l`equilibrio europeo

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INSEGNAMENTO DI
STORIA MODERNA
LEZIONE XIII
“L’EQUILIBRIO EUROPEO”
PROF. DANIELE CASANOVA
L’equilibrio europeo
Storia Moderna
Indice
1
L’equilibrio europeo e la guerra di successione spagnola ----------------------------------------- 3
2
La guerra di successione polacca ed austriaca e la sistemazione dell’Italia ------------------- 5
3
La Guerra dei Sette anni --------------------------------------------------------------------------------- 8
4
L’evoluzione politica dell’Inghilterra --------------------------------------------------------------- 11
5
L’America europea -------------------------------------------------------------------------------------- 13
6
Cronologia ------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 17
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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L’equilibrio europeo
Storia Moderna
1 L’equilibrio europeo e la guerra di successione
spagnola
Nel corso della prima metà del Settecento emerse e si accentuò tra Francia e Inghilterra un
conflitto su scala mondiale destinato a durare sino agli anni dell‟impero napoleonico. Alla sconfitta
francese e all‟affermarsi dell‟egemonia inglese si accompagnarono l‟emarginazione degli Stati
iberici e il loro inserimento nel sistema commerciale britannico. L‟Inghilterra, che divenne il centro
di una complessa rete di rapporti politici ed economici, che nel corso del secolo dal continente si
estese a tutto il mondo, agì cercando di tutelare l‟equilibrio fra le potenze, evitando pesanti impegni
bellici sul suolo europeo. La Francia invece, pur impegnata oltremare, cercò soprattutto di
mantenere e di consolidare il suo ruolo di principale potenza continentale e si inserì, quindi, in tutte
le occasioni di conflitto. Le guerre verificatesi in Europa nel corso del secolo trovano una loro
spiegazione nel contesto geopolitico. Il loro scopo principale era, per ciascuno Stato europeo, di
aumentare le entrate fiscali, garantirsi l‟accesso al mare, di controllare le rotte commerciali, di
drenare risorse mondiali.
L‟Europa agli inizi del Settecento era caratterizzata da un arco di comunità statali ben
definite e consolidate (Spagna, Portogallo, Francia, Province Unite, Inghilterra, Stati scandinavi e
Russia) che delimitava due grandi aree deboli: il basso piano tedesco-polacco e la penisola italiana,
caratterizzate da una grande frammentazione territoriale. A cavallo di queste due ultime aree, e
profondamente legate ad esse, l‟Austria non era però in grado di esercitarvi pienamente il proprio
controllo, sia per la diversità e lontananza dei suoi domini, sia per la difficoltà di scegliere una linea
politica che tenesse aperti tre fronti d‟intervento: nel Mare del nord, nei Balcani e in Italia. I grandi
conflitti europei del „700 sono, dunque, solo superficialmente spiegabili alla luce dei problemi di
successione dinastica che, in realtà, furono solo pretesti per giustificare le iniziative delle grandi
potenze. Esse avevano tutto l‟interesse a sfruttare per il proprio tornaconto, in cambio di futuri
vantaggi territoriali, diplomatici, commerciali o per creare problemi ai loro avversari, i momenti di
successione contestata.
Quando fu chiaro alle grandi potenze europee che il re di Spagna Carlo II d‟Asburgo sarebbe
morto senza eredi, Francia, Inghilterra, Olanda e Austria cercarono subito un accordo per la
spartizione dei domini spagnoli. Fra i due eredi possibili Filippo di Borbone, nipote del re di
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Francia, e l‟arciduca Carlo, figlio dell‟imperatore. Carlo II, cognato sia di Luigi XIV che
dell‟imperatore Leopoldo I, aveva scelto per testamento il candidato francese col nome di Filippo V
(1700-1746), con la clausola che in caso di accettazione le due monarchie, di Spagna e di Francia,
rimanessero separate. Ma nessuna potenza europea era disposta a credere alle buone intenzioni del
re di Francia, che aveva del resto cominciato ad occupare con proprie truppe i presidi spagnoli nei
Paesi Bassi e in Lombardia. Il maggiore avversario era l‟imperatore Leopoldo I che aspirava per il
figlio cadetto all‟eredità spagnola.
