IL RUOLO DELLA BULGARIA NEL CONFLITTO TRA ITALIA E

IL RUOLO DELLA BULGARIA NEL CONFLITTO TRA
ITALIA E GERMANIA PER IL NUOVO ORDINE EUROPEO (*)
P rem essa .
Le note che seguono rappresentano una messa a punto del tutto prov­
visoria del problema; esse non vogliono presentare i risultati di una
ricerca definitiva ma piuttosto indicare una possibile linea di sviluppo
delle ricerche intorno all’argomento specifico dei rapporti italo-bulgari
a partire dagli anni trenta, con particolare riguardo alla funzione che la
politica del fascismo italiano pensava di attribuire alla Bulgaria nel qua­
dro del nuovo assetto dell’Europa sotto la guida delle potenze dell’Asse,
che doveva scaturire dalla seconda guerra mondiale e dal superamento
dell’ordinamento e dell’equilibrio sanciti dai trattati di pace del 1919-21.
Il carattere provvisorio del nostro contributo al quale si alludeva sopra
è determinato da due circostanze specifiche; in primo luogo, l’impossibi­
lità a scadenza relativamente breve di condurre una ricerca più sistema­
tica e di elaborare una relazione più organica e analitica. Si è ritenuto
comunque, sulla base di ricerche già condotte in precedenza e sviluppando
in particolare il discorso già impostato in occasione della conferenza
sui paesi danubiani nella seconda guerra mondiale svoltasi a Budapest
nel 1966 ', di potere fornire alcune linee interpretative e alcuni elementi
di valutazione suscettibili di dare avvio a un lavoro che a scadenza meno
ravvicinata completi il quadro generale e le analisi particolari che oggi
siamo in grado soltanto di abbozzare.
La seconda ragione della provvisorietà delle nostre argomentazioni
deriva dallo stato delle fonti; poiché per il periodo che ci interessa dispo­
niamo attualmente dei Documenti diplomatici italiani soltanto dal 1°
settembre 1939 alla data del 28 ottobre 1940, ossia sino all’inizio del­
l’aggressione italiana alla Grecia, per gli anni successivi ci manca la prin­
cipale fonte di documentazione della politica italiana. In particolare,
* Testo del contributo presentato alla conferenza su « I Balcani e le grandi potenze
alla vigilia della seconda guerra mondiale » promossa dalla Accademia delle Scienze
di Bulgaria e tenutasi a Sofia nell’aprile del 1971.
1
Si v. al riguardo i contributi italiani pubblicati nel voi. di E nzo C ollotti-Teodoro
Sala-G iorgio V accarino. L 'I ta lia n e ll’E u r o p a d a n u b ia n a d u r a n te la s e c o n d a g u erra
m o n d ia le . Milano, Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione, s.a.,
ma 1967.
54
Enzo Collotti
poco o nulla è possibile sapere intorno alla posizione dell’Italia nella
questione dell’adesione della Bulgaria al Patto tripartito e quindi attual­
mente è difficile rispondere con certezza al quesito se e in quale misura
anche l’Italia si fosse attivamente impegnata nelle pressioni per indurre
la Bulgaria a uscire dalla sua tattica temporeggiatrice o se, come pare di
intuire dalla documentazione relativamente abbondante di parte tedesca
che già possediamo, il gioco dell’Asse fosse già a quell’epoca condotto
interamente dalla Germania. Cercheremo perciò in assenza della docu­
mentazione diplomatica diretta di attingere alle fonti pubblicistiche e
giornalistiche, nella misura in cui è possibile trarre da esse indizi suffi­
cientemente sicuri intorno all’atteggiamento della politica fascista e agli
interessi italiani in Bulgaria. Si intende che anche questa ricerca sulla
pubblicistica non rappresenta per il momento che un primo sondaggio,
che necessita di ulteriori completamenti e integrazioni.
Avvertiamo infine che, al fine di dare un primo sguardo generale ai
problemi posti dall’argomento considerato, abbiamo ritenuto opportuno
concentrare l’attenzione intorno ai seguenti punti: 1) I rapporti politici
ed economici italo-bulgari negli anni trenta; 2) Il Nuovo Ordine Europeo
e le sfere di influenza italiana e tedesca nei Balcani; 3) L’appoggio del­
l ’Italia alle rivendicazioni territoriali della Bulgaria e l’adesione di questa
al Patto tripartito; 4) Gli interessi dell’Italia e l’illusione di mantenere
la Bulgaria nella sfera di influenza italiana.
1. I rapporti politici ed economici italo-bulgari negli anni trenta.
La Bulgaria divenne oggetto di attenzione da parte della politica estera
fascista allorché l’Italia pose apertamente il problema della revisione dei
trattati di pace successivi alla prima guerra mondiale. Se già in precedenza
il governo fascista aveva mantenuto buone relazioni con la Bulgaria nel
quadro della generale direttrice della politica italiana mirante all’accer­
chiamento della Jugoslavia2, dopo il discorso di Mussolini al Senato del
5 giugno 1928, cui si fa unanimamente risalire la svolta della politica
2 Rinviamo per questo aspetto alle più importanti opere generali sulla politica estera
fascista; E nnio D i N olfo, Mussolini e la politica estera italiana (1919-1933), Padova,
1960, p. 196; G aetano Salvemini, Preludio alla seconda guerra mondiale, Milano,
1967, capp. XV e XVII; G iampiero Carocci, La politica estera dell’Italia fascista
(1923-1928), Bari, 1969, passim e in particolare capp. V ili e XI; e tra gli studi parti­
colari al recente ottimo lavoro di G iovanni Z amboni, Mussolinis Expansionspolitik auf
dem Balkan. Italiens Albanienpolitik vom I. bis zum II. Tiranapakt im Rahmen des
italienischen-jugoslavischen Interessenkonflikts und der italienischen « imperialen »
Bestrebungen in SUdosteuropa. Hamburg, 1970. Per gli orientamenti della politica
estera italiana nella stessa pubblicistica fascista si può vedere: L atinus , L’Italia e i
problemi internazionali, Milano, 1935. La testimonianza di un diplomatico del tempo
fascista sulla funzione specifica dell’appoggio alla Bulgaria in R affaele G uariglia,
Ricordi 1922-1946, Napoli, 1949, pp. 91-92.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
55
•estera fascista verso il revisionismo aperto, l’appoggio diretto dell’Italia
alle rivendicazioni territoriali bulgare preluse al tentativo del governo
fascista di svolgere un ruolo più attivo nei Balcani. Ruolo che, diretto in
un primo momento contro l’influenza della diplomazia francese che si
esprimeva attraverso la Piccola Intesa tra Cecoslovacchia, Jugoslavia e
Romania 3, si orientò in secondo momento anche contro l’Intesa balcanica,
creata nel 1934 tra Romania, Jugoslavia, Grecia e Turchia, la quale, men­
tre rappresentava un prolungamento nell’Europa sudorientale dello stru­
mento diplomatico ispirato dalla Francia per mantenere il regime dei
trattati, aveva l’obiettivo diretto di opporsi alle rivendicazioni territoriali
che la Bulgaria avanzava nei confronti di tutti gli Stati con essa confi­
nanti 4.
Le profferte dell’Italia alla Bulgaria miravano ad attivare in funzione
della politica revisionista la posizione che nell’area dell’Europa sudorien­
tale era suscettibile di prestare maggiore attenzione alla prospettiva di
superamento dei trattati di pace. Ed offrivano inoltre alla Bulgaria, l’occa­
sione per uscire dall’isolamento nel quale si era venuta a trovare dopo
il 1918, poiché i buoni rapporti economici con la Germania che conti­
nuarono a persistere pur dopo la sconfitta del Reich non trovavano un
corrispettivo politico nella posizione relativamente debole del Reich prima
del 1933. Vari fattori contribuirono in questa fase, oltre al generico
interesse della Bulgaria a corrispondere alle profferte dell’Italia di atteg­
giarsi a sua protettrice e paladina delle sue rivendicazioni, a favorire le
propensioni filoitaliane nella politica del governo di Sofia.
Anzitutto vi fu certamente il peso di fattori ideologici e di politica
interna. Dall’autunno del 1923, da quando cioè era stato rovesciato con
il sanguinoso colpo di Stato dell’estrema destra il governo dei piccoli
contadini di Stamboliski, di orientamento democratico-progressista, la
Bulgaria era stata retta da regimi autoritari, i cui fondamenti ideologici
oscillavano tra il fascismo italiano e altri tipi di movimenti fascisti, quali
il movimento nazionalsocialista in Germania. Il presidente del consiglio
Zenkov, che resse il paese dal giugno del 1923 al 1926 dopo l’uccisione
di Stamboliski, vedeva il suo modello nello Stato autoritario dominato
dalla dittatura personale di Mussolini piuttosto che nella generale conce­
zione corporativa dello Stato fascista. I suoi successori, dopo il colpo di
stato dell’estrema destra filofascista della setta Zveno del maggio del
1934 che pose termine alla fase di relativo liberalismo inaugurata dalle
elezioni del 1931, contribuirono alla caratterizzazione del regime autori­
tario in senso più moderato della fase reazionaria estremista 1923-26,
con l’accentuazione della presenza politica di re Boris, ripristinando a par­
3
4
Per la polemica fascista contro di essa cfr. Latinus, op. cit., cap. XIII.
L atinus , op. cit., cap. XIV.
56
Enzo Collotti
tire dal 1937 una parvenza di sistema parlamentare al di fuori di ogni
governo dei partiti, che continuarono ad essere proibiti.
Il fascismo italiano cercò di valorizzare a fini propagandistici e politici
le correnti filofasciste bulgare5, ma più ancora la propaganda fascista
cercò di sfruttare « la saggia e bene intenzionata intromissione della poli­
tica italiana », come si espresse appunto uno dei suoi portavoce, anche
per sottolineare come il soddisfacimento delle rivendicazioni bulgare con­
tro il trattato di Neuilly « rafforzerebbe il governo costituzionale e sal­
verebbe il paese da pericolosi esperimenti rivoluzionari » 6. Si intreccia­
vano così nella propaganda fascista l’appello antijugoslavo — « Consi­
derata la sua situazione territoriale, qualunque patto o alleanza o intesa
con la Jugoslavia, porterà diritto alla sua lenta soffocazione, e, alla oc­
casione propizia, al suo schiacciamento » 7 — e l’appello antibolscevico,
quello stesso appello sul quale avrebbe fatto leva qualche anno più
tardi, ma con ben altri argomenti, la stessa Germania nazista per aprire
anche la Bulgaria alla sua penetrazione.
Sullo sfondo di questa generica simpatia dei governi autoritari bul­
gari per il regime fascista italiano, si inserì nei legami tra i due paesi
un fattore di carattere personale, se non propriamente dinastico, il cui
significato non va sopravvalutato ma neppure trascurato. Alludiamo al
matrimonio di re Boris III, che era salito al trono nell’ottobre del 1918,
con la terzogenita di Vittorio Emanuele III, Giovanna, nell’ottobre del
1930. All’episodio non va attribuita maggiore importanza di quanta
non ne avesse sotto il profilo di un generico consolidamento di legami
personali e di amicizia. Se bisogna credere alle memorie dell’ex regina
di Bulgaria, peraltro di assai scarso interesse, sin da un colloquio con
Mussolini del 1930 Boris aveva tenuto a dichiarare che non intendeva
passare per agente del « regime italiano » nei Balcani8. Tuttavia, indi­
pendentemente dalle intenzioni di Boris, ci si può porre il quesito se il
legame personale che egli contrasse con la casa Savoia non facesse parte
di un disegno più vasto che accomunava nelle mire espansioniste nei
Balcani la dinastia dei Savoia e il fascismo italiano.
A parte il precedente operettistico dell’eventualità di dare una « si­
gnorina italiana » in moglie a re Zog di Albania9, eventi successivi come
5
Tra le molte testimonianze d i questo interesse per i fascisti bulgari citiamo soltanto
A svero G ravelli, Verso l’Internazionale fascista, Roma, 1932, pp. 145-165; D . L isc h i ,
La Nuova Bulgaria e la dottrina fascista, in Gerarchia, 1934, pp. 137-140. Tra le testi­
monianze filofasciste di esponenti politici bulgari si v. le dichiarazioni raccolte dal
N urigiani, op. cit., v. nota 6, alle pp. 138-148.
6
Cfr. G iorgio N urigiani, Italia e Bulgaria, Pref. di Nicola Pascazio, Roma, 1934,
p. 137.
7
Come si esprime N. Pascazio, pref. a G. N urigiani, op. cit., p. 13.
8
G iovanna D i B ulgaria, Memorie, Milano, 1964, pp. 136-137.
9
Si V . sull’episodio F rancesco J acomoni, La politica dell’Italia in Albania, Bologna,
1965, pp. 67-68.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
57
il passaggio della corona d’Albania al re d’Italia, la nomina a re di Croa­
zia di un membro di casa Savoia, il progetto — attribuito alla regina
Elena di origine montenegrina — di risuscitare il regno del Montenegro e la dinastia dei Petrovic legata a casa Savoia 10, farebbero pen­
sare al concorrere di un duplice fattore: la volontà di casa Savoia e
l’interesse del fascismo di assecondare le ambizioni della dinastia per
averne l’appoggio nell’espansione balcanica dell’Italia, sogno mai sopito
del nazionalismo e dell’imperialismo italiani. Certamente Boris non fu
l’agente diretto dell’Italia nei Balcani, ma per via dei legami personali
che lo unirono alla dinastia italiana divenne uno dei pochi capi di Stato
— l’unico comunque del settore balcanico — largamente disponibile
e accessibile alle esigenze della politica italiana, anche se non sempre
svincolabile almeno sino al 1939 dalle influenze inglesi e francesi, come
ebbe a dimostrare fra l’altro all’epoca della guerra d’Abissinia, allorché
anche la Bulgaria aderì alle sanzioni bandite dalla Società delle Na­
zioni 11. E inoltre su questo elemento di carattere personale avrebbero fat­
to leva, con tutti gli ingredienti della retorica che l’occasione largamente
offriva e toccando tutte le corde del sentimento, la propaganda bulgara
e quella italiana via via che si andava stringendo il legame della Bulgaria
alle potenze dell’Asse 1213.
Ma non certo ultimo dei fattori che concorrevano a stabilire buoni
rapporti con la Bulgaria era la presenza economica italiana. Si tratta
anche qui di un aspetto che non va sopravvalutato, ma che offre inte­
ressanti spunti nel quadro generale della penetrazione italiana nell’area
sudorientale. Con una certa esagerazione la propaganda fascista anche
in questo campo ebbe la tendenza a presentare l’Italia come una delle
ancore di salvezza della Bulgaria: « ...Circondata da nemici, disprezzata
dagli antichi alleati, la Bulgaria trovò nell’Italia il suo fornitore e il suo
banchiere » u. In effetti quali erano le posizioni economiche dell’Italia
10 Cfr. G aleazzo C iano, Diario 1939-43, Milano, 1963, vol. II, p. 21 e pp. 34-35,
rispettivamente alle date del 24 aprile e del 21 maggio 1941.
