La comunicazione La pubblicità Il marchio L`immagine coordinata

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La comunicazione
La pubblicità
Il marchio
L’immagine
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LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ, IL MARCHIO, L’IMMAGINE COORDINATA
LA COMUNICAZIONE
LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ, IL MARCHIO, L’IMMAGINE COORDINATA
Il processo di comunicazione viene descritto con un modello che mette in evidenza 6 elementi o fattori fondamentali
che lo costituiscono: il messaggio, l’emittente, il ricevente (o destinatario), il contesto (o referente), il codice e il canale (o
contatto). Ciascuno di questi elementi ha
un ruolo specifico e nessuno di essi può
mancare.
comunicazione è una pratica per
eccellenza dell’essere umano: secondo il
veicolo utilizzato, si definisce verbale,
scritta, visiva, e sta alla base di qualsiasi
relazione interpersonale.
Il significato intrinseco del termine comunicazione (parola composta dal lat. cum,
con, e munire, legare, costruire) in italiano assume la connotazione “render
noto”, “far conoscere”.
Definire il concetto di comunicazione è
sempre una sfida complessa, che ha impegnato e impegna filosofi, linguisti,
sociologi, ecc. Più interessante è analizzare quali sono le caratteristiche basilari
e costituenti un qualsiasi processo comunicativo.
La comunicazione è un processo che consiste in un’intenzionale trasmissione di un
messaggio (contenuto informativo) secondo codici comuni (lingua parlata, immagini, linguaggio gestuale), attraverso
canali (medium visivi, acustici, ecc.) e
all’interno di un contesto (situazione
ambientale) che comprende lo scambio
comunicativo, dandogli senso. Secondo
la natura dei soggetti della relazione ed i
contenuti dei messaggi, la comunicazione si definisce pubblica, d’impresa, politica, sociale, commerciale, ecc. Questo
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GLI ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE
Q
Q La
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processo è messo in atto da un soggetto
che intende comunicare, definito emittente, e viene decodificato e interpretato
da un ricevente, che può essere sia un singolo individuo che una collettività.
CODIFICA
Albero→
DECODIFICA
→Albero
Messaggio
EMITTENTE
L’emittente
È la fonte di informazioni, colui che compone e invia il messaggio. Può trattarsi
di una o più persone, oppure di un’organizzazione rappresentata da uno dei suoi
membri.
RICEVENTE
Il concetto di comunicazione comporta
la presenza di un’interazione tra soggetti
diversi: si tratta in altri termini di un’attività che presuppone un certo grado di
cooperazione, che non ha di certo un
carattere unidirezionale. Infatti in essa
sono compresi anche i differenti atteggiamenti assunti dall’emittente o dal ricevente durante l’atto comunicativo (atteggiamenti che Jakobson ha definito
come funzioni linguistiche, che verranno elencate in seguito).
A questo punto cominciamo a definire e
analizzare più approfonditamente quelli
che sono i principali elementi che partecipano all’atto comunicativo.
Il ricevente (o destinatario)
È colui che riceve il messaggio rivolto
dall’emittente, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende. Anche in questo caso
può trattarsi di una persona (conversazione, lettera personale) o di più persone (discorso al pubblico, messaggio pubblicitario). I ruoli di emittente e ricevente
non sono fissi, ma intercambiabili. L’emittente può diventare ricevente e viceversa, più volte di seguito, per esempio, in
una conversazione.
della comunicazione, quello che si definisce spontaneamente con maggiore facilità. Esso viene rivolto all’interlocutore
per inviargli un’informazione: che siano
frasi orali o scritte, in qualsiasi lingua,
oppure una serie di segnali, o ancora un
accostamento di elementi voluto dall’emittente.
Il canale (o contatto)
È il mezzo di trasmissione dell’informazione. Può essere diretto o indiretto e
assumere diverse forme: onde sonore,
supporto cartaceo, magnetico, digitale.
Il canale non è soltanto uno strumento:
la scelta del canale può influenzare la
forma del messaggio. Ciascun mezzo
d’informazione ha le sue caratteristiche
e impone le proprie condizioni. Così
un’informazione è trattata in modo differente dalla stampa giornalistica rispetto alla radio o alla televisione, proprio
per la tipicità del mezzo utilizzato e per
le sue peculiarità.
Il contesto (o referente)
È l’ambiente particolare all’interno del
quale si situa l’atto comunicativo. Esso
precisa e tara le opportunità comunicative, proprio nello spazio della relazione
tra emittente e destinatario. Per esempio, un docente di filosofia non tiene lezione al bar e non si appendono in chiesa manifesti di abbigliamento.
Il messaggio (o contenuto)
È l’oggetto stesso della comunicazione.
Il messaggio è l’elemento più evidente
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FORME, SEGNI, SIMBOLI, ALLEGORIE
forme sono strutture di percezione
o di rappresentazione che prendono forma dagli impulsi, interpretati dalle vie
astrattive o associative della coscienza,
la quale è in grado di tradurre le forme
con le immagini.
