storia moderna

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INSEGNAMENTO DI
STORIA MODERNA
LEZIONE IX
“LA GUERRA DEI TRENT'ANNI”
PROF. DANIELE CASANOVA
Storia Moderna
La guerra dei Trent'Anni
Indice
1
La guerra dei Trent'Anni (1618-1648) ---------------------------------------------------------------- 3
2
La Spagna di Olivares ------------------------------------------------------------------------------------ 6
3
La Francia di Richelieu --------------------------------------------------------------------------------- 10
4
L'impero Ottomano nella prima metà del Seicento ---------------------------------------------- 13
5
Cronologia ------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 17
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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La guerra dei Trent'Anni
1 La guerra dei Trent'Anni (1618-1648)
La politica di restaurazione cattolica perseguita dall'imperatore Mattia d'Asburgo (16121619) fu alle origini di una delle guerre europee più devastanti dell'età moderna: la Guerra dei
Trent'Anni (1618-1648). In realtà si trattò di una serie di conflitti che coinvolsero tutta l'Europa e
furono combattuti prevalentemente sul territorio tedesco.
Il malcontento delle comunità protestanti contro la politica religiosa dell'imperatore e la
designazione, nel 1617, a re di Boemia di suo cugino, l'intransigente Ferdinando d'Asburgo,
provocarono un grave malcontento tra la popolazione protestante che nel 1618 in Boemia spinse
alcuni nobili protestanti a invadere il castello di Praga, assalire i governatori asburgici e a gettare
dalla finestra, a quanto pare su un cumulo d'immondizia, i due reggenti cattolici e il loro segretario
(defenastrazione di Praga). Con quest'avvenimento si suole indicare l'inizio della terribile guerra dei
Trent'Anni, un conflitto .
Nel primo periodo (1618-1620), quello chiamato boemo-palatino, le ostilità si svolsero
prevalentemente all'interno dei territori imperiali e in particolare in Boemia, teatro di un duplice
scontro tra etnie slave e tedesche, le prime calviniste e le seconde cattoliche. Dopo la morte
dell'imperatore Mattia (1619), gli successe il cugino Ferdinando, ma la Dieta del Regno di Boemia,
memore delle persecuzioni condotte contro i protestanti da Ferdinando, elesse a proprio re Federico
V, conte del Palatinato e capo dell'Unione evangelica, ottenendo l'appoggio dei principi della
Transilvania, ma non dei principi luterani tedeschi, contrari a sostenere i protestanti boemi. Ma
Federico V, in quanto principe elettore, avrebbe avuto a sua disposizione un altro voto, in quanto re
di Boemia. Sconfiggere la ribellione e sottrarre la corona boema a Federico diventa imprescindibile
per gli Asburgo. I cattolici tedeschi, capeggiati dal duca di Baviera, e Filippo III di Spagna si
schierarono invece con l'imperatore Ferdinando II (1620-1637) dando vita alla Lega cattolica. Le
forze della Lega, sotto la guida di Massimiliano di Baviera e del generale fiammingo Tilly,
sconfissero nel 1620 i boemo-palatini presso Praga nella battaglia della Montagna Bianca. La
repressione che ne seguì fu feroce: i Gesuiti s'installarono a Praga per eliminare le residue tracce di
calvinisti e la nobiltà boema fu decimata e sostituita nell'amministrazione da funzionari e
aristocratici italiani, spagnoli e tedeschi dell'esercito di Ferdinando II. Nello stesso tempo le forze
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La guerra dei Trent'Anni
cattoliche deposero Federico V, privandolo del titolo di elettore che fu invece conferito a
Massimiliano di Baviera.
L'intervento spagnolo e l'aggressiva politica di Ferdinando II preoccuparono gli Stati vicini e
in particolare l'Olanda. Quest'ultima, alleandosi con Inghilterra e Federico V del Palatinato e
accordandosi con la Francia dell'abile cardinale Richielau, favorì l'intervento in guerra del re di
Danimarca Cristiano IV (1596-1648), dando inizio al secondo periodo della guerra dei Trent'Anni
(periodo danese 1625-1629). L'esercito dei cattolici tedeschi guidato dal generale Tilly, e quello
imperiale, agli ordini di un geniale capitano di ventura boemo Albrecht von Wallenstein,
sconfissero il re danese nel 1626 e nel 1628 e lo costrinsero a firmare la pace di Lubecca (1629),
con la quale il re danese s‟impegnava a non intervenire più nelle questioni interne all‟impero,
recuperando in cambio tutti i suoi territori. Forte della vittoria, Ferdinando II emanò un editto di
restituzione che disponeva che venissero restituiti alla Chiesa tutti i suoi beni incamerati dai paesi
protestanti dopo il 1552.