L‟accettazione della corona di Spagna da parte di Filippo di Borbone scatenò una guerra che
coinvolse tutte le potenze europee. L‟esercito imperiale, al comando di Eugenio di Savoia, prese
l‟iniziativa in Italia, mentre la Baviera si schierava con Francia e Spagna. Nel 1702 il fronte
antifrancese comprendeva l‟Impero, l‟Inghilterra, le province Unite ai quali in seguito si
affiancarono Svezia, Portogallo e Prussia. La guerra di successione spagnola (1702-1713)
combattuta in Italia, nei Paesi Bassi, in Germania e in Spagna, subì una svolta nel 1711, quando
l‟arciduca Carlo, dopo la morte del padre e del fratello maggiore, ereditava i domini asburgici e
diveniva imperatore. Nessuna potenza poteva auspicare che questi ottenesse anche la corona di
Spagna. Fu allora agevole giungere alla pace che fu firmata da Francia e Spagna a Utrecht (1713)
con l‟Inghiterra, Olanda e la Savoia, e a Rastatt (1714) con l‟imperatore Carlo VI.
L‟Inghilterra ottenne alcuni privilegi commerciali dalla Spagna, come il monopolio della
tratta degli schiavi verso le colonie spagnole (asiento de negros), e il riconoscimento delle
conquiste di Gibilterra e Minorca e di alcuni territori francesi nell‟America settentrionale. Luigi
XIV vide riconosciuta l‟attribuzione della corona spagnola a Filippo V, ma con la conferma della
separazione tra le due dinastie. I maggiori vantaggi territoriali spettarono all‟Austria a spese della
Spagna: i Paesi Bassi spagnoli (corrispondenti agli odierni Belgio e Lussemburgo) divennero
austriaci, ma fu soprattutto l‟assetto l‟assetto della penisola italiana ad essere profondamente
modificato con la fine, dopo oltre un secolo e mezzo, del dominio spagnolo. L‟Austria ottenne la
Lombardia e il ducato di Mantova, il Regno di Napoli e la Sardegna. Anche i Savoia videro
premiata la loro opportunistica politica con l‟acquisto del Monferrato e della Lomellina, ma
soprattutto della Sicilia che diede loro anche il titolo di re. L‟abilità di Vittorio Amedeo II consentì
allo Stato sabaudo di uscire dalla sudditanza francese, che durava dalla pace di Cateau-Cambresis
(1559) e di affermarsi come una piccola potenza decisiva per le future sorti dell‟Italia.
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2 La guerra di successione polacca ed austriaca e la
sistemazione dell’Italia
Pochi anni dopo la conclusione della guerra di successione spagnola si registrarono i primi
mutamenti di sovranità territoriale. Essi fecero seguito alle trattative diplomatiche per arginare il
dinamismo politico e militare della Spagna, che insoddisfatta degli assetti europei, sotto la guida
dell‟abile cardinale italiano, Giulio Alberoni, aveva avviato un nuovo conflitto. Tra il 1717e il 1718
aveva invaso la Sardegna austriaca e la Sicilia sabauda. Ma l‟intervento della flotta inglese si rivelò
decisivo. Gli spagnoli furono sconfitti e gli accordi stipulati a Londra nel 1718 confermarono i
termini della pace di Utrecht. In Italia i Savoia cedettero la Sicilia all‟Austria, avendone in cambio
la Sardegna su cui porteranno il titolo regio. In virtù di questo cambio, l‟Austria rafforzò le proprie
posizioni nella penisola italiana.