Pertanto, di un oggetto si potranno avere forme distinte a seconda dei canali
usati, della prospettiva con cui l’oggetto
si è presentato, oppure dall’interpretazione effettuata dalla coscienza.
La coscienza articola i dati relativi ad un
oggetto producendo una particolare forma. Questa forma è legata ad un determinato registro interno che viene codificato nella memoria. Quando l’oggetto in
questione viene nuovamente percepito,
la percezione agisce come un segno per
la coscienza e attiva il registro interno che
corrisponde a quella forma percettiva. In
questo modo l’oggetto acquista significato.
Le forme sono ordinate in tre gruppi principali (simboli, segni e allegorie) che rappresentano i registri, in funzione delle
diverse risposte e al tipo di meccanismo
che si attiva durante la loro produzione.
Q Le
Il segno è una entità con la funzione di
codificare i registri interni ed opera, convenzionalmente, per astrazioni. Esso è
composto da significato e da significante.
Per significato si intende il concetto
espresso, mentre per significante il supporto che lo rappresenta (cfr. pag. 220).
La comunicazione è fatta di segni. Questi si trovano nelle parole, nelle espressioni facciali, nei manifesti pubblicitari,
nei segnali stradali, nei colori, e anche
nei suoni.
Per esempio, nei cartelli stradali il significato di obbligo viene rappresentato con
il colore blu (significante), mentre il rosso indica il significato di divieto. La forma del triangolo (significante) comunica concetti di pericolo e attenzione (significato), mentre il cerchio esprime un
comando.
Alla stessa maniera una parola è un suono, ma anche un segno: evoca non solo
la codificazione che gli corrisponde, ma
anche quel complesso sistema di reazioni immediatamente collegate ad essa.
Anche un gesto è un’indicazione codificata tra persone, le quali però devono
possedere lo stesso tipo di registro interno di codifica per comprenderne il significato.
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Il simbolo è un qualunque segno, oggetto o immagine che sorge dal canale
astrattivo e che rinvia ad una realtà importante ma poco visibile, decifrabile e
interpretabile attraverso un insieme di
regole condivise da tutti (per esempio,
la colomba per significare la pace, il dito
puntato per indicare una direzione, l’ammiccare con l’occhio per dichiarare un’intesa).
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L’allegoria è il processo comunicativo alla
cui base sta una sostituzione di significato mantenendo il medesimo significante. In termini più specifici, è lo sviluppo
di un secondo grado di lettura al quale
si può giungere tramite un processo associativo.
In passato l’allegoria è stata un formidabile strumento artistico, dalle danze macabre al surrealismo della pittura moderna. Oggi, nel campo pubblicitario, il messaggio allegorico è frequente e fortemente strumentalizzato a fini commerciali.
~ “La chiaroveggenza”,
R. Magritte, 1932.
Il simbolo è quindi un concetto che sta a
significare o suggerire qualcosa d’altro;
un’immagine riduttiva con caratteristiche
fisse che sintetizza o da cui si astrae l’essenziale.
La diffusione e il potere comunicativo di
un simbolo sono direttamente proporzionali alla sua interculturalità: è chiaro che
un segno, selezionato concordemente da
un piccolo gruppo di persone come simbolo di un determinato concetto, sarà
simbolo solo per quel dato gruppo di persone, e sarà illeggibile agli occhi di chi
non ne ha concordemente stabilito il significato.
Occorre quindi, nella comunicazione,
imparare a usare con disinvoltura i segni, i simboli e le allegorie, saperli riconoscere e interpretare nell’ambito dei diversi contesti, facendo attenzione a non
applicare preconcetti, o dare per scontate conoscenze non necessariamente presenti nel destinatario, rischiando così di
creare un messaggio ambiguo, se non addirittura fuorviante.
 Allegorie della
Venere di Botticelli.
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LA COMUNICAZIONE DI TIPO PUBBLICITARIO
Q “Le
anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece schiamazzano impazzite. Il risultato è che tutto il mondo
mangia uova di gallina.” (H. Ford)
Questo divertente e un po’ paradossale
aforisma ben si presta a chiarire il concetto di comunicazione.
Il processo di comunicazione
Le tecniche di comunicazione
Come analizzato precedentemente (cfr.
p. 213), un atto comunicativo è diviso e
distinto da diversi elementi:
Le tecniche di comunicazione pubblicitaria sono principalmente rivolte a differenziare il prodotto e ad accrescerne il
valore percepito.
I postulati fondamentali secondo i quali
il messaggio risulta efficace sono: farsi vedere, farsi leggere, farsi credere, farsi ricordare e, quindi, fare acquistare il prodotto.
Molte delle tecniche un tempo utilizzate
nell’arte oratoria o nella composizione
poetica sono ora passate alla “letteratura” pubblicitaria, che prevede, tra l’altro,
un pubblico con capacità di decodifica
sempre più scaltra.