La risposta all'aggressiva politica asburgica fu affidata al giovane re di Svezia Gustavo II
Adolfo (1611-1632). Sostenuto finanziariamente dalla Francia, a capo di un esercito ottimamente
equipaggiato, invase l'impero e a Breitenfeld (1631) sconfisse il Tilly, occupando la Baviera. La
morte in battaglia di Gustavo II non arrestò il conflitto, ma gli Svedesi subirono una decisiva
sconfitta a Nördlingen in Franconia (1634). I saccheggi e le devastazioni che seguivano i passaggi
della soldatesca, indussero i principi ribelli a trovare un accordo con l'imperatore che fu siglato a
Praga nel 1635 e concluse la penultima fase della lunga guerra, periodo svedese (1630-1635).
L‟imperatore Ferdinando rinuncia all‟editto di restituzione e gli Stati territoriali tedeschi si
impegnano ad aiutare Ferdinando a liberare la Germania dagli stranieri.
La tregua raggiunta a Praga, indusse però i Francesi ad entrare direttamente nella guerra
contro l'Impero e la Spagna, affiancando la Svezia e l'Olanda (periodo francese 1635-1648). La
Francia conduce operazioni militari contro gli Spagnoli sia nei Paesi Bassi, sia sul fronte italiano e
sia in Germania. Negli anni che seguirono il livello di distruzione raggiunse il suo apice. Gli
Svedesi e i Francesi rinnovarono i loro accordi ed ottennero una serie di successi nella Germania
meridionale e in Boemia. Nel 1643 i Francesi, sotto il comando del principe di Condé, sconfissero
gli Spagnoli nella battaglia di Rocroi, che pose fine alla supremazia militare spagnola e inaugurò un
lungo periodo di predominio militare francese. I contendenti logorati dalla guerra e vicini al tracollo
finanziario, intentarono trattative di pace sin dal 1644, mentre la guerra continuava ancora su tutti i
fronti. Solo nel 1648 si giunse alla pace di Vestfalia che segna la fine del dominio asburgico in
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Europa e il tramonto del sogno di unificare politicamente e religiosamente la Germania. Sul piano
religioso si ripresero le clausole della pacificazione di Augusta del 1555 (cuius regio eius religio),
ma fu mitigata la sua applicazione riconoscendo la libertà di culto privata. Sul piano politico tutti i
signori territoriali tedeschi furono dichiarati sovrani sul loro territorio, e quindi, fu drasticamente
ridimensionata l'autorità dell'imperatore al di fuori dei suoi domini ereditari. Ferdinando III, salito al
trono nel 1637, dovette fare concessioni e accettare perdite territoriali. A trarre vantaggi furono
soprattutto l'Olanda, ormai indipendente dalla Spagna, e la Svezia, padrona incontrastata del
Baltico. La Francia, arbitra del conflitto e vera vincitrice, acquisì i vescovadi di Toul, Metz e
Verdun, e pose le basi della sua supremazia che durerà per tutto il Seicento, non si accordò con la
Spagna e la guerra franco-spagnola si protrasse per altri dieci anni, fino alla pace dei Pirenei (1659).
Con la pace di Vestfalia si conclusero le guerre causate dallo scisma luterano, ma la Germania ne
uscì devastata. E' stato calcolato che la popolazione tedesca si ridusse della metà e che solo a metà
del Settecento la popolazione raggiunse i livelli del 1600.
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La guerra dei Trent'Anni
2 La Spagna di Olivares
Sebbene la guerra dei Trent'Anni fosse scoppiata nei territori tedeschi, anche la Spagna,
principale alleata dell'imperatore, dovette affrontare le ripercussioni politiche e sociali del conflitto.
Un primo ridimensionamento della Spagna nel contesto politico europeo era avvenuto già negli
ultimi anni del regno di Filippo II, quando il paese si trovava in guerra con le maggiori potenze
europee. Negli anni a cavallo tra la fine del Cinquecento e gl‟inizi del Seicento, la disastrosa
situazione finanziaria del paese, in conseguenza dell‟enormità del suo sforzo bellico, si aggravò
ulteriormente. Dopo l‟ultima bancarotta di Filippo II (1596), la sesta, anche il suo successore, il
figlio, Filippo III, nel 1607 fu costretto a dichiarare l‟insolvenza della Corona. Alla crisi finanziaria
si aggiunse una grave crisi economica che colpì in particolar modo la Castiglia, la regione che più di
tutte aveva sopportato il peso della politica espansionistica asburgica. I cattivi raccolti, le ondate di
peste, che solo tra il 1599 e il 1600 fecero oltre mezzo milione di morti, e la decadenza di gran parte
dei settori produttivi provocarono l‟abbandono dei villaggi e l‟esodo dalle zone rurali verso le città
e le colonie d‟oltremare. Gli abitanti della penisola in mezzo secolo, scesero da circa 8 milioni e
mezzo, censiti nel 1591, a poco più di 6 milioni nel 1646. Il calo demografico, dovuto anche al
trasferimento negli altri domini imperiali di forti contingenti di militari spagnoli, circa 150.000
uomini in mezzo secolo, comportò un‟inevitabile riduzione della manodopera che danneggiò la
produzione e ridusse l‟esportazione delle materie prime e dei manufatti soprattutto in America.
