Mixers - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"

Capitolo 7
Mixers
7.1
Introduzione
I sistemi di comunicazione implicano generalmente il trasporto di informazione attraverso la propagazione di segnali elettromagnetici (onde), sia libera (trasmissione
via radio) che guidata (trasmissione via cavo). L’informazione da trasmettere è generalmente costituita da un segnale a bassa frequenza (banda base) che deve essere
opportunamente ”traslato” in alta frequenza (RF o radio frequency) in modo tale da
poter essere agevolmente trasmesso. Ovviamente, in fase di ricezione sarà necessaria effettuare l’operazione inversa, ossia traslare in banda base il segnale ricevuto
per ricostruire il segnale originario e quindi decodificare l’informazione trasmessa.
La funzione di traslazione in frequenza di un segnale viene effettuata tramite l’utilizzo di dispositivi detti mixers (o mescolatori). Questi sono in genere costituiti da
circuiti intrinsecamente non lineari, che generano in uscita un segnale proporzionale
al segnale di ingresso ma traslato in frequenza di una quantità controllabile mediante
un segnale di riferimento.
Sia nel caso di traslazione verso frequenze più elevate (up-converter mixer) che nel
caso di traslazione verso la bassa frequenza (down-converter mixer) faremo riferimento alla notazione riportata in fig. 7.1, dove si è indicato con:
• RF (Radio Frequency) il segnale di ingresso ;
• IF (Intermediate Frequency) il segnale di uscita, traslato in frequenza ;
137
Mixers
• LO (Local Oscillator) il segnale di riferimento rispetto al quale si opera la
traslazione in frequenza.
Figura 7.1: Simbolo utilizzato per la rappresentazione di un mixer.
7.2
Principio di funzionamento di un mixer elementare
Uno schema elementare di mixer è costituito da un interruttore ideale comandato con
frequenza LO e connesso da un lato con il segnale RF e dall’altro ad un carico sul
quale si preleverà il segnale a IF, come nello schema riportato in fig. 7.2.
(a)
(b)
Figura 7.2: Schema elementare di un mixer (a) e forme d’onda di ingresso e di uscita (b). Il segnale di ingresso RF viene traslato a frequenza IF sul carico, mediante
l’impiego dell’interruttore ideale comandato con un segnale a frequenza LO.
138
Mixers
Con riferimento allo schema in fig. 7.2 si osservi che il segnale in uscita IF è
uguale al segnale in ingresso RF negli istanti in cui l’interruttore è chiuso (stato ON),
mentre è nullo quando l’interruttore è aperto (stato OFF). L’uscita allora può essere
schematizzata come il prodotto del segnale di ingresso RF per un’onda quadra con
livelli 0 e 1 e frequenza LO, come riportato in fig. 7.2(b).
Per quanto riguarda il segnale a LO, è possibile ricorrere ad uno sviluppo in serie
di Fourier, ottenendo:
∞
X
VLO,n · cos nωLO t
vLO t =
(7.1)
n=0
Per quanto riguarda invece il segnale a RF, assumiamo sia del tipo:
vRF t = VRF,dc + VRF · cos ωRF t
(7.2)
Si supponga per semplicità che il segnale a RF sia privo di componente in continua (dc). Nel caso ciò non fosse possibile, è facile dimostrare che l’effetto sarà una
generazione in uscita delle armoniche a frequenza multipla di LO.
E’ possibile quindi esprimere il segnale di uscita come il prodotto di vLO t ·
vRF t :
vIF t = vLO t · vRF t =
= VRF
∞
X
· cos ωRF t ·
VLO,n · cos nωLO t =
n=0
=
∞
X
VRF VLO,n
n=0
2
(7.3)
h
i
i
cos nωLO + ωRF t + cos nωLO − ωRF t
h
Il segnale di uscita ad IF è così composto da una serie di righe spettrali poste a
±ωRF dalle armoniche di ωLO e pesate tramite opportuni coefficienti rappresentati da
VRF VLO,n /2, come riportato in fig. 7.3.
L’uscita ad IF potrebbe essere una delle due righe simmetriche rispetto ad ωLO
e distanziate da questa di ωRF . Filtrando opportunamente tali righe spettrali (come
riportato in fig. 7.4), si otterrà il segnale
h
VRF VLO,1
i
vIF t =
cos ωLO + ωRF t
2
(7.4)
Si noti che se l’ampiezza di VLO,1 non varia nel tempo, allora l’uscita vIF (t) risulterà una replica del segnale di ingresso vRF (t) scalata di un fattore costante VLO,1 e
traslata in frequenza.
139
Mixers
(a)
(b)
Figura 7.3:
Spettro del segnale di uscita nel caso di up-conversion (a) o
down-conversion (b).
Figura 7.4: Schema base della conversione di frequenza.
140
Mixers
La funzione realizzata dall’interruttore nello schema di principio esaminato, può
essere realizzata attraverso un diodo polarizzato negli stati ON o OFF, mediante un
segnale elettrico a frequenza di LO, come riportato in fig. 7.5. E’ evidente che in tal
caso il segnale applicato ad RF deve essere sufficientemente piccolo da non modificare
lo stato ON o OFF del diodo stesso, stato imposto tramite LO.
Figura 7.5: Schema di un mixer realizzato con un diodo funzionante da interruttore nei
due stati ON e OFF.
7.3
Matrice di conversione
Vediamo ora di formalizzare in maniera meno approssimata l’analisi di un mixer a
diodo partendo dallo schema in fig. 7.6.
Figura 7.6: Schema di principio di un mixer realizzato con un diodo.
In fig. 7.7 è riportata la rappresentazione della caratteristica i − v del diodo e la
relativa ”linearizzazione” a grande segnale.
141
Mixers
(a)
(b)
Figura 7.7: Caratteristica del diodo ed eccitazioni applicate (a) e shema di analisi a
piccolo segnale del circuito di figura 7.6 (b)
Come evidenziato in fig 7.7, si suppone che il segnale di tensione che è applicato ai
capi del diodo sia costituito dal segnale a RF che ”perturba” il grande segnale dovuto
a LO.
Se il segnale a RF è sufficientemente piccolo, allora anche la corrente nel diodo
dovuta al segnale a RF può essere considerata piccola e trascurabile rispetto a quella
generata dal segnale LO.
E’ quindi possibile, istante per istante, approssimare per il segnale RF la caratteristica del diodo in modo lineare, mediante la tangente locale. Ciò consiste nell’assumere per il diodo una conduttanza g(t) variabile nel tempo e controllata tramite il
segnale LO.
Per il segnale a RF (piccolo segnale) il circuito si comporta quindi in modo lineare
ma variabile nel tempo (tempo-variante), per cui si può assumere:
h
i
iRF t ≈ g vLO t · vRF t
(7.5)
Per semplicità di trattazione è opportuno operare in corrente, per cui nel circuito
di fig. 7.6(a) si adotta una trasformazione equivalente dei generatori di tensione in
generatori di corrente (Thevenin - Norton), come riportato in fig. 7.8.
142
Mixers
(a)
(b)
Figura 7.8: Mixer a diodo.
E’ possibile allora scrivere le equazioni di Kirchhoff del circuito:



iLO t + iRF t = iL t + iD t




iL t = yL · vD t

v (t)


D


ηV
iD t = Io e T − 1
(7.6)
Trascuriamo in prima approssimazione il segnale a RF , ossia iRF (t), rispetto a
iLO (t). Il sistema è comunque non lineare a causa della conduttanza yD = f [vD (t)]
ed è possibile risolverlo tramite uno qualsiasi dei metodi di analisi non lineare visti nei
capitoli iniziali (ad esempio Harmonic Balance, analisi nel tempo, ecc.).
Se il segnale LO è un segnale periodico (anche di tipo sinusoidale) di pulsazione
fondamentale ωLO , allora il circuito presenterà ai capi del diodo un segnale periodico.
Supponendo ancora di trascurare il segnale RF rispetto a LO, ai capi del diodo si avrà
LO
vD
+∞
X
t =
LO
VD,k
· ejkωLO t
(7.7)
k=−∞
dove
LO
VD,k
=
1
T
Z
T
LO
vD
t e−jkωLO t dt
(7.8)
0
e se il segnale è reale allora vale la proprietà
h
i∗
LO
LO
VD,k
= VD,−k
(7.9)
Come conseguenza anche la conduttanza gD (t) del diodo varierà nel tempo con lo
143
Mixers
stesso periodo del segnale LO, per cui sarà
diLO
D t
gD t = LO dvD t
LO t
vD
Io
· e ηVT =
=
ηVT
Io
·e
=
ηVT
(7.10)
P+∞
V LO ·ejkωLO t
k=−∞ D,k
ηVT
Essendo anche gD (t) periodica di periodo
TLO =
2π
ωLO
(7.11)
sarà allora esprimibile mediante uno sviluppo in serie di Fourier
+∞
X
LO
jkωLO t
gD
t =
GLO
D,k · e
(7.12)
k=−∞
Il segnale a RF , ossia iRF (t) vede il circuito come se fosse polarizzato al valore
imposto istante per istante dal segnale LO. In tal caso la polarizzazione dovuta a LO
è tempo variante e periodica con periodo TLO .
Gli effetti di tale polarizzazione tempo variante sono tenuti in conto dalla condutLO (t), data dall’equazione (7.12), per cui il circuito può considerarsi
tanza variabile gD
lineare e tempo variante per il segnale RF .
Con tali ipotesi è possibile applicare il principio di sovrapposizione degli effetti
ed andare a vedere il funzionamento del circuito in assenza del solo generatore iLO (t)
come evidenziato in fig. 7.9.
Figura 7.9: Analisi del circuito di fig. 7.7 mediante la sovrapposizione degli effetti.
Si ha così:
iRF
D t = iRF t ·
1
yL
1
yL
+
1
LO
gD
144
= iRF
LO t
gD
t ·
LO t
yL + gD
(7.13)
Mixers
E’ quindi possibile determinare la tensione ai capi del diodo, dovuta a RF , data
da:
RF
vD
iRF
iRF t
D t
t = LO =
LO t
gD t
yL + gD
(7.14)
Considerando ora che
LO (t) è periodica con pulsazione fondamentale ω
• gD
LO
LO (t) è ancora periodica con pulsazione fondamentale ω
• yL + gD
LO
•
1
LO (t)
yL +gD
è anch’essa periodica con pulsazione fondamentale ωLO
è allora possibile sviluppare
1
LO (t)
yL +gD
in serie di Fourier, ottenendo:
+∞
X
1
=
Rk · ejkωLO t
LO (t)
y L + gD
k=−∞
(7.15)
∗
dove Rk ∈ C e Rk = R−k
Assumendo ora il segnale iRF (t) di tipo sinusoidale, ovvero:
∗
IRF jω t IRF
iRF t =
e RF +
e−jωRF t
2
2
(7.16)
per la tensione ai capi del diodo si ha:
RF
vD
t = iRF t ·
=
1
=
LO (t)
yL + gD
+∞
+∞
X
I∗
IRF jωRF t X
e
Rk ejkωLO t + RF e−jωRF t
Rk ejkωLO t = (7.17)
2
2
k=−∞
=
+∞
X
k=−∞
RF,+ j kωLO +ωRF t
VD,k
e
+∞
X
+
k=−∞
RF,− j kωLO −ωRF t
VD,k
e
k=−∞
dove
IRF · Rk
2
∗ ·R
IRF
k
=
2
h
i∗
RF,−
= VD,k
RF,+
VD,k
=
RF,−
VD,k
RF,+
VD,k
(7.18)
Dalla legge di Kirchhoff all’unico nodo del circuito (fig. 7.7) si ha:
RF RF
LO
iRF t = iL + iRF
D = yL vD t + gD t · vD t
145
(7.19)
Mixers
da cui
iRF
+∞
h
i
X
jkωLO t
t = yL +
GLO
·
D,k · e
k=−∞
+∞
h X
RF,+
VD,k
j kωLO +ωRF t
·e
+
k=−∞
+∞
X
RF,−
VD,k
i (7.20)
j kωLO −ωRF t
·e
k=−∞
Limitando l’analisi alle prime M armoniche di LO la precedente equazione può essere
riscritta nel seguente modo:
∗
IRF jkωRF t IRF
·e
+
· e−jkωRF t =
2
2
n−M
h
i
X
jkωLO t
yL +
GLO
·
e
·
D,k
(7.21)
k=n+M
M
h X
RF,+
VD,n
· ej
nωLO +ωRF t
M
X
+
n=−M
RF,−
VD,n
· ej
i
nωLO −ωRF t
n=−M
Quest’ultima equazione deve essere soddisfatta frequenza per frequenza dando luogo
RF,+
RF,−
ad un sistema di (2M + 1) equazioni per i vari VD,n
ed altrettante per i VD,n
.
Possiamo quindi riscrivere:


−M ωLO + ωRF
0


 .. 
..
 

.
 . 
yL 0


 0  
−ωLO + ωRF
 

  0 yL

 IRF  = 
ωRF
 2   ..

 
 0   . ···
ωLO + ωRF


 . 
0 ···
..
 . 
.
 . 


0
M ωLO + ωRF

GLO
 D,0
 LO
 GD,1
+
 ..
 .

GLO
D,2M
GLO
D,−1
GLO
D,0
..
.
GLO
D,2M −1
146


RF,+
V
 D,−M 
 . 
  .. 


