità di bB aC pÐB, CÑ. Esempio 2.3.15 La aB bC ÐB CÑ è vera in , mentre la bCaBÐB CÑ è falsa in ; analogamente, la bB aC ÐB CÑ è falsa in , mentre la aC bB ÐB CÑ è vera in . Essendo falsa la bC aB ÐB CÑ, è necessariamente vera la sua negazione. Ricordiamo che c ÐbC aB ÐB CÑÑ µ aC Ðc ÐaB ÐB CÑÑÑ µ aC bB Ðc ÐB CÑÑ µ aC bB ÐB CÑ; in effetti, la proposizione aCbBÐB CÑ è vera. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 20 Esercizio 2.3.16 Per ciscuno dei seguenti enunciati, si dica se è vero o falso in , in ™ e in : aBbCÐB C œ 'Ñ ; aBaCÐB C œ 'Ñ ; bBaCÐB C œ 'Ñ ; bBbCÐB C œ 'Ñ ; aBbCÐBC œ 'Ñ ; aBaCÐBC œ 'Ñ ; bBaCÐBC œ 'Ñ ; bBbCÐBC œ 'Ñ ; aBbCÐBC œ !Ñ ; aBaCÐBC œ !Ñ ; bBaCÐBC œ !Ñ ; bBbCÐBC œ !Ñ . 2.4 - I teoremi, e come si dimostrano. Chiamiamo “teorema” una proposizione vera. Molto spesso un teorema è un enunciato della forma ÐaB − AÑÐHpÐBÑ Ê ThÐBÑÑ dove HpÐBÑ e ThÐBÑ sono proposizioni aperte dette rispettivamente ipotesi e tesi del teorema; l’insieme A si dice talvolta ambito di validità del teorema. Un teorema di questa forma si esprime anche dicendo che HpÐBÑ è condizione sufficiente per ThÐBÑ oppure, equivalentemente, che ThÐBÑ è condizione necessaria per HpÐBÑ; si dice anche che ThÐBÑ se HpÐBÑ oppure che HpÐBÑ solo se ThÐBÑ. Esempio 2.4.1 ÐaB − ™Ñ ÐÐB è multiplo di %Ñ Ê ÐB è pariÑÑ è un teorema (cfr. esercizio 2.3.4). L’ipotesi è HpÐBÑ ³ “B è multiplo di %” ; la tesi è ThÐBÑ ³ “B è pari” . L’ambito di validità del teorema è ™ (di fatto, fra gli insiemi numerici che conosciamo, ™ è “il più ampio” in cui si usino le nozioni di “multiplo” e “pari”Ñ. Il teorema può essere enunciato nei seguenti modi, tutti equivalenti anche se non tutti ugualmente espressivi: Se un numero è multiplo di % allora è pari. Essere multiplo di % è condizione sufficiente per essere pari. Essere pari è condizione necessaria per essere multiplo di %. Un numero è pari se è multiplo di %. Un numero è multiplo di % solo se è pari. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 21 Talvolta un teorema è invece della forma ÐaB − AÑÐPÐBÑ Í QÐBÑÑ e si esprime dicendo che PÐBÑ è condizione necessaria e sufficiente per QÐBÑ o anche che QÐBÑ se e solo se PÐBÑ. Ricordando il significato del simbolo Í e quanto visto in 2.3.10, un teorema di questa forma si trasforma in ÐaB − AÑÐPÐBÑ Ê QÐBÑÑ • ÐaB − AÑÐQÐBÑ Ê PÐBÑÑ e quindi si dimostra assumendo prima come ipotesi PÐBÑ e come tesi QÐBÑ, poi come ipotesi QÐBÑ e come tesi PÐBÑ. Esempio 2.4.2 ÐaB − Ñ ÐÐB œ !Ñ Í ÐB# œ !ÑÑ è un teorema che si può esprimere così: Condizione necessaria e sufficiente perché il quadrato di un numero sia ! è che il numero stesso sia !. Oppure, equivalentemente: Il quadrato di un numero è ! sse il numero stesso è !. L’ambito di validità del teorema è ; quando avremo introdotto l’insieme ‘ dei numeri reali, vedremo che anche in ‘ vale un analogo teorema; invece in (ad esempio) ™% il quadrato di un numero diverso da zero può essere zero (cfr. 8.6.6). Vediamo dunque come si può dimostrare che ÐaB − AÑÐHpÐBÑ Ê ThÐBÑÑ. Sia a − A. Per quanto osservato in 2.2.4, per dimostrare che HpÐaÑ Ê ThÐaÑ basta provare per certe opportune “proposizioni intermedie” p" ÐaÑ, p# ÐaÑ, á , p8 ÐaÑ che HpÐaÑ Ê p" ÐaÑ , p" ÐaÑ Ê p# ÐaÑ , á , p8 ÐaÑ Ê ThÐaÑ. Tuttavia, è qualche volta preferibile dimostrare non direttamente il teorema ma un enunciato che ha lo stesso valore di verità; ad esempio, ricordando 2.2.7 e 2.3.9, anziché ÐaB − AÑÐHpÐBÑ Ê ThÐBÑÑ si può dimostrare ÐaB − AÑÐÐc ThÐBÑÑ Ê ÐcHpÐBÑÑÑ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 22 Un caso particolarmente importante è quello delle dimostrazioni per assurdo. Per dimostrare che è vera una proposizione !, si procede talvolta come segue. Sia f una proposizione falsa; se è vera la Ðc !Ñ Ê f allora è certamente vera !. Infatti per quanto abbiamo convenuto la proposizione Ðc !Ñ Ê f è vera se e soltanto se c ! è falsa oppure f è vera; essendo f falsa, se è vera la proposizione Ðc !Ñ Ê f deve essere falsa la Ðc !Ñ e dunque deve essere vera !. Si noti che nel caso che ! sia della forma ÐaB − AÑ ÐHpÐBÑ Ê ThÐBÑÑ per il teorema 2.3.6 la c ! ha lo stesso valore di verità di ÐbB − AÑ Ðc ÐHpÐBÑ Ê ThÐBÑÑÑ e dunque (cfr. esercizio 2.2.7) anche di ÐbB − AÑ ÐHpÐBÑ • Ðc ThÐBÑÑÑ. “Tradotto” in linguaggio corrente ciò significa che per dimostrare che è vera la ÐaB − AÑÐHpÐBÑ Ê ThÐBÑÑ si può procedere come segue: si suppone che esista un B − A per il quale è vera HpÐBÑ e non è vera ThÐBÑ, e se ne deduce la verità di una opportuna proposizione falsa f. Si noti comunque che, in generale, in un teorema possono intervenire più variabili; dunque quanto detto sopra va riferito con gli opportuni adattamenti anche a enunciati della forma ÐaB" − A" Ñ ÐaB# − A# Ñ á ÐaB8 − A8 Ñ ÐHpÐB" , B# , á , B8 Ñ Ê ThÐB" , B# , á , B8 ÑÑ. Osservazione 2.4.3 Nelle sezioni 2.2 e 2.3 abbiamo introdotto regole sintattiche piuttosto precise per la costruzione di proposizioni mediante l’uso di connettivi e quantificatori. Se però nel seguito di questi appunti formalizzassimo le definizioni e gli enunciati dei teoremi con lo stesso rigore, la lettura risulterebbe più pesante del necessario e in definitiva si perderebbe chiarezza. Limiteremo perciò l’effettiva adozione dei simboli logici, accettandone per di più un uso “discorsivo”: ad esempio, scriveremo ÐBCÑD œ BÐCDÑ aB, C, D − ™ anziché, come rigorosamente si dovrebbe, ÐaB − ™Ñ ÐaC − ™Ñ ÐaD − ™Ñ ÐÐBCÑD œ BÐCDÑÑ. Sarà però un utile esercizio per il lettore scriversi ogni tanto la formulazione rigorosa degli enunciati che incontra; e ciò sarà comunque particolarmente opportuno nei casi in qualche modo problematici; ad esempio, quando si vogliano applicare le regole viste in 2.2 e 2.3 per ricavare equivalenze logiche, anche alla luce di quel che si è detto in questa sezione sulla dimostrazione dei teoremi. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 23 2.5 - Dimostrazioni per induzione. Supponiamo di dover provare che un predicato P(8Ñ è vero per ogni numero naturale 8. Si tratta in sostanza di dimostrare che l’insieme A dei numeri naturali 8 per i quali PÐ8Ñ è vero coincide con ; a tale scopo, per l’assioma (P3) di 1.5, basta mostrare che ! − A, ossia: PÐ!Ñ è vero; e che se 5 − A allora anche il successivo di 5 appartiene ad A, ossia: supposto vero PÐ5Ñ (la cosiddetta ipotesi di induzione), allora PÐ5 "Ñ è vero. Esempio 2.5.1 Dimostriamo per induzione su 8 che la somma dei numeri naturali non superiori a 8 è 8(8") # . Dimostrazione L’affermazione è chiaramente vera per 8 œ !. Supponiamo allora 5 (5") # (5")(5#) ! " # á 5 (5 ") œ . # (ipotesi di induzione) che sia ! " # á 5 œ e dimostriamo che In effetti, ! " # á 5 (5 ") œ 5 (5") 5 (5")#(5") (5")(5#) (5 ") œ œ . # # # Esempio 2.5.2 Dimostriamo per induzione su 8 che la somma dei quadrati dei numeri naturali non superiori a 8è 8(8")(#8") . ' Dimostrazione L’affermazione è chiaramente vera per 8 œ !. Supponiamo allora (ipotesi di induzione) che sia !# "# ## á 5 # œ 5 (5")(#5") ' e dimostriamo che !# "# ## á 5 # (5 ")# œ (5")(5#)(#5$) . ' In effetti, !# "# ## á 5 # (5 ")# œ œ 5 (5")(#5") (5 ")# œ ' 5 (5")(#5")'(5")# (5")(#5 # 5'5') (5")(5#)(#5$) œ œ . ' ' ' Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 24 Esercizio 2.5.3 Si dimostri che la somma dei cubi dei numeri naturali non superiori a 8 è 8# (8")# . % Esercizio 2.5.4 Si dimostri che la somma dei cubi di tre numeri naturali consecutivi è sempre divisibile per * . Suggerimento: Si dimostri che 8$ Ð8 "Ñ$ Ð8 #Ñ$ œ *2 numero naturale, procedendo per induzione su 8 . con 2 opportuno Talvolta si deve considerare un predicato PÐ8Ñ che è vero solo per 8 8! (8! numero naturale fissato). Si può applicare ugualmente il principio di induzione considerando il predicato P" Ð8Ñ œ PÐ8 8! Ñ; ciò significa dover mostrare che PÐ8! Ñ è vero; supposto vero PÐ5Ñ, allora PÐ5 "Ñ è vero. Esercizio [*] 2.5.5 Trovare l’errore nella dimostrazione del seguente falso teorema. “Comunque presi 8 numeri naturali +" , +# , á , +8 , si ha +" œ +# œ á œ +8 .” (Falsa) dimostrazione Procediamo per induzione su 8. Se 8 œ ", si deve provare che +" œ +" , e questo è ovvio. Supponiamo allora (ipotesi di induzione) che per ogni insieme di 5 numeri naturali +" , +# , á , +5 si abbia +" œ +# œ á œ +5 , e proviamo che comunque scelti 5 " numeri naturali ," , ,# , á , ,5" si ha ," œ ,# œ á œ ,5" . Siano dunque dati ," , ,# , á , ,5" ; applicando l’ipotesi di induzione ai 5 numeri naturali ," , ,# , á , ,5 , si ha che ," œ ,# œ á œ ,5 ; applicando ancora l’ipotesi di induzione ai 5 numeri naturali ,# , á , ,5 , ,5" , si ha che ,# œ á œ ,5 œ ,5" ; dunque gli elementi dell’insieme sono tutti uguali a (tanto per fissare le idee) ,5 , e quindi sono tutti uguali fra loro, come si voleva dimostrare. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 25 3.- COME SI DEFINISCE UN INSIEME 3.1 - Introduzione. In questa sezione stabiliamo le “regole del gioco” per quando parliamo di insiemi, fissando quattro modi per indicarli. Ciò è importante non solo per esigenze di chiarezza, ma anche perché postuliamo “a priori” una volta per tutte l’esistenza di ogni insieme definito con tali criteri. Si dimostra che la teoria così costruita non è contraddittoria. 3.2 - Definizione mediante elenco degli elementi. Accetteremo di definire un insieme indicandone tra parentesi graffe tutti gli elementi Ð7Ñ separati da virgole (si ricordi che abbiamo stabilito che un insieme è completamente caratterizzato dai suoi elementi). Ad esempio, se a" , a# , á , a8 sono tutti e soli gli elementi dell’insieme A, scriveremo A œ Ö a" , a# , á , a8 × . Si noti che questo tipo di definizione può essere adottato solo per gli insiemi che hanno un numero finito di elementi. Esempi 3.2.1 A œ Ö", &, #$, %*, ('× ; 3.2.2 B œ Ö, , ™× (si osservi che − B ma § y B) ; 3.2.3 C œ Ö&, $(, , × ; 3.2.4 D œ Ö, Ö××. Gli insiemi , Ö×, ÖÖ××, ÖÖÖ×××, á sono tutti distinti fra loro. 7 che possono essere elementi di insiemi già definiti, oppure insiemi essi stessi. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 26 3.3 - Definizione mediante una proprietà caratteristica. Sia B un insieme. Accetteremo di definire un sottoinsieme A di B specificando una proprietà che ne caratterizza gli elementi fra tutti gli elementi di B. Precisamente, se pÐBÑ è una proposizione aperta con variabile libera B su B (cfr. 2.3), scriveremo A œ ÖB − B / pÐBÑ× (si legge: A è l’insieme degli B appartenenti a B tali che pÐBÑ) per indicare il sottoinsieme di B formato da tutti e soli gli elementi per i quali pÐBÑ è vera. Come vedremo (3.3.3), è essenziale che A sia “immerso” in un insieme B già definito. Esempio 3.3.1 L’insieme dei numeri naturali il cui quadrato non supera #!! può essere indicato scrivendo ÖB − / B# Ÿ #!!×. Teorema 3.3.2 Esiste un (unico) insieme che non ha elementi; esso si dice insieme vuoto e si indica con g. Per ogni insieme I, si ha g § I. Dimostrazione Sia A un qualunque insieme; allora l’insieme g ³ ÖB − A / B Á B× esiste (perché è definito come convenuto in 3.3) e non ha elementi (perché B Á B è falso qualunque sia B). Sia ora I un insieme. Dobbiamo provare che g § I, ossia che ÐaB − gÑ ÐB − IÑ. Per quanto visto nelle osservazioni 2.2.5 e 2.3.6, questo enunciato ha lo stesso valore di verità di c Ðc ÐÐaB − gÑ ÐB − IÑÑÑ e di c ÐÐbB − gÑ ÐB  IÑÑ. Ma quest’ultima proposizione è certamente vera, perché in g non ci sono elementi. In particolare, esiste un solo insieme vuoto (anche se può essere definito come sopra a partire da insiemi A diversi). Un insieme distinto da g sarà detto non vuoto. Teorema 3.3.3 Non esiste un “insieme di tutti gli insiemi”, cioè: non esiste un insieme di cui ogni insieme sia elemento. Dimostrazione Sia per assurdo U l’insieme di tutti gli insiemi, e si consideri A œ ÖX − U / X  X×. Se fosse A − A, per definizione di A sarebbe A  A, e ciò è assurdo. Allora A  A; ma poiché A − U ne segue A − A, assurdo. Se si accetta il postulato di esistenza degli insiemi definiti come in 3.3, bisogna dunque negare l’esistenza dell’insieme U. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 27 Lo stesso paradosso, dovuto a B. Russel, mostra perché nella definizione di A mediante una proprietà caratteristica abbiamo dovuto chiedere che A fosse sottoinsieme di un insieme X. Esercizio [*] 3.3.4 Fissato un insieme B, si consideri A œ ÖX − B / X  X×. Perché non c’è contraddizione? Può essere A − A? Può essere A  A? Può essere A − B? 3.4 - Definizione come unione di insiemi già definiti. Sia \ un insieme di insiemi. Esiste un insieme i cui elementi sono tutti e soli gli elementi degli insiemi che appartengono a \ . Tale insieme si indica con \ e si dice unione degli insiemi che costituiscono \ : ci torneremo sopra in 3.6. 3.5 - L’insieme delle parti. Sia A un insieme. Esiste un insieme i cui elementi sono tutti (e soli) i sottoinsiemi di A; esso si indica con c (A) e si dice insieme delle parti di A. Si osservi che, per ogni insieme A, a c (A) appartengono g e A. Esempio 3.5.1 Sia A œ Ö",#,$×. Allora c(A) œ Ö A, Ö",#×, Ö",$×, Ö#,$×, Ö"×, Ö#×, Ö$×, g×. 3.6 - Unione, intersezione, differenza. Siano A, B insiemi. Si dice unione di A e B, e si indica con A B, l’insieme i cui elementi sono tutti e soli gli elementi di A e gli elementi di B. Con la notazione introdotta in 3.4: A B œ ÖA,B×. Si dice intersezione di A e B, e si indica con A B, l’insieme degli elementi di A che appartengono anche a B. Con la notazione introdotta in 3.3: A B œ ÖB − A / B − B×. Se A B œ g, A e B si dicono disgiunti. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 28 Si dice differenza di A e B, e si indica con AÏB, l’insieme degli elementi di A che non appartengono a B. Con la notazione introdotta in 3.3: AÏB œ ÖB − A / B  B×. Se B § A, l’insieme AÏB viene detto anche complementare di B in A, ed è indicato (purché tale notazione non dia luogo ad equivoci) con Bc . Esempio 3.6.1 Siano A œ Ö", #, $×, B œ Ö#, %, ', )×. Allora A B œ Ö", #, $, %, ', )×, A B œ Ö#× e AÏB œ Ö", $×. Esempio 3.6.2 Siano A l’insieme dei triangoli e B l’insieme dei rettangoli (entrambi sottoinsiemi del piano euclideo). Allora A B œ g. Esercizi Siano A, B, C sottoinsiemi dell’insieme I. Si dimostrino le seguenti uguaglianze: 3.6.3 A B œ B A; 3.6.4 (A B) C œ A (B C); 3.6.5 A (B C) œ (A B) (A C); 3.6.6 A (A B) œ A; 3.6.7 (A B)c œ Ac Bc ; 3.6.8 (A B)Ï(A B) œ (AÏB) (BÏA). Valgono le uguaglianze che si ottengono dalle precedenti scambiando con ? Esercizi Siano A, B, C sottoinsiemi dell’insieme I. Si dimostrino le seguenti uguaglianze: 3.6.9 A Bc œ AÏB; 3.6.10 AÏ(AÏB) œ A B; 3.6.11 A (BÏC) œ (A B)Ï(A C); Valgono le uguaglianza che si ottengono dalle precedenti scambiando con ? Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 29 3.7 - Unione e intersezione di una famiglia di insiemi. Partizioni. Un insieme di insiemi si dice anche una famiglia di insiemi. Abbiamo definito in 3.4 l’unione di una famiglia di insiemi; in modo analogo si definisce l’intersezione di una famiglia non vuota di insiemi (l’esistenza dell’insieme intersezione è garantita dal fatto che esso si può definire secondo la regola fissata in 3.3 come l’insieme degli elementi di un insieme della famiglia che appartengono anche a tutti gli altri insiemi della famiglia). Sia A un insieme. Una famiglia di sottoinsiemi non vuoti di A (eventualmente anche in numero infinito) si dice una partizione di A se essi sono a due a due disgiunti e la loro unione è A. Esempio 3.7.1 Un fascio di rette parallele è una partizione del piano. 3.8 - Prodotto cartesiano. Siano A, B insiemi. Se a − A e b − B, sappiamo (per quanto convenuto in 3.2) che possiamo considerare l’insieme Öa, b× ( § A B); spesso è però opportuno considerare un ente che sia caratterizzato non solo dai suoi elementi ma anche dall’ordine in cui si considerano: tale ente si dice coppia ordinata Ð8Ñ con prima componente a e seconda componente b, e si indica con Ða, bÑ. Si noti che se a, a’ − A e b, b’ − B, si ha Ða, bÑ œ Ða’, b’Ñ se e solo se a œ a’ e b œ b’; in particolare: se a Á b, si ha sempre Ða, bÑ Á Ðb, aÑ. L’insieme di tutte le coppie ordinate Ða, bÑ con a − A e b − B si dice prodotto cartesiano Ð9Ñ di A per B e si indica con A ‚ B. Esempio 3.8.1 Sia A œ Ö", #, $× e B œ Ö!, "×. Si ha A ‚ B œ ÖÐ", !Ñ, Ð", "Ñ, Ð#, !Ñ, Ð#, "Ñ, Ð$, !Ñ, Ð$, "Ñ×. 8 La definizione rigorosa di coppia ordinata è la seguente: (a, b) ³ ÖÖa, b×, a×. 9 Tenendo conto della nota precedente, il lettore attento potrà osservare che A ‚ B è un sottoinsieme di c (c (A B)), e quindi può essere definito come in 3.3; ciò, assieme a quanto postulato in 3.5, ne garantisce l’esistenza. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 30 3.9 - 8-ple ordinate. Matrici. Come si è fatto in 3.8 per la coppia ordinata, si può considerare un ente caratterizzato da $, %, á , 8 elementi, detti componenti (appartenenti a certi insiemi prefissati), e dall’ordine in cui questi vengono considerati: si parla rispettivamente di terna ordinata, quaterna ordinata, á , 8-pla ordinata. Si tratta in sostanza di iterare il procedimento di costruzione delle coppie ordinate. Siano A" , A# , A$ insiemi e siano a" − A" , a# − A# , a$ − A$ : la terna ordinata individuata da a" , a# , a$ (in questo ordine) si indica con (a" , a# , a$ Ñ e non è altro che l’elemento Ð(a" , a# Ñ, a$ Ñ dell’insieme (A" ‚ A# Ñ ‚ A$ (che, per semplicità, si indica a sua volta con A" ‚ A# ‚ A$ Ñ. Particolare importanza rivestirà per noi il caso delle 8-ple ordinate di elementi di uno stesso insieme A (l’insieme di tali 8-ple si indica con A8 ). Sia A un insieme, e siano 7, 8 numeri interi positivi. Si dice matrice 7 ‚ 8 a elementi in A una 7-pla ordinata di 8-ple ordinate di elementi di A, ossia un elemento di ÐA8 Ñ7 . Una matrice 7 ‚ 8 potrebbe essere identificata con una 78-pla ordinata; in pratica, quando si parla di matrice gli elementi vengono scritti in una “tabella” Î a"ß" Ð a#ß" Ð á Ï a7ß" a"ß# a#ß# á a7ß# á á á á a"ß8 Ñ a#ß8 Ó Ó á a7ß8 Ò nella quale si evidenziano le 8-ple ordinate Ða"ß" , a"ß# , á , a"ß8 Ñ, á , Ða#ß" , a#ß# , á , a#ß8 Ñ, á , Ða7ß" , a7ß# , á , a7ß8 Ñ, dette righe della matrice, e le 7-ple ordinate Ða"ß" , a#ß" , á , a7ß" Ñ, á , Ða"ß# , a#ß# , á , a7ß# Ñ, á , Ða"ß8 , a#ß8 , á , a7ß8 Ñ, dette colonne della matrice. Sinteticamente, la matrice di termine generico a3ß4 si indica con Ða3ß4 Ñ; le sue righe si indicano con a"߇ , a#߇ , á , a7߇ e le sue colonne con a‡ß" , a‡ß# , á , a‡ß8 . L’insieme di tutte le matrici 7 ‚ 8 a elementi in A si indica con A7ß8 . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 31 4.- FUNZIONI 4.1 - Relazioni. Siano A, B insiemi. Si dice relazione tra A e B un sottoinsieme del prodotto cartesiano A ‚ B. Sia 4 una relazione tra A e B, cioè sia 4 § A ‚ B; se Ða, bÑ − 4 , si dice che gli elementi a (di A) e b (di B) sono in relazione, e si scrive a4 b. In pratica si usa sempre la notazione a4 b anziché Ða, bÑ − 4 . Intuitivamente, una relazione tra A e B è una “legge” che a ogni elemento di A associa qualche elemento di B (eventualmente nessuno). Esempio 4.1.1 Siano A ³ Ö#, $, &, (, "", "$, "(, "*, #$, #*, $", $(, %", %$, %(, &$, &*, '", '(, (", ($, (*, )$, )*, *(, "!"×; B ³ Ö8 − Î " Ÿ 8 Ÿ "!!×. Si ponga per : − A e 8 − B :4 8 se e solo se : è un divisore di 8. Si è così definita una relazione 4 tra A e B; si noti che alcuni elementi di A sono in relazione con un solo elemento di B (è quanto accade considerando : ³ &$, &*, á , *(), altri (: ³ $(, %", %$, %() con due, altri (: ³ #*, $") con tre, ecc.. L’elemento # di A è in relazione con &! elementi di B; l’elemento "!" di A non è in relazione con alcun elemento di B. Inoltre: più elementi di A possono essere in relazione con gli stessi elementi di B (#, $, & sono tutti in relazione con $!, '! e *!). Esempio 4.1.2 Sia A un insieme, e si ponga per a − A e X © A a4 X se e solo se a − X. Si è così definita una relazione 4 tra A e c (A). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 32 4.2 - Funzioni. Siano A, B insiemi. Una relazione f tra A e B si dice una funzione (o applicazione) da A in B se per ogni a − A esiste al più un b − B tale che a f b, cioè se ogni elemento di A è in relazione (secondo f) con al più un elemento di B. Ciò si esprime scrivendo f : A Ä B. Intuitivamente, una funzione da A in B è una “legge” che a certi elementi di A associa uno e un solo elemento di B (e ai restanti elementi di A non associa niente). Esempio 4.2.1 Sia A l’insieme dei numeri razionali positivi, e sia B l’insieme dei numeri naturali. La “legge” che al numero razionale 7 8 associa il numero naturale 7 8 non è una funzione Ä (si dice anche, impropriamente, che non è ben definita come funzione). Infatti, ad ) esempio, al numero razionale #$ (che si può scrivere anche '% , *' , "# , ecc.) vengono associati non solo il numero naturale & Ð œ # $) ma anche i numeri naturali "! Ð œ % '), "& Ð œ ' *), #! Ð œ ) "#), ecc.. La legge considerata fornisce invece un esempio significativo di relazione tra e ; oppure individua una funzione dall’insieme delle frazioni in . 4.3 - Dominio. Immagine, immagine inversa. Punti fissi. Sia f una funzione da A in B. L’insieme degli elementi di A che sono in relazione (secondo f) con un elemento di B si dice dominio di f, e si indica con W(f). Per ogni a − W(f), l’(unico) elemento b di B tale che a f b si indica con fÐaÑ; si dice che b proviene da a (o anche che b è l’immagine di a) mediante f. Si scrive sempre fÐaÑ œ b anziché a f b. Se A" § A, si dice immagine di A" (mediante f) il sottoinsieme fÐA" Ñ di B formato dalle immagini (mediante f) degli elementi di A" ; con la notazione di 3.3, f ÐA" Ñ œ Öb − B / b œ f ÐaÑ per qualche a − A" ×. Si noti che può essere f ÐA" Ñ œ g (ciò avviene se e solo se nessun elemento di A" appartiene a WÐfÑ ). L’immagine f ÐAÑ di A (che coincide ovviamente con l’immagine del dominio di f) si dice anche semplicemente immagine di f. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 33 Se B" § B, si dice immagine inversa di B" (mediante f) il sottoinsieme f " ÐB" Ñ di A formato dagli elementi le cui immagini (mediante f) appartengono a B" ; con la notazione di 3.3, f " ÐB" Ñ œ Öa − A / fÐaÑ − B" ×. Sia B œ A, cioè sia f una funzione da A in A. Un elemento a di A si dice un punto fisso per f se fÐaÑ œ a. Esempio 4.3.1 Sia f : ™ Ä la funzione che al numero intero 8 associa (se esiste) il reciproco del quadrato di 8. " Ciò si indica con l’espressione f(8) ³ 8# . Si ha che: ( 3) il dominio di f è ™ÏÖ!×; (33) l’immagine di f è un insieme di numeri razionali compresi fra ! e "; (333) posto A" ³ Ö8 − ™/ # Ÿ 8 Ÿ +#×, si ha f(A" Ñ œ Ö", "% ×; (3@) posto B" ³ Ö8 − /8 "×, si ha f " (B" Ñ œ Ö ", +"×. Esercizi [*] Sia f:A Ä B, e siano A" , A# § W(f). Si dimostri che: 4.3.2 ÐA" § A# Ñ Ê ÐfÐA" Ñ § fÐA# ÑÑ; 4.3.3 fÐA" A# Ñ œ fÐA" Ñ fÐA# Ñ ; 4.3.4 fÐA" A# Ñ § fÐA" Ñ fÐA# Ñ. Si mostri inoltre con un esempio che può essere fÐA" A# Ñ § Á fÐA" Ñ fÐA# Ñ. 4.4 - Iniettività e suriettività. Siano A, B insiemi, e sia f:A Ä B. Se per ogni b − B esiste almeno un a − A tale che fÐaÑ œ b (cioè se ogni elemento di B proviene mediante f da almeno un elemento di A; ossia se fÐAÑ œ B), f si dice suriettiva. In tal caso, si dice che f è una funzione da A su B. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 34 Se comunque presi a, a’ − W(f) con a Á a’ è fÐaÑ Á fÐa’Ñ (ossia se comunque presi a, a’ − W(f) da fÐaÑ œ fÐa’Ñ segue a œ a’; cioè se ogni elemento di B proviene da al più un elemento di A), f si dice iniettiva. Se f è iniettiva e suriettiva si dice che f è biiettiva (o anche che f è una biiezione). Se f è biiettiva e inoltre WÐfÑ œ A, si dice che f è una corrispondenza biunivoca tra A e B. Una funzione iniettiva è sempre una corrispondenza biunivoca tra il proprio dominio e la propria immagine. Una corrispondenza biunivoca tra A e A si dice permutazione su A. Esempi 4.4.1 La funzione Ä che ad ogni numero associa il suo doppio è iniettiva ma non suriettiva: fÐÑ è l’insieme dei numeri naturali pari. 4.4.2 La funzione ™ Ä che ad ogni numero associa il suo valore assoluto è suriettiva ma non iniettiva. 4.4.3 Per ogni insieme A, la funzione idA : A Ä A che ad ogni elemento associa se stesso è una corrispondenza biunivoca detta funzione identica o anche identità di A. Ogni elemento di A è un punto fisso per idA . 4.4.4 Sia e una retta (cfr 1.4). La funzione Ä e che ad ogni numero naturale associa un punto di e determinato come si è detto in 1.6 è iniettiva, e dunque stabilisce una biiezione tra e un sottoinsieme di e. Più in generale, l’idea intuitiva di “rappresentazione sulla retta di un insieme numerico” si traduce formalmente appunto nello stabilire una biiezione tra tale insieme numerico (, ™, , á ) e un sottoinsieme di e. 4.5 - Restrizione a un sottoinsieme. Siano A, B insiemi, sia f:A Ä B e sia A" § A. Si dice restrizione di f ad A" la funzione fkA" : A" Ä B così definita: fkA" ³ f (A" ‚ B) (si ricordi che f è un sottoinsieme di A ‚ B). Questa definizione è molto “tecnica”, perché nella sostanza fkA" opera esattamente come f (l’unica differenza è che opera solo su A" ); certe proprietà possono però essere verificate da fkA" e non da f, e viceversa. Esempio 4.5.1 La funzione ™ Ä ™ che ad ogni numero associa il suo quadrato non è iniettiva né suriettiva; la sua restrizione a ™ è iniettiva ma non suriettiva. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 35 4.6 - La funzione inversa. Siano A, B insiemi, e sia f : A Ä B iniettiva. Per ogni b − fÐAÑ, f " ÐÖb×Ñ non è vuoto (per definizione di fÐAÑ) ed è formato da al più un elemento (perché per ipotesi f è iniettiva), dunque è formato da esattamente un elemento; la legge che associa a b tale elemento è una funzione B Ä A (il cui dominio coincide con l’immagine di f) che si dice funzione inversa della f e si indica con f " . In altri termini, f " si definisce ponendo, per ogni b − fÐAÑ, f " ÐbÑ ³ l’unico elemento di f " ÐÖb×Ñ (il significato del simbolo f " nell’espressione a destra è quello fissato in 4.3). È facile vedere che f " è una corrispondenza biunivoca tra l’immagine di f e il dominio di f; ne segue che, in particolare, l’inversa di una corrispondenza biunivoca A Ä B è una corrispondenza biunivoca B Ä A. Esempio 4.6.1 Sia f : Ä definita da " f(B) ³ $B& . È facile verificare che f è iniettiva (non è invece suriettiva: !  f ÐÑ). La funzione inversa si "&B può esprimere scrivendo f " (B) ³ $B e si ha WÐf " Ñ œ ÏÖ!×. 4.7 - Composizione di funzioni. Siano A, B, C insiemi, e siano f : A Ä B, g : B Ä C funzioni. Si dice composizione di f con g e si indica con scrivono f e g!) la funzione A Ä C definita ponendo Ðg ‰ fÑÐaÑ ³ gÐfÐaÑÑ g‰f (attenzione all’ordine in cui si aa − A tale che fÐaÑ − WÐgÑ. Esempi " 4.7.1 Sia f : Ä definita da f(8) ³ 8 , e sia g : Ä definita da g(B) ³ B # . Si ha Ðg ‰ fÑÐ8Ñ ³ #8" 8 . 4.7.2 Sia f : Ä definita da fÐ8Ñ ³ 8# , e sia g : Ä definita da g(B) ³ B " . Si ha (g ‰ f)(8) ³ 8# " , (f ‰ g)(8) ³ 8# #8 ". Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 36 Teorema 4.7.3 Siano A, B insiemi, e sia f : A Ä B iniettiva. Sia f " : B Ä A la funzione inversa di f definita in 4.6. Si ha f " ‰ f œ idWÐfÑ e f ‰ f " œ idf(AÑ . Dimostrazione Sia a − WÐfÑ, e sia f(a) œ b con b − B. Allora f " (b) œ a, e dunque (f " ‰ f)(a) œ f " (f(a)Ñ œ f " (b) œ a œ idWÐfÑ (a). Per l’arbitrarietà di a in A, si è così provato Ð10Ñ che f " ‰ f œ idWÐfÑ . Sia ora b − fÐAÑ, e sia a l’elemento di A per il quale si ha f(a) œ b. Allora f " (b) œ a, e dunque (f ‰ f " Ñ(b) œ f(f " (b)Ñ œ f(a) œ b œ idfÐAÑ (b) cosicché l’asserto è completamente provato. Teorema 4.7.4 Siano A, B, C, D insiemi, e siano f : A Ä B, g:B Ä C, h:C Ä D funzioni Si ha (h ‰ g) ‰ f œ h ‰ (g ‰ f). Dimostrazione Sia a − W((h ‰ g) ‰ f). Allora a − W(f) e f(a) − W(h ‰ g), da cui f(a) − W(g) (cosicché a − WÐg ‰ fÑ) e g(f(a)Ñ − W(h). Pertanto a − W(h ‰ (g ‰ f)Ñ. Si ha inoltre Ð(h ‰ g) ‰ f)(a) œ (h ‰ g)(f(a)Ñ œ hÐgÐfÐaÑÑÑ œ hÐÐg ‰ fÑÐaÑÑ œ Ðh ‰ Ðg ‰ fÑÑÐaÑ. Sia infine a  W((h ‰ g) ‰ f). Allora a  W(f) oppure f(a)  W(h ‰ g), cioè f(a)  W(g) oppure gÐfÐaÑÑ Â W(h). Se a  W(f) oppure f(a)  W(g), è a  W(g ‰ f); altrimenti è (g ‰ f)(a)  W(h). In ogni caso, a  WÐh ‰ Ðg ‰ fÑÑ e l’asserto è completamente provato. Esercizio 4.7.5 Siano A, B, C insiemi, e siano f : A Ä B, g : B Ä C funzioni biiettive. Si provi che g ‰ f è biiettiva. Esercizio 4.7.6 Sia A un insieme, e siano f, g funzioni A Ä A; sia a − A. Si dimostri che se a è punto fisso per f e per g allora a è punto fisso anche per g ‰ f. 10 Che cosa significa per due funzioni “essere uguali”? Ricordiamo le definizioni date in 4.1 e 4.2: una “funzione” è un particolare insieme di coppie ordinate. Poiche´ (cfr. 1.3) due insiemi “sono uguali” (cioè coincidono) se e solo se hanno gli stessi elementi, due funzioni -in particolare- sono uguali se e solo se sono costituite dalle stesse coppie ordinate, ossia “operano allo stesso modo” su ogni elemento dell’insieme di partenza. È importante avere ben chiaro che questa non è una definizione ad hoc di uguaglianza tra funzioni, ma solo un modo “specialistico” di esprimere la nozione di uguaglianza tra insiemi. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 37 5.- RELAZIONI DI ORDINE 5.1 - Definizioni. Sia A un insieme. Si dice relazione in A una relazione tra A e A (cioè un sottoinsieme del prodotto cartesiano A ‚ A). Sia 4 una relazione in A. Essa si dice riflessiva simmetrica a4 a sse aa − A; a4 b Ê b4 a sse aa, b − A; antisimmetrica sse Ða4 b • b4 aÑ Ê Ða œ bÑ transitiva sse Ða4 b • b4 cÑ Ê Ða4 cÑ aa, b − A; aa, b, c − A. Sia 4 una relazione in A. Due elementi a, b − A si dicono confrontabili (secondo 4 ) se si verifica almeno una delle seguenti situazioni: a4 b, b4 a. La relazione 4 si dice totale sse comunque presi a, b − A essi sono confrontabili. Esempi 5.1.1 Per ogni insieme A, la relazione “vuota” (secondo la quale nessun elemento è in relazione con alcun elemento: si tratta di g pensato come sottoinsieme di A ‚ A) è simmetrica, antisimmetrica e transitiva (ma non riflessiva). 5.1.2 La relazione 4 in definita ponendo simmetrica ma non transitiva. +4 , sse ±+, ± " è riflessiva e 5.1.3 La relazione 4 nell’insieme dei cerchi del piano definita ponendo V" 4V# sse l’area di V" è minore o uguale all’area di V# è riflessiva, transitiva e totale ma non simmetrica né antisimmetrica. Per quest’ultima affermazione, si osservi che se V" e V# hanno la stessa area essi sono congruenti ma non è in generale V" œ V# , cioè non sono in generale uguali!. 5.1.4 La relazione 4 in definita ponendo +4 , sse +, , sono entrambi pari è simmetrica e transitiva ma non riflessiva (non è infatti, ad es., "4 "). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 38 5.2 - Relazioni di ordine. Sia A un insieme. Una relazione in A si dice una relazione di ordine in A se è riflessiva, antisimmetrica e transitiva. Una relazione di ordine in A si indica spesso con £ oppure con Ÿ (quest’ultimo simbolo, in caso di ambiguità, è riservato alla relazione di “minore o uguale” in , ™ e , cfr. 1.6, 1.7 e 1.8). Sia £ una relazione di ordine in A, e siano a, b − A. Se a £ b, si dice che a precede b (secondo £ ); si usa anche la scrittura b ¤ a, che si considera equivalente. Se una relazione di ordine in A non è totale e si vuol mettere in rilievo questo fatto, si dice che è parziale. In tal caso, esistono in A almeno due elementi che non sono confrontabili. Esempi 5.2.1 L’usuale relazione di “minore o uguale” è una relazione di ordine totale in . 5.2.2 La relazione di “divisibilità” tra numeri naturali è una relazione di ordine parziale in . 5.2.3 La relazione di “inclusione” tra sottoinsiemi di un dato insieme I è una relazione di ordine parziale nell’insieme c (I) definito in 3.5. Una relazione 4 in A si dice una relazione di ordine stretto in A se è transitiva e inoltre comunque presi a, b − A si verifica al più una delle seguenti due situazioni: a4 b, oppure b4 a. Se £ è una relazione di ordine in A, la relazione ¡ in A definita ponendo a ¡ b sse a£beaÁb è una relazione di ordine stretto, che si dice associata a £ . Analogamente, se ¡ è una relazione di ordine stretto in A, la relazione £ in A definita ponendo a £ b sse a ¡ b oppure a œ b è una relazione di ordine, che si dice associata a ¡ . Sia £ una relazione di ordine in A, e sia ¡ la relazione di ordine stretto associata a £ : la relazione di ordine associata a ¡ coincide con £ . Viceversa, sia ¡ una relazione di ordine stretto in A, e sia £ la relazione di ordine associata a ¡ : la relazione di ordine stretto associata a £ coincide con ¡ . Ciò si esprime dicendo che il concetto di “relazione di ordine” e il concetto di “relazione di ordine stretto” sono equivalenti. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 39 5.3 - Intervalli. Siano A un insieme e Ÿ una relazione di ordine in A. Introduciamo una notazione che sarà molto utile più avanti. Siano a, b elementi di A tali che a b. Si dicono intervalli (limitati) di estremi a, b i seguenti sottoinsiemi di A: Ða, bÑ ³ ÖB − A / a B b× (intervallo aperto) Ða, bÓ ³ ÖB − A / a B Ÿ b× (intervallo chiuso a destra) Òa, bÑ ³ ÖB − A / a Ÿ B b× (intervallo chiuso a sinistra) Òa, bÓ ³ ÖB − A / a Ÿ B Ÿ b× (intervallo chiuso) Si dicono intervalli illimitati i seguenti sottoinsiemi di A: Ð _, bÑ ³ ÖB − A / B b× (intervallo aperto, illimitato a sinistra) Ð _, bÓ ³ ÖB − A / B Ÿ b× (intervallo chiuso, illimitato a sinistra) Ða, _Ñ ³ ÖB − A / a B× (intervallo aperto, illimitato a destra) Òa, _Ñ ³ ÖB − A / a Ÿ B× (intervallo chiuso, illimitato a destra) Ð _, _Ñ ³ A (intervallo aperto, illimitato a sinistra e a destra) 5.4 - Minimo e massimo. Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme di A. Un elemento m di X si dice il minimo di X, e si indica con min X, se mŸB aB − X. Analogamente, un elemento M di X si dice il massimo di X, e si indica con max X, se BŸM aB − X. Teorema 5.4.1 Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme di A. Se X ha un minimo [un massimo], questo è unico. Dimostrazione Siano m, m’ minimi di X. Poiché m è minimo e m’ − X, m Ÿ m’; poiché m’ è minimo e m − X, m’ Ÿ m. Per la proprietà antisimmetrica, m œ m’ come si voleva. Analogamente si prova che se X ha un massimo questo è unico. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 40 Esempi 5.4.2 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme X œ Ö#!, $!, '!, )!, "!!× ha per minimo #! e per massimo "!!. 5.4.3 Nell’insieme dotato della relazione di “divisibilità” (cfr. esempio 5.2.2), l’insieme X œ Ö#!, $!, '!, )!, "!!× non ha minimo né massimo. 5.4.4 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme X œ ÖB − / B œ 8" , con 8 − \Ö!×× non ha minimo; il suo massimo è ". 5.5 - Limitazioni inferiori e limitazioni superiori. Siano A un insieme, non vuoto di A. Ÿ una relazione di ordine in A , e X un sottoinsieme Un elemento a di A si dice limitazione inferiore (o minorante) di X se a Ÿ B aB − X; si dice invece limitazione superiore (o maggiorante) di X se B Ÿ a aB − X. Il sottoinsieme non vuoto X di A si dice inferiormente [superiormente] limitato se esiste in A una limitazione inferiore [superiore] per X. Esempi 5.5.1 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, il sottoinsieme formato dai multipli di &( non è superiormente limitato. 5.5.2 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, ogni sottoinsieme è inferiormente limitato (da !). 5.5.3 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme X œ ÖB − / B# Ÿ #× è inferiormente limitato (ad es., da $# ) ed è superiormente limitato (ad es., da $# ). 5.5.4 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme X œ ÖB − / B# #× non è né inferiormente né superiormente limitato. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 41 5.6 - Estremo superiore. Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme non vuoto di A superiormente limitato. Se l’insieme delle limitazioni superiori di X ha minimo, tale minimo si dice estremo superiore di X, e si indica con sup X. Dal teorema 5.4.1 segue subito che l’estremo superiore, qualora esista, è unico. Teorema 5.6.1 Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme non vuoto di A. Se X ha un massimo, questo è anche estremo superiore per X. Dimostrazione Sia m il massimo di X. Per definizione di massimo, m è una limitazione superiore per X; dobbiamo provare che per ogni limitazione superiore a di X si ha m Ÿ a: ma ciò è ovvio (poiché m − X) per definizione di limitazione superiore. Teorema 5.6.2 Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme non vuoto di A dotato di estremo superiore. Se sup X appartiene a X, esso è il massimo di X. Dimostrazione Sia x! l’estremo superiore di X. Poiché x! è una limitazione superiore per X, si ha che x Ÿ x! per ogni x − X; poiché per ipotesi x! − X, si ha l’asserto. I teoremi 5.6.1 e 5.6.2 suggeriscono che l’estremo superiore di X può essere assunto come “surrogato” del massimo di X quando tale massimo manca. Vedremo tuttavia (Esempio 5.6.4) che anche l’estremo superiore può mancare. Esempio 5.6.3 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme 8 X œ ÖB − / B œ 8" , con 8 − × ha per estremo superiore il numero ". Dimostrazione È chiaro che " è una limitazione superiore per X; resta da provare che ogni limitazione superiore per X è maggiore o uguale a ", ossia che nessun numero razionale C strettamente minore di " è limitazione superiore per X. 7 Sia dunque C − , C ". Possiamo scrivere C œ 8 , con 7,8 − , 8 Á !, 7 8 (ossia 7 7 #7 #7 7 " Ÿ 8); allora C œ 8 Ÿ 7" œ #7# #7" #7 con #7" − X, come si voleva. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 42 Esempio 5.6.4 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme X œ ÖB − / B# Ÿ #× è superiormente limitato e non ha estremo superiore. Dimostrazione Osserviamo intanto che ogni numero razionale positivo ! tale che ! # è una limitazione superiore per X. In effetti, da ! B con B − segue !# B# ; dunque se B − X deve essere B Ÿ !, dovendosi altrimenti avere # Ÿ !# Ÿ B# . # Supponiamo ora per assurdo che esista B! œ sup X. Poiché (osservazione 1.8.1) non può essere B#! œ #, sarà B#! # oppure B#! #. Se B#! #, è B! − X e dunque B! œ max X: mostriamo che ciò non è possibile, determinando & − tale che B! & − X. Se & Ÿ ", si ha (B! &)# œ B#! #&B! &# Ÿ B#! #&B! & œ B#! &(#B! "). Possiamo determinare & in modo che sia B#! &(#B! ") œ #: se risulta & − (!, "], abbiamo dimostrato che B! & appartiene a X. In effetti si ha #B# ! & œ #B " ; ! dunque & !, perché B#! # per ipotesi (e B! !). Inoltre & Ÿ ", perché ciò significa # B#! Ÿ #B! ", ossia " Ÿ B! (B! #), e questo è ovvio essendo B! " (infatti " − X). Resta da considerare la possibilità che sia B#! #. Mostriamo che in questo caso si può determinare & − tale che B! & − e (B! &)# #. Ciò conduce ad un assurdo, perché B! & risulta una limitazione superiore per X strettamente minore di B! . Si ha (B! &)# œ B#! #&B! &# B#! #&B! . Basta allora determinare & in modo che sia B#! #&B! œ #; si trova &œ B#! # #B! (e si noti che & ! perché B#! # per ipotesi, e B! !). 5.7 - Estremo inferiore. Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme non vuoto di A inferiormente limitato. Se l’insieme delle limitazioni inferiori di X ha massimo, tale massimo si dice estremo inferiore di X, e si indica con inf X. Ancora dal teorema 5.4.1 segue che l’estremo inferiore, qualora esista, è unico. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 43 Teorema 5.7.1 Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme non vuoto di A. Se X ha un minimo, questo è anche estremo inferiore per X. Dimostrazione La dimostrazione è analoga a quella del teorema 5.6.1, e si lascia al lettore come esercizio [*]. Teorema 5.7.2 Siano A un insieme, Ÿ una relazione di ordine in A, e X un sottoinsieme non vuoto di A dotato di estremo inferiore. Se inf X appartiene a X, esso è il minimo di X. Dimostrazione La dimostrazione è analoga a quella del teorema 5.6.2, e si lascia al lettore come esercizio [*]. Esempio 5.7.3 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme X œ ÖB − / B œ 8" , con 8 − \Ö!×× ha per estremo inferiore il numero !. (Cfr. esempio 5.4.4). Dimostrazione È chiaro che ! è una limitazione inferiore per X; resta da provare che ogni limitazione inferiore per X è minore o uguale a !, ossia che nessun numero razionale positivo C è limitazione inferiore per X. 7 Sia dunque C − . Possiamo scrivere C œ 8 , con 7, 8 − ÏÖ!×; allora 7 #7 " " C œ 8 œ #8 œ #7 #8 #8 " con #8 − X, come si voleva. Esempio 5.7.4 Nell’insieme dotato dell’ordinaria relazione di “minore o uguale”, l’insieme X œ ÖB − / B# #× è inferiormente limitato ma non ha estremo inferiore. (La dimostrazione è analoga a quella di 5.6.4). Esercizio 5.7.5 Nell’insieme dotato della relazione di “divisibilità” (cfr. esempio 5.2.2), si consideri l’ insieme X œ Ö#!, $!, '!, )!, "!!× (cfr. esempio 5.4.3). Determinare (qualora esistano) estremo inferiore ed estremo superiore per X. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 44 5.8 - Completezza. Siano A un insieme e Ÿ una relazione di ordine in A. A si dice completo se ogni sottoinsieme non vuoto di A che sia superiormente limitato ha estremo superiore. Esempio 5.8.1 L’insieme ™ con l’ordinaria relazione di “minore o uguale” è completo. (In effetti, in ™ ogni sottoinsieme non vuoto che sia superiormente limitato ha massimo.) Esempio 5.8.2 L’insieme con l’ordinaria relazione di “minore o uguale” non è completo (cfr. esempio 5.7.4). Osservazione 5.8.3 È ovvio, ma importante, che proprietà quali la completezza dipendono non tanto dall’insieme che si sta considerando quanto dalla relazione d’ordine che vi si è definita (e che non è mai l’unica possibile!). Per convincersene, definiamo in una relazione d’ordine come segue: Rappresentiamo ogni elemento di con la frazione 7 8 tale che 7, 8 sono primi fra loro e 8 ! (tale frazione resta univocamente determinata da queste condizioni); diciamo altezza di 7" 7# 7" 7 8 il numero naturale ± 7 ± 8. Poniamo poi 8" Ÿ 8# se e solo se l’altezza di 8" è 7" 7# # strettamente minore dell’altezza di 7 8# oppure 8" e 8# hanno la stessa altezza e 7" Ÿ 7# (secondo l’usuale relazione d’ordine fissata in ™). È facile Ð11Ñ vedere che rispetto a questa relazione d’ordine ogni sottoinsieme non vuoto di ha minimo; ogni sottoinsieme non vuoto di che sia superiormente limitato ha massimo (e quindi, in particolare, ha estremo superiore). Teorema 5.8.4 Siano A un insieme e Ÿ una relazione di ordine in A. A è completo se e solo se ogni sottoinsieme non vuoto di A che sia inferiormente limitato ha estremo inferiore. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. 11 Si tratta in sostanza di osservare che per ogni 2 − esiste solo un numero finito di frazioni aventi altezza 2. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 45 6.- RELAZIONI DI EQUIVALENZA 6.1 - Definizione. Sia A un insieme. Una relazione in A riflessiva, simmetrica e transitiva si dice una relazione di equivalenza in A. Esempi Sono esempi di relazioni di equivalenza: 6.1.1 La relazione di “equiscomponibilità” nell’insieme dei poligoni piani. 6.1.2 La relazione di “similitudine” nell’insieme delle figure piane. 6.1.3 La relazione di “parallelismo” nell’insieme delle rette del piano, definita come segue: due rette sono parallele sse coincidono oppure non hanno punti in comune. 6.1.4 In ogni insieme A, la relazione di “misantropia” che ad ogni elemento di A associa lui stesso e nessun altro (cioè: se a, b − A, a è in relazione con b sse a œ b). 6.1.5 In ogni insieme A, la relazione che ad ogni elemento di A associa tutti gli elementi di A (cioè: comunque si prendano a, b − A, a è in relazione con b). Esempio 6.1.6 Sia Y l’insieme delle frazioni Ð12Ñ. La relazione 4 in Y definita ponendo per +, , .- − Y + , 4 . sse +. œ ,è una relazione di equivalenza. Infatti: 4 è riflessiva: +, 4 +, per ogni +, − Y , perché +, œ ,+ per la proprietà commutativa del prodotto; 4 è simmetrica: +, 4 .- Ê .- 4 +, , perché Ð+. œ ,-Ñ Ê Ð-, œ .+Ñ; 4 è transitiva: sia infatti +, 4 .- e .- 4 0/ , cioè +. œ ,- e -0 œ ./; dalla prima uguaglianza segue +.0 œ ,-0 e da qui, tenendo conto della seconda, +.0 œ ,./; dividendo infine ambo i membri per . (che è diverso da ! per ipotesi) si deduce che +0 œ ,/ ossia che + / , 4 0 come si voleva. 