Progresso Vet_Aprile 05 12-04-2005 11:20 Contributi Pratici Fabbi M. I.Z.S. della Lombardia e dell’Emilia-Romagna Marone P. Policlinico San Matteo, Pavia Zavanella M. Fondazione Iniziative Zooprofilattiche e Zootecniche, Brescia Generalità sull’infezione La malattia da graffio del gatto (sinonimo = Cat Scratch Disease, CSD) è una zoonosi emergente e ubiquitaria. La malattia è nota nell’uomo dal 1930 ed è stata descritta per la prima volta nel 1950 da Debrè. L’agente eziologico nel corso degli anni era stato sospettato essere dapprima un virus, poi una Clamidia, poi un batterio, ma solo dopo gli anni ’90 Bartonella henselae è stata definitivamente identificata quale agente eziologico della malattia. Più recentemente un’altra Bartonella, Bartonella clarridgeiae, è stata pure segnalata quale responsabile di casi di CSD nell’uomo. Bartonella henselae è un corto bastoncino, pleomorfo, Gram-negativo, aerobio, con scarse affinità tintoriali. Replica in vitro fra 28 e 37 °C e resiste al congelamento. Dal punto di vista tassonomico è incluso nel Pagina 155 Bartonella henselae, agente eziologico di una zoonosi emergente: la malattia da graffio del gatto genere Bartonella, all’interno del sottogruppo alfa 2 della classe Proteobacteria e presenta forti affinità con i generi Rhizobium e Brucella. Con Brucella condivide al 95% il genoma. Si conoscono due tipi di Bartonella henselae, tipo I e tipo II, identificabili con tecniche molecolari. Il serbatoio naturale del microrganismo è il gatto, nel quale l’infezione decorre abitualmente in forma pressoché asintomatica caratterizzandosi con batteriemie prolungate (di parecchi mesi o anni) e ricorrenti anche in presenza di una risposta immunitaria rilevabile. Un ruolo centrale della diffusione dell’infezione tra i gatti è svolto dalla pulce, anche se, recentemente, è stato dimostrato che zecche quali Ixodes pacificus ed Ixodes ricinus possono albergare il microrganismo e quindi essere potenzialmente in grado di trasmetterlo all’ospite, uomo compreso, attraverso il pasto di sangue. La trasmissione dell’infezione dal gatto all’uomo avviene solitamente attraverso il graffio o il morso ed è legata alla presenza del batterio sugli artigli e/o nel cavo orale. Bartonella henselae può contaminare gli artigli del gatto mediante il loro contatto con feci di pulci infette presenti sulla cute (nelle quali il batterio resiste vitale fino a 9 giorni). Bartonella henselae, inoltre, può contaminare direttamente la cavità orale, sia attraverso sanguinamenti conseguenti a patologie gengivali e/o dentali, sia indirettamente mediante il leccamento della cute contaminata o degli artigli. 155 APRILE 2005 L’infezione negli animali e nell’uomo L’infezione interessa soprattutto il gatto e l’uomo, anche se Bartonelle sono state isolate da cani, conigli, roditori e ruminanti. In particolare nel cane, sia B. henselae che B. clarridgeiae determinano lo sviluppo di forme cliniche e quadri anatomo-patologici del tutto simili a quelli osservati nell’uomo (peliosi epatica, endocarditi, ecc.) mostrandosi pertanto più ospite finale e accidentale piuttosto che di mantenimento per il batterio. Il gatto, come più sopra accennato, non manifesta sintomi specifici di malattia, anche se alcuni Autori hanno potuto rilevare episodi di linfoadenite associata a un transitorio rialzo febbrile. Dalla letteratura emerge che il rischio di infezione per i gatti di strada è circa doppio rispetto a quelli di proprietà. Studi condotti in vari paesi hanno indicato che la prevalenza di gatti infetti da B. henselae può risultare talora molto elevata; tra i gatti di strada si possono raggiungere, nell’ambito delle singole colonie, prevalenze anche maggiori del 50% di soggetti batteriemici. Per quanto attiene a dati italiani, una ricerca da noi condotta su circa 800 gatti di strada (Fabbi et. al., 2004, J.Clin.Microbiol.), ha rivelato in differenti aree del Nord Italia un 18% globale di soggetti batteriemici (emocoltura = gold standard), con punte di prevalenza fino al 48% di animali batteriemici nella singola colonia. Il 38% dei gatti testati possedeva invece anticorpi verso B. henselae. Progresso Vet_Aprile 05 12-04-2005 11:20 Gli animali positivi contemporaneamente all’emocoltura e alla sierologia erano il 12,2%. La tipizzazione molecolare ha poi permesso di attribuire il 20,6% dell’infezione a Bartonella henselae tipo I, il 61,1% al tipo II, mentre il 18,3% è risultato infetto contemporaneamente da entrambi i tipi. Una indagine recente condotta da Lauzi e collaboratori in