Infatti sono frequentissime le figure retoriche e i giochi fonici, in particolare il
bisticcio linguistico, l’allitterazione,
• emittente, la fonte (o soggetto) dell’informazione;
• ricevente, colui che accoglie il messaggio;
• codice, l’insieme di suoni, immagini e
simboli che rendono il messaggio
percepibile;
• canale, il mezzo di propagazione fisica del codice (stampa, etere, digitale);
• contesto, l’ambiente in cui si situa l’atto comunicativo;
• contenuto, l’oggetto della comunicazione.
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La comunicazione pubblicitaria si connota in diversi livelli di elaborazione: a
livello di input come ascolto, ricerca, studio di informazioni, cultura, conoscenza; a livello di output come visibilità,
verbalità, vestibilità, vitalità, vivibilità,
autorevolezza, risultato ed efficacia.
Nella comunicazione pubblicitaria, il
contenuto è l’oggetto-prodotto. L’approccio comunicativo più utilizzato è quello
chiamato “annuncio vetrina” dove si ritiene sufficiente mostrare il prodotto:
“esisto, dunque comprami”.
Un altro livello, più evoluto, usa la promessa come gancio ed il prodotto come
giustificazione. In questo caso il prodotto diventa marca, parla, comunica,
interagisce. Insomma, un inno alla forma piuttosto che alla sostanza.
Niccolò Machiavelli scriveva: “Ognuno
vede quel che tu pari, pochi comprendono quel che tu sei”. Questa è comunicazione pubblicitaria.
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l’assonanza, la rima: “Voliamoci bene”
(compagnia aerea); “Tubiamo?” (scatola
di cioccolatini a forma di
tubo); “Titilla la papilla” (caramella); “Chi la afa non la
aspetti” (condizionatore
d'aria); “Kala Kili” (centro di
dimagrimento); “Ceres cè”
(Birra).
Una delle modalità di persuasione più adottate in pubblicità è la “presupposizione”, che
consiste nel far credere (inconsciamente) al lettore/ascoltatore che parte del
messaggio che sta ricevendo sia scontata, senza bisogno di essere dimostrata.
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“La freschezza di X ha solo il 7% di grassi” (si dà per scontata la freschezza del
prodotto, reclamizzandone
soltanto l’ipocaloricità). “I
peccati di gola che non fanno ingrassare” (si dà per scontato il gusto straordinario del
prodotto dietetico).
Un’ulteriore tecnica è quella
dell’ammiccamento, spesso a
sfondo erotico: “Io ce l’ho profumato. L’alito. Perché, cosa avevi
capito?” (pubblicità di una caramella). “Lo facciamo sui tetti e sui divani…
Lo sconto e il finanziamento! A interessi
zero” (negozio di arredamento).
Riflessioni e aforismi sulla comunicazione e sul marketing
-
Il marketing è l’apostrofo d’oro tra le parole “quant’è”.
La comunicazione è alla base, ma chi ne è all’altezza?
Il cliente che paga di meno è quello che si lamenta di più.
Se non siamo guidati dai nostri clienti, nemmeno le nostre auto lo saranno (H. Ford)
Il cliente è l’unico che può licenziarci tutti.
Fare prodotti senza fare comunicazione è come ammiccare a una ragazza nel buio: tu
sai quello che stai facendo ma nessun altro lo sa.
Ma come fai a fidarti della comunicazione di un popolo che per fare pubblicità alle
Camel manda in giro per il mondo la figura di un dromedario?
C’è solo una cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé
(O. Wilde)
Noi non siamo ciò che diciamo: siamo il credito che ci danno.
Comunicare è bene; comunicare bene è meglio!
Il segreto della creatività è saper nascondere le proprie fonti. (A. Einstein)
La parte più veritiera di un giornale è la pubblicità (T. Jefferson)
La vera scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel vederli con nuovi occhi.
(M. Proust)
L'innovazione consiste nel vedere ciò che hanno visto tutti pensando ciò che non ha
pensato nessuno.
Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l’orologio per
risparmiare tempo (H. Ford)
So benissimo che la metà dei soldi che spendo in pubblicità è sprecata; purtroppo però
non so quale metà (J. Wanamaker)
Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... Lei mi crede pianista in un bordello (J.
Séguéla)
Il segreto per annoiare è dire tutto (Voltaire).
Le Pubbliche Relazioni sono un lungo ozio senza un attimo di tregua.
La pubblicità è una scienza come la balena è un pesce.
Per vendere il mio prodotto ho creato il migliore messaggio pubblicitario. Stupendo,
quasi quasi me lo compero!
Da un copywriter: “se un’immagine vale più di mille parole, io che ci sto a fare?”
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LA PUBBLICITÀ
pubblicità è quell’attività che, mediante la comunicazione di un messaggio, serve a portare a conoscenza dei
consumatori l’esistenza di un determinato prodotto o servizio, al fine di creare
un atteggiamento favorevole e incrementarne l’uso, il consumo e l’acquisto o il
riacquisto.
Q La
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La pubblicità analizza e interpreta le ricerche sul consumatore, sui suoi atteggiamenti e comportamenti e sulle tendenze nascenti nel tessuto sociale in generale.