··· 0


  V RF,+ 
  D,−1 
· · · 0   RF,+ 

 
..  ·  VD,0  +
..


.
. 
  V RF,+ 
 D,1 

· · · yL 
 .. 
 . 


RF,+
VD,M


RF,+
V
 D,−M 
 . 
  .. 


···
GLO

D,−2M  
 V RF,+ 


D,−1 
 RF,+ 
· · · GLO
D,−2M +1 

 · V
  D,0 
..
..
 

.
.
  V RF,+ 


 D,1

···
GLO
.
D,0
 . 
 . 


RF,+
VD,M
(7.22)
Mixers
RF,+
per i termini in VD,n
e

−M ωLO − ωRF
..
.
0
..
.






 



yL 0


 0  
 

 I ∗   0 yL
 RF  = 
 2   ..
 

 0   . ···


 . 
0 ···
 . 
 . 


0
−ωLO − ωRF
−ωRF
ωLO − ωRF
..
.
M ωLO − ωRF

GLO
 D,0
 LO
 GD,1
+
 ..
 .

GLO
D,2M
GLO
D,−1
GLO
D,0
..
.
GLO
D,2M −1
RF,−
VD,−M
..
.






 


··· 0
 RF,− 

 V
  D,−M +1 
· · · 0   RF,− 
+
 

..  ·  VD,0
..


.
. 
RF,−

  V

 D,1

· · · yL 
.


..




RF,−
VD,M


RF,−
V
 D,−M 
 . 
  .. 


···
GLO

D,−2M  
 V RF,− 



D,−1
 RF,− 
· · · GLO
D,−2M +1 

 · V
  D,0 
..
..

 
.
.
  V RF,− 



 D,1
···
GLO
.
D,0
 . 
 . 