11 II contraccolpo dell’adesione della Bulgaria alla sanzione societaria fu immediato:
i dati del commercio estero indicano il crollo quasi totale dei rapporti tra i due
paesi nel 1936 e una lenta ripresa a partire dal 1937; cfr. in proposito la tabella
pubblicata a p. 81.
12 Per questo aspetto basta sfogliare il settimanale Vita bulgara, del quale faremo
cenno innanzi, per rendersi conto del significato propagandistico attribuito a un simile
elemento. Ancora nel novembre del 1942 appariva in questo giornale (a. I li, n. 117,
5 novembre 1942, p. I), un Messaggio del PNF alla Bulgaria amica e alleata, a firma
del noto gerarca Ezio Maria Gray in occasione del ventennale della marcia su Roma,
nel quale si faceva menzione, tra gli elementi di comunanza dei due paesi, oltre alla
« sana ruralità » del popolo bulgaro, ai « delicati e cari vincoli dinastici » (!!).
13 G. N urigiani, op cit., p. 125. Si v. per contro quanto scrive R. G uariglia, op. cit.,
pp. 91-92, il quale lamenta che le disgraziate condizioni finanziarie dell’Italia non
consentissero di accordare alla Bulgaria ben maggiori aiuti finanziari in appoggio al­
l’azione politica italiana.
58
Enzo Collotti
in Bulgaria? Certamente dopo la prima guerra mondiale le possibilità
commerciali ed economiche dell’Italia erano state favorite dalla rottura
dei vecchi legami tra la Bulgaria e gli Imperi centrali, per cui anche
l ’Italia raccolse una parte della successione nel settore economico-commerciale. Tuttavia la Bulgaria non cessò di rimanere uno dei mercati
tradizionali dell’economia tedesca.
Nel campo commerciale all’inizio degli anni trenta l’Italia si collo­
cava al quinto posto nel commercio estero della Bulgaria; nel 1932 le
importazioni dall’Italia coprivano il 15 per cento del totale delle im­
portazioni bulgare; le esportazioni verso l’Italia ammontavano al 12
per cento delle esportazioni complessive bulgare. La struttura del com­
mercio estero rifletteva le caratteristiche di sviluppo dei due paesi: dal­
l’Italia la Bulgaria importava prodotti tessili, veicoli, macchinari, der­
rate coloniali, frutta, semi, legumi, pelli lavorate. In particolare l’Italia
forniva quasi la metà dei filati di lana alla Bulgaria e il 60 per cento dei
filati di cotone; l’Italia era inoltre la principale fornitrice di automobili,
anche se dato il bassissimo livello di motorizzazione della Bulgaria si
trattava ancora soltanto di un esiguo numero di unità. In Italia la Bul­
garia esportava esclusivamente prodotti del suolo e dell’allevamento
(tabacco, prodotti agricoli, uova, pellame, bachi da seta, essenza di
rose) w.
Dal punto di vista commerciale la Bulgaria si poneva dopo la Jugo­
slavia, la Romania e la Grecia tra i partner dell’Italia nell’area balcanica.
Ma relativamente importante era la presenza in Bulgaria di capitale
italiano. Si trattava di capitale affluito in parte dopo il 1919, in seguito
alla costituzione di enti economici e aziende italiane: come la Banca
commerciale italo-bulgara, costituita su iniziativa della BCI, uno dei
principali complessi bancari del paese, e una serie di aziende industriali:
la tessile « Fortuna » nel 1927, la forestale Vaccaro-Balabanev, la Soc.an.
Fiat Bulgara nel 1925 (fra l’altro per le forniture all’esercito bulgaro),
la Cinzano Bulgara nel 1926, la Azienda Tabacchi italiani nel 1930; in
parte, preesistente alla prima guerra mondiale, trattandosi di capitali di
società già appartenenti all’impero austro-ungarico, come nel caso delle
Assicurazioni Generali, che si erano affermate come uno dei principali
complessi assicurativi del paese, cui nel 1923 si sarebbe aggiunta anche
14 G. N urigiani, op. cit.j pp. I l i sgg.; per un raffronto più analitico è necessario
ricorrere ai volumi delVAnnuario Statistico, poiché le fonti di statistiche commerciali
più accreditate, come il Movimento economico dell’Italia edito dalla Banca Commer­
ciale Italiana, non riportano dati specifici per quanto riguarda gli scambi tra l’Italia
e la Bulgaria. Inoltre si v. le notizie sui rapporti economici con la Bulgaria che
fornisce l’ex ministro degli Scambi e Valute F elice G uarnieri, Battaglie economiche
tra le due grandi guerre, Milano, 1953, 2 voli., passim. Il libro di A. F ocarile,
Bulgaria d'oggi nei suoi aspetti sociali, economici, commerciali e finanziari. Milano,
1929, fornisce alcuni dati interessanti per un periodo relativamente breve, arrestandosi
in pratica al 1926.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
59
la Riunione Adriatica di Sicurtà15. Una presenza, questa delle compa­
gnie assicurative triestine, che vale la pena di segnalare dati i legami
■che esse ebbero con il nazionalismo adriatico e quindi la funzione di
agenti deH’imperialismo italiano.
Intorno a quell’epoca il capitale italiano investito in Bulgaria avreb­
be coperto il secondo posto, con 157 milioni di leva, venendo dietro
al capitale franco-belga (199 milioni) e sopravanzando di gran lunga il
capitale tedesco (60 milioni)16.
2. Il Nuovo Ordine Europeo e le sfere di influenza italiana e tedesca.
« Il Führer tiene a far sapere che considera il mare Mediterraneo
•quale un mare prettamente italiano. All’Italia spettano nel Mediterra­
neo posizioni di privilegio e di controllo. Gli interessi dei tedeschi vol­
gono verso il Baltico che è il loro ’Mediterraneo’ 17. Questa comuni­
cazione di Hitler trasmessa a Mussolini il 23 settembre 1936 per mez­
zo del ministro Hans Frank fu il primo vago ma esplicito segno di ri­
conoscimento da parte del Reich nazista di una sfera di influenza italiana
nell’ambito dell’alleanza dell’Asse e più tardi nell’ambito del Patto Tri­
partito che consacrava anche formalmente il ruolo guida delle potenze
dell’Asse nella fissazione del nuovo assetto europeo. Su questa divisione
in sfere di influenza, che sembrava soddisfare la vecchia aspirazione ita­
liana alla penetrazione balcanica, si è attirata l’attenzione ripetutamente I8.
Sappiamo tuttavia che nei fatti la posizione di parità tra i due par­
tner dell’Asse, che avrebbe dovuto trovare espressione tra l’altro pro­
prio nella spartizione delle sfere d’influenza, era puramente formale e
fittizia. La guerra accelerò lo squilibrio in conseguenza dell’impari rap­
porto di forze politico ed economico esistente tra Italia e Germania. Ma
questo squilibrio si rese particolarmente evidente proprio nel settore
balcanico: se già VAnschluss austriaco aveva riaperto al Reich la via
dell’Europa sudorientale, i piani per l’intervento della Wehrmacht in
Jugoslavia e in Grecia offuscavano largamente le ambizioni di egemonia
dell’Italia. Le stesse posizioni acquisite dalla Germania in Romania sin
dal marzo del 1939 e l’acquisizione definitiva dell’Ungheria alla causa
dell’Asse con l’arbitrato di Vienna del 30 agosto 1940 furono in realtà
realizzazioni all’attivo della Germania 19. Seppure non è esatta 1 afferma­
15
14
G. N urigiani, op. cit., pp. 125 sgg.
G. N urigiani, op. cit., p. 125.
17 R odolfo M osca, (a cura di), L’Europa verso la catastrofe, Milano, 1964 (nuova
•ed.), vol. I, p. 80.
ls Così nel nostro contributo La politica dell’Italia nel settore danubiano-balcanico
dal patto di Monaco all’armistizio balcanico, nel voi. cit., L’Italia nell’Europa danu­
biana durante la seconda guerra mondiale, pp. 8 sgg.
« Ibid., pp. 19-20 e p. 50.
60
Enzo Collotti
zione che si trova ripetutamente nella pubblicistica e nella storiografia
tedesca, secondo la quale soltanto la maldestra e avventuristica campagna
italiana contro la Grecia avrebbe indotto Hitler a intervenire direttamente
nella penisola balcanica20, incontrovertibile è invece che l’iniziativa del­
l’Italia contro la Grecia, che era a suo modo un mezzo per reagire pro­
prio alla ormai avanzata penetrazione tedesca nei Balcani, accelerò i tempi
dell’intervento militare tedesco.
Almeno dall’epoca della realizzazione àe\YAnschluss, e più ancora del
patto di Monaco e dello smembramento definitivo della Cecoslovacchia, il
Reich nazista aveva manifestato aspirazioni egemoniche nei confronti
dell’intero settore sudorientale; le pressioni infine per ottenere l’ade­
sione al patto Tripartito di Ungheria, Romania, Jugoslavia e Bulgaria
che furono affidate principalmente al gioco diplomatico della Germania,
che tra le potenze dell’Asse fra l’altro era l’unica in grado di offrire ga­
ranzie e aiuti militari, recavano inequivocabilmente il segno della supre­
mazia tedesca. La spartizione in sfere di influenza era quindi seriamente
minacciata nei fatti da un rapporto di forze che poneva l’Italia in una
posizione subalterna.
Il fatto che la Germania, come ebbero a ribadire ripetutamente i suoi
esponenti politici e diplomatici, non gradisse l’allargamento del conflitto'
ai Balcani non significava affatto che essa si disinteressasse di questo set­
tore 21; essa al contrario non desiderava che l’incendio della guerra si
estendesse ai Balcani proprio perché la stabilità del settore sarebbe stata
la migliore garanzia per il massimo sfruttamento delle possibilità econo­
miche e strategiche della penisola22, considerata la grande riserva di ma­
terie prime e di manodopera del Reich-, una funzione che sarebbe stata
esaltata in anni immediatamente successivi allorché nella previsione del­
l’urto con l’Unione Sovietica l’Europa sudorientale si trasformò in una
vera e propria retrovia della Wehrmacht. Nei confronti degli Stati balca­
nici la Germania non fece mistero, senza preoccuparsi di attraversare in
questo modo le aspirazioni dell’Italia e di smentire le stesse assicurazioni
ad essa date, della sua volontà di fare valere in maniera prioritaria e asso­
luta i propri diretti interessi. Il comportamento di Hitler risulta abba­
stanza bene dal colloquio che egli ebbe con il presidente del consiglio
bulgaro Filov il 27 luglio 1940: « Er sei selbst auf Balkan in keiner
Weise territorial oder politiseli interessiert. Deutschland besitze hochstens
Come si deduce ad es. dall’opera di K urt T ippelskirch , Geschichte des Zweiten
Weltkriegs, Bonn, 1954, p. 139.
21 In generale per l’interesse che la Germania dispiegò per la situazione balcanica
dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale si v. P h il ipp W . F abry, Balkan-Wirren
1940-41. Diplomatische und milit'àrische Vorbereitung des deutschen Donauiibergauges,
Darmstadt, 1966, in particolare cap. I, accurato nella ricostruzione diplomatico-militare,,
non sempre condividibile nei giudizi di dettaglio.
22 E. C ollotti, op. cit., pp. 20-21.
20
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
61
e in indirektes politisches Interesse an den Balkangebieten, weil es sie
als zu seinem Wirtschaftsraum zugehorig betrachte... » 23.
La tesi di quei propagandisti fascisti che videro nella non impegnativa
e assai vaga dichiarazione di Hitler del 4 maggio 1941 — l’Italia si era
meritata con i suoi sacrifici di sangue di ottenere « l’influenza territoriale
•e politica » nello « spazio vitale che ad essa unicamente compete » 24 —
il riconoscimento esplicito della supremazia italiana nei Balcani era smen­
tita in partenza dalla distinzione che Hitler aveva già in precedenza fat­
to tra area d’influenza economica e influenza politica, come se la penetrazione economica tedesca non dovesse essere in definitiva l’elemento
discriminante e decisivo della lotta per l’egemonia tra le potenze del­
l’Asse. In realtà il Reich non si astenne dall’interferire neppure nei ter­
ritori — Croazia, Albania e Grecia — ai quali in sostanza, nei disegni
tedeschi, avrebbe dovuto ridursi l’area di influenza italiana.
In effetti, mentre da parte italiana si continuava a pensare, più che
ad operare, in termini di separate sfere di influenza all’interno dell’area
di egemonia dell’Asse, la Germania teorizzava e praticava la concezione
della Grossraumwirtschaft, ossia una concezione che considerava in ter­
mini unitari, globali, i problemi dell’economia europea, come economia
di « grande spazio », in funzione unicamente degli interessi e dei biso­
gni del Reich. Nel febbraio del 1940 nell’ambito del ministero dell’Eco­
nomia del Reich fu creata una agenzia specificamente dedicata allo sfrut­
tamento economico dell’Europa sudorientale, la Siidosteuropa-Gesellschaft
(SOEG) con sede a Vienna, sui cui scopi, organizzazione e prassi operativa
ha fatto luce di recente l’importante studio di Dietrich O rlow 25. Veniva
•con ciò sistematizzata e portata alle estreme conseguenze la pratica di
assoggettamento al Reich dei paesi dell’Europa sudorientale, che era già
stata inaugurata nel 1933-34 (con il regime dei cambi multipli e del
clearing) e che aveva raggiunto uno dei suoi momenti culminanti con
gli accordi commerciali bilaterali del tipo di quello concluso nel marzo 1939
con la Romania26.
23 Cfr. S ta a ts m à n n e r u n d D ip lo m a te n b e i H itle r . V e r tr a u lic h e A u fz e ic h n u n g e n tib e r
Unterredungen mit Vertretern des Auslandes 1939-1941. Herausgegeben und erlautert
von Andreas Hillgruber. Frankfurt a.M., 1967, pp. 181-186.
24 Se ne veda il testo in M ax D omarus, H itle r . R e d e n u n d P r o k la m a tio n e n 19321943. München, 1965, Bd. II, Zweiter Halbbd., per il passo che ci interessa alle
pp. 1706-1707; l’ostentazione e l’apparente delicatezza con le quali Hitler teneva in
questa occasione a dichiarare che non era intervenuto in Grecia per aiutare gli italiani
ma per prevenire gli intrighi inglesi non era che un ulteriore trucco a copertura delle
mire espansionistiche tedesche.