Il termine pubblicità in italiano deriva da
“pubblico” ed assume, quindi, il semplice significato di “rendere pubblico/noto”.
Invece, il corrispondente termine inglese “advertising” (dall’inglese to
advertise, avvertire) privilegia il processo, di natura commerciale, finalizzato al
raggiungimento del destinatario del messaggio. Infine, il termine francese “réclame” mette in evidenza l’aspetto di richiamo ad un’azione insito nel messaggio.
I contenitori pubblicitari tipici sono principalmente i mezzi di comunicazione di
massa (radio, televisione, giornali e periodici, Internet).
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La rivoluzione apportata alle modalità di
comunicazione dai nuovi media e soprattutto dall’avvento di Internet, a partire
dall’ultimo decennio del Ventesimo secolo, ha determinato una perdita di efficacia del tradizionale modello comunicativo unidirezionale e una conseguente
necessità di ridefinizione.
Il moderno obiettivo della pubblicità non
è solo vendere merci o servizi, ma indurre desideri e bisogni. Le politiche di comunicazione di oggi sono principalmente rivolte a differenziare il prodotto e ad
accrescerne il valore percepito.
Capace di dettare mode, tendenze e stili
non solo sul piano dei consumi, ma anche su quello estetico, e in grado di condizionare desideri e aspettative nell’immaginario collettivo, la pubblicità sta
cambiando non solo aspetto e forma, ma
anche finalità.
La comunicazione pubblicitaria ha successo quando incarna la società del momento. Oggi la pubblicità ha acquistato
una forza e un’autonomia tali (dal punto di vista non solo economico, ma anche linguistico, culturale e politico) da
trascendere il suo scopo principale che è
quello di vendere un prodotto.
Il futuro valore che la comunicazione
pubblicitaria affronterà potrà essere di
impronta sociale e culturale. Una compagnia assicurativa, per esempio, potrebbe proporre non più polizze, ma essere
promotrice di campagne di sicurezza, o
un detersivo non lavare più bianco, ma
salvare i pesci dall’inquinamento.
Insomma, la pubblicità si trasforma: sempre meno oggetto, sempre più immagine e servizio, cioè non più incitamento
al consumo, ma stimolo sociale e portatore di valori. Quindi, se da un lato abbiamo il prodotto che da marca diventa
valore, dall’altro abbiamo l’esperienza
culturale che da marca diventa prodotto.
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STORIA DELLA PUBBLICITÀ
Q Molti pensano che la pubblicità sia una
 Pubblicità del ’700.
pratica che riguarda solo i tempi recenti:
invece si può dire che
esiste da millenni.
Difatti, è consuetudine
far risalire i primi esempi di “proto-pubblicità”
al periodo dei Fenici, i
quali erano usi incidere
lungo le strade più importanti delle grandi
scritte che elencavano la
merce in vendita. Anche
Greci e Romani facevano uso di scritte e insegne per pubblicizzare
eventi pubblici, elezioni,
spettacoli, gare, fiere,
negozi, o anche un punto di ristoro o una
stazione termale. I veicoli pubblicitari potevano essere i vasi, i bassorilievi, le pergamene, le monete e i muri stessi, come
si evince da certe iscrizioni murarie nella
zona archeologica di Pompei.
La materia si evolve decisamente con
l’avvento della stampa tipografica. Il primo stampato di tipo pubblicitario di cui
si abbia traccia appare in Inghilterra nel
1473: un annuncio che reclamizza un li-
bro religioso a opera dell’editore-tipografo William Caxton.
Nel 1631 viene pubblicata a Parigi la “Gazette
Hebdomadaire”, il primo giornale con annunci pubblicitari a pagamento. Quasi contemporaneamente la pubblicità comincia a comparire
stabilmente sulle pagine
dei settimanali inglesi e
su gran parte delle più
importanti gazzette europee, grazie anche all’aumento dei capitali
privati dovuti allo sviluppo del commercio e delle attività artigianali. Tali inserzioni, anche se ancora relegate e concentrate nella quarta e ultima pagina, serviranno a
garantire un cospicuo flusso di denaro
nelle casse dei giornali, rendendoli economicamente forti e indipendenti dal potere politico.
 (Da sinistra)
Cartina di Parma,
1898; Pagina di
giornale con pubblicità, della fine dell’800.
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LA CREATIVITÀ NELLA GRAFICA PUBBLICITARIA
 Bozzetti preparativi per pubblicità.
Q La creatività è una risorsa fondamentale per le agenzie e per questo motivo è
continuamente ricercata. Le aziende affidano la loro immagine proprio alle
agenzie pubblicitarie per realizzare pubblicità sempre più creative, innovative e
sorprendenti.
Il creativo è la figura più tipica nell’ambito pubblicitario, quella su cui spesso
si sono costruiti parecchi stereotipi. Il
creativo è chiamato a produrre grandi
sforzi di sintesi, attuando in modo rapidissimo procedimenti induttivi e
deduttivi, alla ricerca continua dell’ori-
ginalità e dell’innovazione, cercando di
percepire in anticipo ogni variazione nei
gusti e nei modelli di riferimento dei vari
gruppi sociali.