12 Ricordiamo che si dice frazione una coppia ordinata (cfr. 3.7) di numeri interi in cui la seconda componente sia diversa da !; si conviene (cfr. 1.8) di scrivere +, anziche´ (+, , ). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 46 Esempio 6.1.7 Altri esempi particolarmente importanti di relazioni di equivalenza sono descritti in dettaglio altrove, e li ricordiamo qui per completezza: la congruenza e la congruenza diretta nell’insieme delle figure piane (cfr. [1]); l’equivalenza fra matrici (cfr. 14.5). 6.2 - Classi di equivalenza. Siano A un insieme e µ una relazione di equivalenza in A. Se a − A, si dice classe di µ equivalenza di a (o anche, quando ciò non dia luogo ad equivoci, classe di equivalenza di a) il sottoinsieme [a] di A definito come segue: [a] œ Öx − A / a µ x×. Osservazione 6.2.1 Per ogni a − A, si ha a − [a]. Dimostrazione Infatti a µ a, perché µ è riflessiva. Osservazione 6.2.2 Comunque presi a, b − A, si ha [a] œ [b] se e solo se a µ b. Dimostrazione Se [a] œ [b], poiché b − [b] (per 6.2.1) si ha b − [a] e dunque a µ b (per definizione di [a]). Viceversa, sia a µ b; dobbiamo provare che [a] § [b] e che [b] § [a]. Sia x − [a]; allora a µ x. Ma b µ a (perché a µ b per ipotesi, e µ è simmetrica) e dunque b µ x (perché µ è transitiva), cioè x − [b]. Per l’arbitrarietà di x in [a], si è provato che [a] § [b]. Sia ora x − [b]; allora b µ x. Poiché a µ b per ipotesi, e poiché µ è transitiva, si ha a µ x, cioè x − [a]. Per l’arbitrarietà di x in [b], si è così anche provato che [b] § [a] e dunque che [a] œ [b] . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 47 Osservazione 6.2.3 Sia a − A. Per ogni x − [a], è [x] œ [a]. Dimostrazione Per definizione di [a], se x − [a] è a µ x ; dunque [a] œ [x] per l’osservazione 6.2.2. Sia a − A. Per ogni x − [a], si dice che x rappresenta [a], o anche che x è un rappresentante di [a]. Ciò è giustificato da quanto si è visto nell’osservazione 6.2.3. Osservazione 6.2.4 Comunque presi a, b − A, se [a] Á [b] è [a] [b] œ g. Dimostrazione Sia [a] Á [b]. Procediamo per assurdo, supponendo che esista x − [a] [b]. In tal caso a µ x (perché x − [a]) e b µ x (perché x − [b]); per 6.2.2 si ha allora [a] œ [x] œ [b], contro l’ipotesi. Osservazione 6.2.5 L’insieme delle classi di equivalenza di A è una partizione di A. Dimostrazione Le classi di equivalenza sono a due a due disgiunte per 6.2.4; per 6.2.1 esse sono non vuote e la loro unione è A. 6.3 - Insieme quoziente. Siano A un insieme e µ una relazione di equivalenza in A. L’insieme delle classi di µ equivalenza di A si dice insieme quoziente di A rispetto A A a µ , e si indica con µ . La funzione (suriettiva) 1:A Ä µ che ad ogni elemento di A associa A la sua classe di equivalenza si dice proiezione canonica di A su µ . Si noti che W(1) œ A. Se µ mette in relazione tra loro gli elementi di A che hanno in comune una certa proprietà astratta, l’insieme quoziente rappresenta intuitivamente l’insieme di tali proprietà astratte, e la proiezione canonica associa ad ogni elemento di A la specifica proprietà che gli è pertinente. Vediamo meglio in che senso ciò avviene, riesaminando gli esempi già considerati in 6.1. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 48 6.3.1 Sia A l’insieme dei poligoni del piano, e sia µ la relazione di equiscomponibilità. La proprietà astratta comune a una classe di poligoni equiscomponibili è la “superficie”: tale concetto, in effetti, può essere definito per i poligoni appunto per questa via. La proiezione A canonica A Ä µ associa a ogni poligono la sua superficie. 6.3.2 Sia A l’insieme delle figure piane, e sia µ la relazione di similitudine. La proprietà astratta comune a una classe di figure piane simili è la “forma”. Nell’insieme A quoziente µ troviamo elementi che rappresentano i concetti di “triangolo equilatero”, “quadrato”, “cerchio”, ecc. 6.3.3 Sia A l’insieme delle rette del piano, e sia µ la relazione di parallelismo definita in 6.1.3. L’insieme quoziente A µ si dice insieme delle direzioni. 6.3.4 Sia A un insieme, e sia µ la relazione di “misantropia” definita in 6.1.4. L’insieme quoziente è (in corrispondenza biunivoca con) A. 6.3.5 Sia A un insieme, e sia µ la relazione definita in 6.1.5. L’insieme quoziente è ÖA×. 6.3.6 Sia Y l’insieme delle frazioni, e sia 4 la relazione definita in 6.1.6. L’insieme quoziente Y4 è (in corrispondenza biunivoca con) . In effetti, i numeri razionali si definiscono appunto con questo procedimento a partire dall’insieme ™ degli interi. La proiezione canonica associa a ogni frazione il numero razionale che essa rappresenta. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 49 6.4 - Le classi di resto. In tutta la sezione 6.4 supporremo fissato un numero intero positivo 8. Siano +, , − ™; si dice che + è congruo , modulo 8 e si scrive + ´ , Ðmod 8Ñ sse Ðb5 − ™ÑÐ+ , œ 58Ñ, ossia sse + , è multiplo di 8. Si è così definita una relazione in ™, detta “congruenza modulo 8”. Tale relazione è stata studiata fin dall’antichità: sono celebri le opere in proposito del matematico ellenista Diofanto, vissuto nel terzo secolo d. C.. Teorema 6.4.1 La congruenza modulo 8 è una relazione di equivalenza in ™. Dimostrazione In primo luogo, la congruenza modulo 8 è riflessiva, ossia + ´ + Ðmod 8) per ogni + − ™. Infatti, + + œ ! † 8 con ! − ™. Inoltre, la congruenza modulo 8 è simmetrica: siano +, , − ™ tali che + ´ , Ðmod 8) e proviamo che , ´ + Ðmod 8). In effetti, se + ´ , Ðmod 8) esiste 5 − ™ tale che + , œ 58; ma allora , + œ Ð 5 )8 con 5 − ™, e dunque , ´ + Ðmod 8). Infine, la congruenza modulo 8 è transitiva: siano +, , , - − ™ tali che + ´ , Ðmod 8) e , ´ - Ðmod 8), e proviamo che + ´ - Ðmod 8). In effetti, se + ´ , Ðmod 8) esiste 5" − ™ tale che + , œ 5" 8; se , ´ - Ðmod 8) esiste 5# − ™ tale che , - œ 5# 8; ma allora + - œ (+ , ) (, - ) œ 5"8 5#8 œ (5" 5#Ñ † 8 con 5" 5# − ™, e dunque + ´ - Ðmod 8). Per quanto provato nel teorema 6.4.1, se + ´ , Ðmod 8) si può dire che +, , sono congrui modulo 8 senza porre attenzione all’ordine in cui si citano + e ,. Esercizio 6.4.2 Trovare due numeri interi che sono congrui modulo & ma non sono congrui modulo "!. Esistono due numeri interi che siano congrui modulo "! ma non siano congrui modulo &? Teorema 6.4.3 Sia + − ™, e sia < il resto della divisione euclidea di + per 8. Allora + ´ < Ðmod 8). Dimostrazione Per definizione di divisione euclidea (cfr. osservazione 1.8.1), esiste ; − ™ tale che + œ ;8 < e dunque + < œ ;8 con ; − ™, da cui l’asserto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 50 Le classi di equivalenza rispetto alla relazione di congruenza modulo 8 si dicono classi di resto modulo 8. L’insieme delle classi di resto modulo 8 (cioè l’insieme quoziente di ™ rispetto alla relazione di congruenza modulo 8) si indica con ™8 . Esercizio [*] 6.4.4 Si deduca dal teorema 6.4.3 che due numeri interi +, , sono congrui modulo 8 se e solo se la divisione euclidea di + per 8 e la divisione euclidea di , per 8 danno lo stesso resto. Teorema 6.4.5 L’insieme ™8 ha 8 elementi, precisamente: [!], ["], á , [8 "]. Dimostrazione Per il teorema 6.4.3, ogni numero intero appartiene a una delle classi [!], ["], á , [8 "]. Resta da provare che tali classi sono tutte distinte. Se fosse [3] œ [4] con ! Ÿ 3 4 8, per l’osservazione 6.2.2 sarebbe 3 ´ 4 Ðmod 8) ossia esisterebbe 5 − ™ tale che 4 3 œ 58. Ma 4 3 ! (perché 4 3) e 4 3 8 (perché 4 8 e 3 !), dunque 4 3 non può essere multiplo di 8. Abbiamo così ottenuto una contraddizione; ne segue che le classi [!], ["], á , [8 "] sono tutte distinte, come si voleva. Esercizio 6.4.6 Si studi la congruenza modulo ", la congruenza modulo #, la congruenza modulo $, la congruenza modulo "!, la congruenza modulo "# e la congruenza modulo #%; in particolare, per ciascuna di tali relazioni si scrivano esplicitamente le classi di resto e si precisi come opera la proiezione canonica. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 51 7.- OPERAZIONI IN UN INSIEME 7.1 - Operazioni in un insieme. Sia A un insieme non vuoto. Si dice operazione (binaria, interna) in A una funzione da A ‚ A in A il cui dominio coincide con A ‚ A (cioè, intuitivamente, una “legge” che ad ogni coppia ordinata di elementi di A associa un elemento di A). Se æ è un’operazione in A e a, b − A, scriviamo aæb anziché æ(a, b): così aæb œ c significa che c è l’immagine di (a, b) mediante æ, ossia che æ associa alla coppia ordinata (a, b) di elementi di A l’elemento c di A (rigorosamente: Ð(a, b), cÑ − æÑ. Esempi 7.1.1 Le ordinarie operazioni di somma e prodotto sono operazioni in , ™, . 7.1.2 Per ogni insieme A, la composizione definita in 4.7 è un’operazione nell’insieme di tutte le funzioni A Ä A il cui dominio coincide con A. 7.1.3 Nell’insieme ™, la sottrazione è un’operazione, la divisione non lo è. 7.1.4 Nell’insieme è un’operazione la æ definita come segue: aæb œ a(b ") aa, b − . 7.1.5 Nell’insieme Öa, b, c× è un’operazione la æ definita come segue Ð13Ñ: aæa œ a, aæb œ b, aæc œ c, bæa œ b, bæb œ a, bæc œ a, cæa œ c, cæb œ a, cæc œ b. 7.1.6 Sia A un insieme. Le operazioni (definite in 3.6) che a due sottoinsiemi di A associano la loro unione e la loro intersezione sono operazioni in c (A) (nel senso definito in 7.1) che si indicano rispettivamente con e . 13 Come si definisce un’operazione? Ricordiamo che “operazione in A” è una particolare funzione A ‚ A Ä A, cioè una particolare relazione tra A ‚ A e A, cioè un particolare sottoinsieme di (A ‚ A) ‚ A; i criteri per definire un’operazione sono dunque gli stessi che abbiamo stabilito nel capitolo 2 per definire un insieme. In particolare, l’operazione dell’esempio 7.1.5 è definita come in 3.2; quella dell’esempio 7.1.4 come in 3.3. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 52 7.2 - Chiusura rispetto a un’operazione. Sia A un insieme nel quale è definita un’operazione æ. Un sottoinsieme B di A si dice chiuso rispetto a æ se comunque presi b, b’ − B è anche bæb’ − B. Esempi 7.2.1 è chiuso rispetto alla somma e al prodotto. 7.2.2 Il sottoinsieme di formato dai numeri dispari è chiuso rispetto al prodotto ma non rispetto alla somma. 7.2.3 Siano I un insieme e A l’insieme di tutte le funzioni da I in I il cui dominio coincide con I. Il sottoinsieme di A costituito dalle corrispondenze biunivoche (cioè l’insieme delle permutazioni su I) è chiuso rispetto alla composizione. 7.3 - Associatività e commutatività. Sia A un insieme. Un’operazione æ in A si dice associativa se aæ(bæc) œ (aæb)æc aa, b, c − A. Un’operazione æ in A si dice commutativa se aæb œ bæa aa, b − A. Esempi Le operazioni considerate in 7.1.1 e 7.1.6 sono associative e commutative (cfr. anche 3.6.3 e 3.6.4); quella considerata in 7.1.2 è associativa ma in generale non commutativa; quella considerata in 7.1.5 è commutativa ma non associativa (infatti ÐbæbÑæc Á bæÐbæcÑ); quella considerata in 7.1.4 non è né associativa né commutativa. 7.4 - Elemento neutro. Siano A un insieme e æ un’operazione definita in A. Un elemento 8 di A si dice elemento neutro per æ se aæ8 œ 8æa œ a aa − A. Se l’operazione æ è detta somma, l’elemento neutro si indica con “!” e si chiama “zero”; se è detta prodotto, si indica con “"” e si chiama “uno” oppure “unità”. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 53 Teorema 7.4.1 Siano A un insieme e æ un’operazione definita in A. Se esiste un elemento neutro per æ, questo è unico. Dimostrazione Siano 8, 8’ elementi neutri per æ. Allora 8 œ 8æ8’ œ 8’, come si voleva. Esempi 7.4.2 L’operazione æ considerata in 7.1.4 non ha elemento neutro. Si noti che aæ! œ a per ogni a − , ma in generale !æa Á a. 7.4.3 L’operazione “somma” in , ™ e ha come elemento neutro il numero !. 7.4.4 L’operazione “prodotto” in , ™ e ha come elemento neutro il numero ". 7.4.5 L’operazione æ considerata in 7.1.5 ha come elemento neutro l’elemento a. 7.4.6 Le operazioni “unione” e “intersezione” considerate in 7.1.6 hanno come elemento neutro rispettivamente g e A . 7.4.7 L’operazione “composizione” considerata in 7.1.2 ha come elemento neutro la funzione idA definita in 4.4.3 . 7.5 - Il simmetrico di un elemento. Siano A un insieme e æ un’operazione definita in A per la quale esiste l’elemento neutro 8. Per ogni a − A, si dice simmetrico di a (rispetto a æ) un elemento a − A tale che sia aæ a œ a æa œ 8. Se l’operazione æ è detta somma, il simmetrico di a si dice opposto di a, e si indica con a; se è detta prodotto, si dice inverso di a, e si indica con a" . Teorema 7.5.1 Siano A un insieme e æ un’operazione associativa definita in A per la quale esiste l’elemento neutro 8. Per ogni a − A, se esiste un simmetrico questo è unico. Dimostrazione Siano a ,œ a simmetrici di a. Allora a œ a æ8 œ a æÐaæœ a Ñ œ Ð a æaÑæœ a œ 8æœ a œœ a . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 54 Esempi 7.5.2 Rispetto all’operazione æ definita in 7.1.5 (che non è associativa), l’elemento b ha due distinti simmetrici: se stesso e l’elemento c. 7.5.3 In ™, per ogni elemento esiste l’opposto (cioè, il simmetrico rispetto alla somma) ma solo per +" e " esiste l’inverso (cioè, il simmetrico rispetto al prodotto). 7.5.4 Rispetto alle operazioni di “unione” e “intersezione” considerate in 7.1.6, non esiste in generale il simmetrico di un elemento di c (A). 7.5.5 Rispetto all’operazione di “composizione” considerata in 7.1.2 non esiste in generale il simmetrico di una funzione. Tuttavia, se f è una corrispondenza biunivoca di A in sé la funzione f " definita in 4.6 è il simmetrico di f rispetto alla composizione. 7.6 - La proprietà distributiva. Siano A un insieme e æ, ‰ due operazioni definite in A. Si dice che ‰ è distributiva rispetto a æ se a ‰ (bæc) œ (a ‰ b)æ(a ‰ c) e (aæb) ‰ c œ (a ‰ c)æ(b ‰ c) a a, b, c − A. Esempi 7.6.1 Negli esempi 7.1.1, il prodotto è distributivo rispetto alla somma ma la somma non è distributiva rispetto al prodotto. 7.6.2 Ciascuna delle due operazioni considerate in 7.1.6 è distributiva rispetto all’altra (cfr. anche 3.6.5). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 55 8.- GRUPPI E ANELLI 8.1 - Gruppi. Siano G un insieme e æ un’operazione in G. Si dice che G è un gruppo rispetto a æ, oppure (più correttamente!) che la coppia ÐG, æÑ è un gruppo, se valgono le seguenti proprietà: G.1 l’operazione æ è associativa; G.2 esiste in G l’elemento neutro per æ; G.3 per ogni g − G esiste il Ð14Ñ simmetrico di g rispetto a æ. Se inoltre G.4 l’operazione æ è commutativa il gruppo si dice commutativo o abeliano. Esempi 8.1.1 ™ e sono gruppi abeliani rispetto alla somma. 8.1.2 non è un gruppo rispetto alla somma (non esiste in generale l’opposto di un elemento). 8.1.3 ™ e non sono gruppi rispetto al prodotto (non esiste l’inverso di !). 8.1.4 ÏÖ!× e sono gruppi abeliani rispetto al prodotto. 8.1.5 Per ogni insieme A, l’insieme delle permutazioni su A (cfr. 4.4) è un gruppo (in generale non abeliano) rispetto alla composizione di funzioni definita in 4.7. 8.1.6 Sia A un insieme. c (A) (cfr. 3.5) non è un gruppo né rispetto all’unione né rispetto all’intersezione; è però un gruppo abeliano rispetto all’operazione æ (detta differenza simmetrica) definita come segue: XæY œ (X Y)Ï(X Y) aX, Y − c (A). 14 cfr. G.1 e il teorema 7.5.1. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 56 8.2 - Sottogruppi. Sia ÐG, æÑ un gruppo. Un sottoinsieme non vuoto H di G, chiuso rispetto a æ, si dice sottogruppo di G se ÐH, æÑ è ancora un gruppo Ð15Ñ. Esempi 8.2.1 ™ non è un sottogruppo di Й, Ñ, pur essendo chiuso rispetto alla somma. 8.2.2 è un sottogruppo di ÐÏÖ!×, † Ñ (cfr. esempio 8.1.4). Teorema 8.2.3 Sia ÐG, æÑ un gruppo, e sia H un sottogruppo di G. L’elemento neutro per æ in H coincide con l’elemento neutro per æ in G (e quindi, per ogni h − H il simmetrico di h in H coincide col simmetrico di h in G). Dimostrazione Sia 8 l’elemento neutro per æ in G, e sia 8" l’elemento neutro per æ in H. Poiché 8" − H, deve essere 8" æ8" œ 8" ; dunque si ha (indicando con 8" il simmetrico di 8" in G) 8 œ 8æ8 œ 8æÐ8" æ8" Ñ œ 8æ8" æ8" œ 8æÐ8" æ8" Ñæ8" œ Ð8æ8" ÑæÐ8" æ8" Ñ œ 8" æ8 œ 8" . Possiamo ora applicare il teorema 7.5.1 e concludere che per ogni elemento di H il simmetrico in H coincide col simmetrico in G. 8.3 - Omomorfismi e isomorfismi tra gruppi. Siano ÐG, æÑ e ÐH, ‰ Ñ gruppi. Una funzione f : G Ä H tale che W(f) œ G si dice un omomorfismo tra ÐG, æÑ e ÐH, ‰ Ñ (o anche, più semplicemente, tra G e H) se f(xæy) œ f(x) ‰ f(y) ax, y − G. Un omomorfismo che sia anche una corrispondenza biunivoca si dice isomorfismo. Esempio 8.3.1 Un esempio significativo e importante di isomorfismo tra gruppi sarà dato in 10.4 (teorema 10.4.2). 15 Rigorosamente, la notazione (H, æ) è impropria; infatti, quella che si può considerare in H non è l’operazione æ ma la restrizione ad H di æ (cfr. 4.5). Distinguere tra æ e la sua restrizione ad H appesantirebbe però senza scopo la nostra esposizione, ed eviteremo quindi di farlo. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 57 8.4 - Anelli. Sia A un insieme con almeno due elementi, e siano , † due operazioni in A (che chiameremo rispettivamente somma e prodotto). Si dice che A è un anello rispetto a e † , oppure (più correttamente!) che la terna ÐA, , † Ñ è un anello, se A.1 ÐA, Ñ è un gruppo commutativo; A.2 il prodotto è associativo; A.3 il prodotto è distributivo rispetto alla somma. Se inoltre A.4 esiste in A un elemento neutro per il prodotto oppure A.5 il prodotto è commutativo si dice rispettivamente che A è un anello con unità (e l’elemento neutro si dice l’unità di A, e si indica con “"”) oppure che A è un anello commutativo. Naturalmente, se valgono sia la A.4 che la A.5 si dice che A è un anello commutativo con unità. Ricordiamo che, come convenuto in 7.4, gli elementi neutri per la somma e il prodotto si indicano rispettivamente con “!” e “"”; qualora possa esservi confusione con i numeri naturali ! e ", si usano le notazioni “!A ” e “"A ”. Inoltre, secondo quanto stabilito in 7.5, l’opposto di un elemento x si indica con x, l’inverso di un elemento x (se esiste) si indica con x" . Esempi 8.4.1 ™ e sono anelli commutativi con unità rispetto alle ordinarie operazioni di somma e prodotto. 8.4.2 L’insieme dei polinomi a coefficienti in ™ (oppure in ) nell’indeterminata x è un anello commutativo con unità rispetto alle usuali operazioni di somma e prodotto. 8.4.3 L’insieme dei numeri interi pari (cioè della forma #5 con 5 − ™) è un anello commutativo senza unità rispetto alle ordinarie operazioni di somma e prodotto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 58 Osservazione 8.4.4 Sia ÐA, , † Ñ un anello. Per ogni a − A, si ha a † ! œ ! † a œ !. Dimostrazione Ricordiamo che abbiamo convenuto in 7.4 di indicare con ! l’elemento neutro di A rispetto alla somma. Si ha a † ! œ a † (! !) œ a † ! a † ! da cui (sommando ad ambo i membri l’opposto di a † !) si ricava che ! œ a † !. Allo stesso modo si trova che ! † a œ !. Osservazione 8.4.5 Sia ÐA, , † Ñ un anello con unità. Si ha "Á! ossia, l’elemento neutro per il prodotto è necessariamente distinto dall’elemento neutro per la somma. Dimostrazione Se fosse " œ !, per ogni a − A sarebbe aœ a†"œ a†!œ! e dunque in A esisterebbe solo l’elemento !, contro l’ipotesi che A sia un anello (e che dunque appartengano ad A almeno due elementi). Osservazione 8.4.6 Sia ÐA, , † Ñ un anello con unità. Non esiste in A l’inverso di !. Dimostrazione Se a − A, è a † ! œ ! per l’osservazione 8.4.4, e dunque (per l’osservazione 8.4.5) non può essere a † ! œ ". Osservazione 8.4.7 Sia ÐA, , † Ñ un anello con unità. Si ha Ð ") † Ð " ) œ " ; inoltre, per ogni a − A, si ha Ð ") † a œ a. Dimostrazione Per l’osservazione 8.4.4 si ha (applicando la proprietà distributiva) ! œ ! † Ð ") œ Ð" Ð "ÑÑ † Ð "Ñ œ " † Ð "Ñ Ð "Ñ † Ð "Ñ œ " Ð ") † Ð ") e dunque, sommando " ad ambo i membri, la prima parte dell’asserto. Inoltre, sempre applicando l’osservazione 8.4.4 e la proprietà distributiva, Ð ") † a a œ Ð " ) † a " † a œ Ð " " ) † a œ ! † a œ ! e, analogamente, a Ð ") † a œ ! , cosicché Ð ") † a è l’opposto di a. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 59 8.5 - Omomorfismi e isomorfismi tra anelli. Siano ÐA, , † Ñ e ÐB, Š , Ñ anelli. Una funzione f : A Ä B tale che W(f) œ A si dice un omomorfismo tra ÐA, , † Ñ e ÐB, Š , Ñ (o anche, più semplicemente, tra A e B) se f(x y) œ f(x) Š f(y) e f(x † y) œ f(x) f(y) ax, y − A. Un omomorfismo che sia anche una corrispondenza biunivoca si dice isomorfismo. Esempio 8.5.1 Un esempio significativo di omomorfismo tra anelli sarà dato in 8.6 (teorema 8.6.11). Esercizio [*] 8.5.2 Siano ÐA, , † Ñ e ÐB, Š , Ñ anelli, e sia f : A Ä B un isomorfismo tra A e B. Si dimostri che la funzione inversa f " : B Ä A è un isomorfismo tra ÐB, Š , Ñ e ÐA, , † Ñ. 8.6 - L’anello ™8 . In tutta la sezione 8.6 supporremo fissato un numero intero positivo 8. Definiamo nell’insieme ™8 (cfr. 6.4) due operazioni: le indicheremo con “ ” e “ † ”, e le chiameremo rispettivamente somma e prodotto. Se [+], [,] − ™8 , poniamo [+] [,] ³ [+ ,] e [+] † [,] ³ [+ † ,]. Si noti che con lo stesso simbolo “ ” abbiamo indicato a sinistra l’operazione che stiamo definendo in ™8 e a destra la ben nota operazione di somma in ™; analogamente per il ´ spesso si omette, proprio come in ™). Ciò usualmente non dà simbolo “ † ” (che, per di piu, luogo ad ambiguità né a confusione. Si noti inoltre che abbiamo definito la “somma” (e il “prodotto”) di due classi di resto mediante la somma (o, rispettivamente, il prodotto) dei loro rappresentanti: poiché tali rappresentanti non sono univocamente determinati, è importante assicurarsi che la definizione sia “ben posta”, ossia dipenda solo dalle classi considerate e non dai rappresentanti scelti in esse (cfr. l’esempio 4.2.1 e, più avanti, l’esempio 8.6.2). Ciò avviene mediante il Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 60 Teorema 8.6.1 Siano +, ,, +’, ,’ − ™. Se [+] œ [+’] e [, ] œ [, ’], allora [+ , ] œ [+’ , ’] e [+, ] œ [+’, ’]. Dimostrazione Per l’osservazione 6.2.2, se [+] œ [+’] e [,] œ [,’] deve essere + ´ +’ Ðmod 8) e , ´ , ’ Ðmod 8), ossia devono esistere 2, 5 − ™ tali che + +’ œ 28 e , , ’ œ 58. Allora Ð+ ,Ñ Ð+’ , ’Ñ œ Ð+ +’Ñ Ð, , ’Ñ œ 28 58 œ Ð2 5Ñ8 e dunque + , ´ +’ , ’ Ðmod 8) ossia, ancora per l’osservazione 6.2.2, [+ ,] œ [+’ , ’] come si voleva dimostrare. Inoltre, +, +’,’ œ +, +, ’ +, ’ +’, ’ œ +Ð, , ’Ñ , ’Ð+ + ’Ñ œ +58 , ’28 œ Ð+5 , ’5Ñ8 e dunque +, ´ +’,’ Ðmod 8) ossia, ancora per l’osservazione 6.2.2, [+,] œ [+’,’] come si voleva dimostrare. Esempio 8.6.2 Sia 8 œ $. Si ha [#] œ [&], tuttavia [## ] œ ["] Á [#] œ [#& ]. Non sarebbe dunque possibile definire, analogamente a come si è fatto per somma e prodotto, un “elevamento a potenza” in ™8 ponendo [+][,] ³ [+, ]. Analogamente, per 8 œ &, si ha [$] œ [)], tuttavia [#$ ] œ [)] œ [$] Á ["] œ [#&'] œ [#) ]. Teorema 8.6.3 Й8 , Ñ è un gruppo abeliano. Dimostrazione Proviamo in primo luogo che la somma in ™8 è associativa. Se [+], [,], [- ] appartengono a ™8 (con +, ,, - − ™), si ha Ð[+] [,]Ñ [- ] œ [+ , ] [- ] œ [Ð+ ,Ñ - ] œ œ [+ Ð, -Ñ] œ [+] [, -Ó œ [+] Ð[, ] [- ]Ñ perché la somma in ™ è associativa. Si ha poi [+] [!] œ [+ !] œ [+] œ [! +] œ [!] [+] per ogni [+] − ™8 , e dunque [!] è l’elemento neutro per la somma in ™8 . Se [+] − ™8 (con + − ™), si ha l’opposto di [+]. [+] [+] œ [ +] [+] œ [!] e dunque [ +] è Proviamo infine che la somma in ™8 è commutativa. Se [+] e [,] appartengono a ™8 (con +, , − ™), si ha [+] [,] œ [+ ,] œ [, +] œ [, ] [+] perché la somma in ™ è commutativa. L’asserto è così completamente provato. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 61 Esercizio [*] 8.6.4 Si dimostri che Й8 , , † Ñ è un anello commutativo con unità. Esempio 8.6.5 Sia 8 œ '. Si ha [#] † [$] œ [# † $] œ ['] œ [!]; dunque in ™' non vale la legge di annullamento del prodotto. Esempio 8.6.6 Sia 8 œ %. Si ha [#] † [#] œ [# † #] œ [%] œ [!]; dunque in ™% l’elemento [#] Á ! ha per quadrato !. Esempio 8.6.7 Sia 8 œ $. Il polinomio B$ [#]B si annulla per ogni elemento di ™$ , ma non è il polinomio nullo. Esempio 8.6.8 Sia 8 œ '. Si ha [%] œ [%] † [%] œ [%] † [%] † [%] œ [%] † [%] † á [%]. Esercizio 8.6.9 Sia 8 œ '. Risolvere, se è possibile, le seguenti equazioni in ™' nell’incognita B: [$] † B œ [#]; [%] † B œ [#]; [&] † B œ ["]; B# œ [#]; B# ["] œ [!]; [$] † B œ [$]; [%] † B œ [$]; [&] † B œ [#]; B# œ [$]; B# [#] œ [!]; B& [$] † B% B$ [$] † B# [%] † B œ [!]. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 62 Esercizio 8.6.10 Sia 8 œ (. Risolvere, se è possibile, le seguenti equazioni in ™( nell’incognita B: [$] † B œ [#]; [$] † B œ [$]; [%] † B œ [#]; [%] † B œ [$]; [&] † B œ ["]; [&] † B œ [#]; B# œ [#]; B# œ [$]; # B ["] œ [!]. Teorema 8.6.11 La proiezione canonica ™ Ä ™8 è un omomorfismo fra anelli. Dimostrazione Siano +, , − ™. Si ha [+ ,] œ [+] [, ] e [+,] œ [+][, ] per definizione di somma e prodotto in ™8 , e ciò prova l’asserto. 8.7 - I criteri di divisibilità per i numeri interi. Come applicazione della teoria sviluppata nella sez. 8.6, dimostriamo i classici criteri di divisibilità per i numeri interi. In tutta questa sezione, indichiamo con 7 un numero intero e con 8 un numero intero positivo. Ci proponiamo di stabilire condizioni necessarie e sufficienti affinché 7 sia divisibile per 8, ossia (cfr. teorema 6.4.3 ed esercizio 6.4.4) affinché si abbia 7 ´ ! Ðmod 8). Poiché numeri opposti hanno gli stessi divisori, possiamo supporre che sia 7 !. I nostri criteri faranno riferimento alle cifre della rappresentazione posizionale di 7 in base "!; sia dunque 7 œ -5 † "!5 -5" † "!5" á -$ † "!$ -# † "!# -" † "! -! . Per ogni numero intero +, indicheremo con [+] la classe di resto modulo 8 a cui appartiene +; per il teorema 8.6.11, possiamo scrivere Ð æÑ [7] œ [-5 ] † ["!]5 [-5" ] † ["!]5" á [-$ ] † ["!]$ [-# ] † ["!]# [-" ] † ["!] [-! ]. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 63 Teorema 8.7.1 Sia -! l’ultima cifra di 7. Si ha 7 ´ -! Ðmod #) 7 ´ -! Ðmod &) e 7 ´ -! Ðmod "!). Pertanto: 7 è divisibile per # sse l’ultima cifra di 7 è !, #, %, ' oppure ); 7 è divisibile per & sse l’ultima cifra di 7 è ! oppure &; 7 è divisibile per "! sse l’ultima cifra di 7 è !. Dimostrazione Se 8 œ # oppure 8 œ & oppure 8 œ "!, è ["!] œ [!] e quindi dalla ÐæÑ, ricordando l’osservazione 8.4.4, si ricava che [7] œ [-! ] ossia (cfr. osservazione 6.2.2) 7 ´ -! Ðmod 8). Le uniche cifre divisibili per # sono !, #, %, ' e ); le uniche cifre divisibili per & sono ! e &; e l’unica cifra divisibile per "! è !. L’asserto è così completamente provato. Teorema 8.7.2 Siano -# , -" e -! le ultime tre cifre di 7. Si ha 7 ´ -" † ["!] -! Ðmod %) e 7 ´ -# † ["!]# -" † ["!] -! Ðmod )). Pertanto: 7 è divisibile per % sse è divisibile per % il numero formato dalle ultime due cifre di 7; 7 è divisibile per ) sse è divisibile per ) il numero formato dalle ultime tre cifre di 7. Dimostrazione Dalla ÐæÑ si ricava che [7] œ [2! ] † ["!!!] [-# ] † ["!]# [-" ] † ["!] [-! ] œ œ [2" ] † ["!!] [-" ] † ["!] [-! ]. Se 8 œ ), è ["!!!] œ [!] e quindi (ricordando l’osservazione 8.4.4) [7] œ [-# ] † ["!]# [-" ] † ["!] [-! ]; Se 8 œ %, è ["!!] œ [!] e quindi (ricordando ancora l’osservazione 8.4.4) [7] œ [-" ] † ["!] [-! ] come si voleva. Teorema 8.7.3 Sia 7 un numero intero, e siano -5 , -5" á , -# , -" e -! le cifre di 7. Si ha 7 ´ (-5 -5" á -# -" -! Ñ Ðmod $) e 7 ´ (-5 -5" á -# -" -! Ñ Ðmod *) Pertanto: 7 è divisibile per $ [risp.: per *Ó sse è divisibile per $ [risp.: per *] la somma delle sue cifre. Dimostrazione Se 8 œ $ oppure 8 œ *, è ["!] œ ["] e quindi dalla ÐæÑ si ricava che [7] œ [-5 ] † ["]5 [-5" ] † ["]5" á [-# ] † ["]# [-" ] † ["] [-! ] œ œ [-5 ] [-5" ] á [-# ] [-" ] [-! ] œ [-5 -5" á -# -" -! ]. Dall’osservazione 6.2.2 segue l’asserto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 64 Osservazione 8.7.4 Sia 8 œ *. Per il teorema 8.6.11, se + œ , - allora è anche [+] œ [, ] [- ]; se + œ , - allora è anche [+] œ [,] [- ]; se + œ , † - allora è anche [+] œ [,] † [- ]; se + œ ,; < allora è anche [+] œ [,][; ] [<]. Attenzione: non vale il viceversa! Il teorema 8.7.3 giustifica la cosiddetta “prova del *” per la somma, la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione euclidea. Esercizio 8.7.5 Sia 8 œ *. Si trovino dei numeri interi +, , e - tali che + Á ,; < ma [+] œ [, ][; ] [<], mostrando così che la “prova del *” fornisce una condizione necessaria ma non sufficiente per l’esattezza del calcolo. Esercizio [*] 8.7.6 Si enunci una “prova del $” analoga a quella “del *”. Si può enunciare analogamente una “prova del #” ? E una “prova dell’ )” ? E una “prova del "!” ? E una “prova del '” ? Perché la più diffusa è la “prova del *” ? Teorema 8.7.7 Siano -5 , -5" , á , -# , -" e -! le cifre di 7, e supponiamo 5 pari (ponendo -5 ³ ! qualora 7 abbia un numero pari di cifre). Si ha 7 ´ Ð-5 -5" á -# -" -! Ñ Ðmod "") ossia 7 ´ Ð-5 -5# á -# -! Ñ Ð-5" -5$ á -" Ñ Ðmod ""Ñ. Pertanto: 7 è divisibile per "" sse è divisibile per "" la differenza tra la somma delle sue cifre “di posto dispari” e la somma delle sue cifre “di posto pari”. Dimostrazione Se 8 œ "" si ha ["!] œ ["], da cui (per il teorema 8.6.11) ["!]2 œ ["] se 2 è dispari e ["!]2 œ ["] se 2 è pari. Ancora per il teorema 8.6.11, e ricordando che abbiamo scelto -5 in modo che 5 sia pari, dalla ÐæÑ si ricava che [7] œ [-5 ] † ["]5 [-5" ] † Ð ["]Ñ á [-# ] † ["] [-" ] † Ð ["]Ñ [-! ] œ œ [-5 ] [-5" ] á [-# ] [-" ] [-! ] œ [-5 -5" á -# -" -! ]. Dall’osservazione 6.2.2 segue l’asserto. Esercizio [*] 8.7.8 Si enunci una “prova dell’""” analoga a quella “del *”, discutendone in raffronto vantaggi e svantaggi. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 65 9.- CAMPI 9.1 - Campi. Sia F un insieme con almeno due elementi, e siano , † due operazioni in F (che chiameremo rispettivamente somma e prodotto). Si dice che F è un campo rispetto a e † , oppure (più correttamente!Ñ che la terna (F, , † Ñ è un campo, se F.1 (F, , † Ñ è un anello e inoltre F.2 (FÏÖ!×, † Ñ è un gruppo commutativo. Sia (F, , † Ñ un campo. Il fatto che (FÏÖ!×, † Ñ sia un gruppo commutativo comporta in particolare che FÏÖ!× è chiuso rispetto al prodotto. Dunque un prodotto di elementi di F può essere ! solo se almeno uno dei fattori è ! (questa è la cosiddetta legge di annullamento del prodotto). Sia (F, , † Ñ un campo, e sia x − F. Se 8 − ™ , si indica con 8x l’elemento di F ottenuto sommando 8 addendi tutti uguali a x (cioè: 8x ³ x x á x, dove x compare 8 volte al secondo membro); si pone poi Ð 8)x ³ (8x). Convenendo infine che !x œ !F , si è definito il significato della scrittura D x per ogni D − ™. Sia (F, , † Ñ un campo, e sia x − F. Se 8 − ™ , si indica con x8 l’elemento di F ottenuto moltiplicando 8 fattori tutti uguali a x (cioè: x8 ³ x † x † á † x, dove x compare 8 volte al secondo membro). Esempi 9.1.1 è un campo rispetto alle ordinarie operazioni di somma e prodotto. 9.1.2 L’insieme †…(#) œ Ö!, "× è un campo rispetto alle operazioni , † definite ponendo ! ! œ !; ! " œ "; " ! œ " ; " " œ ! ; ! † ! œ ! ; ! † " œ ! ; " † ! œ ! ; " † " œ " . 9.1.3 Sia : un numero primo. L’anello ™: considerato in 8.6 è un campo, che si indica anche con †…(:). Per : œ # si ottiene il campo considerato nell’esempio 9.1.2. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 66 Esercizio [*] 9.1.4 Sia (F, , † Ñ un campo. Si dimostri che ( 7 8 ) x œ 7x 8 x (7x) † (8y) œ (78)(xy) a7, 8 − ™, x − F a7, 8 − ™, x, y − F 9.2 - Isomorfismo tra campi. Siano (F, , † Ñ e (F’, Š , Ñ campi. Una corrispondenza biunivoca f : F Ä F’ si dice un isomorfismo tra F e F’ se f(x y) œ f(x) Š f(y) e f(x † y) œ f(x) f(y) ax, y − F. Due campi tra i quali esista un isomorfismo si “comportano allo stesso modo” rispetto alla somma e al prodotto; si dice anche che “coincidono a meno di isomorfismi”. Esercizio [*] 9.2.1 Siano (F, , † Ñ e (F’, Š , Ñ campi, e sia f : F Ä F’ un isomorfismo tra F e F’. Si dimostri che la funzione inversa f " : F’ Ä F è un isomorfismo tra (F’, Š , Ñ e (F, , † Ñ. 9.3 - Sottocampi. Sia (F, , † Ñ un campo. Un sottoinsieme non vuoto K di F, chiuso rispetto alla somma e al prodotto, si dice sottocampo di F se (K, , † Ñ è ancora un campo. Esempio 9.3.1 non è un sottocampo di (, , † Ñ, pur essendo chiuso rispetto alla somma e al prodotto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 67 9.4 - Campi ordinati. Siano (F, , † Ñ un campo e Ÿ una relazione di ordine totale in F (cfr. 5.2). Si dice che (F, , † , Ÿ Ñ è un campo ordinato se Ð16Ñ 9.4.CO1 aŸb Ê acŸ bc 9.4.CO2 Ða Ÿ bÑ • Ðc !Ñ Ê a a , b , c − F; ac Ÿ bc a a , b , c − F. Le 9.4.CO1 e 9.4.CO2 esprimono in sostanza il fatto che la relazione d’ordine Ÿ è “compatibile” con le operazioni di somma e prodotto definite in F. Esempio 9.4.1 Il campo dei numeri razionali è un campo ordinato. Esempio 9.4.2 Il campo †…(#) considerato nell’esempio 9.1.2 non è un campo ordinato. Mostriamo infatti che: se per una relazione di ordine totale Ÿ in †…(#) valesse la 9.4.CO1 , non potrebbe essere né ! Ÿ " né " Ÿ ! . Se fosse !Ÿ" allora per la 9.4.CO1 dovrebbe essere anche !"Ÿ"" ossia "Ÿ! da cui ! œ " , assurdo. Analogamente, se fosse "Ÿ! allora per la 9.4.CO1 dovrebbe essere anche ""Ÿ!" ossia !Ÿ" da cui ancora ! œ " , assurdo. 16 Tutte le volte che ciò non dia luogo ad ambiguità scriveremo xy anziche´ x † y. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 68 Teorema 9.4.3 Sia (F, , † , Ÿ Ñ un campo ordinato. Comunque presi a, b, c, d − F si ha Ða Ÿ bÑ • Ðc Ÿ dÑ Ê acŸ bd Ð! Ÿ a Ÿ bÑ • Ð! Ÿ c Ÿ dÑ e Ê ac Ÿ bd. Dimostrazione Sia a Ÿ b, c Ÿ d . Per la 9.4.CO1 , da a Ÿ b segue che acŸ bc e da c Ÿ d segue che b c Ÿ b d. Per la proprietà transitiva della relazione Ÿ si ha allora che a c Ÿ b d. Sia inoltre a, b, c, d − F . Per la 9.4.CO2 , da a Ÿ b segue che ac Ÿ bc e da c Ÿ d segue che bc Ÿ bd. Per la proprietà transitiva della relazione Ÿ si ha allora che ac Ÿ bd. Teorema 9.4.4 Sia : un numero primo. Il campo †…(:Ñ (cfr. esempio 9.1.3) non è un campo ordinato. Dimostrazione Procediamo per assurdo, supponendo che esista in †…(:) una relazione di ordine totale Ÿ tale che (†…(:), , † , Ÿ Ñ risulti un campo ordinato. Per l’osservazione 8.4.5, deve essere vera una e una sola delle seguenti due relazioni: " ! oppure " !. Supponiamo in primo luogo che si abbia " !; dal teorema 9.4.3 si ricava che " " á " ðóóóóóñóóóóóò !!á ! ðóóóóóñóóóóóò : " volte : " volte ossia " ! da cui, ancora per il teorema 9.4.3, ""!" assurdo perché abbiamo invece supposto che si abbia ! ". ossia !" Supponendo che si abbia " !, si procede analogamente: dal teorema 9.4.3 si ricava in primo luogo che " ! e poi che ! " giungendo ancora ad un assurdo. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 69 Sia (F, , † , Ÿ Ñ un campo ordinato. Gli elementi x di F per i quali risulta x ! si dicono positivi; l’insieme di tali elementi si indica con F . Gli elementi x di F per i quali risulta x ! si dicono invece negativi; l’insieme di tali elementi si indica con F . Si noti che (poiché Ÿ è per ipotesi una relazione di ordine totale) ÖF , Ö!×, F × è una partizione di F (cfr. 3.7). Teorema 9.4.5 Sia (F, , † , Ÿ Ñ un campo ordinato. Comunque presi a, b, c, d − F si ha che ab Ê a c b c; Ða bÑ • Ðc !Ñ Ða bÑ • Ðc dÑ Ê Ê ac bc; a c b d; Ð! Ÿ a bÑ • Ð! Ÿ c dÑ Ê ac bd. Dimostrazione Se a b, per la 9.4.CO1 deve essere a c Ÿ b c. Se fosse a c œ b c, sommando c ad ambo i membri si avrebbe a œ b, contro l’ipotesi; dunque, a c b c, come si voleva. Se a b e c !, per la 9.4.CO2 deve essere ac Ÿ bc. Se fosse ac œ bc, moltiplicando ambo i membri per c" (che esiste, perché F è un campo e c Á ! essendo c !) si avrebbe a œ b, contro l’ipotesi; dunque, ac bc, come si voleva. Le ultime due implicazioni seguono dalle prime due procedendo come nella dimostrazione del teorema 9.4.3. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 70 Teorema 9.4.6 Sia (F, , † , Ÿ Ñ un campo ordinato, e sia x − F. Si ha Ð17Ñ x − F Í x − F . Dimostrazione Sia x − F . Allora x! e dunque (per il teorema 9.4.5, sommando x ad ambo i membri) ! x ossia x − F . Viceversa, sia x − F . Allora x ! e dunque (per il teorema 9.4.5, sommando x ad ambo i membri) !x ossia x − F come si voleva. Teorema 9.4.7 Sia (F, , † , Ÿ Ñ un campo ordinato. Per ogni x − F, si verifica uno e uno solo dei seguenti casi: x − F oppure xœ! oppure x − F . Dimostrazione Sia x − F. Proviamo in primo luogo che si verifica almeno uno dei casi x − F , x œ !, x − F . Poiché la Ÿ è per ipotesi una relazione di ordine totale in F, sarà ! Ÿ x oppure x Ÿ ! ; se ! Ÿ x, si ha x œ ! oppure x − F ; se x Ÿ ! si ha x œ ! oppure x − F , ossia (per il teorema 9.4.5) x − F . Proviamo ora che si verifica uno solo dei casi x − F , x œ !, x − F . Se x œ ! (e quindi anche x œ !) non può essere x − F né x − F per definizione di F . Se fosse x − F e x − F , sarebbe x ! e x ! (da cui ancora ! x), ossia x œ ! (per la proprietà antisimmetrica) che è assurdo per la definizione di F . 17 Si ricordi che x indica l’opposto di x, cioè il simmetrico di x rispetto alla somma, come convenuto in 8.4. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 71 Teorema 9.4.8 Sia (F, , † , Ÿ Ñ un campo ordinato. Comunque scelti x, y − F, si ha: ( 3) Ðx Ÿ yÑ Ê Ð y Ÿ xÑ ; (33) x# ! ; inoltre, Ðx# œ !Ñ Í Ðx œ !Ñ ; (333) " ! (e, quindi, " !); inoltre, 5 † " ! per ogni 5 − ™ ; (3@) Ðx !Ñ Í Ðx" !Ñ ; (@ ) Ðx y !Ñ Ê Ðx" Ÿ y" Ñ ; (@3) Ðx, y !Ñ Ê Ða5 − ™ ÑÐÐx5 y5 Ñ Í Ðx yÑÑ; (@33) Ð! x "Ñ Ê Ðx# xÑ. Dimostrazione Proviamo la (3). Dalla x Ÿ y segue subito (sommando x ad ambo i membri) che y x !. Se y x œ !, allora x œ y e quindi x œ y, da cui in particolare y Ÿ x. Se y x !, è y x − F e quindi (per il teorema 9.4.6) x y !, da cui infine (sommando x ad ambo i membri) x y e dunque x y, come si voleva. Proviamo la (33). Per la legge di annullamento del prodotto e per l’osservazione 8.4.4, è chiaro che x# œ ! se e solo se x œ !. Se x !, allora x# ! † x (per la 9.4.CO2 ), e dunque x# ! ricordando ancora l’osservazione 8.4.4. Se x !, allora x ! (per il teorema 9.4.7) e dunque Ð x)# ! per quanto appena visto. D’altro lato, Ð x)# œ ÐÐ ") † x)# œ Ð ")# x# œ x# ricordando l’osservazione 8.4.7. Poiché " œ "# , e " Á !, dalla (33) segue che " !; per induzione su 5 si prova facilmente la (333). Essendo (x" Ñ" œ x, per provare la (3@) basta mostrare che Ðx !Ñ Ê Ðx" !Ñ. Sia allora x !. Se fosse x" ! (non può essere x" œ ! per l’osservazione 8.4.4) sarebbe x" ! (per il teorema 9.4.6), e quindi x" † x ! † x (per il teorema 9.4.5) ossia " ! contro la (333). Proviamo ora la (@). Sia x y !. Per la (3@) è anche x, y !; dunque x" y" ! per la 9.4.CO2 . Applicando ancora la 9.4.CO2 (con c œ x" y" Ñ alla x y, si trova y" x" , come si voleva. La (@3) equivale alla (x y)(x 5" x 5# y x 5$ y# á x y 5# y 5" Ñ ! Í xy ! che è immediata per la 9.4.CO2 essendo per ipotesi x, y ! e quindi anche x 5" x 5# y x 5$ y# á x y 5# y 5" !. Proviamo infine la (@33). Poiché per ipotesi x !, per il teorema 9.4.5 si ha che Ðx "Ñ Ê Ðx# xÑ e Ðx "Ñ Ê Ðx# xÑ da cui l’asserto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 72 Osservazione 9.4.9 In un campo ordinato, l’equazione x# " œ ! nell’incognita x non ha soluzioni. Dimostrazione Infatti, x# " œ ! equivale a x# œ " ; ma x# ! per ogni x − F (per la (33) del teorema 9.4.8) e " ! (per la (333) dello stesso teorema 9.4.8). Siano (F, , † , Ÿ Ñ e (F’, Š , , £ Ñ campi ordinati. Si dice isomorfismo tra (F, , † , Ÿ Ñ e (F’, Š , , £ Ñ un isomorfismo tra i campi (F, , † Ñ e (F’, Š , Ñ (cfr. 9.2) per il quale sia inoltre xŸy Í f(x) £ f(y) ax, y − F. Esercizio [*] 9.4.10 Siano (F, , † , Ÿ Ñ e (F’, Š , , £ Ñ campi ordinati, e sia f : F Ä F’ un isomorfismo tra F e F’. Si dimostri che la funzione inversa f " : F’ Ä F è un isomorfismo tra (F’, Š , , £ Ñ e (F, , † , Ÿ Ñ. Teorema 9.4.11 Ogni campo ordinato possiede un sottocampo isomorfo a . Dimostrazione Sia (F, , † , £ Ñ un campo ordinato. Definiamo una funzione : : " Ä F ponendo :Ð 7 a7 8 Ñ œ Ð7"F ÑÐ8"F Ñ 8 − . Si dimostra (ma noi omettiamo i dettagli) che : è “ben definita” (cioè che :( 7 8 Ñ non dipende 7 7 dalla frazione 8 ma solo dal numero razionale che 8 rappresenta), che : è iniettiva (e quindi, poiché W(:) œ , : è una biiezione tra e :(), cfr. 4.4), e infine che : è un isomorfismo fra campi ordinati. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 73 10.- IL CAMPO DEI NUMERI REALI 10.1 - Definizione di ‘. Numeri razionali, irrazionali, algebrici, trascendenti. Vale il seguente importante teorema del quale omettiamo la dimostrazione: Teorema 10.1.1 Esiste un campo ordinato completo, e tutti i campi ordinati completi sono isomorfi fra loro. Il teorema 10.1.1 consente di porre la seguente definizione: si dice campo dei numeri reali, e si indica con ‘, un campo ordinato completo. Nel seguito, coi simboli “!” e “"” indicheremo sempre gli elementi neutri di ‘ per, rispettivamente, la somma e il prodotto. Per il teorema 9.4.11, l’insieme dei numeri reali che si possono scrivere nella forma Ð7 † "Ñ † Ð8 † "Ñ" con 7, 8 − ™ è un sottocampo di ‘ isomorfo al campo dei numeri razionali. Gli elementi di tale sottocampo si dicono reali razionali; gli elementi del complementare si dicono reali irrazionali. Nel seguito identificheremo sempre, come è usuale, il numero reale razionale Ð7 † "Ñ † Ð8 † "Ñ" con il numero razionale rappresentato dalla frazione 7 8 . Sia ! − ‘. Si dice che ! è algebrico se esiste un polinomio pÐBÑ − ™[B] tale che pÐ!Ñ œ !, ossia se ! è radice di un opportuno polinomio a coefficienti interi. Si dice che ! è trascendente se non è algebrico, ossia se non è radice di alcun polinomio a coefficienti interi. Osservazione 10.1.2 Ogni numero razionale è algebrico. Dimostrazione Sia 7 8 − . Allora 7 8 è radice del polinomio 8B 7 − ™[B]. Per l’osservazione 10.1.2, ogni numero trascendente è irrazionale; esistono tuttavia numeri irrazionali algebrici (cfr. 10.3). In altri termini, l’insieme dei numeri razionali è un sottoinsieme proprio dell’insieme dei numeri algebrici che a sua volta è un sottoinsieme proprio di ‘. Si dice valore assoluto di B e si indica con ± B ± la funzione ‘ Ä ‘ così definita: B se B ! ±B± ³œ B se B ! . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 74 10.2 - La rappresentazione dei numeri reali sulla retta. Supponiamo di aver fissato nel piano una unità di misura h . I numeri reali ci consentono di assegnare una misura anche ai segmenti non commensurabili con h : per ogni segmento f , si considera l’insieme delle misure di tutti i segmenti contenuti in f e commensurabili con h (cfr. 1.4); tale insieme non è vuoto ed è superiormente limitato (cfr. [9], Assioma V-1) e dunque, per la completezza di ‘, ammette un estremo superiore, che si assume come misura di f . Se P" , P# sono punti distinti del piano, la misura del segmento che li ha per estremi si dice distanza fra P" e P# , e si indica con d(P" , P# Ñ. Conviene definire la distanza tra punti anche nel caso in cui questi coincidano; se P è un punto del piano, si pone d(P, P) œ !. Si può dimostrare il seguente importante teorema: Teorema 10.2.1 Esiste una corrispondenza biunivoca f tra l’insieme e dei punti della retta e l’insieme ‘ dei numeri reali. Fissati in e due punti O (origine) e U (punto unità), f resta univocamente determinata dalle condizioni Ð3Ñ fÐ O ) œ ! ; Ð33Ñ fÐUÑ œ "; Ð333Ñ comunque presi P" , P# − e, il segmento P" P# ha misura |fÐP" Ñ fÐP# Ñ| rispetto all’unità di misura OU. Una corrispondenza biunivoca fra e e ‘ che verifichi le condizioni Ð3Ñ, Ð33Ñ e Ð333Ñ del teorema 10.2.1 si dice un sistema di riferimento cartesiano su e, oppure un sistema di ascisse su e; per il teorema 10.2.1, essa resta completamente individuata dalla scelta dei punti O e U. Osservazione 10.2.2 Sia f un sistema di riferimento cartesiano su e. La funzione inversa f " (cfr. 4.6) è una corrispondenza biunivoca fra ‘ e e che “estende” la rappresentazione dei numeri razionali descritta in 1.8. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 75 10.3 - La radice 8-sima di un numero reale. 