Un‟altra conseguenza di questa situazione negativa fu la riduzione dell‟afflusso di oro e di argento
americano, che non bastava più da solo a riequilibrare il deficit commerciale spagnolo. Si è
calcolato che il quinto, la quota spettante alla Corona degli arrivi di oro e di argento americano, da
11 milioni di pesos nel quinquennio tra il 1601 e il 1605 passò a 4 milioni e mezzo dieci anni dopo,
e ad appena 600.000 nel quinquennio 1656-1660. La politica fiscale della monarchia per forza di
cose sottopose i sudditi ad un‟insostenibile pressione tributaria che penalizzava la produttività e
scoraggiava qualsiasi attività imprenditoriale. Infine, a frenare ulteriormente la possibilità di una
ripresa vi contribuì il complicato sistema di dogane interne e una serie di vecchie imposte feudali,
che favorivano il contrabbando e l‟immissione nel paese di prodotti europei.
A peggiorare ulteriormente la situazione economica, nonostante fossero stati raggiunti degli
accordi di pace con la Francia (1598), l‟Inghilterra (1604) e l‟Olanda (1607), fu la decisione presa
nel 1609 dal Consiglio di Stato di espellere per ragioni di sicurezza tutta la popolazione moresca
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residente in Spagna. I moriscos costituivano circa il 3 per cento degli abitanti della penisola iberica
e in Andalusia, malgrado le deportazioni coatte avvenute durante la rivolta del 1568-1570,
rappresentavano ancora un terzo della popolazione. La loro espulsione comportò l‟abbandono di
molte colture e di diverse attività produttive, tra cui quella serica, legate proprio all‟esperienza dei
lavoratori musulmani. Il risultato fu che alla fine degli anni Venti si venne a creare nel paese un
notevole contrasto fra la miseria della maggior parte della popolazione e l‟ostentata prodigalità di
una ristretta cerchia di aristocratici, che per mantenere alto il proprio livello di vita, rispolverò diritti
e privilegi, ormai in disuso, e trascinò il paese in un processo di anacronistica rifeudalizzazione. Il
clima generale e le contraddizioni della società iberica del periodo, nonché il lato trasognato
dell‟indole castigliana, furono colte con straordinaria efficacia nel Don Chisciotte di Miguel de
Cervantes, pubblicato in due fasi tra il 1605 e il 1615.
Il regno di Filippo III (1598-1621), un sovrano dotato di scarse capacità politiche, e quello
del suo successore Filippo IV (1621-1665), anch‟egli con scarsa attitudine al comando, furono
quindi caratterizzati dall‟incapacità del governo di adottare, così come suggerivano le analisi di
molti osservatori del tempo, i necessari rimedi per fronteggiare la crisi. La stessa occupazione del
Portogallo e l‟annessione dei suoi domini coloniali alla Spagna, anziché tradursi in un vantaggio
economico, risultò, invece, un problema in più da risolvere in considerazione del fatto che la
monarchia fu più vulnerabile agli attacchi dei suoi nemici che estesero le ostilità anche al Portogallo
e ai suoi domini coloniali. Durante la monarchia di Filippo III, inoltre, mutò sensibilmente anche il
sistema di potere del governo spagnolo, il cui centro non era più rappresentato dal monarca, ma
ruotò attorno alla figura del valido o privado, ossia il favorito del sovrano, una personalità politica a
metà tra un primo ministro ed un segretario di Stato. Le due più importanti personalità che
rivestirono questo incarico nella prima metà del Seicento furono il duca di Lerma e il conte duca
d‟Olivares, che per circa quarant‟anni esercitarono un controllo, spesso clientelare, dell‟intero
sistema di potere spagnolo e fecero regredire il regno al rango di una potenza secondaria.