Esso deve anche:
- essere a conoscenza delle problematiche tecniche e delle funzioni comunicative relative alla progettazione del documento pubblicitario;
- essere in grado di analizzare e interpretare un tema, traducendolo in strategie comunicative da realizzarsi attraverso sintesi visive e verbali;
- saper scegliere le tecniche e le procedure più idonee alla realizzazione del
compito da svolgere.
- avere conoscenza e padronanza della
tecnica e del potenziale espressivo dei
diversi strumenti comunicativi.
C’è un motto attribuito all’inventore T.
Edison: “1 percent inspiration, 99 percent
perspiration” (1% ispirazione, 99% sudore). Questo per dire che la cosiddetta creatività è insufficiente in assenza di un solido mestiere. L’intuizione è importante,
ma non può sostituire l’esperienza, la
tecnica, la sensibilità e l’attenzione.
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L’ANNUNCIO PUBBLICITARIO E LE SUE PARTI
L’annuncio pubblicitario (in inglese
advertisement) è il messaggio con testo e
immagini, con solo testo o con prevalenza dell’immagine sul testo, che appare sulla carta stampata (quotidiani, riviste, ecc.) per pubblicizzare un prodotto,
un servizio o una marca.
Le funzioni strutturali sono date all’annuncio da:
• il formato (piedino, mezza pagina,
quarto di pagina, una pagina, doppia
pagina, ecc.);
• i colori (bianco e nero, quadricromia);
• la marginatura (al vivo, cioè senza
margini, o entro i margini della gabbia
propria del media);
• la posizione e collocazione dell’annuncio all’interno del mezzo;
• la tipologia dell’immagine (fotografia, disegno, illustrazione, foto e disegno, solo testo);
• la lunghezza del testo;
• la categoria merceologica del prodotto o servizio.
Q
L’headline è il titolo o la parte del testo
che apre il messaggio nell’annuncio pubblicitario e viene messo in risalto con
caratteri diversi e più grandi, per attirare
l’attenzione. Solitamente esso sintetizza
il tema della comunicazione o della campagna e funge da collegamento tra il
messaggio e il prodotto. Nel linguaggio
pubblicitario di fatto ha sostituito il termine slogan.
Il visual è la parte illustrata di un annuncio, la fotografia, l’illustrazione, il disegno o il testo con particolare caratterizzazione visiva.
Il visual si può suddividere per genere (stilllife, moda, paesaggio, ritratto, spettacolo) e per categorie (attrazione visiva, invito emotivo, testimonial, uso e impreziosimento del prodotto, iperrealismo).
Il rapporto tra visual e testo non deve
essere ripetitivo ma complementare.
Il bodycopy è la parte di testo di un
annuncio pubblicitario che descrive le caratteristiche dell’azienda e/o del prodotto presentato.
Gli elementi che generalmente compongono l’annuncio pubblicitario sono:
l’headline, il visual o immagine pubblicitaria, il bodycopy o blocco testo, la
caption o didascalia, il payoff, la
baseline, cioè la frase o il box di chiusura, il marchio o logo.
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IL MARCHIO
marchio è quella parola, figura, segno simbolico o rappresentazione grafica che contraddistingue prodotti o merci, aziende o servizi.
Generalmente, il marchio è costituito dal
nome, scritto con un carattere ben definito, e da un elemento grafico rappresentativo (parola-logo + segno grafico).
Innanzitutto, sgombriamo il campo da
un’inesattezza molto comune: quando si
parla di marchio, si intende la completa
rappresentazione grafica, formata generalmente dall’unione tra il simbolo e la
scritta o denominazione, detta anche logo
o logotipo (l’equivoco è generato anche
dal fatto che il termine logo in inglese
ha, comunemente, il significato di marchio). Quindi, il logo è solo una parte
del marchio e non il marchio stesso, a
meno che sia assente il simbolo: in questo caso, evidentemente, marchio e logo
coincidono in un unico concetto.
Il marchio ha un forte valore simbolico
identificante ed è una forma di garanzia
Q Il
per l’utente. Chi lo osserva deve poterlo
facilmente memorizzare e distinguere immediatamente dagli altri, oltre a percepirlo come l’espressione di una precisa
identità.
Proprio per questo, la creazione di un
marchio costituisce il primo passo per la
costruzione di una corretta immagine
aziendale, e il marchio più riuscito è quello che sintetizza in pochi segni e colori il
concetto che si vuole comunicare, mantenendo uno stile grafico e una coerenza
rispetto al prodotto o all’azienda cui è
legato.
Proprio per la diversità dei prodotti e dei
servizi venduti oggi, l’esigenza di nuovi
marchi con forte unicità è ancora più sentita, poiché questi sono il fondamento
dell’immagine visiva dell’azienda. Un
marchio progettato professionalmente è
il fondamento per qualunque attività
commerciale o di servizi, o per un prodotto che si desidera promuovere attraverso i media.