8 Sia + − ‘ , e sia 8 − . Si dice radice 8-sima di +, e si indica con È + , un numero 8 reale < ! tale che sia < œ +. Teorema 10.3.1 Per ogni + − ‘ , e per ogni 8 − , esiste una e una sola radice 8-sima di +. Cenno sulla dimostrazione Sia X œ ÖB − ‘ /B8 Ÿ a×. L’insieme X è superiormente limitato (da + se + ", da " altrimenti) e dunque ha un estremo superiore B! : si dimostra che B8! œ + mostrando che non può essere B8! + né B8! + (nel caso 8 œ #, tale dimostrazione è identica a quella che abbiamo visto in 5.6.4). Che la radice 8-sima di + sia unica segue poi dal fatto che Ð! B CÑ Ê ÐB8 C 8 Ñ. La nozione di radice n-sima si estende ai numeri reali negativi quando 8 è dispari, 8 8 È ponendo per + ! e 8 dispari + ³ È +. 10.4 - Potenze in ‘. Sia , un numero reale, e sia ! un numero naturale. Se ! #, si dice potenza di base , ed esponente !, e si indica con ,! , il prodotto di ! fattori uguali a ,. Si pone poi ," ³ , e ,! ³ ". Si dimostra facilmente che, comunque presi +, , − ‘ e comunque presi !, " − ™ , valgono le proprietà 10.4.P1 Ð+,Ñ! œ +! ,! ; 10.4.P2 + ! " œ + ! + " ; 10.4.P3 Ð+! Ñ" œ +!" . Sia , un numero reale, e sia ! un numero intero positivo. Si dice potenza di base , ed esponente !, e si indica con ,! , il reciproco della potenza di base , ed esponente !, ossia ,! ³ Ð,! Ñ" . Si dimostra facilmente che continuano a valere le proprietà 10.4.P1 , 10.4.P# e 10.4.P$ comunque presi +, , − ‘ e comunque presi !, " − ™. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 76 Teorema 10.4.1 Siano 7" , 7# − ™ e 8" , 8# − ™ tali che 7" 8" œ 7# 8# . Per ogni , − ‘ , si ha 8" 8# È , 7" œ È , 7# . Dimostrazione Procediamo per assurdo, e supponiamo che sia (ad esempio) 8" Poiché È , 7" e teorema 9.4.8) 8" 8# È , 7" È , 7# . 8# È ,7# sono per definizione maggiori di zero, si ha allora (per la (@3) del 8" , 7" ‹ ŠÈ D’altro lato, per la 10.4.P3 , 8" , 7" ‹ ŠÈ e analogamente # , 7# ‹ ŠÈ 8 8" 8# 8" 8 # # ŠÈ , 7# ‹ 8 " œ ŠŠÈ , 7" ‹ ‹ # œ ŠÈ , 7# ‹ 8 8" 8# 8 " 8# 8 8" 8 # œ ab7" b8# œ b7" 8# # œ ŠŠÈ , 7# ‹ ‹ 8# 8 " 8 . 8# 8" œ ab7# b8" œ b7# 8" . Pertanto ,7" 8# ,7# 8" , e ciò è assurdo perché per ipotesi 7" 8# œ 7# 8" . Sia ora , un numero reale positivo, e sia ! un numero razionale, ! œ 8−™ . 7 8 con 7 − ™ e Si dice potenza di base , ed esponente !, e si indica con ,! , la radice 8-sima (cfr. 10.3) della potenza di base , ed esponente 7, ossia 8 ,8 ³ È ,7 . 7 Per il teorema 10.4.1, la definizione data non dipende dalla particolare frazione 7 8 scelta per rappresentare !. Si può dimostrare che continuano a valere le proprietà 10.4.P1 , 10.4.P# e 10.4.P$ comunque presi +, , − ‘ e comunque presi !, " − . Sia , un numero reale maggiore di ", e sia ! un numero reale. L’insieme ÖB − ‘ / B œ ,> con > numero (reale) razionale minore o uguale ad !× non è vuoto, e (si può dimostrare che) è superiormente limitato da ogni numero reale della forma ,8 con 8 numero (reale) razionale maggiore di !. Tale insieme ha pertanto estremo superiore. Si dice potenza di base , ed esponente !, e si indica con ,! , l’estremo superiore di tale insieme, ossia ,! ³ sup ÖB − ‘ / B œ ,> con > numero (reale) razionale minore o uguale ad !×. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 77 Sia , un numero reale positivo minore di ", e sia ! un numero reale. L’insieme ÖB − ‘ / B œ ,> con > numero (reale) razionale minore o uguale ad !× non è vuoto, e (si può dimostrare che) è inferiormente limitato da ogni numero reale della forma ,8 con 8 numero (reale) razionale maggiore di !. Tale insieme ha pertanto estremo inferiore. Si dice potenza di base , ed esponente !, e si indica con ,! , l’estremo inferiore di tale insieme, ossia ,! ³ inf ÖB − ‘ / B œ ,> con > numero (reale) razionale minore o uguale ad !×. Si pone infine "! ³ " per ogni ! − ‘. Si è così definita la potenza di base , ed esponente ! per ogni numero reale positivo , e per ogni numero reale !. Si noti che tale potenza risulta sempre essere un numero reale positivo. Si può dimostrare che continuano a valere le proprietà 10.4.P1 , 10.4.P# e 10.4.P$ comunque presi +, , − ‘ e comunque presi !, " − . Teorema 10.4.2 Sia , un numero reale positivo diverso da ". L’applicazione exp, : ‘ Ä ‘ definita ponendo exp, ÐBÑ ³ ,B è un isomorfismo tra i gruppi Б, Ñ e Б , † Ñ. Dimostrazione Poiché , !, W(exp, Ñ œ ‘; per la 10.4.P# , exp, è un omomorfismo tra i gruppi Б, Ñ e Б , † Ñ. Omettiamo la dimostrazione della iniettività e della suriettività di exp, . Sia , un numero reale positivo diverso da ", e sia exp, : ‘ Ä ‘ l’isomorfismo considerato nel teorema 10.4.2. La funzione inversa (cfr. 4.6) è un isomorfismo tra i gruppi Б , † Ñ e Б, Ñ che si dice logaritmo in base , e si indica con log, . Si ha dunque C œ log, ÐBÑ Í , C œ B. Teorema 10.4.3 Siano +, , numeri reali positivi diversi da ". Per ogni B − ‘ , si ha log, ÐBÑ œ log+ ÐBÑ log+ Ð,Ñ . Dimostrazione Dobbiamo provare che log+ ÐBÑ œ log+ Ð,Ñ † log, ÐBÑ, ossia che +log+ Ð,цlog, ÐBÑ œ B. In effetti, come si voleva. +log+ Ð,цlog, ÐBÑ œ ˆ+log+ Ð,Ñ ‰ log, ÐBÑ œ ,log, ÐBÑ œ B Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 78 10.5 - L’insieme ‘8 . Sia 8 un numero intero positivo. Coerentemente con quanto già stabilito in 3.9, diremo 8-pla ordinata di numeri reali un ente caratterizzato da 8 numeri reali (detti componenti dell’8-pla) e dall’ordine in cui questi vengono considerati. L’insieme di tutte le 8-ple ordinate di numeri reali si indica con ‘8 . Gli elementi di ‘# (cioè, le #-ple ordinate di numeri reali) si dicono coppie ordinate di numeri reali. Gli elementi di ‘$ (cioè, le $-ple ordinate di numeri reali) si dicono terne ordinate di numeri reali. Esempio 10.5.1 Sono coppie ordinate di numeri reali: Ð1, $ # Ñ; Ð&, "#); ÐÈ( #, 1& È$ Ñ. Sono terne ordinate di numeri reali: (", !, $); ÐÈ1 ", "#&, Sono %-ple ordinate di numeri reali: Ð ( "& Ñ; Ð#, "#, )). È& #1 , (, "$, %"%); (", !, ", !); ÐÈ#, 1, ", È$Ñ. È$ Sia 8 un numero intero positivo. Nell’insieme ‘8 è utile definire un’operazione (cfr. 7.1) detta somma e indicata con , ponendo: Ð+" , +# , á , +8 Ñ Ð," , ,# , á , ,8 Ñ ³ Ð+" ," , +# ,# , á , +8 ,8 Ñ . Si definisce anche il prodotto di un elemento di ‘8 per un numero reale, ponendo: - Ð+" , +# , á , +8 Ñ ³ Ð- +" , - +# , á , - +8 Ñ per ogni - − ‘ e per ogni Ð+" , +# , á , +8 Ñ − ‘8 . Si noti che questo “prodotto” non è un’operazione nel senso definito in 7.1. Esempio 10.5.2 Si ha (", #, $) ($, $, ") œ (%, ", #) e (&, 1, ", ') ($, 1, $, ") œ (), !, #, (). La scrittura (", #, $) (&, 1, ", ') non ha senso (infatti si è definita la somma in ‘8 per ogni numero intero positivo 8 ma non si è definita la somma fra un elemento di ‘8 e un elemento di ‘7 quando 8 Á 7). Si ha $ Ð", #, %) œ Ð$, ', "#) e 1 (" , ! , # $ , "# Ñ œ (1, !, #1 $ , 1# Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 79 11.- ELEMENTI DI CALCOLO COMBINATORIO 11.1 - Introduzione. Sia dato un numero finito 8 di oggetti (8 − ). A partire da questi, si possono con vari criteri individuare “raggruppamenti” (espressione volutamente vaga, che potremo precisare solo caso per caso) di 5 oggetti (5 − ). Ad esempio: scegliere 5 oggetti, anche ripetuti; scegliere 5 oggetti tutti distinti fra loro (in questo caso dovrà essere 5 Ÿ 8); come sopra, e inoltre stabilire un ordinamento degli oggetti scelti. In ciascuno di questi casi, fissato cioè un certo criterio di formazione dei raggruppamenti, ha interesse chiedersi quanti distinti raggruppamenti si possono formare col criterio dato (che cosa si debba intendere per “distinti” dipende dal criterio di formazione scelto). Il “calcolo combinatorio” risponde a questa domanda, fornendo in funzione di 8 e 5 il numero dei “raggruppamenti distinti” che si possono formare in base a ciascuno dei criteri sopra elencati. In tutto questo capitolo, supporremo fissato un insieme finito A8 œ Öa" , a# , á , a8 ×. È ovvio, e lo osserviamo una volta per tutte, che quanto diremo non dipende in alcun modo dalla “natura” degli elementi a" , a# , á , a8 ma solo dal numero naturale 8; in particolare, non perdiamo in generalità nel ragionamento “etichettando” gli elementi di A8 con i numeri naturali da " a 8 (come abbiamo fatto apponendovi l’indice). 11.2 - 5 -disposizioni con ripetizione. Quante “colonne” bisogna giocare al “Totocalcio” per essere sicuri di “fare "%”? Tutte quelle possibili, ovviamente. E quante sono? Abbiamo qui un insieme di tre “oggetti” (i simboli “"”, “X”, “#”Ñ: usandoli anche ripetutamente dobbiamo formare tutti i possibili raggruppamenti di "% oggetti ordinati in tutti i modi possibili. Il primo oggetto può essere scelto in tre modi diversi. Poiché ogni oggetto può apparire anche più volte, per ciascuna di queste tre scelte ve ne sono tre possibili per il secondo oggetto; per ciascuna delle nove Ð œ $ † $) possibilità così ottenute ve ne sono tre per la scelta del terzo oggetto; e così via, ottenendo in tutto $ † $ † á † $ œ $"% Ð œ %.()#.*'*) possibili “colonne” del “Totocalcio”. Formalizziamo ora questo ragionamento per il caso generale. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 80 Sia 5 un numero naturale. Si dice 5 -disposizione (con ripetizione) di a" , a# , á , a8 (o anche disposizione di a" , a# , á , a8 a 5 a 5 ) ogni 5 -pla ordinata di elementi di A8 (cioè ogni elemento del prodotto cartesiano (A8 Ñ5 Ñ. Naturalmente l’espressione “con ripetizione” (che infatti abbiamo scritto fra parentesi) sta ad indicare la possibilità, non l’obbligatorietà che qualche elemento di A8 compaia più volte nella 5 -pla; le “ripetizioni” sono forzate solo se 5 8 (come nell’esempio sopra). Teorema 11.2.1 Sia 5 un numero intero positivo. Il numero delle 5 -disposizioni (con ripetizione) di a" , a# , á , a8 è 85 . Dimostrazione Si tratta di provare che |(A8 Ñ5 | œ 85 . Ciò si prova facilmente per induzione su 8 osservando che per due insiemi finiti A, B si ha |A ‚ B| œ |A| † |B|. Esercizio 11.2.2 Il codice di accesso a una banca dati è una sequenza ordinata di cinque caratteri alfanumerici (lettere dell’alfabeto inglese e cifre). Quanti sono i codici possibili? Soluzione Sono tanti quante le disposizioni con ripetizione di $' Ð œ #' "!) oggetti a & a &, cioè $'& œ '!.%''."('. Esercizio 11.2.3 In una nazione, le automobili sono targate con sequenze ordinate di sei cifre; in un’altra, con sequenze ordinate di cinque caratteri alfanumerici escludendo le lettere “I”, “O”, “Q”, “B” che possono dar luogo ad ambiguità di lettura da lontano. Quante auto possono essere targate con questi metodi? Soluzione Col primo metodo si possono targare "!' Ð œ ".!!!.!!!) auto; col secondo, $#& œ $$.&&%.%$#. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 81 11.3 - 5 -disposizioni semplici. Supponiamo che ad una gara di atletica partecipino otto atleti. Quante sono le possibili disposizioni degli atleti sul podio al termine della gara? Prescindiamo naturalmente dalle capacità agonistiche degli atleti. Abbiamo qui un insieme di otto elementi (gli atleti) con i quali dobbiamo formare tutti i possibili raggruppamenti costituiti da tre elementi distinti ordinati in tutti i modi possibili. Il primo atleta può essere scelto in otto modi diversi; per ciascuna di queste otto scelte ve ne sono sette possibili per il secondo; per ciascuna delle &' Ð œ ( † )) possibilità così ottenute ve ne sono ' per la scelta del terzo atleta. Si ottengono in tutto ) † ( † ' œ $$' possibili disposizioni. Le disposizioni che abbiamo considerato con questo esempio sono particolari 5-disposizioni: in esse infatti gli elementi che compaiono sono tutti distinti; esse si dicono 5-disposizioni semplici. Ne diamo adesso la definizione precisa. Sia 5 un numero naturale minore o uguale a 8. Si dice 5 -disposizione semplice di a" , a# , á , a8 (o anche disposizione semplice di a" , a# , á , a8 a 5 + 5 ) ogni 5 -pla ordinata di elementi di A8 tutti distinti fra loro. Quante sono le 5 -disposizioni semplici di 8 oggetti? A differenza di quanto avviene per le disposizioni con ripetizione, nel formare una 5 -disposizione semplice si può scegliere in 8 modi diversi soltanto il primo elemento; per la scelta del secondo si hanno 8 " possibilità, per quella del terzo 8 #, e così via fino al 5 -simo per il quale si hanno soltanto 8 (5 ") possibilità. Esistono perciò in tutto 8 † (8 ") † á † (8 5 ") 5 -disposizioni semplici di 8 oggetti. Teorema 11.3.1 Sia 5 un numero intero positivo minore o uguale a 8. Il numero delle 5 -disposizioni semplici di a" , a# , á , a8 è 8 † (8 ") † á † (8 5 "). Dimostrazione Il ragionamento che abbiamo fatto sopra può essere formalizzato procedendo per induzione. Basta osservare che da ogni (5 ")-disposizione semplice di a" , a# , á , a8 si può ottenere una 5 -disposizione semplice “aggiungendo” uno dei restanti 8 (5 ") Ð œ 8 5 ") elementi: con questa costruzione, ogni (5 ")-disposizione semplice dà luogo a 8 5 " 5 -disposizioni distinte; d’altro lato, (5 ")-disposizioni semplici distinte danno luogo a 5 -disposizioni semplici distinte (perchè differiscono in uno dei primi 5 " elementi). Dunque, se il numero delle (5 ")-disposizioni semplici distinte è D5" , il numero delle 5 -disposizioni semplici è (8 5 ") † D5" . Procediamo allora per induzione su 5 . Se 5 œ ", è immediato che le "-disposizioni semplici di a" , a# , á , a8 sono 8. Supponiamo allora (ipotesi di induzione) che le 2-disposizioni semplici siano 8 † (8 ") † á † (8 2 "); per quanto sopra osservato, le (2 ")-disposizioni semplici di a" , a# , á , a8 sono (8 † (8 ") † á † (8 2 ")Ñ † (8 2 ), come si voleva. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 82 Esercizio 11.3.2 Quante bandiere tricolori (formate da tre bande verticali colorate) si possono formare con cinque colori assegnati? Soluzione La risposta è & † % † $ œ '!. Particolare importanza riveste il caso 5 œ 8: il problema non è in questo caso quello di scegliere gli elementi (vanno presi tutti!Ñ ma quello di ordinarli. Il numero dei modi distinti in cui ciò si può fare è 8 † (8 ") † á † $ † # † ", cioè il prodotto dei primi 8 numeri naturali: tale numero si indica con 8! (leggi: “8 fattoriale”Ñ. Osservazione 11.3.3 Ricordiamo (cfr. 4.4) che si dice permutazione su A8 ogni corrispondenza biunivoca A8 Ä A8 . Ogni permutazione 1 di A8 individua una 8-disposizione semplice di a" , a# , á , a8 , precisamente la Ð 1(a" Ñ, 1(a# Ñ, á , 1(a8 Ñ Ñ; è chiaro che permutazioni distinte individuano 8 disposizioni distinte e che si ottengono così tutte le 8 disposizioni semplici di a" , a# , á , a8 . Dunque i due concetti (permutazione su A8 , 8-disposizione semplice di a" , a# , á , a8 Ñ si possono identificare. Con la notazione sopra introdotta, e ponendo per comodità !! œ ", possiamo riformulare l’enunciato del teorema 11.3.1: Teorema 11.3.4 Sia 5 un numero intero positivo minore o uguale a 8. Il numero delle disposizioni semplici di 8 oggetti a 5 a 5 è 8! (85 )! . In particolare, il numero delle permutazioni su 8 oggetti è 8!. Esercizio 11.3.5 Quante sono le possibili classifiche finali di un campionato di calcio a #! squadre? Naturalmente prescindiamo, anche qui, dalle capacità agonistiche delle squadre. Soluzione La risposta è: #!! Ð ¶ #,%$$ † "!") Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 83 Esercizio 11.3.6 Una certa emittente televisiva privata trasmette solo film. In quanti modi diversi può organizzare un palinsesto di & film scegliendoli tra ( titoli? (! Soluzione La risposta è #! Ð œ ( † ' † & † % † $ œ #.&#!). Esercizio 11.3.7 Quanti anagrammi (a prescindere dal senso) si possono ottenere dalla parola “ramo”? E quanti dalla parola “mamma”? Soluzione Gli anagrammi di “ramo” sono tanti quante le permutazioni su % oggetti, ossia %! Ð œ #%). Se anagrammiamo la parola “mamma”, non ha senso distinguere fra loro gli anagrammi che differiscono per una permutazione sulle tre “m”, o quelli che differiscono per una permutazione sulle due “a”. &! Si ottengono dunque $!†#! anagrammi distinti. 11.4 - 5 -combinazioni semplici. Supponiamo che un giornale quotidiano lanci un concorso basato sulle quotazioni in borsa di %) titoli numerati da " a %). Vengono distribuite tesserine contenenti ciascuna ) numeri diversi compresi tra " e %); quante diverse tesserine possono essere distribuite? Si noti che i numeri su ciascuna tesserina sono sempre disposti in ordine strettamente crescente: ciò significa che dobbiamo formare tutti i possibili raggruppamenti di ) numeri distinti (scelti tra " e %)) senza poterli distinguere in base all’ordine dei numeri (perché tale ordine resta univocamente determinato dalla scelta dei numeri). Sia 5 un numero naturale minore o uguale a 8. Si dice 5 -combinazione semplice di a" , a# , á , a8 (o anche combinazione semplice di a" , a# , á , a8 a 5 a 5 ) ogni 5 -pla ordinata (a3" , a3# , á , a35 Ñ per la quale sia i" i# á i5 . È utile (lo vedremo più avanti) formalizzare la definizione di 5 -combinazione semplice utilizzando, come abbiamo fatto, la nozione di 5 -pla ordinata; bisogna però aver ben chiaro che l’ordinamento è determinato dagli elementi, e quindi le 5 -combinazioni semplici sono individuate solo dalla scelta degli elementi, e non dal loro ordinamento. Lo ribadiamo col seguente teorema: Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 84 Teorema 11.4.1 Le 5 -combinazioni semplici di a" , a# , á , a8 sono in corrispondenza biunivoca con i sottoinsiemi di Öa" , a# , á , a8 × che hanno cardinalità 5 . Dimostrazione Sia V l’insieme delle 5 -combinazioni semplici di a" , a# , á , a8 , e sia f l’insieme dei sottoinsiemi di A8 formati da 5 elementi. Sia f : V Ä f la funzione che alla 5 -combinazione semplice (a3" , a3# , á , a35 Ñ associa l’insieme Öa3" , a3# , á , a35 × (poiché per ipotesi 3" 3# á 35 , gli elementi a3" , a3# , á , a35 sono tutti distinti e dunque effettivamente Öa3" , a3# , á , a35 × − f ). Proviamo che f è suriettiva: se Öa4" , a4# , á , a45 × − f , riordinando opportunamente i suoi elementi possiamo ottenere una 5 -combinazione semplice, la cui immagine mediante f è proprio Öa4" , a4# , á , a45 ×. Proviamo infine che f è iniettiva: 5 -combinazioni semplici che hanno la stessa immagine mediante f sono formate dagli stessi elementi; poiché tali elementi possono essere ordinati in un solo modo rispettando la condizione che gli indici siano strettamente crescenti, le 5 -combinazioni semplici da cui eravamo partiti devono coincidere. Teorema 11.4.2 Sia 5 un numero naturale minore o uguale a 8. n! Il numero delle 5 -combinazioni semplici di a" , a# , á , a8 è k!†(85 )! . Dimostrazione Sia W l’insieme delle 5 -disposizioni semplici di a" , a# , á , a8 . Definiamo in W la seguente relazione: (a3" , a3# , á , a35 Ñ µ (a4" , a4# , á , a45 Ñ se e solo se esiste una permutazione 1 su 3" , 3# , á , 35 tale che 1(3" Ñ œ j" , 1(3# Ñ œ j# , á , 1(35 Ñ œ j5 . Si verifica facilmente che µ è una relazione di equivalenza su W, e che ogni 5 -combinazione semplice appartiene ad una e una sola classe di equivalenza. Ogni classe di equivalenza ha 5 ! elementi (perchè le permutazioni su 5 oggetti sono 5 !, cfr. 11.3.4), dunque le classi di equivalenza sono |W | 8! 5 ! œ 5 !†(85 )! . Questo è anche il numero delle 5 -combinazioni semplici di a" , a# , á , a8 . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 85 Sia 5 un numero naturale minore o uguale a 8. Il numero 8! 5 !†(85 )! si indica con ˆ 5 ‰ (leggi: “8 su 5 ”Ñ. Tutti i numeri della forma ˆ 5 coefficienti binomiali. 8 ‰ (con 5 Ÿ 8) si dicono 8 Possiamo così riformulare il teorema 11.4.2: Teorema 11.4.3 Sia 5 un numero naturale minore o uguale a 8. Il numero delle 5 combinazioni semplici di a" , a# , á , a8 è ˆ 85 ‰. Esempio 11.4.4 ˆ %) ‰œ ) Il numero delle tesserine contenenti ciascuna ) diversi numeri naturali compresi tra " e %) è %)†%(†%'†%&†%%†%$†%#†%" œ $((.$%).**%. )†(†'†&†%†$†# Il teorema che segue espone le relazioni più importanti che intercorrono fra i coefficienti binomiali: su di esse, fra l’altro, è fondata la regola pratica per il calcolo dei coefficienti binomiali. Teorema 11.4.5 8 ‰ ˆ 85 ‰ œ ˆ 85 ; ˆ Sia 5 un numero naturale minore o uguale a 8. Si ha (+ ) (- ) 5 † ˆ 5 8 (, ) ‰ œ 8 † ˆ 8" ‰ 5" ; 8 5 ‰œˆ (. ) 8" 5 ‰ˆ 8" 5" ˆ 8! ‰ œ ". ‰; Dimostrazione Si tratta di semplici verifiche. 8 ‰ ˆ 85 œ Proviamo la (+). 8! 8! 8! (85 )!†(8(85 )Ñ! œ (85 )!†5 ! œ 5 !†(85 )! œ ˆ 85 ‰. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 86 8" ‰ ˆ 8" ‰ ˆ 5 5" œ Proviamo la (,). Si ha (8")! (8")! 5 !†(85")! (5")!†(85 )! . Riduciamo allo stesso denominatore le due frazioni al secondo membro; a tale scopo, 85 5 moltiplichiamo la prima per 85 e la seconda per 5 . Si ottiene (8")!†(85 ) (8")!†5 (8")!†(855 ) 8! œ œ 5 !†(85 )! œ 5 !†(85 )! 5 !†(85 )! 5 !†(85 )! 5†ˆ 5 ‰œ5† (8")! 8! 8! ˆ 8" 5 !†(85 )! œ (5")!†(85 )! œ 8 † (5")!†(85 )! œ 8 † 5" Proviamo la (- ). Si ha 8 ˆ 85 ‰. Proviamo infine la (. ). Si ha ˆ 8! ‰ œ ‰. 8! 8! !!†(8!)! œ 8! œ ". Applicando le relazioni espresse dal teorema 11.4.5 si costruisce il triangolo di Tartaglia (detto anche triangolo di Pascal), riportando su righe successive i coefficienti binomiali ˆ 85 ‰ in modo che (numerando le righe con !, ", #, á Ñ la riga 8-sima consista nell’ordine dei numeri ˆ 8! ‰, ˆ 8" ‰, á , ˆ 88 ‰. Precisamente: Il primo e ultimo numero di ogni riga è " (per la (- ) del teorema 11.4.5, tenendo conto della (+)Ñ; Ogni numero di ciascuna riga, eccetto il primo e l’ultimo, è la somma dei due numeri immediatamente soprastanti (per la (,) del teorema 11.4.5); Lo schema è simmetrico rispetto a un asse di simmetria verticale (per la (+) del teorema 11.4.5). " " " " " " " # $ % & ' " $ ' "! "& " " % "! #! " & "& " ' " ................................. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 87 Teorema 11.4.6 Sia (F, , † Ñ un campo. Se a, b − F, si ha 8 ‰ (a b)8 œ ˆ 8! ‰a8 ˆ 8" ‰a8" b á ˆ 8" ab8" ˆ 88 ‰b8 œ ! ˆ 8 5œ! 8 5 ‰a85 b5 . 8 Dimostrazione Valutiamo il polinomio (a b) . Si ha (a b)8 œ (a b) † (a b) † á † (a b) (8 volte). L’espressione al secondo membro si sviluppa nella somma di prodotti ottenuti scegliendo uno dei due termini a, b per ciascuno degli 8 fattori in tutti i modi possibili. Tali prodotti, per la proprietà commutativa della moltiplicazione, si possono scrivere tutti nella forma a5 b85 (notiamo che la somma degli esponenti deve essere 8). Fissiamo l’attenzione su un particolare valore di 5 : quante diverse scelte dei termini a, b danno luogo al prodotto a5 b85 ? “Etichettiamo” ogni fattore (a b) con un a3 (3 œ ", á , 8); ogni scelta che comprende esattamente 5 volte “a” corrisponde a un sottoinsieme di A8 di cardinalità 5 (formato da quei 5 elementi che “etichettano” i fattori dai quali è stato scelto “a”Ñ: dunque (per 11.4.1 e 11.4.3) nello sviluppo di (a b)8 vi sono esattamente ˆ 85 ‰ termini della forma a5 b85 . Da ciò segue l’asserto. I numeri della forma ˆ 85 ‰ con 8, 5 − e 5 Ÿ 8 si dicono coefficienti binomiali proprio perché compaiono come coefficienti nello sviluppo della potenza 8-sima del binomio a b. Teorema 11.4.7 |c (A8 Ñ| œ #5 . Dimostrazione Per ogni numero naturale 5 Ÿ 8, esistono esattamente ˆ 85 ‰ sottoinsiemi di A8 aventi cardinalità 5 (cfr. 11.4.1 e 11.4.3). Dunque, 8 |c (A8 Ñ| œ ! ˆ 8 ‰. 5œ! 5 D’altro lato, applicando in ‘ il teorema 11.4.6 con a œ b œ ", si ottiene ! ˆ 8 ‰ œ ! ˆ 8 ‰"85 † "5 œ (" ")8 œ #8 . 5 5 8 8 5œ! 5œ! 11.5 - 5 -combinazioni con ripetizione. Supponiamo di avere a disposizione una quantità illimitata di palline di tre colori: rosso, verde, azzurro. Quanti sacchetti “diversi” di sette palline possiamo formare? (Due sacchetti si considerano “diversi” se differiscono per il numero delle palline di uno almeno dei tre colori). È chiaro che questo non può essere interpretato come un problema di disposizioni dei tre colori dati (l’ordine delle palline non conta!Ñ; non si tratta però nemmeno di combinazioni semplici, perché i colori possono (in questo esempio, devono) essere ripetuti. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 88 Se l’esempio delle palline colorate sembra troppo frivolo, si pensi a quest’altro problema: quanti termini ha il polinomio omogeneo generale di grado sette nelle tre indeterminate x, y, z? La risposta è data dal numero dei monomi “diversi” della forma x! y" z# con !, " , # − e ! " # œ (; ciascuno di questi monomi è un “sacchetto” di sette lettere scelte tra x, y, z. Questo problema ha dunque la stessa soluzione del precedente. Sia 5 un numero intero positivo. Si dice 5 -combinazione con ripetizione di a" , a# , á , a8 (o anche combinazione con ripetizione di a" , a# , á , a8 a 5 a 5 ) ogni 5 -pla ordinata (a3" , a3# , á , a35 Ñ per la quale sia 3" Ÿ 3 # Ÿ á Ÿ 3 5 . Notiamo che in questa definizione, come già in quella di 5 -combinazione semplice, la scelta degli elementi a34 determina il loro ordinamento; solo tale scelta caratterizza dunque le 5-combinazioni. Teorema 11.5.1 Sia 5 un numero intero positivo. Il numero delle 5 -combinazioni con ripetizione di a" , a# , á , a8 è ˆ 85" ‰. 5 Dimostrazione Sia V ÐrÑ l’insieme delle 5 -combinazioni con ripetizione di a" , a# , á , a8 , e sia ^ l’insieme delle 5 -combinazioni semplici di ", #, á , 8 5 ". Per provare l’asserto, sarà sufficiente dimostrare che la funzione f : (A8 Ñ5 Ä 5 che alla 5 pla ordinata (a3" , a3# , a3$ , á , a35 Ñ associa la 5 -pla ordinata (3" , 3# ", 3$ #, á , 35 5 ") è una corrispondenza biunivoca tra V ÐrÑ e ^. Osserviamo in primo luogo che f(V ÐrÑ Ñ § ^. In effetti, se " Ÿ 3" Ÿ 3 # Ÿ 3 $ Ÿ á Ÿ 3 5 Ÿ 8 , si ha certamente " Ÿ 3" 3 # " 3 $ # á 3 5 5 " Ÿ 8 5 " . Inoltre, f è iniettiva (se due 5 -combinazioni con ripetizione differiscono per la 4-sima componente, ciò avviene anche per le corrispondenti (8 5 ")-combinazioni). Resta da provare che f è suriettiva. Sia (4" , 4# , á , 45 Ñ − ^; allora " Ÿ 4" 4# á 45 Ÿ 8 5 ", da cui " Ÿ 4" Ÿ 4# " Ÿ 4$ # Ÿ á Ÿ 45 5 " e quindi (a3" , a3# " , a3$ # , á , a35 " Ñ − V ÐrÑ ; ma f(a4" , a4# " , a4$ # , á , a45 5" Ñ œ (4" , 4# , á , 45 Ñ e l’asserto risulta così completamente provato. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 89 Siamo in grado ora di risolvere il problema (anzi, i due problemi) da cui eravamo partiti. ˆ $(" ‰ œ ˆ *( ‰ œ $'. ( La risposta è Esercizio 11.5.2 Quanti sono i numeri di ' cifre nei quali ogni cifra è maggiore o uguale alla successiva? (Sono esempi di tali numeri: (&&%#!, &&&&&&, '&%$"".Ñ Soluzione I numeri considerati restano individuati dalle '-combinazioni con ripetizione delle "! cifre (bisogna escludere la (!, !, !, !, !, !), che non corrisponde a un numero di sei cifre); sono dunque ˆ "!'" ‰ " œ ˆ "& ‰ " œ &!!%. ' ' 11.6 - Esercizi di ricapitolazione. 11.6.1 È dato un insieme finito X. Se il numero dei sottoinsiemi di X che hanno cardinalità & è uguale al numero dei sottoinsiemi di X che hanno cardinalità $, qual è la cardinalità di X? Soluzione Sia |X| œ 8. Per ipotesi, ˆ & 8 ‰ œ ˆ 8$ ‰, ossia 8†(8")†(8#)†(8$)†(8%) 8†(8")†(8#) œ &†%†$†# $†# da cui (8 $) † (8 %) œ #!. Tale equazione di secondo grado nell’incognita 8 ha la sola radice positiva 8 œ ). Dunque ± X ± œ ). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 90 11.6.2 Sono dati nel piano "! punti, fra i quali non ve ne sono tre allineati. Quante rette si ottengono congiungendoli a due a due? Quanti triangoli hanno tutti i vertici fra quei punti? Soluzione Due punti individuano una retta; poiché fra i punti dati non ve ne sono tre allineati, coppie distinte di punti individuano rette distinte. Dunque si ottengono ˆ "! ‰ œ %& # rette. ˆ "! ‰ œ "#!. $ I triangoli sono individuati dalla scelta dei vertici; il loro numero è quindi 11.6.3 Quanti sono gli ambi che si possono giocare al lotto? Quanti di essi vengono estratti su ogni ruota? E i terni? E le cinquine? ‰ œ %!!&. Di questi ne Soluzione Gli ambi che si possono giocare sono ˆ *! # & vengono estratti su ogni ruota ˆ # ‰ œ "!. ‰ œ ""(.%)!. Di questi ne vengono estratti su ogni I terni che si possono giocare sono ˆ *! $ & ruota ˆ $ ‰ œ "!. ‰ œ %$.*%*.#'). Di queste ne viene estratta una Le cinquine che si possono giocare sono ˆ *! & su ogni ruota. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 91 12.- SISTEMI DI RIFERIMENTO CARTESIANI NEL PIANO 12.1 - Orientamento della retta e del piano. Sia r una retta (che, come convenuto in 1.4, pensiamo come insieme di punti). Una relazione £ in r si dice un verso su r se Ð3Ñ £ è una relazione di ordine totale in r e inoltre Ð33Ñ comunque presi A, B − r, qq se A ¡ B, allora A £ P £ B per ogni punto P del segmento AB . Una retta si dice orientata se è dato su di essa un verso. Teorema 12.1.1 Sia r una retta, e siano A, B punti distinti di r. Esiste uno e un solo verso su r per il quale A ¡ B. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Sia r una retta, e siano A, B punti distinti di r. Si dice verso individuato dalla coppia ordinata ÐA, BÑ quel verso su r (univocamente determinato, per il teorema 12.1.1) per il quale A precede B. Corollario 12.1.2 Sia r una retta. Esistono esattamente due versi su r. Dimostrazione Siano A, B due punti distinti di r. Per il teorema 12.1.1, su r esiste esattamente un verso per il quale A precede B, ed esattamente un verso (necessariamente distinto dal precedente) per il quale B precede A; ma, d’altro lato, per ogni verso su r deve aversi che A precede B oppure B precede A. Sia r una retta. I due versi su r si dicono opposti l’uno dell’altro. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 92 Osservazione 12.1.3 In qualche occasione (cfr. ad es. 12.3) avremo bisogno di stabilire un orientamento per il piano. Non precisiamo qui formalmente, come invece si è fatto per la retta, che cosa significhi orientare il piano; diciamo solo, in modo grossolano, che si tratta di stabilire un “buon” criterio che consenta, per ogni terna ordinata di punti non allineati del piano, di dichiararla “positivamente orientata” oppure “negativamente orientata”. Nel seguito accetteremo la seguente convenzione informale. Sia (A, B, C) una terna ordinata di punti non allineati del piano; essi individuano una circonferenza >. Se per incontrare A, B, C nell’ordine dato la circonferenza > va percorsa nel senso positivo (cioè, in senso antiorario), la terna (A, B, C) si dice positivamente orientata; se invece per incontrare A, B, C nell’ordine dato la circonferenza > va percorsa nel senso negativo (cioè, in senso orario), la terna (A, B, C) si dice negativamente orientata. È importante notare che questa convenzione non costituisce una vera e propria definizione, perché il significato delle espressioni “incontrare” e “percorrere in senso antiorario” non è stato precisato rigorosamente ma viene lasciato all’intuizione. 12.2 - Il “metodo delle coordinate”. La geometria è il ramo della matematica in cui (dai tempi di Euclide!Ñ è stato più evidente il modo di procedere per definizioni e rigorose dimostrazioni. L’aspetto “creativo” delle dimostrazioni geometriche costituisce insieme il fascino e la difficoltà di questa materia: mentre per risolvere un’equazione di secondo grado (come supponiamo noto dalla scuola secondaria), per risolvere un sistema lineare (come vedremo nel cap. 14), per studiare una funzione (come vedremo nel cap. 23) esistono tecniche standard che lasciano poco spazio alla fantasia, chi affronta una dimostrazione di geometria affida all’intuizione la scelta se e come applicare i criteri di congruenza dei triangoli o le proprietà delle isometrie. Un progetto per “tradurre” in linguaggio algebrico i problemi geometrici (e viceversa) è stato sviluppato dai matematici nel corso dei secoli. I primi passi in questa direzione si fanno risalire ad Apollonio di Perge (matematico e astronomo greco, 262-180 a. C.Ñ ma i contributi più rilevanti sono stati probabilmente quelli di René Descartes (filosofo e matematico francese, 1596-1650, noto in Italia anche come “Cartesio”Ñ e Pierre de Fermat (matematico francese, 1601-1665). L’idea è (vagamente) quella di “etichettare” i punti del piano (enti geometrici) con coppie ordinate di numeri reali (enti algebrici) per poi lavorare (per via algebrica) su questi ultimi anziché (per via geometrica) sui primi. Si ottiene così un procedimento, noto come metodo delle coordinate, che consiste nell’esprimere un problema geometrico in termini algebrici, risolverlo (per via puramente algebrica) e interpretare geometricamente i risultati algebrici ottenuti. In questo corso dobbiamo limitarci, per motivi di tempo, alla geometria piana; questo però sarà sufficiente per introdurre i concetti-chiave, e una generalizzazione allo spazio tridimensionale richiederebbe solo qualche nozione tecnico-tattica in più, senza comportare novità concettuali. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 93 Abbiamo già visto (teorema 10.2.1) che, fissati su una retta e due punti O (origine) e U (punto unità), esiste una corrispondenza biunivoca f tra e e ‘ tale che comunque presi P" , P# − e, il segmento P" P# ha misura |fÐP" Ñ fÐP# Ñ| rispetto all’unità di misura OU. Mostreremo (in 12.3) come ciò conduce a una corrispondenza biunivoca tra c (l’insieme dei punti del piano) e ‘ ‚ ‘ (l’insieme delle coppie ordinate di numeri reali) che risulta “compatibile” (nel senso che sarà precisato in 12.5) con la misura delle distanze del piano. Se tale corrispondenza biunivoca associa al punto P! la coppia ordinata (B! , C! Ñ, diremo che B! e C! sono le coordinate di P! . Sia f una funzione ‘ ‚ ‘ Ä ‘; possiamo associarle il luogo geometrico Ð18Ñ i dei punti del piano le cui coordinate B, C verificano la condizione f(B, C) œ !. Si dice che f(B, C ) œ ! è l’equazione Ð19Ñ di i , e anche che f(B, C ) œ ! rappresenta i . 12.3 - Sistemi di riferimento nel piano. Scegliamo nel piano due rette non parallele rB , rC ; sia O il loro punto comune. Fissato su ciascuna retta un ulteriore punto (UB , UC rispettivamente), restano univocamente determinate due corrispondenze biunivoche tra rB e ‘ e tra rC e ‘ verificanti le condizioni Ð3Ñ, Ð33Ñ e Ð333Ñ del teorema 10.2.1. Se PB è un punto di rB , diremo ascissa di PB il numero reale che corrisponde a PB ; il suo valore assoluto è la distanza di PB da O rispetto all’unità di misura OUB . Se PC è un punto di rC , diremo ordinata di PC il numero reale che corrisponde a PC ; il suo valore assoluto è la distanza di PC da O rispetto all’unità di misura OUC . Sia P un punto del piano. Tracciamo per P le parallele a rC e rB , e siano PB , PC le loro intersezioni con rB e rC rispettivamente. L’ascissa di PB e l’ordinata di PC si dicono rispettivamente ascissa e ordinata di P (e, nel loro complesso, coordinate di P). Scriveremo P ´ (B, C ) per indicare che i numeri reali B, C sono rispettivamente l’ascissa e l’ordinata di P. Si verifica che quella così definita è una corrispondenza biunivoca tra ‘ ‚ ‘ e c . Naturalmente, essa dipende in modo essenziale dalla scelta delle rette rB ed rC e dei punti UB , UC su di esse. 18 Un insieme di punti si dice spesso, per motivi storici, luogo geometrico. Con riferimento a punti del piano (o dello spazio) i termini “insieme” e “luogo geometrico” sono sinonimi. 19 L’articolo determinativo lascerebbe supporre che ad ogni insieme resti associata una sola equazione. Ciò è del tutto falso, perche´ per ogni - Á ! alle equazioni f(x, y) œ ! e -f(x, y) œ ! resta associato lo stesso insieme di punti del piano. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 94 Talvolta anzichè i punti UB , UC si fissano su ciascuna delle due rette rB , rC una unità di misura (cioè un segmento) e un verso; ciò è del tutto equivalente, perchè i punti UB , UC restano univocamente determinati dalle condizioni che OUB , OUC abbiano misura " (ciascuno rispetto alla unità di misura fissata sulla propria retta) e che sia O UB , O UC . Diremo che tali scelte individuano un sistema di riferimento cartesiano nel piano. Il punto O si dice origine del SdR Ð20Ñ; le rette rB , rC si dicono assi coordinati (rispettivamente, asse delle ascisse e asse delle ordinate); i punti UB e UC si dicono punti unità degli assi coordinati; il SdR nel suo complesso verrà indicato con la notazione OrB rC (si noti peraltro che tale notazione non evidenzia né le unità di misura né i versi né i punti unità fissati sugli assi coordinati). Sia OrB rC un SdR cartesiano nel piano. Le rette rB , rC vengono spesso indicate con x, y rispettivamente; in tal caso, il SdR nel suo complesso si denota con Oxy. La semiretta individuata dai punti dell’asse x [y] aventi ascissa positiva [negativa] si dice semiasse positivo [negativo] delle ascisse [delle ordinate]. Gli assi coordinati dividono il piano in quattro settori. Quello individuato dal semiasse positivo delle ascisse e dal semiasse positivo delle ordinate (i cui punti hanno entrambe le coordinate !) si dice primo quadrante; quello individuato dal semiasse negativo delle ascisse e dal semiasse positivo delle ordinate (i cui punti hanno ascissa Ÿ ! e ordinata !) si dice secondo quadrante; quello individuato dal semiasse negativo delle ascisse e dal semiasse negativo delle ordinate (i cui punti hanno entrambe le coordinate Ÿ !) si dice terzo quadrante; quello individuato dal semiasse positivo delle ascisse e dal semiasse negativo delle ordinate (i cui punti hanno ascissa ! e ordinata Ÿ !) si dice quarto quadrante. Un SdR cartesiano nel quale gli assi coordinati sono fra loro ortogonali si dice ortogonale. Un SdR cartesiano nel quale i segmenti OUB e OUC siano congruenti si dice monometrico. Un SdR cartesiano nel quale i punti UB , UC (e quindi l’orientamento degli assi coordinati) siano stati scelti in modo che la terna ordinata di punti (O, UB , UC Ñ sia orientata positivamente (cfr. l’osservazione 12.1.3) si dice positivamente orientato. Nel seguito, salvo diverso avviso, ogni SdR cartesiano sarà supposto ortogonale, monometrico e positivamente orientato. Converremo inoltre che i punti unità fissati sugli assi coordinati abbiano distanza " dall’origine. Nel resto di questa sezione supporremo fissato un SdR cartesiano Oxy. 20 abbrevieremo “sistema di riferimento” in “SdR”. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 95 Osservazione 12.3.1 L’origine ha coordinate (!, !). Dimostrazione Segue direttamente dal procedimento (descritto in questo paragrafo) per determinare le coordinate di un punto. Osservazione 12.3.2 Sia i un insieme di punti del piano, e sia p(B, C) œ ! un’equazione algebrica che rappresenta i. L’origine appartiene a i se e solo se nel polinomio p(B, C) il termine noto è zero (ossia, come si usa dire: nel polinomio p(B, C ) “manca” il termine noto). Dimostrazione Infatti per l’osservazione 12.3.1 l’origine appartiene a i se e solo se p(!, !) œ !; ed è immediato che p(!, !) è il termine noto di p(B, C ). Osservazione 12.3.3 Sia P! ´ (B! , C! Ñ un punto del piano. Il simmetrico di P! rispetto all’asse delle ascisse [rispetto all’asse delle ordinate, rispetto all’origine] ha coordinate (B! , C! Ñ [Ð B! , C! Ñ, Ð B! , C! Ñ]. Dimostrazione Si tratta di conseguenze dirette delle definizioni di simmetrico (rispetto a una retta, o rispetto a un punto) e di ascissa (e ordinata) di un punto. 12.4 - Cambiamento del sistema di riferimento. Siano Oxy e O’x’y’ due sistemi di riferimento cartesiani (sui quali non facciamo alcuna ipotesi di ortogonalità, monometria, ecc.Ñ. Siano (B! , C! Ñ le coordinate di O in O’x’y’. Si può dimostrare che esistono quattro numeri reali +, ,, - e . tali che: per ogni punto P del piano, dette (B, C ) le coordinate di P relative a Oxy e (B’, C’Ñ le coordinate di P relative a O’x’y’ si ha B’ œ +B ,C B! e C’ œ -B .C C! . I numeri +, ,, - e . si possono ricavare facilmente se si conoscono le coordinate in O’x’y’ dei punti unità UB e UC di Oxy. Inoltre si può dimostrare che +. ,- Á !, e precisamente: +. ,- >! se entrambi i SdR sono positivamente orientati oppure nessuno dei due SdR è positivamente orientato (si dice in tal caso che i due SdR sono concordemente orientati); +. ,- ! se uno e uno soltanto dei due SdR è positivamente orientato. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 96 12.5 - Distanza di due punti. Supponiamo fissato un SdR cartesiano Oxy. Dati due punti P" ´ (B" , C" Ñ e P# ´ (B# , C# Ñ, si dimostra che la loro distanza d(P" , P# Ñ si può esprimere in funzione delle loro coordinate mediante la formula d(P" , P# Ñ œ È(B# B" Ñ# (C# C" Ñ# . 12.6 - Coordinate del punto medio di un segmento. Supponiamo fissato un SdR cartesiano Oxy. Dati due punti P" ´ (B" , C" Ñ e P# ´ (B# , C# Ñ, sia M ´ (B7 , C7 Ñ il punto medio del segmento P" P# . Vogliamo esprimere le coordinate di M in funzione di quelle di P" e P# . Siano rispettivamente A" , A# , A7 i punti in cui le parallele all’asse x passanti per P" , P# , M incontrano l’asse y, e siano rispettivamente B" , B# , B7 i punti in cui le parallele all’asse y passanti per P" , P# , M incontrano l’asse x. Se il segmento P" P# non è parallelo ad alcuno degli assi coordinati, i punti trovati sono tutti distinti, e per il teorema di Talete si hanno le relazioni d(A" , A7 Ñ d(P" , M) d(A# , A7 Ñ œ d(P# , M) e d(B" , B7 Ñ d(P" , M) d(B# , B7 Ñ œ d(P# , M) . Poiché M è il punto medio del segmento P" P# , si ha d(P" , M) œ d(P# , M); dunque dalle relazioni trovate si deduce che d(A" , A7 Ñ œ d(A# , A7 Ñ e d(B" , B7 Ñ œ d(B# , B7 Ñ, ossia che A7 e B7 sono rispettivamente i punti medi dei segmenti A" A# e B" B# . Siamo così ricondotti a considerare il caso in cui il segmento P" P# è parallelo ad uno degli assi coordinati. Sia ad esempio P" P# parallelo all’asse x: è facile verificare che l’ascissa di M è la media aritmetica tra l’ascissa di P" e quella di P# , mentre l’ordinata di M è l’ordinata comune a P" e P# (ci si ricordi di considerare tutte le possibili posizioni dei punti P" e P# relativamente ai quattro quadranti!Ñ. Si trova un risultato analogo quando P" P# è parallelo all’asse y. Dunque si ha in generale B7 œ B" B# # , C7 œ C" C# # . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 97 13.- LE RETTE NEL PIANO 13.1 - Introduzione. I sottoinsiemi del piano che si possono rappresentare con una equazione algebrica di primo grado sono tutte e sole le rette del piano. In questo capitolo sono raccolte le principali informazioni sulla traduzione algebrica di proprietà geometriche delle rette; nella sez. 13.8 vedremo un semplice esempio di applicazione del metodo delle coordinate. In tutto il capitolo (esclusa la sez. 13.8) supporremo fissato un SdR cartesiano Oxy. 13.2 - Forma generale dell’equazione cartesiana di una retta. Teorema 13.2.1 Ogni retta del piano si può rappresentare con una equazione della forma 13.2.F1 +x , y - œ ! dove +, ,, - sono numeri reali e +, , non sono entrambi nulli; e, viceversa, ogni equazione di tale forma (con +, ,, - − ‘ e +, , non entrambi nulli) rappresenta una retta. Inoltre, la retta di equazione 13.2.F1 è parallela all’asse x sse + œ !, ed è parallela all’asse y sse , œ !. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Teorema 13.2.2 I sottoinsiemi del piano che si possono rappresentare con un’equazione algebrica di primo grado sono tutte e sole le rette del piano. Dimostrazione Si tratta di una riformulazione della prima parte del teorema 13.2.1. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 98 Teorema 13.2.3 Le equazioni +x , y - œ ! +’x ,’y - ’ œ ! (con +, ,, - , +’, , ’, - ’ − ‘, +, , non entrambi nulli, +’, , ’ non entrambi nulli) rappresentano la stessa retta se e soltanto se esiste un numero reale - tale che +’ œ -+, ,’ œ -,, - ’ œ -- . Dimostrazione È chiaro che se esiste un numero reale - tale che +’ œ -+, ,’ œ -,, - ’ œ -- , le equazioni date sono equivalenti e quindi rappresentano la stessa retta. Viceversa, supponiamo che le equazioni date rappresentino la stessa retta. Allora per ogni coppia ordinata di numeri reali (B! , C! Ñ tale che +B! ,C! - œ ! deve essere anche +’B! ,’C! - ’ œ !. Per ipotesi, + e , non sono entrambi nulli; sia ad esempio + Á !. Per ogni numero reale C! , posto B! ³ +, C! +- , si ha +B! ,C! - œ ! e quindi anche +’B! , ’C! - ’ œ ! ossia , + + ’C ! + +’ ,’C! - ’ œ !. Dunque quest’ultima uguaglianza, che si può scrivere anche 13.2.F2 Ð+,’ +’,ÑC! œ +’- +- ’, deve essere verificata per ogni numero reale C! . Ciò comporta che sia +,’ œ +’, +- ’ œ +’- Ð21Ñ; posto - ³ ++’ , si ha a’ œ -a, b’ œ -b, c’ œ -c come si voleva. e 13.3 - Equazione della retta per due punti. Teorema 13.3.1 Siano P" ´ (B" , C" Ñ e P# ´ (B# , C# Ñ due punti distinti del piano. La retta P" P# ha equazione 13.3.F1 (C# C" Ñ(x B" Ñ (B# B" Ñ(y C" Ñ œ !. Tale equazione, quando B" Á B# e C" Á C# , si può anche scrivere yC" xB" B# B" œ C# C" . Dimostrazione Per il teorema 13.2.1, l’equazione 13.3.F1 rappresenta una retta. È immediato verificare che tale retta passa sia per P" che per P# ; si tratta quindi della retta cercata. 