Una nuova contesa internazionale ebbe inizio nel 1733, legata al problema della successione
polacca. Secondo il particolare sistema vigente in Polonia i re venivano eletti all‟unanimità
dall‟assemblea dei nobili, un assemblea molto numerosa, divisa e soggetta all‟influenza delle
potenze straniere. Stanislao Leszczynski, candidato francese e suocero di Luigi XV riuscì a farsi
eleggere re di Polonia. Ma la Russia e l‟Austria gli contrapposero Augusto III di Sassonia, figlio del
re polacco morto. La guerra che ne seguì, guerra di successione polacca (1733-1738), tra Francia,
Spagna e Savoia da una parte, e Austria dall‟altra, si svolse prevalentemente in Italia. La pace
stipulata a Vienna (1738), nel tentativo di raggiungere un equilibrio durevole, determinò nuove
importanti modifiche in Francia e in Italia. Augusto III restava re di Polonia, al Leszczynski, come
compenso per la rinuncia alla Polonia, fu assegnato il ducato di Lorena, che alla sua morte sarebbe
passato alla Francia. Il duca di Lorena, Francesco Stefano, genero dell‟imperatore, fu compensato
con il granducato di Toscana, dove si era estinta la dinastia dei Medici. Carlo di Borbone, duca di
Parma e figlio di Filippo V di Spagna e della seconda moglie Elisabetta Farnese, ottenne il Regno di
Napoli e la Sicilia. Due nuove dinastie si installarono così in Italia, i Borbone a Napoli e i Lorena
(dal 1756 Asburgo-Lorena) in Toscana, una presenza che sarebbe durata sino all‟unità d‟Italia.
Due anni dopo moriva l‟imperatore Carlo VI, il quale indicava per la successione la figlia
Maria Teresa, moglie di Francesco Stefano di Lorena. La maggior parte della nobiltà imperiale
rifiutava di riconoscere la successione femminile, nonostante l‟imperatore, proprio per evitare
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quanto era accaduto in Spagna, avesse promulgato nel 1713 la prammatica sanzione, un editto che
ammetteva anche le figlie femmine alla successione della Casa d‟Austria. Così la Prussia occupava
la regione austriaca della Slesia, sostenendo la candidatura all‟impero dell‟elettore Carlo Alberto di
Baviera, e dando inizio alla guerra di successione austriaca (1740-1748). Si formò così una vasta
coalizione animata da Francia, Spagna e Prussia, mentre Inghilterra e Olanda si schieravano con
l‟Austria. Otto anni di guerra e alterne vicende militari portarono alla pace di Aquisgrana (1748),
con la quale l‟Austria ottenne il riconoscimento della prammatica sanzione, il marito di Maria
Teresa veniva riconosciuto imperatore, col titolo di FrancescoI, infine, la Prussia otteneva la Slesia
e i Borboni di Spagna il ducato di Parma e Piacenza.
Germania e Italia furono, come si è visto, il principale teatro della rivalità fra le case di
Borbone e di Asburgo. Mentre la penisola italiana era uscita dalle paci di Utrecht e di Rastadt
assoggettata per la maggior parte al dominio austriaco, la Francia riuscì ad ottenere una notevole
diminuzione dell‟influenza della sua rivale attraverso le due successive guerre di successione,
polacca e austriaca, determinate da crisi dinastiche. Non riuscì, invece, dopo la pace di Aquisgrana,
ad insediarsi nella penisola italiana a causa dell‟intervento inglese nel conflitto. L‟Inghilterra, per
non avere rivali nel Mediterraneo, favorì la formazione di alcuni Stati autonomi nella penisola
italiana, e così dopo oltre due secoli di dominio straniero, in qualche area della penisola s‟iniziò a
ritrovare qualche forma d‟indipendenza e a prendere parte alla vita politica europea.
Alla fine pertanto delle guerre di Successione la carta politica dell‟Italia era così suddivisa.