RF,−
VD,M
(7.23)
RF,−
per i termini in VD,n
In entrambi i sistemi si noti che ciascuna riga ”dista” ωLO dalle righe contigue. Il
primo sistema è relativo a tutte le pulsazioni angolari che sono a destra delle armoniche
di ωLO di una quantità pari a ωRF , mentre il secondo di tutte quelle che sono a sinistra
di ωLO della stessa quantità, come riportato in fig. 7.10.
Figura 7.10: Spettro dei segnali presenti in un mixer.
RF,+
RF,−
Poiché le incognite VD,n
e VD,n
sono tra di loro complesse coniugate, basterà
147
Mixers
risolvere uno solo dei due sistemi precedenti, ad esempio il primo, che può essere
riscritto nella forma più compatta:
RF,+
RF,+
I+
+ GRF
D · VD
RF = YL · VD
(7.24)
dove
• I+
RF è il vettore delle correnti impresse ed ha valori nulli solo ad ωRF ;
• YL è la matrice delle ammettenze di carico. E’ di tipo diagonale in quanto è
relativa alla parte lineare del circuito, per cui ogni riga di tensione genera una
riga di corrente alla stessa frequenza;
RF,+
• VD
è il vettore delle tensioni ai capi del diodo. Rappresenta i fasori di
tensione ordinati da −M ωLO + ωRF fino a M ωLO + ωRF a passo di ωLO ;
• GRF
D è la matrice delle conduttanze del diodo, denominata matrice di conversione. E’ generalmente una matrice piena in quanto una conduttanza tempo
variante, come già visto, può generare righe di corrente a tutte le frequenze
±nωLO ± ωRF con n = 0, 1, 2, . . . , ∞.
La diagonale della matrice è costituita da GLO
D,0 , ovvero dal valor medio nel tempo della conduttanza stessa. Inoltre tale termine mette in relazione termini di
tensione e corrente alla stessa frequenza, come una conduttanza costante.
Gli elementi fuori diagonale invece convertono la tensione ad una certa frequenza in una corrente ad un’altra frequenza.
Il sistema risolvente si presenta quindi come quello di un circuito lineare a 2M + 1
porte. Tali porte però non sono porte fisiche ma porte elettriche. Esse non rappresentano quindi altrettante porte fisiche ad una frequenza bensì differenti frequenze di una
sola porta fisica (il diodo).
Dalla relazione (7.24) si noti che la corrente che scorre nel diodo, può essere messa
in relazione con la tensione ai capi del diodo, mediante la matrice di conversione. In
particolare, si osserva che il circuito rappresentato dal diodo e dall’oscillatore locale,
può essere schematizzato mediante la matrice di conversione GRF
D come riportato
graficamente in fig. 7.11.
148
Mixers
Figura 7.11: Schematizzazione del circuito costituito dal diodo e dall’oscillatore locale
(il nucleo del mixer).
E’ allora possibile ”trasformare” la rappresentazione in una rete 2 porte, una relativa ad RF ed una relativa ad IF , tenendo in conto gli effetti delle terminazioni alle
altre porte. In questo modo ci si può concentrare sulle sole due porte di interesse, terminando le altre in modo opportuno. Per esempio, è abbastanza intuitivo assumere dei
cortocircuiti alle porte (frequenze) che non sono di interesse, in modo tale da annullare
la potenza dispersa a tali armoniche. Allo stesso modo è intuitivo assumere come impedenze ottime a RF ed IF quelle che garantiscono le condizioni di adattamento
complesso coniugato a tali frequenze.
7.4
Estensione non lineare della matrice di conversione
Il metodo appena descritto non è in grado di prevedere alcuni fenomeni non lineari
che si manifestano nel normale funzionamento del mixer. Il limite dell’approccio usato è l’approssimazione di piccolo segnale del segnale a RF rispetto a quello di LO,
che consiste nell’assumere una linearizzazione locale della caratteristica del diodo arrestata al primo ordine. Nelle normali condizioni operative il mixer è immediatamente
preceduto da un amplificatore di basso rumore (nei trasmettitori è di guadagno) che
ha il compito di portare il livello del segnale ad RF a valori tali per cui la decodifica
successiva alla traslazione in frequenza, avvenga nel modo più corretto possibile. In
questi casi allora non è generalmente corretto approssimare il diodo con una condut149