25 D ietrich O rlow, T h e N a z is in th e B a lk a n s. A C a se S tu d y o f T o ta lita r ia n P o litic s ,
Pittsburgh, 1964.
26 D. O rlow, o p . c it., p. 101. Sul contesto generale nel quale si collocava questo
accordo si v. gh studi di E liza Campus , D ie h itle r fa c h is tis c h e I n f iltr a tio n R u m a n ie n s
1939-1940, nella Z e its c h r if t f iir G e s c h ic h ts w is s e n s c h a ft, 1957, f. 2, pp. 213-228 e
V iorica
Moisuc, Orientations dans la politique extérieure de la Roumanie après le
62
Enzo Collotti
L’ipotesi politica entro la quale operava il Grande Reich era la pro­
spettiva, a guerra finita, di una economia integrata avente il suo centro
propulsore nel Reich, dominata dal marco, fondata sul potenziamento
dell’estrazione di materie prime e dello sviluppo agricolo dei paesi
sudorientali in modo da soddisfare le esigenze del Reich, che doveva
rimanere unico fornitore di manufatti industriali, essendo esplicitamente
escluso un processo di industrializzazione degli Stati satelliti del Reich.
Era infine nel Reich, cuore industriale, finanziario e commerciale del si­
stema, che avrebbe dovuto affluire la manodopera eccedente degli Stati
satelliti27.
La posizione dell’Italia di fronte alle concrete possibilità operative
messe in atto dalla Germania appare estremamente debole. È bensì vero
che « l’esistenza di una sottosfera italiana nell’ambito dell’Europa do­
minata dalla Germania non era incompatibile con le fondamentali con­
cezioni di Hitler sulla struttura della nuova Europa », come afferma
l’O rlow 28. Ma in realtà la situazione era leggermente diversa e anche
più complessa: l’Italia chiedeva una condizione di parità, non soltanto
la gestione di una sottosfera nell’ambito dell’egemonia tedesca; in se­
condo luogo avvertiva in modo acuto la sua inferiorità di fatto, nelle
effettive possibilità, per cui le sue stesse rivendicazioni di potenza appari­
vano contraddittorie.
L’espansione economica tedesca verso i Balcani, oltre che della po­
litica di scambi inaugurata dal regime nazista, aveva profittato larga­
mente dell’Anschluss austriaco e dello smembramento della Cecoslovac­
chia: l’espansione della I.G. Farben nel settore sudorientale è indisso­
ciabile da queste circostanze politiche, che permisero di realizzare i
progetti di penetrazione preesistenti allo stesso avvento del nazismo29.
Inoltre, dopo l’invasione della Jugoslavia, e nella stessa Grecia (nono­
stante questa dovesse essere lasciata all’egemonia italiana) la Germania
si impossessò degli investimenti anglo-francesi nel settore30.
pacte de Munich, in Revue Roumaine d’histoire, 1966, n. 2, pp. 327-340, in implicita
polemica con la nota opera dello Hillgruber tendente ad attenuare i connotati impe­
rialisti e sopraffattori degli accordi del 1939. Ma in generale va tenuto presente a
questo riguardo lo studio di W ilhelm T reue, Das Dritte Reich und die 'Westmàchte
auf dem Balkan. Zur Struktur der Aussenhandelspolitik Grossbritanniens und Frankreichs 1933-1939, nei Vierteljahrshefte fiir Zeitgeschichte, 1953, n. 1, pp. 45-64.
27 D. O rlow, op. cit., pp. 110-115.
28 lbid., p. 108.
29 L’espansione della IG Farben con particolare riferimento all’Europa sudorientale
è stato oggetto di numerosi studi di H ans R adandt: per brevità se ne veda la citazione
nell’introduzione dello stesso Radandt al volume Fall 6. Ausgewahlte Dokumente und
Urteil des IG. Farben-Prozesses, Berlin, 1970, in particolare alle pp. 39-42.
30 Cfr. in proposito l’indagine di O tfried U lshofer , Einflussnahme auf Wirtschaftsunternehmungen in den besetzten nord-, west- und siidosteuropàischen Làndern
w'àhrend des Zweìten Weltkrieges insbesondere der Erwerb von Beteiligungen (Verflechtung), Tübingen, 1958, passim. Nonostante sia condotto in chiave giustificazio-
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
63
Quale conto la Germania facesse della presenza europea dell’alleato
fascista si può desumere da questa citazione dal Diario di Goebbels, che
benché relativa alla primavera del 1943 illumina anche retrospettivamente
la posizione del Reich, al di là dei riconoscimenti verbali di Hitler e
di Funk:
Il Führer è giunto alla convinzione che tutti i detriti delle minori nazioni
ancora esistenti in Europa devono essere liquidati al più presto possibile. Lo
scopo della nostra lotta è di creare un’Europa unificata. Solo i tedeschi pos­
sono organizzare l’Europa. Non esiste in realtà alcun’altra potenza egemonica.
In questo senso il Führer ha sottolineato quanto noi possiamo essere soddi­
sfatti che non ci siano giapponesi sul continente europeo. Anche se gli italiani
oggi ci procurano molti guai e molti grattacapi dobbiamo considerarci fortu­
nati ch’essi non possono costituire una seria rivalità nella futura organizza­
zione d’Europa. Se i giapponesi fossero impiantati sul continente europeo le
cose sarebbero molto diverse; ma oggi noi siamo praticamente l’unica potenza
egemonica 31.
Più di una testimonianza dimostra che, ad onta di ogni esigenza e par­
venza propagandistica, gli stessi capi del fascismo italiano erano consape­
voli di quanto fosse debole la posizione dell’Italia, di un paese cioè che per
darsi forza e per poter realizzare le sue ambizioni di potenza doveva
dipendere dagli aiuti dell’altra potenza nei cui confronti rivendicava la
parità di diritti e di posizioni. Anche qui basti la citazione di una nota
dal Diario di Ciano per rendere l’atmosfera di impotenza e anche di ras­
segnazione con la quale lo stesso Mussolini sembrò prendere atto del
rango totalmente subordinato nel quale le vicende dell’alleanza e della
guerra avevano gettato l’Italia. Annotava Ciano alla data del 13 ago­
sto 1941:
Il Duce ha avuto notizia che durante il suo viaggio al fronte russo, un
tedesco avrebbe detto di lui: « ecco il nostro Gauleiter per l’Italia » e un
funzionario dell’Ambasciata [a Berlino] lo avrebbe sentito. Ho scritto ad
Alfieri per appurare la verità. Mussolini ha detto: « Io lo credo. In Germania
esistono dei dischi. Hitler li incide. Gli altri li suonano. Il primo disco era
quello dell’Italia, alleata e fedele, su di un piano di parità, signora del Mediterraneo, come la Germania era signora del Baltico. Poi è venuto il secondo
disco, quello dopo le vittorie. Cioè: l’Europa sarà dominata dalla Germania.
Gli Stati vinti saranno vere e proprie colonie. Gli stati associati saranno provincie confederate. Tra queste, la più importante è l’Italia. Bisogna accettare
questa stato di cose perchè ogni tentativo di reazione ci farebbe declassare
dalla condizione di provincia confederata a quella ben peggiore di colonia.
nista nei confronti della politica nazista, questo lavoro fornisce indirettamente ma
anche esplicitamente preziose conferme dell’opera di rapina praticata dai tedeschi
e della stessa collisione tra gli interessi italo-tedeschi.
31 J oseph G oebbels, Diario intimo, Milano, 1948, p. 477.
64
Enzo Collotti
Anche se domani chiedessero Trieste nello spazio vitale germanico, bisogne­
rebbe piegare la testa32.
Ma naturalmente queste erano confessioni intime che non erano
destinate a fare testo nei confronti dei terzi. Verso l’esterno la posizio­
ne dell’Italia si manifestava attraverso il tentativo della propaganda di
dare un volto autonomo alla presenza dell’Italia nell’Asse e attraverso
le spinte vaghe e incerte degli ambienti economici, rilevabili per ora
solo al livello giornalistico, per attribuire anche all’Italia un margine di
profitto e di espansione nell’area sotto il dominio dell’Asse. Certo, di
fronte alla ben altrimenti agguerrita coerenza con la quale la Germania
perseguiva la penetrazione politica, militare ed economica in tutto lo
spazio sudorientale, ben fragili dovevano apparire le retoriche invoca­
zioni ai diritti storici con le quali i propagandisti del regime fascista
credevano di poter risolvere il problema della spartizione dell’Europa do­
minata dall’Asse, e di vedere riconosciuta all’Italia la supremazia nello
scacchiere mediterraneo. Il tema del « mare nostrum » era il cavallo di
battaglia della propaganda fascista:
Nessuno può contestare al grande popolo germanico i suoi diritti al Mare
del Nord che è suo mare, alle colonie che gli spettano, alle grandi vie di espan­
sione verso l’oriente, al suo posto negli oceani e nel mondo.
Nessuno può contestare all’Italia, di riprendere le vie di Roma e della sua
Rinascenza e di avere il posto che le spetta nel mondo...
Nessuno può sostituirsi a noi nel dominio del mare che vide sorgere
Roma, il Rinascimento e il fascismo.
Abbiamo fatto di questo mare il giardino di tutte le civiltà, il faro di
tutte le idee, il serto di tutte le bellezze.
E siamo la gente strabocchevolmente più numerosa; vi predominiamo con
più di 45 milioni di italiani, tutti protesi al mare di cui l’Italia è centro
geografico e morale...
Il Mediterraneo è nostro33.
Né maggiore attendibilità e concretezza potevano assumere le giu­
stificazioni geopofitiche che altre voci della propaganda fascista ponevano
a fondamento del primato mediterraneo dell’Italia:
...il Mediterraneo si domina con l’Italia, e il Mediterraneo rimane la
chiave di volta di ogni potere intercontinentale. Ne consegue che non è conce­
pibile, da Roma, una indipendenza e una libertà senza una grande politica
continentale e una grande politica interoceanica...34.
C iano, Diario, cit., vol. II, p. 76.
33 Come si esprimeva uno dei più banali propagandisti fascisti I talo L unelli ,
Pagine della nostra fede. Italia e Germania di fronte all'Europa, Varese, 1942, pp. 248250, che qui si cita soltanto perché fu uno dei portavoce della Scuola di mistica fasci­
sta del PNF.
34 Cfr. Ragioni di questa guerra, Roma, 1941 (« Quaderni di divulgazione del1TNCF »), p. 23.
32
I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
65
Motivazioni tutte, come si vede, estremamente deboli e affidate uni­
camente a superficiali sollecitazioni nazionalistiche, la cui forza risiedeva
unicamente nelle carenze e nelle insufficienze di una concreta azione del­
l’Italia. Altrettanto privi di forza di persuasione si presentavano i ten­
tativi di accreditare come elemento caratterizzante della guerra italiana
la conquista dello « spazio mediterraneo » intesa come liberazione dall’influenza dell’Inghilterra e della Francia: in questa prospettiva la diret­
trice balcanica si inseriva come naturale retaggio del vecchio nazionalismo
italiano, senza tenere minimamente conto della presenza di una ben più
minacciosa e pesante penetrazione tedesca. Il fumoso tentativo di dare
un fondamento ideologico alla guerra presentandola come « guerra rivo­
luzionaria » dell’Europa — ossia delle potenze dell’Asse e dei loro satelliti
— contro l’Antieuropa, prescindeva completamente da una analisi reale
delle forze in gioco e rappresentava un modo puramente propagandistico
di porre l’esigenza di spartizione dell’egemonia tra le potenze dell’Asse
riservando all’Italia l’area mediterranea35.
L’occasione che spinse anche gli ambienti economici italiani a cer­
care di precisare gli obiettivi, i caratteri é gli strumenti della penetra­
zione italiana nel settore sudorientale fu offerta dalla svolta bellica del
1941; risolta con l’aiuto tedesco la stasi del fronte greco, invasa e
smembrata la Jugoslavia, ottenuta l’adesione della Bulgaria al Patto
Tripartito, le potenze dell’Asse avevano ormai il diretto controllo di
tutto il settore. L’Italia cercava di dare un senso concreto alla sua parte
di egemonia nel quadro dell’Asse. A parte anche qui i soliti richiami
retorici, particolarmente di cattivo gusto nell’esaltare proprio nel caso
della Grecia « il nuovo spirito guerriero dell’Italia imperiale », e l’ap­
pello ai « nostri commercianti, i nostri industriali, i nostri finanzieri...
perché si rinnovi nel Levante l’espansione commerciale e marittima di
Genova e di Venezia, delle cui gloriose tradizioni l’Italia imperiale è
la continuatrice » 36, la pubblicistica economica lascia intravedere alcuni
spunti intorno alla collocazione dellTtalia nel Nuovo Ordine e ai pro­
blemi connessi a questa sua posizione.
Prevale però sempre l’impressione che di fronte allo sviluppo da
parte tedesca di una concezione massiccia e globale di sfuttamento dei
paesi occupati e satelliti, la quale aveva il vantaggio di poggiare su un
concreto potenziale militare, da parte italiana non si andava al di
là di generiche eleborazioni o di indicazioni empiriche che denotavano
35
Erano questi i motivi portati avanti dalla rivista nazionalista Politica, in partico­
lare negli articoli di G iuseppe Z u c c o u , Economia mediterranea, a. 22, fase. CXXXIIICXXXIV, pp. 53-85, datato 1 giugno 1940, e di F rancesco C oppola, Considerazioni
su questa guerra, a. 23, fase. CXLI-CXLVI e CXLIX-CLII, 1941-43.
3o Come scriveva A. G. L'inquadramento dell’economia ellenica nelle attività europee,
in Rivista di politica economica, luglio 1941, pp. 616-620.
66
Enzo Collotti
la mancanza di un qualsiasi disegno organico, che significavano tutt’al più
che l’Italia era appena alla ricerca di una collocazione in quel settore, ad
onta di ogni iattanza propangandistica. Gli stessi discorsi del ministro
degli Scambi e Valute Riccardi in termini di « solidarietà continentale »
e di « piano regolatore dell’economia europea » rimanevano estremamente
vaghi e si risolvevano spesso in affermazioni puramente verbali di una
presenza italiana37. Tuttavia, volendo schematizzare il tipo di reazioni
della pubblicistica economica italiana, e attraverso di essa anche di certi
ambienti economici, alla svolta del 1941 si possono avanzare le osser­
vazioni che seguono.