Milano e la Lombardia, già spagnola, con Mantova, restano sotto l‟Impero austriaco. Il Regno di
Sardegna, che comprende il Piemonte, la Savoia, la Sardegna e Nizza, sotto Carlo Emanuele III di
Savoia si accresce di altri territori a spese della Lombardia austriaca e porta così il suo confine al
corso del Ticino. Il granducato di Toscana, il Regno di Napoli, unitamente a quello di Sicilia, lo si è
già detto, passarono, rispettivamente al duca di Lorena, marito di Maria Teresa d‟Austria e a Carlo
di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna. Il ducato di Parma, estinta la dinastia Farnese, passò al
fratello di Carlo di Borbone, mentre lo Stato pontificio, le repubbliche di Venezia, Genova, Lucca e
il ducato di Modena, restano nei loro confini naturali. Nel 1748, dopo Aquisgrana, si aprì il più
lungo periodo di pace e di stabilità che mai abbia avuto l‟Italia dell‟antico regime. Gli italiani, tra
Aquisgrana e la Rivoluzione Francese, non videro guerre, né mutamenti di frontiere, ad eccezione
della Corsica ceduta da Genova alla Francia. La pace riportò l‟attenzione su aspetti e problemi più
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vicini e immediati, ai problemi interni ad ogni singolo stato e sulle riforme che la loro
amministrazione sempre più evidentemente richiedeva. Tutte le questioni che la situazione
stabilizzata ormai al di fuori imponeva all‟interno di ciascuno degli Stati italiani. La
riorganizzazione degli apparati fiscali, di nuovi strumenti bancari per l‟ammortizzazione del debito
pubblico, così come la riorganizzazione dei confini, delle strade, degli appalti, la formazione dei
catasti, il dibattito che si aprì agli inizi degli anni cinquanta sulle monete, sono contemporanei e
paralleli ai tentativi di tassazione unica, di catasti, di riforme finanziarie compiuti o iniziati in
Spagna, in Francia e nell‟Impero.
L‟Inghilterra, favorendo il rafforzamento dello Stato dei Savoia e rendendo indipendente il
Regno di Napoli, controbilancia abilmente l‟Austria, garantendosi la sua egemonia marittima sul
Mediterraneo. E‟ ovvio pertanto che la sistemazione dell‟Italia dopo la pace di Aquisgrana,
risponde in massima parte ad un interesse economico-politico inglese. Ma è altrettanto vero che la
fine del dominio spagnolo e la restaurazione di Stati indipendenti nella penisola rappresentarono un
incomparabile vantaggio per il nostro paese, che da questo momento, appunto, può dirsi abbia
ripreso quel cammino ascensionale, che doveva poi, nel corso del secolo successivo, nella
formazione dello Stato italiano.
Comunque, queste sistemazioni territoriali non risolvevano i due antagonismi principali in
Europa, che anzi si stavano aggravando sempre più: tra Francia e Inghilterra per il controllo dei
traffici oceanici e fra Austria e Prussia per l‟egemonia sul mondo tedesco.
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3 La Guerra dei Sette anni
Il lavoro delle diplomazie europee nel corso degli anni Cinquanta portò al cosiddetto
“rovesciamento delle alleanze”. Nel tentativo di rientrare in possesso della Slesia, l‟Austria si
accostò alla Russia. La Prussia si legava all‟Inghilterra anziché alla Francia, il che provocò
l‟avvicinamento dei due nemici di sempre: Francia e Austria. Fu la Prussia sentendosi accerchiata a
dare inizio a quella che sarebbe stata chiamata la guerra dei Sette anni (1756-1763). La Prussia fu
assalita da tutti i lati, perfino a sua capitale fu presa prima dagli austriaci e poi dai russi, Federico II
era sul punto di capitolare quando l‟ascesa al trono dello zar Pietro III, grande ammiratore di
Federico II, salvarono la Prussia. Nel 1762 fu firmata una pace separata con la Russia , pochi mesi
dopo fu stipulata anche una pace con l‟Austria (1763). Berlino aveva più vinto che perso, grazie
anche al trionfo inglese sui mari, e le fu definitivamente riconosciuta la Slesia. Le capacità politiche
e militari di Federico II avevano prevalso su avversari assai più potenti e il Regno prussiano vedeva
riconosciuto il ruolo di grande potenza. Nel 1772 Federico concluse un accordo con Russia e
Austria per la spartizione della Polonia che la privarono di un terzo del suo territorio (prima
spartizione). Successivamente altre due spartizioni, avvenute nel 1791 e nel 1795, tra Prussia,
Russia e Austria segnarono la scomparsa della Polonia come Stato autonomo.