Sotto il regno di Filippo IV, la fragile pax hispanica posta in essere dal duca di Lerma, fu
interrotta dalle mire imperialistiche del nuovo valido. L‟Olivares per proteggere le comunicazioni
tra le varie parti dell‟impero attuò un‟aggressiva politica militare, che prevedeva, tra l‟altro, il più
diretto coinvolgimento dei domini spagnoli per sostenere lo sforzo bellico (Uniòn de las Armas),
una forza di oltre 140.000 uomini reclutati nelle dieci aree in cui si divideva l‟impero. Alle guerre
contro l‟Olanda, le cui flotte ormai controllavano i commerci tra il Mediterraneo e il nord Europa e
minacciavano i mercanti portoghesi in Oriente e in Brasile; alla devastante e logorante Guerra dei
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La guerra dei Trent'Anni
Trent‟Anni, combattuta sul suolo dell‟Europa centro settentrionale, bisogna aggiungere che la
Monarchia spagnola dovette fronteggiare una serie di rivolte interne, causate dal malcontento
popolare per l‟esagerata pressione fiscale. Dapprima, nel 1640, la sollevazione della Catalogna, che
si costituì in repubblica indipendente sotto la protezione della Francia e durò sino al 1652, poi
quella contemporanea del Portogallo, che proclamò la sua indipendenza e ristabilì sul trono la
dinastia nazionale di Braganza riconosciuta dagli spagnoli solo nel 1668, e, infine, nel 1647, alla
vigilia della conclusione della Guerra dei Trent‟Anni, la rivolta della Sicilia e quella capeggiata da
Masaniello a Napoli, misero a repentaglio seriamente la stabilità del sistema imperiale spagnolo.
Secondo la visione degli intellettuali iberici del Seicento, i motivi del declino si spiegavano
con le vicende accadute da quando nella penisola si erano insediati gli Asburgo. A loro parere, la
decadenza dipendeva dall‟intollerante politica religiosa che aveva cacciato dalla penisola gli operosi
moriscos e dalla conseguente soppressione della libertà di pensiero perseguita dall‟Inquisizione che
aveva portato il paese all‟isolamento culturale in cui si trovava la Spagna. Per altri analisti, invece, a
determinare la fine di un‟epoca in cui la Spagna aveva dominato la scena politica internazionale,
furono le sconfitte subite ad opera dei francesi nel corso della guerra dei Trent‟Anni e le
insurrezioni armate contro il dominio spagnolo della Catalogna, del Portogallo e del Regno di
Napoli. Per gli storici novecenteschi appare abbastanza chiaro che a determinare la crisi, più che le
vicende politiche interne o l‟oscurantismo religioso, furono l‟arretratezza e la debolezza delle
strutture economiche del paese, l‟assenza di un ceto imprenditoriale e l‟interdipendenza che si era
creata tra l‟economia castigliana e quella degli altri paesi europei. Sin dalla metà del Cinquecento
gran parte della produzione laniera era inviata nei Paesi Bassi, dove veniva lavorata e i manufatti
riesportati in Spagna. L‟afflusso di oro e di argento delle Americhe finì, così, col sollecitare lo
sviluppo della Francia, dell‟Olanda e dell‟Inghilterra, le quali esportavano in Spagna tutta una serie
di prodotti, destinati sia al fabbisogno della popolazione interna che alle colonie americane.
L‟economia spagnola dopo aver influenzato per tutto il Cinquecento lo sviluppo mediterraneo ed
europeo, ora lo condizionava in maniera negativa, mentre la sua marina mercantile declinava in
modo netto a vantaggio delle marinerie del nord Europa.
La decadenza della Spagna implicava il declino di tutto il sistema economico che poggiava sul
capitale finanziario italiano, tedesco e fiammingo, sull‟oro americano e sul commercio delle spezie
portoghesi. Al crollo del mercato spagnolo si aggiungeva il ristagno dell‟economia ottomana e il collasso del
sistema produttivo tedesco. Della lenta, ma costante transizione che ebbe a subire l‟economia europea ne
risentirono in particolare le esportazioni italiane e quindi la produzione stessa della penisola. Così nel 1628 a
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Milano si contavano ancora cinquemila telai per la seta, ma nel 1662 ve ne erano solo duecento, sempre nella
stessa città, verso il 1600 si producevano circa quindicimila panni lana, nel 1643 soltanto tremila. A
determinare il declino economico dell‟Italia, oltre alle cause interne e alle nuove direttrici dei commerci, fu
la devastante epidemia di peste che colpì l‟Italia centrosettentrionale tra il 1630 e il 1631 in cui perirono oltre
un milione di persone, e, soprattutto, la concorrenza dei tessuti inglesi e olandesi immessi direttamente sui
mercati mediterranei dalle rispettive marinerie, venduti a prezzi competitivi rispetto a quelli praticati dai
produttori italiani.