Mixers
tanza lineare gD (t) tempo variante, ma è necessario ricorrere ad una approssimazione
polinomiale della caratteristica i − v con termini di ordine superiore al primo.
Tuttavia sarebbe possibile estendere il procedimento precedente insieme alla validità dei risultati ottenuti, appesantendo la trattazione matematica. Il principio che
si applica come detto consiste nell’approssimare la caratteristica del diodo, nell’intorno del punto di lavoro definito dal segnale di LO, tramite un polinomio, e non una
semplice retta. In questo modo per la corrente iRF
D (t) si ha la seguente espressione:
RF h RF i2
h RF i3
LO
LO
LO
iRF
+ gD,3
t · vD
t
+ · · · (7.25)
D = gD,1 t · vD t + gD,2 t · vD t
LO si ottengono effettuando uno sviluppo di Taylor della caratteristiI coefficienti gD,n
ca del diodo nell’intorno del punto di lavoro determinato dalla vLO (t). L’ordine del
polinomio è legato al grado d’accuratezza voluto: più termini si considerano, maggiori
effetti non lineari sono tenuti in conto. Tipicamente ci si arresta al terzo o al quinto
ordine, così da prendere in considerazione i fenomeni d’intermodulazione di maggiore
importanza.
L’effetto principale dell’introduzione della (7.25) è quello di far nascere dall’analisi tutti i prodotti di intermodulazione tipici di una caratteristica di trasferimento non
lineare, cosa inosservabile sotto l’ipotesi rappresentata dalla (7.5).
I fenomeni che tipicamente si osservano sono due:
• conversione di frequenza che determina componenti spettrali alle frequenze
ωIF = ±ωRF ± n · ωLO
n = 0, 1, 2, . . .
(7.26)
• non linearità della caratteristica di trasferimento del diodo che fa nascere, intorno alle componenti spettrali date dalla (7.26), anche tutti i prodotti d’intermodulazione di ordine m, dove m è il grado del polinomio assunto nella
rappresentazione (7.25) della conduttanza del diodo.
Un tipico spettro all’uscita di un mixer è quello di figura , in cui accanto alle varie
armoniche dell’oscillatore locale ci sono anche tutti i prodotti d’intermodulazione.
Naturalmente i prodotti d’intermodulazione sono osservabili solo mettendo in ingresso al mixer due toni nella banda RF : f1 ed f2 , condizione operativa abbastanza
comune, in quanto nelle normali trasmissioni radio si è interessati al trasferimento di
un fascio di canali intorno ad una portante.
150
Mixers
Figura 7.12: Tipico spettro osservabile in uscita da un mixer reale.
7.5
Parametri prestazionali fondamentali per un mixer a microonde
Elaborato un metodo d’analisi che ci permetta di descrivere completamente il funzionamento di un mixer, passiamo a descrivere quali sono i parametri prestazionali
fondamentali da tenere in considerazione nel progetto.
7.6
Guadagno di conversione
Il guadagno di conversione (o conversion gain) CG Esprime l’efficienza del mixer nel
convertire energia dal segnale di ingresso RF verso quello di uscita IF ed è definito
nella forma:
CG dB
= 10 · log10
P
IF
PRF
(7.27)
dove con PRF e PIF si indicano rispettivamente la potenza disponibile in ingresso alla
frequenza RF e la potenza alla porta di uscita alla frequenza IF .
Normalmente, per mixers passivi, l’ampiezza del segnale IF è minore di quella
a RF . E’ allora più usuale parlare di perdita di conversione (conversion loss) CL ,
151
Mixers
definita come l’opposto di GC , ossia
CL dB
= −CG dB
= −10 · log10
P
IF
PRF
(7.28)
Per mixers SSB, dove viene sfruttata una sola delle due bande laterali del segnale
IF prodotto (ωLO +ωR F o ωLO −ωR F ), si ha già una perdita di conversione di almeno
3dB (CL ≥ 3dB). Se poi si tiene conto anche dell’energia del segnale di ingresso che
viene dispersa per conversione anche verso frequenze non utili, si deduce che la perdita
di conversione può raggiungere tranquillamente valori anche di 6 ÷ 8dB.
7.7
Prodotti di intermodulazione
Se in ingresso al mixer si pongono due segnali molto vicino tra loro, fRF,1 e fRF,2 , in
uscita saranno generati una serie di segnali alle frequenze:


n = 0, 1, 2, . . .
±n · fLO ± m1 · fRF,1 ± m2 · fRF,2

m , m = 1, 2, . . .
1
2
(7.29)
Tra questi segnali generati saranno presenti anche i prodotti di intermodulazione di
ordine 3 che si trovano alle frequenze:


±n · fLO ± 2 · fRF,1 − fRF,2

±n · f ± 2 · f
LO
RF,2 − fRF,1
7.8
n = 0, 1, 2, . . .
(7.30)
Punto d’intercetta del terzo ordine
Questo parametro è universalmente riconosciuto come l’indicatore della linearità di
un mixer. La collocazione sull’asse delle frequenze del prodotto di intermodulazione
di ordine 3 è molto fastidiosa, perché è il prodotto intermodulazione più vicino alle
frequenze fRF,1 ed fRF,2 per tutte le armoniche di LO, ed essendo anche del terzo
ordine è il contributo, tra tutti gli ordini, che ha l’ampiezza maggiore.
L’importanza del livello di potenza di questo prodotto d’intermodulazione è fondamentale perché nelle moderne trasmissioni non si trasmette una singola frequenza
fRF , bensì un ”fascio” di canali a frequenze diverse, ma molto vicine tra loro.
152
Mixers
Tipicamente le frequenze date dalla (7.30) cadono, per ogni canale, nella banda occupata da uno adiacente introducendo così un forte disturbo sul segnale utile. Quindi
minore è l’ampiezza di tale prodotto e minore sarà la distorsione che ogni canale genererà sull’adiacente, permettendo così o di aumentare l’ampiezza di ogni canale (cosa
che migliora la decodifica) o di avvicinare i canali tra loro, aumentando l’efficienza di
sfruttamento di una certa porzione di spettro.
Un modo per dare un’indicazione sul livello di potenza di tale prodotto è rappresentato dal punto di intercetta del terzo ordine IP3 , ovvero il punto in cui si incontrano
le estrapolazioni lineari della caratteristica ingresso-uscita del primo ordine con quella
del terzo. Analogamente è possibile definire il punto di intercetta di ordine m-esimo,
come l’intersezione tra i prolungamenti lineari della potenza lineare e di quella dovuta al prodotto di intermodulazione di ordine m-esimo. In figura 7.13 è visibile una
rappresentazione grafica del generico punto di intercetta di ordine m.
Figura 7.13: Misura del punto di intercetta di ordine m.
L’espressione analitica si può ricavare da una più generale che esprime la potenza
d’uscita di un qualunque prodotto d’intermodulazione PIM,m :
PIM,m = m · P1 − m − 1 · IPm
(7.31)
dove con P1 si indica il livello di potenza di uscita della risposta lineare, mentre IPm
153
Mixers
è il punto di intercetta di ordine m-esimo. Le quantità della (7.31) sono tutte espresse
in dBm. Per ricavare la relazione (7.31) si osservi che:


P1 = IPm − P
P = valore arbitrario

P
IM,m = IPm − m · P
(7.32)
da cui si ricava la (7.31).
Ponendo m = 3 si ha
PIM,3 = 3 · P1 − 2 · IP3
(7.33)
da cui risolvendo per IP3 si ottiene:
IP3 = 1.5 · P1 − 0.5 · PIM,3
(7.34)
La misura di IP3 va effettuata con i due toni alla stessa potenza d’ingresso PIN ,
per evitare effetti di soppressione. Inoltre essendo IP3 il punto in cui si intersecano le
estrapolazioni lineari delle caratteristiche al primo e al terzo ordine, è necessario che
il livello di potenza a RF , ossia PIN , sia tale da poter considerare ancora lineare la
risposta del mixer. Valori tipici si aggirano intorno a -40 dBm.
Nel caso in cui si volesse esprimere IP3 in termini delle potenze d’ingresso e non
d’uscita, basta aggiungere il contributo delle perdite di conversione:
IP3,in = IP3,out + CL
7.9
(7.35)
Punto di compressione ad 1 dB
Come per tutti i circuiti non lineari, è possibile definire il punto di compressione ad
1dB come quel valore della potenza d’ingresso a RF per cui il guadagno del mixer
diminuisce di 1dB rispetto al valore lineare
G1dB = P1dB ωIF − PIN ωRF = Glin − 1dB
(7.36)
dove PIN è la potenza d’ingresso a RF , P1dB il punto di compressione ad 1dB e Glin
il guadagno lineare, come riportato in fig. 7.14.
154
Mixers
Figura 7.14: Definizione del punto di compressione ad un 1dB per i mixers.
Rispetto a quanto accade in un amplificatore di potenza, in un mixer le quantità
espresse nella (7.36) sono trasfrequenziali, ossia legano la potenza d’uscita a IF con
quella in ingresso a RF .
Poichè la conversione di frequenza avviene grazie al segnale di oscillatore locale,
non è possibile prescindere dall’indicare sempre anche il livello di potenza dell’oscillatore locale per il quale si misurano IP3 e P1dB .
7.10
Cifra di rumore
Le sorgenti interne di rumore in un mixer dipendono dal tipo di dispositivo che si sta
utilizzando. Per i diodi fondamentalmente di tratta di rumore termico determinato dalla
resistenza del diodo e rumore shot legato al passaggio dei portatori nella giunzione. Per
i mixer a Fet le sorgenti di rumore interno sono le stesse: termico legato alle resistenze
parassite e shot a causa del passaggio delle cariche nel canale.
Bisogna però tenere presente che avvenendo nel mixer la conversione di frequenza,
parte del contributo alla cifra di rumore totale che si ha in uscita proviene da sorgenti
esterne a frequenze diverse da quella di RF ma che comunque si mescolano tramite
LO e si ritrovano in uscita nella stessa banda di IF . Un esempio è il rumore 1/f , che
ha ampiezza notevole fino a qualche centinaio di MHz, ma in un mixer può benissimo
essere riconvertito alla frequenza IF e peggiorare pesantemente la cifra di rumore.
Analogamente, rumore presente su bande anche lontane da RF può essere riconvertito
155
Mixers
a IF ; si deve quindi, cercare di filtrare lo spettro in ingresso alla porta RF .
Altri contributi significativi al fattore di rumore di un mixer sono: il rumore di fase
e d’ampiezza dell’oscillatore locale. Infatti, la purezza spettrale del tono d’oscillatore
locale non è mai perfetta, ed in particolare si ottiene spesso una forma d’onda che
presenta modulazione d’ampiezza e di fase. La modulazione d’ampiezza può essere
efficacemente ridotta utilizzando un limitatore all’uscita dell’oscillatore locale, mentre
quella di fase non può essere ridotta e dipende esclusivamente del circuito utilizzato per
generare il tono di oscillatore locale. Il rumore di fase di LO è particolarmente fastidioso perché si trasferisce interamente sul segnale ad IF , avendo questo una frequenza
ottenuta dalla combinazione di quella di LO con quella di RF .
7.11
Isolamento tra le porte RF/LO, IF/LO e RF/IF
In un mixer si possono individuare tre porte fisiche che corrispondono alle tre frequenze fondamentali (di interesse): RF , IF e LO. Tra queste tre frequenze, quella a cui
corrisponde il tono d’ampiezza maggiore è sicuramente quella dell’oscillatore locale,
il cui segnale può essere anche qualche decina di dB superiore a quello ad RF e IF .
Si definiscono gli isolamenti tra le varie porte nel seguente modo
"
#
PLO ωLO
= PLO ωLO − PIF ωLO ILO→IF = 10 · log10
dB
dB
PIF ωLO
"
#
PLO ωLO
= PLO ωLO − PRF ωLO ILO→RF = 10 · log10
dB
dB
PRF ωLO
"
#
PRF ωRF
IRF →IF = 10 · log10
= PRF ωRF − PIF ωRF dB
dB
PIF ωRF
(7.37)
In modo analogo si possono definire altre ”combinazioni” di isolamento.
L’importanza degli isolamenti è fondamentale ed in particolare quello rispetto
ad LO, in quanto impedire che il segnale di LO si presenti alle porte RF e IF è
necessario per due ragioni distinte:
• Porta RF - Si vuole evitare che il leekage del segnale di LO venga irradiato
dall’antenna ricevente per due motivi: essendo fLO tipicamente vicina alla fRF ,
può causare interferenza data la sua notevole ampiezza; nei sistemi militari in-
156
Mixers
oltre costituirebbe una specie di radiofaro che faciliterebbe l’individuazione del
ricevitore.
• Porta IF - Un segnale di LO di ampiezza molto maggiore di quello a IF può
causare la saturazione dell’amplificatore di guadagno che tipicamente segue un
mixer. Inoltre, la catena di ricezione e trasmissione di un satellite ha un guadagno complessivo intorno ai 100 dB, ed essendo le antenne di ricezione e trasmissione vicine tra loro (fisicamente), il segnale di LO sulla porta IF può venire
amplificato dalla catena trasmittente per poi rientrare dall’antenna ricevente, con
ottime probabilità di innescare l’oscillazione di tutto il sistema.
Per i motivi sopra elencati, si cerca in genere di mantenere l’isolamento tra le
porte LO/RF e LO/IF al di sopra dei 20 dB. Allo stesso livello si tenta di mantenere
l’isolamento RF/IF, visto che la potenza a RF che si accoppia sulla porta a IF aumenta
le perdite di conversione del mixer non partecipando alla conversione di frequenza.
7.12
Spurie
In un mixer è di particolare importanza lo studio delle risposte alle spurie. Le spurie
sono tutti quei segnali di ingresso (alla porta RF ), ad esclusione del segnale a RF , che
vengono convertiti alla frequenza fIF e quindi si sovrappongono al segnale utile sulla
porta IF . Come visto in precedenza, un mixer con un tono in ingresso fin genera in
uscita tutte le frequenze