Primo. In termini generali, e questa è una ipotesi praticamente
comune ad ogni organo della stampa fascista, si intuisce, nell’ipotesi
della vittoria delle forze nazifasciste, che « nell’Europa riordinata sotto
la guida dell’Asse », l’Italia avrà un più intenso livello di espansione
economica nell’Europa sudorientale38. Tale previsione era legata, fra l’al­
tro, alla possibilità di raccogliere almeno in parte la successione dell’in­
fluenza prebellica di Inghilterra, Francia e Stati Uniti: in questo senso
prospettive concrete sembravamo offerte in particolare nel settore dell’in­
dustria meccanica, in relazione al fabbisogno di macchine agricole e ai pro­
getti di sviluppo idroelettrico e ferroviario dei paesi del settore. Inoltre
venivano sottolineate le prospettive di collaborazione « della nostra in­
dustria meccanica alla valorizzazione dei combustibili solidi dell’Europa
sudorientale ai fini della produzione di energia elettrica », ossia ad
esempio per lo sfruttamento della lignite e di carboni a basso potere
calorifico in Jugoslavia e in Bulgaria39.
Secondo. Il discorso sulle prospettive della maggior penetrazione
dell’economia italiana non poteva prescindere dafl’impostare il proble­
ma del contesto politico ed economico nel quale inserire tale espansione.
È a questo proposito che veniva abbozzata una alternativa alla concezione
globale nazista della Grossraumwirtschaft; si può dire anzi che l’abbozzo
di tale alternativa nasceva proprio dal timore, tu tt’altro che astratto,
della concorrenza che la Germania esercitava già pesantemente anche
nelle zone che si riteneva lasciate all’influenza italiana. Vi era perciò
una duplice esigenza: di definire concretamente il contesto dell’area di
influenza italiana e al tempo stesso di contenere, moltiplicando le ini­
ziative italiane, la pressione tedesca.
_
37 R affaello Riccardi, Collaborazione economica europea, in Vita bulgara, a. 2
n. 92, 14 maggio 1942, pp. 1-2, articolo apparso in occasione della visita del ministro
Riccardi a Sofia.
38 Cfr. A dolfo G ulinelli , Aspetti economici e finanziari della guerra, in Rivista di
politica economica, gennaio 1941, pp. 22-36.
39 In questo senso si pronunciava Antonio G iordano, Le possibilità di sviluppare le
esportazioni dell’industria meccanica italiana nell’Europa sudorientale, in Rivista di
politica economica, marzo 1941, pp. 237-240.
I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
67
In questa sede veniva ripreso anzitutto lo sforzo di sottolineare
l ’unità economica del Mediterraneo per giustificare la posizione di gui­
da rivendicata all’Italia e al tempo stesso per sottolineare la sua assimilabilità a impostazioni e a schemi tipici del fascismo italiano. La vi­
sita del ministro dell’economia del Reich Funk in Italia nell’autunno
del 1941 e il discorso da lui pronunciato all’Università di Roma furono
interpretati come l’avallo del Reich al « diritto di cittadinanza » del­
l ’economia mediterranea come entità autonoma « nel quadro e della
dottrina della nuova Europa » 40. Una prospettiva che non è senza si­
gnificato venisse sottolineato anche da uno dei principali esponenti del
mondo industriale italiano, Alberto Pirelli, nelle cui pagine si esprimeva
chiaramente la necessità di assicurare uno sbocco all’industria italiana
in concorrenza con l’industria tedesca e la preoccupazione di mettere
l’attrezzatura e l’iniziativa dell’economia italiana al passo con il dina­
mismo di quella tedesca 41.
Per parte sua, l’ex ministro degli scambi e valute Guarneri, cercò
di sistematizzare gli sbocchi offerti dalle nuove prospettive nel quadro
della razionalizzazione dei rapporti tra gli Stati associati allo stesso « spa­
zio economico » in chiave autarchica:
La costituzione di vasti spazi economici — in quanto consente una mag­
giore disponibilità di materie prime, una maggiore specializzazione del lavoro,
una più vasta complementarietà, un più vasto mercato e in definitiva u n ’or­
ganizzazione produttiva con la quale si realizza, col minimo costo, il massimo
di indipendenza dall’estero, con beneficio di tu tti i paesi consociati — rappre­
senta un corollario dell’autarchia. La collaborazione tra i paesi compresi nello
stesso spazio economico deve svolgersi coi metodi e le forme della politica
economica programmata. E quindi i piani di lavoro pluriennali intesi a poten­
ziare al massimo le specifiche capacità di lavoro dei singoli paesi; scambi
regolati dei rispettivi prodotti a prezzi prestabiliti, sulla base della reciproca
convenienza42.
Affiorava, nelle rivendicazioni all’affermazione di una egemonia ita­
liana in una propria specifica area, anche la preoccupazione che l’Italia
40 In questo senso interveniva Carlo E. F erri, Il concetto economico di spazio vitale
in relazione all’economia mediterranea, in L'Economia italiana, gennaio 1942, pp. 20-29.
In realtà le dichiarazioni di Funk erano state assai più generiche e assai meno impe­
gnative di quanto non ritenessero gli scrittori fascisti; si v. il testo del discorso di
Funk all’Università di Roma del 20 ottobre 1941 ne L'Economia fascista, ottobre 1941,
pp. I-XII.
41 A lberto P irelli, Intorno al problema dei grandi spazi economici, in Storia e
politica internazionale, 30 giugno 1941, pp. 225-238. Interessanti nello scritto del Pi­
relli erano comunque le evidenti preoccupazioni per la sorte della lira e per i pericoli
che nel quadro dei grandi spazi correva l’autonomia politica degli Stati minori; si
direbbe che esso esprimeva la consapevolezza dell’asprezza dello scontro di interessi
tra i due imperialismi fascisti.
42 F elice G uarneri, Autarchia e scambi internazionali, in Storia e politica internazio­
nale, 30 giugno 1941, pp. 239-257.
68
Enzo Collotti
fosse ridotta a una condizione puramente subalterna, di paese agricolo,
nei confronti del Reich. In questo senso, e non soltanto come semplice
affermazione del ruolo dell’Italia come paese industriale, ci pare di po­
tere intendere le ripetute allusioni che ricorrono in proposito nella pub­
blicistica fascista; si tratti dell’affermazione circa « l’antieconomicità di
una concezione che volesse comunque pensare di ridurre al minimo
l’industrializzazione delle zone mediterranee ed in modo speciale del­
l’Italia » 43 o della polemica contro l’eventuale ipotesi « che la funzione
riservata all’Italia, nel futuro riassetto europeo, si esaurisca entro gli
angusti limiti della ruralità » 44. Sono spunti, nulla più che spunti, che
tuttavia vannno segnalati in quanto denotano come all’interno dello
schieramento dell’Asse si manifestassero contraddizioni e contrasti di non
lieve momento, destinati a raggiungere la tensione di veri e propri con­
flitti di interesse. Naturalmente la difesa che l’economia italiana, e in par­
ticolare i gruppi industriali, facevano dei propri interessi e delle proprie
prospettive di espansione nei confronti delle pressioni e dell’espansione
tedesche non implicava che l’Italia non adottasse, nei confronti dei terri­
tori destinati a subire la sua influenza, la stessa forma di espansione im­
perialistica che essa tentava di arginare nell’area di sua spettanza, come
vedremo meglio fra breve.
Ma intanto proprio il caso della Bulgaria offriva l’occasione di anti­
cipare il discorso sulla presenza italiana, con allusione evidente al pe­
ricolo che dove non arrivasse la penetrazione italiana si sarebbe inse­
diata quella tedesca. Traendo lo spunto dalle iniziative per potenziare
le risorse della Bulgaria, uno dei più attivi commentatori di questi
problemi, scriveva:
... È indispensabile che da parte nostra si seguano anche questi aspetti
della vita economica bulgara, poiché è evidente che i « complessi economici »,
dei quali tanto si parla in questo momento, più che da divisioni geografiche
e simili saranno determinati dall’attività commerciale degli uomini che sa­
pranno far convergere gli interessi economici di un determinato territorio
piuttosto verso un paese che verso un altro. Occorre, quindi, che anche noi
s’incominci a gettare le basi del « complesso economico » che dovrà far capo
a Roma, anche se non sono ancora del tutto prevedibili le situazioni che
verranno determinandosi nei traffici internazionali4S.
Terzo. È interessante notare come gli stessi ambienti che si preoccu­
pavano di arginare l’influenza tedesca e di garantire la presenza italiana
non erano tuttavia in grado di offrire un modello di inserimento
43
44
C. E. F erri, a rt. c it., p. 29.
Secondo i timori espressi da G iacomo O txello, S p a z i e c o n o m ic i, s c a m b i e co lla ­
b o r a z io n e , in L 'E c o n o m ia ita lia n a , luglio-agosto 1942, pp. 321-330.
43 A ntonio G iordano, G l i s v ilu p p i d e l c o m m e r c io e s te r o d e ll’U n g h e r ia e d e lla B u l­
g a ria , in R iv is ta d i p o litic a e c o n o m ic a , gennaio 1941, p. 65.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
69
di questi paesi sostanzialmente diversi da quello proposto dal Terzo
Reich: in tal caso per essi si sarebbe trattato soltanto di sostituire lo
Stato guida della sfera nel quale venivano a rientrare, ma il tipo di rap­
porto tra essi e lo Stato guida sarebbe rimasto fondamentalmente analogo,
ossia costruito in funzione delle esigenze industriali dello Stato egemone.
La prospettiva di questi paesi, si legge infatti, il loro contributo « dovrà
appoggiarsi soprattutto sul rifornimento di prodotti agricoli dei paesi in­
dustriali e sulla valorizzazione di tale produzione ai fini industriali » dello
Stato guida. L’esigenza di asservire questi paesi prevalentemente agri­
coli all’economia italiana ancora allo stadio agrario-industriale senza cor­
rere il rischio di una concorrenza ai danni dell’Italia era enunciata a tut­
te lettere:
... la questione (del contributo di questi paesi) va studiata particolar­
mente da noi in quantochè si tratta di paesi che dovranno essere inquadrati
nello spazio vitale mediterraneo, cioè in quel mercato che dovrà far capo
allTtalia che occupa il primo posto tra i paesi del Mediterraneo, per quanto
riguarda l’agricoltura, e che sarebbe contrario allo stesso spirito del nuovo
ordine economico europeo se si dovesse determinare nell’Europa sudorientale
una produzione agricola in concorrenza con la produzione agricola italiana
od anche di altri paesi mediterranei...46.
Il rapporto con i paesi balcanici era visto quindi unicamente in fun­
zione della loro integrazione rispetto alle esigenze dell’economia italiana,
come risulta da quest’altra esplicita citazione:
...Sembra pertanto chiaro che i territori balcanici, nei confronti col grande
spazio economico mediterraneo avranno ad un tempo un duplice compito: in
primo luogo quello di integrare l’economia italiana con il rifornimento di
materie prime indispensabili; successivamente quello di assorbire parte delle
nostre eccedenze di prodotti industriali. Funzioneranno, cioè, come spazio
vitale, per l’Italia, e come spazio economico sia per la grande economia mediterranea che per lo spazio economico continentale47.
3. L’appoggio dell’Italia alle rivendicazioni della Bulgaria. L ’adesione al
Patto Tripartito.
L’accostamento della Bulgaria all’Asse Roma-Berlino e successiva­
mente al Patto Tripartito non fu senza contrasti. Non solo vi erano cor­
renti e spinte divergenti all’interno della politica bulgara, quelle stesse
spinte che avrebbero indotto il governo di Sofia a non impegnarsi di­
46 Come scriveva ancora
A ntonio G iordano, L'economia bulgara ed il suo rapporto
nella sistemazione dell'economia dei paesi dell'Europa sudorientale, in Rivista di poli­
tica economica, aprile 1941, pp. 338-341.
47 G iacomo O tello , art. cit., p. 322.
70
Enzo Collotti
rettamente sul terreno militare nella guerra contro l’Unione Sovietica,
ma anche il prevalente orientamento in favore dell’Asse era condizio­
nato dal soddisfacimento delle rivendicazioni bulgare. La Bulgaria,
era stato affermato ripetutamente, guardava con simpatia all’Italia perché
aveva lanciato la parola d’ordine della revisione dei trattati. Non poteva
perciò meravigliare, come comunicava al ministro degli Esteri Ciano
sin dal 3 giugno 1939 il ministro a Sofia Talamo, che il presidente del
Consiglio bulgaro chiedesse l’intervento dell’Italia e della Germania nei
confronti della Romania per ottenere la cessione della Dobrugia come
« condizione adesione bulgara sistema stesso » dell’Asse48. In quella
fase l’iniziativa decisa dell’Asse nel senso desiderato dal governo di Sofia
era ancora prematura: prematura perché non era stata ancora perfezio­
nata la soggezione della Romania alla Germania, che avrebbe dovuto fare
le spese delle rivendicazioni ungheresi e bulgare; e prematura anche
perché incerto era ancora lo stesso sviluppo dei rapporti con l’Ungheria,
che dal punto di vista strategico rappresentava la saldatura decisiva
dello schieramento dell’Asse dalla Slovacchia al mar Nero.
Era già chiaro tuttavia, ad onta del tentativo di rimanere estranea
al conflitto, del tentativo di lasciare aperte le relazioni con l’Unione
Sovietica in omaggio alle persistenti pressioni di solidarietà panslava
all’interno del paese e persino delle voci di una possibile riconcilia­
zione con l’Intesa balcanica che rientravano nel novero delle pressioni eser­
citate sulle potenze dell’Asse per ottenere un pronunciamento in suo
favore, che la Bulgaria si orientava fondamentalmente a favore dello
schieramento dell’Asse. Oscillando tra la neutralità e la non belligeran­
za, con posizione per certi versi analoga a quella assunta dallTtalia
all’inizio del secondo conflitto mondiale, la Bulgaria perseguiva unica­
mente l’obiettivo delle sue rivendicazioni49. Che in questa prospettiva
essa facesse affidamento principalmente sull’Italia pare indubbio; i Docu­
menti diplomatici italiani registrano numerosi indizi in questo senso, non
ultimo il messaggio di Boris III a Vittorio Emanuele III del 10 dicem­
bre 1939 contenente la richiesta di informazioni sull’atteggiamento del­
l ’Italia nei confronti dei problemi balcanici e implicitamente di suggeri­
menti alla politica bulgara 50.
Nel corso del 1940, tuttavia, proprio il profilarsi di possibilità con­
48 Documenti Diplomatici Italiani (in seguito DDI), serie V ili, vol. XII, n. 100;
ma già il giorno prima (ivi, n. 97) il min. Talamo aveva sottolineato la disponibilità
del governo bulgaro a scelte diverse dall’adesione all’Asse, riferendo che, secondo
dichiarazioni rilasciate dal presidente del Consiglio alla stampa francese, la Bulgaria
« avrebbe potuto, o potrebbe ancora?, partecipare ad un sistema balcanico qualora vi
fossero da parte dei suoi vicini, anzi più particolarmente della Romania, una concreta
volontà di dare soddisfazione alle aspirazioni bulgare, segnatamente quelle verso la
Dobrugia... ».