Spesso siamo abituati a pensare il marchio come una firma di tipo esclusivamente aziendale, o comunque che
evidenzia un’attività lavorativa. In realtà, il marchio trova applicazione nei campi più svariati della comunicazione, come
per una sigla televisiva, una manifestazione, un’iniziativa, un gruppo musicale, ecc. La particolarità di un marchio sta
nello stile e nel gioco grafico, costruiti
sull’equilibrio delle parti e sull’armonia
compositiva.
€ Marchi e simboli di
alcune famose
marche di auto: molti
hanno in comune la
scelta grafica di
adottare simboli alati,
uccelli o comunque
animali veloci.
Grafica nei loghi di gruppi musicali
Nei loghi qui riprodotti, appartenenti a famosi gruppi musicali, è evidente l’intento di
usare giochi grafici rappresentativi di un concetto. Così il logo The Beatles tende
all’evidenziazione del vocabolo “beat” con l’accentuazione della T. Il logo
Led Zeppelin è realizzato con un carattere stile “Liberty” per richiamare il periodo d’oro dei dirigibili (zeppelin). Jethro Tull sceglie un
carattere antico per rievocare la musica folk a cui il gruppo rock si
ispira. Guns’n’roses punta direttamente alla rappresentazione grafica del nome stesso. Abba, invece, gioca sul palindromo (parola
“simmetrica”, cioè che ha la stessa lettura in senso inverso), rovesciando la B per rimarcare la simmetria. Infine il logo del complesso Chicago si fa intuire attraverso l’impronta digitale.
 Marchi di aziende
e di attività con una
caratteristica comune:
hanno tutti preso
spunto da quello che
è forse il simbolo più
famoso (e copiato)
della storia: l’”Uomo
di Leonardo”.
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GLI ELEMENTI DEL MARCHIO E L’ESECUZIONE
Q Il marchio può essere classificato secon-
do tre categorie:
• pittogramma, segno iconico o simbolo;
• segno verbale, logogramma o logo;
• emblema.
Il simbolo
Il simbolo del marchio è spesso rappresentato da un disegno astratto che richiama l’attività dell’azienda o che, per collegamento mentale, rimanda in qualche
maniera a questa. Il simbolo grafico e il
logo sono legati da rapporti precisi che
normalmente non vanno mai alterati,
qualunque sia la dimensione del marchio.
€ Il famoso simbolo
del concerto di
Woodstock (pace
amore e musica),
rielaborato poi per
altre manifestazioni.
A volte il marchio è accompagnato da
uno slogan, un motto, una specifica, detta payoff (vedi p. 250), oppure può capitare che riporti una denominazione o
un gruppo di appartenenza. In tal caso
questi elementi aggiuntivi, chiamati
endline, o endorsement, vengono considerati elementi strettamente integranti
del marchio stesso.
Il logo
€ Costruzione
modulare del logo
“CE” (Comunità
Europea)
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Il logo è la stesura grafica del nome del
prodotto o dell’azienda con un disegno
del carattere studiato appositamente. Il
disegno del carattere dovrebbe mentalmente fare da richiamo all’immagine dell’azienda in questione, ma è veramente
difficile fissare delle regole che stabiliscano l’uso appropriato del carattere. A
volte la scelta più spiazzante risulta quella
vincente.
Il logo stabilisce un legame tra la parola
e il modo in cui è stata scritta. La parola
diventa l’oggetto in cui segno, significato e supporto grafico sono inseparabili e
di grande visibilità. Il logo, quindi, non
viene più letto ma deve essere riconosciuto immediatamente e può assumere
valore di marchio per la sua estrema persuasione visiva. È la forza dei grandi
marchi, come IBM e Microsoft.
Il trend degli ultimi anni è proprio quello di enfatizzare il design del logo, elaborando i caratteri e assegnando loro dei
colori identificanti, rendendo il logo graficamente unico senza l’ausilio del simbolo. Il carattere deve essere disposto con
precisione e, contemporaneamente, con
originalità. In alcuni casi il carattere è progettato “ad hoc”, in altri viene scelto nella
infinita gamma di font a disposizione sul
mercato. In questo caso è utile intervenire, anche leggermente, sulla composizione, in modo da equilibrarne gli spazi,
adattarla al simbolo e personalizzare
quindi il carattere, in modo da renderlo
“unico”. Infatti, molti caratteri celebri
(con copyright) sono nati da un logo di
successo che ha fornito la linea d’impostazione e di stile iniziale per creare tutta
la rimanente gamma di lettere dell’alfabeto.
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UNITÀ DIDATTICA
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LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ, IL MARCHIO, L’IMMAGINE COORDINATA
LA MARCA
marca, o brand, è un
nome, simbolo, disegno o una
combinazione di questi elementi, con cui si identificano
dei prodotti o servizi di
un’azienda, al fine di differenziarli da altri offerti dalla concorrenza. Essa può essere anche vista
come una variabile che contiene non solo
gli aspetti distintivi, ma anche la storia
dell’impresa, l’esperienza maturata verso il brand, il livello di notorietà, le aspettative degli acquirenti.