n = 0, ±1, ±2, . . .
fout = n · fLO + k · fin
(7.38)

k = ±1, ±2, . . .
Tutti i segnali in ingresso per le quali fout = fIF sono le spurie, che forniscono quindi
un uscita indesiderata in banda utile. Formalmente si ha


n = 0, ±1, ±2, . . .
1
fIF − n · fLO
fIN,spurie =

k
k = ±1, ±2, . . .
(7.39)
Un esempio di spuria è la frequenza immagine, ovvero la frequenza simmetrica rispetto
a fLO di fIF . Se per esempio il mixer è up-converter, con
fIF = fLO + fRF
157
Mixers
allora la frequenza immagine sarà
fimmagine = fLO − fIF
ovvero la frequenza ottenibile dalla (7.39) con indici
n, k = 1, −1
Un grafico esplicativo ed efficace per valutare quali sono le frequenze spurie che possono creare problemi, è la cosiddetta carta delle spurie (spurious response chart), di
cui un esempio è riportato in figura 7.15.
La costruzione della carta delle spurie è abbastanza semplice. Si riportano sull’asse
delle ascisse i valori di frequenza positivi (fin ) e sull’asse delle ordinate sia valori positivi che negativi, corrispondenti ai valori di fin determinabili dall’equazione (7.38).
Si ottengono così dei fasci di rette, ognuno caratterizzato da uno stesso indice n ma
con diversi indici k.
Si individua poi sul grafico un rettangolo delimitato dal range della fRF (asse x) e
dalla fIF (asse y). Si noti che tale rettangolo risulta sempre attraversato da una retta
sulla diagonale dal vertice in basso a sinistra verso quello alto a destra con indici (1,1)
nel caso di mixer up-converter o dal vertice in alto a sinistra verso quello in basso a
destra con indici (1,-1) nel caso di mixer down-converter.
Nell’esempio riportato in fig. 7.15, si nota che lo stesso rettangolo oltre ad essere
attraversato dalla retta con indici (1,1) risulta essere attraversato anche da una retta
relativa agli indici (0,2). Ciò significa che la seconda armonica del segnale di ingresso
(k=2) passando inalterata verso l’uscita (n=0) si ritrova ad attraversare la banda utile.
E’ allora necessario adottare delle opportune tecniche che permetteranno di eliminare
tali segnali indesiderati.
158
Mixers
Figura 7.15: Esempio di carta delle spurie.
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