49 Su ciò E. C ollotti, op. c i t . , pp. 51-55.
50 DDI, serie IX, vol. I I , n. 547.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
71
crete per il soddisfacimento delle sue rivendicazioni mise in crisi il ten­
tativo della Bulgaria di trarre vantaggi dall’appoggio delle potenze del­
l’Asse senza legarsi irrevocabilmente ad esse. La cessione della Bessara­
bia all’Unione Sovietica, cui la Romania acconsentì anche per le pres­
sioni della Germania e dell’Italia, l’arbitrato di Vienna in favore all’Un­
gheria, indussero la Bulgaria a riproporre in maniera decisiva la questione
della Dobrugia ormai come conditio sino qua non per il suo allineamento
alle potenze dell’Asse. L’atteggiamento della Bulgaria si faceva sempre più
minaccioso: il 29 giugno re Boris comunicava al ministro Magistrati, di
fronte ai ripetuti inviti delle potenze dell’Asse ad evitare un conflitto nei
Balcani, che la Bulgaria non avrebbe attaccato la Romania, confidando
tuttavia che le potenze dell’Asse stabilissero uno stretto nesso tra la con­
troversia ungaro-romena e la questione della Dobrugia51.
Di fronte alle riluttanze dell’Asse ad impegnarsi anche nella contro­
versia bulgaro-romena, il governo di Sofia giocò con indubbia abilità:
non fece appello ad un arbitrato diretto, salvo a proporre questa via
in un secondo momento, ma chiese l’intervento dell’Asse per indurre
il governo romeno a trattare direttamente con la Bulgaria52. Mossa abile, al­
la quale difficilmente le potenze dell’Asse potevano sottrarsi ed infatti non
vi si sottrassero. In particolare, la lettera inviata a re Carol di Romania
da Hitler il 15 luglio 1940 ebbe un effetto risolutivo 53. Il 27 luglio 1940
la visita del presidente del consiglio Filov e del ministro degli esteri
Popov a Hitler ebbe a sottolineare il carattere decisivo che essi annet­
tevano all’intervento tedesco54. L’iniziativa italiana, estrinsecatasi con
le pressioni di Ciano sulla Romania per lo sgombero della Dobrugia, fu
di puro rimorchio rispetto a quella tedesca55.
Il successo conseguito dalla Bulgaria costringendo la Romania a cedere
la Dobrugia dal punto di vista politico generale fu soltanto apparente.
Da una parte la Bulgaria si sentì incoraggiata e autorizzata a porre sul tap­
peto le altre sue rivendicazioni: per prima cosa lo sbocco all’Egeo56,
dall’altra però era stretta in maniera sempre più ferrea dal legame che
le veniva imposto dalle potenze dell’Asse. L’apparente autonomia della
politica bulgara, l’apparente « revisionismo pacifico » esaltato dalla pro­
51 DDI, serie IX, vol. V, n. 138.
52 DDI, serie IX, vol. V, n. 251, dispaccio di Magistrati a Ciano del 15 luglio 1940,
che riferisce intorno a un colloquio con il ministro degli esteri Popov.
53 Testo in Documents on German Foreign Policy, serie D, vol. X, n. 174.
54 Come risulta dal resoconto già citato in Staatsmànner und Diplomaten bei Hitler,
cit., pp. 181 sgg.
55 E. Collotti, op. cit., p. 54.
56 Magistrati riferiva a Ciano il 9 settembre 1940 l’impressione secondo la quale « il
prossimo numero del programma bulgaro di reintegrazione dei territori perduti è la costa
dell’Egeo e come, per ciò ottenere, molto e particolarmente si conti... sul nostro paese »:
DDI, serie IX, vol. V, n. 572.
72
Enzo Collotti
paganda bulgara5758, erano pagati con il riconoscimento sempre più espli­
cito e sempre più pesante del ruolo di guida delle potenze dell’Asse.
Accecata dal revisionismo e dalle sue ambizioni di piccola potenza im­
perialistica, la Bulgaria non si accorgeva che la minaccia reale per l’aunotomia della sua politica proveniva proprio da quelle potenze dell’Asse
cui essa aveva confidato la realizzazione delle sue ambizioni territoriali.
« Ma se la Bulgaria si sente affratellata allo spirito che domina questa
guerra per la giustizia europea; ciò è anche perché le forze armate del­
l’Asse che ne sono l’esponente non mirano ad una nuova divisione arbi­
traria dell’Europa ma mirano alla revisione dell’arbitrario commesso venti
anni or sono alla conferenza della pace » 5S. Questi e altri analoghi ac­
centi della propaganda bulgara, sempre più lanciata nell’inneggiamento
alle potenze dell’Asse, coprivano una realtà notevolmente diversa.
La Bulgaria era ormai oggetto di contesa all’interno dell’area domi­
nata dall’Asse; l’Italia aveva cercato di assicurarsene l’appoggio nella guer­
ra contro la Grecia, ma era riuscita soltanto ad ottenere una garanzia
di astensione dal conflitto che la Bulgaria presentava tuttavia sotto volto
favorevole all’Italia, in quanto si sarebbe preoccupata di tenere incatenati
alla frontiera greco-bulgara contingenti dell’esercito greco distraendoli
così dall’impiego contro l’Italia59. Ben più scoperto e impegnativo era il
gioco del Reich nazista: le pressioni sulla Bulgaria, che avevano tratto
pretesto proprio dall’intervento dell’Asse invocato da Sofia contro la
Romania, erano destinate ad assumere un ritmo ben più travolgente
dopo la conclusione del Patto Tripartito tra Germania, Italia e Giappone,
firmato il 27 settembre 1940.
Per qualche tempo la tattica bulgara di astenersi dal prendere aper­
tamente parte per le potenze dell’Asse dovette essere sostenuta dalla
convinzione che in seguito al patto tedesco-sovietico del 23 agosto 1939
si fosse giunti nei Balcani ad una divisione delle sfere di influenza tra
il Reich e l’Unione Sovietica: di qui la cura del governo di Sofia di
sottolineare la necessità che ogni sistemazione nei Balcani fosse frutto
dell’accordo tra le potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica60. La sollecitu­
dine con la quale le potenze dell’Asse indussero la Romania ad aderire
alla richiesta sovietica per la cessione della Bessarabia potrebbe avere
contribuito a rafforzare nel governo bulgaro tale convincimento. In realtà
la situazione era molto diversa. Il presidente del consiglio Filov dovette
rendersene conto nell’incontro con Hitler del 27 luglio 1940. In tale
57 Art. Rasserenamento balcanico, in Vita bulgara, a. 1, n. 1, 10 agosto 1940.
58 Art. Rigenerazione dell'Europa, in Vita bulgara, a. 1, n. 5, 5 settembre 1940, p. 1.
59 Lettera di re Boris a Mussolini del 18 ottobre 1940, in DDI, serie IX, vol. V,
n. 746, in risposta al messaggio di Mussolini del 16 ottobre, ivi, n. 738.
60 In questo senso Magistrati riferiva a Ciano in data 1 agosto 1940, DDI, serie IX,
vol. V, n. 342.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
73
occasione alla controparte tedesca fu esplicitamente richiesto se la Bul­
garia rientrasse nella sfera degli interessi sovietici e la risposta fornita
da Hitler fu altrettanto se non ancora più esplicita: Hitler non solo ne­
gò che per i Balcani fosse stata convenuta una delimitazione di inte­
ressi con 1’Unione Sovietica, ma già in precedenza aveva detto a chia­
re lettere che la Bulgaria rientrava, insieme all’Ungheria e alla Ro­
mania, nell’area economica tedesca. Unitamente all’appoggio e alle
rivendicazioni territoriali e alla promessa, non ancora in termini im­
pegnativi ma tale comunque da dare adito ad affidamento, di sod­
disfare le forniture di armi richieste dalla Bulgaria, furono questi gli
argomenti decisivi che il Reich sfruttò per ottenere l’allineamento di
massima della Bulgaria e l’accettazione della guida dell’Asse nell’ambito
del sudest europeo61.
Non sappiamo se a questo punto si sia fatta strada nella politica
del governo bulgaro l’ipotesi di controbilanciare la pressione tedesca
facendo capo all’appoggio dell’Italia. Le resistenze opposte alla firma
immediata del Patto Tripartito e alcune avances all’indirizzo dell’Italia
sembrerebbero autorizzare un’ipotesi del genere, ma allo stadio attuale
della documentazione non è possibile convalidare con certezza una si­
mile prospettiva. Il fatto che all’inizio di agosto del 1940 il governo
bulgaro promovesse l’uscita a Sofia di un settimanale in lingua italiana
intitolato Vita bulgara destinato ad agevolare lo scambio di infor­
mazioni, soprattutto sui rapporti commerciali e culturali tra i due paesi,
e a rappresentare un legame propagandistico con l’Italia potrebbe avere
un suo significato in questa prospettiva, ma potrebbe anche esprimere
solo lo scopo di propagandare in Italia le rivendicazioni bulgare. Sin dal
primo numero del giornale è chiaro l’intento di far leva sul legame per­
sonale con la casa reale italiana62, di divulgare tra il pubblico di lingua
italiana le motivazioni nazionali delle rivendicazioni territoriali bulgare6364,
di esaltare l’esempio del regime mussoliniano in ItaliaM, di dare il
massimo risalto agli scambi e agli incontri politici con l’Italia in quei
mesi in cui la Bulgaria ricevette la visita di due ministri fascisti, Bottai
e Pavolini65. Ma, ripetiamo, si tratta di indizi che avrebbero bisogno
della convalida di una più solida documentazione.
Maggiore attenzione vale la pena perciò di dedicare alle vicende
Resoconto citato in Staatsm'ànner und Diplomaten bei Hitler, cit.
62 Art. Vincoli augusti, in Vita bulgara, a. 1, n. 1, 10 agosto 1940; Elena di Savoia,
in Vita bulgara, n. 3, 22 agosto 1940; La nostra amata regina, ivi, n. 13, 31 ottobre 1940.
63 Si tratta di un motivo costante del giornale, al punto di rendere superflua qual­
siasi citazione.
64 C ostantin Solarov, L ‘esempio dell’Italia, in Vita bulgara, a. 1, n. 4, 29 agosto
1940, p. 1; e nello stesso numero di Vita bulgara anche (p. 2) Il piano quadriennale
del ministro Bagrianov, che richiama l’esempio delle realizzazioni agricole fasciste.
65 Così in Vita bulgara, a. 1, n. 7, 19 settembre 1940 Le due amiche, sulla visita
di Pavolini.
61
74
Enzo Collotti
dell’adesione della Bulgaria al Patto Tripartito. Tra i paesi del settore
danubiano-balcanico la Bulgaria fu la penultima ad aderirvi, il 1° mar­
zo 1941, seguita solo dalla Jugoslavia, mentre l’Ungheria vi aveva ade­
rito sin dal 20 novembre, la Romania sin dal 23 novembre e la Slo­
vacchia dal 24 novembre 1940. La Germania aveva invitato quasi con­
temporaneamente questi diversi paesi ad aderire al Patto Tripartito:
il 18 ottobre 1940, rispondendo alla comunicazione del ministro Magi­
strati che rendeva noto l’invito tedesco a Sofia, Ciano sollecitava a
sua volta il rappresentante diplomatico italiano ad appoggiare l’azione
tedesca66. Non risulta che l’Italia abbia svolto in questo senso una ini­
ziativa di primo piano; fra l’altro l’invito tedesco si incrociò con l’azione
che il governo e la diplomazia fascisti stavano sviluppando per l’aggres­
sione alla Grecia: non più tardi infatti del 16 ottobre, come abbiamo
già ricordato, Mussolini aveva chiesto la complicità di re Boris nell’ag­
gressione alla Grecia promettendogli in cambio lo sbocco sul mare Egeo.
La richiesta tedesca e le sollecitazioni italiane non provocarono en­
tusiasmi a Sofia. Si incominciava a vedere l’erosione della tattica tem­
poreggiatrice della Bulgaria e si cercava di dilazionare una decisione
definitiva, per il timore di alienarsi definitivamente l’Unione Sovietica
e per l’incertezza della stessa situazione balcanica, data l’imprevedibilità
dell’atteggiamento della Turchia, che era collegato a quello dell’Inghil­
terra, e degli sviluppi anche diplomatici dell’azione italiana contro la Grecia.
Le titubanze della Bulgaria furono manifestate ben presto: sin dal 19
ottobre, nonostante gli allettamenti offerti dalla prospettiva dello sboc­
co all’Egeo, re Boris aveva assunto la « non belligeranza » a regola di
condotta nei confronti dell’azione italiana in Grecia; prometteva il suo
aiuto economico e l’allineamento all’Asse, nel cui ambito preferiva però
appoggiarsi all’Italia piuttosto che alla Germania67. Le « reazioni altrui »
tornarono al centro delle preoccupazioni bulgare il giorno dopo, non
appena fu conosciuto l’invito tedesco ad aderire al Tripartito; la Bul­
garia cioè non si sentiva sicura e sufficientemente protetta dallo schie­
ramento dell’Asse, con evidente allusione al fianco scoperto nei con­
fronti della Turchia. Spettò al ministro italiano trarre in termini ricatta­
tori le conseguenze dal comportamento sino allora tenuto dalla Bulgaria
e dal profitto che essa aveva ricevuto dall’appoggio delle potenze del­
l’Asse. Come riferì a Ciano, Magistrati aveva opposto alle argomentazioni
bulgare questo discorso:
... il Tripartito rappresenta oggi nel Mondo l’« ordine nuovo ». Chi vi è
dentro, in qualità di associato « fondatore » avrà pieno diritto... ad assumere
66 DDI, serie IX, vol. V, nn. 742-745.
67 Come riferiva a Ciano l’Anfuso che era stato inviato in missione speciale presso
re Boris il 19 ottobre 1940, DDI, serie IX, vol. V, n. 754.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
75
la sua parte e la sua responsabilità nella organizzazione della nuova Europa.
Gli altri che, per timore o impotenza, non avranno voluto prendere a tempo
opportuno il loro posto, rischieranno di rimanere fuori della porta... Non è
stato forse l’acquisto della Dobrugia la prova che tale « Ordine Nuovo » è
ad essa estremamente vantaggioso?...68.