gatti di strada nella città di Venezia ha rilevato il 18% di gatti batteriemici per Bartonella henselae ed il 33% di gatti sieropositivi. In una nostra più recente indagine su un campione di oltre 150 gatti di proprietà abbiamo registrato un 21% di soggetti batteriemici ed un 43,5% di sieropositivi. B. henselae tipo I era presente nel 45% dei soggetti infetti, Bartonella henselae tipo II nel 37 %, mentre il 12% era coinfetto da entrambi i tipi. Solo il 6% degli animali è risultato batteriemico per Bartonella clarridgeiae, a conferma della minor circolazione di questa Bartonella nelle popolazioni feline del Nord Italia. L’incidenza della malattia nella popolazione umana è poco nota, ad eccezione dei circa 22.000 casi segnalati ogni anno negli USA, 2000 dei quali richiedono l’ospedalizzazione. I dati di prevalenza della malattia nell’uomo in Italia sono molto frammentari e spesso legati a segnalazioni di carattere personale (contatti con medici, ospedali, poliambulatori, ecc) o alla segnalazione della zoonosi da parte di strutture ospedaliere (quelle che eseguono la diagnosi) al servizio veterinario competente. Tuttavia le diverse fonti riferiscono di numerosi casi che giungono all’osservazione del medico in cliniche pediatriche, di malattie infettive o negli ambulatori di medicina generale. La forma clinica più frequente di CSD, che sembra privilegiare i soggetti giovani (bambini-ragazzi), è caratterizzata da una linfoadenopatia superficiale localizzata in sede ascellare o nella regione che drena una lesione cutanea provocata dal graffio del gatto. Il periodo di incubazione è di 3-21 giorni con una media di 12 giorni. Nei 2/3 dei <#> Pagina 156 casi è documentabile una lesione primaria da inoculo rappresentata da una macula, papula o vescicola di 3-5 mm di diametro, dolente, che può evolvere in una pustola o escara con tendenza alla guarigione spontanea in pochi giorni o settimane. Nel 6% dei casi la lesione primaria è congiuntivale. Dopo 2-4 settimane si assiste alla comparsa di linfoadenopatia loco-regionale, dolente, mobile. Le stazioni più coinvolte sono in ordine di frequenza ascellari, laterocervicali, sottomandibolari, inguinali, femorali, preauricolari, sopraclavicolari ed epitrocleari. Nel 40% dei casi circa si assiste all’interessamento di più stazioni contemporaneamente. La linfoadenopatia regredisce spontaneamente entro 2-6 mesi. Nel 15-20 % dei casi i linfonodi vanno incontro a suppurazione e fistolizzazione cutanea. Tale quadro si accompagna talvolta a febbricola, rash fugace, eritemato-papuloso o eritemato-nodoso, astenia, anoressia, malessere, cefalea, faringodinia, artralgie. Gli esami di laboratorio evidenziano leucocitosi neutrofila e talvolta eosinofilia, aumento della VES e delle globuline sieriche. Non sono tuttavia infrequenti (circa il 5-14% di tutte le CSD) forme sistemiche complicate a carattere granulomatoso, soprattutto a carico dei parenchimi (fegato, milza, linfonodi del mediastino, ecc), che possono assumere particolare gravità nei pazienti immunocompromessi (pazienti HIV-positivi, pazienti sottoposti a trapianto di organo solido o a terapie anti-neoplastiche, ecc.). Bartonella henselae può essere altresì responsabile di altre forme cliniche nell’uomo, quali angiomatosi bacillare, peliosi epatica, batteriemie, endocarditi, neuroretiniti, sindromi oculo-glandolari di Parinaud e meningiti asettiche, che pure possono assumere carattere di estrema gravità in particolari condizioni di deficit immunitario. Se nel paziente immunocompetente nelle forme asintomatiche e lievi di CSD non è indispensabile ricorrere alla terapia antibiotica (che non è peraltro in grado di modificare l’andamento della malattia) al contrario il trattamento si impone nelle forme gravi e nel paziente immunodepresso. Possono inoltre essere impiegati antiinfiammatori, mentre sono da evitare gli steroidi che possono favorire la fistolizzazione. In vitro la B. henselae è sensibile a numerosi antibiotici quali amoxicillina, cefalosporine di terza generazione, fluorchinoloni, aminoglucosidi, macrolidi, rifampicina e cotrimossazolo. Alcuni studi hanno evidenziato l’efficacia della rifampicina, della doxiciclina e dei macrolidi. La durata del trattamento varia da 7 a 14 giorni. Nelle forme a decorso grave è consigliata l’associazione di rifampicina e doxiciclina. Nei pazienti immunocompromessi la terapia deve essere protratta per 6 settimane. Nel trattamento dell’angiomatosi bacillare e della peliosi epatica ci si avvale in genere dell’eritromicina oppure della