L‟Inghilterra poteva dare all‟alleato prussiano poco aiuto sul teatro europeo, la sua
campagna militare contro i francesi era combattuta soprattutto sugli oceani. Tra francesi e inglesi il
conflitto si svolse in due teatri lontanissimi tra di loro e dall‟Europa: in India e in America. Il che
diede alla Guerra dei Sette anni una dimensione veramente moderna, quasi di un primo conflitto
mondiale. Fra Inghilterra e Francia si combatteva una guerra per il controllo commerciale delle aree
dalle quali si attingevano grandi flussi di importazioni: l‟America, da qui arrivava lo zucchero, e
l‟India, che riforniva i mercati di tè, di seta e soprattutto di stoffe leggere di cotone, le cosiddette
“cotonate”.
Gli occidentali avevano da tempo impiantato basi commerciali lungo le coste della penisola
indiana : prima i portoghesi, poi gli olandesi, ma soprattutto francesi e inglesi. Questi ultimi erano a
Calcutta, a Madras, a Bombay. I francesi insediati a Pondicherry, sulla costa orientale, furono i
primi ad ideare una penetrazione coloniale ingerendosi negli affari interni degli Stati indiani. Sia i
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francesi che gli inglesi, come anche gli olandesi, si erano dotati di Compagnie Privilegiate delle
Indie Orientali, che gestivano i commerci e possedevano gli scali sulla costa indiana. Gli europei
nel commercio con l‟India non avevano merci di scambio, ma acquistavano i raffinati prodotti
indiani e in particolare le cotonate, offrendo sul mercato indiano l‟argento, il che significava per
l‟Europa un‟emorragia di metallo prezioso: il contrario di quanto la politica economica
mercantilista prescriveva. Alla lunga, il deflusso di metalli preziosi si sarebbe rivelato assai dannoso
per le economie nazionali e tutta l‟Europa si sarebbe impoverita. Il rimedio a questa situazione
consisteva nel trovare nella stessa India le risorse per pagare le cotonate da immettere sul mercato
europeo. Perciò bisognava riscuotere denaro dagli indiani e così pagare i loro prodotti senza portare
più argento dall‟Europa. Ma per fare questo bisognava imporre la propria dominazione politica,
impadronirsi del gettito fiscale indiano. La vittoria britannica nella guerra dei Sette anni, non solo
scacciò la Francia dalla regione indiana del Bengala (1761), ma consegnò l‟India agli inglesi, che
riuscirono a dominare il commercio con l‟India ed imporre il proprio arbitrato agli Stati indiani,
relegando gli altri occidentali in pochi scali costieri. Fu dunque la East India Company inglese ad
intraprendere la prima grande avventura coloniale moderna: quella di dominare politicamente un
immenso mercato di più di cento milioni di abitanti dai quali ricavare le risorse per acquistare i loro
prodotti. Ad avere il dominio su un territorio così vasto e popoloso furono, dunque, i funzionari di
una compagnia commerciale privata, che misero in atto un sistema di governo basato su diffusi
fenomeni di sfruttamento e di corruzione. Fu solo dopo la metà del XIX secolo che la corona
britannica avrebbe assunto il controllo diretto dell‟India.
Nelle “Indie Occidentali”, cioè nelle Antille, gli olandesi, i francesi e gli inglesi si
arricchivano praticando il contrabbando con l‟America spagnola, che rifornivano di schiavi, in
cambio di caffè, cacao, indaco, legni pregiati e metalli preziosi. Alcune delle isole dei Caraibi erano
soltanto dei covi di contrabbandieri e pirati, i cosiddetti bucanieri, ma l‟importanza economica delle
Antille aumentò sempre di più con la crescente domanda di zucchero da parte dei mercati europei. E
con la crescente importanza economica crebbe anche la conflittualità fra gli europei:
quell‟aggressività connaturata nella politica mercantilistica. Sul teatro delle Indie Occidentali, la
vittoria inglese nella guerra dei Sette anni non modificò molto i rapporti commerciali e territoriali, e
i francesi poterono conservare le loro ricche “isole dello zucchero”: la Martinica, la Guadalupe e
Haiti. Ma gli inglesi ottennero il Canada e tutto il territorio nord americano a est del Mississippi,
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compresa la navigazione su quel grande fiume. L‟Inghilterra acquisiva un territorio immenso ma
spopolato e di nessun interesse commerciale a breve termine.
Con la fine della guerra dei Sette anni termina il periodo delle guerre di equilibrio tra le
grandi potenze europee.