Tuttavia queste considerazioni non furono sufficienti a sciogliere le
reticenze bulgare. Hitler non mancò di addossare alla temeraria impresa
italiana contro la Grecia e all’ulteriore stato di incertezza nel quale essa
gettò i Balcani il rafforzamento delle esitazioni bulgare. Tra le conseguenze
psicologiche negative dell’infelice manovra italiana, scrivendo a Mus­
solini il 20 novembre, egli annoverò espressamente le persistenti esita­
zioni della Bulgaria ad impegnarsi a fianco dell’alleanza nazifascista:
« La Bulgaria che veramente manifestava già poca voglia di aderire
al Tripartito è ora completamente aliena dal prendere soltanto in con­
siderazione un simile passo » 69. Hitler esagerava certamente, forse con
deliberato calcolo, per fare ulteriormente pesare a Mussolini il prezzo
dell’intervento tedesco nei Balcani.
Restava però il fatto che, nel momento in cui si profilava per la
primavera del 1941 l’intervento della W eh rm a ch t attraverso la Roma­
nia in direzione della Grecia, l’adesione della Bulgaria al Tripartito
non era più soltanto un fatto di generico significato politico ma diven­
tava una necessità militare assoluta; necessità che d’altronde esisteva,
anche indipendentemente dalla progettata operazione « Marita », ai fini
stessi della difesa dei pozzi petroliferi romeni70. I colloqui che Hitler
ebbe tra il novembre e dicembre del 1940 con l’inviato bulgaro Draganov
illustrano bene la manovra dilazionatrice condotta dal governo bulgaro
e d’altronde la decisione tedesca di forzare gli indugi. Il 23 novembre
Draganov era anzitutto incaricato di dissipare le eventuali preoccupa­
zioni del R eich e di assicurare che le dilazioni della Bulgaria non signi­
ficavano in alcun modo che essa avesse modificato la sua linea politica. Ciò
premesso, egli enumerava le tre principali ragioni che avevano suggerito
la dilazione: anzitutto l’offerta di garanzia rivolta alla Bulgaria dalla
Russia (che risaliva alla seconda metà di novembre); in secondo luogo
il problema delle forniture tedesche alla Bulgaria; in terzo luogo la
persistenza del patto balcanico tra Turchia, Grecia e Jugoslavia che fa­
ceva prospettare la minaccia di un fronte sul confine meridionale bulgaro
e il timore che la Russia potesse usare la Turchia come pedina contro
la Bulgaria. Hitler ebbe buon gioco nello smontare uno per uno i punti
avanzati dal rappresentante bulgaro, riconducendo tutto il discorso a uno
dei le itm o tiv e della propaganda e della diplomazia nazista: nessun pro­
68 Magistrati a Ciano il 20 ottobre 1940, DDI, serie IX, vol. V, n. 757.
69
70
H itler e M ussolin i , Lettere e documenti, Milano, 1946, p. 72.
P h . W. F abry, op. cit., pp. 84 sgg.
76
Enzo Collotti
blema si sarebbe posto se la Bulgaria avesse sin dall’inizio aderito al
Patto Tripartito, che l’avrebbe di per sé coperta di ogni garanzia.
Sui punti specifici presentati da Draganov Hitler oppose: 1) per
la garanzia russa aveva già stornato i russi da questo discorso, allegan­
do che doveva parlarne prima con i suoi alleati « essendo l’interesse
politico della Germania sui Balcani minore di quello italiano»!!);
2) sorvolando le obiezioni bulgare, secondo le quali le forniture militari
tedesche se prima dell’adesione al Patto Tripartito potevano apparire
normali dopo l’adesione avrebbero insospettito Russia e Turchia, Hitler,
che in precedenza aveva promesso ma non consegnato le forniture ven­
tilate, si dichiarò pronto a concedere armamenti e quante mine la Bul­
garia avesse voluto per il Mar Nero; 3) infine ridicolizzò la minaccia
della Turchia: secondo Hitler i turchi « sapevano benissimo che sarebbe
bastato un gesto poco accorto da parte loro e Costantinopoli avrebbe ap­
partenuto al passato (sei gewesen). La città, priva di difesa, sarebbe
stata distrutta di colpo; proprio come era accaduto a Coventry e Bir­
mingham... ». Neppure il richiamo di Draganov alla necessità che la
Bulgaria avesse riguardo alle forti simpatie in essa esistenti per la
Russia smontarono Hitler, il quale minimizzando l’eventualità di un in­
tervento sovietico si lasciò andare a pericolose illazioni: l’armata rossa
sarebbe stata liquidata in tre mesi (!). La conclusione di Draganov che
la Bulgaria aveva bisogno ancora di tempo per decidere fu raccolta da
Hitler con insolita benevolenza, segno di quanto fosse importante per
la Germania la posizione bulgara, e non senza una forte punta polemica
nei confronti dell’Italia: « il Fiirer dice che la Bulgaria riceverà questo
tempo, perché egli non farebbe le cose a metà come gli italiani ». Dra­
ganov ebbe comunque buon gioco a ricordare che la Bulgaria aveva ap­
pena accordato l’ingresso nel paese a 300 tedeschi incaricati di stabilire
15 stazioni di osservazione aerea sul suo territorio e ribadì le rivendi­
cazioni territoriali (Tracia occidentale e Macedonia sudorientale) in­
contrando larghe promesse da parte di H itler71.
Nel secondo colloquio con Draganov del 3 dicembre 1940, si ha
l’impressione che di fronte alle obiezioni bulgare, che erano sempre
le stesse: il timore di reazioni da parte della Turchia e della Russia,
Hitler partisse all’offensiva, ingigantendo il pericolo del bolscevismo e
prospettando un futuro a fosche tinte se la Bulgaria non avesse aderito
al Tripartito. Hitler cioè non smentiva più il pericolo di un intervento
russo, ma cogliendo il lato debole, dal punto di vista psicologico, del­
l’interlocutore illustrava gli aspetti negativi di una eventuale garanzia
russa — avrebbe trasformato i Balcani in un « deserto bolscevizzato » —
71 Resoconto del colloquio in Staatsmànner und Diplomaten bei Hitler, cit., pp362-369.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
77
laddove gli interessi economici tedeschi li avrebbe rivitalizzati. La con­
clusione di Hitler era sempre la stessa: l’errore psicologico e tattico
della Bulgaria era di non aver aderito subito al Patto Tripartito; di
fronte a una simile decisione, come nel caso della Romania, la Russia
si sarebbe tirata indietro, poiché nessuno avrebbe osato prendere ini­
ziative contro una garanzia tedesca, ossia contro la più potente armata
del mondo, nei Balcani. E passando dal tono suadente a quello più
minaccioso concluse che « se fosse scoppiata (nei Balcani) una crisi, senza
che la Bulgaria avesse assunto una chiara presa di posizione, vi sarebbe
stata l’esplosione del bolscevismo ». In questo colloquio per ben tre
volte Hitler ripetette che l’adesione al Tripartito sarebbe stata l’unica
possibilità per la Bulgaria di risolvere i suoi problemi72.
Ciononostante, le esitazioni della Bulgaria non erano venute meno,
tanto più che Hitler non poteva onorare immediatamente le sue pro­
messe. Tra l’altro, poiché la diplomazia dell’Asse stava ancora trattando
l’adesione della Jugoslavia al Tripartito, che avrebbe annullato anche
il pericolo di una mossa jugoslava contro la Bulgaria, era chiaro che
non era possibile sollevare in termini immediati la questione macedone.
Ma i tempi stringevano e mentre Hitler faceva condurre dagli alti comandi
militari le trattative per i dettagli tecnici del passaggio della W e h r m a c b t
a sud del Danubio73, non cessavano le pressioni sul terreno diplomatico.
« La Bulgaria si sarebbe tanto prima liberata di ogni pericolo, quanto
prima avesse aderito al Patto Tripartito »: fu questa la risposta di Hitler
all’ennesimo richiamo da parte bulgara all’eventualità di iniziative ag­
gressive della Russia o della Turchia formulate dal presidente del con­
siglio Filov all’Obersalzberg il 4 gennaio 1941. Il Patto Tripartito come
copertura di ogni rischio, la Germania come « partner commerciale
ideale » in quanto disposta ad assorbire le « eccedenze delle esportazioni
dell’Europa sudorientale », la garanzia contro il pericolo bolscevico: que­
ste erano le ultime parole di H itler7475. La Bulgaria non ottenne precise
garanzie per le sue richieste territoriali, ma assicurazioni sufficientemente
tranquillanti almeno per lo sbocco all’Egeo 1\
Il 1 marzo 1941 il presidente del consiglio Filov, dopo essersi co­
perto le spalle con la dichiarazione comune con la Turchia del 17 feb­
braio, firmava a Vienna il protocollo di adesione al Patto Tripartito.
La Bulgaria era finita così prigioniera delle sue stesse rivendicazioni.
Aveva aderito al Tripartito quando era apparso assolutamente chiaro
72
I b i d ., pp. 382-390.
P h . W . F abry, o p . c it., pp. 139 sgg.
74 Cfr. S ta a ts m a n n e r u n d D ip lo m a te n b e i H itle r , cit., pp. 415-425.
75 P h . W . F abry, o p . c it., p. 103. Nello stesso senso anche in P. P astorelli, L ’e s te n ­
s io n e d e l c o n f litto (g iu g n o -d ic e m b r e 1 9 4 1 ) , Milano 1967, pp. 329-330, il quale cita
73
dall’Archivio del ministero degli Esteri una lettera di Ciano a Filov del 1 marzo 1941
contenente la promessa di sbocco sull’Egeo.
78
Enzo Collotti
che se voleva realizzare le sue ambizioni territoriali doveva accettare
le condizioni degli arbitri del Nuovo Ordine Europeo. E vi aveva ade­
rito probabilmente anche all’approssimarsi della scadenza della campa­
gna militare della Wehrmacht contro la Grecia: si può pensare che
aderendo al Tripartito abbia voluto scongiurare l’ipotesi di subire l’oc­
cupazione militare della AWehrmacht, illudendosi di averla alleata. Fatto
si è che la propaganda bulgara, che ancora a metà febbraio smentiva
l’entrata di forze tedesche in Bulgaria e l’occupazione di aeroporti76, a
distanza di quindici giorni annunciava l’autorizzazione del governo bul­
garo all’ingresso delle truppe tedesche. Alla Camera il presidente del
Consiglio Filov annunciava che la presenza dei tedeschi « non modifica
la politica pacifica della Bulgaria » 77.
I commenti italiani alla adesione della Bulgaria al Patto Tripartito
confermano in quale misura prevalesse ormai nell’azione dell’Italia una
linea puramente propagandistica, come vero surrogato di una inizia­
tiva politica inesistente o irrealizzabile. Nell’adesione della Bulgaria al
Tripartito tutto si voleva vedere tranne quello che era l’effettivo risul­
tato dell’allineamento bulgaro nel contesto determinato dalle pressioni
e dalle iniziative tedesche, ossia sostanzialmente l’ulteriore dislocazione
dell’equilibrio nell’area balcanica sotto l’influenza diretta della Germa­
nia. Verso l’esterno l’unica preoccupazione era quella di mettere in ri­
lievo come l’allineamento al Tripartito avesse segnato il trionfo sulle
tendenze contrarie all’Asse all’interno della stessa Bulgaria e soprattutto
la sconfitta degli intrighi dell’Inghilterra nel settore balcanico e la pre­
venzione delle minacce dell’Unione Sovietica78. Certo, l’interpretazione
più retorica e più inutile anche propagandisticamente fu quella del mi­
nistro italiano a Sofia Magistrati, le cui sortite pubbliche avrebbero
squalificato, per il numero di sciocchezze che riuscivano a cumulare,
qualsiasi governo e qualsiasi regime (« Il Patto Tripartito era il Patta
della Giovinezza »... ) 79.
La soddisfazione per l’eliminazione degli intrighi inglesi nei Balcani
serviva così a mascherare la vera perdita di terreno politico che l’Italia,
subiva ancora una volta nell’ambito della stessa alleanza dell’Asse,
poiché il vuoto creato dalla fine dell’influenza inglese non era occupato
dall’Italia ma dava luogo alla ben più minacciosa e corposa penetra76 Cfr. in Vita bulgara, a. 1, n. 28, 13 febbraio 1941, p. 1, smentita dell’agenzia
telegrafica bulgara.
77 Dal discorso di Filov, in Vita bulgara, a. 1, n. 31, 6 marzo 1941.
78 Si v. il commento Adesione della Bulgaria al patto tripartito in Storia e politica
internazionale, 31 marzo 1941, pp. 147-149 e L.C., La Bulgaria dall’adesione al Tripar­
tito alla visita di Filov e Popov a Roma, in Relazioni Internazionali del 26 luglio
1941, p. 972.
79 M assimo M agistrati, L’Italia, la Bulgaria e il Patto della Giovinezza, in Vita
bulgara, a. 2, n. 67, 13 novembre 1941, p. 1.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
79
zione tedesca. Di tutto questo naturalmente nella propaganda fascista
non si trova traccia, laddove continuò a sussistere — e se ne intravede
l’eco ripetutamente — una sorta di permanente diffidenza nei confronti
della Bulgaria, soprattutto di fronte all’astensione di quest’ultima dalla
partecipazione militare diretta alla guerra contro l’Unione Sovietica.
Si accavallarono allora il risentimento per un paese alleato che preten­
deva di rimanere risparmiato dai sacrifici diretti della guerra, della quale
aveva pure largamente profittato, e le incertezze sulla solidità dello
schieramento interno favorevole alle potenze dell’Asse: incertezze che
sembravano venir riscattate unicamente dalla possibilità propagandistica
che si offriva alle potenze dell’Asse di mettere in vetrina la Bulgaria
quale « il solo paese slavo che, senza avere una continuità territoriale
con l’Italia e la Germania, né particolari vincoli con le due Grandi
potenze, è entrato a far fronte del nuovo schieramento europeo contro
le potenze anglosassoni » 80 e dalla decisione della repressione antibol­
scevica e anticomunista con la quale il governo filonazista di Filov pro­
cedette ripetutamente, irrigidendo il carattere di dittatura reazionaria
del paese, esemplato sul modello delle due potenze dell’Asse. Ma anche
sotto questo profilo, nonostante la pubblicità che la propaganda diede
al nuovo ordinamento professionale bulgaro per convalidare la sua filia­
zione del corporativismo fascista e la validità della lezione del fascismo
italiano8182, non c’è dubbio che l’ispirazione predominante proveniva dal
Reich nazista; in questo senso il culmine dell’influenza tedesca si ma­
nifestò con l’estensione anche alla Bulgaria della persecuzione antiebraica.
L’atteggiamento verso la questione ebraica fu considerato il banco di
prova della fedeltà ai principi del Nuovo Ordine Europeo, la legislazione
razziale tedesca il modello al quale conformare la stessa legislazione
bulgara 83.
