LA MALATTIA DA GRAFFIO DEL GATTO

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LA MALATTIA DA GRAFFIO DEL GATTO
La malattia da graffio del gatto (Cat Scratch Disease - CSD) è una zoonosi emergente ed ubiquitaria trasmessa dal gatto. Sebbene tale
malattia fosse già stata segnalata negli anni ‘30, solo negli anni ‘90 si è arrivati a stabilirne la causa: Bartonella hensalae. L’agente
eziologico consiste in piccoli bacilli gram negativi, pleomorfi, aerobi, con scarse affinità tintoriali che possiedono oltre il 95% del genoma
omologo a quello di Brucella abortus. Sebbene sia stata dimostrata una risposta immunitaria anche notevole e non si osservino segni
clinici nel gatto, questo può avere fasi batteriemiche che durano da 2 mesi ad alcuni anni rendendolo il reservoir naturale del patogeno.
Un ruolo centrale della diffusione dell’infezione tra i gatti è svolto dalla pulce, anche se, recentemente, è stato dimostrato che zecche
quali Ixodes pacificus ed Ixodes ricinus possono albergare il microrganismo e quindi essere potenzialmente in grado di trasmetterlo
all’ospite, uomo compreso, attraverso il pasto di sangue. L’uomo può venire a contatto con tale patogeno in diversi modi: tramite il
gatto, le zecche e, molto raramente, il cane. La trasmissione dell’infezione dal gatto all’uomo avviene solitamente attraverso il graffio o
il morso ed è legata alla presenza del batterio sugli artigli e/o nel cavo orale. Bartonella henselae può contaminare gli artigli del gatto
mediante il loro contatto con feci di pulci infette e può contaminare direttamente la cavità orale, sia attraverso sanguinamenti
conseguenti a patologie gengivali e/o dentali, sia indirettamente mediante il leccamento della cute contaminata o degli artigli.
Nell’uomo, contrariamente al gatto, la malattia può provocare sintomi variabili, alcuni dei quali molto gravi. Ad oggi tale malattia viene
considerata la causa più comune di adenopatia cronica, benigna, in bambini e giovani adulti. Da 3 a 10 giorni dopo il graffio od il morso
del gatto compare nella zona una lesione cutanea pustolosa, papulosa o vescicolosa, che può persistere per diverso tempo. Tale lesione
può guarire senza lasciare cicatrici. A ciò spesso può seguire l'adenopatia di un singolo linfonodo che compare di solito entro 2
settimane dal graffio. Nel 40% dei casi circa si assiste all’interessamento di più stazioni contemporaneamente. I linfonodi interessati
sono maggiormente quelli che drenano la regione interessata dalla lesione. E possono avere un diametro fino a 5 centimetri. Inoltre
appaiono rossi, dolenti e mobili. Nel 10-20% dei casi il linfonodo può suppurare mentre, nel restante 80% regrediscono in 2-6 mesi. Gli
esami di laboratorio evidenziano leucocitosi neutrofila e talvolta eosinofilia, aumento della VES e delle globuline sieriche. Altri sintomi
osservati, sebbene di riscontro più raro, sono: congiuntivite granulomatosa autolimitante associata ad una linfoadenopatia ipsilaterale,
per lo più preauricolare. Talora il decorso è grave con encefalopatia in circa l'1-7% dei casi, anomalie ematologiche, artrite ed eritema
nodoso, mielite trasversa, paralisi del VII, neuroretinite, coinvolgimento di milza, polmoni, fegato e cute. Le lesioni granulomatose
possono assumere particolare gravità nei pazienti immunocompromessi (bambini, anziani, pazienti HIV-positivi, pazienti sottoposti a
trapianto di organo solido o a terapie anti-neoplastiche, ecc.). Bartonella henselae può essere altresì responsabile di altre forme cliniche
nell’uomo, quali angiomatosi bacillare, peliosi epatica, batteriemie, endocarditi, neuroretiniti, meningiti asettiche, che pure possono
assumere carattere di estrema gravità in particolari condizioni di deficit immunitario. Per combattere tale malattia nell’uomo è
necessaria una terapia antibiotica con amoxicillina, cefalosporine di terza generazione, fluorchinoloni, aminoglucosidi, macrolidi,
rifampicina e cotrimossazolo (fino a 14 giorni) ed in alcuni casi l’ospedalizzazione del paziente. Nel gatto il germe risulta localizzato
soprattutto nel torrente circolatorio associato ai globuli rossi e talora all’interno dei macrofagi ed evoca nell’animale una risposta
immunitaria rilevabile ma che risulta poco efficace ad eliminare il microrganismo. Per prevenire tale patologia è necessario fare in modo
che il gatto non venga in contatto con pulci o zecche utilizzando antiparassitari. Qualora non sia stato possibile controllare se il gatto
possa essere venuto in contatto con i parassiti (e prertanto con Bartonella hensalae) ed in casa siano presenti soggetti immunodepressi,
si dovrebbe ricorrere ad alcuni test per verificare se l’animale sia portatore o no del patogeno. L’emocoltura rappresenta ne l gatto il
gold-standard poiché strettamente correlato alle alte cariche batteriche nel sangue degli animali infetti (> di 1000 e fino a 30.000
ufc/ml di sangue). Il test sierologico da solo non è sufficiente per stabilire lo stato sanitario dell’animale nei confronti della bartonellosi
felina dal momento che può dare esito a falsi negativi positivizzandosi tardivamente rispetto al momento dell’infezione. Una completa
valutazione dello stato sanitario del gatto nei riguardi della bartonellosi felina è possibile abbinando il test sierologico all’emocoltura e
ripetendo quest’ultima nei soggetti risultati sieropositivi al fine di controllare la eventuale comparsa di batteriemie ricorrenti. Anche nel
gatto la terapia antibiotica con farmaci quali macrolidi, amoxicillina e doxiciclina, seguiti dagli opportuni successivi controlli di efficacia,
hanno mostrato una buona capacità di risposta all’infezione.
A cura della Dott.ssa Scaglione Frine Eleonora
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