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3 La Francia di Richelieu
Dopo quasi quarant‟anni di guerra civile e dopo aver ristabilito all‟interno del paese la pace
religiosa con l‟Editto di Nantes (1598), che definiva i termini di una pacifica coesistenza in Francia
tra cattolici e ugonotti (i protestanti francesi), Enrico IV di Borbone (1589-1610) non solo riportò la
Francia sulla scena internazionale, ma seppe attenuare le tensioni interne alla società francese e
promuovere un programma di risanamento economico. Attraverso una politica di stabilizzazione del
paese, il nuovo re promosse l‟ammodernamento e il consolidamento dello Stato, incentrato
soprattutto sul tentativo di sottomettere l‟aristocrazia al potere della monarchia e sulla formazione e
lo sviluppo di un ceto di funzionari legati alla corona. La vendita delle cariche da parte dello Stato
non solo consentì di reperire le risorse finanziarie necessarie alla centralizzazione dell‟apparato
statale, ma attirò nella sua orbita nuovi gruppi sociali di origine borghese desiderosi di fare carriera
e fortuna nell‟apparato pubblico. Grazie anche al contributo del suo primo ministro, l‟ugonotto duca
di Sully, il sovrano cercò di realizzare una politica economica protezionistica attraverso lo sviluppo
dell‟agricoltura e delle attività manifatturiere e il potenziamento delle infrastrutture (ponti, strade,
reti fluviali). Sull‟esempio veneziano e delle industriose città fiamminghe furono impiantate nel
paese industrie di lusso come le vetrerie e le fabbriche di arazzi e maioliche e allo stesso tempo fu
avviata una politica coloniale con l‟insediamento di comunità francesi nelle Antille e in Canada. A
Parigi il re avviò un progetto di riqualificazione urbana e modificò le residenze reali, mentre in tutta
la Francia spuntarono castelli, sontuose dimore e giardini decorativi.
Sul piano politico Enrico IV, dopo aver trovato intese con i principi luterani e con l‟Olanda,
il paese che si era sollevato contro l‟imperialismo spagnolo, si apprestò a trovare alleati anche in
Italia per continuare il secolare conflitto con gli Asburgo. L‟uccisione del sovrano nel 1610 per
mano di un fanatico cattolico, a quanto pare istigato dalla Spagna, e il conseguente vuoto di potere
che si venne a creare, bloccarono temporaneamente l‟offensiva anti asburgica della monarchia
francese e fecero ripiombare il paese in una nuova crisi interna. Governato da un principe di appena
9 anni, il futuro Luigi XIII (1610-1643), il regno fu sottoposto sino al 1617 alla reggenza della
madre Maria de‟ Medici, la quale mutò radicalmente la politica del defunto consorte: allontanò dal
governo il duca di Sully, e al contrario del marito, adottò una politica filo-spagnola facendo sposare
i figli con membri della famiglia reale iberica. Per trovare una soluzione ai problemi interni nel
1614 la regina convocò gli Stati Generali, ma tale provvedimento si rivelò anch‟esso inefficace,
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anzi i contrasti che emersero tra la nobiltà e la borghesia contribuirono a non farli più convocare
sino alla vigilia della Rivoluzione francese. A creare ulteriori tensioni nel regno vi contribuirono,
inoltre, l‟ostilità della nobiltà verso la vendita delle cariche pubbliche e le agitazioni degli ugonotti
preoccupati di una reazione cattolica e di perdere i diritti stabiliti con l‟Editto di Nantes. Fu solo nel
1624, con la nomina a primo ministro di Armando Dupìessis di Richelieu (1585-1642), vescovo di
Lucon e quindi cardinale, che fu modificata in maniera decisiva la linea del governo sia in politica
interna che estera. Durante il suo lungo ministero, attraverso l‟adozione di misure efficaci ed
energiche, il potente cardinale, considerato il restauratore dell‟assolutismo regio in Francia, riuscì a
restituire al paese l‟antico prestigio. Non solo seppe contenere le ambizioni delle grandi famiglie
nobiliari e reprimere le ambizioni degli ugonotti, ma fece della Francia una grande potenza
commerciale, ricostruì l‟esercito, favorì lo sviluppo della flotta mercantile e incoraggiò la nascita di
numerose compagnie commerciali per le Indie Orientali e Occidentali.