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4 L’evoluzione politica dell’Inghilterra
Ai successi della politica estera inglese nel corso del „700 corrispondono all‟interno del
paese tutta un‟originale evoluzione degli istituti politici, un poderoso sviluppo economico e una
sempre più intensa espansione demografica e coloniale.
L‟estinzione della dinastia Stuart con la morte della regina Anna, la moglie di Cromwell,
non scatenò un conflitto di egemonia tra le potenze europee, in quanto l‟Inghilterra non solo era
difesa dalla sua potente flotta navale e dalla sua insularità, ma era dotata di un sistema parlamentare
sufficientemente forte e organizzato, che in seguito all‟emanazione dell’Act of Settlement (1701)
fece rientrare tra le prerogative del Parlamento anche l‟approvazione della successione. Quando il
luterano Giorgio di Hannover, figlio di un nipote di Giacomo I Stuart, salì sul trono inglese, è stato
calcolato che vi fossero 57 pretendenti di maggiori diritti alla successione inglese.
Giorgio I (1714-1727) non parlava l‟inglese e si esprimeva in francese o in latino, anche suo
figlio Girogio II (1727-1760) era arrivato in Inghilterra a trent‟anni, e rimase un principe tedesco.
Inoltre la struttura e i modi di funzionamento del governo inglese e i poteri del re e dei ministri
erano tutt‟altro che chiari, e ciò favorì l‟evoluzione costituzionale dell‟Inghilterra nel senso di un
sempre minore intervento del re nella politica a favore di un sempre più accentuato regime
parlamentare. L‟ostilità nei suoi confronti da parte dei partigiani della dinastia Stuart, detti
Giacobiti, molto numerosi tra le fila del partito tories, fece sì che il re confinasse ai margini del
potere gli esponenti di questo partito, e affidasse tutto al partito whigh, capitanato dall‟abile primo
ministro Robert Warpole, sotto il cui lungo governo (1721-1742) la prassi parlamentare fu
consolidata in quelle forme che diverranno classiche in tutti gli ordinamenti liberali. Il fatto che il re
non parlasse inglese fece sì che le sedute del consiglio dei ministri fossero presiedute dal primo
ministro che poi riferiva al re le decisioni. Si venne così gradatamente formando un governo da cui
era assente il re, formato da ministri scelti in nome del re dal leader della maggioranza parlamentare
sempre più responsabile solo di fronte al Parlamento.
Gli anni del governo di Warpole furono anni di pace, stabilità e prosperità all‟interno del
Regno che dal 1707 comprendeva anche la Scozia. Warpole risanò le finanze, adottò una politica
fiscale moderata, mirò ad un intesa con la Francia, senza rinunciare a mantenere posizioni di
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predominio in campo commerciale, e tenne l‟Inghilterra fuori dalla guerra di successione polacca.
Fu solo alla fine degli anni ‟30 che le pressioni di quanti sostenevano una politica di maggior
impegno internazionale riuscirono ad imporre la ripresa della guerra con la Spagna, l‟intervento
nella guerra di successione austriaca e, infine, le dimissioni di Warpole.
Dopo un breve periodo di tensioni interne, legate ad una rivolta stuardista, l‟Inghilterra si
votò al rafforzamento dell‟impero coloniale. Campione di questa politica, per molti aspetti opposta
a quella di Warpole, fu un altro esponente whig, William Pitt (1708-1778), poi primo conte di
Chatam, che, come ministro della guerra, guidò il paese ai successi contro la Francia durante la
guerra dei Sette anni. Il 1759 fu un anno trionfale con gli inglesi vincitori nell‟Atlantico, in India, in
Canada e nelle Antille. Pitt fu l‟interprete di un‟Inghilterra dinamica e aggressiva, conscia dei propri
obiettivi di sviluppo commerciale e di dominio mondiale e della necessità di stroncare l‟ascesa
francese. Emblema di un‟epoca, Pitt controllò la vita politica per un periodo relativamente breve
perché già nel 1761 fu costretto a dimettersi, salvo tornare nuovamente al governo in qualità di
primo ministro tra il 1766 e il 1768. Salito al trono il re Giorgio III cercò di imporre i propri uomini
al governo contro il vecchio gruppo whig dominante e sostenne una pace moderata con la Francia
che fu stipulata a Parigi nel 1763.