4. Gli interessi dell’Italia e l’illusione di mantenere la Bulgaria nella sfera
dell’influenza italiana.
Il peso della Bulgaria negli interessi strategici ed economici, del re­
sto indissociabili, dell’Italia si era accresciuto già prima dello scoppio
80 L.C., La Bulgaria e le potenze dell'Asse, in Relazioni Internazionali, 10 ottobre
1942, p. 1114.
81 Cfr. Simeon B oginov, L ’organizzazione professionale in Bulgaria, in Vita bulgara,
nn. del 27 agosto e 3 settembre 1942.
82 In particolare D imitar A ndreev, La questione ebraica, in Vita bulgara, a. 3,
n. 105, 13 agosto 1942, p. 1 e passim notizie varie sulle misure contro gli ebrei. E si
veda anche il compiacimento per le misure antisémite adottate nell’art. di P.P.
La Bulgaria e il problema ebraico, in Relazioni Internazionali, 26 settembre 1942,
p. 1032.
80
Enzo Collotti
della seconda guerra mondiale: l’occupazione dell’Albania prima, nel qua­
dro della politica di accerchiamento della Jugoslavia come costante della
politica italiana; successivamente, subito dopo l’invasione tedesca della
Polonia, la progettata iniziativa del blocco dei neutri nei Balcani in collegamento con l’Italia aveva uno dei suoi centri di gravità nell’atteg­
giamento della Bulgaria83. Ma era soprattutto inevitabile che dopo
l’aggressione alla Grecia il tentativo dell’Italia di estendere alla Bulgaria
la sua area di influenza si facesse più intenso. Le vicende della campa­
gna di Grecia sortirono viceversa un effetto contrario alla rivendicazione
della potenza italiana nei Balcani in concorrenza con l’influenza tedesca:
il fatto stesso che, sin dalla prima richiesta dell’intervento militare te­
desco per soccorrere le forze italiane in difficoltà, apparisse inevitabile
il passaggio della W e h rm a c h t attraverso la Bulgaria modificava profonda­
mente le prospettive di affermare nel settore l’influenza italiana. Le specu­
lazioni dei teorici fascisti che ipotizzavano per la sistemazione postbellica
un « complesso mediterraneo » dominato dall’Italia comprendente oltre
alle colonie africane gli stati balcanici (Albania, Grecia, Bulgaria, Jugo­
slavia) erano nei fatti assolutamente prive di fondamento 84: la Germania
non aveva alcuna intenzione di cedere terreno in Bulgaria e d’altronde
nella stessa Jugoslavia riluttava a riconoscere all’Italia una sfera di
influenza che andasse al di là della Croazia, giocando fra l’altro sempre
sullo sdoppiamento tra influenza politica (che poteva anche essere ac­
cordata all’Italia) e spazio economico (sul quale affermava la più recisa
intransigenza a proprio favore).
Lo sviluppo già delineato delle pressioni tedesche per l’adesione
della Bulgaria al Patto Tripartito è sufficiente per fare capire verso quali
ostacoli andasse incontro una potenziale inziativa italiana, nei confronti
per giunta della stessa Germania che totalizzava il 70% del commercio
estero della Bulgaria. Nondimeno, fu proprio sul terreno dei rapporti
economici che l’Italia cercò di recuperare almeno una porzione di quel­
la influenza che era stata duramente arginata sul terreno militare e po­
litico. Nonostante la quota relativamente modesta della sua partecipa­
zione al commercio estero con la Bulgaria, circa il 10% nei confronti
della partecipazione tedesca, all’inizio della guerra l’Italia era pur sempre
83 E. Collotti, op. cit., pp. 11 sgg.; e si veda in proposito anche la testimonianza
del ministro fascista Bottai (nelle sue memorie Vent’anni e un giorno, Milano, 1949,
p. 146) dove riferisce le impressioni di un soggiorno a Sofia alla fine di novembre
del 1939: « Kiosseivanoff ... presidente del Consiglio dei ministri, mi parla della
neutralità italiana come dell’ultima speranza, cui sono attaccati i popoli balcanici ».
84 Si v. le ipotesi di « complesso mediterraneo postbellico » formulate da Corrado
G ini, Verso i complessi supernazionali, in Storia e politica internazionale, marzo 1943,
pp. 3-23; in esse la Bulgaria era comunque attribuita al complesso mediterraneo de­
stinato ad essere guidato dall’Italia, non essendo neppure esclusa l’ipotesi che allo
stesso complesso fossero assegnate anche Ungheria e Romania, qualora non fossero
aggregate al complesso Europa centrale sotto egemonia tedesca.
I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
81
al secondo posto tra i partner del commercio estero bulgaro. Le vicende
immediatamente seguite allo scoppio della guerra e il declino dei rapporti
e dell’influenza anglo-francese in tutto il settore dell’Europa orientale,
declino sul quale avevano speculato la propaganda fascista e gli am­
bienti economici per consolidare la posizione dell’Italia, comportarono
effettivamente un incremento del flusso commerciale italo-bulgaro. Nel
1939 le importazioni dall’Italia avevano costituito il 6,9% del volume
complessivo delle importazioni bulgare; le esportazioni bulgare verso
l ’Italia ammontavano al 6,1% del complesso delle esportazioni bulgare.
Nel 1940 le importazioni dall’Italia erano quasi raddoppiate, coprendo
ora il 12% delle importazioni complessive e più che raddoppiate erano
le esportazioni, che ammontavano al 14% delle esportazioni comples­
sive bulgare.
Commercio italo-bulgaro *
1935
1936
1937
1938
1939
1940
Import. dall’Italia
(% del complesso delle
imp. bulgare)
Esport. in Italia
(% del complesso delle
esp. bulgare)
3,2
0,6
5
7,5
6,9
12
8,8
3,6
4,2
7,6
6,1
14
* da Vita Bulgara, a. I, n. 3, 22 agosto 1940 e a. I, n. 20, 19 dicembre 1940
La struttura merceologica degli scambi italo-bulgari non si diversifi­
cava sostanzialmente, in questa fase, dal rapporto tradizionalmente esi­
stente tra i due paesi: nel 1939 le importazioni dall’Italia erano artico­
late come segue: 43,7% materiali e manufatti tessili; 16,1% prodotti
chimici; 11,9% macchinari, strumenti; 5,8% vagoni ferroviari, auto­
mezzi; 3,7% derrate coloniali85. Tra le esportazioni italiane sappiamo
che almeno fino al 1939 ebbero una certa rilevanza le forniture militari,
in particolare quelle aereonautiche86. Lo sviluppo del settore aereonautico
era legato all’Italia attraverso molteplici canali, quali l’addestramento
di aviatori in Italia e la presenza in Bulgaria della S.A. Caproni Bulgara87.
Nel campo dell’industria meccanica, nel 1939 l’Italia occupava — dopo
la Germania e gli Stati Uniti — il terzo posto nel mercato automobili­
85 II commercio italo-bulgaro, in Vita bulgara, a. 1, n. 3, 22 agosto 1940, p. 2.
86 Cfr. F elice G uarneri, Battaglie economiche, cit., vol. II, pp. 269 e 444.
87 Notizie sulla S.A. Caproni Bulgara in Vita bulgara, a. 1, n. 10, 10 ottobre 1940,
p. 10.
82
Enzo Collotti
stico, con valori peraltro assai modesti88; una via di potenziamento del­
l’esportazione italiana era aperta inoltre dall’esportazione di biciclette in
seguito alla crisi dei rapporti commerciali con Francia e Inghilterra89.
Interessante sarebbe a questo punto anche il raffronto con le esporta­
zioni tedesche in Bulgaria ben più qualificate di quelle italiane non solo
quantitativamente, come già sottolineato, ma anche qualitativamente,
trattandosi per il 28,5% di prodotti meccanici e per il 21,3% di prodotti
metallurgici90.
Quanto alle esportazioni dalla Bulgaria in Italia, i dati per il 1938
davano il seguente quadro: 44,9% cereali; 33,7% tabacco; 10,3% ali­
mentari di derivazione animale; 7,3% semi di girasole, foraggi; 1,9%
bestiame vivo91. Era nel complesso lo stesso tipo di scambio -— prodotti
industriali contro prodotti agricoli — che sostanzialmente caratterizzava
i rapporti anche tra la Germania e la Bulgaria ed era il tipo di scambio
che veniva ipotizzato anche per il futuro nell’ambito della nuova siste­
mazione europea promossa dall’Asse.
Più forte si presentava la posizione dell’Italia nel campo degli inve­
stimenti stranieri in Bulgaria, secondo dati riferentisi evidentemente al
1938-39, ossia al periodo anteriore allo smembramento definitivo della
Cecoslovacchia. Qui, prendendo in considerazione le società per azioni,
l’Italia ricopriva il secondo posto dopo la Svizzera, con 274 milioni di
leva pari al 15,7% del totale del capitale straniero secondo la seguen­
te tabella:
Società per azioni in Bulgaria: *
partecipazioni del capitale straniero
Milioni di leva
Svizzera
Italia
Stati U niti d ’A.
Germania
Belgio
Francia
Cecoslovacchia
Inghilterra
Ungheria
Olanda
648
274
219,8
183,4
180,8
129,9
54,5
22,5
%
37,1
15,7
12,6
10,5
10,4
7,4
3,1
1,3
0,9
0,5
* da Vita Bulgara, a. I, n. 25, 23 gennaio 1941
88
L’Italia e il mercato automobilistico bulgaro, in Vita bulgara, n. cit., p. 2.
89
R affaele D e Luca, L ’importazione di biciclette italiane in Bulgaria, in Vita
bulgara, a. 1, n. 15, 14 novembre 1940, p. 2.
90 D.P. I rapporti commerciali bulgaro-germanici, in Vita bulgara, a. 1, n. 19, 12'
dicembre 1940, p. 2.
91 Vita bulgara, a. 1, n. 3, 22 agosto 1940, p. 2.
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
83
I 274 milioni di leva investiti da gruppi italiani nelle società per
azioni coprivano i seguenti settori: 206,9 milioni nelle società industriali
(settore nel quale il capitale straniero rappresentava il 44,6%) dove
forti erano gli interessi tessili italiani; 40 milioni nel credito (settore
nel quale il capitale straniero ammontava al 17,7%); 11 milioni nel
campo delle assicurazioni (coperto per il 23,2% da capitale straniero);
10,1 milioni nel settore del commercio (dove la partecipazione totale
copriva il 34,6%); 6 milioni nei trasporti (partecipazione straniera pari
al 50,6%).
Le aspirazioni italiane nei Balcani si precisarono dopo la conclusione
dell’infelice campagna di Grecia e la stabilizzazione della situazione de­
terminata dalla sconfitta e dalla spartizione della Jugoslavia e dal defi­
nitivo passaggio della Bulgaria dalla parte dell’Asse. L’interesse dell’Italia
ad incrementare i rapporti con la Bulgaria si estrinsecava per duplice
via: attraverso la più generale ricerca di un incremento degli scambi com­
merciali in tutto il settore balcanico, in sostituzione dell’influenza anglo­
francese e come presupposto per stabilire una solida base all’afferma­
zione di una egemonia italiana; in modo specifico attraverso una serie
di interventi diretti di capitali e di iniziative italiani allo sviluppo del­
l’economia bulgara.
Sotto il profilo generale, la scomparsa dal mercato sudesteuropeo
della Gran Bretagna, della Francia e degli Stati Uniti d’America stimo­
lava i settori più avanzati dell’economia italiana ad approfittare del­
la favorevole congiuntura, che sembrava delinearsi. In particolare l’at­
tenzione si rivolgeva alla possibilità di penetrazione del settore meccanico:
i progetti di sviluppo esistenti nei diversi paesi, collegati quasi sempre
direttamente alle esigenze dell’economia di guerra e al potenziamento
di produzioni in funzione dei compiti che a questi paesi erano stati as­
segnati nella strategia di potenza del Grande Reich, sembravano aprire
la strada a promettenti prospettive. Di qui l’interesse con il quale la
pubblicistica economica fascista guardava ai progetti di potenziamento
e di meccanizzazione dell’agricoltura (soprattutto il fabbisogno di mac­
chine agricole in Romania), allo sviluppo delle comunicazioni (il fabbibisogno di materiale ferroviario soprattutto in Bulgaria), ai progetti
idroelettrici e di irrigazione pressoché in tutti i paesi del settore, al
fabbisogno di macchinari e apparecchi elettrici; sino a prospettare, come
già ricordato, la collaborazione « della nostra industria meccanica alla
valorizzazione di combustibili solidi dell’Europa sudorientale ai fini
della produzione di energia elettrica ».
Ma al di là di queste indicazioni di massima delle possibili direttrici
di penetrazione dell’industria italiana, che talvolta lasciavano trasparire
la preoccupazione di non essere tagliati del tutto fuori dal dispiegarsi
dell’iniziativa tedesca nei medesimi settori, un orientamento più pre­
84
Enzo Collotti
ciso sembrava presiedere all’interesse con il quale si guardava ad altri
settori suscettibili di più intensa collaborazione con l’economia italiana:
il settore dell’agricoltura, lo sfruttamento minerario e quello dei tra­
sporti e delle comunicazioni.
Abbiamo già accennato alla destinazione che la pubblicistica fasci­
sta intendeva assegnare nell’area mediterranea, che si supponeva posta
sotto l’egemonia italiana, alle economie agricole: il loro sviluppo doveva
essere complementare rispetto all’agricoltura italiana, doveva comunque
evitare di porsi « in concorrenza con la produzione agricola italiana ed
anche di altri paesi mediterranei ». Anche in questo settore l’iniziativa
tedesca si era mossa con maggiore tempestività: prima ancora che sor­
gesse a Sofia l’istituto italo-bulgaro per la bonifica integrale, lo stesso
Giordano, uno dei più assidui commentatori dei rapporti italo-bulgari,
faceva notare come la costituzione dell’Istituto agrario bulgaro-tedesco
a Sofia « indica agli italiani la via da seguire per lo sviluppo dei rapporti
economici italo-bulgari e per l’inquadramento delle attività bulgare nel
grande quadro delle attività mediterranee ». E continuava:
... la nostra collaborazione alla valorizzazione del suolo bulgaro non po­
trebbe essere che apprezzata e, nello stesso tempo, determ inare interessanti
possibilità per il collocamento sul mercato bulgaro di tu tto quanto occorre
per gli im pianti di bonifica, per lo sviluppo delle coltivazioni agrarie, per l’or­
ganizzazione dell’allevamento di pollame e simili,
nonché per la valorizzazione del patrimonio zootecnico e agricolo e per
lo stesso incremento dell’industria chimica. Settore, quest’ultimo, nel quale
si metteva in rilievo l’esperienza acquisita dall’industria italiana delle fibre
artificiali che « potrebbe costituire un apprezzabile contributo in una col­
laborazione con la Bulgaria » 92.