Dopo aver risolto a proprio favore la questione ugonotta con la presa di La Rochelle nel
golfo di Biscaglia (1628), l‟ultima roccaforte in mano ai protestanti di quelle concesse per l„Editto
di Nantes, in politica estera il primo ministro per limitare l‟espansione asburgica che attanagliava la
Francia, strinse dapprima accordi con l‟Inghilterra e l‟Olanda, le nazioni economicamente più
sviluppate d‟Europa, e quindi riprese con vigore l‟azione offensiva contro l‟Austria e la Spagna sui
due teatri tradizionali di guerra: l‟Italia e la Germania. La successione al ducato di Mantova divenne
l‟occasione per infliggere una sconfitta agli Asburgo di Spagna e in qualche modo, insediando un
ramo cadetto francese dei Gonzaga a Mantova e nel Monferrato, fu indebolito il predominio
spagnolo nella parte settentrionale della penisola. Sul versante tedesco, il fatto che la Guerra dei
Trent‟Anni da uno scontro di religione interno alla Germania si stava rapidamente trasformando in
un conflitto continentale, fornì la possibilità alla diplomazia francese di contrapporre nuovi
avversari agli Asburgo d‟Austria e così fu incoraggiata con aiuti finanziari la partecipazione alla
guerra prima del re danese (1625-30) e poi di quello svedese (1630-35) in soccorso delle forze
protestanti. Fu solo in seguito alla vittoria spagnola di Nordlinglen (1634) contro gli Svedesi, che la
Francia dopo aver siglato nel 1635 un accordo con i principali nemici degli Asburgo, entrò
direttamente in guerra avviando così, con il preciso intento di indebolire e ridimensionare la
Spagna, l‟ultima fase delle ostilità nella guerra dei Trent‟Anni. Il successore di Richelieu, il
cardinale italiano Giulio Mazzarino (1602-1661), non mutò le linee fondamentali di tale politica,
neanche dopo la morte di Luigi XIII e la reggenza della regina Anna d‟Austria, madre di Luigi XIV.
Gli anni del suo governo furono decisivi per condurre le trattative diplomatiche che nel 1648
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portarono alla pace di Vestfalia, con la quale fu sancita la fine della terribile guerra dei Trent‟Anni,
e per la definitiva vittoria francese nel conflitto contro la Spagna, che si concluse solo nel 1659 con
la pace dei Pirenei, con la quale oltre ad essere ratificati gli attuali confini tra le due nazioni, fu
sancita l‟indiscussa egemonia francese in Europa.
In coincidenza con la fase più intensa della guerra franco-spagnola, quando il fabbisogno
finanziario della Corona aumentò considerevolmente per far fronte alle necessità militari, anche in
Francia il governo impose una serie di nuove tasse che provocò in molte zone del paese violenti
tumulti soprattutto nelle aree rurali. In molti casi, però, le sollevazioni videro il coinvolgimento
della nobiltà terriera perché l‟aumentata pressione tributaria lasciava ai contadini pochi margini per
soddisfare le prestazioni feudali. Inoltre, il controllo fiscale disposto dal potere centrale anche sulle
città, tramite un‟efficiente rete formata dagli intendenti regi, sovente accomunò nelle rivolte città e
campagne. Fu in questo clima che nel 1648 a Parigi scoppiò quella che viene considerata la crisi
politica più grave dell‟ancien régime prima della rivoluzione del 1789: la rivolta della Fronda. Una
ribellione contro la monarchia animata dapprima dalla borghesia parlamentare e poi dalla nobiltà
per il controllo delle cariche pubbliche, che dalla capitale si estese ad altre zone del paese
trasformandosi in una guerra civile conclusasi solo nel 1653 con il rafforzamento dell‟assolutismo
regio.
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4 L'impero Ottomano nella prima metà del
Seicento
Negli anni successivi al regno di Solimano e sino alla metà del XVII secolo, anche l‟altra
grande potenza mediterranea, l‟impero ottomano, al pari di quello asburgico, conobbe un
progressivo indebolimento della sua complessa organizzazione statale a causa della progressiva
decentralizzazione del potere nelle regioni periferiche e degli intrighi all‟interno della corte
ottomana. Tuttavia, dalla battaglia di Lepanto (1571) e sino all‟assedio di Vienna (1683),
nonostante l‟avvicendarsi sino alla metà del Seicento di sultani spesso privi di una personalità di
rilievo, la potenza turca non fu seriamente intaccata, anzi sembrava ancora in grado di espandersi e
di controllare il suo vasto territorio. Il mancato accesso alle grandi rotte oceaniche, ai cambiamenti
tecnologici in corso nel mondo occidentale e la ridotta funzione di mediazione commerciale delle
province arabe in seguito alla scoperta portoghese di una via diretta alle Indie, non comportarono
una sua “periferizzazione” che si percepì solo dopo la metà del Seicento, con l‟arrivo sempre più
massiccio negli scali turchi di navi francesi, olandesi e inglesi, e in coincidenza con la pressione
politica e militare delle potenze rivali situate ai confini settentrionali dell‟impero come la Polonia,
l‟Austria e la Russia. In particolare, quest‟ultima, che iniziava ad espandersi verso le steppe
orientali, sotto Ivan IV il Terribile (1533-1587), proclamatosi “zar di tutte le Russie”, cercava di
estendere la sua egemonia anche in direzione del Caspio e di stringere alleanze con i Cosacchi, i
temibili cavalieri armati che spadroneggiavano nella steppa a nord del Mar Nero e che sino alla
metà del Seicento resero alquanto insicure le coste settentrionali del “lago ottomano”.