Q La
Il termine marca viene da un’espressione
della lingua franca, con il significato di
“segno di confine”, “territorio assegnato”. Da ciò deriva un concetto di appartenenza, un posizionamento nell’immaginario collettivo.
In un mondo ormai sovraccarico di messaggi, le aziende tendono a creare un atteggiamento di fidelizzazione del proprio
pubblico. La marca è proprio l’immagine
“evocativa” che identifica il prodotto, la
linea di prodotti o l’azienda stessa.
Un prodotto è una mera categoria, un’intera classe di beni (per esempio automobili, macchine fotografiche, dentifrici,
ecc.). Una marca è più riconoscibile di
un prodotto e ha un valore aggiunto rispetto al marchio. Prima di tutto è un
nome, un segno grafico, uno strumento
di identificazione; poi è un complesso di
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UNITÀ DIDATTICA
LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ, IL MARCHIO, L’IMMAGINE COORDINATA
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Storia ed evoluzione di una grande marca: Ferrari
valori aggiunti, che trasmette al
consumatore valori funzionali
ed anche associazioni psicologiche: la totalità di questi valori determina la personalità
della marca, come è percepita
dal consumatore.
La marca si pone l’obiettivo di conferire
un alto valore qualitativo al prodotto stesso, curando ed esaltandone le valenze
psicologiche che il consumatore gli assegna. Nel caso di grandi marche questa peculiarità diventa un valore autonomo che
va al di là del prodotto e dell’azienda.
L’obiettivo principale della marca non è
tanto vendere, ma piuttosto stabilire una
forte relazione con l’utente. La marca tende ad assumere vita autonoma rispetto
al prodotto o al servizio e ad imporsi,
affermando e comunicando la propria
identità e il proprio stile. E quando l’identificazione si crea, basta l’emblema grafico a far scattare il consenso.
Un esempio eclatante è la marca della
“Nike”, che, a partire dalla metà degli
anni ’90, ha sintetizzato il suo simbolo
lasciando soltanto il “baffo” del marchio
(il boomerang), ritenendo che questo fosse ormai sufficientemente riconoscibile
nell’immaginario collettivo.
Il marchio, con il cavallino nero su sfondo giallo e il
colore rosso-Ferrari per le vetture, ha una storia affascinante. Il simbolo del “cavallino rampante” ha un’origine, per così dire, eroica: Francesco Baracca, l’aviatore più celebrato della prima guerra mondiale, lo adottò
come emblema personale dipingendolo sulla carlinga
del suo aereo. Al termine del conflitto, Ferrari lo assunse come simbolo della sua scuderia, inserendolo
in uno scudo giallo, il colore della città di Modena.
Il colore rosso è il colore simbolo della Ferrari, mai
abbandonato, da quando, nei primi anni del secolo, si
impose per ogni team da Gran Premio l’assegnazione
di un colore che identificasse la nazione di provenienza. Così il rosso per l’Italia, il blu per l’Inghilterra, il
bianco-argento per la Germania.
La filosofia Ferrari dal punto di vista della comunicazione della marca è quella di garantire un messaggio
chiaro, senza compromessi e senza l’esigenza di inventare nuove formule per il mercato. Non esistono
sconti né promozioni: la Ferrari deve essere desiderata con una forte motivazione di distinzione. Essa è uno
status symbol; ha sempre partecipato, spesso vincendo, a tutti i Gran Premi di Formula 1; non è mai scesa
al compromesso di produrre auto di massa o più economiche; è un bene di lusso riservato a pochi; le vetture prodotte sono in numero limitato e bisogna prenotarsi con grande anticipo per acquistarne una.
Tutto questo contribuisce a crearne il mito.
La forza della marca Ferrari è tale che non solo il marchio non ha bisogno di pubblicità (“La Ferrari è un sogno, e ad un sogno non si fa pubblicità”) ma alcune
grandi marche di beni di lusso (ad esempio Cartier) ne
hanno acquistato i diritti di riproduzione come firma e
nuova linea dei loro prodotti.
Il disegno del marchio non è immutabile nel tempo. Ha
sempre bisogno di
un certo “aggiornamento”, e anche un
logo così importante e famoso come il
marchio Ferrari non
ne è rimasto esente. Qui ne possiamo
apprezzare l’evoluzione, dalla nascita
ad oggi. Per esempio il restyling del
cavallino, risultato
di grandi e piccole
(a volte quasi impercettibili) modifiche, con quello del 1946 disegnato
dall’artista Eligio Gerosa fino al più recente del 2002.
Anche l’evoluzione del lettering è molto interessante:
sembra fissare certi periodi storici e artistici del momento. All’inizio la scritta era in lettere maiuscole, con
il disegno dei caratteri in perfetto stile futurista. Dal 1942
vengono per la prima volta usati caratteri alti/bassi. In
seguito la F viene allungata a coprire tutta la parola,
nello stile del famoso marchio Pirelli. Da qui altri leggeri
aggiustamenti fino alla forma attuale.