doxiciclina per 3 mesi. Nei pazienti immunocompromessi, in caso di recidiva dell’infezione, dopo la terapia è necessario procedere alla profilassi secondaria da proseguire fino a che persista la condizione di immunocompromissione. Progresso Vet_Aprile 05 12-04-2005 11:20 Pagina 157 Diagnosi La diagnosi nell’uomo, oltre che dal sospetto clinico, può essere confermata in laboratorio mediante test sierologico (immunofluorescenza indiretta, cut-off 1:64), che attualmente appare il più praticato dagli ospedali (non molti, peraltro) che effettuano diagnosi di CSD. Sono segnalate possibili reazioni crociate con Coxiella burnetii e Clamidia spp. E’ tuttavia da rilevare che i test del commercio contengono B. henselae e non B. clarridgeiae. Ciò deve essere tenuto in considerazione in presenza di una forma clinica compatibile con una CSD che risulti negativa al test di immunofluorescenza del commercio. Non risulta esserci infatti reazione crociata tra le due Bartonelle sopra citate, come rilevato per la prima volta in occasione della scoperta dell’esistenza di B. clarridgeiae su un paziente (un veterinario), che pur mostrando una sintomatologia tipica per CSD risultò negativo al test per B. henselae. Fu necessario isolare la nuova Bartonella dal gatto del paziente ed allestire il test specifico per confermare la diagnosi (titolo anticorpale positivo = 1:1024). La messa in evidenza del microrganismo nei pazienti con CSD con metodi tradizionali (coltura) è spesso problematica per la presenza di pochi microrganismi o addirittura per la loro assenza nei linfonodi al momento del prelievo del campione (biopsia, pus). Inoltre spesso il paziente giunge all’osservazione dello specialista dopo trattamenti antibiotici empirici che possono favorire la negatività delle indagini colturali. Mentre nei gatti l’emocoltura rappresenta il gold-standard strettamente correlato alle alte cariche batteriche repertate nel sangue degli animali infetti (> di 1000 e fino a 30.000 ufc/ml di sangue), nell’uomo l’emocoltura si rivela di scarsa utilità, salvo nel paziente gravemente immunocompromesso che presenti una forma clinica grave. Secondo Murray e Coll. (2003), l’esame batteriologico sui linfonodi che drenano il sito di contatto è quasi sempre negativo, anche se i bacilli sono visibili nei preparati istologici. Al contrario l’emocoltura nel gatto riveste estrema importanza in quanto strumento che permette la quantificazione della carica batterica circolante e si rivela altrettanto utile per valutare l’efficacia di eventuali trattamenti terapeutici intrapresi. La metodica in PCR è sempre più frequentemente indicata quale metodica di riferimento per confermare la diagnosi diretta di CSD da biopsie tissutali (solitamente linfonodi), in quanto in grado di rilevare frammenti del DNA batterico di microrganismi non vitali e/o presenti in quantità molto piccole, oltre a essere utilizzata per tipizzare i diversi tipi di Bartonella. In Medicina Veterinaria, nel gatto in particolare, l’emocoltura resta il metodo diagnostico d’elezione, rispetto al quale la sierologia mostra un 56,5% di sensibilità ed un 67% di specificità. Come già in precedenza ribadito, il test sierologico da solo non è sufficiente per stabilire lo stato sanitario dell’animale nei confronti della bartonellosi felina, in quanto si tratta di una prova che spesso si posi- 157 APRILE 2005 tivizza tardivamente rispetto al momento dell’infezione e che comunque tende a coesistere con la batteriemia. E’ possibile, a nostro avviso, effettuare una completa valutazione dello stato sanitario del gatto nei riguardi della bartonellosi felina abbinando il test sierologico all’emocoltura, ripetendo quest’ultima nei soggetti risultati sieropositivi al fine di controllare la eventuale comparsa di batteriemie ricorrenti. Pochi studi sono stati effettuati sulla efficacia della terapia in vivo nei gatti batteriemici; tuttavia, la terapia antibiotica con farmaci quali macrolidi, amoxicillina e doxiciclina, seguiti dagli opportuni successivi controlli di efficacia, hanno mostrato una buona capacità di risposta all’infezione. Nella diagnostica sull’uomo la sierologia, abbinata ad una attenta valutazione clinica ed anamnestica, conserva un buon valore diagnostico nonostante la possibilità di false reazioni negative attribuibili a diversi fattori, quali la cattiva qualità dell’antigene diagnostico, la produzione tardiva di anticorpi rispetto alla comparsa della forma clinica e malattie concomitanti (AIDS). La bibliografia è disponibile presso gli autori