Il primo conflitto turco con la Russia nel Mar Caspio (1568-1570), la ripresa della guerra
contro la Persia (1576-1590) e contro l‟Austria (1593-1606), dimostravano che l‟asse di interesse
ottomano si era spostato dal Mediterraneo alla parte continentale dell‟impero. Dopo la conquista
della Georgia e delle regioni di Tabriz e di Shiraza a danno dei Safavidi, il sultano Murad III (15741595), confidando nella potenza del suo esercito, avviò una nuova guerra contro gli Asburgo per il
controllo dell‟Ungheria, della Moldavia e della Transilvania che si concluse con un accordo di pace
firmato nel 1606 tra Ahmed I (1603-1617) e l‟imperatore Rodolfo II (1576-1612) a Szitvatorok in
Ungheria. Una tregua continuamente rinnovata sino al 1663 e senza precedenti, in quanto per la
prima volta il sovrano ottomano riconosceva al principe cristiano una parità di trattamento
diplomatico. Intanto ai confini orientali, lo scià Abbàs I il Grande (1588-1629), che durante il suo
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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regno riportò la Persia ai fasti di un tempo, approfittando delle difficoltà ottomane in Europa
orientale, aveva riconquistato parte dei territori ceduti ai turchi nel 1590. Ma un nuovo conflitto con
i Safavidi, si riaccese solo nel 1623, dopo l‟occupazione persiana di Bagdad e con l‟ascesa al trono
del sultano Murad IV (1623-1640). Questa volta il principale teatro degli scontri fu l‟Iraq, una
provincia di frontiera molto difficile da governare, incorporata nell‟impero ottomano da Solimano.
Il conflitto terminò nel 1639 e concluse una lunga contesa tra persiani e ottomani iniziata nei primi
decenni del Cinquecento. La pace fissava il definitivo possesso dell‟Iraq e di Bagdad agli Ottomani
e stabiliva i confini tra l‟impero Safavide e quello turco, una linea che per quanto riguarda gli
odierni stati nazionali dell‟Iraq e dell‟Iran si conserva ancora oggi più o meno intatta.
Anche se, rispetto al passato, il ritmo della conquista ottomana si era fatto assai meno rapido
e le campagne militari erano diventate meno lucrose, cosa che richiedeva un considerevole aumento
della spesa per le finanze statali, i lunghi conflitti rendevano sempre più necessario, a causa delle
innovazioni tecnologiche nel campo militare, l‟incremento dei reggimenti di fanteria dotati di
efficienti armi da fuoco. Per reperire le ingenti risorse finanziarie necessarie alle spedizioni militari,
il governo ricorse, quindi, a numerosi espedienti, come la regolarizzazione dei contributi
straordinari, l‟accaparramento di terre incluse nel sistema del timar, la venalità delle cariche e il
ricorso al conio di monete di bassa lega e quindi di scarso valore. Questi fattori insieme
all‟incremento della popolazione e alla circolazione anche ad Istanbul dell‟argento americano,
crearono una forte inflazione, che colpì in particolare i militari stipendiati dal sovrano, i quali,
consci della debolezza del governo e forti del loro potere, fomentarono continue ribellioni sia per
ottenere migliori condizioni economiche sia per bloccare qualsiasi tentativo di riforma
dell‟amministrazione statale e dell‟esercito. Una situazione caotica che fu ulteriormente accentuata
dai continui tumulti accesi dai capi tribù nelle regioni anatoliche al confine con la Persia, dagli
intrighi interni alla corte ottomana, dalla trasformazione del ceto dirigente in una classe parassitaria
e dalla decadenza del corpo dei giannizzeri. Su di uno stato altamente centralizzato e gerarchizzato,
qual‟era quello ottomano, l‟ascesa al trono di sultani incapaci di governare e non più alla testa delle
proprie truppe, aveva ripercussioni negative su tutta la struttura sociale e politica dell‟impero. Il
sultano, come si è visto, era l‟unica fonte di autorità e solo la sua risolutezza poteva mettere in moto
tutta la complessa macchina amministrativa: se egli non aveva una chiara strategia politica e non
imponeva una precisa direzione al governo, si creava un vuoto di potere e lo spazio per la
formazione di clan, capeggiati da alti dignitari e funzionari, che cercavano di trarre vantaggi dalla
debolezza del governo centrale. In particolar modo i giannizzeri assunsero un ruolo politico sempre
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più determinante all‟interno dello Stato. Come si ricorderà, essi erano reclutati tra i non musulmani,
un materiale umano quindi non di origine turca, ma di fronte alle nuove necessità della guerra, tale
forma di coscrizione non bastava più, perciò si decise di includere nel corpo dei giannizzeri leve
tratte dalla popolazione musulmana dell‟impero. Così, sotto il governo del sultano Osman II (16181622), promotore di un vasto programma di riforme contro “i parassiti che gli divora[va]no la
proprietà”, si tentò una sorta di «turchizzazione» dell‟esercito e dell‟amministrazione. Il suo
tentativo di riorganizzare l‟apparato statale e le forze armate, provocò un‟insurrezione dei
giannizzeri e dei cavalieri imperiali di stanza a Istanbul, che si concluse con la deposizione e
l‟assassinio del sultano e di numerosi alti dignitari.