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LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ, IL MARCHIO, L’IMMAGINE COORDINATA
L’IMMAGINE COORDINATA O “CORPORATE IDENTITY”
ambito comunicativo, per immagine
coordinata aziendale (corporate image,
corporate identity) si intende, generalmente, l’identità visiva di un’azienda.
Q In
 Struttura iniziale
della “corporate
identity” di un
marchio con informazioni sulla costruzione, con indicazione
dei colori in formato
Pantone e
quadricomatico, la
conversione in bianco/
nero e l’indicazione
dei colori di abbinamento.
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Un marchio, un’insegna, un colore, la
scelta grafica di un tipo di depliant, di
un sito Internet, di un invito, di una lettera, così come la personalizzazione grafica di un automezzo, delle divise e delle
tute, sono tutti mezzi grafici di comunicazione. L’immagine istituzionale di
un’azienda, di un’attività o di un evento,
è spesso qualificata e valorizzata dalla sua
identità visiva.
L’immagine coordinata è proprio l’elaborazione di una serie di elementi comunicativi coerenti e continuativi, al fine di
un immediato riconoscimento e identificazione visiva. Nella corporate identity
si illustrano le regole grafiche legate alla
riproduzione che devono poter essere applicate da tutti gli operatori e i fruitori.
In altre parole, è come la “carta d’identità” dell’azienda (cfr. pag. 270).
L’identità visiva va, quindi, curata in tutti i dettagli, perché non perda di credibilità. Perciò, è opportuno dedicare notevole cura alla stesura della corporate
identity e verificare, periodicamente, le
regole di utilizzo del marchio, effettuando eventuali modifiche e aggiornamenti.
L’immagine coordinata è un concetto che
racchiude tutti gli aspetti di un’azienda:
i prodotti e i servizi, l’esperienza, il modo
in cui l’impresa comunica con la clientela e, naturalmente, l’identità visiva con
la quale si esprime l’univocità dell’immagine aziendale. Molta importanza riveste, per esempio, il marchio, che deve,
in maniera semplice e diretta, evocare efficacemente l’impresa nel suo complesso.
Per un’azienda che si vuole far conoscere, la prima impressione è importantissima; è, quindi, fondamentale, nel campo della comunicazione, lo studio dell’immagine coordinata.
LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ, IL MARCHIO, L’IMMAGINE COORDINATA
UNITÀ DIDATTICA
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Il materiale cartaceo, quello Web e tutti
gli altri strumenti pubblicitari devono avere
nell’immagine coordinata il filo conduttore. Questa deve avere identiche caratteristiche, grafica, logo, e deve veicolare lo
stesso messaggio e i medesimi valori.
Inoltre, attraverso l’immagine coordinata viene trasmesso, all’interno dell’organizzazione, quel senso di appartenenza
in grado di consolidare lo “spirito” dell’impresa.
Per iniziare a costruire l’immagine coordinata di un’attività, il set degli elementi
di base è costituito da: logo, carta intestata, busta e biglietto da visita.
Oltre questi ci sono ulteriori elementi che
non vanno persi di vista, come la brochure
o il sito Internet che illustrano l’attività e
i principali prodotti dell’azienda, seguiti
dalla pubblicità studiata per qualsiasi media, cartaceo e non. I vari elementi, come
già detto, devono seguire lo stesso filo
logico e avere la stessa coerenza grafica.
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LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ,
LA COMUNICAZIONE,
IL MARCHIO, LA
L’IMMAGINE
PUBBLICITÀ,
COORDINATA
IL MARCHIO,
- VERIFICHE
L’IMMAGINE
DI CONOSCENZA
COORDINATA
LA COMUNICAZIONE, LA PUBBLICITÀ, IL MARCHIO, L’IMMAGINE COORDINATA - VERIFICHE DI CONOSCENZA
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LABORATORIO
LABORATORIO
Esamina questi famosi marchi definendone l’azienda, l’organizzazione o i concetti espressi e individua
simboli e loghi. Poi prova ad assegnare il colore più adatto per ognuno; quindi, fai una ricerca sull’originale
e verifica la corrispondenza.
Con l’ausilio dei classici strumenti di disegno tecnico (righello, compasso, goniometro), ricomponi su un
foglio il simbolo dell’euro di questa pagina. Fai attenzione ai valori: fissata una misura iniziale (modulo), le
cifre indicate qui sotto ti indicano quante volte moltiplicarla. Quando poi avrai terminato, prova a progettare delle lettere semplici dell’alfabeto (e, i, o, u) utilizzando queste proporzioni e questo stile grafico. In
questo modo comincerai a progettare un carattere (proprio come ai tempi dell’invenzione dei caratteri
tipografici).
* p t y z | ° #
/ % W Z ; P ,
F G ? : o
k [ g }
K Y ] \ e m ø B
. C V X
Individua e ridisegna il corrispondente logo da cui hanno origine questi ironici “falsi” loghi ispirati alla
crisi economica, e interpreta il loro messaggio satirico.
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