Specchio della straordinaria vitalità del paese fu, per tutto il corso del Settecento,
l‟incremento della stampa quotidiana e periodica, presente su ogni questione politica e largamente
diffusa anche nelle province. La tiratura complessiva delle gazzette più importanti passò dai 7
milioni del 1750 ai 9 milioni del 1760. Nello stesso anno a Londra si pubblicavano quattro
quotidiani e circa un centinaio di periodici. La moltiplicazione degli strumenti di informazione si
accompagnò allo sviluppo di nuovi luoghi di incontri e discussione come i caffè, i club, le sale da
tè, all‟interno dei quali i cittadini consapevoli e informati si potevano scambiare notizie, opinioni,
discutere dei problemi del giorno, sviluppare una coscienza critica nei confronti della politica e del
governo. Il successo editoriale di giornali e gazzette contribuì alla formazione di un fiorente
mercato librario, che permetteva agli autori di libri di vivere dei diritti d‟autore provenienti dalle
loro opere, svincolandosi dai potenti mecenati.
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5 L’America europea
Primi a giungere in America, gli spagnoli furono anche i primi a consolidare il loro impero
coloniale. I due vicereami del Messico e del Perù furono meta di un intensa immigrazione spagnola
dovuta allo sfruttamento delle risorse minerarie. Le cariche amministrative di rango più elevate
(viceré, magistrati delle audiencias) erano di nomina regia e non ereditaria e gli ufficiali
provenivano quasi tutti dalla Castiglia. Ad essi era vietato di acquistare case, proprietà o altri beni
in America e non potevano sposare donne del luogo anche se di origine spagnole. L‟obiettivo era
quello di evitare collusioni di interessi con gli spagnoli nati in America (creoli). L‟organizzazione
amministrativa del Brasile portoghese fu più graduale. Il modello fu quello spagnolo, anche in
conseguenza dell‟unione delle due monarchie, di Spagna e Portogallo, fra il 1580 e il 1640. Il
Brasile assunse importanza solo alla fine del Cinquecento, dopo la riduzione dei traffici portoghesi
con l‟Oriente. Nel 1604 fu istituito il Conselho de India, poi Conselho ultramarino, e solo un secolo
dopo, nel 1704, fu istituito il vicereame.
Un‟esperienza unica nella conquista dell‟America fu la realizzazione dei cosiddetti Stati
missionari, soprattutto ad opera dei gesuiti nel Paraguay, dove tra il 1610 e il 1628 furono costituite
13 comunità o riduzioni, nelle quali vivevano oltre 100.000 indios, in prevalenza guaranì.
Organizzate su principi di eguaglianza sociale e della comunità dei beni, al fine di dar corpo ad una
repubblica cristiana, le reducciones gesuite furono per oltre un secolo e mezzo un grandioso
esperimento culturale, politico e sociale. Il tentativo terminò alla metà del Settecento, dopo la
cessione della Spagna al Portogallo dei territori del Paraguay. Le comunità gesuitiche opposero una
resistenza armata al trasferimento di nazionalità, e ciò fornì al primo ministro portoghese, il
marchese di Pombal, acerrimo nemico dei gesuiti, il pretesto per la chiusura delle riduzioni (1750).
Due anni dopo in Portogallo sarebbe stata soppressa anche la Compagnia di Gesù.