Il periodo che seguì l‟uccisione di Osman II sino a quello di Ibrahim I (1640-1648),
soprannominato «il Pazzo» per la sua vita dissoluta e per il suo disinteressamento al governo, può
definirsi un periodo di anarchia e di degrado, caratterizzato dall‟assenza di una continuità politica,
dal sopravvento nell‟esercizio del potere di cortigiani e funzionari, e, soprattutto, dalla crescente
influenza assunta negli affari di governo dai comandanti dei giannizzeri e dalle donne dell‟harem, in
particolare dalla sultana valide (la madre del sultano). La turbolenta situazione interna fu causata da
una serie di circostanze. Senz‟altro, la lunga guerra turco-persiana e la depressione economica che
colpì l„impero nella prima metà del Seicento, favorirono quel clima di efferate violenze che si
consumarono all‟interno della corte ottomana. Ma a destabilizzare il potente impero levantino,
contribuì notevolmente l‟abolizione del devishirme e della prassi fraticida, quest‟ultima soppressa
da Ahmed I, che sostituì l‟ascesa al sultanato del figlio più abile con l‟ereditarietà della carica al
parente maschio più anziano. L‟ abolizione della raccolta dei giovani, che aveva costituito, sino a
quel momento, uno dei punti di forza dell‟autorità del sultano, aprì la strada al consolidarsi di
dinastie e creò uno slittamento del potere nelle mani di funzionari e alti dignitari. Allo stesso tempo,
se i principi ottomani non furono più uccisi, ma rinchiusi all‟interno del palazzo sultanale, in uno
stato di semiprigionia e, quasi sempre, in preda al delirio e al terrore, ciò incoraggiò macchinazioni
e complotti del partito di corte, e dava la possibilità ai capi dei giannizzeri di poter sostituire in ogni
momento il sultano con un altro principe, molto spesso incapace di badare a se stesso. In queste
circostanze, quindi, solo l‟avvento di un gran visir, esperto e rigoroso, capace di limitare le
ambizioni e le pretese dei funzionari della Porta, poteva rompere la spirale di violenza e ridare
stabilità e prestigio alla Porta. Ed è quanto accadde con la nomina dell‟albanese Mehemed Koprulu
nel 1656 che, durante i suoi cinque anni di governo, riuscì a rinvigorire le energie del decadente
impero ottomano.
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5 Cronologia
1604-1617 Regno di Ahmed I
1609-1610 I moriscos sono espulsi dalla Spagna
1610-1643 Luigi XIII, re di Francia
1613 Vittoria degli Spagnoli sui Turchi a Chio
1617-1618 Regno di Mustafa I
1618-1648 Guerra dei Trent‟anni
1618-1622 Regno di Osman II
1620-1627 Epidemia di peste in Africa settentrionale
1621-1665 Filippo IV, re di Spagna
1623-1640 Regno di Murad IV
1630-31 Epidemia di peste in Italia centro-settentrionale
1639 Riconquista di Bagdad da parte dei Turchi
1640 Rivolta della Catalogna e del Portogallo
1640-1648 Regno di Ibrahim I
1643-1715 Luigi XIV, re di Francia
1645-1669 V conflitto turco veneziano (Guerra di Creta)
1647-1648 Rivolta di Napoli contro gli Spagnoli
1647-1654 Epidemia di peste nel Mediterraneo occidentale
1648 Trattato di Vestfalia
1648-1687 Regno di Maometto IV
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Bibliografia
H. Kamen, Il secolo di ferro 1550-1660, Laterza, Roma-Bari, 1982.
J. H. Elliott, Richielieu e Olivares, Il Mulino, Bologna, 1990.
H. Schelling, Ascesa e crisi. La Germania dal 1517 al 1648, Il Mulino, Bologna, 1997.
J. Goodwin, I signori degli orizzonti. Una storia dell’impero ottomano, Torino, 2009.
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