21 Infatti, se fosse +, ’ Á +’, , la 13.2.F2 sarebbe verificata solo per C! œ +- ’ Á +’- , la 13.2.F2 non sarebbe verificata per alcun valore di C! . +’-+- ’ +,’+’, ; se fosse +, ’ œ +’, ma Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 99 Esercizi 13.3.2 Determinare l’equazione cartesiana della retta passante per A ´ Ð", #Ñ e B ´ Ð$, "Ñ. 13.3.3 Determinare l’equazione cartesiana della retta passante per A ´ Ð", #Ñ e B ´ Ð$, #Ñ. 13.3.4 Determinare l’equazione cartesiana della retta per A ´ Ð", #Ñ e B ´ Ð", "Ñ. 13.4 - Forma esplicita dell’equazione di una retta. Sia r una retta (di equazione +x ,y - œ !) non parallela all’asse y. Allora , Á ! per il teorema 13.2.1; dunque r ha anche equazione " , (+x ,y - œ !), ossia + - yœ , x , + - cioè, posto : œ , e ; œ , , y œ :x ; . Dunque ogni retta non parallela all’asse y ha equazione nella forma Гesplicita”Ñ y œ :x ; con :, ; − ‘. Ed è chiaro che ad ogni retta non parallela all’asse y resta associata una sola equazione in forma esplicita: infatti, se le equazioni y œ :x ; , y œ :’x ; ’ rappresentano la stessa retta, per il teorema 13.2.3 esiste un numero reale - tale che :’ œ -:, " œ -Ð "Ñ, ; ’ œ -; , da cui si ricava subito che deve essere - œ " e quindi :’ œ :, ; ’ œ ; . Analogamente si vede che ogni retta non parallela all’asse x ha una e una sola equazione nella forma x œ 7y 8 con 7, 8 − ‘. Le rette parallele all’asse y hanno equazione nella forma xœ. con . − ‘. Esercizi 13.4.1 Determinare l’equazione esplicita della retta $x #y # œ !. 13.4.2 Determinare l’equazione esplicita della retta per P ´ Ð #, $Ñ e Q ´ Ð", $Ñ. 13.4.3 Determinare l’equazione esplicita della retta per P ´ Ð 1, 1Ñ e Q ´ Ð(, (Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 100 13.5 - Equazione della generica retta passante per un punto assegnato. Sia P! ´ ÐB! , C! Ñ un punto del piano. La generica retta passante per P! ha equazione +(x B! Ñ ,(y C! Ñ œ !. 13.5.F1 È bene aver chiaro che con la 13.5.F1 si scrivono, al variare di + e , in ‘, tutte le equazioni di tutte le rette passanti per P! . Spesso conviene considerare solo le equazioni esplicite delle rette cercate; supposto allora , Á ! e posto come in 13.4 : œ +, , la 13.5.F1 diventa y C! œ :Ðx B! Ñ. 13.5.F2 Con la 13.5.F# si scrivono, al variare di : in ‘, le equazioni esplicite di tutte le rette passanti per P! non parallele all’asse y. 13.6 - Condizioni di parallelismo e ortogonalità fra rette. Teorema 13.6.1 Le rette r, s di equazioni rispettivamente +x ,y - œ ! e +’x ,’y - ’ œ ! sono parallele se e solo se +,’ +’, œ ! ; sono ortogonali se e solo se ++’ ,, ’ œ !. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Teorema 13.6.2 Le rette r, s di equazioni esplicite rispettivamente y œ : " x ;" y œ : # x ;# sono parallele se e solo se hanno lo stesso coefficiente angolare (ossia, :" œ :# Ñ; sono ortogonali se e solo se il coefficiente angolare dell’una è l’opposto del reciproco del coefficiente angolare dell’altra (ossia, :" œ :"# Ñ. Dimostrazione Per il teorema 13.6.1, r e s sono parallele se e solo se ! œ :" Ð ") : # Ð " ) œ : " : # ossia se e solo se :" œ :# . Ancora per il teorema 13.6.1, r e s sono ortogonali se e solo se :" :# Ð ")Ð ") œ ! ossia se e solo se :" :# œ ". Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 101 La relazione che lega il coefficiente angolare di una retta alla sua direzione è precisata dal seguente Teorema 13.6.3 Sia r una retta non parallela all’asse y. Il coefficiente angolare di r è la tangente trigonometrica dell’angolo formato dall’asse x e dalla retta r. Dimostrazione Sia : il coefficiente angolare di r. La retta r’ parallela a r passante per l’origine ha equazione y œ :x ^ , xr ^ ’ sono congruenti. e gli angoli xr ^ ’ è l’ordinata del punto in cui r’ È poi noto che la tangente trigonometrica dell’angolo xr incontra la retta di equazione x œ " (tale retta è infatti la tangente alla circonferenza goniometrica che attraversa il primo e quarto quadrante); l’asserto è così provato. Esercizio 13.6.4 Determinare la retta passante per P ´ (", &) e parallela alla retta di equazione #x y œ !. Esercizio 13.6.5 Determinare la retta passante per P ´ (#, $) e parallela all’asse delle x. Esercizio 13.6.6 I punti A ´ Ð $, ") e B ´ (#, #) sono vertici di un parallelogramma in cui Q ´ Ð $, !) è l’intersezione delle diagonali. Trovare gli altri vertici e le rette dei lati. Esercizio 13.6.7 Le rette di equazioni x #y œ !, x #y "& œ ! sono due lati di un rettangolo di cui la retta di equazione (x #y "& œ ! è una delle due diagonali. Trovare le coordinate dei vertici del rettangolo e l’equazione dell’altra diagonale. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 102 13.7 - Distanza di un punto da una retta. Siano P un punto e r una retta del piano. Detto R! il piede della perpendicolare condotta da P a r, per ogni altro punto R di r si ha d(P, R) d(P, R! Ñ perché il triangolo PR! R è (per costruzione di R! Ñ rettangolo in R! , e l’ipotenusa di un triangolo rettangolo è sempre maggiore di ciascun cateto. Dunque d(P, R! Ñ è la minima distanza tra P e i punti di r; essa si dice distanza tra P e r e si indica anche con d(P, r). Esempio 13.7.1 Determiniamo la distanza di P ´ (&, #) dalla retta r : x #y " œ !. La generica retta ortogonale a r ha equazione #x y - œ !, e passa per P sse # † & Ð #) - œ !, ossia sse - œ ); la perpendicolare condotta da P a r ha dunque equazione #x y ) œ !. Il punto Q in cui tale retta incontra r ha per coordinate la soluzione del sistema x #y " œ ! œ #x y ) œ ! Þ Si trova che Q ha coordinate ($, #); dunque, d(P, r) œ d(P, Q) œ È(& $)# Ð# #)# œ È#! œ #È& . Applicando il procedimento dell’es. 13.7.1 con P ´ (B! , C! Ñ e r : +x , y - œ ! generici, si trova (con calcoli un po’ lunghi) che d(P, r) œ 13.7.F1 |+B! ,C! - | È+# , # . Esempio 13.7.2 Applicando la formula 13.7.F1 ai dati dell’esempio 13.7.1, si trova subito che d(P, r) œ |&#†Ð#)"| "! È È"Ð#)# œ È& œ # & . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 103 13.8 - Il luogo geometrico dei punti equidistanti da due punti dati. Siamo ora in grado di vedere un (semplicissimo) esempio di applicazione del metodo delle coordinate. Siano dati due punti A, B del piano; vogliamo determinare il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da A e B. A tale scopo: costruiamo un SdR cartesiano ortogonale, monometrico, positivamente orientato e “ben disposto” rispetto ad A e B per semplificare i calcoli (dalla geometria passiamo all’algebra); determiniamo l’equazione cartesiana del luogo cercato (eseguiamo dei calcoli in ambito puramente algebrico); deduciamo dalle caratteristiche di tale equazione le informazioni che ci interessano (dal contesto algebrico ritorniamo alla geometria). Questo percorso, qui particolarmente semplice, è quello tipico del metodo delle coordinate. Sia P un punto del piano. P appartiene al luogo geometrico considerato se e solo se verifica la 13.8.F1 d(P, A) œ d(P, B). Costruiamo il nostro SdR cartesiano scegliendo l’asse delle ascisse coincidente con la retta AB; l’origine coincidente con A; l’asse delle ordinate ortogonale all’asse delle ascisse; il punto unità sull’asse delle ascisse coincidente con B e quello sull’asse delle ordinate in modo che il SdR risulti monometrico e positivamente orientato. Con questa decisione abbiamo implicitamente assegnato il segmento AB come unità di misura per le distanze: ciò non crea problemi, perché la 13.8.F1 non dipende dall’unità di misura fissata. Sarà dunque A ´ (!, !), B ´ (", !). Elevando al quadrato ambo i membri della 13.8.F1 si ottiene la 13.8.F2 (d(P, A)Ñ# œ (d(P, B)Ñ# che è equivalente alla 13.8.F1 perché la d(P, A) œ d(P, B) non ha soluzioni: infatti le distanze sono per definizione numeri positivi. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 104 Siano (x, y) le coordinate di P. Esprimendo la 13.8.F2 mediante le coordinate di P, A e B, si ottiene l’equazione x# y# œ (x ")# y# ossia, semplificando, xœ " # che rappresenta la retta parallela all’asse delle ordinate passante per il punto medio del segmento AB. Dunque il luogo geometrico considerato è la retta passante per il punto medio del segmento AB e ortogonale ad esso: il cosiddetto asse del segmento AB. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 105 14.- SISTEMI LINEARI 14.1 - Richiami sulle equazioni algebriche. Sia pÐx" , x# , á , x8 Ñ un polinomio a coefficienti reali nelle indeterminate x" , x# , á , x8 . Se ci si chiede per quali numeri reali !" , !# , á , !8 si abbia pÐ!" , !# , á , !8 Ñ œ ! Ð22Ñ si dice che si considera l’equazione algebrica in ‘ 14.1.F1 pÐx" , x# , á , x8 Ñ œ ! associata al polinomio dato; x" , x# , á , x8 si dicono le incognite di tale equazione. Si dice soluzione dell’equazione algebrica 14.1.F1 ogni 8-pla ordinata Ð!" , !# , á , !8 Ñ di numeri reali tale che pÐ!" , !# , á , !8 Ñ œ !. L’equazione data si dice impossibile se non ha soluzioni (es.: 8 œ #, x#" x## " œ !), determinata se ha un numero finito di soluzioni (es.: 8 œ #, x#" x## œ !; 8 œ ", x#" % œ !), indeterminata se ha infinite soluzioni (es.: 8 œ #, x#" x## " œ !), identicamente soddisfatta se ogni 8-pla ordinata di numeri reali è sua soluzione (es.: 8 œ #, Ðx" x# Ñ# x#" #x" x# x## œ !) Ð23Ñ. Due equazioni algebriche nelle stesse incognite si dicono equivalenti se sono entrambe impossibili oppure hanno le stesse soluzioni. Un’equazione algebrica nelle incognite x" , x# , á , x8 può essere assegnata anche nella forma 14.1.F2 pÐx" , x# , á , x8 Ñ œ qÐx" , x# , á , x8 Ñ dove pÐx" , x# , á , x8 Ñ e qÐx" , x# , á , x8 Ñ sono polinomi a coefficienti reali nelle indeterminate x" , x# , á , x8 ; ci si chiede in questo caso per quali numeri reali !" , !# , á , !8 si abbia pÐ!" , !# , á , !8 Ñ œ qÐ!" , !# , á , !8 Ñ. È chiaro che la 14.1.F2 è equivalente all’equazione algebrica associata al polinomio pÐx" , x# , á , x8 Ñ qÐx" , x# , á , x8 Ñ. Le espressioni che compaiono a sinistra e a destra del segno “ œ ” nelle 14.1.F1 e si dicono rispettivamente primo membro e secondo membro dell’equazione. Sommando ad ambo i membri di una data equazione algebrica uno stesso numero reale, oppure moltiplicando ambo i membri per uno stesso numero reale (purché, in quest’ultimo caso, diverso da zero) si ottiene un’equazione equivalente a quella data. 14.1.F2 22 Con pÐ! , ! , á , ! Ñ si indica il numero reale ottenuto sostituendo nell’ordine ! , ! , á , ! a " # 8 " # 8 x" , x# , á , x8 ed eseguendo le operazioni indicate dalla forma del polinomio pÐx" , x# , á , x8 Ñ. 23 Si noti che un’equazione identicamente soddisfatta è indeterminata, ma non è vero in generale il viceversa! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 106 14.2 - Generalità sui sistemi lineari. Siano 7, 8 numeri interi positivi. Un insieme di 7 equazioni algebriche in 8 incognite fissate x" , x# , á , x8 si dice un sistema di 7 equazioni algebriche nelle 8 incognite x" , x# , á , x8 . Si dice soluzione di un sistema di equazioni algebriche nelle 8 incognite x" , x# , á , x8 ogni 8-pla ordinata di numeri reali che sia soluzione di tutte le equazioni del sistema. Un sistema di equazioni algebriche si dice impossibile se non ha soluzioni, risolubile se ha soluzioni; nel primo caso si dice anche che le equazioni del sistema dato sono incompatibili, nel secondo che sono compatibili. Due sistemi di equazioni algebriche nelle stesse incognite si dicono equivalenti se sono entrambi impossibili oppure hanno le stesse soluzioni. Si dice che un sistema di equazioni algebriche nelle incognite x" , x# , á , x8 ammette x3" , x3# , á , x35 come incognite libere se per ogni Ð!3" , !3# , á , !35 Ñ − ‘5 esiste almeno una soluzione del sistema per la quale è x3" œ !3" , x3# œ !3# , á , x35 œ !35 (ovvero se per ogni assegnazione di valori arbitrari a x3" , x3# , á , x35 esiste almeno una soluzione del sistema dato in cui x3" , x3# , á , x35 assumono tali valori). Se un sistema di equazioni algebriche ammette incognite libere, si cerca quando è possibile di essere più precisi. Si dice che un sistema di equazioni algebriche nelle incognite x" , x# , á , x8 ha (esattamente) 5 incognite libere x3" , x3# , á , x35 se per ogni Ð!3" , !3# , á , !35 Ñ − ‘5 esiste esattamente una soluzione del sistema per la quale è x3" œ !3" , x3# œ !3# , á , x35 œ !35 (ovvero se per ogni assegnazione di valori arbitrari a x3" , x3# , á , x35 esiste esattamente una soluzione del sistema in cui x3" , x3# , á , x35 assumono tali valori). In questo caso si dice anche che le soluzioni del sistema dipendono da 5 parametri indipendenti. Un sistema di equazioni algebriche tutte di primo grado si dice un sistema lineare. Ogni sistema lineare di 7 equazioni nelle 8 incognite x" , x# , á , x8 si può scrivere nella forma 14.3.F1 Ú Ý Ý +"ß" x" +"ß# x# á +"ß8 x8 œ ," + x +#ß# x# á +#ß8 x8 œ ,# Û #ß" " Ý Ý. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ü +7ß" x" +7ß# x# á +7ß8 x8 œ ,7 dove gli 7 † 8 numeri reali +3ß4 (3 œ ", á , 7, 4 œ ", á , 8) si dicono i coefficienti del sistema e gli 7 numeri reali ," , ,# , á , ,7 si dicono i termini noti del sistema. Un sistema lineare si dice omogeneo se i suoi termini noti sono tutti uguali a zero. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 107 Teorema 14.2.1 Sia 8 un numero intero positivo. Ogni sistema lineare omogeneo in 8 incognite ammette la soluzione (!, !, á , !), detta soluzione banale. Dimostrazione La generica (3-esima) equazione di un sistema lineare omogeneo ha la forma +3ß" x" +3ß# x# á +3ß8 x8 œ !. Se al primo membro poniamo x4 ³ ! per 4 ³ ", #, á , 8, il primo membro diventa +3ß" ! +3ß# ! á +3ß8 ! œ ! ! á ! œ ! e dunque (!, !, á , !) è soluzione del sistema, come si doveva dimostrare. 14.3 - Matrici associate a un sistema lineare. Un sistema lineare di 7 equazioni nelle 8 incognite x" , x# , á , x8 scritto nella forma 14.3.F1 Ú Ý Ý +"ß" x" +"ß# x# á +"ß8 x8 œ ," + x +#ß# x# á +#ß8 x8 œ ,# Û #ß" " Ý Ý. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ü +7ß" x" +7ß# x# á +7ß8 x8 œ ,7 risulta univocamente determinato dai coefficienti +3ß4 e dai termini noti ,3 . La matrice A ³ Ð+3ß4 Ñ − ‘7ß8 si dice matrice incompleta del sistema; la matrice di 7 righe e una colonna Î ," Ñ Ð , Ó B³ Ð # Ó á Ï ,7 Ò (identificabile con un elemento di ‘7 Ñ è detta colonna dei termini noti; la matrice di 7 righe e 8 " colonne ottenuta aggiungendo (come Ð8 "Ñ-sima colonna) alla matrice incompleta la colonna dei termini noti è detta matrice completa del sistema e contiene, come si è osservato, tutte le informazioni necessarie per individuare il sistema stesso (e quindi, come vedremo, per stabilire se esso è risolubile oppure no e per determinarne tutte le eventuali soluzioni). Ogni matrice di 7 righe e 8 " colonne è la matrice completa di un (e un solo) sistema lineare di 7 equazioni in 8 incognite, che si dice sistema lineare associato alla matrice data. La matrice completa del sistema lineare 14.3.F1 si indica talvolta con ÐA;BÑ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 108 14.4 - Operazioni elementari sulle equazioni di un sistema. Si dicono operazioni elementari sulle equazioni di un sistema le seguenti: S.1 scambio di due equazioni; S.2 sostituzione di una equazione con quella ottenuta moltiplicandone ambo i membri per un numero reale diverso da zero; S.3 sostituzione di una equazione con quella ottenuta sommandovi (membro a membro) un’altra equazione del sistema moltiplicata membro a membro per un numero reale qualsiasi (eventualmente anche per zero). Due sistemi che si ottengono uno dall’altro mediante operazioni elementari sulle equazioni sono equivalenti (nel senso definito in 14.2). Inoltre, mediante operazioni elementari sulle equazioni ogni sistema lineare può essere trasformato in un sistema di forma assai particolare per il quale risulta molto semplice determinare se esistono soluzioni e calcolarle. Fissiamo una notazione per indicare brevemente le operazioni elementari ora introdotte. Se scambiamo la 3-sima equazione del sistema con la 4-sima, scriveremo E3 Ç E4 . Se sostituiamo alla 3-sima equazione del sistema quella ottenuta moltiplicandone ambo i membri per il numero reale - (diverso da zero), scriveremo E3 ³ -E3 . Se sostituiamo alla 3-sima equazione del sistema quella ottenuta sommandovi membro a membro la 4-sima equazione moltiplicata per il numero reale -, scriveremo E3 ³ E3 -E4 . Facciamo un semplice esempio. Si consideri il sistema 14.4.F1 Úx y #z œ " Û x #y $ z œ " Üx y z œ ' e si effettuino nell’ordine le seguenti operazioni elementari sulle sue equazioni: ì E# ³ E# E" ; ì E$ ³ E$ E" ; ì E$ ³ E$ E# . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 109 Si ottiene così il sistema 14.4.F2 Úx y #z œ " Û yzœ # Ü yœ$ che risulta particolarmente facile da risolvere, perché solo nella prima equazione compaiono tutte le incognite: nella seconda equazione compaiono solo la y e la z, e nella terza solo la y. Si può procedere agevolmente “per sostituzione”: “sostituendo” alla y nella seconda equazione il valore $ ricavato dalla terza si ottiene la $zœ # dalla quale si ha z œ "; “sostituendo” ancora nella prima equazione alla y il valore $ e alla z il valore ", si ottiene la x$#œ" dalla quale si ricava infine x œ # . Oppure si può proseguire mediante operazioni elementari sulle equazioni, ad esempio come segue: ì E$ ³ E$ ; ì E# ³ E# E$ ; ì E" ³ E" E$ ; ì E" ³ E" # E# . Si ottiene così il sistema 14.4.F3 Úx œ # Û zœ" Üy œ $ che ammette evidentemente la sola soluzione Ð#, $, "Ñ. C’è da osservare che il procedimento utilizzato per risolvere il sistema 14.4.F1 risulta pesante (ad ogni passaggio si devono trascrivere le equazioni come via via modificate) e, soprattutto, oscuro: come si devono scegliere, e in quale ordine, le operazioni elementari da eseguire? Per ovviare a questi problemi si usa operare sulla matrice completa del sistema anziché sul sistema in quanto tale: ad ogni passaggio si trascrivono così solo gli elementi essenziali (i coefficienti e i termini noti) e, soprattutto, risulta facile descrivere l’algoritmo risolutivo. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 110 14.5 - Operazioni elementari sulle righe di una matrice. Si dicono operazioni elementari sulle righe di una matrice le seguenti: M.1 scambio di due righe; M.2 sostituzione di una riga con quella ottenuta moltiplicandola per un numero reale diverso da zero; M.3 sostituzione di una riga con quella ottenuta sommandovi un’altra riga della matrice moltiplicata per un numero reale (eventualmente anche per zero). Tali operazioni si indicano brevemente con notazione analoga a quella introdotta in 14.4 per le operazioni elementari sulle equazioni di un sistema lineare. Se scambiamo la riga R3 con la riga R4 , scriveremo R3 Ç R4 . Se sostituiamo alla riga R3 il suo prodotto per il numero reale - (diverso da zero), scriveremo R3 ³ -R3 . Se sostituiamo alla riga R3 la sua somma con la riga R4 moltiplicata per il numero reale -, scriveremo R3 ³ R3 -R4 . Sia ` l’insieme delle matrici a elementi in ‘. Se A, B − `, poniamo A µ B se B si ottiene da A mediante un numero finito di operazioni elementari sulle righe. È facile verificare che la µ è una relazione di equivalenza in `. Due matrici che siano in relazione secondo la µ si dicono semplicemente equivalenti. Teorema 14.5.1 A matrici equivalenti sono associati sistemi lineari equivalenti. Dimostrazione Basta osservare che le operazioni elementari sulle righe di una matrice corrispondono alle operazioni elementari sulle equazioni del sistema lineare ad essa associato (e dunque trasformano tale sistema in un sistema equivalente). Individuiamo ora a quali matrici sono associati sistemi lineari dalla forma “buona” (cioè sistemi lineari agevolmente risolubili per sostituzione come si è visto per il sistema 14.4.F2 ). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 111 Sia A œ Ð+3ß4 Ñ una matrice 7 ‚ 8. L’elemento +2ß5 si dice un pivot (per A) se +2ß5 Á ! +3ß5 œ ! e a32 ossia se +2ß5 è diverso da zero e “sotto di lui” tutti gli elementi sono uguali a zero. Una matrice si dice ridotta (per righe) se in ogni sua riga non nulla c’è un pivot. Esempio 14.5.2 Le seguenti matrici sono ridotte per righe: Î" Ð ! Ð+3ß4 Ñ ³ Ð $ Ï! # ! ! ! ! " ! ! $ % * " " Ñ #Ó Ó ! ( Ò ! $ # ! ! ! Ñ "Ó " Ó Ó ! Ó È# Ò Ði pivot sono: +"ß# ; +#ß$ ; +$ß" ; +%ß% (oppure +%ß& ÑÑ Î# Ð ! Ð Ð,3ß4 Ñ ³ Ð ! Ð ! Ï! ! " $ ! 1 ! & ! ! ! (i pivot sono: ,"ß" ; ,#ß$ ; ,$ß% ; ,&ß# (oppure ,&ß& ); si noti che non è richiesto un pivot nella quarta riga, perché la quarta riga è nulla). Le seguenti matrici non sono ridotte per righe: Î" Ð ! Ð ! Ï! # ( ! ! $ ) ! ! % * $ " ! " ! " ! ! ! " &Ñ " Ó Ó # #Ò (perché nella terza riga non c’è pivot) Î" Ð ! Ð ! Ï! (perché nella seconda riga non c’è pivot). ! ! " ! !Ñ "Ó Ó " "Ò Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 112 Teorema 14.5.3 Sia A œ Ð+3ß4 Ñ una matrice 7 ‚ 8, e sia +2ß5 un elemento non nullo di A. Mediante operazioni elementari del tipo M.3 sulle righe +2"߇ , +2#߇ , á , +7߇ , A può essere trasformata in una matrice per la quale +2ß5 è un pivot. Dimostrazione Per ogni numero intero < tale che 2 < Ÿ 7 determiniamo una operazione elementare della forma ÐæÑ +<߇ ³ +<߇ B † +2߇ (con B opportuno numero reale) in seguito alla quale risulti +<ß5 œ !. Considerando la 5 -sima componente di ciascuna 8-pla ordinata di numeri reali che compare nella ÐæÑ, si trova che deve essere ! œ +<ß5 B † +2ß5 e quindi B³ +<ß5 +2ß5 (ricordando che per ipotesi +2ß5 Á !). Le 7 2 operazioni elementari +<߇ ³ +<߇ +<ß5 +2ß5 † +2߇ (< ³ 2 ", 2 #, á , 7) trasformano pertanto la matrice A in una matrice per la quale +2ß5 è un pivot. Teorema 14.5.4 – Ogni matrice di 8 colonne è equivalente a una matrice A tale che: – per ogni 4 Ÿ 8, la matrice formata dalle prime 4 colonne di A è ridotta. Dimostrazione Sia A œ Ð+3ß4 Ñ una matrice 7 ‚ 8. Trasformiamo A (mediante operazioni elementari sulle righe) in una matrice con un pivot nella prima riga e nella colonna “più a sinistra possibile”. Se nella prima colonna di A c’è un elemento -" diverso da zero, mediante una operazione elementare del tipo M.1 si può trasformare A in modo che -" compaia nella riga +"߇ , cioè in modo che -" coincida con +"ß" ; e con successive operazioni elementari del tipo M.3 si può ulteriormente trasformare A in modo che +"ß" sia un pivot (teorema 14.5.3). Se invece la prima colonna di A è tutta nulla, si trasforma A in modo che +"ß# (o comunque, se le prime 5 colonne di A sono nulle, +"ß5" Ñ sia un pivot. Come secondo passo, trasformiamo A (mediante operazioni elementari sulle righe) in una matrice con un pivot nella seconda riga e nella colonna “più a sinistra possibile”. Supponiamo che il pivot ottenuto nella prima riga sia +"ß4 . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 113 Se nella (4 ")-sima colonna di A (e nelle righe successive alla prima) c’è un elemento -# diverso da zero, mediante una operazione elementare del tipo M.1 si può trasformare A in modo che -# compaia nella riga +#߇ , cioè in modo che - coincida con +#ß4" ; e con successive operazioni elementari del tipo M.3 si può ulteriormente trasformare A in modo che +#ß4" sia un pivot (teorema 14.5.3). Se invece nella (4 ")-sima colonna di A tutti gli elementi (tranne al più quello della prima riga) sono nulli, si trasforma A in modo che +#ß4# (o comunque un opportuno +#ß4> con > minimo possibile) sia un pivot. Tutte le operazioni elementari necessarie per ottenere il pivot sulla seconda riga non modificano né le prima riga né le prime 4 colonne. Allo stesso modo si procede per ottenere un pivot nella terza, quarta, á , 7-sima riga, sempre – nella colonna “più a sinistra possibile”. Al termine del procedimento, si ottiene la matrice A , equivalente a quella data, con la proprietà cercata. Teorema 14.5.5 Ogni matrice è equivalente a una matrice ridotta. Dimostrazione È conseguenza immediata del teorema 14.5.4. Si dice rango di una matrice ridotta il numero delle sue righe non nulle. Teorema 14.5.6 Tutte le matrici ridotte equivalenti a una data matrice hanno lo stesso rango. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Sia A una matrice. Si dice rango di A il rango di una qualsiasi matrice ridotta equivalente ad A. Per il teorema 14.5.6, questa definizione è ben posta. 14.6 - Teorema di Rouché-Capelli. Un sistema lineare si dice ridotto se la sua matrice incompleta e la sua matrice completa sono entrambe ridotte. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 114 Teorema 14.6.1 Ogni sistema lineare è equivalente a un sistema lineare ridotto. Dimostrazione Sia dato un sistema lineare f e sia A la sua matrice completa. Per il – teorema 14.5.4, la matrice A è equivalente a una matrice ridotta A tale che: – la matrice che si ottiene eliminando l’ultima colonna di A è ridotta. – – – Ciò significa che il sistema lineare f che ha per matrice completa A è ridotto. Poiché A è – equivalente ad A, per il teorema 14.5.1 f è equivalente a f . Dunque, f è equivalente al – sistema lineare ridotto f , come si voleva dimostrare. Teorema 14.6.2 (Rouché Capelli) Un sistema lineare di 7 equazioni in 8 incognite ha soluzione se e soltanto se la sua matrice incompleta e la sua matrice completa hanno lo stesso rango <; e, in tal caso, esistono esattamente 8 < incognite libere. Dimostrazione Per i teoremi 14.6.1 e 14.5.6, possiamo supporre che il sistema lineare sia della forma Ú Ý Ý +"ß" x" +"ß# x# á +"ß8 x8 œ ," + x " +# ß # x # á + #ß 8 x 8 œ , # Û #ß" Ý Ý. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ü +<ß" x" +<ß# x# á +<ß8 x8 œ ,< con matrice completa (A;B) (ridotta di rango <, nella quale abbiamo soppresso le eventuali righe nulle) e matrice incompleta A (con < righe, delle quali qualcuna potrebbe essere nulla). Supponiamo in primo luogo che il sistema dato abbia soluzione, e dimostriamo che A non può avere righe nulle (cosicché anche A ha rango <). Se in A ci fosse una riga nulla, la corrispondente equazione del sistema sarebbe della forma !œ, con , Á ! (perché in (A;B) abbiamo soppresso le eventuali righe nulle). Ma allora il sistema sarebbe impossibile, contro l’ipotesi. Supponiamo ora che la matrice A abbia rango <, e quindi non abbia righe nulle. Sotto questa ipotesi dimostreremo che il sistema ha soluzione; anzi, dimostreremo che esistono 8 < incognite x3" , x3# , á , x38< tali che per ogni Ð!3" , !3# , á , !38< Ñ − ‘8< esiste esattamente una soluzione del sistema per la quale è á, x3" œ !3" , x3# œ !3# , x38< œ !38< , col che il teorema sarà completamente provato. Poiché A è ridotta e non ha righe nulle, in ciascuna delle sue < righe c’è un elemento diverso da zero “sotto al quale” tutti gli elementi sono uguali a zero (il “pivot”Ñ. Siano 4" , 4# , á , 4< le colonne dei pivot, e siano 3" , 3# , á , 38< le rimanenti colonne di A. Posto x3" œ !3" , x3# œ !3# , á, x38< œ !38< nel sistema rimangono soltanto le < incognite x4" , x4# , á , x4< . Poiché A è ridotta, nella <-sima equazione del sistema compare la sola incognita x4< ; nella (< ")-sima equazione del sistema compaiono soltanto le incognite x4<" e x4< ; e così via. Il sistema può dunque essere risolto per sostituzioni successive, ottenendo una e una sola soluzione nelle incognite x4" , x4# , á , x4< . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 115 14.7 - Esercizi sui sistemi lineari. Esercizio 14.7.1 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z: Ú #x y z œ " Û #x #z œ " Ü #x $y z œ ! Soluzione Consideriamo la matrice completa del sistema e riduciamola per righe: R$ ³ R$ $R" R$ ³ R$ #R# Î# # Ï# " ! $ " # " "Ñ " !Ò Î # # Ï % " ! ! " # % " Ñ " $Ò Î# # Ï! " ! ! " # ! " Ñ " "Ò Come si vede, la matrice incompleta ha rango #, quella completa ha rango $: per il teorema di Rouché Capelli, il sistema non ha soluzioni. Esercizio 14.7.2 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t: Ú Ý Ýx y z t œ " x y z #t œ " Û Ý Ý $x y $z t œ " Ü $x #y $z $t œ " Soluzione Consideriamo la matrice completa del sistema e riduciamola per righe: Î" Ð " Ð $ Ï$ " " " # " " $ $ " # " $ "Ñ " Ó Ó " " Ò Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 116 R# R$ R$ R% ³ R# R" ; ³ R$ R" ; ³ "# R$ ; ³ R% #R" ; R% ³ R% R# ; R% ³ R% R$ ; e infine Î" Ð ! Ð " Ï" " ! ! ! " ! " " " " ! " "Ñ # Ó Ó " $ Ò Î" Ð ! Ð " Ï" " ! ! ! " ! " " " " ! ! "Ñ # Ó Ó " " Ò Î" Ð ! Ð " Ï! " ! ! ! " ! " ! " " ! ! "Ñ # Ó Ó " ! Ò Î" ! Ï" " ! ! " ! " " " ! "Ñ # " Ò Matrice incompleta e matrice completa hanno lo stesso rango, cioè $; per il teorema di Rouché-Capelli, poiché il numero delle incognite è %, il sistema dato ha infinite soluzioni dipendenti da un parametro. Come parametro può essere scelta una qualsiasi delle incognite purché la matrice incompleta del sistema, omettendo la colonna corrispondente a tale incognita, continui ad avere rango $; la scelta più immediata nel nostro caso è la x: infatti, omettendo la prima colonna, la matrice incompleta è ancora ridotta per righe ed ha ancora rango $. Si potrebbe anche assumere come parametro la z. Non si potrebbe invece assumere come parametro né la y né la t. Assumendo come parametro la x, si ottiene il sistema Úy z t œ " x Û tœ# Üz œ " x che si risolve facilmente per sostituzione (sostituendo nella prima equazione a t e z i valori ricavati dalla seconda e dalla terza). Si ottiene Úy œ % Û zœ"x Üt œ # e dunque la soluzione generale è Ðx, %, " x, #Ñ o, se si preferisce, Ð!, %, ", #Ñ x Ð", !, ", !Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 117 Esercizio 14.7.3 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z: Úx y z œ ! Û xyzœ! Üx y z œ ! Soluzione Si tratta di un sistema lineare omogeneo; per il teorema 14.2.1 esiste sicuramente almeno una soluzione, la cosiddetta “soluzione banale” Ð!, !, !Ñ. Per vedere se ci sono altre soluzioni, consideriamo la matrice completa del sistema e riduciamola per righe: Î" " Ï" " " " " !Ñ " ! " !Ò Î" ! Ï! " ! # " # # !Ñ ! !Ò Î" ! Ï! " ! # " # ! !Ñ ! !Ò R# ³ R# R" R$ ³ R$ R" R$ ³ R$ R# La matrice ha rango uguale al numero delle incognite, e il sistema ha quindi la sola soluzione “banale” Ð!, !, !Ñ. Esercizio 14.7.4 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z: Ú #x &y )z œ ) Ý Ý Ý Ý %x $y *z œ * Û #x $y &z œ ( Ý Ý Ý Ý x )y (z œ "# Ü $x $y &z œ # Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 118 Soluzione Consideriamo la matrice completa del sistema e riduciamola per righe: Î# Ð % Ð Ð # Ð " Ï$ R# R# R$ R% R& ³ R# #R" ; ³ "( R# ; ³ R$ R" ; ³ #R% R" ; ³ #R& $R" ; R$ ³ R$ #R# ; R% ³ R% ""R# ; R& ³ R& #"R# ; R% ³ R% &R$ ; R& ³ R& (R$ ; e infine & $ $ ) $ ) * & ( & ) Ñ * Ó Ó ( Ó Ó "# #Ò & " # "" #" ) " $ ' "% ) Ñ " Ó Ó " Ó Ó "' #) Ò Î# Ð ! Ð Ð ! Ð ! Ï! & " ! ! ! ) " " & ( ) Ñ "Ó Ó " Ó Ó & (Ò Î# Ð ! Ð Ð ! Ð ! Ï! & " ! ! ! ) " " ! ! ) Ñ "Ó Ó " Ó Ó ! ! Ò Î# ! Ï! & " ! ) " " ) Ñ " " Ò Î# Ð ! Ð Ð ! Ð ! Ï! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 119 Matrice incompleta e matrice completa hanno lo stesso rango, cioè $; per il teorema di Rouché-Capelli, poiché anche il numero delle incognite è $, il sistema dato ha esattamente una soluzione. Alla matrice ridotta ottenuta resta associato il sistema Ú #x &y )z œ ) Û yzœ " Üz œ " che si risolve facilmente per sostituzione. Si ottiene Úx œ $ Û yœ# Üz œ " e dunque la soluzione del sistema dato è Ð$, #, "Ñ. Le soluzioni degli esercizi 14.7.5, 14.7.6, 14.7.7, 14.7.8, 14.7.9, 14.7.10, 14.7.11, 14.7.12, 14.7.13, 14.7.14, 14.7.15 e 14.7.16 saranno date nella sezione 14.9 (pagina 129Ñ. Esercizio 14.7.5 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z: Úx y z œ " Û x y #z œ " Ü#x #y $z œ # Esercizio 14.7.6 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z: Ú x y #z œ " Ý Ý Ý Ýx z œ # Û #x y z œ ! Ý Ý Ý Ýx y #z œ # Ü$x y %z œ & Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 120 Esercizio 14.7.7 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t: Ú Ý Ýx y z t œ $ #x y z t œ $ Û Ý Ýx y #z #t œ " Üx %y z t œ # Esercizio 14.7.8 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t: Ú x #y z t œ $ Ý Ý Ý Ýx y z #t œ " Û #x y #z œ ! Ý Ý Ý Ý#y #z t œ # Üx $y $z t œ $ Esercizio 14.7.9 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z: Ú#x y z œ ! Û $x #y #z œ ! Üx y z œ ! Esercizio 14.7.10 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z: Úx y #z œ ! Û x #y z œ ! Üx y #z œ ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 121 Esercizio 14.7.11 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t, w: Úx y #z t w œ " Û #x y z t œ " Ü$y &z $t #w œ ! Esercizio 14.7.12 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t: Ú Ý Ý#x #y z #t œ ! x y #z t œ ! Û Ý Ý$x $y $t œ ! Üx y z t œ ! Esercizio 14.7.13 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t: Ú Ý Ýx y z t œ " #x y z t œ ! Û Ý Ýx #y #z #t œ " Ü$y $z $t œ # Esercizio 14.7.14 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t, w: Úx #y t w œ ! Û #x y z t w œ ! Ü&x #z $t $w œ ! Esercizio 14.7.15 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t: Ú x #y z t œ ! Ý Ý Ý Ý#x y #z œ ! Û xztœ! Ý Ý Ý Ý$x y $z t œ ! Üx y z t œ ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 122 Esercizio 14.7.16 Risolvere il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t: Ú Ý Ý $x %y z #t œ $ 'x )y #z &t œ ( Û Ý Ý *x "#y $z "!t œ "$ Ü "#x "'y %z "#t œ "' 14.8 - Esercizi sui sistemi lineari dipendenti da un parametro. Esercizio 14.8.1 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Úx $y 5z œ " Û yzœ5 Ü 5 x 'y # z œ # Soluzione Consideriamo la matrice completa del sistema e riduciamola per righe: Î" ! Ï5 R$ ³ R$ 5 R" Î" ! Ï! $ " ' $ " $5 ' 5 " # 5 " # 5# " Ñ 5 #Ò " Ñ 5 #5Ò R$ ³ R$ $Ð# 5ÑR# Î" ! Ï! $ " ! 5 " Ð" 5ÑÐ5 %Ñ " Ñ 5 Ð" 5ÑÐ$5 #Ñ Ò Per 5 Á ", % la matrice incompleta e quella completa sono ridotte e hanno rango $, uguale al numero delle incognite: il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ ", la matrice incompleta e quella completa si riducono sopprimendo la terza riga e hanno rango #: il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera (qualunque incognita può essere assunta come incognita libera). Per 5 œ %, la matrice incompleta si riduce sopprimendo la terza riga e ha rango #, mentre la matrice completa è ridotta e ha rango $: il sistema è impossibile. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 123 Esercizio 14.8.2 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Úx y #z œ 5 Û %x 5y 5z œ # Ü5x 5y %z œ % Soluzione Consideriamo la matrice completa del sistema e riduciamola per righe: Î" % Ï5 R# ³ R# %R" R$ ³ R$ 5 R" Î" ! Ï! " 5% ! " 5 5 # 5) #Ð# 5Ñ # 5 % 5Ñ # %Ò 5 Ñ # %5 Ð# 5ÑÐ# 5Ñ Ò Per 5 Á %, # la matrice incompleta e quella completa sono ridotte e hanno rango $, uguale al numero delle incognite: il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ #, la matrice incompleta e quella completa si riducono sopprimendo la terza riga e hanno rango #: il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera (qualunque incognita può essere assunta come incognita libera). Per 5 œ %, la matrice diventa Î" ! Ï! " ! ! # "# "# % Ñ ") "# Ò e per completare la riduzione si deve porre R$ ³ R$ R# . Si ottiene Î" ! Ï! " ! ! e dunque per 5 œ % il sistema è impossibile. # "# ! %Ñ ") ' Ò Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 124 Le soluzioni degli esercizi 14.8.3, 14.8.4, 14.8.5, 14.8.6, 14.8.7, 14.8.8, 14.8.9, 14.8.10, 14.8.11, 14.8.12, 14.8.13, 14.8.14, 14.8.15, 14.8.16, 14.8.17, 14.8.18 e 14.8.19 saranno date nella sezione 14.10 (pagina 131). Esercizio 14.8.3 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý x y Ð5 $Ñ z œ 5 $ x Ð5 &Ñ y ( z œ # Û Ý Ý Ð5 #Ñ x ' y ' z œ " Ü 5 x 5 y Ð5 %Ñz œ 5 % Esercizio 14.8.4 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý#y z œ " xy5z œ ! Û Ý Ýx $y œ # Üx 5y #z œ " Esercizio 14.8.5 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ýx #y 5z t œ ! x5yt œ ! Û Ý Ý 5 x Ð# $5Ñ y 5 t œ ! Ü Ð5 "Ñ x % y # z % t œ ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 125 Esercizio 14.8.6 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ýx y z 5t œ " 5 x 5 y 5 z #5 t œ " Û Ý Ý Ð5 "Ñ x y Ð$ 5Ñ t œ ! Ü Ð#5 "Ñ x Ð5 "Ñ y Ð#5 "Ñ z $5 t œ 5 Esercizio 14.8.7 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú &5 x & y #5 z œ "# Û 5xz œ ! Ü ' x & y 5 z œ "# Esercizio 14.8.8 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Úx 5z œ ! Û x #y z œ ! Ü5y z œ ! Esercizio 14.8.9 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý x (5 ") z œ #5 5 y #5 z œ " Û Ý Ýx &z œ 5 % Ü x 5 y $ z œ $5 $ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 126 Esercizio 14.8.10 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý5x 5y œ " (#5 ") x 5 y z œ # Û Ý Ý (5 ") x #5 y (5 ") z œ #5 % Ü ($5 ") x #5 y z œ $ Esercizio 14.8.11 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý 5 x y (5 #) z œ 5 # #x y 5z œ $ Û Ý Ýx y z œ $ Ü (# 5 ) x # y+# z œ ( 5 Esercizio 14.8.12 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú 5x #y t œ " Ý Ý Ý Ý yztœ5 Û $ z (5 #) t œ #5 Ý Ý Ý Ýy z 5t œ " Ü5x #y z œ 5 Esercizio 14.8.13 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý #5 x # y Ð5 "Ñ z œ 5 * 5 x y $ z œ ' &5 Û Ý Ý x 5 y Ð5 #Ñ z œ $ Ü 5 x y Ð5 %Ñ z œ '5 $ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 127 Esercizio 14.8.14 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý $ x Ð5 "Ñ y 5 z Ð" # 5Ñ t œ 5 $ Ð5 %Ñ x Ð5 "Ñ y Ð5 #Ñ t œ # 5 $ Û Ý Ý 5 x Ð5 #Ñ t œ % 5 ' Ü Ð5 "Ñ x Ð# 5Ñ t œ $ 5 Esercizio 14.8.15 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t, w è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú x5yw œ ! Ý Ý Ý Ý # x #5 y & t # w œ & Û $ x $5 y # z t $ w œ " Ý Ý Ý Ý Ð5 "Ñ x 5 y z w œ " Ü & x &5 y z $ t & w œ $ Esercizio 14.8.16 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ý x % y œ '# 5 %x y 5 z œ 5 $ Û Ý Ý $ x # y ' #z œ " Ü&x &y 5 z œ $ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 128 Esercizio 14.8.17 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú x y $z 5t œ 5 # Ý Ý Ý Ý#x 5y #z t œ ! Û # x (" 5 ) y # z t œ " Ý Ý y %z #t œ " Ý Ý Ü x y $ z 5# t œ " Esercizio 14.8.18 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú Ý Ýx y 5z œ 5 5xyz œ ! Û Ý Ýx y 5z œ 5 Ü x y $5 z œ 5 Esercizio 14.8.19 Si stabilisca per quali valori del parametro reale 5 il seguente sistema lineare nelle incognite x, y, z, t è risolubile (specificando il numero delle incognite libere) e per quali è invece impossibile: Ú x y (5 ") z (5 %) t œ ! Ý Ý Ý Ýx y $z œ ! Û (5 ") x (5 ") y (5 %) z $ t œ ! Ý Ý Ý Ý # x (5 #) z (5 %) t œ ! Ü 5 x 5 y (5 ") z œ ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 129 14.9 - Soluzione degli esercizi proposti nella sezione 14.7. Soluzione dell’esercizio 14.7.5 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da una incognita libera. Scegliendo come incognita libera la x, la generica soluzione è (x, x ", !) ; scegliendo come incognita libera la y, la generica soluzione è (y ", y, !). Si noti che la z non può essere scelta come incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.7.6 Il sistema ha esattamente una soluzione: Ð " # , ( # , & # Ñ. Soluzione dell’esercizio 14.7.7 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da una incognita libera. Scegliendo come incognita libera la z, oppure la t, la generica soluzione è noti che né la x né la y possono essere scelte come incognita libera. (#, ", !, !) . Si Soluzione dell’esercizio 14.7.8 Il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.7.9 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da una incognita libera. Scegliendo come incognita libera la y, oppure la z, la generica soluzione è (!, !, !) . Si noti che la x non può essere scelta come incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.7.10 Il sistema ammette soltanto la soluzione nulla (!, !, !). Soluzione dell’esercizio 14.7.11 Il sistema è impossibile. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 130 Soluzione dell’esercizio 14.7.12 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da due incognite libere. Scegliendo come incognite libere la x e la y, la generica soluzione è (x, y, !, x y) ; scegliendo come incognite libere la x e la t, la generica soluzione è (x, t x, !, t); scegliendo come incognite libere la y e la t, la generica soluzione è (t y, y, !, t). Si noti che la z non può essere scelta come incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.7.13 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da due incognite libere. Scegliendo come incognite libere la y e la z, la generica soluzione è Ð "$ , y, z, z y #$ Ñ ; scegliendo come incognite libere la y e la t, la generica soluzione è Ð "$ , y, y t #$ , t); scegliendo come incognite libere la z e la t, la generica soluzione è Ð "$ , z t #$ , z, t). Si noti che la x non può essere scelta come incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.7.14 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da tre incognite libere. Scegliendo come incognite libere x, y e t, la generica soluzione è (x, y, x $y, t, x #y t) ; scegliendo come incognite libere x, y e w, la generica soluzione è (x, y, x $y, x #y w, w); scegliendo come incognite libere x, z e t, la generica soluzione è (x, "$ x "$ z, z, t, &$ x #$ z t); scegliendo come incognite libere x, z e w, la generica soluzione è (x, "$ x "$ z, z, &$ x #$ z w, w); scegliendo come incognite libere y, z e t, la generica soluzione è Ð $y z, y, z, t, &y z t); scegliendo come incognite libere y, z e w, la generica soluzione è Ð $y z, y, z, &y z w, w); scegliendo come incognite libere y, t e w, la generica soluzione è (#y t w, y, &y t w, t, w); scegliendo come incognite libere z, t e w, la generica soluzione è Ð #& z $& t $& w, "& z "& t "& w, z, t, w); scegliendo come incognite libere x, t e w, la generica soluzione è (x, "# x "# t "# w, &# x $# t $# w, t, w). Si noti che non è possibile scegliere come incognite libere x, y e z. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 131 Soluzione dell’esercizio 14.7.15 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da una incognita libera. Scegliendo come incognita libera la x, la generica soluzione è (x, !, x, !) ; scegliendo come incognita libera la z, la generica soluzione è Ð z, !, z, !). Si noti che né la y né la z possono essere scelte come incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.7.16 Il sistema ha infinite soluzioni dipendenti da due incognite libere. Scegliendo come incognite libere la x e la y, la generica soluzione è (x, y, " $x %y, ") ; scegliendo come incognite libere la x e la z, la generica soluzione è (x, "% $% x "% z, z, "); scegliendo come incognite libere la y e la z, la generica soluzione è Ð "$ %$ y "$ z, y, z, "). Si noti che la t non può essere scelta come incognita libera. 14.10 - Soluzione degli esercizi proposti nella sezione 14.8. Soluzione dell’esercizio 14.8.3 Per 5 Á #, % il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ # il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ % il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.4 Per 5 œ % il sistema ha esattamente una soluzione, per tutti gli altri valori di 5 il sistema è impossibile. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 132 Soluzione dell’esercizio 14.8.5 Il sistema dato è un sistema omogeneo, quindi ammette soluzione per ogni valore di 5 . Per 5 Á !, ", #, $ il sistema ha soltanto la soluzione nulla (!, !, !, !). Per 5 œ !, ", #, $ il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.8.6 Per 5 Á !, ", # il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ " il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ !, # il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.7 Per 5 Á ', " il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ ', " il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.8.8 Il sistema dato è un sistema omogeneo, quindi ammette soluzione per ogni valore di 5 . Per 5 Á #, " il sistema ha soltanto la soluzione nulla (!, !, !). Per 5 œ #, " il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Soluzione dell’esercizio 14.8.9 Per 5 Á !, % il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ % il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ ! il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.10 Per 5 Á !, " il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ " il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ ! il sistema è impossibile. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 133 Soluzione dell’esercizio 14.8.11 Per 5 Á !, " il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ ", ! il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.12 Per 5 Á !, " il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ ! il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ " il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.13 Per 5 Á „ ", ( il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ „ " il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ ( il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.14 Per 5 Á ", !, "# , # il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ !, # il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ ", "# il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.15 Per 5 Á # il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ # il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.16 Per 5 Á „ $ il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ $ il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ $ il sistema è impossibile. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 134 Soluzione dell’esercizio 14.8.17 Per 5 Á ", !, " il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ " il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ !, " il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.18 Per 5 Á !, " il sistema ha esattamente una soluzione. Per 5 œ ! il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Per 5 œ " il sistema è impossibile. Soluzione dell’esercizio 14.8.19 Il sistema dato è un sistema omogeneo, quindi ammette soluzione per ogni valore di 5 . Per 5 Á „ " il sistema ha soltanto la soluzione nulla (!, !, !) . Per 5 œ „ " il sistema ha infinite soluzioni, dipendenti da una incognita libera. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 135 15.- FUNZIONI ‘ Ä ‘ 15.1 - Generalità. L’insieme delle funzioni ‘ Ä ‘ si indica con ‘‘ . Si definiscono in tale insieme operazioni binarie (cfr. 7.1) dette somma, prodotto, quoziente ed elevamento a potenza: precisamente, se f, g − ‘‘ , si pone Ðf gÑÐBÑ ³ fÐBÑ gÐBÑ e la funzione f g così definita si dice somma delle funzioni f e g; ÐfgÑÐBÑ ³ fÐBÑgÐBÑ e la funzione fg così definita si dice prodotto delle funzioni f e g; Š g ‹ÐBÑ ³ gÐBÑ f e la funzione f g fÐBÑ così definita si dice quoziente delle funzioni f e g; af g bÐBÑ ³ fÐBÑ gÐBÑ e la funzione f g così definita si dice elevamento a potenza con base f ed esponente g. Anche la composizione tra funzioni definita in 4.7 è un’operazione binaria nell’insieme ‘‘ . È interessante (e importante!Ñ mettere in relazione col dominio di f e g quello delle varie funzioni definite a partire da esse come si è appena accennato; precisamente, si ha WÐf gÑ œ WÐfgÑ œ WÐfÑ WÐgÑ; WŠ g ‹ œ WÐfÑ ÖB − WÐgÑ / gÐBÑ Á !×; f Waf g b œ WÐgÑ ÖB − WÐfÑ / fÐBÑ !×; WÐf ‰ gÑ œ ÖB − WÐgÑ / gÐBÑ − WÐfÑ×. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 136 Le funzioni ‘ Ä ‘ che considereremo saranno quasi esclusivamente ottenute mediante somma, prodotto, quoziente, elevamento a potenza, composizione a partire dalle seguenti funzioni (dette funzioni elementari) che supponiamo note (generalmente dagli studi effettuati nella scuola secondaria superiore): Ð3Ñ le funzioni polinomiali (associate ai polinomi a coefficienti reali nella indeterminata B)Ð24Ñ; a questa famiglia appartengono in particolare la funzione identità id‘ (cfr. 4.4.3) e le funzioni costanti. Ð33Ñ le funzioni trigonometriche ÐsinÐBÑ, cosÐBÑ, tgÐBÑÑ e le loro inverse ÐarcsinÐBÑ, arccosÐBÑ, arctgÐBÑÑ; Ð333Ñ per ogni + − ‘ , la funzione potenza B+ di esponente +, la funzione esponenziale exp+ ÐBÑ (che indicheremo anche con +B Ñ e (se + Á ") la funzione logaritmica log+ ÐBÑ in base + (cfr. 10.4); Ð3@Ñ sez. 15.2). la funzione “valore assoluto” ÐkBk, definita in 10.1, per la quale si veda anche la Occasionalmente sarà utile prendere in considerazione anche funzioni che non rientrano nelle famiglie sopra considerate; ad esempio la funzione “parte intera” ÐÒBÓ, che associa al numero reale B il più grande numero intero non superiore a B), la funzione “segno” (sgnÐBÑ, che assume valore " se B !, assume valore ! se B œ !, e assume valore " se B !), la “funzione di Dirichlet” (DirÐBÑ, che assume valore " se B è razionale, e assume valore " se B è irrazionale) ed altre simili a quest’ultima (cfr. esempio 16.1.5 ed esempio 18.4.3). Particolare rilevanza avrà nel seguito la nozione di “intervallo” introdotta in 5.3. Si noti che lo stesso insieme ‘ si considera un intervallo (aperto, illimitato a sinistra e a destra) e che un intervallo non può, per definizione, consistere di un solo elemento. Per un intervallo limitato si introduce la nozione di ampiezza: se l’intervallo ha estremi + e , , la sua ampiezza è per definizione il numero reale k, +k. Esercizio 15.1.1 Calcolare: Ò #$ Ó; Ò"Ó; Ò $ % Ó; ÒÈ# Ó; Ò È$ Ó; Ò1Ó; Ò!Ó; Ò (Ó. Esercizio 15.1.2 Determinare il dominio delle seguenti funzioni: f" ÐBÑ ³ Èlog# ÐBÑ ; f# ÐBÑ ³ log$ (log& ÐBÑ "Ñ; B" f$ ÐBÑ ³ B# . 24 Nel seguito utilizzeremo la stessa notazione sia per indicare un polinomio a coefficienti reali nella indeterminata B sia per indicare la funzione polinomiale ad esso associata: ciò non darà mai luogo ad equivoci. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 137 Esercizio 15.1.3 Dimostrare che le funzioni ÈB# e kBk sono la stessa funzione (cfr. la nota 10 a pagina 36). Esercizio 15.1.4 Dire, motivando la risposta, se f" ÐBÑ ³ ÈB# e f# ÐBÑ ³ ÐÈB Ñ# e f# ÐBÑ ³ log# Ð#B Ñ sono la stessa funzione oppure no. Esercizio 15.1.5 Dire, motivando la risposta, se f" ÐBÑ ³ #log# ÐBÑ sono la stessa funzione oppure no. 15.2 - Osservazioni sulla funzione “valore assoluto”. Teorema 15.2.1 Se B, C − ‘, si ha kBk Ÿ C Í C Ÿ B Ÿ C. Dimostrazione Sia kBk Ÿ C; allora C !, e C Ÿ !. Se B !, è certamente B C; inoltre, kBk œ B e dunque B Ÿ C . Se invece B !, è certamente B C ; inoltre, kBk œ B e dunque B Ÿ C , da cui (teorema 9.4.8 Ð3ÑÑ C Ÿ B. Viceversa, sia C Ÿ B Ÿ C. Se B !, è B œ kBk e dunque la B Ÿ C equivale alla kBk Ÿ C . Se invece B !, è B œ kBk e dunque la C Ÿ B equivale alla C Ÿ kBk ossia (teorema 9.4.8 Ð3ÑÑ alla kBk Ÿ C . Corollario 15.2.2 Se B" , B# , C − ‘, si ha kB" B# k Ÿ C Í B# C Ÿ B " Ÿ B # C . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 138 Teorema 15.2.3 Se !, " − ‘, si ha k! " k Ÿ k! k k " k . Dimostrazione Poiché k!k Ÿ k!k, per il teorema 15.2.1 (B ³ !, C ³ k!kÑ si ha k! k Ÿ ! Ÿ k! k . Analogamente, k" k Ÿ " Ÿ k" k . Utilizzando la 9.4.CO1 se ne deduce che k! k k " k Ÿ ! " Ÿ k ! k k " k Ðk! k k " kÑ Ÿ ! " Ÿ k ! k k " k ossia da cui l’asserto per il teorema 15.2.1 (B ³ ! " , C ³ k!k k" kÑ. Teorema 15.2.4 Se !, " − ‘, si ha k! † " k œ | ! | † k" k . Dimostrazione Si tratta di una verifica immediata, per la quale è opportuno distinguere quattro casi: ! !, " !; ! !, " !; ! !, " !; ! !, " !. 15.3 - Grafico di una funzione ‘ Ä ‘. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione. Fissato nel piano un SdR cartesiano (ortogonale, monometrico) Oxy, si dice grafico di f l’insieme dei punti del piano le cui coordinate B, C verificano la condizione C œ fÐBÑ. Con la notazione di 12.2, possiamo anche dire che il grafico di f è il luogo geometrico rappresentato dall’equazione C fÐBÑ œ !. 15.4 - Funzioni pari, funzioni dispari, funzioni periodiche. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione. Si dice che f è pari se per ogni B − WÐfÑ è B − WÐfÑ e inoltre fÐ BÑ œ fÐBÑ. Si dice che f è dispari se per ogni B − WÐfÑ è B − WÐfÑ e inoltre fÐ BÑ œ fÐBÑ. Se f è pari o dispari, il comportamento di f in Ò!, _Ñ può facilmente essere dedotto da quello in Ð _, !Ó (e viceversa). In particolare, per l’osservazione 15.2.3, il grafico di una funzione pari è simmetrico rispetto all’asse delle ordinate, quello di una funzione dispari è simmetrico rispetto all’origine. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 139 Esercizio [*] 15.4.1 Determinare tutte le funzioni ‘ Ä ‘ con WÐfÑ œ ‘ il cui grafico è simmetrico rispetto all’asse delle ascisse. Esempio 15.4.2 Sono funzioni pari: la fÐBÑ ³ kBk, la fÐBÑ ³ cosÐBÑ e tutte le funzioni polinomiali nella cui espressione B compare solo con esponente pari (es.: fÐBÑ ³ B# , fÐBÑ ³ B% , fÐBÑ ³ $B"' #B# $Ñ. Esempio 15.4.3 Sono funzioni dispari: la fÐBÑ ³ sinÐBÑ, la fÐBÑ ³ tgÐBÑ e tutte le funzioni polinomiali nella cui espressione B compare solo con esponente dispari (es.: fÐBÑ ³ B, fÐBÑ ³ B$ , fÐBÑ ³ $B"$ #B& $B; si noti che in particolare il termine noto deve essere uguale a zeroÑ. Esercizio 15.4.4 Si stabilisca se la funzione fÐBÑ ³ log# ¹ "B ¹ "B è pari, dispari oppure né pari né dispari. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia 5 un numero reale positivo. Si dice che f è periodica di periodo 5 se per ogni B − WÐfÑ è B 5 − WÐfÑ e inoltre fÐB 5Ñ œ fÐBÑ. Se f è periodica di periodo 5 , il comportamento di f su tutto ‘ può facilmente essere dedotto dal comportamento in un qualsiasi intervallo di ampiezza almeno 5 . In particolare, il grafico di f si ottiene “ricopiando” infinite volte il grafico della sua restrizione a un qualsiasi intervallo di ampiezza 5 . Una funzione ‘ Ä ‘ si dice periodica se esiste 5 − ‘ tale che f è periodica di periodo 5 . Si noti che, se f è periodica di periodo 5 , per definizione f è periodica di periodo 85 per ogni 8 − ™ ; generalmente si considera (quando esiste) il min Ö5 − ‘ / f è periodica di periodo 5×. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 140 Esercizio [*] 15.4.5 Si dia un esempio di funzione f periodica per la quale non esiste il min Ö5 − ‘ / f è periodica di periodo 5×. Esempio 15.4.6 Sono funzioni periodiche: la fÐBÑ ³ sinÐBÑ (di periodo #1), la fÐBÑ ³ cosÐBÑ (di periodo #1), la fÐBÑ ³ tgÐBÑ (di periodo 1) e tutte le funzioni costanti. 15.5 - Estremi. Sia f una funzione ‘ Ä ‘. Si dice che f è superiormente limitata se l’immagine di f (cfr. 4.3) è superiormente limitata (cfr. 5.5), cioè se esiste un numero reale - tale che f(B) Ÿ - aB − WÐfÑ. Se f è superiormente limitata, l’estremo superiore (cfr. 5.6) dell’immagine di f si dice estremo superiore di f. Si dice che f è inferiormente limitata se l’immagine di f è inferiormente limitata (cfr. 5.5), cioè se esiste un numero reale - tale che f(B) aB − WÐfÑ. Se f è inferiormente limitata, l’estremo inferiore (cfr. 5.7) dell’immagine di f si dice estremo inferiore di f. Si dice che f è limitata se f è superiormente limitata ed inferiormente limitata, cioè se esistono due numeri reali +, , tali che l’immagine di f è contenuta nell’intervallo Ò+, ,Ó; o, equivalentemente, se esiste un numero reale - tale che kf(B)k Ÿ - aB − WÐfÑ. Si dice che f ha massimo se l’immagine di f ha massimo (cfr. 5.4); il massimo dell’immagine di f si dice massimo di f. Se f ha massimo Q , si dice punto di massimo per f ogni B − WÐfÑ per il quale si abbia fÐBÑ œ Q . Si dice che f ha minimo se l’immagine di f ha minimo (cfr. 5.4); il minimo dell’immagine di f si dice minimo di f. Se f ha minimo 7, si dice punto di minimo per f ogni B − WÐfÑ per il quale si abbia fÐBÑ œ 7. Sia I § WÐfÑ. Si dice che f è limitata in I, che f ha massimo in I, che f ha minimo in I se la restrizione di f a I (cfr. 4.5) rispettivamente è limitata, ha massimo, ha minimo. Se esistono, l’estremo superiore, l’estremo inferiore, il massimo e il minimo della restrizione di f ad I si dicono rispettivamente estremo superiore di f in I, estremo inferiore di f in I, massimo di f in I e minimo di f in I; gli eventuali punti di massimo e minimo per la restrizione di f a I si dicono rispettivamente punti di massimo per f in I e punti di minimo per f in I. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 141 Teorema 15.5.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e siano A, B sottoinsiemi di WÐfÑ. Se f è superiormente limitata [inferiormente limitata, limitata] in A e in B, è superiormente limitata [inferiormente limitata, limitata] anche in A B. Dimostrazione Proviamo l’asserto per f superiormente limitata in A e B, lasciando come banale esercizio gli altri due casi. Supponiamo che f sia superiormente limitata in A e B. Ciò significa che esistono due numeri reali -" , -# tali che f(B) Ÿ -" aB − A Posto - ³ max Ö-" , -# ×, si ha cioè l’asserto. f(B) Ÿ - e f(B) Ÿ -# aB − B. aB − A B 15.6 - Intorni. Punti di accumulazione. Sia e l’insieme dei punti della retta. Sappiamo (teorema 10.2.1) che, fissati in e due punti O (origine) e U (punto unità), esiste una corrispondenza biunivoca f tra e e ‘ per la quale fÐO) œ !, fÐUÑ œ " e, comunque presi P" , P# − e, il segmento P" P# ha misura |fÐP" Ñ fÐP# Ñ| rispetto all’unità di misura OU. Con abuso di linguaggio ormai comune, si usa identificare ciascun numero reale col punto della retta che gli corrisponde mediante f: in tale contesto, gli elementi di ‘ sono detti punti; inoltre, se !, " − ‘ il numero reale k! " k si dice distanza tra ! e " . Sia B! − ‘. Si dice intorno di B! un intervallo aperto (cfr. 5.3) al quale B! appartenga. Si dice intorno di B! individuato da $ (o anche intorno di centro B! e raggio $ ) l’intervallo aperto ÐB! $ , B! $ Ñ; è chiaro che si tratta di un particolare intorno di B! . Esempio 15.6.1 Ð ", $Ñ è un intorno di !. Esempio 15.6.2 Ð ", $Ñ è l’intorno di centro " e raggio #. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 142 Esercizio [*] 15.6.3 Siano B! − ‘, $ − ‘ . Si provi che ÐB! $ , B! $ Ñ œ ÖB − ‘ / ± B B! ± $ ×. Sia B! − ‘. Si dice intorno forato di B! un intorno di B! privo di B! , ossia un insieme della forma I\ÖB! × con I intorno di B! . Si dice intorno sinistro di B! un intervallo aperto Ð+, B! Ñ con + B! ; si dice intorno destro di B! un intervallo aperto ÐB! , ,Ñ con B! ,. Gli intorni destri e sinistri di B! non sono, in base alla definizione, intorni di B! ; si noti tuttavia che l’unione di un (qualsiasi) intorno sinistro di B! ed un (qualsiasi) intorno destro di B! è un intorno forato di B! . Esempio 15.6.4 Ð#, $) è un intorno sinistro di $; Ð$, &Ñ è un intorno destro di $; Ð#, $Ñ Ð$, &Ñ Ð œ Ð#, &Ñ\Ö$×Ñ è un intorno forato di $. Sia A § ‘. Un elemento B! di A si dice interno ad A se esiste un intorno di B! contenuto in A. L’insieme degli elementi di A interni ad A si dice l’interno di A. Esempio 15.6.5 Sia A ³ Ò!, $Ó; " è interno ad A, ! e $ non sono interni ad A. L’interno di A è l’intervallo aperto Ð!, $Ñ. Osservazione 15.6.6 Siano +, , numeri reali. L’interno di Ò+, ,Ó è Ð+, ,Ñ; l’interno di Ò+, ,Ñ è Ð+, ,Ñ; l’interno di Ð+, ,Ó è Ð+, ,Ñ; l’interno di Ð _, ,Ó è Ð _, ,Ñ; l’interno di Ò+, _Ñ è Ð+, _Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 143 Sia A § ‘, e sia B! − ‘. Si dice che B! è un punto di accumulazione per A se in ogni intorno forato di B! esiste almeno un elemento di A. Esempi 15.6.7 Ogni elemento di Ò!, "Ó è punto di accumulazione per Ð!, "Ñ. 15.6.8 Ogni elemento di Ò!, "Ó è punto di accumulazione per Ò!, "Ñ. 15.6.9 Ogni elemento di Ò!, #Ó è punto di accumulazione per Ð!, "Ñ Ð", #Ñ. 15.6.10 Non esistono punti di accumulazione per . 15.6.11 Sia A l’insieme dei numeri reali della forma 8" con 8 numero intero positivo. Il numero reale " appartiene ad A, ma non è punto di accumulazione per A; il numero reale ! non appartiene ad A, ma è punto di accumulazione per A. 15.6.12 Ogni elemento di Ò!, "Ó è punto di accumulazione per Ò!, "Ó . Teorema 15.6.13 Sia A § ‘, e sia B! un punto di accumulazione per A. In ogni intorno forato di B! (e quindi in ogni intorno di B! Ñ esistono infiniti elementi di A; in particolare, A ha infiniti elementi. Dimostrazione Procediamo per assurdo, supponendo che esista un intorno forato di B! al quale appartiene un numero finito di elementi B" , B# , á , B8 di A. Sia $ il più piccolo tra i numeri ± B" B! ± , ± B# B! ± , á , ± B8 B! ± ; si ha $ Á !. Ognuno degli B3 (e quindi, a maggior ragione, ogni elemento di A) ha distanza da B! maggiore di #$ ; dunque all’intorno forato di centro B! e raggio #$ non appartiene alcun elemento di A, contro l’ipotesi che B! sia di accumulazione per A. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 144 Teorema 15.6.14 Sia A § ‘. Ogni punto interno ad A è un punto di accumulazione per A. Dimostrazione Sia B! un punto interno ad A; esistono allora B" , B# − ‘ tali che B" B! B# e ÐB" , B# Ñ § A . Sia J! un intorno forato di B! ; esistono dunque C" , C# − ‘ tali che C" B! C# e J! œ ÐC" , C# Ñ\ÖB! ×. Poniamo D" ³ max ÖB" , C" × e D# ³ min ÖB# , C# ×. Allora D" B! D# ; dunque in ÐD" , D# Ñ\ÖB! × esistono infiniti elementi, e tutti questi appartengono ad A (perché ÐD" , D# Ñ § ÐB" , B# Ñ § A); d’altro lato, ÐD" , D# Ñ\ÖB! × § J! , e dunque a J! appartengono infiniti elementi di A. Per l’arbitrarietà di J! , l’asserto è completamente provato. 15.7 - Punti isolati. Sia A § ‘, e sia B! − A. Si dice che B! è un punto isolato (di A) se esiste un intorno forato di B! al quale non appartiene alcun elemento di A. Esempi 15.7.1 Ogni elemento di è un punto isolato. 15.7.2 Sia A ³ Ö"× Ð#, $Ñ . L’elemento " è un punto isolato di A ; tutti gli elementi dell’intervallo aperto Ð#, $Ñ sono punti di accumulazione per A che appartengono ad A ; gli elementi # e $ sono punti di accumulazione per A che non appartengono ad A . Esercizio [*] 15.7.3 Sia A § ‘, e sia B! − A . Si dimostri che B! è un punto isolato di A se e soltanto se non è un punto di accumulazione per A . Suggerimento: Si utilizzi il contenuto delle osservazioni 2.3.6 e 2.3.7 . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 145 16.- CONTINUITÀ 16.1 - Definizione. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! − WÐfÑ. Si dice che f è continua in B! se Ða & − ‘ ÑÐb $ − ‘ ÑÐÐB − WÐfÑÑ • Ð ± B B! ± $ÑÑ Ê Ð ± fÐBÑ fÐB!Ñ ± &Ñ ossia (cfr. Corollario 15.2.2) se Ða & − ‘ ÑÐb $ − ‘ ÑÐÐB − WÐfÑ ÐB! $ , B! $ÑÑ Ê fÐBÑ − ÐfÐB!Ñ &, fÐB!Ñ &ÑÑ. Osservazione 16.1.1 Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! − WÐfÑ. Si noti che, in base alla definizione, se B! è un punto isolato per WÐfÑ (cfr. sez. 15.7) allora sicuramente f è continua in B! . Infatti, se B! è un punto isolato per WÐfÑ esiste un intorno di B! al quale non appartiene nessun altro punto di WÐfÑ, e si può scegliere $ (indipendentemente da &) in modo che ÐB! $ , B! $ Ñ sia contenuto in tale intorno e quindi le due condizioni B − WÐfÑ, ± B B! ± $ siano verificate entrambe solo per B œ B! . Di conseguenza, saremo interessati a studiare la continuità solo nei punti di accumulazione per WÐfÑ. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia I un sottoinsieme non vuoto di WÐfÑ. Si dice che f è continua in I se è continua in ogni punto di I. Se f è continua in ogni punto del proprio dominio, si dice semplicemente che f è continua. Sia I un sottoinsieme non vuoto di ‘. Indicheremo con V Ð!Ñ ÐI) l’insieme delle funzioni ‘ Ä ‘ continue in I. Se I œ ÖB! ×, scriveremo V Ð!Ñ ÐB! Ñ anziché V Ð!Ñ ÐÖB! ×Ñ. Esempio 16.1.2 Sia ! − ‘. La funzione Гcostante”Ñ che ad ogni numero reale associa ! è continua in ‘. Esempio 16.1.3 La funzione ÒBÓ è continua in ‘\™. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 146 Esempio 16.1.4 La funzione id‘ che ad ogni numero reale associa se stesso è continua in ‘. Poiché si ha id‘ ÐBÑ œ B per ogni B − ‘, tale funzione è la funzione polinomiale associata al polinomio B e si indica usualmente essa stessa con B. Esempio 16.1.5 La funzione f : ‘ Ä ‘ definita ponendo fÐBÑ ³ œ B se B è razionale ! se B è irrazionale è continua in ! (e solo in !). Teorema 16.1.6 Le funzioni sinÐBÑ e cosÐBÑ sono continue. Dimostrazione Proviamo che sinÐBÑ è continua; analogamente si prova che è continua cosÐBÑ. Si ponga 2 ³ B B! , cosicché B œ B! 2. Si ha sinÐBÑ sinÐB! Ñ œ sinÐB! 2Ñ sinÐB! Ñ œ sinÐB! ÑcosÐ2Ñ cosÐB!ÑsinÐ2Ñ sinÐB!Ñ œ œ sinÐB! ÑÐcosÐ2Ñ "Ñ cosÐB! ÑsinÐ2Ñ e quindi (ricordando i teoremi 15.2.3 e 15.2.4, e tenendo conto di risultati elementari sulle funzioni sin e cos Ð25ÑÑ ± sinÐBÑ sinÐB! Ñ ± Ÿ ± sinÐB! Ñ ± † ± cosÐ2Ñ " ± ± cosÐB!Ñ ± † ± sinÐ2Ñ ± œ # œ # ± sinÐB! Ñ ± sin# Ð 2# Ñ ± cosÐB! Ñ ± † ± sinÐ2Ñ ± Ÿ ± sinÐB!Ñ ± 2# ± cosÐB!Ñ ± † ± 2 ± . Se inoltre ± 2 ± ", è anche 2# ± 2 ± ; si ha allora ± sinÐB! Ñ ± 2# # ± cosÐB! Ñ ± † ± 2 ± ± 2 ± † Ð ±sin#ÐB! ѱ ± cosÐB!Ñ ± Ñ Ÿ $ # ±2± perché ± sinÐB! Ñ ± Ÿ " e ± cosÐB! Ñ ± Ÿ ". Pertanto, per ogni & − ‘ , se si pone $ ³ min Ö #$& , "× si ha che $±2± ± B B! ± $ Ê ± 2 ± #$& Ê Ê # & 2# Ê ± sinÐBÑ sinÐB! Ñ ± Ÿ ± sinÐB! Ñ ± # ± cosÐB! Ñ ± † ± 2 ± da cui l’asserto. 25 Precisamente: " cosÐBÑ œ #sin# Ð B# Ñ. che per ogni B − ‘ si ha ± sinÐBÑ ± Ÿ ± B ± ; $±2± # & e che per ogni B − ‘ si ha Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 147 Teorema 16.1.7 Per ogni ! − ‘, la funzione B! è continua. Per ogni + − ‘ , la funzione exp+ ÐBÑ è continua. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Esercizio 16.1.8 Dimostrare che la funzione kBk (cfr. 10.1) è continua. 16.2 - Prime proprietà delle funzioni continue. Teorema 16.2.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! − WÐfÑ. Se f − V Ð!Ñ ÐB! Ñ, esiste un intorno di B! in cui f è limitata. Dimostrazione Poiché f è continua in B! , fissato & ³ " esiste $ − ‘ tale che B − WÐfÑ ÐB! $ , B! $ Ñ Ê fÐBÑ − ÐfÐB! Ñ ", fÐB!Ñ "Ñ e dunque in ÐB! $ , B! $ Ñ f è limitata. Teorema 16.2.2 (Weierstrass) Sia Ò+, ,Ó § ‘ un intervallo chiuso e limitato, e sia f − V Ð!Ñ ÐÒ+, ,ÓÑ. Allora f è limitata in Ò+, ,Ó. Dimostrazione Poniamo X ³ ÖB − Ò+, ,Ó Î f non è limitata in Ò+, BÓ×. È X œ g se e soltanto se vale il teorema. Procediamo per assurdo, e supponiamo che sia X Á g; poiché X è inferiormente limitato (da +) esiste, per la completezza di ‘, l’estremo inferiore di X. Poniamo B! ³ inf X. Osserviamo che 16.2.P1 per ogni B − (+, B! Ñ, f è limitata in Ò+, BÓ (infatti se f non fosse limitata in Ò+, BÓ sarebbe B − X e B! non potrebbe essere l’estremo inferiore di XÑ e 16.2.P2 per ogni B" − (B! , , ), f non è limitata in Ò+, B" Ó (infatti se f fosse limitata in Ò+, B" Ó sarebbe ÒB! , B" Ó X œ g, e B! non potrebbe essere l’estremo inferiore di XÑ. Per il teorema 16.2.1, esiste un intorno (B! $ , B! $ ) di B! in cui f è limitata; scegliamo $ in modo che tale intorno sia contenuto in Ò+, ,Ó. Poiché f è limitata anche in Ò+, B! $ Ó (per la 16.2.P1 Ñ, per il teorema 15.5.1 f è limitata in Ò+, B! $ ) e quindi in Ò+, B! #$ Ó; ciò contraddice la 16.2.P2 e prova l’asserto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 148 Teorema 16.2.3 Гdella permanenza del segno”Ñ Sia B! − ‘, e sia f − V Ð!Ñ ÐB! Ñ. Se fÐB! Ñ Á !, esiste un intorno di B! nel quale f ha lo stesso segno di fÐB! Ñ. Dimostrazione Supponiamo, per fissare le idee, fÐB! Ñ !. Posto & ³ fÐB! Ñ, esiste $ − ‘ tale cheB − WÐfÑ ÐB! $ , B! $ Ñ Ê fÐBÑ − ÐfÐB! Ñ &, fÐB!Ñ &Ñ ossia B − WÐfÑ ÐB! $ , B! $ Ñ Ê fÐBÑ − Ð!, #fÐB! ÑÑ. In particolare, ÐB! $ , B! $ Ñ è un intorno di B! nel quale fÐBÑ è positiva. Se invece fÐB! Ñ !, si pone & ³ fÐB! Ñ e si procede in modo analogo. Teorema 16.2.4 (Bolzano) Sia Ò+, ,Ó § ‘ un intervallo chiuso e limitato, e sia f − V Ð!Ñ ÐÒ+, ,ÓÑ. Se fÐ+Ñ e fÐ,Ñ hanno segno opposto, esiste B! − Ð+, ,Ñ tale che fÐB! Ñ œ !. Dimostrazione Supponiamo, per fissare le idee, fÐ+Ñ !. Posto X ³ ÖB − Ò+, ,Ó / fÐBÑ !× si ha che X Á g (perché + − X) e X è superiormente limitato (ad esempio da ,, essendo X § Ò+, ,ÓÑ; pertanto esiste B! ³ sup X. È + Ÿ B! (perchè + − X) e B! Ÿ , (perché , è una limitazione superiore per X), ossia B! − Ò+, ,Ó. Vogliamo provare che fÐB! Ñ œ ! (da cui seguirà anche che B! Á + e B! Á , , cosicché B! − Ð+, ,ÑÑ. Se fosse fÐB! Ñ ! , per il teorema della permanenza del segno (16.2.3) esisterebbe un intorno ÐB" , B# Ñ di B! contenuto in Ò+, ,Ó Ð26Ñ nel quale f assume solo valori negativi; in particolare, sarebbe ÐB! , B# Ñ § X, assurdo perché B! œ sup X. Se fosse fÐB! Ñ ! , ancora per il teorema 16.2.3 esisterebbe un intorno ÐB" , B# Ñ di B! nel quale f assume solo valori positivi; dovrebbe essere B B" per ogni B − X Ð27Ñ, e dunque B" sarebbe una limitazione superiore di X minore di B! , assurdo perché B! œ sup X. Dunque fÐB! Ñ œ !, come si voleva. Esempio 16.2.5 Sia fÐBÑ ³ #B B$ ; proveremo più avanti (16.3.2; cfr. il teorema 16.1.7) che f è continua su tutto ‘. Si ha fÐ"Ñ œ ", fÐ#Ñ œ %; per il teorema di Bolzano (16.2.4) esiste B! − Ð", #Ñ tale che fÐB! Ñ œ !. In altri termini, l’equazione #B œ B$ ha una soluzione nell’intervallo Ð", #Ñ. 26 Conviene applicare il teorema 16.2.3 non a f ma alla restrizione di f ad Ò+, ,Ó. 27 Non può essere B B# , perche´ sarebbe anche B B! ; ne´ può essere B − ÐB" , B# Ñ perche´ in ÐB" , B# Ñ f assume solo valori positivi. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 149 16.3 - Proprietà algebriche di V Ð!Ñ ÐIÑ. Teorema 16.3.1 Sia B! − ‘. V Ð!Ñ ÐB! Ñ è chiuso rispetto alla somma e al prodotto. Dimostrazione Siano f, g − V Ð!Ñ ÐB! Ñ. Per ogni ( − ‘ , esistono $" , $# − ‘ tali che e B − WÐfÑ ÐB! $" , B! $" Ñ Ê ± fÐBÑ fÐB! Ñ ± ( B − WÐgÑ ÐB! $# , B! $# Ñ Ê ± gÐBÑ gÐB! Ñ ± (. Proviamo in primo luogo che f g − V Ð!Ñ ÐB! Ñ. Posto $ ³ minÖ$" , $# ×, è chiaro che ÐB! $ , B! $ Ñ § ÐB! $" , B! $" Ñ ÐB! $# , B! $# Ñ. Allora (ricordando che WÐf gÑ œ WÐfÑ WÐgÑ e tenendo presente il teorema 15.2.3) se B − WÐf gÑ ÐB! $ , B! $ Ñ è anche B − WÐfÑ WÐgÑ ÐB! $" , B! $" Ñ ÐB! $# , B! $# Ñ e dunque ± Ðf gÑÐBÑ Ðf gÑÐB! Ñ ± œ ± fÐBÑ gÐBÑ fÐB!Ñ gÐB!Ñ ± Ÿ Ÿ ± fÐBÑ fÐB! Ñ ± ± gÐBÑ gÐB! Ñ ± ( ( œ #(. Fissato & − ‘ , si può scegliere ( in modo che sia #( &; per $ dipendente da tale (, si ha B − WÐf gÑ ÐB! $ , B! $ Ñ Ê ± Ðf gÑÐBÑ Ðf gÑÐB!Ñ ± & come si voleva. Proviamo ora che fg − V Ð!Ñ ÐB! Ñ. Per il teorema 16.2.1, esistono $$ , ! − ‘ tali che B − WÐfÑ ÐB! $$ , B! $$ Ñ Ê ± fÐBÑ ± !. Posto $ ³ minÖ$" , $# , $$ ×, per B − WÐfgÑ ÐB! $ , B! $ Ñ si ha (ricordando i teoremi 15.2.3 e 15.2.4): ± ÐfgÑÐBÑ ÐfgÑÐB! Ñ ± œ ± fÐBÑgÐBÑ fÐB!ÑgÐB!Ñ ± œ ± fÐBÑgÐBÑ fÐBÑgÐB!Ñ fÐBÑ gÐB!Ñ fÐB !Ñ gÐB !Ñ ± Ÿ Ÿ ± fÐBÑgÐBÑ fÐBÑgÐB! Ñ ± ± fÐBÑgÐB! Ñ fÐB!ÑgÐB!Ñ ± œ œ ± fÐBÑ ± † ± gÐBÑ gÐB! Ñ ± ± gÐB! Ñ ± † ± fÐBÑ fÐB!Ñ ± Ÿ !( ± gÐB!Ñ ± ( œ (Ð! ± gÐB!Ñ ± Ñ . Fissato & − ‘ , si può scegliere ( in modo che sia (Ð! ± gÐB! Ñ ± Ñ &; per $ dipendente da tale (, si ha B − WÐfgÑ ÐB! $ , B! $ Ñ Ê ± ÐfgÑÐBÑ ÐfgÑÐB! Ñ ± Ÿ (Ð! ± gÐB!Ñ ± Ñ & come si voleva, cosicché l’asserto è completamente provato. Corollario 16.3.2 Sia I § ‘. V Ð!Ñ ÐIÑ è chiuso rispetto alla somma e al prodotto. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 150 Corollario 16.3.3 Le funzioni polinomiali sono continue. Dimostrazione Segue subito dal teorema 16.3.1 e dagli esempi 16.1.2 e 16.1.4. Teorema 16.3.4 Sia B! − ‘. Se f, g − V Ð!Ñ ÐB! Ñ e gÐB! Ñ Á ! (cosicché B! − WÐ gf ÑÑ, si ha gf − V Ð!Ñ ÐB! Ñ. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Corollario 16.3.5 Sia I § ‘. Se f, g − V Ð!Ñ ÐIÑ e gÐB! Ñ Á ! in I (cosicché I § WÐ gf ÑÑ, si ha gf − V Ð!Ñ ÐIÑ. Corollario 16.3.6 Le funzioni della forma pÐBÑ con pÐBÑ, qÐBÑ funzioni polinomiali (dette funzioni razionali) qÐBÑ sono continue ovunque sono definite, cioè in ogni B tale che qÐBÑ Á !. Corollario 16.3.7 La funzione tgÐBÑ è continua. Teorema 16.3.8 Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘. Sia B! − WÐfÑ e sia fÐB! Ñ − WÐgÑ. Se f è continua in B! e g è continua in fÐB! Ñ, la funzione composta g ‰ f è continua in B! . Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Teorema 16.3.9 Sia I un intervallo contenuto in ‘, e sia f − V Ð!Ñ ÐIÑ. Se f è invertibile, f " − V Ð!Ñ ÐfÐIÑÑ. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Corollario 16.3.10 Per ogni + − ‘ \Ö"×, la funzione log+ ÐBÑ è continua. Corollario 16.3.11 Le funzioni arcsinÐBÑ, arccosÐBÑ e arctgÐBÑ sono continue. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 151 Esempio 16.3.12 Mostriamo che è essenziale in 16.3.9 l’ipotesi che la funzione considerata abbia per dominio un intervallo. La funzione f : ‘ Ä ‘ definita in Ð _, "Ñ Ö!× Ð", _Ñ ponendo Ú B " se B " fÐBÑ ³ Û ! ÜB " se B œ ! se B " è continua ed invertibile. La sua inversa (che ha per dominio tutto ‘) è la funzione Ú B " se B ! f " ÐBÑ ³ Û ! ÜB " se B œ ! se B ! che non è continua in !. Teorema 16.3.13 Sia B! − ‘. Se f, g − V Ð!Ñ ÐB! Ñ e fÐB! Ñ ! (cosicché B! − WÐf g ÑÑ, si ha f g − V Ð!Ñ ÐB! Ñ. Dimostrazione Per ogni B − WÐf g Ñ si ha Ðf g ÑÐBÑ œ #gÐBÑlog# ÐfÐBÑÑ œ exp# ÐgÐBÑlog# ÐfÐBÑÑÑ. Dunque f g è continua in B! per i teoremi 16.3.8, 16.3.10, 16.3.1 e 16.1.7. 16.4 - Ulteriori proprietà delle funzioni continue. Teorema 16.4.1 (Darboux) Sia Ò+, ,Ó § ‘ un intervallo chiuso e limitato, e sia f − V Ð!Ñ ÐÒ+, ,ÓÑ. Per ogni numero reale C! compreso tra fÐ+Ñ e fÐ,Ñ, esiste B! − Ð+, ,Ñ tale che fÐB! Ñ œ C! . Dimostrazione La funzionegÐBÑ ³ fÐBÑ C! è continua in Ò+, ,Ó (esempio 16.1.2 e teorema 16.3.1); inoltre (essendo per ipotesi fÐ+Ñ C! fÐ,Ñ oppure fÐ,Ñ C! fÐ+Ñ Ñ gÐ+Ñ e gÐ,Ñ hanno segno opposto. Per il teorema di Bolzano (16.2.4), esiste B! − Ð+, ,Ñ tale che ! œ gÐB! Ñ œ fÐB! Ñ C! ossia tale che fÐB! Ñ œ C! , come si voleva. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 152 Teorema 16.4.2 (Weierstrass) Sia Ò+, ,Ó § ‘ un intervallo chiuso e limitato, e sia f − V Ð!Ñ ÐÒ+, ,ÓÑ. Allora f ha massimo e minimo in Ò+, ,Ó e per ogni numero reale C! compreso tra il minimo e il massimo di f in Ò+, ,Ó esiste B! − Ò+, ,Ó tale che fÐB! Ñ œ C! . Dimostrazione Per il teorema 16.2.2, f è limitata in Ò+, ,Ó e quindi ha in Ò+, ,Ó un estremo inferiore ! e un estremo superiore " . Proviamo che esiste un punto dell’intervallo Ò+, ,Ó nel quale il valore della f è proprio ! (cioè che ! è il minimo di f in Ò+, ,ÓÑ. Procediamo per assurdo, supponendo che sia fÐBÑ Á ! per ogni B − Ò+, ,Ó. La funzione g" ÐBÑ ³ fÐBÑ ! non assume allora mai il valore zero nell’intervallo Ò+, ,Ó, e dunque per il teorema 16.3.4 la " " gÐBÑ ³ g ÐBÑ œ fÐBÑ! " funzione è continua in Ò+, ,Ó. Per il teorema 16.2.2, g è limitata in Ò+, ,Ó, e dunque esiste l’estremo superiore - di g in Ò+, ,Ó. Si ha cioè per ogni B − Ò+, ,Ó " fÐBÑ! Ÿ - da cui (ricordando che fÐBÑ ! !, e quindi - !) e infine con ! " - fÐBÑ ! " - fÐBÑ ! " - ! perché - !. Si è così trovata per f in Ò+, ,Ó una limitazione inferiore maggiore di !, e ciò è assurdo perché ! è per ipotesi la massima limitazione inferiore per f in Ò+, ,Ó. Questa contraddizione prova che deve essere fÐBÑ œ ! per almeno un B − Ò+, ,Ó, cioè che f ha minimo in Ò+, ,Ó. " Ponendo gÐBÑ ³ " fÐBÑ e ragionando come sopra, si prova anche che " è il massimo di f in Ò+, ,Ó. Siano allora B" , B# − Ò+, ,Ó tali che fÐB" Ñ œ !, fÐB# Ñ œ " ; l’ultima parte dell’asserto segue subito dal teorema di Darboux (16.4.1) applicato alla restrizione di f all’intervallo di estremi B" e B# . 16.5 - Singolarità. Prolungamento per continuità. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Si dice che f presenta una singolarità in B! se Ð+Ñ B!  WÐfÑ Ð,Ñ B! − WÐfÑ e f non è continua in B! . oppure Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 153 Esempio 16.5.1 B# " La funzione B" presenta una singolarità in ". Esempio 16.5.2 La funzione sinÐBÑ presenta una singolarità in !. B Esempio 16.5.3 La funzione ÒBÓ presenta singolarità in ", !, " e in ogni numero intero. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ Ð28Ñ. Si dice che f è prolungabile per continuità in B! se esiste una funzione g : ‘ Ä ‘ tale che Ð3Ñ WÐgÑ œ WÐfÑ ÖB! × ; Ð33Ñ gÐBÑ œ fÐBÑ Ð333Ñ g è continua in B! . aB − WÐfÑ\ÖB! × ; Una funzione g : ‘ Ä ‘ verificante le Ð3Ñ, Ð33Ñ e Ð333Ñ si dice che prolunga per continuità in B! la f. Se f presenta una singolarità in B! , si dice che tale singolarità è eliminabile (ponendo fÐB! Ñ ³ -Ñ se esiste una funzione g che prolunga per continuità in B! la f (e gÐB! Ñ œ -). Esempio 16.5.4 B# " Sia fÐBÑ ³ B" (cfr. esempio 16.5.1). La funzione B " prolunga per continuità (in ") la f; in altri termini, f presenta in " una singolarità eliminabile ponendo fÐ "Ñ ³ #. 28 Ricordiamo che può indifferentemente essere B! − WÐfÑ oppure B!  WÐfÑ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 154 Teorema 16.5.5 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Esiste al più una funzione che prolunga per continuità in B! la f. Dimostrazione Siano f" , f# due funzioni che prolungano per continuità in B! la f; allora f" ÐBÑ œ f# ÐBÑ per ogni B − WÐfÑ\ÖB! ×, quindi basta dimostrare che f" ÐB! Ñ œ f# ÐB! Ñ. Procediamo per assurdo, e supponiamo f" ÐB! Ñ Á f# ÐB! Ñ. &³ Scelto kf" ÐB! Ñf# ÐB! Ñk , # poiché f" e f# sono continue in B! esistono $" , $# − ‘ tali che e B − WÐf" Ñ ÐB! $" , B! $" Ñ Ê ± f" ÐBÑ f" ÐB! Ñ ± ( B − WÐf# Ñ ÐB! $# , B! $# Ñ Ê ± f# ÐBÑ f# ÐB! Ñ ± (. – Á B! in Posto $ ³ min Ö$" , $# ×, poiché B! è un punto di accumulazione per WÐfÑ, esiste B WÐfÑ ÐB! $ , B! $ Ñ. Deve essere allora – fÐBÑ – f# ÐB!Ñ ± œ ± f" ÐB! Ñ f# ÐB! Ñ ± œ ± f" ÐB! Ñ fÐBÑ – f# ÐBÑ – f# ÐB! Ñ ± Ÿ œ ± f" ÐB! Ñ f" ÐBÑ – ± ± f# ÐBÑ – f# ÐB! Ñ ± Ÿ & & ± f"ÐB!Ñ f#ÐB!Ñ ± Ÿ ± f" ÐB! Ñ f" ÐBÑ e ciò è assurdo, come si voleva. Teorema 16.5.6 Sia fÐBÑ ³ fÐ!Ñ ³ ". sinÐBÑ (cfr. esempio 16.5.2). La singolarità di fÐBÑ in ! è eliminabile ponendo B Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 155 17.- LIMITI 17.1 - Definizione. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Sia - − ‘. Si dice che - è il limite di f per B che tende a B! e si scrive lim fÐBÑ œ BÄB! se f può essere prolungata in B! per continuità ponendo fÐB! Ñ ³ -, ossia se la funzione g : ‘ Ä ‘ definita da fÐBÑ se B Á B! gÐBÑ ³ œ se B œ B! è continua in B! . Dunque, lim fÐBÑ œ - BÄB! se e solo se si verifica una delle seguenti due situazioni: Ð3Ñ f è continua in B! , e fÐB! Ñ œ -; Ð33Ñ f presenta in B! una singolarità che può essere eliminata ponendo fÐB! Ñ ³ -. oppure Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Se f può essere prolungata per continuità in B! si usa dire che esiste ed è finito il limite di f per B che tende a B! . La nozione di “limite infinito” (alla quale questo modo di esprimersi fa riferimento in contrapposizione) sarà introdotta nella sez. 17.5. Osservazione 17.1.1 Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! − WÐfÑ un punto di accumulazione per WÐfÑ. La funzione f è continua in B! se e solo se lim fÐBÑ œ fÐB! Ñ. BÄB! Esempi 17.1.2 Sia pÐBÑ − ‘[B]. Per ogni B! − ‘, lim pÐBÑ œ pÐB! Ñ . In particolare: BÄB! per ogni B! − ‘, se - − ‘, lim B œ B! ; BÄB! per ogni B! − ‘ si ha lim - œ -. BÄB! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 156 17.1.3 Per ogni B! − ‘, lim sinÐBÑ œ sinÐB! Ñ; BÄB! lim cosÐBÑ œ cosÐB! Ñ; BÄB! e, se B! Á 1 # 5 1, 17.1.4 lim tgÐBÑ œ tgÐB! Ñ. BÄB! lim BÄ! 17.1.5 sinÐBÑ œ " (cfr. teorema 16.5.6); B lim BÄ" B# " B" œ #; lim ÒBÓ non esiste; 17.1.6 BÄ" " lim sinÐ B Ñ non esiste; BÄ! 17.1.7 Teorema 17.1.8 Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Sia - − ‘. Condizione necessaria e sufficiente affinché sia lim fÐBÑ œ - BÄB! è che per ogni intorno I& di centro - (individuato da &, con & − ‘ Ñ esista un intorno J$ di centro B! (individuato da $ , con $ − ‘ Ñ tale che B − WÐfÑ J$ \ÖB! × Ê fÐBÑ − I& . Dimostrazione Si tratta di una conseguenza pressoché immediata delle definizioni di limite e di continuità; lo studente è invitato a sviluppare la dimostrazione nei dettagli quale utile esercizio [*]. Teorema 17.1.9 Гdella permanenza del segno”Ñ Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Sia - − ‘, - Á !. Se lim fÐBÑ œ - BÄB! esiste un intorno forato di B! nel quale f ha lo stesso segno di -. Dimostrazione Si tratta di una riformulazione del teorema 16.2.3. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 157 17.2 - Limite destro, limite sinistro. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ ÐB! , _Ñ. Sia - − ‘. Si dice che - è il limite di f per B che tende a B! da destra (o, anche, che - è il limite destro di f per B che tende a B! Ñ e si scrive lim fÐBÑ œ - BÄB ! se - è il limite per B che tende a B! della restrizione di f a ÐB! , _Ñ. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ Ð _, B! Ñ. Sia - − ‘. Si dice che - è il limite di f per B che tende a B! da sinistra (o, anche, che - è il limite sinistro di f per B che tende a B! Ñ e si scrive lim fÐBÑ œ - BÄB ! se - è il limite per B che tende a B! della restrizione di f a Ð _, B! Ñ. Esempi 17.2.1 17.2.2 lim ÒBÓ œ !; BÄ" lim ÒBÓ œ ". BÄ" " ‹ né lim sinŠ " ‹. non esiste né lim sinŠ B B BÄ! BÄ! Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Se B! è punto di accumulazione per WÐfÑ ÐB! , _Ñ ma non per WÐfÑ Ð _, B! Ñ, è sempre preferibile scrivere lim f(B) BÄB ! anziché lim f(B). BÄB! Analogamente, se B! è punto di accumulazione per WÐfÑ Ð _, B! Ñ ma non per WÐfÑ ÐB! , _Ñ, si usa scrivere lim f(B) BÄB ! anziché lim f(B). BÄB! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 158 lim œ !. BÄ" ÈB" B" Esempio 17.2.3 Teorema 17.2.4 Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Sia - − ‘. Se B! è un punto di accumulazione per WÐfÑ Ð _, B! Ñ e per WÐfÑ ÐB! , _Ñ, allora condizione necessaria e sufficiente affinché si abbia lim fÐBÑ œ - BÄB! è che sia lim fÐBÑ œ - e BÄB ! lim fÐBÑ œ -. BÄB! Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. 17.3 - Operazioni in ‘‘ e limiti. È naturale chiedersi quali legami esistano tra operazioni in ‘‘ e limiti. Importanti risultati (teorema 17.3.1 e teorema 17.3.4) seguono dai teoremi della sezione 16.3. Teorema 17.3.1 Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ WÐgÑ. Sia lim fÐBÑ œ J lim gÐBÑ œ K e BÄB! BÄB! con J , K − ‘. Allora Ð3Ñ lim Ðf gÑÐBÑ œ J K ; BÄB! Ð33Ñ Ð333Ñ lim ÐfgÑÐBÑ œ J K; BÄB! f J lim Ð g ÑÐBÑ œ K BÄB! (purché sia K Á !Ñ. Dimostrazione Segue immediatamente dai teoremi 16.3.1 e 16.3.4. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 159 Teorema 17.3.2 Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ WÐgÑ. Se lim fÐBÑ œ ! BÄB! e g è limitata in un intorno di B! , allora è anche lim ÐfgÑÐBÑ œ !. BÄB! Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. "Ñœ! lim B † sinÐ B Esempio 17.3.3 BÄ! Teorema 17.3.4 Гdel cambiamento di variabile”Ñ Siano f, y funzioni ‘ Ä ‘, sia B! un punto di accumulazione per WÐf ‰ yÑ e sia lim yÐBÑ œ C! BÄB! con C! − ‘. Supponiamo inoltre che valga una almeno delle seguenti due condizioni: Ð+Ñ esiste un intorno I di B! tale che yÐBÑ Á C! aB − WÐf ‰ yÑ I\ÖB! ×; oppure Ð,Ñ f è continua in C! . Se C! è punto di accumulazione per WÐfÑ (come certamente accade se vale la Ð+ÑÑ e si ha lim fÐCÑ œ - CÄC! con - − ‘ oppure C! è punto isolato per WÐfÑ (cfr. sez. 15.7) e si ha f(C! Ñ œ - con - − ‘ allora lim ÐfÐyÐBÑÑ œ -. BÄB! Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 160 Esempi 17.3.5 lim BÄ! 17.3.6 sinÐsinÐBÑÑ œ" sinÐBÑ lim BÄ! 17.3.7 lim BÄ! 17.3.8 sinÐ#BÑ œ" #B sinÐ B# Ñ œ B " # sinÐsinÐBÑÑ œ" B lim BÄ! Esempio 17.3.9 yÐBÑ ³ ! Sia e sia fÐCÑ ³ œ (funzione costante) " se # se CÁ! Cœ! In questo caso, lim y(B) œ ! BÄ! e lim f(C) œ " CÄ! ma f ‰ y è la funzione costante uguale a #, cosicché lim Ðf ‰ yÑÐBÑ œ # . BÄB! Osservazione 17.3.10 Nella situazione del teorema 17.3.4, se C!  WÐfÑ allora per ogni B − WÐf ‰ yÑ deve essere y(B) Á C! ; dunque vale la Ð+Ñ e il teorema può essere utilizzato per calcolare lim Ðf ‰ yÑÐBÑ. BÄB! In sostanza, il teorema 17.3.4 può essere certamente utilizzato ogni volta che ( 3) C!  WÐfÑ oppure (33) C! − WÐfÑ e f è continua in C! . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 161 Osservazione 17.3.11 L’uso combinato dei teoremi 17.3.1 e 17.3.4 consente in molti casi il calcolo del lim ŠfÐBÑ‹ gÐBÑ BÄB! Infatti si ha ŠfÐBÑ‹ gÐBÑ œ +gÐBцlog+ ÐfÐBÑÑ . per ogni + − ‘ \Ö"×; inoltre, poiché le funzioni exp+ e log+ sono continue (teorema 16.1.7 e corollario 16.3.10), è certamente verificata una delle due condizioni Ð3Ñ, Ð33Ñ dell’osservazione 17.3.10. " lim ÐB #ÑB†sinÐ B Ñ œ " Esempio 17.3.12 BÄ! 17.4 - Limiti notevoli (e altri limiti) che coinvolgono funzioni trigonometriche. 17.4.1 lim BÄ! "cosÐBÑ " œ # B# Dimostrazione Si ha lim BÄ! "cosÐBÑ "cosÐBÑ "cosÐBÑ "cos# ÐBÑ " œ lim † œ lim † "cosÐBÑ œ B# B# "cosÐBÑ B# BÄ! BÄ! # sin# ÐBÑ sinÐBÑ " " " œ lim B# † "cosÐBÑ œ lim B † lim "cosÐBÑ œ # . BÄ! BÄ! BÄ! 17.4.2 lim BÄ! tgÐBÑ B œ" Dimostrazione Si ha tgÐBÑ lim B œ lim BÄ! BÄ! sinÐBÑ cosÐBÑ B sinÐBÑ " œ lim cosÐBÑ † B œ lim BÄ! BÄ! sinÐBÑ " " † cosÐBÑ œ " † " œ " B Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 162 17.4.3 lim BÄ! "cosÐ#BÑ œ# B# Dimostrazione Riconducendoci al limite 17.4.1, si ha lim BÄ! "cosÐ#BÑ "cosÐ#BÑ "cosÐCÑ " œ lim % † œ % † lim œ%† # œ# B# Ð#BÑ# C# BÄ! CÄ! avendo posto C ³ #B in applicazione del teorema del cambiamento di variabile (17.3.4). 17.4.4 lim BÄ! tgÐBÑsinÐBÑ " œ # B$ Dimostrazione Si ha lim BÄ! tgÐBÑsinÐBÑ œ lim B$ BÄ! sinÐBÑ lim B † lim BÄ! BÄ! "cosÐBÑ cosÐBÑ B# sinÐBÑ cosÐBÑ sinÐBÑ B$ œ lim BÄ! œ lim sinÐBÑ cos"ÐBÑ " B$ BÄ! œ sinÐBÑ "cosÐBÑ " " † lim † lim cosÐBÑ œ # # B B BÄ! BÄ! " B" lim " † sinÐB "Ñ œ # BÄ" " B 17.4.5 Dimostrazione Si ha lim BÄ" " B" † sinÐB "Ñ œ " B" B" B B" BÄ" B lim † sinÐB "Ñ œ lim ÐB "Ñ † BÄ" sinÐB"Ñ œ #. B" 17.5 - Limiti infiniti. Particolare interesse riveste lo studio dell’andamento della funzione quoziente gf quando lim fÐBÑ œ J − ‘\Ö!× e lim gÐBÑ œ !. BÄB! BÄB! Nel caso, molto semplice ma esemplare, in cui fÐBÑ ³ " , gÐBÑ ³ ± B ± e B! ³ !, è facile vedere che il quoziente gf può essere reso arbitrariamente grande scegliendo ± B ± sufficientemente piccolo; per esprimere tale comportamento di gf , è opportuno ampliare il concetto di “limite”. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 163 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Si dice che il limite per B che tende a B! di fÐBÑ è “più infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ _ BÄB! Ða& − ‘ ÑÐb$ − ‘ ÑÐB − WÐfÑ ÐB! $ , B! $Ñ\ÖB!× se Ê fÐBÑ &Ñ. Si dice che il limite per B che tende a B! di fÐBÑ è “meno infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ _ BÄB! Ða& − ‘ ÑÐb$ − ‘ ÑÐB − WÐfÑ ÐB! $ , B! $Ñ\ÖB!× se Ê fÐBÑ &Ñ. Si dice talvolta che il limite per B che tende a B! di fÐBÑ è “infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ _ BÄB! Ða& − ‘ ÑÐb$ − ‘ ÑÐB − WÐfÑ ÐB! $ , B! $Ñ\ÖB!× Ê se ± fÐBÑ ± &Ñ lim ± fÐBÑ ± œ _. ossia se BÄB! Noi tuttavia non useremo mai quest’ultima notazione. Esempi " 17.5.1 lim œ _ BÄ! B 17.5.2 lim œ _ BÄ! B 17.5.3 17.5.4 " lim log+ ÐBÑ œ _ per + − Ð", _Ñ lim log+ ÐBÑ œ _ per + − Ð!, "Ñ Ð29Ñ BÄ! BÄ! 29 Si osservi che, per il teorema 10.4.3, log ÐBÑ œ log " ÐBÑ. + + Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 164 17.6 - Limite per B che tende a _ o a _. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. La conoscenza del limite per B che tende a B! di fÐBÑ (se tale limite esiste) permette di descrivere l’andamento di f in un intorno di B! . Se WÐfÑ non è limitato superiormente (oppure non è limitato inferiormente), è possibile estendere la definizione di limite in modo da poter talvolta descrivere l’andamento di f quando B assume valori positivi (o, rispettivamente, negativi) arbitrariamente grandi in valore assoluto. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione tale che WÐfÑ non è superiormente limitato. Sia - − ‘. Si dice che - è il limite di f per B che tende a “più infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ - BÄ_ se per ogni & − ‘ esiste $ − ‘ tale che ÐB − WÐfÑÑ • ÐB $ Ñ Ê ± fÐBÑ - ± & ossia (cfr. Corollario 15.2.2) tale che B − WÐfÑ Ð$ , _Ñ Ê fÐBÑ − Ð- &, - &Ñ. Si dice che il limite di f per B che tende a “più infinito” è “più infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ _ BÄ_ se per ogni & − ‘ esiste $ − ‘ tale che ÐB − WÐfÑÑ • ÐB $ Ñ Ê fÐBÑ & ossia (cfr. Corollario 15.2.2) tale che B − WÐfÑ Ð$ , _Ñ Ê fÐBÑ − Ð&, _Ñ. Si dice che il limite di f per B che tende a “più infinito” è “meno infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ _ BÄ_ se per ogni & − ‘ esiste $ − ‘ tale che ÐB − WÐfÑÑ • ÐB $ Ñ Ê fÐBÑ & ossia (cfr. Corollario 15.2.2) tale che B − WÐfÑ Ð$ , _Ñ Ê fÐBÑ − Ð _, &Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 165 Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione tale che WÐfÑ non è inferiormente limitato. Sia - − ‘. Si dice che - è il limite di f per B che tende a “meno infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ - BÄ_ se per ogni & − ‘ esiste $ − ‘ tale che ÐB − WÐfÑÑ • ÐB $ Ñ Ê ± fÐBÑ - ± & ossia (cfr. Corollario 15.2.2) tale che B − W Ð fÑ Ð _ , $ Ñ Ê fÐBÑ − Ð- &, - &Ñ. Si dice che il limite di f per B che tende a “meno infinito” è “più infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ _ BÄ_ se per ogni & − ‘ esiste $ − ‘ tale che ÐB − WÐfÑÑ • ÐB $ Ñ Ê fÐBÑ & ossia (cfr. Corollario 15.2.2) tale che B − W Ð fÑ Ð _ , $ Ñ Ê fÐBÑ − Ð&, _Ñ. Si dice che il limite di f per B che tende a “meno infinito” è “meno infinito” e si scrive lim fÐBÑ œ _ BÄ_ se per ogni & − ‘ esiste $ − ‘ tale che ÐB − WÐfÑÑ • ÐB $ Ñ Ê fÐBÑ & ossia (cfr. Corollario 15.2.2) tale che B − W Ð fÑ Ð _ , $ Ñ Ê fÐBÑ − Ð _, &Ñ. Esempi 17.6.1 17.6.2 17.6.3 lim BÄ_ " B œ!; lim B# œ _ ; BÄ_ lim B$ œ _ ; BÄ_ lim BÄ_ " B œ !; lim B# œ _; BÄ_ lim B$ œ _. BÄ_ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 166 Si è così visto che è possibile assegnare significato all’espressione lim fÐBÑ œ - BÄB! anche per B! œ _ (o B! œ _ Ñ e/o - œ _ (o - œ _ Ñ. È talvolta comodo ampliare il significato dei termini “intorno” e “punto di accumulazione” in modo da poter estendere anche a questi casi la validità del teorema 17.1.8. Sia $ − ‘ . Diremo intorno di _ individuato da $ l’intervallo aperto Ð$ , _Ñ; diremo intorno di _ individuato da $ l’intervallo aperto Ð _, $ Ñ. Sia A § ‘. Coerentemente con quanto posto in 15.6, diremo che _ è un punto di accumulazione per A se ad ogni intorno di _ appartiene un elemento di A, ossia se A non è superiormente limitato; diremo che _ è un punto di accumulazione per A se ad ogni intorno di _ appartiene un elemento di A, ossia se A non è inferiormente limitato. Lo studente è invitato a verificare che, con queste definizioni, il teorema 17.1.8 resta valido se B! œ _ (o B! œ _ Ñ e/o - œ _ (o - œ _ Ñ. 17.7 - Operazioni in ‘‘ e limiti infiniti. Si può dimostrare abbastanza facilmente che i risultati espressi dai teoremi 17.3.1, 17.3.2 e 17.3.4 continuano a valere se B! indica, anziché un numero reale, uno dei simboli _, _. È inoltre possibile in molti casi determinare il limite per B che tende a B! (con B! − ‘ Ö _, _×Ñ della somma, del prodotto, del quoziente o della potenza di due funzioni anche se il limite di una di queste è _ oppure _. Teorema 17.7.1 Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ WÐgÑ (con B! − ‘ Ö _, _×Ñ. Allora Ð3Ñ se lim fÐBÑ œ _ BÄB! ed esiste un intorno di B! nel quale g è inferiormente limitata, allora lim Ðf gÑÐBÑ œ _; BÄB! in particolare: se lim fÐBÑ œ _ e ( lim gÐBÑ œ _ oppure lim gÐBÑ œ - con - − ‘), BÄB! BÄB! allora lim Ðf gÑÐBÑ œ _; BÄB! BÄB! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 167 Ð33Ñ se lim fÐBÑ œ _ BÄB! ed esiste un intorno di B! nel quale g è superiormente limitata, allora lim Ðf gÑÐBÑ œ _; BÄB! in particolare: se lim fÐBÑ œ _ e ( lim gÐBÑ œ _ oppure lim gÐBÑ œ - con - − ‘), BÄB! BÄB! BÄB! allora lim Ðf gÑÐBÑ œ _; BÄB! Ð333Ñ se lim fÐBÑ œ _ BÄB! ed esiste un intorno di B! nel quale g è inferiormente limitata da un numero reale ! !, allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! in particolare: se lim fÐBÑ œ _ e ( lim gÐBÑ œ _ oppure lim gÐBÑ œ - con - − ‘ ), BÄB! BÄB! BÄB! allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! Ð3@Ñ se lim fÐBÑ œ _ BÄB! ed esiste un intorno di B! nel quale g è superiormente limitata da un numero reale ! !, allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! in particolare: se lim fÐBÑ œ _ e ( lim gÐBÑ œ _ oppure lim gÐBÑ œ - con - − ‘ ), BÄB! BÄB! BÄB! allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! Ð@Ñ se lim fÐBÑ œ _ BÄB! ed esiste un intorno di B! nel quale g è inferiormente limitata da un numero reale ! !, allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! in particolare: se lim fÐBÑ œ _ e ( lim gÐBÑ œ _ oppure lim gÐBÑ œ - con - − ‘ ), BÄB! BÄB! allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! BÄB! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 168 Ð@3Ñ lim fÐBÑ œ _ se ed esiste un intorno di B! nel quale g è superiormente limitata BÄB! da un numero reale ! !, allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! in particolare: se lim fÐBÑ œ _ e ( lim gÐBÑ œ _ oppure lim gÐBÑ œ - con - − ‘ ), BÄB! BÄB! BÄB! allora lim ÐfgÑÐBÑ œ _; BÄB! Ð@33Ñ Ð@333Ñ se " lim ± gÐBÑ ± œ _ , allora se lim Ð g ÑÐBÑ œ ! ; BÄB! lim gÐBÑ œ ! , BÄB! BÄB! ed esiste un intorno di B! nel quale g non assume mai valori negativi, allora " lim Ð g ÑÐBÑ œ _ ; BÄB! Ð3BÑ se lim gÐBÑ œ ! , BÄB! ed esiste un intorno di B! nel quale g non assume mai valori positivi, allora " lim Ð g ÑÐBÑ œ _ ; BÄB! Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Si noti che (@33), (@333) e (3B) possono essere utilizzati per affrontare i quozienti f g grazie alla relazione f " g œf† g . Anche il teorema del cambiamento di variabile (17.3.4) può essere esteso ai casi in cui B! , C! , - appartengono a ‘ Ö _, _×. Si noti ancora una volta l’importanza delle condizioni Ð+Ñ, Ð,Ñ, Ð-Ñ del teorema 17.3.4; vale sostanzialmente l’esempio 17.3.9: lim BÄ_ ma lim BÄ_ " ± sgnÐ B † sinÐBÑÑ ± " B † sinÐBÑ œ ! e non esiste, lim ± sgnÐCÑ ± œ ". CÄ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 169 Esempi lim ÐB #Ñ 17.7.2 " " ѱ ±B†sinÐ B BÄ! 17.7.3 œ _. lim log+ ÐBÑ œ _ per + − Ð", _Ñ Ð30Ñ lim log+ ÐBÑ œ _ per + − Ð!, "Ñ Ð31Ñ BÄ_ 17.7.4 BÄ_ 17.8 - L’insieme esteso dei numeri reali. Alcuni dei risultati espressi dal teorema 17.7.1 possono essere facilmente ricordati “estendendo” le operazioni di somma, prodotto, quoziente, elevamento a potenza (con base positiva) all’insieme ‘ Ö _, _× (detto talvolta insieme dei numeri reali esteso). Se si pone, ad esempio, Ð _Ñ Ð _Ñ ³ _ ; Ð _Ñ Ð _Ñ ³ _ ; e, per ! − ‘, ! Ð _Ñ ³ _ ; Ð _Ñ ! ³ _ ; ! Ð _Ñ ³ _ ; Ð _Ñ ! ³ _ ; l’enunciato del punto Ð3Ñ del teorema 17.3.1 resta valido, in base al teorema 17.7.1, per J , K − ‘ Ö _, _× purché non sia oppure J œ _ e K œ _ J œ _ e K œ _. Lo studente può, se crede, descrivere in una tabella le possibili estensioni a ‘ Ö _, _× delle operazioni di somma, prodotto, quoziente, elevamento a potenza, in modo da poter interpretare quanta più parte possibile dell’enunciato del teorema 17.7.1 come un’estensione del teorema 17.3.1: si tratta di un utile esercizio che può avere applicazione pratica nel calcolo dei limiti. Resti però ben chiaro che e † non saranno comunque operazioni in ‘ Ö _, _× nel senso che abbiamo definito in 7.1 (non essendo possibile, ad esempio, definire in coerenza col teorema 17.3.1 la somma Ð _Ñ Ð _Ñ o il prodotto ! † Ð _Ñ, come vedremo in 17.11); mentre sarebbe comunque riduttivo leggere il teorema 17.7.1 solo come estensione del teorema 17.3.1: infatti, ad esempio, lim ŠB sinÐBÑ‹ è calcolabile BÄ_ mediante il teorema 17.7.1 perché lim B œ _ e (sinÐBÑ Ÿ " aB − ‘), ma non esiste BÄ_ lim sinÐBÑ. BÄ_ 30 Si tenga presente 17.5.3 e si ricordi che log Ð " Ñ œ log Ð"Ñ log ÐBÑ œ log ÐBÑ. + B + + + 31 Si tenga presente 17.5.4 e si ricordi ancora quanto osservato nella nota precedente. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 170 17.9 - Il numero / ed alcuni limiti notevoli ad esso collegati. lim Š" B ‹ BÄ_ " Si dimostra che esiste il B e che si tratta di un numero reale (irrazionale) compreso tra # e $ (il cui valore approssimato è #,(")#)")#)%&*á Ñ. Tale numero si indica con /. Dunque / ³ lim Š" B ‹ . BÄ_ B " Vediamo in questa sezione alcuni limiti notevoli collegati a questo fatto. lim Š" B ‹ œ /. BÄ_ B " 17.9.1 Dimostrazione Posto C ³ B (da cui B œ C ), si ha lim Š" B ‹ œ BÄ_ " D’altro lato, si ha Š" C ‹ " C œŠ C ‹ C C" " C œ Š C" ‹ œ Š C" C C lim Š" C ‹ CÄ_ " C e dunque lim Š" C ‹ CÄ_ B C"" . ‹ œ Š" C" ‹ C C " lim Š" C" ‹ . CÄ_ C " œ Poniamo infine D ³ C " (da cui C œ D "). Allora lim Š" C" ‹ œ CÄ_ C " lim Š" D ‹ DÄ_ " D" œ lim Š" D ‹ † Š" D ‹ œ /. DÄ_ " D " 17.9.2 Per ogni + − ‘ \Ö"× , lim BÄ! log+ Ð"BÑ œ log+ Ð/Ñ œ B " log/ Ð+Ñ . Dimostrazione Si ha lim BÄ! log+ Ð"BÑ œ B " (ponendo C ³ B Ñ lim log+ ŠÐ" BÑ B ‹ œ " BÄ! œ " C (ponendo D ³ Ð" C Ñ Ñ lim log+ ŠÐ" C Ñ ‹ œ " œ lim log+ ÐDÑ œ log+ Ð/ÑÞ DÄ/ Analogamente, per 17.9.1 si trova che ha l’asserto per il teorema 17.2.4. C CÄ_ lim BÄ! log+ Ð"BÑ œ log+ Ð/Ñ B e dunque si Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 171 17.9.3 Per ogni + − ‘ si ha lim BÄ! +B " œ log/ Ð+Ñ. B +B " Dimostrazione Se + œ ", la funzione B è la funzione costante uguale a zero in ‘\Ö!×, e l’asserto segue dalla definizione stessa di limite (cfr. 17.1). Se + Á ", si pone C ³ +B " (da cui B œ log+ Ð" CÑÑ. Ricordando il limite 17.9.2, si ha lim BÄ! C +B " œ lim log Ð"CÑ œ B + CÄ! " œ log/ Ð+Ñ. log+ Ð"CÑ lim C CÄ! I limiti 17.9.2 e 17.9.3 suggeriscono la scelta di / quale base per la funzione logaritmo definita in 10.4. L’utilità di tale scelta sarà definitivamente chiarita più avanti (18.2.13). Le funzioni exp/ e log/ si dicono rispettivamente esponenziale (senza altro specificare) e logaritmo naturale, e si indicano rispettivamente con exp e ln. Dai limiti 17.9.2 e 17.9.3 segue per + ³ / 17.9.4 lim BÄ! lnÐ"BÑ œ" B Esercizio 17.9.5 ; lim BÄ! lim Š B$ ‹ BÄ_ B& B" Calcolare /B " œ ". B . Soluzione Si ha Š B$ ‹ B& B" Conviene allora porre C ³ œ Š B$ ‹ B$# B" œ Š" B$ ‹ B" # . B$ # " # (da cui B œ #C $, B " œ #C #, B$ œ C Ñ; dunque lim Š B$ ‹ BÄ_ B& B" œ " #C# lim Š" C ‹ œ CÄ_ lim Š" B$ ‹ BÄ_ B" # lim Š" C ‹ " CÄ_ C œ #C# C œ /# Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 172 17.10 - Forme “non immediate”. Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ WÐgÑ (con B! − ‘ Ö _, _×Ñ per il quale esistono lim fÐBÑ e lim fÐBÑ œ _ e BÄB! Se BÄB! lim gÐBÑ. BÄB! lim gÐBÑ œ _, BÄB! i teoremi 17.3.1 e 17.7.1 non consentono di calcolare il lim (fÐBÑ gÐBÑÑ; BÄB! si dice che tale limite si presenta nella forma “non immediata” _ _. lim fÐBÑ œ ! e lim fÐBÑ œ „ _ e Parimenti, se BÄB! oppure BÄB! lim gÐBÑ œ !, BÄB! lim gÐBÑ œ „ _, BÄB! i teoremi 17.3.1 e 17.7.1 non consentono di calcolare il fÐBÑ lim ; BÄB! gÐBÑ si dice allora che tale limite si presenta nella forma “non immediata” rispettivamente, _ _ . ! ! oppure, Si individuano analogamente forme “non immediate” indicate con ! † _, !! , "_ , _! . Tutte queste situazioni possono essere spesso affrontate con successo utilizzando sapientemente il teorema 17.3.4 e i “limiti notevoli” conosciuti (fra i quali segnaliamo: 17.1.4, 17.4.1, 17.4.2, la definizione di /, 17.9.2 e 17.9.3); tali mezzi non sono però sempre sufficienti: non consentono ad esempio di calcolare lim B † lnÐBÑ oppure BÄ! lim BÄ_ lnÐBÑ B . Vedremo nel capitolo 20 teoremi molto utili per il calcolo di limiti che si presentano in forme “non immediate”. Osservazione 17.10.1 Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘ e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ WÐgÑ. Esista un intorno I di B! tale che fÐBÑ ! per B − I\ÖB! ×, e sia lim fÐBÑ œ ! , BÄB! lim ÐfÐBÑÑ Allora gÐBÑ BÄB! ln ÐÐfÐBÑÑ gÐBÑ Ñ BÄB! œ lim / gÐBцln ÐfÐBÑÑ BÄB! œ! lim gÐBÑ † ln ÐfÐBÑÑ œ _ perché essendo œ lim / lim gÐBÑ œ _. BÄB! BÄB! lim gÐBÑ œ _ BÄB! e lim ln ÐfÐBÑÑ BÄB! Ð23.3.4Ñ œ lim ln ÐCÑ œ _. CÄ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 173 17.11 - Esercizi sui limiti. 17.11.1 lim ÐB sinÐBÑÑ œ _ (si noti che BÄ_ 17.11.2 lim ÐlnÐBÑ DirÐBÑÑ œ _ (Dir è la funzione di Dirichlet, cfr. 15.1) BÄ! 17.11.3 lim BÄ! 17.11.4 BÄ! lim BÄ! " BÄ! 17.11.7 17.11.9 B" B œ _ lim lnÐBÑ œ ! 17.11.6 17.11.8 cosÐB$Ñ œ _ B BB# sinÐ B" Ñ œ _ B# lim 17.11.5 lim BÄ! " œ _ B†¸sinˆ B" ‰¸ B lim B" œ _ ; BÄ" lim ŠsinŠ B ‹‹ œ ! BÄ_ " B B lim B" œ _ ; BÄ" (cfr. osservazione 17.10.1). 17.11.10 LIMITI DELLA FORMA “_ _” lim ÐB Ð" BÑÑ œ " ; BÄ_ lim Ð#B BÑ œ _ ; BÄ_ lim ÐB ÐsinÐBÑ BÑÑ non esiste ; BÄ_ lim sinÐBÑ non esiste) BÄ_ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 174 17.11.11 LIMITI DELLA FORMA “ _ _” lim #B" B" œ lim $B# B# œ #B& lim B$ B& #B% $B# % œ lim ÐB†ÐsinÐBÑ#ÑÑ B BÄ_ BÄ_ BÄ_ BÄ_ lim BÄ_ # B" œ#; " B" lim BÄ_ lim BÄ_ $ B" B## # B " B B&# œ _; B"$ B&% # B$# B%% œ!; non esiste ; 17.11.12 LIMITI DELLA FORMA “! † _” Ogni limite della forma “ _ _ ” può essere interpretato come un limite della forma “! † _”. 17.11.13 LIMITI DELLA FORMA “ !! ” lim BÄ! sinÐBÑ œ"; B B# lim œ!; BÄ! sinÐBÑ lim BÄ! sinÐBÑ B$ œ _ ; B†sinÐ B" Ñ lim B BÄ! non esiste ; 17.11.14 LIMITI DELLA FORMA “"_ ” Esempi di limiti di questa forma sono stati presentati nella sezione 17.9. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 175 17.11.15 ESERCIZI DI RIEPILOGO Si calcolino, qualora esistano, i seguenti limiti: lim ln("sin(B# ÑÑ "cos(B) à lim ln(##†sin(B)Ñ à cos(B)B lim $†cos# ÐBÑcosÐBÑ% à /#B "#†/B BÄ! BÄ! BÄ! /#†sinÐBÑ # lim # # à BÄ! B cos(B Ñ # /sinÐB Ñ " lim à BÄ! cos(B)" lim BÄ! lim ÈB# %B# ÈB# %B# à È#B$ È#B$ BÄ_ Ð$B# #BцlnÐ" sinBÐBÑ Ñ à ÐB"цsin(B) Ð#B# $BцlnÐ" cosBÐBÑ Ñ lim à ÐB#цcos(B) BÄ_ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 176 " lim ÐB# B# † cos Ðln Ð" B ÑÑÑà BÄ_ " lim ÐB# B# † cos Ðsin Ð B ÑÑÑà BÄ_ " Bsin(B) lim B Ð/ B "Ñ Bcos(B) à BÄ_ " Bcos(B) lim B † lnÐ" B Ñ † Bsin(B) . BÄ_ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 177 18.- DERIVATE 18.1 - Incremento. Rapporto incrementale. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione. Se +, , − WÐfÑ, il numero reale fÐ,Ñ fÐ+Ñ si dice incremento della f (anche se è un numero negativo!Ñ relativo all’intervallo Ò+, ,Ó. Naturalmente, questo dato risulta più significativo se viene rapportato all’ampiezza dell’intervallo considerato. Si dice rapporto incrementale della f (relativo all’intervallo Ò+, ,ÓÑ il numero reale fÐ,ÑfÐ+Ñ ,+ . Osservazione 18.1.1 Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e siano +, , − WÐfÑ. Siano A ´ Ð+, fÐ+ÑÑ e B ´ Ð, , fÐ,ÑÑ i punti del grafico di f aventi ascissa rispettivamente + e ,. La retta per A e B (che talvolta viene detta corda del grafico relativa all’intervallo Ò+, ,ÓÑ ha equazione (teorema 13.3.1) CfÐ+Ñ B+ ,+ œ fÐ,ÑfÐ+Ñ ossia Cœ fÐ,ÑfÐ+Ñ ÐB +Ñ fÐ+Ñ ,+ e dunque ha per coefficiente angolare il rapporto incrementale di f relativo all’intervallo Ò+, ,Ó. 18.2 - Derivata in un punto. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! un punto interno a WÐfÑ. Per ogni numero reale 2 tale che B! 2 − WÐfÑ è definito il rapporto incrementale di f relativo all’intervallo ÒB! , B! 2Ó; esso è dunque una funzione di h, detta spesso rapporto incrementale di f relativo a B! , il cui dominio (essendo per ipotesi B! interno a WÐfÑÑ è un intorno forato di !. Tale funzione presenta una singolarità per 2 ³ !. Se tale singolarità è eliminabile, la funzione f si dice derivabile in B! , e il numero reale lim 2Ä! si dice derivata di f in B! . fÐB! 2ÑfÐB! Ñ 2 Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 178 Dunque se B! − ‘ e f è una funzione ‘ Ä ‘ si dice che f è derivabile in B! se: B! è un punto interno al dominio di f e inoltre esiste ed è finito il lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ . 2 Si noti che lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ fÐBÑfÐB!Ñ œ lim 2 BB! . BÄB! La derivata di f in B! , se esiste, si indica di solito con uno dei seguenti simboli: df dB ¹B! f ’ÐB! Ñ Df kB! . Esempio 18.2.1 Consideriamo un punto materiale che si muove lungo una traiettoria rettilinea partendo da un certo punto P in un dato istante. Possiamo descrivere il moto del punto materiale esprimendo la sua posizione (cioè la sua distanza da P, misurabile con un numero reale!Ñ in funzione del tempo trascorso dall’istante iniziale Ð32Ñ; si ottiene così una funzione s : ‘ Ä ‘ definita da sÐtÑ ³ distanza del punto materiale da P dopo il tempo t. Sia >! un numero reale positivo. Allora sÐtÑ sÐt! Ñ è l’incremento (relativo all’intervallo di tempo Ò>! , >ÓÑ della distanza del punto materiale da P, cioè lo spazio percorso tra gli istanti >! e >. Rapportando questo numero all’ampiezza dell’intervallo di tempo considerato si ottiene il rapporto incrementale della funzione s sÐ>ÑsÐ>! Ñ >>! che in questo caso è detto velocità media relativa all’intervallo di tempo Ò>! , >Ó. Se consideriamo intervalli di tempo di ampiezza diversa, la velocità media ad essi relativa cambia in generale; ed è chiaro che tale velocità media descrive tanto meglio la “velocità all’istante >! ” quanto più piccolo è l’intervallo considerato. Se esiste, ed è finito, il limite lim >Ä>! sÐ>ÑsÐ>! Ñ >>! si dice velocità istantanea in >! . 32 Supponiamo naturalmente fissate unità di misura per lo spazio e il tempo. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 179 Esempio 18.2.2 " Sia fÐBÑ ³ B . Mostriamo che per ogni B! − WÐfÑ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha " f ’ÐB! Ñ œ B# . ! Dimostrazione Si ha fÐB! 2ÑfÐB! Ñ lim œ 2 2Ä! œ lim 2Ä! " B! 2 B" ! 2 " œ lim 2Ä! B! ÐB! 2Ñ ÐB! 2ÑÐB! Ñ 2 œ " lim ÐB 2ÑÐB Ñ œ B# come si voleva. ! ! 2Ä! ! Esempio 18.2.3 Sia fÐBÑ ³ - (con - − ‘, costante). Mostriamo che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha f ’ÐB! Ñ œ !. Dimostrazione Si ha infatti lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ œ 2 lim 2Ä! -œ 2 lim ! œ !. 2Ä! Osservazione 18.2.4 Per l’esempio 18.2.3, la derivata di una funzione costante è ovunque uguale a zero. Notiamo esplicitamente che questo risultato non è invertibile: se la derivata di una funzione è ovunque uguale a zero, la funzione in generale non è costante. Ad esempio, la restrizione di ÒBÓ (la funzione “parte intera”, cfr. 15.1) a ‘\™ è derivabile in tutto il suo dominio e ha derivata ovunque uguale a zero, ma non è certo costante! Tuttavia, il risultato espresso dall’esempio 18.2.3 è invertibile per le funzioni il cui dominio sia un intervallo. Vale infatti il seguente teorema, del quale omettiamo la dimostrazione: Teorema 18.2.5 Sia I un intervallo di numeri reali, e sia f una funzione ‘ Ä ‘ continua in I e derivabile nell’interno di I. Se f ’ÐB! Ñ œ ! per ogni B! appartenente all’interno di I, allora f è costante in I. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 180 Esempio 18.2.6 Sia fÐBÑ ³ B. Mostriamo che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha f ’ÐB! Ñ œ ". Dimostrazione Si ha infatti lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ œ 2 lim 2Ä! B! 2B! œ 2 2 lim œ 2Ä! 2 lim " œ ". 2Ä! Esempio 18.2.7 $ Sia fÐBÑ ³ È B . Mostriamo che f non è derivabile in !. Si ha in effetti lim 2Ä! $ $ È fÐ!2ÑfÐ!Ñ 2 È ! œ lim œ 2 2 2Ä! $ È 2 $ 2 œ lim É 2$ œ 2Ä! lim 2Ä! 2 $ " lim É 2 # œ _. 2Ä! Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Se lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ œ _ 2 oppure lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB!Ñ œ _, 2 si dice talvolta che f ha derivata infinita in B! . Esempio 18.2.8 Sia fÐBÑ ³ ± B ± . Mostriamo che f non è derivabile in !. Si ha in effetti lim 2Ä! fÐ!2ÑfÐ!Ñ œ 2 lim 2Ä! ±!2±±!± œ 2 lim 2Ä! 2! 2 œ lim " œ " 2Ä! mentre lim 2Ä! fÐ!2ÑfÐ!Ñ œ 2 lim 2Ä! ±!2±±!± œ 2 lim 2Ä! 2! œ 2 lim " œ ". 2Ä! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 181 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. Se esistono, i limiti lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ 2 e lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB!Ñ 2 si dicono, rispettivamente, derivata destra e derivata sinistra della f in B! . Osservazione 18.2.9 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto interno a WÐfÑ. Per il teorema 17.2.4, f è derivabile in B! se e solo se esistono, sono finite e sono uguali fra loro le derivate destra e sinistra di f in B! . Esercizio 18.2.10 Stabilire se la funzione B † ± B ± è derivabile in tutto il suo dominio. Esempio 18.2.11 Sia 8 − ™ , e sia fÐBÑ ³ B8 . Mostriamo che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha f ’ÐB! Ñ œ 8B!8" . Dimostrazione Si ha infatti lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ œ 2 lim 2Ä! ÐB!2Ñ8 B8! œ 2 (dove * tende a ˆ 8# ‰B!8# quando 2 tende a zero) œ lim 2Ä! 8B!8" 22# * œ 2 lim Ð8B8" 2*Ñ œ 8B8" . ! ! 2Ä! Esempio 18.2.12 Sia ! − ‘, e sia fÐBÑ ³ B! . Si può dimostrare che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha f ’ÐB! Ñ œ !B!" . ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 182 Esempio 18.2.13 Sia + − ‘ \Ö"×, e sia fÐBÑ ³ log+ ÐBÑ. Mostriamo che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha " f ’ÐB! Ñ œ B † log+ Ð/Ñ. ! " In particolare, la derivata in B! della funzione lnÐBÑ è B . ! Dimostrazione Si ha fÐB! 2ÑfÐB! Ñ lim œ 2 2Ä! œ œ " B! lim log+ Ð" B2 Ñ ! lim œ 2 2Ä! log+ Ð" B2 Ñ ! 2 B! 2Ä! log+ Ð B!B2 Ñ ! lim œ 2 2Ä! log+ ÐB! 2Ñlog+ ÐB!Ñ lim œ 2 2Ä! œ " B! lim log+ Ð" B2 Ñ ! 2 B! 2Ä! lim CÄ! †B! œ log+ Ð"CÑ " œ B † log+ Ð/Ñ C ! 2 avendo posto C ³ B e ricordando il limite notevole 17.9.2. ! Esempio 18.2.14 Sia + − ‘ , e sia fÐBÑ ³ +B . Mostriamo che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha f ’ÐB! Ñ œ +B! † lnÐ+Ñ. In particolare, la derivata in B! della funzione /B è /B! . Dimostrazione Si ha lim 2Ä! fÐB! 2ÑfÐB! Ñ œ 2 lim 2Ä! lim 2Ä! +B!2 +B! œ 2 lim 2Ä! +B! +2 +B! œ 2 +B! Ð+2 "Ñ +2 " B! œ + † lim œ +B! † lnÐ+Ñ 2 2 2Ä! ricordando il limite notevole 17.9.3. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 183 Esempio 18.2.15 Sia fÐBÑ ³ sinÐBÑ. Mostriamo che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha f ’ÐB! Ñ œ cosÐB! Ñ. Dimostrazione Si ha lim 2Ä! sinÐB! 2ÑsinÐB! Ñ œ 2 œ œ lim 2Ä! lim 2Ä! lim 2Ä! sinÐB! ÑcosÐ2ÑcosÐB!ÑsinÐ2ÑsinÐB!Ñ œ 2 sinÐB! ÑcosÐ2ÑsinÐB! Ñ cosÐB! ÑsinÐ2Ñ œ 2 2 sinÐB! ÑcosÐ2ÑsinÐB! Ñ 2 œ sinÐB! Ñ † lim 2Ä! lim 2Ä! cosÐB! ÑsinÐ2Ñ œ 2 cosÐ2Ñ" sinÐ2Ñ cos ÐB œ ! Ñ † lim 2 2 2Ä! œ sinÐB! Ñ † lim 2 † 2Ä! "cosÐ2Ñ sinÐ2Ñ lim œ cosÐB! Ñ † 2Ä! 2# 2 œ sinÐB! Ñ † ! cosÐB! Ñ † " œ cosÐB! Ñ ricordando i limiti notevoli 17.4.1 e 17.1.4. Esempio 18.2.16 Sia fÐBÑ ³ cosÐBÑ. Mostriamo che per ogni B! − ‘ la funzione f è derivabile in B! , e che si ha f ’ÐB! Ñ œ sinÐB! Ñ. Dimostrazione Si ha lim 2Ä! cosÐB! 2ÑcosÐB! Ñ œ 2 œ lim 2Ä! œ lim 2Ä! lim 2Ä! cosÐB! ÑcosÐ2ÑsinÐB!ÑsinÐ2ÑcosÐB!Ñ œ 2 cosÐB! ÑcosÐ2ÑcosÐB! Ñ sinÐB! ÑsinÐ2Ñ œ 2 2 cosÐB! ÑcosÐ2ÑcosÐB! Ñ 2 lim 2Ä! sinÐB! ÑsinÐ2Ñ œ 2 Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 184 œ cosÐB! Ñ † lim 2Ä! cosÐ2Ñ" sinÐ2Ñ sinÐB! Ñ † lim œ 2 2 2Ä! œ cosÐB! Ñ † lim 2 † 2Ä! "cosÐ2Ñ sinÐ2Ñ lim œ sinÐB! Ñ † 2Ä! 2# 2 œ cosÐB! Ñ † ! sinÐB! Ñ † " œ sinÐB! Ñ ricordando i limiti notevoli 17.4.1 e 17.1.4. 18.3 - Significato geometrico della derivata. Tangente al grafico in un punto. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto interno a WÐfÑ. Sia poi 2 − ‘\Ö!× tale che B! 2 − WÐfÑ, e consideriamo i due punti P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ, P ´ ÐB! 2 , fÐB! 2ÑÑ del grafico di f. Si è osservato in 18.1.1 che la retta per P! e P ha per coefficiente angolare il rapporto incrementale di f relativo all’intervallo ÒB! , B! 2Ó. Se esiste il limite per 2 che tende a ! del rapporto incrementale di f relativo all’intervallo ÒB! , B! 2Ó (cioè, se esiste la derivata di f in B! Ñ, si definisce la tangente in P! al grafico di f. Precisamente: se f è derivabile in B! , si dice tangente in P! al grafico di f la retta passante per P! di coefficiente angolare f ’ÐB! Ñ; tale retta, come sappiamo (cfr. 13.5.F1 ), ha equazione C œ f ’ÐB! ÑÐB B! Ñ fÐB! Ñ. se f ha derivata infinita in B! , si dice tangente in P! al grafico di f la retta passante per P! parallela all’asse delle ordinate; tale retta, come sappiamo, ha equazione B œ B! . Esempio 18.3.1 Sia fÐBÑ ³ B# , e sia B! ³ ". Poiché (cfr. esempio 18.2.11) f ’ÐB! Ñ œ #B! œ #, la retta tangente in P! ´ Ð", "Ñ al grafico di f è la retta di equazione C œ #ÐB "Ñ " ossia C œ #B ". Si noti che tale retta ha il solo punto P! in comune col grafico di f. Anche la retta di equazione Bœ" ha il solo punto P! in comune col grafico di f; tuttavia quest’ultima retta, secondo la nostra definizione, non è da considerarsi tangente al grafico di f. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 185 Esempio 18.3.2 Sia fÐBÑ ³ sinÐBÑ, e sia B! ³ !. Poiché (18.2.15) f ’ÐB! Ñ œ cosÐB! Ñ œ ", la retta tangente in P! ´ Ð!, !Ñ al grafico di f è la retta di equazione C œ B. Esempio 18.3.3 Sia fÐBÑ ³ cosÐBÑ, e sia B! ³ !. Poiché (18.2.16) f ’ÐB! Ñ œ sinÐB! Ñ œ !, la retta tangente in P! ´ Ð!, "Ñ al grafico di f è la retta di equazione C œ ". Si noti che tale retta ha infiniti punti in comune col grafico di f. Esempio 18.3.4 $ Sia fÐBÑ ³ È B , e sia B! ³ !. Come si è visto in 18.2.7, f in B! ha derivata infinita. Dunque la retta tangente in P! ´ Ð!, !Ñ al grafico di f è l’asse delle ordinate. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto interno a WÐfÑ. Se esiste la derivata sinistra di f in B! , si definisce la tangente a sinistra in P! al grafico di f. Precisamente: se la derivata sinistra di f in B! è un numero . , si dice tangente a sinistra in P! al grafico di f la retta passante per P! di coefficiente angolare . , di equazione C œ .ÐB B! Ñ fÐB! Ñ. se la derivata sinistra di f in B! è _ oppure _, si dice tangente a sinistra in P! al grafico di f la retta passante per P! parallela all’asse delle ordinate, di equazione B œ B! . Se esiste la derivata destra di f in B! , si definisce in modo del tutto analogo la tangente a destra in P! al grafico di f. Sia f una funzione ‘ Ä ‘. I punti interni al dominio di f possono essere classificati con pittoreschi nomi considerando in essi le eventuali derivate destra e sinistra di f. Sia B! un punto interno al dominio di f. Se in B! esistono e sono diverse le derivate sinistra e destra di f, si dice che f presenta in B! un punto angoloso (o, con linguaggio più antico, un punto angolare), distinguendo ulteriormente tra: punto cuspidale, se la derivata sinistra di f in B! è _ e la derivata destra di f in B! è _, o viceversa (e in tal caso il punto P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ del grafico di f si dice una cuspide); e punto angoloso proprio se le due derivate sinistra e destra di f in B! non sono entrambe infinite. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 186 Esempio 18.3.5 La funzione fÐBÑ ³ B# +B kBk presenta in ! un punto angoloso proprio. Esempio 18.3.6 La funzione fÐBÑ ³ $ÈB# presenta in ! un punto cuspidale. Ciò si può esprimere con parole diverse ma equivalenti dicendo che: l’origine è una cuspide per il grafico di f. Osservazione 18.3.7 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ una cuspide per il grafico di f. In base alle definizioni che abbiamo dato, la retta r di equazione B œ B! è tangente in P! al grafico di f sia a sinistra che a destra; tale retta si può dunque considerare tangente tout court in P! al grafico di f. Si noti che esistono un intorno sinistro e un intorno destro di B! tali che i corrispondenti archi del grafico di f giacciono in semipiani opposti rispetto a r: ciò si esprime dicendo che la tangente in P! attraversa il grafico di f. Vedremo una situazione analoga nell’osservazione 21.4.3. 18.4 - Continuità e derivabilità. Teorema 18.4.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto interno a WÐfÑ. Se f è derivabile in B! , allora f è continua in B! . Dimostrazione Per l’osservazione 17.1.1, si tratta di provare che lim fÐBÑ œ fÐB! Ñ. BÄB! fÐBÑ œ In effetti, si ha e dunque, poiché lim BÄB! lim fÐBÑ œ lim Œ BÄB BÄB ! come si voleva. ! fÐBÑfÐB! Ñ BB! fÐBÑfÐB! Ñ BB! ÐB B! Ñ fÐB! Ñ esiste ed è un numero f ’ÐB! Ñ − ‘, si trova che fÐBÑfÐB! Ñ BB! ÐB B! Ñ fÐB! Ñ œ f ’ÐB! Ñ † ! fÐB! Ñ œ fÐB! Ñ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 187 Esempio 18.4.2 $ "È B $ ÈB fÐBÑ ³ Sia se B ! se B ! La funzione f non è continua in B! ³ !; il limite del rapporto incrementale esiste ed è uguale a _. Esempio 18.4.3 Sia fÐBÑ ³ œ B# ! se B − se B  La funzione f è derivabile solo in B! ³ !, ed è continua solo in B! ³ !. 18.5 - Funzione derivata. Derivazione. Sia f una funzione ‘ Ä ‘. La funzione ‘ Ä ‘ che ad ogni numero reale B in cui f è derivabile associa la derivata di f in B si dice funzione derivata della f (o anche, semplicemente, derivata della f) e si indica con f ’. La (funzione) derivata di f porta dunque B in f ’ÐBÑ, coerentemente con la notazione stabilita in 18.2. Il dominio di f ’ è il sottoinsieme di WÐfÑ formato dai punti in cui f è derivabile. Se I § WÐf ’Ñ, si dice che f è derivabile in I; se WÐf ’Ñ œ WÐfÑ, si dice che f è derivabile. In 18.2 abbiamo visto che: la derivata di una funzione costante è la funzione costante uguale a zero; la derivata della funzione B8 è la funzione 8B8" ; la derivata della funzione sinÐBÑ è la funzione cosÐBÑ; la derivata della funzione cosÐBÑ è la funzione sinÐBÑ; la derivata della funzione /B è la funzione /B stessa; la derivata della funzione lnÐBÑ è la restrizione a ‘ della funzione " B ; ecc., ecc.. Lo studente è invitato a costruirsi una “tabella” con le derivate delle funzioni elementari (cfr. 15.1). Altre informazioni in questo senso saranno ricavabili dalla sezione 18.8. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 188 I teoremi delle sezioni 18.6, 18.7 e 18.8, assieme alle informazioni raccolte in tale “tabella”, consentiranno di ottenere la derivata di ogni funzione che avremo occasione di considerare. La funzione ‘‘ Ä ‘‘ che a ogni funzione ‘ Ä ‘ associa la sua derivata si dice derivazione. Sia f una funzione ‘ Ä ‘. La funzione derivata della funzione derivata di f si dice derivata seconda di f e si indica col simbolo f ” (oppure f Ð#Ñ ). Più in generale, se n − si pone f Ð8Ñ ÐBÑ ³ Ðf Ð8"Ñ Ñ’ÐBÑ. La f Ð8Ñ ÐBÑ si dice derivata 8-sima (o anche derivata di ordine 8) di f. Se I § WÐf Ð8Ñ Ñ, si dice che f è derivabile 8 volte in I; se I § WÐf Ð8Ñ Ñ per ogni 8 − , si dice che f è derivabile infinite volte in I. Sia I § ‘. L’insieme delle funzioni derivabili in I si indica con ·ÐIÑ. L’insieme delle funzioni derivabili 8 volte in I con derivata 8-sima continua si indica con V Ð8Ñ ÐIÑ (si noti che, per il teorema 18.4.1, anche le derivate 3-sime di tali funzioni sono continue per ogni 3 8). L’insieme delle funzioni derivabili infinite volte in I (con derivate necessariamente tutte continue in I per il teorema 18.4.1) si indica con V Ð_Ñ ÐIÑ. Se I œ ÖB! ×, si scrive rispettivamente ·ÐB! Ñ, V Ð8Ñ ÐB! Ñ e V Ð_Ñ ÐB! Ñ anziché ·ÐÖB! ×Ñ, V Ð8Ñ ÐÖB! ×Ñ e V Ð_Ñ ÐÖB! ×Ñ; se I œ Ð+, ,Ñ, si scrive ·Ð+, ,Ñ anziché ·ÐÐ+, ,ÑÑ. 18.6 - Compatibilità tra derivazione e operazioni tra funzioni. Teorema 18.6.1 Sia B! − ‘; siano f, g − ·ÐB! Ñ, e sia - − ‘. Allora f g, -f − ·ÐB! Ñ e si ha che Ðf gÑ’ÐB! Ñ œ f ’ÐB! Ñ g ’ÐB! Ñ Ð-fÑ’ÐB! Ñ œ - † f ’ÐB! Ñ. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Corollario 18.6.2 Sia I § ‘; siano f, g − ·ÐIÑ, e sia - − ‘. Allora f g, -f − ·ÐIÑ e si ha che Ðf gÑ’ œ f ’ g ’ e Ð-fÑ’ œ - † f ’ . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 189 Teorema 18.6.3 Sia B! − ‘ e siano f, g − ·ÐB! Ñ. Allora fg − ·ÐB! Ñ e si ha ÐfgÑ’ÐB! Ñ œ f ’ÐB! ÑgÐB! Ñ fÐB! Ñg ’ÐB! Ñ. f Inoltre, se gÐB! Ñ Á ! è anche g − ·ÐB! Ñ e si ha f Ð g Ñ’ÐB! Ñ œ f ’ÐB! ÑgÐB! ÑfÐB! Ñg ’ÐB! Ñ . ÐgÐB! ÑÑ# Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Corollario 18.6.4 Sia I § ‘. ·ÐIÑ è un sottoanello di Y ÐIÑ, ma la derivazione non è un omomorfismo fra anelli (cfr. 8.5) di ·ÐIÑ in Y ÐIÑ. Se f, g − ·ÐIÑ si ha ÐfgÑ’ œ f ’g fg ’ e (purché sia g(B) Á ! per ogni B − I) f Ð g Ñ’ œ f ’gfg ’ . g# Esercizio 18.6.5 Verificare, applicando le regole di derivazione per somma, prodotto e quoziente di funzioni, che: se fÐBÑ ³ B& $B% 1B # f ’ÐBÑ œ &B% "#B$ 1 se fÐBÑ ³ #B% &B# $ se fÐBÑ ³ sinÐBÑ cosÐBÑ tgÐBÑ se fÐBÑ ³ tgÐBÑ tgÐBÑ se fÐBÑ ³ #B log$ ÐBÑ se fÐBÑ ³ BsinÐBÑ cosÐBÑ se fÐBÑ ³ sinÐBÑcosÐBÑ se fÐBÑ ³ sin# ÐBÑ si ha f ’ÐBÑ œ sinÐ#BÑ se fÐBÑ ³ BlnÐBÑ si ha f ’ÐBÑ œ " lnÐBÑ si ha f ’ÐBÑ œ )B$ "!B si ha " si ha si ha si ha si ha si ha f ’ÐBÑ œ cosÐBÑ sinÐBÑ tg# ÐBÑ " cosÐ#BÑ f ’ÐBÑ œ sin# ÐBÑcos# ÐBÑ " f ’ÐBÑ œ #B lnÐ#Ñ B†lnÐ$Ñ f ’ÐBÑ œ BcosÐBÑ f ’ÐBÑ œ cosÐ#BÑ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 190 se fÐBÑ ³ /B sinÐBÑ si ha f ’ÐBÑ œ /B ÐsinÐBÑ cosÐBÑÑ se fÐBÑ ³ /B cosÐBÑ si ha f ’ÐBÑ œ /B ÐcosÐBÑ sinÐBÑÑ se fÐBÑ ³ B# #B se fÐBÑ ³ B# % se fÐBÑ ³ "B se fÐBÑ ³ &$B se fÐBÑ ³ cosÐBÑ se fÐBÑ ³ B# se fÐBÑ ³ "/B B# % "'B f ’ÐBÑ œ ÐB# %Ñ# si ha B# BÐ#BÑ f ’ÐBÑ œ Ð"BÑ# si ha *B" %) f ’ÐBÑ œ Ð&$BÑ# si ha " /B f ’ÐBÑ œ B#B ÐBlnÐ#Ñ #Ñ si ha tgÐBÑ f ’ÐBÑ œ cosÐBÑ si ha f ’ÐBÑ œ si ha "/B /B ÐB#Ñ B$ #/B f ’ÐBÑ œ Ð"/B Ñ# si ha 18.7 - Derivata di funzione composta. Teorema 18.7.1 Sia B! − ‘, sia f − ·ÐB! Ñ e sia g − ·ÐfÐB! ÑÑ. Allora g ‰ f − ·ÐB! Ñ, e si ha Ðg ‰ fÑ’ÐB! Ñ œ g ’ÐfÐB! ÑÑ † Ðf ’ÐB! ÑÑ. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Esercizio 18.7.2 Dimostrare che: se fÐBÑ ³ ÈB# " si ha se fÐBÑ ³ sinÐcosÐBÑÑ se fÐBÑ ³ sin% ÐBÑ se fÐBÑ ³ ÐB% #B$ Ñ#$ si ha f ’ÐBÑ œ È # B " B f ’ÐBÑ œ sinÐBÑcosÐcosÐBÑÑ f ’ÐBÑ œ %sin$ ÐBÑcosÐBÑ si ha si ha f ’ÐBÑ œ #$ÐB% #B$ Ñ## Ð%B$ 'B# Ñ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 191 se se fÐBÑ ³ lnÊ "sinÐBÑ "sinÐBÑ $ $ fÐBÑ ³ É "È B se fÐBÑ ³ BB se fÐBÑ ³ BÐB se fÐBÑ ³ /Ð/ si ha si ha B f ’ÐBÑ œ " $ B‹ * ÊB# †Š"È $ # f ’ÐBÑ œ BB Ð" lnÐBÑÑ si ha B " f ’ÐBÑ œ cosÐBÑ B Ñ si ha f ’ÐBÑ œ BÐB Ñ ÐBB Ðln# ÐBÑ lnÐBÑÑ BB" Ñ Ñ si ha f ’ÐBÑ œ /Ð/ B BÑ Esercizio 18.7.3 " Perché è sbagliato affermare che la derivata della funzione lnÐsinÐBÑÑ è la funzione tgÐBÑ ? Esercizio 18.7.4 Per ciascuna delle seguenti funzioni f" , f# , f$ , si determini la funzione derivata: f" ÐBÑ ³ lnÐcosÐBÑÑ; f# ÐBÑ ³ lnÐtgÐBÑÑ; f$ ÐBÑ ³ lnÐlnÐBÑÑ. 18.8 - Derivata della funzione inversa. Teorema 18.8.1 Sia B! − ‘, e sia f : ‘ Ä ‘ una funzione invertibile e derivabile in un intorno di B! . Se f ’ÐB! Ñ Á !, la funzione inversa f " è derivabile in fÐB! Ñ, e si ha " Ðf " Ñ’ÐfÐB! ÑÑ œ f ’ÐB Ñ . ! Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 192 Esempio 18.8.2 Ritroviamo applicando il teorema 18.8.1 il risultato già visto in 18.2.14 che esprime la derivata della funzione esponenziale /B . Posto fÐBÑ ³ lnÐBÑ, si ha f " ÐCÑ œ /C . Per 18.2.13 e 18.8.1, se B! − ‘ si ha (posto C! ³ fÐB! Ñ œ lnÐB! Ñ, da cui B! œ eC! Ñ " Ðf " Ñ’ÐC! Ñ œ f ’ÐB Ñ ! ossia dÐ/C Ñ dC º œ C! " œ B! œ / " B! C! come si attendeva. Esempio 18.8.3 Applicando il teorema 18.8.1, calcoliamo la derivata delle funzioni circolari inverse. Se C! − Ò ", "Ó si ha dÐarcsinÐCÑÑ º dC œ C! dÐarccosÐCÑÑ ¹ œ dC C! B! " B! " œ sinÐB Ñ œ È œ È " # ! "cos# ÐB! Ñ "C! " " dÐcosÐBÑÑ º dB œ cosÐB Ñ œ È œ È ! "C!# "sin# ÐB! Ñ " " dÐsinÐBÑÑ º dB " Per ogni C! − ‘ si ha poi dÐarctgÐCÑÑ ¹ œ dC C! " dÐtgÐBÑÑ ¹ dB B! " " œ "tg# ÐB Ñ œ "C# ! ! Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 193 19.- ESTREMI LOCALI E TEOREMI CONNESSI 19.1 - Monotonia. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia A § WÐfÑ. Si dice che f è (strettamente) crescente in A se ÐB CÑ Ê ÐfÐBÑ fÐCÑÑ aB, C − A; (strettamente) decrescente in A se ÐB CÑ Ê ÐfÐBÑ fÐCÑÑ aB, C − A; non decrescente in A se ÐB CÑ Ê ÐfÐBÑ Ÿ fÐCÑÑ aB, C − A; non crescente in A se ÐB CÑ Ê ÐfÐBÑ fÐCÑÑ aB, C − A. Si dice che f è monotòna in A se è non crescente in A oppure non decrescente in A; si dice che f è strettamente monotòna in A se è (strettamente) crescente in A oppure (strettamente) decrescente in A. Teorema 19.1.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia A § WÐfÑ. Se f è strettamente monotòna in A, fkA è iniettiva (e quindi invertibile). Dimostrazione Dobbiamo provare che B’ Á B” Ê fÐB’Ñ Á fÐB”Ñ aB’, B” − A. Supponiamo ad esempio che f sia crescente in A. Se B’ Á B” sarà B’ B” oppure B’ B”; nel primo caso si trova che fÐB’Ñ fÐB”Ñ, nel secondo caso che fÐB’Ñ fÐB”Ñ e quindi comunque che fÐB’Ñ Á fÐB”Ñ. Esempio 19.1.2 Sia f la funzione ‘ Ä ‘ definita ponendo fÐBÑ ³ œ B se B è razionale B se B è irrazionale La funzione f è iniettiva (e quindi invertibile), ma non è monotòna in alcun intervallo di numeri reali. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 194 19.2 - Estremi locali. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! − WÐfÑ. Si dice che B! è un punto di massimo locale (oppure di massimo relativo) per f se esiste un intorno I di B! tale che fÐBÑ Ÿ fÐB! Ñ per ogni B − I WÐfÑ (ossia tale che B! è un punto di massimo per la restrizione di f a I). Se esiste un intorno forato I! di B! tale che fÐBÑ fÐB! Ñ per ogni B − I! WÐfÑ, si dice che B! è un punto di massimo locale proprio (oppure di massimo relativo proprio) per f . Si dice che B! è un punto di minimo locale (oppure di minimo relativo) per f se esiste un intorno I di B! tale che fÐBÑ fÐB! Ñ per ogni B − I WÐfÑ (ossia tale che B! è un punto di minimo per la restrizione di f a I). Se esiste un intorno forato I! di B! tale che fÐBÑ fÐB! Ñ per ogni B − I! WÐfÑ, si dice che B! è un punto di minimo locale proprio (oppure di minimo relativo proprio) per f . Si dice infine che B! è un punto estremante [proprio], oppure un punto di estremo locale [proprio] se è un punto di minimo locale [proprio] oppure di massimo locale [proprio]. Osservazione 19.2.1 Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione, e sia B! − WÐfÑ. Si noti che, in base alla definizione, se B! è un punto isolato per WÐfÑ (cfr. sez. 15.7) allora B! è un punto di estremo locale per f (in effetti, è punto di massimo locale e anche punto di minimo locale per fÑ. Di conseguenza, la nozione di “punto estremante” ha interesse solo per i punti che sono di accumulazione per WÐfÑ. Osservazione 19.2.2 I punti di massimo e minimo per f definiti in 15.5, se esistono, sono punti estremanti per f. Tuttavia f può avere punti di massimo (o di minimo) locale senza avere punti di massimo (o punti di minimo) (si consideri ad esempio fÐBÑ ³ B$ $B# Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 195 Teorema 19.2.3 Sia Ð+, ,Ñ un intervallo aperto di numeri reali, sia B! − Ð+, ,Ñ e sia f − V Ð!Ñ ÐB! Ñ. Se f è non decrescente in Ð+, B! Ñ e non crescente in ÐB! , ,Ñ, allora B! è un punto di massimo locale per f; se f è non crescente in Ð+, B! Ñ e non decrescente in ÐB! , ,Ñ, allora B! è un punto di minimo locale per f. Dimostrazione Sia f non decrescente in Ð+, B! Ñ e non crescente in ÐB! , ,Ñ; proviamo che B! è un punto di massimo per la restrizione di f all’intervallo Ð+, ,Ñ, ossia che fÐBÑ Ÿ fÐB! Ñ æ a B − Ð+, ,Ñ WÐfÑ. Ne seguirà, per definizione, che B! è un punto di massimo locale per f. In modo del tutto analogo si prova la seconda parte dell’asserto. Procediamo per assurdo. Se non vale la æ , esiste B − Ð+, ,Ñ WÐfÑ tale che fÐBÑ fÐB! Ñ. Consideriamo la funzione gÐBÑ ³ fÐBÑ fÐBÑ. Dall’ipotesi che f sia continua in B! segue subito che anche g è continua in B! ; poiché gÐB! Ñ !, per il teorema della permanenza del segno (16.2.3) esiste un intorno I di B! in cui g assume solo valori negativi. Sarà B B! oppure B! B. Nel primo caso, scegliamo un B" in ÐB, B! Ñ I WÐfÑ Ð33Ñ; si ha gÐB" Ñ !, ossia fÐB" Ñ fÐBÑ, e ciò è assurdo perché + B B" B! e f è per ipotesi non decrescente in Ð+, B! Ñ. Nel secondo caso, scegliamo un B# in ÐB! , BÑ I WÐfÑ Ð34Ñ; si ha gÐB# Ñ !, ossia fÐB# Ñ fÐBÑ, e ciò è assurdo perché B! B# B , e f è per ipotesi non crescente in ÐB! , ,Ñ. In ogni caso si è dunque raggiunto un assurdo; ciò prova che deve valere la æ . Esempio 19.2.4 La funzione f : ‘ Ä ‘ definita ponendo ÚB " se B ! se B œ ! fÐBÑ ³ Û ! Ü B " se B ! è crescente in Ð _, !Ñ e decrescente in Ð!, _Ñ, ma ! non è punto estremante per f. Si noti che f presenta in ! una singolarità non eliminabile. 33 Possiamo supporre ÐB, B! Ñ I WÐfÑ Á g: infatti, in caso contrario ÐB, B! Ñ I sarebbe un intorno sinistro di B! al quale non appartengono punti del dominio di f; posto Ð+, B! Ñ ³ ÐB, B! Ñ I, si potrebbe allora sostituire + ad + nella dimostrazione ed escludere la possibilità che sia B B! . 34 Possiamo supporre ÐB! , BÑ I WÐfÑ Á g; infatti, in caso contrario ÐB! , BÑ I sarebbe un intorno destro di B! al quale non appartengono punti del dominio di f; posto ÐB! , ,Ñ ³ ÐB! , BÑ I, si potrebbe allora sostituire , a , nella dimostrazione ed escludere la possibilità che sia B! B. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 196 Teorema 19.2.5 (Fermat) Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto interno al dominio di f. Se f è derivabile in B! , e B! è un punto di estremo locale per f, si ha f ’ÐB! Ñ œ !. Dimostrazione Proviamo che se f ’ÐB! Ñ Á ! allora B! non è un punto di estremo locale. Sia, per fissare le idee, f ’ÐB! Ñ !. Consideriamo la funzione g definita in WÐfÑ\ÖB! × ponendo gÐBÑ ³ f(B)f(B! Ñ . BB! Per definizione di derivata, è lim gÐBÑ œ f ’ÐB! Ñ !. BÄB! Dunque, per il teorema 17.1.9, in un opportuno intorno forato di B! è gÐBÑ !, ossia fÐBÑfÐB! Ñ !. BB! Ma ciò significa che fÐBÑ fÐB! Ñ se B B! , e fÐBÑ fÐB! Ñ se B B! . Ne segue che B! non può essere né un punto di minimo locale né un punto di massimo locale. Il teorema 19.2.5 afferma che f ’ÐB! Ñ œ ! è condizione necessaria affinché B! sia un punto di estremo locale per f. Notiamo esplicitamente che tale condizione non è però sufficiente: ad esempio, la funzione fÐBÑ ³ B$ non ha punti estremanti (è infatti crescente in ‘), ma per essa si ha f ’Ð!Ñ œ !. Di fatto, la condizione f ’ÐB! Ñ œ ! è compatibile con ogni tipo di comportamento della f. Ad esempio: sia fÐBÑ ³ B# ; per B! ³ !, si ha f ’ÐB! Ñ œ ! e B! per f è un punto di minimo locale; sia fÐBÑ ³ B# ; per B! ³ !, si ha f ’ÐB! Ñ œ ! e B! per f è un punto di massimo locale; sia fÐBÑ ³ B$ ; per B! ³ !, si ha f ’ÐB! Ñ œ ! e f è crescente in ‘; sia fÐBÑ ³ B$ ; per B! ³ !, si ha f ’ÐB! Ñ œ ! e f è decrescente in ‘; sia fÐBÑ ³ B# sinˆ B" ‰ per B Á !, fÐ!Ñ ³ !; per B! ³ !, si ha f ’ÐB! Ñ œ ! ma B! per f non è un punto estremante e f non è monotòna in nessun intorno di B! . In sostanza, il teorema 19.2.5 ci dice che gli eventuali punti estremanti vanno cercati fra i punti che rientrano in una delle seguenti tre categorie: i punti che appartengono al dominio di f ma non sono interni al dominio di f (ad esempio, gli estremi degli intervalli chiusi che eventualmente formano il dominio di f); i punti interni al dominio di f in cui f non è derivabile; i punti interni al dominio di f in cui f è derivabile e la derivata di f è zero. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 197 19.3 - Ricerca dei punti estremanti. Teorema 19.3.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, sia Ò+, ,Ó § WÐfÑ e f sia continua in Ò+, ,Ó e derivabile in Ð+, ,Ñ. Allora: se f ’ÐBÑ Ÿ ! per ogni B − Ð+, ,Ñ, f è non crescente in Ò+, ,Ó; se f ’ÐBÑ ! per ogni B − Ð+, ,Ñ, f è decrescente in Ò+, ,Ó; se f ’ÐBÑ ! per ogni B − Ð+, ,Ñ, f è non decrescente in Ò+, ,Ó; se f ’ÐBÑ ! per ogni B − Ð+, ,Ñ, f è crescente in Ò+, ,Ó. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Esempio 19.3.2 Sia fÐBÑ ³ B# , cosicché f ’ÐB! Ñ œ #B! per ogni B! − ‘. Si deduce dal teorema 19.3.1 che f è decrescente in Ð _, !Ñ e crescente in Ð!, _Ñ; ne segue fra l’altro che ! è un punto di minimo per f. Esercizio 19.3.3 Sia fÐBÑ ³ +B# ,B - con +, ,, - numeri reali. Stabilire, in dipendenza di +, ,, - , in quali intervalli f è crescente e in quali è decrescente; determinare, sempre in dipendenza di +, ,, - , gli eventuali punti estremanti di f. Tenendo conto anche di quanto visto in 18.4, disegnare il grafico di f per + ³ 1 , , ³ ", - ³ !; + ³ #, , ³ ! , - ³ " ; + ³ !, , ³ # , - ³ " ; + ³ ", , ³ # , - ³ ! . Esercizi Dire in quali intervalli risultano crescenti e in quali intervalli risultano decrescenti le seguenti funzioni ‘ Ä ‘ : 19.3.4 BÐB# "Ñ; 19.3.5 B% ; 19.3.6 B8 Ðal variare di 8 − Ñ; 19.3.7 ÈB 19.3.8 B$ ÐB #Ñ; 19.3.9 B "B# ; " ÈB ; Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 198 Osservazione 19.3.10 Sia f − C_ Ð+, ,Ñ, e sia B! − Ð+, ,Ñ tale che f ’ÐB! Ñ œ !. Abbiamo osservato dopo la dimostrazione del teorema di Fermat (19.2.5) che senza altre informazioni non possiamo stabilire se B! è un punto estremante né (nel caso che lo sia) se è un punto di massimo o di minimo. In base al teorema 19.2.3 si ha però che: se f è non decrescente in un intorno sinistro di B! e non crescente in un intorno destro di B! , B! è un punto di massimo locale per f; se f è non crescente in un intorno sinistro di B! e non decrescente in un intorno destro di B! , B! è un punto di minimo locale per f. Per il teorema 19.3.1 si può allora affermare che: se la derivata di f è ! in un intorno sinistro di B! e Ÿ ! in un intorno destro di B! , B! è un punto di massimo locale per f; se la derivata di f è Ÿ ! in un intorno sinistro di B! e ! in un intorno destro di B! , B! è un punto di minimo locale per f. D’altro lato, informazioni sul comportamento della funzione derivata f ’ possono essere ricavate studiando la derivata di f ’, cioè la “derivata seconda” f ” di f. Infatti: se f ”ÐB! Ñ !, allora f ” è negativa in un intorno di B! (per il teorema di permanenza del segno, 16.2.3, essendo per ipotesi f ” continua in Ð+, ,ÑÑ e quindi f ’ è decrescente in tale intorno (per il teorema 19.3.1); dunque (essendo per ipotesi f ’ÐB! Ñ œ !) f ’ è positiva in un intorno sinistro di B! e negativa in un intorno destro di B! , e quindi B! è un punto di massimo locale; se f ”ÐB! Ñ !, allora f ” è positiva in un intorno di B! e quindi f ’ è crescente in tale intorno; dunque f ’ è negativa in un intorno sinistro di B! e positiva in un intorno destro di B! , e quindi B! è un punto di minimo locale; se f ”ÐB! Ñ œ !, si possono ottenere informazioni utili esaminando f Ð$Ñ ÐB! Ñ. Sia ad esempio f Ð$Ñ ÐB! Ñ !: allora f Ð$Ñ è positiva in un intorno di B! ; ne segue che f ” è crescente in tale intorno, quindi negativa a sinistra di B! e positiva a destra di B! ; dunque f ’ è decrescente in un intorno sinistro di B! e crescente in un intorno destro di B! , cioè è positiva in un intorno di B! ; allora f è crescente in tale intorno, quindi B! non è un punto estremante. Analogamente si vede che, se f Ð$Ñ ÐB! Ñ !, f è decrescente in un intorno di B! , e quindi B! non è un punto estremante. Se è anche f Ð$Ñ ÐB! Ñ œ !, si può considerare f Ð%Ñ ÐB! Ñ, e così via. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 199 Ragionando analogamente e procedendo per induzione, si dimostra il Teorema 19.3.11 Sia f − C_ Ð+, ,Ñ, e sia B! − Ð+, ,Ñ. Supponiamo che in B! si annullino le prime 8 derivate di f, e sia invece f Ð8"Ñ ÐB! Ñ œ ! Á !. Se 8 è dispari, B! è un punto estremante, e precisamente: un punto di massimo se ! !, un punto di minimo se ! !. Se 8 è pari, f è strettamente monotòna in un intorno di B! , e precisamente: è crescente se ! !, decrescente se ! !. Esercizi Determinare i punti estremanti, specificando se si tratta di punti di massimo o punti di minimo, locali o assoluti, per ciascuna delle seguenti funzioni: 19.3.12 B& 'B$ )B "; 19.3.13 B& B% ; 19.3.14 B$ $B# "; B" B" ; 19.3.15 19.3.16 sinÐBÑ cosÐBÑ; 19.3.17 B B$ ; # 19.3.18 lnÐÈB BÑ; 19.3.19 lnÐsinÐBÑÑ. Esercizio 19.3.20 Fra tutti i rettangoli di area "!! determinare quelli di perimetro minimo. Esercizio 19.3.21 Fra tutti i rettangoli di perimetro "!! determinare quelli di area massima. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 200 Esercizio 19.3.22 Fra tutti i trapezi isosceli in cui la base minore misura " e il perimetro è "% determinare quelli di area massima. Esercizio 19.3.23 Fra tutti i settori circolari di perimetro #! determinare quelli di area massima. Esercizio 19.3.24 Un poligono si dice inscritto in una ellisse se tutti i suoi vertici sono punti dell’ellisse. Fra tutti i rettangoli inscritti in una data ellisse determinare che lati ha quello di area massima. Suggerimento: Si riferisca il piano a un sistema di riferimento cartesiano ortogonale monometrico disposto “astutamente” rispetto all’ellisse. Esercizio 19.3.25 Riferito il piano a un SdR cartesiano ortogonale monometrico positivamente orientato Oxy, è data la curva algebrica > di equazione #B# $B C # œ !. Siano A e B i punti in cui > incontra l’asse delle ordinate e il semiasse positivo delle ascisse. Fra i punti P di > che giacciono nel primo quadrante, determinare quelli per i quali l’area del poligono OAPB è massima e quelli per i quali l’area dello stesso poligono OAPB è minima. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 201 ^ 20.- LE REGOLE DI DE L’HOPITAL 20.1 - Introduzione. In questo capitolo sono riportate alcune regole pratiche spesso utili per il calcolo di limiti che si presentano nelle forme “non immediate” (cfr. sez. 17.10). Esse sono note come ^ “regole di de l’Hopital”, ma sono dovute a J. Bernoulli (1667-1748). In effetti, il marchese G. ^ de l’Hopital (1661-1704) assunse come precettore Bernoulli stipulando un contratto col quale costui si impegnava a comunicargli le proprie scoperte matematiche (fra le quali i teoremi che ^ giustificano queste regole). De l’Hopital, che aveva ottime doti di divulgatore, scrisse poi un libro (forse il primo testo di calcolo differenziale concepito come tale) nel quale riportava tali ^ teoremi. Benché de l’Hopital non si attribuisse esplicitamente la loro paternità, questi risultati sono da allora noti ovunque col suo nome. Pare che la cosa non abbia fatto piacere a Bernoulli, che l’accusò, senza esito, di plagio. 20.2 - La forma “non immediata” ! ! . ^ Teorema 20.2.1 (J. Bernoulli) Гregola di de l’Hopital per ! ! , B Ä B! ”Ñ Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ e per WÐgÑ tale che lim fÐBÑ œ !, lim gÐBÑ œ !. BÄB! BÄB! Supponiamo che esista un intorno forato di B! nel quale f e g sono derivabili e nel quale la derivata di g non è mai nulla. Se esiste f ’ÐBÑ lim g ’ÐBÑ œ L BÄB! allora si ha con L − ‘ Ö _, _× fÐBÑ lim œ L. BÄB! gÐBÑ Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 202 Esempio 20.2.2 lim BÄ! BsinÐBÑ " œ '. B$ Dimostrazione Poiché lim aB sinÐBÑb œ 0 sinÐ!Ñ œ ! e BÄ! lim B$ œ !$ œ ! BÄ! possiamo cercare di applicare il teorema 20.2.1 considerando il limite del quoziente tra la derivata del numeratore e la derivata del denominatore. Avendosi (ricordando 17.4.1) lim BÄ! "cosÐBÑ "cosÐBÑ " " " " œ † lim # œ $ † # œ ' $B $ B# BÄ! " anche il limite proposto vale ' . ^ Teorema 20.2.3 (J. Bernoulli) Гregola di de l’Hopital per ! ! , B Ä _”Ñ Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, definite in un intervallo aperto illimitato a destra (cfr. 5.3), e sia lim fÐBÑ œ !, BÄ_ lim gÐBÑ œ !. BÄ_ Supponiamo che esista un intervallo aperto illimitato a destra nel quale f e g sono derivabili e nel quale la derivata di g non è mai nulla. Se esiste lim BÄ_ f ’ÐBÑ g ’ÐBÑ œ L allora si ha con L − ‘ Ö _, _× lim BÄ_ fÐBÑ gÐBÑ œ L. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. ^ Teorema 20.2.4 (J. Bernoulli) Гregola di de l’Hopital per ! ! , B Ä _”Ñ Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, definite in un intervallo aperto illimitato a sinistra (cfr. 5.3), e sia lim fÐBÑ œ !, BÄ_ lim gÐBÑ œ !. BÄ_ Supponiamo che esista un intervallo aperto illimitato a sinistra nel quale f e g sono derivabili e nel quale la derivata di g non è mai nulla. Se esiste f ’ÐBÑ lim g ’ÐBÑ œ L BÄ_ allora si ha con L − ‘ Ö _, _× fÐBÑ lim gÐBÑ œ L. BÄ_ Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 203 _ _ 20.3 - La forma “non immediata” . ^ Teorema 20.3.1 (J. Bernoulli) Гregola di de l’Hopital per _ _ , B Ä B! ”Ñ Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ e per WÐgÑ tale che lim fÐBÑ œ „ _, lim gÐBÑ œ „ _. BÄB! BÄB! Supponiamo che esista un intorno forato di B! nel quale f e g sono derivabili e nel quale la derivata di g non è mai nulla. Se esiste f ’ÐBÑ lim œL BÄB! g ’ÐBÑ con L − ‘ Ö _, _× allora si ha fÐBÑ lim œ L. BÄB! gÐBÑ Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Esempio 20.3.2 lim1 BÄ # lnˆ 1# B‰ tg(B) œ _. Dimostrazione Si ha lim lnˆ 1# B‰ œ lim lnÐCÑ œ _ BÄ 1# CÄ! e lim tg(B) œ _ BÄ 1# avendo posto nel primo limite C ³ 1# B per poi applicare il teorema 17.3.4 . Possiamo dunque cercare di utilizzare il teorema 20.3.1, considerando il limite del quoziente tra la derivata del numeratore e la derivata del denominatore. Si ha lim1 BÄ # " 1 B # " cos# (B) cos# (B) œ lim1 B 1 BÄ # # œ lim CÄ! sin# (C) sin(C) œ lim sin(C ) C œ0 C CÄ! avendo posto C ³ 1# B (da cui B œ 1# C ) per poi applicare il teorema 17.3.4, e tenendo conto del “limite notevole” 17.1.4 . Pertanto, anche il limite proposto vale _. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 204 ^ Teorema 20.3.3 (J. Bernoulli) Гregola di de l’Hopital per _ _ , B Ä _”Ñ Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘ definite in un intervallo aperto illimitato a destra (cfr. 5.3), e sia lim fÐBÑ œ „ _, lim gÐBÑ œ „ _. BÄ_ BÄ_ Supponiamo che esista un intervallo aperto illimitato a destra nel quale f e g sono derivabili e nel quale la derivata di g non è mai nulla. Se esiste f ’ÐBÑ lim œL BÄ_ g ’ÐBÑ con L − ‘ Ö _, _× allora si ha fÐBÑ lim œ L. BÄ_ gÐBÑ Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Esempio 20.3.4 lim BÄ_ lnÐBÑ B œ !. Dimostrazione Poiché lim lnÐBÑ œ _ lim B œ _ e BÄ_ BÄ_ possiamo cercare di applicare il teorema 20.3.3 considerando il limite del quoziente tra la derivata del numeratore e la derivata del denominatore. Avendosi " B " lim " œ lim B œ ! BÄ_ BÄ_ anche il limite proposto vale ! . Esempio 20.3.5 lim BÄ_ /B B œ _. Dimostrazione Poiché lim /B œ _ BÄ_ e lim B œ _ BÄ_ possiamo cercare di applicare il teorema 20.3.3 considerando il limite del quoziente tra la derivata del numeratore e la derivata del denominatore. Avendosi lim BÄ_ anche il limite proposto vale _ . /B " œ _ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 205 ^ Teorema 20.3.6 (J. Bernoulli) Гregola di de l’Hopital per _ _ , B Ä _”Ñ Siano f, g funzioni ‘ Ä ‘ definite in un intervallo aperto illimitato a sinistra (cfr. 5.3), e sia lim fÐBÑ œ „ _, lim gÐBÑ œ „ _. BÄ_ BÄ_ Supponiamo che esista un intervallo aperto illimitato a sinistra nel quale f e g sono derivabili e nel quale la derivata di g non è mai nulla. Se esiste f ’ÐBÑ lim œL BÄ_ g ’ÐBÑ con L − ‘ Ö _, _× allora si ha lim BÄ_ fÐBÑ gÐBÑ œ L. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Osservazione 20.3.7 La forma _ _ è facilmente riconducibile alla " gÐBÑ " fÐBÑ ! ! : basta scrivere fÐBÑ gÐBÑ . anziché Per questo motivo, potrebbe sembrare superfluo enunciare e dimostrare teoremi del tipo di 20.3.1. Si noti però che derivando le "f e g" può accadere che si ottenga un’espressione più complicata di quella di partenza (es.: fÐBÑ ³ /B , gÐBÑ ³ B Ñ: è dunque senz’altro opportuno avere regole che permettano di affrontare direttamente la forma _ _. 20.4 - Le forme ! † _, !! , _! e "_ . La forma _ _. ^ Non esistono “regole di de l’Hopital” per le forme ! † _, !! , _! e "_ , ma queste sono generalmente riconducibili alla !! e/o alla _ _ ; infatti fÐBÑ † gÐBÑ œ e fÐBÑ " gÐBÑ fÐBÑgÐBÑ œ /gÐBцlnÐfÐBÑÑ œ / œ gÐBÑ gÐBÑ " lnÐfÐBÑÑ " fÐBÑ œ/ lnÐfÐBÑÑ " gÐBÑ . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 206 Naturalmente sarà necessario volta per volta verificare se le funzioni " fÐBÑ , " gÐBÑ , " lnÐfÐBÑÑ sono definite in un intorno di B! (B! − ‘ Ö _, _×, se si sta considerando il limite di f ^ per B che tende a B! Ñ e se sono verificate tutte le ipotesi delle regole di de l’Hopital. Anche la forma _ _ è riconducibile alla forma fÐBÑ gÐBÑ œ " gÐBÑ ! ! " fÐBÑ " fÐBцgÐBÑ ; infatti si ha . Una tale trasformazione è però raramente conveniente. Esempio 20.4.1 lim B † lnÐBÑ œ ! BÄ! Dimostrazione Il limite proposto si presenta nella forma ! † _. Si ha B † lnÐBÑ œ lnÐBÑ " B . " Poiché le funzioni lnÐBÑ e B verificano le ipotesi del teorema 20.3.1, possiamo considerare il lim BÄ! " B " B# œ lim BÄ! B# B œ !. Dunque il limite proposto vale !. Esempio 20.4.2 B" lim /B † lnÐ B Ñ œ _. BÄ_ Dimostrazione Il limite proposto si presenta nella forma _ † !. Si ha lnÐ BB+" Ñ B+" B / † lnÐ B Ñ œ /B . Applicando il teorema 20.2.3, si è ricondotti a considerare il lim BÄ_ BÐB"+"Ñ /B œ lim BÄ_ /B B# B . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 207 _ _ Questo nuovo limite si presenta nella forma per _ _ , B Ä _, si considera il ^ ; applicando due volte la regola di de l’Hopital /B #B" lim BÄ_ e poi il lim BÄ_ /B # . Poiché quest’ultimo limite vale _, anche il limite proposto vale _. Esempio 20.4.3 lim B † Ð 1# arctgÐBÑÑ œ " BÄ_ Dimostrazione Il limite proposto si presenta nella forma _ † !. Si ha B † Ð 1# arctgÐBÑÑ œ 1 # arctgÐBÑ " B . " verificano le ipotesi del teorema 20.2.3, possiamo Poiché le funzioni 1# arctgÐBÑ e B considerare il limite del quoziente delle derivate, ossia lim BÄ_ "+"B# œ " B# lim BÄ_ B# "B# œ ". Dunque il limite proposto vale ". Esempio 20.4.4 lim BB œ " BÄ! Dimostrazione Il limite proposto si presenta nella forma !! . Si ha BB œ /B†lnÐBÑ e poiché abbiamo già visto (esempio 20.4.1) che lim B † lnÐBÑ œ ! BÄ! si può concludere che il limite proposto vale ". Esempio 20.4.5 B lim È B œ" BÄ_ B Dimostrazione Si ha È B œ B B e dunque il limite proposto si presenta nella forma _! . Si ha lnÐBÑ " " B B œ / B †lnÐBÑ œ / B " cosicché il limite proposto vale " (cfr. esempio 20.3.4). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 208 lim ÐcosÐBÑÑ Esempio 20.4.6 " tgÐBÑ BÄ! œ" Dimostrazione Il limite proposto si presenta nella forma "_ . Si ha " tgÐBÑ ÐcosÐBÑÑ œ/ " † lnÐcosÐBÑÑ tgÐBÑ œ/ lnÐcosÐBÑÑ tgÐBÑ e quindi siamo ricondotti a calcolare il lim BÄ! lnÐcosÐBÑÑ tgÐBÑ . Poiché le funzioni lnÐcosÐBÑÑ e tgÐBÑ verificano le ipotesi del teorema 20.3.1, possiamo considerare il limite del quoziente delle derivate, ossia lim BÄ! sinÐBÑ cos ÐBÑ " ÐcosÐBÑÑ# œ lim Ð sinÐBÑcosÐBÑÑ œ sinÐ!ÑcosÐ!Ñ œ !. BÄ! Dunque il limite proposto vale ". ^ 20.5 - Esercizi di riepilogo sull’uso delle regole di de l’Hopital. ^ Per ciascuno dei seguenti limiti si verifichi l’applicabilità delle regole di de l’Hopital e, quando possibile, si utilizzino tali regole per calcolare i limiti. "sinÐBÑcosÐBÑ tgÐBÑB lim ; BÄ! BsinÐBÑ B# †sinˆ B" ‰ lim sinÐBÑ ; BÄ! lim lnÐ#B"Ñ ; lnÐBÑ lim BsinÐBÑ BsinÐBÑ ; BÄ_ BÄ_ lim lnÐBÑ † lnÐ" BÑ ; BÄ! lim "/B ; "cosÐÈB Ñ lim BsinÐBÑ ; B lim B ÈB# " ; BÄ! BÄ_ BÄ_ lim B BÄ! . " lim ; BÄ! cosÐ#BÑ B# # lim ; BÄ" B" tgÐBÑ lim ; BÄ 1# lnÐcosÐBÑÑ lim B † / " B BÄ! " lim Ð /B " Ñ ; BÄ! B sinÐBÑ " # lim Ð "cosÐBÑ B# Ñ ; lim B ; BÄ! BÄ! " log+ ÐBÑ sinÐBÑ lim ; BÄ! "sinÐBÑcosÐBÑ " ; lim Ð B lnÐBÑÑ ; BÄ! lim B BÄ! " lnÐBÑ ; Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 209 21.- CONVESSITÀ 21.1 - Funzioni convesse. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia Ò+, ,Ó § WÐfÑ. Si dice che f è convessa in Ò+, ,Ó se comunque presi B! , B" − Ò+, ,Ó l’arco del grafico passante per i punti P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ e P" ´ ÐB" , fÐB" ÑÑ “sta sotto” il segmento Гcorda”Ñ P! P". Vediamo come si può esprimere con precisione questo concetto. Sappiamo (teorema 13.3.1) che la retta P! P" ha equazione CfÐB! Ñ BB! B" B! œ fÐB" ÑfÐB! Ñ BB B B C œ B "B fÐB! Ñ B B! fÐB" Ñ " ! " ! ossia e dunque la condizione di convessità in Ò+, ,Ó si può esprimere così: Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia Ò+, ,Ó § WÐfÑ. Si dice che f è convessa in Ò+, ,Ó se comunque presi B! , B" − Ò+, ,Ó con B! B" si ha F21.1.1 BB B B fÐBÑ Ÿ B "B fÐB! Ñ B B! fÐB" Ñ " ! " ! aB − ÒB! , B" Ó. Se B − ÒB! , B" Ó, è B œ B! >ÐB" B! Ñ œ Ð" >ÑB! >B" con > − Ò!, "Ó; spesso BB B B perciò, osservando che B B! œ > e B "B œ " >, la F21.1.1 si scrive " F21.1.2 ! " ! fÐÐ" >ÑB! >B" Ñ Ÿ Ð" >ÑfÐB!Ñ >fÐB"Ñ a> − Ò!, "Ó. Teorema 21.1.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia Ð+, ,Ñ un intervallo aperto contenuto nel dominio di f. Se f è convessa in Ð+, ,Ñ, allora f è continua in Ð+, ,Ñ. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Esempio 21.1.2 fÐBÑ ³ œ " se B œ ! B se B !. La funzione f è convessa in Ò!, "Ó ma non è continua in !. Sia Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 210 21.2 - Criteri di convessità per le funzioni derivabili. Teorema 21.2.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘ continua nell’intervallo chiuso Ò+, ,Ó e derivabile nell’intervallo aperto Ð+, ,Ñ. Sono fatti equivalenti: ( 3) f è convessa in Ò+, ,Ó. (33) comunque presi B! , B − Ð+, ,Ñ si ha fÐBÑ f ’ÐB! ÑÐB B! Ñ fÐB!Ñ (cioè, la tangente al grafico in P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ -cfr. 18.3- “sta sotto” l’arco del grafico relativo all’intervallo Ð+, ,ÑÑ; (333) la funzione derivata f ’ è non decrescente in Ð+, ,Ñ. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Teorema 21.2.2 Sia f una funzione ‘ Ä ‘ continua nell’intervallo Ò+, ,Ó e derivabile due volte in Ð+, ,Ñ. Se f ”ÐBÑ ! per ogni B − Ð+, ,Ñ, la funzione f è convessa in Ò+, ,Ó. Dimostrazione Segue subito da 19.3.1 e da 21.2.1. 21.3 - Funzioni concave. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia Ò+, ,Ó § WÐfÑ. Si dice che f è concava in Ò+, ,Ó se comunque presi B! , B" − Ò+, ,Ó l’arco del grafico passante per i punti P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ e P" ´ ÐB" , fÐB" ÑÑ “sta sopra” il segmento Гcorda”Ñ P! P" , ossia se comunque presi B! , B" − Ò+, ,Ó con B! B" si ha F21.3.1 fÐÐ" >ÑB! >B" Ñ Ð" >ÑfÐB!Ñ >fÐB"Ñ a> − Ò!, "Ó. Teorema 21.3.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia Ò+, ,Ó § WÐfÑ. La funzione f è concava in Ò+, ,Ó se e solo se la funzione f è convessa in Ò+, ,Ó. Dimostrazione Ovvio. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 211 Dal teorema 21.3.1 si ottengono gli analoghi dei risultati 21.2.1 e 21.2.2: Teorema 21.3.2 Sia f una funzione ‘ Ä ‘ continua nell’intervallo chiuso Ò+, ,Ó e derivabile nell’intervallo aperto Ð+, ,Ñ. Sono fatti equivalenti: ( 3) f è concava in Ò+, ,Ó. (33) comunque presi B! , B − Ð+, ,Ñ si ha fÐBÑ Ÿ f ’ÐB! ÑÐB B! Ñ fÐB!Ñ (cioè, la tangente al grafico in P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ -cfr. 18.3- “sta sopra” l’arco del grafico relativo all’intervallo Ð+, ,ÑÑ; (333) la funzione derivata f ’ è non crescente in Ð+, ,Ñ. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Teorema 21.3.3 Sia f una funzione ‘ Ä ‘ continua nell’intervallo Ò+, ,Ó e derivabile due volte in Ð+, ,Ñ. Se f ”ÐBÑ Ÿ ! per ogni B − Ð+, ,Ñ, la funzione f è concava in Ò+, ,Ó. 21.4 - Punti di flesso. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! − WÐfÑ. Si dice che B! è un punto di flesso per f (oppure che P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ è un flesso per il grafico di f) se f è convessa in un intorno sinistro di B! e concava in un intorno destro di B! , o viceversa. Teorema 21.4.1 Sia f una funzione ‘ Ä ‘. Sia B! un punto interno a WÐfÑ, ed esista un intorno J di B! tale che f − V Ð#Ñ ÐJÑ (cfr. 18.5). Allora f ”ÐB! Ñ œ ! è condizione necessaria affinché B! sia un punto di flesso per f. Dimostrazione Supponiamo che B! sia un punto di flesso per f. Se fosse f ”ÐB! Ñ œ ! Á !, in un intorno I di B! (contenuto in J) f ” sarebbe sempre positiva (o sempre negativa) per il teorema 16.2.3, e dunque (per 21.2.2 e 21.3.3) f sarebbe convessa (o concava) in tutto I, contro l’ipotesi che B! sia un punto di flesso. Osservazione 21.4.2 La funzione fÐBÑ ³ B% è convessa su tutto ‘, quindi non ha punti di flesso; tuttavia f ”Ð!Ñ œ !. Dunque la f ”ÐB! Ñ œ ! non è condizione sufficiente affinché B! sia un punto di flesso per f. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 212 Osservazione 21.4.3 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di flesso per f; sia P! ´ ÐB! , fÐB! ÑÑ il corrispondente flesso nel grafico di f e supponiamo, per fissare le idee, che f sia convessa in un intorno sinistro di B! e concava in un intorno destro di B! . Se f è derivabile in un intorno di B! , per il teorema 21.2.1 c’è un intorno sinistro di B! in cui la tangente al grafico di f “sta sotto” il relativo arco del grafico, e per il teorema 21.3.1 c’è un intorno destro di B! in cui la tangente al grafico di f “sta sopra” il relativo arco del grafico. Si potrebbe dimostrare che la tangente in P! al grafico di f “sta sotto” l’arco del grafico in un intorno sinistro e “sta sopra” l’arco del grafico in un intorno destro di B! : ciò si esprime di solito dicendo che la tangente in P! attraversa il grafico di f. Analoga a questa è la situazione che abbiamo visto nell’osservazione 18.3.7; si noti che tale situazione si verifica anche ogni volta che la derivata di f in B! è _ oppure _. Teorema 21.4.4 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di flesso per f. Se f è derivabile in un intorno di B! , allora B! non può essere punto estremante per f. Dimostrazione Supponiamo, per fissare le idee, che f sia convessa in un intorno sinistro di B! e concava in un intorno destro di B! : allora f ’ è non decrescente in un intorno sinistro di B! e non crescente in un intorno destro di B! . Se B! fosse un punto estremante per f, per il teorema 19.2.5 sarebbe f ’(B! Ñ œ ! : allora, per quanto appena visto, in tutto un intorno di B! sarebbe f ’(B) Ÿ !, ossia (per il teorema 19.3.1) f non crescente; e dunque B! non potrebbe essere punto estremante per f. Esempio 21.4.5 kBk Sia f ³ B" . Il punto ! è punto di flesso e anche punto di minimo locale per f. Si noti che f non è derivabile in !. Esercizi Per ciascuna delle seguenti funzioni determinare, se possibile, gli intervalli in cui è concava o convessa e gli eventuali punti di flesso. 21.4.6 fÐBÑ ³ /B ; 21.4.7 fÐBÑ ³ B$ ; 21.4.8 fÐBÑ ³ B$ 'B# #B "; 21.4.9 fÐBÑ ³ 21.4.10 fÐBÑ ³ B% &B# %; 21.4.11 /B /B ; # fÐBÑ ³ B † kBk. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 213 22.- ASINTOTI 22.1 - Asintoti destri e asintoti sinistri. Sia f una funzione ‘ Ä ‘ definita in un intervallo illimitato a destra. La retta a di equazione C œ :B ; si dice un asintoto destro per il grafico di f (o, più brevemente, per f) se lim ÐfÐBÑ Ð:B ;ÑÑ œ ! BÄ_ cioè se la differenza tra le ordinate dei punti aventi uguale ascissa appartenenti al grafico della f e alla retta a tende a zero al tendere dell’ascissa a _. Se f è definita in un intervallo illimitato a sinistra, la retta a di equazione C œ :B ; si dice invece un asintoto sinistro per il grafico di f (o, più brevemente, per f) se lim ÐfÐBÑ Ð:B ;ÑÑ œ ! BÄ_ cioè se la differenza tra le ordinate dei punti aventi uguale ascissa appartenenti al grafico della f e alla retta a tende a zero al tendere dell’ascissa a _. Teorema 22.1.1 Condizione necessaria e sufficiente affinché la retta di equazione C œ :B ; sia un asintoto destro [sinistro] per f è che sia lim BÄ_ ” lim BÄ_ fÐBÑ B œ :, fÐBÑ B œ :, lim ÐfÐBÑ :BÑ œ ; BÄ_ lim ÐfÐBÑ :BÑ œ ; BÄ_ •. Dimostrazione Proviamo l’asserto per gli asintoti destri. Poiché lim ÐfÐBÑ :BÑ œ ; lim ÐfÐBÑ Ð:B ;ÑÑ œ !, equivale a BÄ_ BÄ_ dobbiamo solo provare che (C œ :B ; asintoto per f) lim Œ BÄ_ fÐBÑ B œ :. lim ÐfÐBÑ Ð:B ;ÑÑ œ !. In effetti, sia Allora Ê BÄ_ !œ lim BÄ_ da cui l’asserto perché fÐBÑ:B; fÐBÑ ; œ Œ lim : Œ lim B B B BÄ_ BÄ_ lim BÄ_ ; B œ !. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 214 Esempio 22.1.2 Sia fÐBÑ ³ /B sinÐBÑ. Si ha lim BÄ_ fÐBÑ B œ lim /B † BÄ_ sinÐBÑ sinÐBÑ B œ lim / † lim Œ Œ B B œ!†!œ! BÄ_ BÄ_ lim fÐBÑ œ ! e BÄ_ cosicché l’asse delle ascisse è un asintoto destro per f. Invece, lim BÄ_ fÐBÑ B Šœ lim Š B † sinÐBÑ‹‹ BÄ_ /B non esiste, e dunque f non ha asintoti sinistri. Esempio 22.1.3 Sia fÐBÑ ³ lnÐBÑ B. Si ha lim BÄ_ fÐBÑ lnÐBÑB lnÐBÑ œ lim œ lim Œ B B B "œ!"œ" BÄ_ BÄ_ lim ÐfÐBÑ BÑ œ ma BÄ_ lim lnÐBÑ œ _ BÄ_ cosicché f non ha asintoti destri. Un asintoto (destro o sinistro) si dice orizzontale se il suo coefficiente angolare è zero, obliquo altrimenti. È chiaro che Teorema 22.1.4 Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia 5 − ‘. La retta di equazione C œ 5 è un asintoto orizzontale destro [sinistro] per f se e solo se lim fÐBÑ œ 5 BÄ_ [ lim fÐBÑ œ 5 ]. BÄ_ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 215 22.2 - Asintoti verticali. Sia f una funzione ‘ Ä ‘, e sia B! un punto di accumulazione per WÐfÑ. La retta di equazione B œ B! si dice un asintoto verticale per il grafico di f (o, più brevemente, per fÑ se si verifica (almeno) una delle seguenti situazioni: lim fÐBÑ œ _ oppure lim fÐBÑ œ _ oppure BÄB ! lim fÐBÑ œ _ BÄB ! oppure BÄB ! lim fÐBÑ œ _. BÄB ! Si noti che i valori di B! per i quali la retta di equazione B œ B! può essere asintoto verticale per il grafico di f vanno cercati fra i punti di accumulazione per WÐfÑ in cui f presenta una singolarità. 22.3 - Esempi ed esercizi. Esempio 22.3.1 Sia fÐBÑ ³ /B . Si ha WÐfÑ œ ‘, e f è continua in tutto ‘: pertanto, non possono esserci asintoti verticali ma f può avere un asintoto destro e un asintoto sinistro. È lim BÄ_ /B fÐBÑ B œ lim BÄ_ B œ _ cosicché f non ha asintoti destri. Invece /B fÐBÑ B œ lim œ ! BÄ_ BÄ_ B per cui l’asse delle ascisse è asintoto (orizzontale) sinistro per f. lim Esempio 22.3.2 Sia fÐBÑ ³ lnÐBÑ. Si ha WÐfÑ œ (!, _) e f è continua in tutto (!, _): pertanto f può avere un asintoto verticale in ! (punto di accumulazione per WÐfÑ in cui f presenta una singolarità) e un asintoto destro. In effetti si ha lim fÐBÑ œ lim ln(B) œ _ BÄ! BÄ! cosicché l’asse delle ordinate è asintoto verticale per f; e lim BÄ_ fÐBÑ B œ lim BÄ_ lnÐBÑ B œ! cosicché un eventuale asintoto destro per f sarebbe un asintoto orizzontale; ma lim fÐBÑ œ BÄ_ per cui f non ha asintoti destri. lim lnÐBÑ œ _ BÄ_ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 216 Esempio 22.3.3 Sia fÐBÑ ³ ÈB# B . Si ha WÐfÑ œ Ð _, "Ó Ò!, _) e f è continua in tutto Ð _, "Ó e in tutto Ò!, _): pertanto f non può avere asintoti verticali (non ci sono infatti punti di accumulazione per WÐfÑ in cui f presenti singolarità) ma può avere un asintoto sinistro e un asintoto destro. Si ha lim BÄ_ fÐBÑ B œ œ lim BÄ_ ÈB# B œ B kBk†É" B" lim œ B BÄ_ ÉB# (" B" Ñ lim B†É" B" lim œ B BÄ_ œ B BÄ_ ÈB# †É" lim " B œ B BÄ_ " lim É" B œ " BÄ_ cosicché un eventuale asintoto destro per f ha equazione della forma C œ B ; . Poiché inoltre lim fÐBÑ B œ BÄ_ œ lim ŠÈB# B B‹†ŠÈB# B B‹ ÈB# B B BÄ_ œ œ lim ŠÈB# B ‹ B œ BÄ_ œ B œ È # Š B †É" B" ‹ B lim BÄ_ lim BÄ_ B œ ŠB†É" B" ‹ B lim BÄ_ lim BÄ_ lim BÄ_ B# BB# œ ÉB# (" B" Ñ B B œ ŠkBk†É" B" ‹ B " ŠÉ" B" ‹ " " œ # " la retta di equazione C œ B # è asintoto (obliquo) destro per f. Analogamente, ÈB# B fÐBÑ lim B œ lim B BÄ_ BÄ_ œ lim BÄ_ kBk†É" B" B œ lim œ lim ÉB# (" B" Ñ B BÄ_ BÄ_ B†É" B" B œ lim ÈB# †É" " BÄ_ œ B B œ lim É" B œ " " BÄ_ cosicché un eventuale asintoto sinistro per f ha equazione della forma C œ B ;. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 217 Poiché inoltre lim fÐBÑ B œ BÄ_ œ œ œ lim ŠÈB# B ‹ B œ BÄ_ ŠÈB# B B‹†ŠÈB# B B‹ lim ÈB# B B BÄ_ B# BB# œ BÄ_ ÉB# (" " Ñ B B BÄ_ ŠÈB# †É" " B lim B BÄ_ ŠkBk†É" " B lim œ la retta di equazione C œ B lim ‹B BÄ_ " # œ lim œ lim BÄ_ B ‹B œ B œ ŠB†É" B" ‹ B " " œ # " ŠÉ" B ‹ " è asintoto (obliquo) sinistro per f. Il grafico della funzione ÈB# B approssimativamente il seguente: (ascisse da $ a $; ordinate da $ a $) è Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 218 Esercizi Determinare gli eventuali asintoti delle seguenti funzioni ‘ Ä ‘ : B" B ; 22.3.4 fÐBÑ ³ 22.3.5 fÐBÑ ³ B$ ; 22.3.6 fÐBÑ ³ 22.3.7 fÐBÑ ³ B# " ; 22.3.8 fÐBÑ ³ 22.3.9 fÐBÑ ³ "B ; #B B# # B ; B% " ÐB#Ñ$ B# ; lnÐBÑ " B 22.3.10 fÐBÑ ³ / ; 22.3.11 fÐBÑ ³ sinÐBÑ B . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 219 23.- STUDIO DI UNA FUNZIONE 23.1 - Introduzione. Sia f una funzione ‘ Ä ‘. Studiare f significa raccogliere quante più informazioni possibili su f e sintetizzarle in un disegno approssimativo del grafico di f; per quanto riguarda le funzioni che noi avremo occasione di considerare, risultano essenziali a questo scopo le nozioni sviluppate nei capitoli da 15 a 22. Un itinerario consigliabile per lo studio della funzione f è il seguente. 1 Determinare WÐfÑ ed esprimerlo se possibile come unione I" I# á I8 di un numero finito di intervalli I4 tali che f risulta continua in ciascun I4 e derivabile in ogni punto interno di ciascun I4 (ciò naturalmente non è in generale possibile). Eventualmente, esprimere in modo più semplice la restrizione di f a ciascun I4 (ciò risulterà utile ad esempio quando nell’espressione generale di f è coinvolta la funzione “valore assoluto”Ñ. 2 Valutare se eventualmente f è una funzione pari o una funzione dispari o una funzione periodica (cfr. 15.4); in caso affermativo, sarà sufficiente studiare la restrizione di f a Ò!, _Ñ oppure ad un intervallo avente per ampiezza il periodo di f. 3 Descrivere il comportamento di f agli estremi di ciascun I4 , calcolando il limite di f per B che tende a ciascun estremo (ivi compresi, eventualmente, _ e _). Si determinano in questa occasione gli eventuali asintoti (cfr. capitolo 22). 4 Calcolando, se è il caso, la derivata e la derivata seconda di f: valutare dove f risulta crescente e dove decrescente; determinare gli eventuali punti di estremo locale per f; valutare dove f risulta convessa e dove concava; determinare gli eventuali punti di flesso per f. 5 Valutare per quali valori di B risulti fÐBÑ ! e per quali invece fÐBÑ !; determinare i punti in cui il grafico di f incontra eventualmente gli assi coordinati, e determinare altri punti del grafico. 6 Tracciare infine approssimativamente il grafico di f. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 220 " 23.2 - Studio della funzione fÐBÑ ³ lnÐBÑ . Seguiamo l’itinerario consigliato in 23.1. 1 Si ha WÐfÑ œ Ð!, "Ñ Ð", _Ñ. 2 Poiché f non è definita in Ð _, !Ó, f non può essere né una funzione pari né una funzione dispari. Non c’è motivo per sospettare che f possa essere una funzione periodica. 3 Si ha " lim fÐBÑ œ lim ln(B) œ ! BÄ! BÄ! per la Ð@33Ñ del teorema 17.7.1, ricordando che lim fÐBÑ œ BÄ" lim lnÐBÑ œ _ BÄ! (cfr. 17.5.3). Inoltre, " lim œ _ BÄ" ln(B) per la Ð3BÑ del teorema 17.7.1, ricordando che lim lnÐBÑ œ lnÐ"Ñ œ ! e che in Ð!, "Ñ lnÐBÑ BÄ" non assume mai valori positivi. Analogamente, lim fÐBÑ œ BÄ" " lim ln(B) œ _ BÄ" e lim fÐBÑ œ BÄ_ lim BÄ_ " ln(B) œ !. In particolare, si è stabilita l’esistenza di un asintoto verticale (la retta di equazione B œ ") e di un asintoto orizzontale destro (l’asse delle ascisse). 4 Applicando i teoremi delle sezioni 18.6 e 18.7, si trova che " f ’ÐBÑ œ ln# (BB) e B# †ln# (B) B" †#†ln(B)† B" B# †ln(B)†Ðln(B)#Ñ ln(B)†Ðln(B)#Ñ f ”ÐBÑ œ œ œ . % ln (B) ln% (B) B# †ln% (B) Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 221 Si vede immediatamente che in tutto W(f) è f ’(B) !: per il teorema 19.3.1, f è decrescente nel proprio dominio; non ci sono punti estremanti. Il segno di f ”ÐBÑ coincide col segno di ln(B) † Ðln(B) #), dunque (come si trova con semplici calcoli) f ”ÐBÑ ! per ! B /# e per B "; i teoremi 21.2.2 e 21.3.3 ci consentono di affermare che f risulta convessa in Ð!, /# Ó, concava in Ò/# , "Ñ e convessa in Ð", _). In particolare, il punto /# è un punto di flesso per f. 5 Il segno di f(B) coincide col segno di ln(B): dunque f(B) ! in Ð!, "Ñ e f(B) ! in Ð", _). Il grafico di f non incontra gli assi coordinati. Può valer la pena di segnare il punto del grafico di coordinate Ð/, "Ñ. 6 Il grafico di " ln(B) approssimativamente questo: (ascisse da " a (; ordinate da % a %) è Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 222 23.3 - Studio della funzione fÐBÑ ³ B$ $B# . Seguiamo l’itinerario consigliato in 23.1. 1 Si ha WÐfÑ œ ‘. 2 La funzione data non è né pari né dispari; e non c’è motivo per sospettare che possa essere una funzione periodica. 3 Si ha lim fÐBÑ œ lim (B$ $B# Ñ œ lim B$ (" BÄ_ BÄ_ BÄ_ $ B Ñœ _ e lim fÐBÑ œ BÄ_ lim (B$ $B# Ñ œ BÄ_ lim B$ (" BÄ_ $ B Ñ œ _. Valutiamo l’esistenza di asintoti sinistri e destri applicando il teorema 22.1.1. Poiché lim BÄ_ fÐBÑ B$ $B# $ œ lim œ lim (B# $B) œ lim B# (" B Ñ œ _ B B BÄ_ BÄ_ BÄ_ e lim BÄ_ fÐBÑ B œ lim BÄ_ B$ $B# œ B lim (B# $B) œ BÄ_ $ lim B# (" B Ñ œ _ BÄ_ la funzione data non ha né asintoti sinistri né asintoti destri. 4 Applicando i teoremi delle sezioni 18.6 e 18.7, si trova subito che f ’ÐBÑ œ $B# 'B œ $BÐB #) e f ”ÐBÑ œ 'B '. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 223 Con semplici calcoli si ricava che: in Ð _, !Ñ è f ’(B) !; f ’(!) œ !; in Ð!, #Ñ è f ’(B) !; f ’(#) œ !; e in Ð#, _Ñ è f ’(B) !. Per il teorema 19.3.1, f risulta: crescente in Ð _, !Ñ; decrescente in Ð!, #Ñ; crescente in Ð#, _Ñ. Il punto ! è un punto di massimo locale; il punto # è un punto di minimo locale. Per quanto visto in 3 , non esistono punti di massimo né punti di minimo come definiti in 15.5. Si ha f ”ÐBÑ ! per B " e f ”ÐBÑ ! per B>"; i teoremi 21.2.2 e 21.3.3 ci consentono di affermare che f risulta concava in Ð _, ") e convessa in Ð", _). In particolare, il punto " è un punto di flesso per f. 5 Con semplici calcoli si trova che fÐBÑ ! in Ð _, !Ñ e in Ð!, $Ñ, mentre fÐBÑ ! in Ð$, _Ñ. Si ha fÐBÑ œ ! per B œ ! e per B œ $, dunque il grafico di f incontra l’asse delle ascisse nell’origine e nel punto di coordinate Ð$, !Ñ. Naturalmente, il grafico di f incontra l’asse delle ordinate nell’origine. 6 Il grafico della funzione B$ $B# (ascisse da %,& a %,&; ordinate da %,& a %,&) è approssimativamente questo: Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 224 23.4 - Studio della funzione fÐBÑ ³ sinÐBÑ cosÐBÑ. Seguiamo l’itinerario consigliato in 23.1. 1 Poiché W(sinÑ œ W(cosÑ œ ‘, è anche WÐfÑ œ ‘ (cfr. 15.1). 2 Poiché sin e cos sono funzioni periodiche di periodo #1 (cfr. esempio 15.3.5), si ha f(B #1) œ sin(B #1) cos(B #1) œ sin(B) cos(B) œ f(B) e dunque f è periodica di periodo #1. Pertanto sarà sufficiente studiare la restrizione di f a Ò!, #1Ó. 3 Si ha f(!) œ f(#1) œ ". È chiaro che non esistono asintoti. 4 f ’ÐBÑ œ cos(B) sin(B) Si ha f ”ÐBÑ œ sin(B) cos(B) œ f(B). e Per studiare il segno di f ’ÐBÑ e f ”ÐBÑ, conviene considerare l’andamento di sin(B) e cos(B) in Ò!, #1Ó. Si vede facilmente che: in Ð!, 1 % Ñ è cos(B) sin(B) ! e dunque f ’ÐBÑ !, f ”ÐBÑ !; sinÐ 1% Ñ œ cosÐ 1% Ñ œ in Ð 1% , 1 # È# # ; Ñ è sin(B) cos(B) ! e dunque f ’ÐBÑ !, f ”ÐBÑ !; sinÐ 1# Ñ œ ", cosÐ 1# Ñ œ !; in Ð 1# , ”ÐBÑ !; $ % 1Ñ è sin(B) ! cos(B) e sin(B) ± cos(B) ± , cosicché f ’ÐBÑ !, f sinÐ $% 1Ñ œ È# # , cosÐ $% 1Ñ œ È# # ; in Ð $% 1, 1Ñ è sin(B) ! cos(B) e sin(B) ± cos(B) ± , cosicché f ’ÐBÑ !, f ”ÐBÑ !; sin(1Ñ œ !, cos(1Ñ œ "; in Ð1, & % 1Ñ è ! sin(B) cos(B) e dunque f ’ÐBÑ !, f ”ÐBÑ !; sinÐ &% 1Ñ œ cosÐ &% 1Ñ œ È# # ; Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 225 in Ð &% 1, $ # 1Ñ è ! cos(B) sin(B) e dunque f ’ÐBÑ !, f ”ÐBÑ !; sinÐ $# 1Ñ œ ", cosÐ $# 1Ñ œ !; in Ð $# 1, ( % 1Ñ è cos(B) ! sin(B) e ± sin(B) ± cos(B), da cui f ’ÐBÑ !, f ”ÐBÑ !; sinÐ (% 1Ñ œ È# # , cosÐ (% 1Ñ œ È# # ; in Ð (% 1, #1Ñ è cos(B) ! sin(B) e ± sin(B) ± cos(B), da cui f ’ÐBÑ !, f ”ÐBÑ !; sin(!Ñ œ !, cos(!Ñ œ ". Riassumendo: f ’ÐBÑ ! (e dunque f è crescente) in Ð!, $% 1Ñ e in Ð (% 1, #1Ñ; f ’ÐBÑ ! (e dunque f è decrescente) in Ð $% 1, (% 1Ñ; f ”ÐBÑ ! (e dunque f è convessa) in Ð!, 1% Ñ e in Ð &% 1, #1Ñ; f ”ÐBÑ ! (e dunque f è concava) in Ð 1% , &% 1Ñ. È chiaro a questo punto che $% 1 è un punto di massimo, (% 1 è un punto di minimo, 1% e &% 1 sono punti di flesso. 5 Poiché f ”ÐBÑ œ f(B), possiamo sfruttare la discussione del punto precedente per determinare il segno di f(B) e per stabilire le intersezioni del grafico con gli assi coordinati. Nell’intervallo che stiamo studiando, si ha: fÐBÑ ! in Ð!, 1% Ñ; fÐBÑ ! in Ð 1% , %& 1Ñ; fÐBÑ ! in Ð &% 1, #1Ñ. Inoltre: f(!) œ "; fÐBÑ œ ! per B ³ 1% e per B ³ %& 1. 6 Il grafico della funzione sin(B) cos(B) (ascisse da ! a #1; ordinate da # a #) è approssimativamente questo: Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 226 23.5 - Studio della funzione fÐBÑ ³ B†±B±" ±B"± . Seguiamo l’itinerario consigliato in 23.1. 1 Si ha WÐfÑ œ Ð _, !Ó Ò!, "Ñ Ð", _Ñ. Si noti la scelta di individuare WÐfÑ come unione di tre intervalli anziché di due. All’interno di ciascuno dei tre intervalli considerati f è senz’altro derivabile per i risultati del capitolo 18. Inoltre si ha: fÐBÑ œ B# " B" in Ð _, !Ó; fÐBÑ œ B " in Ò!, "Ñ; fÐBÑ œ B " in Ð", _Ñ; e ciascuna di queste tre funzioni è relativamente semplice da studiare (in particolare, il grafico di f in Ò!, "Ñ e in Ð", _Ñ è costituito da porzioni di rette e quindi può essere immediatamente disegnato senza ulteriori calcoli). Si noti che f è derivabile anche in !; ma per affermare ciò si deve effettuare il calcolo diretto del rapporto incrementale in ! della f. 2 La f non è pari né dispari; né c’è motivo per sospettare che possa essere una funzione periodica. 3 Si ha lim fÐBÑ œ BÄ_ lim BÄ_ B# " B" œ lim BÄ_ B B" " B" œ _ e lim fÐBÑ œ f(!) œ " . BÄ! Inoltre, lim fÐBÑ œ lim Ð B ") œ # BÄ" BÄ" e lim fÐBÑ œ BÄ_ lim (B ") œ _, BÄ_ ma questi ultimi due limiti non rivestono interesse perché, come si è già osservato, non ci sono problemi per disegnare il grafico di f in Ò!, "Ñ Ð", _Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 227 È chiaro che la retta di equazione C œ B " è un asintoto destro per f, venendo addirittura a coincidere, per B ", col grafico di f. Valutiamo l’esistenza di un asintoto sinistro applicando il teorema 22.1.1. Poiché fÐBÑ œ B lim BÄ_ lim BÄ _ B# " B(B") œ lim BÄ_ " B"# " B" œ " e lim (fÐBÑ B) œ BÄ_ œ lim BÄ_ lim Œ B" B œ BÄ_ B# "B(B") œ B" B# " B" lim œ ", BÄ_ B" la retta di equazione C œ B " è anche asintoto sinistro per f. 4 Per valutare dove f risulta crescente e dove decrescente, determinare gli eventuali punti di estremo locale per f, valutare dove f risulta convessa e dove concava, determinare gli eventuali punti di flesso per f, consideriamo soltanto la restrizione di f a Ð _, !Ó; infatti, come si è già osservato, non ci sono problemi per disegnare il grafico in Ò!, "Ñ Ð", _Ñ. Applicando i teoremi della sezione 18.6, si trova subito che in Ð _, !Ó è f ’ÐBÑ œ f ”ÐBÑ œ e #B(B")(B# "Ñ B# #B" œ # (B") (B")# (#B#)(B")# (B# #B")#(B") % œ (B")$ . (B")% Con semplici calcoli si ricava che: in Ð _, " È# Ñ è f ’(B) !; f ’(" È# Ñ œ !; in Ð" È# , !Ñ è f ’(B) !. Per il teorema 19.3.1, f risulta crescente in Ð _, " È# Ñ e decrescente in Ð" È# , !Ñ; il punto " È# è un punto di massimo locale. Per quanto visto in 3 , non esistono punti di massimo né punti di minimo come definiti in 15.5. In Ð _, !Ó si ha f ”ÐBÑ !; per il teorema 21.3.2, in Ð _, !Ó f risulta concava. 5 Con semplici calcoli si trova che fÐBÑ ! in Ð _, "Ñ, mentre fÐBÑ ! in Ð", _Ñ. Non è mai fÐBÑ œ !, dunque il grafico di f non incontra l’asse delle ascisse; poiché f(!) œ ", il grafico di f incontra l’asse delle ordinate nel punto di coordinate Ð!, "Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 228 6 Il grafico della funzione B†kBk" kB"k %,&) è approssimativamente questo: (ascisse da %,& a %,&; ordinate da %,& a Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 229 24.- PRIMITIVE 24.1 - Generalità. Sia f : ‘ Ä ‘ una funzione. Si dice primitiva di f una funzione derivabile F! : ‘ Ä ‘ la cui funzione derivata F!’ (cfr. 18.5) coincida con f. Sia I § ‘, e sia f : ‘ Ä ‘ una funzione tale che I § WÐfÑ. Si dice primitiva di f in I una funzione derivabile F! : I Ä ‘ la cui funzione derivata F!’ (cfr. 18.5) coincida con la restrizione di f ad I (cfr. 4.5). Esempio 24.1.1 " La funzione lnÐBÑ è una primitiva della funzione B in Ð!, _Ñ; la funzione lnÐ BÑ è " una primitiva della funzione B in Ð _, !Ñ; la funzione lnÐ ± B ± Ñ è una primitiva della " funzione B . Data una funzione f : ‘ Ä ‘, esiste sempre una primitiva di f? Se esiste una primitiva di f, ne esiste una sola? La risposta è “no” per entrambe le domande. Si dimostra infatti che una funzione derivata non può avere singolarità eliminabili; qualsiasi funzione che abbia singolarità eliminabili non ha pertanto primitiva. Inoltre, data una primitiva F! di una funzione è facile trovarne infinite altre: basta sommare a F! una qualsiasi funzione costante; infatti, se - è una funzione costante si ha ÐF! -Ñ’ œ F!’ - ’ œ F!’ per il teorema 18.6.1 e l’esempio 18.2.3. Teorema 24.1.2 Sia f una funzione ‘ Ä ‘. Se f è continua in un intervallo I, esiste una primitiva di f in I. Dimostrazione Questo risultato verrà dimostrato col teorema 25.6.1. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 230 Osservazione 24.1.3 La condizione di continuità espressa dal teorema 24.1.2 è sufficiente ma non necessaria per l’esistenza di una primitiva. La funzione f definita ponendo: # B sin ˆ B" ‰ cos ˆ B" ‰ se B Á ! fÐBÑ ³ œ ! se B œ ! non è continua in ! (non esiste nemmeno il lim fÐBÑÑ ma ammette come primitiva la B# † sin ˆ B" ‰ ! BÄ! FÐBÑ ³ œ se B Á ! se B œ ! Teorema 24.1.4 Sia I § ‘, sia f : ‘ Ä ‘ una funzione tale che I § WÐfÑ e sia F! una primitiva di f in I. Le primitive di f in I sono tutte e sole le funzioni I Ä ‘ che si possono scrivere nella forma F! F‡ con F‡ − ·ÐIÑ e F‡’ œ !. Dimostrazione Sia c l’insieme delle primitive di f in I, e sia Y l’insieme delle funzioni I Ä ‘ che si possono scrivere nella forma F! F‡ con F‡ − ·ÐIÑ e F‡’ œ !. Dobbiamo provare che c œ Y . È immediato che Y © c . Infatti, se g − Y è g œ F! F‡ con F‡ − ·ÐIÑ e F‡’ œ !; allora g ’ œ (F! F‡ Ñ’ œ F!’ F‡’ œ f ! œ f cosicché g − c . Viceversa, è anche c © Y . Infatti, se g − c è g œ F! (g F! Ñ con g F! − ·ÐIÑ (perché g − ·ÐIÑ e F! − ·ÐIÑÑ e (g F! Ñ’ œ g ’ F!’ œ f f œ !. Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali e sia f : ‘ Ä ‘ una funzione definita in Ò+, ,Ó. Una funzione F! continua in Ò+, ,Ó la cui restrizione ad (+, ,Ñ sia una primitiva della restrizione di f ad Ð+, ,Ñ si dice primitiva di f in Ò+, ,Ó. Analogamente si definiscono le “primitive” per una funzione in intervalli della forma Ð+, ,Ó, Ò+, ,Ñ, Ð _, ,Ó oppure Ò+, _Ñ con +, , − ‘. Teorema 24.1.5 Sia I un intervallo di numeri reali, sia f : ‘ Ä ‘ una funzione definita in I e sia F! una primitiva di f in I. Le primitive di f in I sono tutte e sole le funzioni ‘ Ä ‘ che si possono scrivere nella forma F! - con - − ‘. Dimostrazione Sia F! una primitiva di f in I. Per ogni - − ‘ è ÐF! -Ñ’ œ F!’ œ f (cfr. teorema 18.6.1 ed esempio 18.2.3), e dunque F! - è anch’essa una primitiva di f in I. Se poi F" è una qualsiasi primitiva di f in I, allora per ogni B interno ad I si ha ÐF! F" Ñ’ÐBÑ œ F!’ ÐBÑ F"’ ÐBÑ œ fÐBÑ fÐBÑ œ ! cosicché F! F" è una funzione costante in I per il teorema 18.2.5: dunque esiste - − ‘ tale che F! F" œ - , ossia F! œ F" - come si voleva. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 231 Sia I § ‘, e sia f : ‘ Ä ‘ una funzione tale che I § WÐfÑ. L’insieme di tutte le primitive di f in I si indica con la scrittura ' fÐBÑ dB o, più brevemente, con 'f. e si dice, talvolta, integrale indefinito di f (in IÑ. Si noti che questa notazione non evidenzia l’insieme I; inoltre la parola “integrale” induce facilmente confusione con la teoria dell’integrazione (alla quale accenneremo nel capitolo 25), collegabile sotto opportune ipotesi al problema della ricerca delle primitive (cfr. teorema 25.6.1) ma ben distinta da esso. Noi ci adegueremo al simbolo ' , ormai troppo diffuso perché lo si possa combattere, ma eviteremo sempre di usare l’espressione “integrale indefinito”. Esempio 24.1.6 Se I œ Ð!, _Ñ, ' nella forma " B dB è l’insieme delle funzioni definite in I che si possono scrivere lnÐBÑ - con - − ‘; ' " dB œ lnÐBÑ - . B ciò si esprime scrivendo Se I œ Ð _, !Ñ, ' nella forma " B dB è l’insieme delle funzioni definite in I che si possono scrivere lnÐ BÑ - con - − ‘; ciò si esprime scrivendo ' " dB œ lnÐ BÑ - . B Osservazione 24.1.7 Si noti che, benché lnÐ ± B ± Ñ sia (come si è già osservato in 24.1.1) una primitiva di ' " dB œ lnÐ ± B ± Ñ - . ‘\Ö!×, non si può scrivere B " B in Infatti la funzione f definita ponendo: fÐBÑ ³ œ è una primitiva di " B lnÐ BÑ " lnÐBÑ # se B − Ð _, !Ñ se B − Ð!, _Ñ in ‘\Ö!×, ma non differisce da lnÐ ± B ± Ñ per una funzione costante. Nel seguito di questo capitolo supporremo fissato un insieme I § ‘ e col termine “primitiva” intenderemo sempre “primitiva in I”. Ci farà anche comodo la seguente notazione: se A, B sono insiemi di funzioni ‘ Ä ‘, - − ‘ e f è una funzione ‘ Ä ‘, indicheremo con A B l’insieme delle funzioni ‘ Ä ‘ che si possono scrivere nella forma a b con a − A e b − B; indicheremo con -A l’insieme delle funzioni ‘ Ä ‘ che si possono scrivere nella forma -a con a − A; e indicheremo con f A l’insieme delle funzioni ‘ Ä ‘ che si possono scrivere nella forma f a con a − A. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 232 24.2 - Ricerca di primitive. Per la ricerca di primitive si possono utilizzare “alla rovescia” le informazioni raccolte nel capitolo 18 (e particolarmente nelle sezioni 18.2, 18.6, 18.7 e 18.8) sulle derivate delle funzioni elementari e di quelle che si possono ottenere da esse mediante somma, prodotto, quoziente, elevamento a potenza e composizione. Si ha così che: una primitiva della funzione costante uguale a zero è una funzione costante qualsiasi; una primitiva della funzione B8 è la funzione veda l’esempio 24.1.1); " 8" B8" (se 8 Á "; altrimenti si una primitiva della funzione sinÐBÑ è la funzione cosÐBÑ; una primitiva della funzione cosÐBÑ è la funzione sinÐBÑ; una primitiva della funzione /B è la funzione /B stessa; ecc., ecc.. Lo studente che si fosse costruito una “tabella” con le derivate delle funzioni elementari è invitato a dedurne una con primitive delle stesse funzioni (ma per, ad es., una primitiva della funzione lnÐBÑ, si veda 24.3.4; per una primitiva della funzione tgÐBÑ, si veda 24.4.5). Dal teorema 18.6.2 si ottiene poi il Teorema 24.2.1 Siano f, g funzioni I Ä ‘ che ammettono primitiva, e sia - − ‘. Allora anche f g e -f ammettono primitiva, e si ha ' (f g) œ ' f ' g ' ( - f) œ - ' f . e Dimostrazione Per provare che ' (f g) œ ' f ' g, si devono dimostrare le due inclusioni ' ( f g) © ' f ' g e ' f ' g © ' (f g). Sia h − ' (f g); scelto F! − ' f, è h œ F! (h F! Ñ e si tratta di verificare che h F! − ' g: in effetti, (h F! Ñ’ œ h’ F!’ œ f g f œ g. Siano ora F! − ' f e ’ ’ (F! G! Ñ’ œ F! G! œ f g. G! − ' g; Analogamente si prova che ' (-f) œ -' f. allora F! G! − ' (f g) perché Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 233 24.3 - Ricerca di primitive “per parti”. Teorema 24.3.1 Siano f, g funzioni I Ä ‘, e sia F! una primitiva di f. Se F! g ’ ammette una primitiva, anche fg ammette una primitiva, e si ha ' fg œ F! g ' F! g ’. Dimostrazione Si devono provare le due inclusioni ' fg © F! g ' F! g ’ e F! g ' F! g ’ © ' fg. Sia h − ' fg; allora h œ F! g (F! g h), e si tratta di verificare che F! g h − ' F! g ’. In effetti, ricordando 18.6.2 e 18.6.4 si ha ÐF! g hÑ’ œ ÐF! gÑ’ h’ œ F!’ g F! g ’ fg œ fg F! g ’ fg œ F! g ’ perché F!’ œ f e h’ œ fg. Viceversa, sia k − ' F! g ’; si tratta di verificare che F! g k − ' fg. In effetti, ricordando 18.6.2 e 18.6.4 si ha ÐF! g kÑ’ œ ÐF! gÑ’ k’ œ F!’ g F! g ’ F! g ’ œ F!’ g œ fg poiché k’ œ F! g ’ e F!’ œ f. In pratica, il teorema 24.3.1 riconduce la ricerca di una primitiva del prodotto fg alla ricerca di primitive di f e di F! g ’ (essendo F! una primitiva di fÑ; è chiaro che tale teorema non risolve quindi in generale il problema di determinare una primitiva del prodotto fg conoscendo una primitiva di f e una primitiva di g. In effetti non è detto in generale che un prodotto di funzioni elementari abbia una primitiva esprimibile mediante somme, prodotti, quozienti, potenze, ecc. di funzioni elementari. Nel seguito di questi appunti, quando ci sarà occasione di applicare il teorema 24.3.1 useremo la seguente notazione: porremo una freccetta Å rivolta verso l’alto sopra quello dei due fattori del quale si va a considerare una primitiva, e porremo una freccetta Æ rivolta verso il basso sotto quello del quale invece si va a considerare la derivata. Scriveremo cioè, se F! è una primitiva di f, Å ' f g œ F! g ' F! g ’. Æ Esempio 24.3.2 Sia I œ ‘. Si ha Å ' B cosÐBÑ dB œ B sinÐBÑ ' sinÐBÑ dB œ BsinÐBÑ Ð cosÐBÑÑ - œ B sinÐBÑ cosÐBÑ - . Æ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 234 Esempio 24.3.3 Sia I œ ‘. Si ha Å ' B /B œ B /B ' /B dB œ B /B /B - œ /B ÐB "Ñ - . Æ Esempio 24.3.4 (quasi un gioco di prestigio!Ñ Sia I œ ‘ . Si ha Å ' lnÐBÑ dB œ ' lnÐBÑ † " dB œ B lnÐBÑ ' B † " dB œ B Æ œ B lnÐBÑ ' " dB œ B lnÐBÑ B - œ B † ÐlnÐBÑ "Ñ - . Esempio 24.3.5 Sia I œ ‘. Si ha Å ' /B cosÐBÑ dB œ /B sinÐBÑ ' /B sinÐBÑ dB Æ e analogamente Å ' /B sinÐBÑ dB œ /B Ð cosÐBÑÑ ' /B Ð cosÐBÑÑ dB œ /B cosÐBÑ ' /B cosÐBÑ dB. Æ Sia c una primitiva di /B cosÐBÑ : si è dunque trovato che c œ /B sinÐBÑ /B cosÐBÑ Ðc -" Ñ con -" − ‘; ne segue #c œ /B sinÐBÑ /B cosÐBÑ -" da cui infine, posto - ³ "# -" , cœ " # /B ÐsinÐBÑ cosÐBÑÑ - . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 235 24.4 - Ricerca di primitive per sostituzione. Teorema 24.4.1 Siano f, g funzioni I Ä ‘ con g derivabile in I, e sia F! una primitiva di f. Allora F! ‰ g è una primitiva di Ðf ‰ gÑ † g ’, ossia F! ÐgÐBÑÑ − ' fÐgÐBÑÑg ’ÐBÑ dB. Dimostrazione Si tratta di dimostrare che la derivata (rispetto a B) di F! ‰ g è Ðf ‰ gÑ † g ’; ma ciò segue subito dal teorema 18.7.1. In pratica, per applicare il teorema 24.4.1 si procede come segue (e si dice che si opera “per sostituzione”Ñ: Si pone > ³ gÐBÑ; quale artificio mnemonico, si scrive di conseguenza d> œ g ’ÐBÑ dB dgÐBÑ d> (si ricordi la notazione “storica” della derivata, per la quale g ’ÐBÑ œ dB œ dB Ñ. Allora ' fÐgÐBÑÑg ’ÐBÑ dB diventa ' fÐ>Ñ d>; si giunge così a considerare una primitiva F! Ð>Ñ di f, e sostituendo nuovamente gÐBÑ a > si ricava infine la F! ÐgÐBÑÑ. Esempio 24.4.2 ' sinÐBÑ cosÐBÑ dB Sia I œ ‘. Calcoliamo procedendo per sostituzione. Poniamo Si ottiene ' > d> œ " ># # Esercizio 24.4.3 Sia I œ ‘. Calcoliamo > ³ sinÐBÑ e scriviamo da cui, sostituendo a > nuovamente sinÐBÑ, ' sinÐBÑ cosÐBÑ dB œ " sin# ÐBÑ - . # ' sinÐBÑ cosÐBÑ dB procedendo ancora per sostituzione ma ponendo questa volta d> œ sinÐBÑ dB. Si ottiene d> œ cosÐBÑ dB. ' Ð >Ñ d> œ ' > d> œ " ># # > ³ cosÐBÑ, da cui da cui, sostituendo a > nuovamente cosÐBÑ, ' sinÐBÑ cosÐBÑ dB œ " cos# ÐBÑ - . # Questo risultato è coerente con quello trovato nell’esempio 24.4.2 ? Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 236 Esempio 24.4.4 Sia I œ Ò&, _Ñ. Calcoliamo ' B † ÈB & dB Poniamo > ³ ÈB & e scriviamo d> œ procedendo per sostituzione. " dB Ðda cui dB œ #> d>Ñ. È #† B& Inoltre, B œ ># &. Si è così ricondotti a calcolare ' Ð># &Ñ † > † Ð#> d>Ñ ' Ð#>% "!># Ñ d> œ #' >% d> "!' ># d> œ ossia da cui, sostituendo a > nuovamente ÈB & , ' B † È B & dB œ # & ÈÐB &Ñ& Esempio 24.4.5 Sia I œ Ð 1# , 1 # Ñ. Calcoliamo ' tg ÐBÑ dB Š œ "! $ # & &> "! $ $ > - ÈÐB &Ñ$ - . sinÐBÑ ' cos dB‹ ÐBÑ procedendo per sostituzione. Poniamo > ³ cosÐBÑ e scriviamo d> œ sinÐBÑ dB. Ci si riconduce così al calcolo in Ð!, "Ñ di ' >" d> œ lnÐ>Ñ - . da cui, sostituendo nuovamente cosÐBÑ œ >, Allo stesso modo si trova, per I œ Ð 1# , $ # ' tgÐBÑ dB œ lnÐcosÐBÑÑ c. 1Ñ, ' tgÐBÑ dB œ lnÐ cosÐBÑÑ c. Teorema 24.4.6 ln akgÐBÑkb − ' g(B) dB Sia g una funzione I Ä ‘ derivabile in I. Allora g ’ÐBÑ e (se 8 Á ") " ' g ’ÐBÑ8 dB. 8" − Ðg(B)Ñ ("8)ag(B)b Dimostrazione Basta procedere per sostituzione, ponendo > ³ g(B). Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 237 24.5 - Esempi ed esercizi sulla ricerca di primitive. Esempio 24.5.1 Sia I œ Ð", _Ñ. Si ha ' Å " dB œ ' lnÐlnÐBÑÑ † B" dB œ lnÐlnÐBÑÑ † lnÐBÑ ' lnÐBÑ † B" † lnÐBÑ dB œ Æ " ' œ lnÐlnÐBÑÑ † lnÐBÑ B dB œ lnÐlnÐBÑÑ † lnÐBÑ lnÐBÑ - œ lnÐBÑ † ÐlnÐlnÐBÑÑ "Ñ - . lnÐlnÐBÑÑ B Esempio 24.5.2 Sia I œ Ð!, _Ñ. Si ha Å ' cosÐlnÐBÑÑ dB œ ' " † cosÐlnÐBÑÑ dB œ Æ " ' œ B † cosÐlnÐBÑÑ B † Ð sinÐlnÐBÑÑÑ † B dB œ B † cosÐlnÐBÑÑ ' sinÐlnÐBÑÑÑ dB. Analogamente, Å ' sinÐlnÐBÑÑ dB œ ' " † sinÐlnÐBÑÑ dB œ B † sinÐlnÐBÑÑ ' B † cosÐlnÐBÑÑÑ † Æ œ B † sinÐlnÐBÑÑ ' cosÐlnÐBÑÑÑ dB. " B dB œ Sia c una primitiva di cosÐlnÐBÑÑ : si è dunque trovato che c œ B † cosÐlnÐBÑÑ B † sinÐlnÐBÑÑ Ðc -" Ñ con -" − ‘; ne segue #c œ B † cosÐlnÐBÑÑ B † sinÐlnÐBÑÑ -" da cui infine, posto - ³ "# -" , cœ " # B ÐsinÐlnÐBÑÑ cosÐlnÐBÑÑÑ - . Esempio 24.5.3 Sia I œ ‘. Si ha Å ' sin# ÐBÑ dB œ ' sinÐBÑ † sinÐBÑ dB œ sinÐBÑ † cosÐBÑ ' cos# ÐBÑ dB œ Æ œ sinÐBÑ † cosÐBÑ ' Ð" sin# ÐBÑÑ dB œ œ sinÐBÑ † cosÐBÑ ' " dB ' sin# ÐBÑ dB œ sinÐBÑ † cosÐBÑ B ' sin#ÐBÑ dB. Sia c una primitiva di sin# ÐBÑ : si è dunque trovato che c œ sinÐBÑ † cosÐBÑ B Ðc -" Ñ con -" − ‘; ne segue #c œ sinÐBÑ † cosÐBÑ B -" da cui infine, posto - ³ "# -" , cœ " # ÐB sinÐBÑcosÐBÑÑ - . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 238 Esempio 24.5.4 Sia I œ ‘. Si ha ' cos# ÐBÑ dB œ ' Ð" sin# ÐBÑÑ dB œ ' " dB ' sin# ÐBÑ dB œ œ B "# ÐB sinÐBÑcosÐBÑÑ - œ "# ÐB sinÐBÑcosÐBÑÑ - . Esempio 24.5.5 ' Ð&B $Ñ#( dB Sia I œ ‘. Calcoliamo Poniamo > ³ &B $ e scriviamo da cui dB œ " & procedendo per sostituzione. d> œ & dB d>. Ci si riconduce così al calcolo di " & ' >#( d> œ " & † " #) #) > - da cui, sostituendo a > nuovamente &B $, ' Ð&B $Ñ#( dB œ Esempio 24.5.6 ' cos$ ÐBÑ dB Sia I œ ‘. Calcoliamo " "%! Ð&B $Ñ#) - . procedendo per sostituzione. Scriviamo innanzitutto ' cos$ ÐBÑ dB œ ' cosÐBÑ † cos# ÐBÑ dB œ ' cosÐBÑ † Ð" sin# ÐBÑÑ dB. Poniamo > ³ sinÐBÑ e scriviamo d> œ cosÐBÑ dB. Ci si riconduce così al calcolo di ' Ð" ># Ñ d> œ > " >$ $ da cui, sostituendo a > nuovamente sinÐBÑ, ' cos$ ÐBÑ dB œ sinÐBÑ " sin$ ÐBÑ - . $ Esercizio 24.5.7 Sia I œ ‘. Si calcoli ' cos$ ÐBÑ dB procedendo per parti. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 239 Esempio 24.5.8 ' $ È" $ sinÐBÑ † cosÐBÑ dB Sia I œ ‘. Calcoliamo procedendo per sostituzione. Poniamo > ³ " $ sinÐBÑ e scriviamod> œ $ cosÐBÑ dB. Poiché ' $ È" $ sinÐBÑ † cosÐBÑ dB œ ci si riconduce al calcolo di " $ " $ ' $ È" $ sinÐBÑ † $cosÐBÑ dB ' > "$ d> œ " Ð $ > %$ Ñ - œ " > %$ $ % % da cui, sostituendo a > nuovamente " $ sinÐBÑ, ' $ È" $ sinÐBÑ † cosÐBÑ dB œ Esempio 24.5.9 ' Sia I œ Ð 1# , 1# Ñ. Calcoliamo Poniamo > ³ cosÐBÑ e scriviamo ' " $È Ð" % sinÐBÑ ÈcosÐBÑ dB $ sinÐBÑÑ% - . procedendo per sostituzione. d> œ sinÐBÑ dB. Ci si riconduce così al calcolo di " È> dt œ ' > # dt œ # > # - œ #È> " ' " da cui, sostituendo a > nuovamente cosÐBÑ, Esercizi 24.5.10 Calcolare 24.5.12 Calcolare 24.5.14 Calcolare ' sinÐBÑ È ÈcosÐBÑ dB œ # cosÐBÑ - . B# &B" dB . ÈB ' ÈB lnÐBÑ dB . ' B È"B# dB. 24.5.11 24.5.13 Calcolare ' ± B ± dB. Calcolare ' B% #B# " dB. B Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 240 24.6 - Una primitiva per le funzioni razionali. Siano a(B), b(B) due polinomi a coefficienti reali nell’indeterminata B; in questa sezione descriviamo un algoritmo che consente (purché si riesca ad effettuare la fattorizzazione di cui al terzo passo!Ñ di ottenere una primitiva della funzione Гrazionale”Ñ a(B) b(B) . Notiamo che in generale le primitive di una stessa funzione razionale non differiscono fra loro per una costante (cfr. esempio 24.1.6). Primo passo a(B) Stiamo considerando una funzione razionale b(B) , con a(B) e b(B) polinomi a coefficienti reali nell’indeterminata B. Se il grado di a(B) è maggiore o uguale del grado di b(B), si effettua la divisione euclidea in modo da ottenere due polinomi q(B) e r(B) tali che a(B) œ q(B)b(B) r(B) col grado di r(B) minore del grado di b(B); cosicché a(B) q(B)b(B)r(B) r(B) œ q(B) b(B) b(B) œ b(B) col grado di r(B) minore del grado di b(B). a(B) Per il teorema 24.2.1, una primitiva di b(B) si ottiene sommando una primitiva di r(B) q(B) e una primitiva di b(B) . Sappiamo (essenzialmente grazie ancora al teorema 24.2.1) come ottenere tutte le primitive della funzione polinomiale q(B). Nei passi successivi vedremo r(B) come ottenere una primitiva per la funzione razionale b(B) , nella quale il grado di r(B) è minore del grado di b(B). Se il grado di a(B) è già in partenza strettamente minore del grado di b(B), si pone r(B) ³ a(B) e si procede secondo i passi successivi. Esempio 24.6.1 Sia data la funzione razionale %B' 'B& "$B% "%B$ "'B# *B% . #B& #B% %B$ %B# #B# Effettuando la divisione euclidea tra numeratore e denominatore, la possiamo scrivere come $B% #B$ )B# $B# Ð#B "Ñ #B& #B% %B$ %B# #B# . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 241 Secondo passo r(B) Stiamo ora considerando una funzione razionale b(B) , nella quale il grado di r(B) è minore del grado di b(B). Se il coefficiente del termine di grado massimo di b(B) è !, possiamo scrivere b(B) œ !b" (B) con b" (B) polinomio nel quale il coefficiente del termine di grado massimo è "; sarà allora r(B) r(B) " r(B) b(B) œ ! b" (B) œ ! b" (B) e infine, per il teorema 24.2.1, ' r(B) " b(B) dB œ ! ' r(B) b" (B) dB. r(B) Dunque nel seguito descriveremo come trovare una primitiva per la funzione razionale b (B) " nella quale il polinomio b" (B) ha il coefficiente del termine di grado massimo uguale a ". Esempio 24.6.2 Data la funzione razionale $B% #B$ )B# $B# #B& #B% %B$ %B# #B# si ha , #B& #B% %B$ %B# #B # œ #(B& B% #B$ #B# B ") ' $B% #B$ )B# $B# #B& #B% %B$ %B# #B# " dB œ # ' e dunque $B% #B$ )B# $B# B& B% #B$ #B# B" dB. Terzo passo r(B) Stiamo ora considerando una funzione razionale b (B) , nella quale il grado di r(B) è minore " del grado di b" (B), e il coefficiente del termine di grado massimo in b" (B) è ". Fattorizziamo b" (B) scrivendolo come prodotto di polinomi irriducibili: si può dimostrare che tali polinomi irriducibili sono tutti di primo o secondo grado e hanno ciascuno il coefficiente del termine di grado massimo uguale a ". Sarà dunque ÐæÑ b" (B) œ (B +" Ñ8" † á † (B += Ñ8= † (B# :"B ;" Ñ7" † á † (B# :>B ;>Ñ7> . Notiamo esplicitamente che questa fattorizzazione esiste certamente (lo si può dimostrare) ma non conosciamo un algoritmo per ottenerla. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 242 Esempio 24.6.3 Sia b" (B) ³ B& B% #B$ #B# B " . Poiché b" (") œ ! (la scelta del valore " come possibile radice del polinomio può essere suggerita dall’intuito, oppure dalla teoria delle “equazioni reciproche”, oppure da un clamoroso colpo di fortuna), si ha che b" (B) è divisibile per B ". Effettuando la divisione, si ottiene che b" (B) œ (B ")(B% #B# ") ed è % # # # # facile riconoscere che B #B " œ (B ") con B " irriducibile. Dunque si ottiene la fattorizzazione b" (B) œ (B ")(B# ")# . Quarto passo r(B) Stiamo ancora considerando una funzione razionale b (B) , nella quale il grado di r(B) è " minore del grado di b" (B), e il coefficiente del termine di grado massimo in b" (B) è ". r(B) Si scrive ora b (B) come somma di particolari funzioni razionali nel modo seguente: " per ogni fattore di primo grado (B +) che compare (con esponente 8) nella fattorizzazione ÐæÑ che abbiamo trovato per b" (B) nel terzo passo, si considerano 8 addendi della forma A" B+ , A# (B+)# , á , A8 (B+)8 con A" , A# , á , A8 numeri reali; per ogni fattore di secondo grado (B# :B ; ) che compare (con esponente 8) nella fattorizzazione ÐæÑ che abbiamo trovato per b" (B) nel terzo passo, si considerano 8 addendi della forma B" BC" B# :B; , B# BC# (B# :B; )# , á , B8 BC8 (B# :B; )8 con B" , B# , á , B8 , C" , C# , á , C8 numeri reali. I numeri A3 , B4 , C5 si determinano come segue: si scrive esplicitamente la somma di r(B) tutti gli addendi come sopra considerati (che deve uguagliare b (B) Ñ; si riducono gli addendi " allo stesso denominatore b" (B); si esegue la somma degli addendi effettuando gli opportuni calcoli al numeratore, semplificando, e ordinando il numeratore così ottenuto secondo le potenze decrescenti della B; si impone che il numeratore abbia ordinatamente gli stessi coefficienti di r(B): ciò dà luogo a un sistema lineare, che si risolve con le tecniche viste nel capitolo 20. Si può dimostrare che tale sistema lineare ha sempre esattamente una soluzione. r(B) Per il teorema 24.2.1, potremo ottenere una primitiva di b (B) , e quindi poi una " a(B) primitiva di b(B) , se saremo in grado di determinare una primitiva per le funzioni A8 (B+)8 e B8 BC8 (B# :B; )8 (quando il trinomio B# :B ; è irriducibile). È a questo problema che ci dedicheremo nel resto di questa sezione. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 243 Esempio 24.6.4 Applichiamo il procedimento descritto nel “quarto passo” alla funzione razionale $B% #B$ )B# $B# B& B% #B$ #B# B# sapendo che (come si è visto nell’esempio 24.6.3) B& B% #B$ #B# B # œ (B ")(B# ")# . Dobbiamo cercare dei numeri reali A, B, C, D, E in modo che sia $B% #B$ )B# $B# A BBC DBE B& B% #B$ #B# B# œ B" B# " (B# ")# . Si ha A(B# ")# (BBC)(B")(B# ")(DBE)(B") A BBC DBE œ œ B" B# " (B# ")# (B")(B# ")# œ (AB) B% ÐBC) B$ (#ABCD) B# ÐBCDE) B(ACE) B& B% #B$ #B# B# cosicché deve essere Ð! Ñ Ú ABœ$ Ý Ý Ý Ý BCœ # Û #A B C D œ ) Ý Ý Ý Ý BCDEœ $ ÜA C E œ # e siamo ricondotti a risolvere il sistema lineare Ð! Ñ nelle incognite A, B, C, D, E. La sua matrice Î" Ð ! Ð Ð # Ð ! Ï" " " " " ! ! " " " " ! ! " " ! ! ! ! " " $ Ñ # Ó Ó ) Ó Ó $ # Ò si riduce mediante le seguenti operazioni elementari sulle righe R" , R# , R$ , R% , R& : R$ ³ R$ #R" ; R& ³ R& R" ; R% ³ R% R$ ; R# Ç R$ ; R& ³ R& R$ R% ; ottenendo Î" Ð ! Ð Ð ! Ð ! Ï! " " " # % ! " " ! ! ! " ! ! ! ! $ Ñ ! # Ó Ó ! # Ó Ó " " ! % Ò Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 244 da cui il sistema lineare, equivalente a Ð! Ñ, Ú ABœ$ Ý Ý Ý Ý BCDœ # Û BCœ # Ý Ý Ý Ý #B E œ " Ü %B œ % e quindi, ricavando successivamente B (dall’ultima equzione), E (dalla quarta equazione), C (dalla terza equazione), D (dalla seconda equazione) e A (dalla prima equazione), B œ ", E œ ", C œ ", D œ #, Aœ# da cui infine $B% #B$ )B# $B# # B" #B" B& B% #B$ #B# B# œ B" B# " (B# ")# . , Una primitiva per la funzione razionale (B+)8 Si procede per sostituzione (cfr. sez. 24.4), ponendo , siamo così condotti a determinare una primitiva per >8 >³B+ (ossia, per ,> cosicché 8 d> œ dB ; Ñ. Si trova così che: se 8 œ ", una primitiva per la funzione razionale , B+ , è ,ln(kB +kÑ ; , se 8 Á ", una primitiva per la funzione razionale (B+)8 è ("8)(B+)8" . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 245 Esempio 24.6.5 # Cerchiamo una primitiva per la funzione razionale B" . Poniamo siamo ricondotti a calcolare ' # > d> > ³ B " , cosicché #' >" d>. ossia Poiché una primitiva di >" è lnÐk>kÑ, una primitiva per la funzione data è # † lnÐkB "kÑ. Si noti che, poiché le primitive di >" non differiscono tutte per una costante (cfr. esempio 24.1.6), non si può scrivere ' # B" œ # † lnÐkB "kÑ - . Esempio 24.6.6 ( Cerchiamo una primitiva per la funzione razionale (B$)& . Poniamo > ³ B $ , cosicché siamo ricondotti a calcolare " % % t , Poiché una primitiva di t& è ' ( >& d> ossia una primitiva per la funzione data è (' >& d>. ( % (B$)% . +B, Le primitive della funzione (B# :B; )8 quando il trinomio B# :B ; è irriducibile Osserviamo subito che, poiché B# :B ; Á ! per ogni B − ‘ (altrimenti il trinomio +B, B# :B ; non sarebbe irriducibile!Ñ, la funzione (B# :B; )8 ha per dominio ‘ e quindi (per il teorema 24.1.5) due sue primitive qualsiasi differiscono per una funzione costante. Consideriamo in primo luogo il caso in cui + Á !. Osservando che ‰ #B:ˆ #, +B, + + : œ † œ # 8 # 8 (B :B; ) # (B :B; ) œ # † (B# :B; )8 # † ˆ + + ' #B: si può scrivere +B, (B# :B; )8 dB œ +# ' + #B: (B# :B; )8 #, :‰ † " (B# :B; )8 ' dB +# † Š #, + :‹ " (B# :B; )8 dB. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 246 Al primo addendo del secondo membro si può applicare il teorema 24.4.6 (con g(B) ³ B# :B ; ), dunque siamo ricondotti a determinare le primitive di " (B# :B; )8 . ' Se invece + œ !, basta osservare che , (B# :B; )8 dB œ , ' " (B# :B; )8 dB per essere comunque ricondotti a determinare le primitive di " (B# :B; )8 . A tale scopo, si procede per sostituzione (cfr. sez. 24.4) ponendo > ³ B # d> œ dB, ># œ B# :B :% e quindi ' " (B# :B; )8 dB œ ' " # Š># Š; :% ‹‹ 8 : # , da cui d> . Poiché il trinomio B# :B ; è irriducibile, certamente si ha :# %; ! e dunque :# ; % !. Posto 7# ³ ; :# % ' , dobbiamo quindi calcolare ' " d> . a># 7# b8 A tale scopo, cominciamo col considerare il caso in cui 8 œ "; calcoliamo cioè " ># 7# d> . Si procede ancora per sostituzione, ponendo C ³ ' ' > 7 da cui > œ 7C Siamo così ricondotti a calcolare e dunque F.1 " 7# C# 7# 7 dC œ ' " " 7# (C# ") 7 dC œ 7 ' e quindi d> œ 7dC . " " C# " dC œ 7 arctg(C ) - " " > ># 7# d> œ 7 arctgŠ 7 ‹ - . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 247 B :# > In conclusione, per 8 œ ", ricordando che C œ 7 œ , si è trovato che É; :# % ' F.2 " " # B# :B; dB œ É ; : arctg % ' Vediamo infine come calcolare Î Ñ B :# Ï É; Ò :# % -. " (># 7# Ñ8 d> quando 8 è un numero naturale maggiore di ". ' Con un artificio, basato sulla “ricerca per parti” (cfr. sez. 24.3) ci ricondurremo al calcolo di e quindi, dopo 8 " passi, al calcolo di " (># 7# Ñ8" d> ' " ># 7# d> che abbiamo già risolto con la F.1. ' In effetti, si ha " (># 7# Ñ8" d> œ ' "Å † " > d> œ (># 7# Ñ8" (># 7# Ñ8" Æ > > > > œ (># 7# Ñ8" #(8 ") ' ' da cui #(8 ")7 e quindi ' " (># 7# Ñ8 # # (># 7# Ñ7# (># 7# Ñ8 d> œ # # 8 (># 7# Ñ8 d> œ 7# " # (># 7# Ñ8" d> #(8 ")7 " > (># 7# Ñ8 d> œ (># 7# Ñ8" (#8 $) > (#8$) ' d> œ #(8")7# (># 7# Ñ8" #(8")7# come si voleva ottenere. #("8)> (># 7# Ñ8 d> œ ># (># 7# Ñ8 d> œ 7 ' Œ (>> 7 Ñ œ (># 7# Ñ8" #(8 ") œ (># 7# Ñ8" #(8 ") ' ' œ (># 7# Ñ8" #(8 ") ' >† ' ' " (># 7# Ñ8 d> " (># 7# Ñ8" d> " (># 7# Ñ8" d> Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 248 ' In particolare, per 8 ³ #, si ha ' " > " (># 7# Ñ# d> œ #7# (># 7# Ñ #7# ' " ># 7# d> e quindi, tenendo conto della F.1, F.3 " > " > (># 7# Ñ# d> œ #7# Ð># 7# Ñ #7$ arctg( 7 Ñ - . ' Esempio 24.6.7 Calcoliamo B" B# " dB. Cercando di ottenere come addendo al numeratore la derivata del denominatore, scriviamo ' B" " #B# " #B " B# " œ # † B# " œ # † B# " B# " cosicché B" " B# " dB œ # ' ' Esempio 24.6.8 Calcoliamo ' ' #B B# " dB ' " " # B# " dB œ # ln(B ") arctg(B) - . #B" (B# ")# dB. ' Poiché al numeratore compare già come addendo la derivata della base del denominatore, si ha F.3 " #B" (B# ")# dB œ B œ B# " #(B# ") #B (B# ")# dB " # F.3 " (B# ")# dB œ B# arctg(B) - œ #(B# ") " # arctg(B) - . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 249 ' Esempio 24.6.9 Calcoliamo %B") (B# 'B"$)# dB. Cercando di ottenere come addendo al numeratore la derivata della base del denominatore, scriviamo %B") #B'$ (B# 'B"$)# œ # † (B# 'B"$)# œ #B' " œ # † (B# 'B"$)# ' † (B# 'B"$)# ' cosicché %B") (B# 'B"$)# dB œ # (30.4.5) œ ' #B' ' (B# 'B"$)# # B# 'B"$ ' dB ' ' " (B# 'B"$)# dB (30.4.5) " (B# 'B"$)# dB. Poniamo ora > ³ B $ , cosicché B# 'B "$ œ ># % e dB œ d>. Poiché ' si ha ' F.3 " > " > (># %)# d> œ )(># %) "' arctg( # Ñ - " B$ " B$ (B# 'B"$)# dB œ )(B# 'B"$) "' arctgŠ # ‹ - e dunque infine ' %B") " $B" $ B$ (B# 'B"$)# dB œ % † B# 'B"$ ) arctgŠ # ‹ - . œ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 250 Esempio 24.6.10 Cerchiamo una primitiva per la funzione razionale %B' 'B& "$B% "%B$ "'B# *B% . #B& #B% %B$ %B# #B# ' tenendo conto dei risultati ottenuti negli esempi precedenti. Si ha: (30.6.1) œ e ' (30.6.1) %B' 'B& "$B% "%B$ "'B# *B% dB œ #B& #B% %B$ %B# #B# ' (#B "Ñ dB ' œ B# B " # ' (30.6.1) $B% #B$ )B# $B# B& B% #B$ #B# B" dB œ $B% #B$ )B# $B# #B& #B% %B$ %B# #B# dB œ $B% #B$ )B# $B# B& B% #B$ #B# B" dB ' # B" dB ' B" B# " dB ' #B" (B# ")# dB. Per quanto visto nell’esempio 24.6.5, una primitiva per B" è # † lnÐkB "kÑ. Tenendo conto anche degli esempi 24.6.7 e 24.6.8, si può concludere che una primitiva per # $B% #B$ )B# $B# B& B% #B$ #B# B" è ossia # † lnÐkB "kÑ " # B# ln(B# ") arctg(B) #(B# ") # † lnÐkB "kÑ " # B# ln(B# ") #(B# ") " # " # arctg(B) arctg(B) e dunque una primitiva per %B' 'B& "$B% "%B$ "'B# *B% #B& #B% %B$ %B# #B# è B# B lnÐkB "kÑ % ln(B# ") %(B# ") % arctg(B). " B# " Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 251 25.- ELEMENTI DI CALCOLO INTEGRALE 25.1 - Introduzione. Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f : ‘ Ä ‘ una funzione definita su Ò+, ,Ó superiormente limitata e non negativa. Si dice trapezoide individuato da f su Ò+, ,Ó l’insieme ÖP − c di coordinate ÐB, CÑ / + Ÿ B Ÿ ,, ! Ÿ C Ÿ fÐBÑ× ossia la porzione finita di piano delimitata dalle rette di equazioni B œ +, C œ !, B œ , e dal grafico di f. Per molte questioni ha interesse determinare un numero che possa essere considerato l’area del trapezoide individuato da f su Ò+, ,Ó. Ciò è facilmente realizzabile in alcuni casi particolari, per i quali il trapezoide è una figura nota dalla geometria elementare: se f è la funzione costante uguale a -, il trapezoide individuato da f è il rettangolo di base , + e altezza -; la sua area è dunque -Ð, +Ñ; se f ³ idÒ+ß ,Ó , il trapezoide individuato da f è il trapezio di base minore +, base maggiore , e altezza , +; la sua area è dunque " # # # † Ð, + Ñ. 25.2 - La definizione di integrale per una funzione non negativa superiormente limitata. Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f : ‘ Ä ‘ una funzione definita su Ò+, ,Ó superiormente limitata e non negativa. Per ogni scelta * di un numero finito di punti B" , B# , á , B8 , tali che + B" B# á B8 , , posto B! ³ + e B8" ³ ,, siano per 3 œ !, á , 8 /3 l’estremo inferiore di f in ÒB3 , B3" Ó Ð35Ñ ; I3 l’estremo superiore di f in ÒB3 , B3" Ó Ð36Ñ ; e si ponga 5* ³ ! /3 ÐB3" B3 Ñ; 8 3œ! 5 * ³ ! I3 ÐB3" B3 Ñ. 8 3œ! 35 L’estremo inferiore esiste per la completezza di ‘, perche´ per ipotesi f è inferiormente limitata (da !). 36 L’estremo superiore esiste per la completezza di ‘, perche´ per ipotesi f è superiormente limitata. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 252 Si noti che ciascun addendo /3 ÐB3" B3 Ñ che compare nella definizione di 5* rappresenta l’area del rettangolo di base ÐB3" B3 Ñ e altezza /3 ; un tale rettangolo si può considerare “inscritto” nel trapezoide individuato da f su ÒB3 , B3" Ó e la sua area può essere vista come un’approssimazione per difetto dell’area del trapezoide. Di conseguenza 5* si può considerare un’approssimazione per difetto del numero che vogliamo definire. Analogamente, ciascun addendo I3 ÐB3" B3 Ñ che compare nella definizione di 5 * rappresenta l’area del rettangolo di base ÐB3" B3 Ñ e altezza I3 ; un tale rettangolo si può considerare “circoscritto” al trapezoide individuato da f su ÒB3 , B3" Ó e la sua area può essere vista come un’approssimazione per eccesso dell’area del trapezoide. Di conseguenza 5 * si può considerare un’approssimazione per eccesso del numero che vogliamo definire. Sia - una limitazione superiore per f in Ò+, ,Ó: allora /3 Ÿ - per ogni 3 e per ogni *; dunque 5* ³ ! /3 ÐB3" B3 Ñ Ÿ ! -ÐB3" B3 Ñ œ - † ! ÐB3" B3 Ñ œ -Ð, +Ñ 8 8 8 3œ! 3œ! 3œ! ossia l’insieme dei 5* è superiormente limitato; per la completezza di ‘, esiste sup 5* . Analogamente, poiché 5 * ! per ogni * (essendo per ipotesi f non negativa e dunque /3 ! per ogni 3), l’insieme dei 5 * è inferiormente limitato; per la completezza di ‘, esiste inf 5 * . La funzione f si dice integrabile (secondo Riemann) su Ò+, ,Ó se risulta sup 5* œ inf 5 * . In tale caso, il numero sup 5* Ð œ inf 5 * Ñ si dice integrale di f su Ò+, ,Ó (oppure integrale di f tra + e ,; i numeri reali + e , si dicono estremi di integrazione) e si indica col simbolo ' fÐBÑ dB , 'f. , o anche col simbolo + + L’integrale di f su Ò+, ,Ó viene assunto come area del trapezoide individuato da f su Ò+, ,Ó. Esempio 25.2.1 Sia - − ‘, e sia f la funzione costante uguale a -. Si verifica facilmente che f è integrabile su ogni intervallo Ò+, ,Ó § ‘, e che si ha ' - dB œ -Ð, +Ñ. , + Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 253 Esempio 25.2.2 Sia f la funzione di Dirichlet su Ò!, "Ó così definita: fÐBÑ ³ œ " # se B − se B  . La funzione f non è integrabile su Ò!, "Ó perché 5* œ " e 5 * œ # per ogni scelta * di un numero finito di punti tra ! e " (ogni intervallo ÒB3 , B3" Ó comprende infatti sia numeri razionali sia numeri irrazionali). 25.3 - Prime proprietà dell’integrale. Teorema 25.3.1 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e siano f, g funzioni ‘ Ä ‘ definite su Ò+, ,Ó, superiormente limitate e non negative. Se f e g sono integrabili su Ò+, ,Ó, anche f g lo è, e si ha ' Ðf gÑ œ ' f ' g . , , + , + + Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Teorema 25.3.2 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f una funzione ‘ Ä ‘ definita su Ò+, ,Ó, superiormente limitata e non negativa. Se f è integrabile su Ò+, ,Ó, allora Ð1Ñ comunque presi !, " − Ò+, ,Ó (con ! " ), f è integrabile su Ò!, " Ó; Ð2Ñ per ogni - − Ð+, ,Ñ si ha ' f œ ' f ' f. , + - + , - Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 254 25.4 - Estensione della definizione di integrale alle funzioni che assumono valori negativi. Teorema 25.4.1 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali. Allora Ð1Ñ ogni funzione f : ‘ Ä ‘ definita su Ò+, ,Ó e limitata si può esprimere come differenza di due funzioni definite su Ò+, ,Ó, superiormente limitate e non negative; Ð2Ñ siano g" , g# , h" , h# funzioni ‘ Ä ‘ superiormente limitate, non negative e integrabili su Ò+, ,Ó; se g" g# œ h" h# , si ha ' g" ' g# œ ' h" ' h# . , + , + , + , + Dimostrazione Proviamo la Ð1Ñ. Sia f : ‘ Ä ‘ definita su Ò+, ,Ó e limitata e sia - una limitazione inferiore per f: se - !, f è essa stessa non negativa e si può scrivere f œ f !; se invece - ! si ha f œ Ðf -Ñ Ð -Ñ con f - e - superiormente limitate e non negative. Proviamo ora la Ð2Ñ. Siano g" , g# , h" , h# funzioni ‘ Ä ‘ superiormente limitate, non negative e integrabili su Ò+, ,Ó tali che g" g# œ h" h# . Allora g" h# œ h" g# e dunque per il teorema 25.3.1 ' g" ' h# œ ' h" ' g# , + , + , + , + come si voleva. Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f : ‘ Ä ‘ una funzione definita su Ò+, ,Ó e limitata. Si dice che f è integrabile (secondo Riemann) su Ò+, ,Ó se esistono due funzioni g" , g# definite su Ò+, ,Ó, superiormente limitate e non negative, integrabili (secondo Riemann) su Ò+, ,Ó, tali che f œ g" g# ; in tale caso il numero ' g" ' g# , + , + si dice integrale di f su Ò+, ,Ó (oppure integrale di f tra + e ,Ñ e si indica col simbolo ' fÐBÑ dB , + 'f. , o anche col simbolo + Per il teorema 25.4.1, questa definizione è ben posta. Inoltre, se f è essa stessa non negativa si può porre f œ f !; perciò (cfr. esempio 25.2.1) questa definizione estende quella data nella sez. 25.2. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 255 Si dimostrano gli analoghi dei teoremi 25.3.1 e 25.3.2. Precisamente: Teorema 25.4.2 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e siano f, g funzioni ‘ Ä ‘ definite su Ò+, ,Ó e limitate. Se f e g sono integrabili su Ò+, ,Ó, anche f g lo è, e si ha ' Ðf gÑ œ ' f ' g . , , + , + + Teorema 25.4.3 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f una funzione ‘ Ä ‘ definita su Ò+, ,Ó e limitata. Se f è integrabile su Ò+, ,Ó, allora Ð1Ñ comunque presi !, " − Ò+, ,Ó (con ! " ), f è integrabile su Ò!, " Ó; Ð2Ñ per ogni - − Ð+, ,Ñ si ha 'f œ 'f 'f. , + - + , - Osservazione 25.4.4 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f una funzione ‘ Ä ‘ definita su Ò+, ,Ó e limitata. Se f è integrabile su Ò+, ,Ó, allora anche f è integrabile su Ò+, ,Ó e si ha ' Ð fÑ œ ' f. , , + + Teorema 25.4.5 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f una funzione ‘ Ä ‘ definita su Ò+, ,Ó e limitata. Sia - − ‘. Se f è integrabile su Ò+, ,Ó, allora anche -f è integrabile su Ò+, ,Ó e si ha ' Ð-fÑ œ -' f. , + , + Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Si noti comunque che in base all’osservazione 25.4.4 è sufficiente provare l’asserto per - − ‘ ; è poi chiaro che ci si riconduce subito al caso in cui f è non negativa su Ò+, ,Ó. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 256 Teorema 25.4.6 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali. Ogni funzione continua in Ò+, ,Ó è limitata e integrabile su Ò+, ,Ó. Dimostrazione Omettiamo la dimostrazione di questo teorema. Si noti che l’ipotesi di continuità in Ò+, ,Ó comporta (per il teorema di Weierstrass, 16.2.2) la limitatezza in Ò+, ,Ó. 25.5 - Estensione della definizione di integrale fra + e , al caso in cui , Ÿ +. Sia Ò!, " Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f una funzione ‘ Ä ‘ integrabile su Ò!, " Ó e limitata. Se - − Ò!, " Ó, si pone per definizione ' f œ !. - - Tale definizione è suggerita dal desiderio di estendere il teorema 25.4.3 al caso in cui - œ + oppure - œ , : dovrà infatti aversi per +, , − Ò!, " Ó (con + ,Ñ 'f œ ' f 'f œ 'f 'f. , + + , + , + , + , Siano infine +, , − Ò!, " Ó con , +. Si pone 'f ³ ' f. , + + , Anche questa definizione è suggerita dal desiderio di mantenere la validità dell’enunciato del teorema 25.4.3: dovrà infatti aversi ! œ ' f œ 'f ' f. + , + + + , In effetti, si prova facilmente che con questa nuova definizione è 'f œ 'f'f , + - + , - per ogni scelta di +, ,, - − Ò!, " Ó (e quindi anche se -  Ò+, ,ÓÑ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 257 25.6 - Il teorema fondamentale del calcolo. Sia I un intervallo di numeri reali (non escludendo che possa essere I œ ‘), sia f integrabile su ogni intervallo chiuso contenuto in I e sia - − I. Si dice funzione integrale individuata da f e - su I la funzione FÐ-Ñ ÐBÑ ³ ' fÐ>Ñ d>. B - Teorema 25.6.1 ГTeorema fondamentale del calcolo”Ñ Sia I un intervallo di numeri reali, e sia f − V Ð!Ñ ÐIÑ. Ð1Ñ Per ogni - − I, la funzione integrale individuata da f e - su I è una primitiva di f in I. Ð2Ñ Se I è un intervallo limitato e chiuso, I ³ Ò+, ,Ó, per ogni primitiva F! di f in Ò+, ,Ó si ha ' fÐBÑ dB œ F! Ð,Ñ F! Ð+Ñ. , + Dimostrazione Per il teorema 25.4.6, ha senso considerare la funzione integrale individuata da f e - su I; sia essa FÐ-Ñ . Omettiamo la dimostrazione del punto Ð1Ñ e proviamo soltanto il punto Ð2Ñ. È immediato che FÐ-Ñ Ð,Ñ FÐ-Ñ Ð+Ñ œ ' fÐ>Ñ d> ' fÐ>Ñ d> œ ' fÐ>Ñ d> ' fÐ>Ñ d> œ ' fÐ>Ñ d> ' fÐ>Ñ d> œ , - + - , - - + œ ' fÐ>Ñ d> œ ' fÐBÑ dB. , + - , + - , + D’altro lato, per ogni primitiva F! di f in Ò+, ,Ó esiste - − ‘ tale che F! œ FÐ-Ñ - (teorema 24.1.5). Dunque per ogni primitiva F! di f in Ò+, ,Ó si ha F! Ð,Ñ F! Ð+Ñ œ FÐ-Ñ Ð,Ñ - ÐFÐ-Ñ Ð+Ñ -Ñ œ FÐ-Ñ Ð,Ñ FÐ-Ñ Ð+Ñ œ ' fÐBÑ dB , + come si voleva. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 258 Osservazione 25.6.2 Sia Ò+, ,Ó un intervallo limitato e chiuso di numeri reali, e sia f − V Ð!Ñ ÐÒ+, ,ÓÑ. Per il teorema fondamentale del calcolo (25.6.1), il problema di valutare ' fÐBÑ dB , + può essere ricondotto a quello, già considerato nel capitolo 24, di determinare una primitiva di f in Ò+, ,Ó. Vale la pena di osservare che tale procedimento teorico non è però mai quello effettivamente implementato per il calcolo numerico su elaboratore elettronico. Ai cosiddetti “metodi numerici” per il calcolo degli integrali non possiamo tuttavia in questa sede nemmeno accennare. Esempio 25.6.3 Sia f la funzione ‘ Ä ‘ definita ponendo fÐBÑ ³ œ ! " se B ! se B !. Ricordando che ' fÐBÑ dB per f limitata non negativa (e + ,) è stato definito in modo da , + poter essere interpretato come l’area del trapezoide individuato da f su Ò+, ,Ó, non sorprenderà che si abbia Ú! ' fÐBÑ dB œ Û , + Ü, + , (per + ,) FÐ!Ñ ÐBÑ ³ ' fÐ>Ñ d> se , ! se + ! e , ! se + !. B Poniamo (cosicché FÐ!Ñ è la funzione integrale individuata da f e !). ! Allora FÐ!Ñ (BÑ œ œ ! B se B ! se B !. La funzione integrale FÐ!Ñ non è derivabile in !, quindi non è una primitiva di f. Ciò mostra che la (1) del teorema fondamentale del calcolo integrale non vale se la funzione f non è continuaÞ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 259 Esempio 25.6.4 ' ÐÈ#B $ ÈB Ñ dB. ) Calcoliamo Poiché la funzione È#B $ ÈB è continua in Ò!, )Ó, possiamo applicare il teorema 25.6.1. Cerchiamo una primitiva di tale funzione: si ha ! ' ÐÈ#B $ ÈB Ñ dB œ È# ' B " # dB ' B $ dB œ È# † " ' ÐÈ#B $ ÈB Ñ dB œ ÒÈ# † #$ B e quindi # $ $ B# $ % % B$ - ) $ # $ % % ) B$ Ó ! œ "!! $ . ! Esempio 25.6.5 ' % Calcoliamo " lnÐBÑ ÈB dB. Poiché la funzione integranda è continua in Ò", %Ó, possiamo applicare il teorema #5.6.". Cerchiamo una primitiva di tale funzione: si ha ' lnÐBÑ " "# ' ' " È # ÈB dB œ lnÐBÑ B dB œ # B lnÐBÑ B † Ð#B Ñ dB œ Å œ #ÈB lnÐBÑ # ' B e quindi ' % " Esempio 25.6.6 Æ "# dB œ #ÈB lnÐBÑ #Ð#ÈB Ñ - œ #ÈB ÐlnÐBÑ #Ñ - lnÐBÑ % È ÈB dB œ Ò# B ÐlnÐBÑ #ÑÓ " œ %ÐlnÐ%Ñ "Ñ. ' # Calcoliamo " " BÐ"lnÐBÑÑ dB. Poiché la funzione integranda è continua in Ò", #Ó, possiamo applicare il teorema 25.6.1. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 260 ' Cerchiamo una primitiva di tale funzione in Ò", #Ó: per calcolare " BÐ"lnÐBÑÑ dB ' >" d> si può procedere per sostituzione, ponendo > ³ " lnÐBÑ e, di conseguenza, Ci si riconduce così al calcolo di d> œ " B dB. e poiché B varia tra " e # (e quindi > varia tra " e " lnÐ#Ñ, dunque > !) si trova ad esempio la primitiva lnÐ>Ñ. Perciò, sostituendo a > nuovamente " lnÐBÑ, si trova che in Ò", #Ó è ' e quindi ' # " " BÐ"lnÐBÑÑ dB œ lnÐlnÐBÑ "Ñ # " d B œ c ln Ð ln ÐBÑ "Ñ d œ ln Ðln Ð#Ñ "Ñ. " BÐ"lnÐBÑÑ Esempio 25.6.7 ' B È% B# dB. # Calcoliamo ! Poiché la funzione integranda è continua in Ò!, #Ó, possiamo applicare il teorema 25.6.1. Cerchiamo una primitiva di tale funzione: per calcolare ' BÈ% B# dB si può procedere per sostituzione, ponendo > ³ % B# e, di conseguenza, ' d> œ # B dB. Ci si riconduce così al calcolo di # È> d> œ da cui, sostituendo a > nuovamente % B# , " e quindi ' BÈ% B# ' BÈ% B# " # † # $ $ " $ ># - œ $ ># - $ dB œ "$ (% B# Ñ # - . # ! $ # dB œ Ò "$ (% B# Ñ # Ó ! œ )$ . Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 261 25.7 - Calcolo di aree mediante integrali. Siano +, , numeri reali, e siano f, g funzioni ‘ Ä ‘ integrabili su Ò+, ,Ó. Se fÐBÑ gÐBÑ per ogni B − Ò+, ,Ó, il numero reale ' ÐfÐBÑ gÐBÑÑ dB , + si assume quale area della porzione finita di piano delimitata dalle rette di equazioni Bœ+ Bœ, e e dai grafici delle funzioni f e g. Tale convenzione copre una situazione più generale di quella considerata in 25.1 ma è con essa coerente: infatti se f è non negativa in Ò+, ,Ó il trapezoide individuato da f in Ò+, ,Ó è la porzione finita di piano delimitata dalle rette di equazioni B œ + e B œ , e dai grafici della funzione f e della funzione costante identicamente nulla. Esempio 25.7.1 Determinare l’area della porzione finita di piano delimitata dalla parabola di equazione C œ B# #B $ e dall’asse delle ascisse. Soluzione La parabola data incontra l’asse delle ascisse nei punti A ´ Ð ", !Ñ e B ´ Ð$, !Ñ. Posto fÐBÑ ³ ! gÐBÑ ³ B# #B $ e la porzione di piano descritta si può pensare delimitata dalle rette di equazioni B œ " e B œ $ e dai grafici delle funzioni f e g. Poiché f g in Ò ", $Ó, l’area cercata è ' Ð! ÐB $ " #B $ÑÑ dB œ ' Ð B# #B $Ñ dB. $ # " Poichè una primitiva di B# #B $ è "$ B$ B# $B‘ œ " $ " $ " $ $B B# $B , l’area cercata è † $$ $# $ † $ Ð "$ Ð "Ñ$ Ð "Ñ# $ † Ð "ÑÑ œ $# $ . Si noti che la porzione di piano considerata coincide col trapezoide individuato da g sull’intervallo Ò ", $Ó; ma l’area cercata non è ' gÐBÑ dB $ " perché g risulta negativa in Ò ", $Ó. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 262 Esempio 25.7.2 Siano A ´ Ð 1, !Ñ, B ´ Ð1, !Ñ. Determinare l’area della porzione finita di piano delimitata dal grafico della funzione sin e dal segmento AB. Soluzione La porzione di piano descritta risulta ben individuata perchè il grafico della funzione sin incontra l’asse delle ascisse nei punti A e B. Posto fÐBÑ ³ ! e gÐBÑ ³ sinÐBÑ, tale porzione di piano si può pensare delimitata dalle rette di equazioni B œ 1 e B œ 1 e dai grafici delle funzioni f e g. Poiché in Ò 1, 1Ó non è né f g ovunque né g f ovunque, non possiamo ottenere l’area cercata calcolando un solo integrale fra 1 e 1. Osservando però che la funzione sin è dispari (cfr. 15.4), e quindi il suo grafico è simmetrico rispetto all’origine, possiamo stabilire che l’area cercata è # † ' sinÐBÑ dB. 1 ! Per calcolare tale numero, osserviamo che una primitiva di sinÐBÑ è cosÐBÑ; pertanto l’area cercata è # † c cosÐBÑd ! œ # † Ð cosÐ1Ñ Ð cosÐ!ÑÑÑ œ # † Ð" "Ñ œ %. 1 Esempio 25.7.3 Determinare l’area della porzione finita di piano delimitata dalle parabole C œ #B# (# B e C œ B# %B $ Soluzione La porzione di piano descritta risulta ben individuata perchè le parabole date si incontrano nei punti A ´ Ð "# , &% Ñ e B ´ Ð#, "Ñ. Poiché le parabole date sono il grafico delle funzioni polinomiali fÐBÑ ³ #B# (# B e gÐBÑ ³ B# %B $ , e poiché si ha fÐBÑ gÐBÑ per ogni B − Ò "# , #Ó, l’area richiesta è ' ÐfÐBÑ gÐBÑÑ dB œ ' Ð $B# # # " # " # "& # B $Ñ dB œ B$ "& % B# $B‘ " œ # #( "' . # Esempio 25.7.4 Determinare l’area della porzione finita di piano delimitata dai grafici delle funzioni fÐBÑ ³ B$ e gÐBÑ ³ B" , dall’asse delle ascisse e dalla retta di equazione B œ #. Soluzione Il grafico di f incontra l’asse delle ascisse nell’origine e incontra il grafico di g nel punto P ´ Ð", "Ñ. La porzione finita di piano considerata è dunque l’unione di due trapezoidi: quello individuato da f su Ò!, "Ó e quello individuato da g su Ò", #Ó. Pertanto ' B$ dB ' " dB œ Ò " B% Ó " ÒlnÐBÑÓ # œ % ! " B " l’area cercata è ! # " " % lnÐ#Ñ. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 263 Esempio 25.7.5 Determinare l’area della porzione finita di piano delimitata dal grafico della funzione /B , dall’asse delle ordinate e dalla retta di equazione C œ $. Soluzione Il grafico di /B incontra la retta C œ $ nel punto P ´ ÐlnÐ$Ñ, $Ñ; inoltre, in Ò!, lnÐ$ÑÓ si ha $ /B . Pertanto l’area cercata è ' Ð$ /B Ñ dB œ c$B /B d ! lnÐ$Ñ lnÐ$Ñ œ $ † lnÐ$Ñ #. ! Esercizio 25.7.6 Siano :, ! − ‘ . Determinare l’area della porzione finita di piano delimitata dalla parabola di equazione C œ #:B e dalla retta di equazione B œ ! . Esercizio 25.7.7 Sia > l’iperbole equilatera di equazione BC œ " e sia P un punto del ramo di > contenuto nel primo quadrante. Sia t la tangente in P a >, sia Q il punto in cui t incontra l’asse delle ascisse e sia r la retta passante per Q parallela all’asse delle ordinate. Determinare l’area della porzione finita di piano delimitata da >, t e r. 25.8 - Integrazione su intervalli illimitati. In questa sezione mostriamo come si può estendere la nozione di “integrale” a funzioni continue definite su un intervallo non limitato Ð37Ñ. Sia f : ‘ Ä ‘ continua sull’intervallo chiuso illimitato Ò+, _Ñ. Per ogni , appartenente a tale intervallo, esiste allora l’integrale ' fÐBÑ dB. , + ' fÐBÑ dB œ I , Se esiste lim ,Ä_ con I − ‘ + si dice che f è integrabile su Ò+, _Ñ (oppure che l’integrale di f tra + e _ converge) e si pone per definizione ' fÐBÑ dB œ I . _ + 37 Si parla in questo caso di “integrale generalizzato” oppure “integrale improprio”. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 264 In caso contrario, si dice che f non è integrabile tra + e _. Se ' fÐBÑ dB œ „ _ , lim ,Ä_ + si dice talvolta che l’integrale di f tra + e _ diverge. Sia ora invece f : ‘ Ä ‘ continua sull’intervallo chiuso illimitato Ð _, ,Ó. Per ogni + appartenente a tale intervallo, esiste allora l’integrale ' fÐBÑ dB. , + ' fÐBÑ dB œ I , Se esiste lim +Ä_ con I − ‘ + si dice che f è integrabile su Ð _, ,Ó (oppure che l’integrale di f tra _ e , converge) e si ' fÐBÑ dB œ I . , pone per definizione _ In caso contrario, si dice che f non è integrabile tra _ e ,. Se ' fÐBÑ dB œ „ _ , lim +Ä_ + si dice talvolta che l’integrale di f tra _ e , diverge. Sia infine f : ‘ Ä ‘ continua su tutto ‘, e sia + − ‘. Si dice che f è integrabile su ‘ se è integrabile tra _ e + e tra + e _, e si pone ' fÐBÑ dB œ ' fÐBÑ dB ' fÐBÑ dB. _ + _ _ _ + È facile dimostrare che tale definizione è ben posta, ossia non dipende dal particolare punto + scelto. Esempio 25.8.1 ' _ Calcoliamo, qualora esista, ' _ Si ha " ' " B dB. " , " B dB œ lim ,Ä_ " " B dB œ e dunque l’integrale proposto diverge. , lim ÒlnÐBÑÓ " œ ,Ä_ lim lnÐ,Ñ œ _ ,Ä_ Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 265 ' Esempio 25.8.2 _ Calcoliamo, qualora esista, ' _ Si ha ' " , " B# d B œ " lim ,Ä_ " B# d B œ " Esempio 25.8.3 " B# dB. lim ’ B “ œ ,Ä_ " " ' , " lim Ð" , Ñ œ ". ,Ä_ _ Calcoliamo, qualora esista, ' _ Si ha ' _ ! " "B# dB œ ! œ lim +Ä_ + œ ' _ " "B# dB. ' _ ' _ " "B# dB ! " "B# dB œ , " lim "B# dB ,Ä_ ! ! , " d B œ lim Ò arctg ÐBÑÓ lim Ò arctg ÐBÑÓ œ # + ! "B +Ä_ ,Ä_ lim Ð arctgÐ+ÑÑ lim ÐarctgÐ,ÑÑ œ Ð 1# Ñ +Ä_ ,Ä_ 1 # œ 1. 25.9 - Integrazione di funzioni non limitate. In questa sezione mostriamo come si può estendere la nozione di “integrale” a funzioni continue non limitate in un intervallo Ð38Ñ. Sia f:‘ Ä ‘ continua sull’intervallo chiuso limitato Ò+, ,Ó. Sappiamo dal teorema fondamentale del calcolo che la funzione integrale FÐ+Ñ ÐBÑ ³ ' fÐ>Ñ d> B + è continua in Ò+, ,Ó . In particolare si ha dunque lim ' fÐ>Ñ d> œ ' fÐ>Ñ d>. B BÄ, + , + Ciò suggerisce come tentare di estendere la definizione di integrale tra + e , di f quando f è continua nell’intervallo Ò+, ,Ñ ma non è definita in , ed eventualmente non è limitata in Ò+, ,Ñ. 38 Si parla anche in questo caso di “integrale generalizzato” oppure “integrale improprio”. Marco Barlotti - appunti di ISTITUZIONI DI MATEMATICA - vers. 2.22 - Pagina 266 Sia f continua nell’intervallo Ò+, ,Ñ (e quindi integrabile in ogni suo sottointervallo chiuso). Se esiste lim ' fÐ>Ñ d> œ I B BÄ, con I − ‘ + si dice che f è integrabile su Ò+, ,Ñ (oppure che l’integrale di f su Ò+, ,Ñ converge) e si pone per definizione ' fÐ>Ñ d> ³ lim ' fÐ>Ñ d>. , B BÄ, + + In caso contrario, si dice che f non è integrabile su Ò+, ,Ñ. Se lim ' fÐ>Ñ d> œ „ _ B BÄ, + si dice talvolta che l’integrale di f su Ò+, ,Ñ diverge. Analogamente, se f è continua nell’intervallo Ð+, ,Ó ma non è definita in +, si pone per definizione ' fÐ>Ñ d> ³ lim , BÄ+ + ' fÐ>Ñ d> , B qualora tale limite esista e sia finito. Supponiamo infine che f sia definita nell’intervallo Ò+, ,Ó e presenti una singolarità in un punto - interno ad Ò+, ,Ó. Si dice che f è integrabile su Ò+, ,Ó se è integrabile su Ò+, -Ñ e su Ð- , ,Ó e si pone in tal caso ' fÐ>Ñ d> ³ ' fÐ>Ñ d> ' fÐ>Ñ d>. , - + + Esempio 25.9.1 ' " Calcoliamo, qualora esista, ! ' , - " È"B dB. Per definizione, tale integrale vale , lim ,Ä" ! " È"B dB œ lim ’ #È" B “ œ , ,Ä" ! lim Ð #È" , #Ñ œ #. ,Ä"