Insieme all‟ingente produzione di oro e di argento, si calcola che tra il 1500 e il 1660 furono
esportate in Europa dall‟America spagnola 181 tonnellate di oro e 16.000 tonnellate di argento, pari
al 25 % dell‟intera disponibilità europea, l‟altra forma di organizzazione economica che dominava i
rapporti tra le colonie americane e la Spagna era la grande proprietà agricola. In alcune regioni si
venivano, così, accentuando forme di specializzazione produttiva, come l‟allevamento bovino a
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L’equilibrio europeo
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Santo Domingo e nella Plata, che diede luogo ad una notevole esportazione di cuoio. Più
significativo ancora fu il diffondersi delle piantagioni di cacao, caffè, tabacco e canna da zucchero,
tutti prodotti che necessitavano per la coltivazione di una larga disponibilità di manodopera da
impiegare soprattutto nella raccolta. Il sistema delle piantagioni approdò in America latina con
l‟inizio della coltivazione della canna da zucchero in Brasile. Gli indios erano fisicamente inadatti a
svolgere il lavoro nelle piantagioni, e così cominciarono ad essere importati schiavi neri,
provenienti dagli insediamenti commerciali portoghesi sulle coste africane. In cambio degli schiavi,
i lusitani offrivano tessuti, coltelli, armi da fuoco e cavalli, prodotti molto richiesti dai signori locali
o dai capitribù africani. Nel corso del Cinquecento, i portoghesi imbarcavano schiavi in Africa, li
rivendevano in America e riportavano in Europa le navi cariche di zucchero, così i traffici legati a
questo prodotto si configuravano come un commercio triangolare che sarebbe divenuto
caratteristico dell‟intero sistema mercantile atlantico.
L‟economia delle piantagioni, fondata sulla manodopera degli schiavi, dal Brasile si diffuse
nelle Antille e nell‟America del nord. Data l‟elevata mortalità degli schiavi nelle piantagioni, la
speranza di vita per gli schiavi non superava i 10 anni, la manodopera andava continuamente
rinnovata. La forzata immigrazione africana, si calcola che tra il 1500 e il 1800 furono portati
forzatamente in America oltre 10 milioni di africani, produsse trasformazioni sociali, economiche,
etniche e demografiche.
Alle colonie spagnole era permesso commerciare solo con la madrepatria, ma tale sistema
economico chiuso era costantemente messo in crisi dal contrabbando e dalla pirateria, che avevano
il loro centro nelle Antille. In queste isole nel corso del Seicento si installarono stabilmente
olandesi, francesi e inglesi, per aggirare il monopolio commerciale spagnolo. L‟iniziativa anche in
questo caso fu affidata alle compagnie commerciali. Se l‟espansione delle Antille fu legata alla lotta
contro il monopolio commerciale spagnolo, i possessi inglesi e francesi in America settentrionale
seguirono tempi e itinerari diversi. Gli inglesi, insediati sulle coste atlantiche, unificarono i loro
possedimenti e, per bilanciare le forme di autogoverno locale, li sottoposero all‟autorità di un
governatore nominato dalla madrepatria. Più controllate dal governo centrale furono le colonie che
la Francia possedeva nell‟America del nord e in Canada. La rivalità anglo-francese, come si è visto,
si trasformò in aperto conflitto con la guerra dei Sette anni, che si concluse con la schiacciante
vittoria inglese. L‟Inghilterra, sebbene restituì ai francesi le isole dello zucchero, otteneva dalla
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Francia con il Trattato di Parigi, tutto il Canada e i territori della Lousiana ad est del Mississipi; la
Florida dalla Spagna, che da parte sua riceveva in cambio la Lousiana con New Orléans. I domini
francesi in America erano ridotti alle sole Antille, mentre l‟Inghilterra, che aveva acquisito quasi un
monopolio negli scambi con Portogallo e Brasile, manteneva una posizione privilegiata anche nel
commercio con i domini spagnoli.
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6 Cronologia
1702-1713 Guerra di successione spagnola
1713-1714 Trattati di Utrecht e Radstadt
1715 Morte di Luigi XIV
1733-1738 Guerra di successione polacca
1740-1748 Guerra di successione austriaca
1748 Pace di Aquisgrana
1756-1763 Guerra dei Sette anni
1763 Paci di Hubertsburg e di Parigi
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Bibliografia
M. S. Anderson, L’Europa nel Settecento, Comunità, Milano, 1972
W. Doyle, L’Europa del vecchio ordine. 1600-1800, Laterza, Roma-Bari, 1987
F. Mauro, L’espansione europea 1600-1870, Mursia, Milano, 1977
E. Gothein, Lo stato cristiano- sociale dei gesuiti nel Paraguay, la Nuova Italia,
Firenze, 1987
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