Ed in effetti già da tempo erano stati stabiliti spunti di collabora­
zione con l’agricoltura italiana: i governanti bulgari si prestarono facil­
mente all’esaltazione delle realizzazioni del regime fascista nel campo della
« bonifica integrale », in occasione fra l’altro della visita in Italia del mini­
stro dell’agricoltura Bagrianov93. Nell’agosto del 1942 si addivenne infine
alla creazione dell’Istituto italo-bulgaro per la Bonifica integrale avente lo
scopo di avviare la collaborazione tecnica tra i due paesi nel piano di
potenziamento dell’agricoltura bulgara94.
Prospettive relativamente nuove alla penetrazione italiana sembrava
offrire anche l’acquisizione di giacimenti minerari nei territori della Tracia
e della Macedonia ottenuti dalla Bulgaria ad opera delle potenze dell’Asse:
Antonio G iordano, L’economia bulgara ed il suo apporto nella sistemazione
dell’economia dei paesi dell’Europa sudorientale, art. cit.
93 Vita bulgara, a. 1, n. 11, 17 ottobre 1940, p. 1.
94 Vita bulgara, a. 3, n. 106, 20 agosto 1942, p. 2.
92
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
85
ci è nota l’esistenza di trattative tra l’AMMI (Azienda Minerali Metallici
Italiana) ed il governo bulgaro per la concessione di diritti di ricerche e
di sfruttamento sul suolo bulgaro95, ma non sappiamo se tali trattative
siano mai arrivate a buon fine o se abbiano subito la sorte di altre analoghe
iniziative troncate prima ancora di una conclusione dall’evolvere degli
eventi bellici. La notizia ha un qualche interesse non soltanto perchè
denota un tipo nuovo di presenza italiana in Bulgaria, ma anche perchè
può essere messa forse in relazione con il tentativo di arginare in qualche
modo la concorrenza tedesca, che aveva approfittato dell’invasione dei
Balcani per incamerare i patrimoni minerari anglo-francesi, non esclusi
quelli di interesse anglo-bulgaro96.
Il terzo aspetto al quale accennavamo sopra, i progetti cioè di colle­
gamenti dei trasporti della Bulgaria alla rete di comunicazioni controllata
dall’Italia, acquista evidentemente una rilevanza strategica oltre che eco­
nomica ed è in questa prospettiva che con tutta probabilità furono colti­
vate iniziative del genere. Nell’ottobre del 1942 gli accordi di collabora­
zione economica conclusi tra Ciano e Zahariev previdero espressamente
il collegamento dei porti albanesi di Antivari e Durazzo al porto fluviale
danubiano bulgaro di Rusciuk, attraverso la Macedonia, realizzazione che
avrebbe consentito di collegare la rete albanese alle vie di comunicazioni
bulgare e romene97. Si trattava anche in questo caso dello sviluppo di
un progetto che all’inizio dovette avere una portata più limitata: nel 1941,
dopo la spartizione della Jugoslavia, si parlò di un collegamento ferrovia­
rio diretto Durazzo-Sofia, oltre che ai fini del miglioramento generale
delle comunicazioni ferroviarie che sino allora erano passate attraverso la
Jugoslavia anche in funzione dello sviluppo industriale dell’Albania, che
doveva essere alimentato con la produzione mineraria e di tabacco dei
nuovi territori acquisiti dalla Bulgaria98.
Ma già allora si accentuò nella pubblicistica fascista la funzione geo­
politica della progettata ferrovia transbalcanica, nel quadro della colloca­
95 Secondo quanto informa Antonio G iordano, Le ripercussioni della guerra sul
commercio estero bulgaro e l’Italia, in Rivista di politica economica, giugno 1943,
pp. 301-304.
96 Si v. il doc. 148 nel voi. a cura di D ietrich E ichholtz e W olfgang Schumann,
Anatomie des Krieges. Neue Dokumente iiber die Rotte des deutschen Monopolkapitals
bei der Vorbereitung und Durchführung des Zweiten Weltkrieges, Berlin, 1969; questa
importante raccolta contiene anche altri documenti interessanti sulla delimitazione e
l’incrocio degli interessi italo-tedeschi nell’Europa sudorientale.
97 Scarse notizie sugli accordi firmati a Roma il 7 ottobre dedica Vita bulgara, a. 3,
n. 115, 22 ottobre 1942, p. 1 che si limita a riprodurre una generica dichiarazione
del ministro Zahariov; maggiori dettagli in L.C. La Bulgaria e le potenze dell'Asse, in
Relazioni Internazionali, 10 ottobre 1942, p. 1114 e in Antonio G iordano, Le riper­
cussioni detta guerra sul commercio estero bulgaro e l’Italia, art. cit.,; dello stesso si
v. anche l’art. citato alla nota 106.
98 A ntonio G iordano, Gli sviluppi della situazione nell’Europa sudorientale e le loro
ripercussioni economiche, in Rivista di politica economica, giugno 1941, pp. 519-523.
86
Enzo Collottì
zione del settore sudorientale nell’area mediterranea destinata — nei suoi
propositi — a subire l’influenza italiana:
... La prim a ferrovia transbalcanica, quella meridionale potrà essere rea­
lizzata con le costruzioni ferroviarie già iniziate in Albania, destinate a colle­
gare il porto di Durazzo e l’Italia, attraverso il porto di Bari, ormai fiorente,
nella sua nuova funzione mediterranea a più ampio respiro, con la ferrovia
della regione macedone e della Tracia, che porta a Istanbul.
Inoltre a Durazzo avrebbe potuto far capo anche un’altra linea che
attraverso la Jugoslavia arrivasse a Sofia e alla rete ferroviaria romena;
secondo lo scrittore fascista:
Non è concepibile che i Balcani debbano ancora essere staccati dall’Adria­
tico, m entre sono collegati con comodi mezzi ai porti del M ar Nero " .
L’importanza delle nuove arterie e delle nuove vie di comunicazione
nei Balcani sotto il profilo generale della penetrazione italiana, e insieme
dal punto di vista più ristretto delle comunicazioni tra l’Italia e la Bul­
garia non più via mare ma per ferrovia attraverso l’Albania, era motivo
che tornava di frequente nella pubblicistica fascista:
L’entrata della penisola balcanica nel nostro spazio vitale, la sistemazione
della nuova Europa dopo la conclusione della pace rendono necessaria ed
urgente la costruzione della ferrovia transbalcanica; dell’arteria stradale desti­
nata ad unire il porto di Durazzo colla capitale bulgara e dell’autostrada
Trieste-Budapest, dalla quale l ’Italia vittoriosa potrà ricavare vantaggi econo­
mici forse maggiori di quanti da molti si crede 10°.
Nel corso del 1942 si ebbe il momento culminante dello sforzo della
diplomazia e delle iniziative italiane per tentare di consolidare le posi­
zioni politiche ed economiche dell’Italia in questo settore della penisola
balcanica. Nel maggio del 1942 ebbe luogo la visita a Sofia del ministro
fascista degli Scambi e Valute Riccardi991001, cui fece seguito, nel settembre,
la visita di una nutrita delegazione di industriali italiani; dal 4 al 7 otto­
bre si ebbe la visita a Roma del ministro del Commercio bulgaro Zahariev,
per la firma dei già ricordati accordi italo-bulgari, iniziative tutte con le
quali si cercava di uscire dall’ambito dei rapporti puramente commerciali
per avviare una forma di più ampia cooperazione economica.
In questo quadro merita un breve cenno la visita in Bulgaria degli
industriali italiani: si trattava di una ben qualificata delegazione nella
Sante Cosentino, La Bulgaria nel Nuovo Ordine europeo, in Economia fascista,
marzo 1941, p. 24.
100 Come scriveva B. M aineri, Tre grandi arterie fra l’Italia e i Balcani, in Rivista
di politica economica, aprile 1943, pp. 202-204.
101 Cfr. Vita bulgara, a. 2, n. 92, 14 maggio 1942 ed ivi, oltre all’articolo del ministro
Riccardi già citato, altri articoli e informazioni sull’andamento dei rapporti economici
tra i due paesi.
99
Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
87
quale erano rappresentati tutti i più importanti settori dell’industria ita­
liana — tra di essi: Piero Pirelli per l’industria della gomma, Francesco
Marinotti per l’industria tessile e delle fibre artificiali, Agostino Rocca per
la siderurgia, Pietro Giustiniani per la Montecatini, Aurelio Aureli per il
settore edilizio e delle costruzioni, Ugo Sartirana per il settore mecca­
nico 102. Una visita che non ebbe sbocchi immediati di rilievo ma che de­
notava certamente l’interesse di ben qualificati settori dell’industria ita­
liana, alcuni come il tessile già fortemente presente in Bulgaria, ad una
ricognizione diretta delle possibilità di affermazione in uno dei settori
che essa ambiva acquisire alla propria espansione. Sul piano concreto il
18 novembre si ebbe, ad esecuzione del protocollo firmato il 7 ottobre
da Ciano e Zahariev, la firma a Sofia di una convenzione per la costitu­
zione tra i due paesi di una società per azioni denominata Società balcanica
di trasporti (sede sociale a Roma con capitale di 8 milioni di lire) per il
potenziamento dei trasporti di merci e di persone tra i due paesi via
Albania 103.
Tuttavia, l’esaltazione della « frontiera comune » che ormai univa i
due paesi attraverso l’Albania, motivo frequente della propaganda delle
due parti, rimaneva una circostanza sfruttabile, al più, soltanto a livello
propagandistico. L’aspirazione del fascismo italiano di trovare nei Balcani
un solido sostegno per contrapporre al Reich un’area di influenza mediterranea dominata dall’Italia urtava di fronte ad un rapporto di forze
che volgeva in partenza a danno dellTtalia. Le operazioni belliche avevano
trasformato tutto il settore sudorientale in un campo controllato dalla
Wehrmacht. Nel caso specifico della Bulgaria, il tentativo di recuperare
spazio alla penetrazione italiana in un paese il cui commercio estero era
già per oltre due terzi integrato nell’economia tedesca metteva chiaramen­
te in evidenza la sovrapposizione di interessi che veniva a crearsi tra i
due alleati dell’Asse. Tra l’altro, le condizioni belliche rallentarono gli
sforzi dell’economia italiana di incrementare gli scambi con la Bulgaria e
sottolinearono ulteriormente la dipendenza di questa dalla Germania.
Le contingenze belliche ebbero una duplice e difforme ripercussione
sulla posizione economica dellTtalia; da una parte si ebbe un calo del
volume degli scambi commerciali rispetto alla punta più elevata toccata
nel 1940 (cfr. p. 81): nel 1941, ultimo anno per il quale si dispone di
dati ufficiali, l’Italia fornì alla Bulgaria il 4,4% delle importazioni globali
di questo paese, mentre le esportazioni bulgare in Italia coprirono l’8,5%
delle esportazioni globali104. Un risultato che, anche a prescindere dalle
102 Vita bulgara, a. 3, n. I l i , 24 settembre 1942; in precedenza era stato annunciato
che la delegazione degli industriali italiani sarebbe stata guidata dal conte Volpi, il
quale non figurava invece nell’elenco degli industriali presenti a Sofia.
103 Collegamento stradale Bulgaria-Adriatico, in Vita bulgara,^ a. 3, n. 120, 26 no­
vembre 1942, e nei numeri successivi anche altri articoli sull’argomento.
104 Cfr. R. D e L uca, Il commercio estero della Bulgaria durante il 1940, in Vita
88
Enzo Collotti
ripercussioni del movimento dei prezzi, si può spiegare almeno in due
modi: anzitutto con le conseguenze dell’estensione diretta della guerra
ai Balcani e le interruzioni che ne derivarono nei traffici, in secondo luogo
con il crescente assorbimento dell’economia bulgara da parte del Reich.
Con questa tendenza sembrerebbe a prima vista contrastare il balzo in
avanti compiuto viceversa dal capitale italiano investito nelle società per
azioni: qui l’Italia risultava al primo posto, con un notevole vantaggio
rispetto alle cifre prebelliche (cfr. p. 82).
Nel 1940 l’Italia copriva il 25,1% del capitale globale straniero inve­
stito in Bulgaria (che era a sua volta pari a poco più del 20% del capitale
globale investito in società per azioni), con 306,4 milioni di leva; nel
1941 copriva il 27,7 del capitale globale straniero con 338 milioni di leva.
In particolare gli investimenti italiani erano forti nel settore industriale,
con il 24,6% del capitale straniero, nel settore del credito, dove copri­
vano il 22,1% del capitale straniero e nel campo assicurativo, dove copri­
vano il 51,5% del capitale straniero globale105. Le cifre stesse stanno a
indicare che il forte aumento in percentuale della partecipazione italiana
non corrispondeva tuttavia a un aumento in assoluto del capitale italiano
tale di per sè da modificare le quote percentuali in misura così sensibile:
bisogna tenere conto infatti, oltre ad una maggior quota di investimenti
che effettivamente furono realizzati, alla scomparsa dal novero dei con­
correnti di paesi come la Svizzera, che evidentemente trasferì i suoi
investimenti in settori più al riparo dagli eventi bellici, e dal crollo totale
delle posizioni francesi, inglesi e statunitensi, che aumentarono automa­
ticamente il peso dell’Italia e della Germania.
Si tratta comunque di dati parziali dai quali, stante anche l’anormalità
della situazione bellica, è difficile trarre conclusioni definitive all’infuori
della semplice indicazione della tendenza del capitale italiano a consoli­
dare la sua testa di ponte nei Balcani nella prospettiva di quell’ordina­
mento postbellico al quale abbiamo già fatto ripetutamente riferimento.
Non solo la presenza materiale della Wehrmacht rifletteva una realtà
ben altrimenti avversa alle aspirazioni italiane; ma gli stessi limiti delle
possibilità italiane in settori limitrofi — proprio nell’inverno del 1942
l’Italia si sarebbe trovata costretta a fronteggiare la crisi economica della
Grecia occupata e a fare ricorso ancora una volta all’aiuto del Reich, conbulgara, a. 1, n. 32, 13 marzo 1941, p. 2; D im . P avlov, Le relazioni commerciali
tra l’Italia e la Bulgaria, in Vita bulgara, a. 2, n. 92, 14 maggio 1942 (che corregge
parzialmente i dati relativi al 1940 pubblicati nell’art. precedente); e gli articoli di
D.P. sugli scambi italo-bulgari nel 1941, sempre in Vita bulgara, 3 e 10 dicembre 1942.
105 Cfr. B. D amianov, Le società per azioni in Bulgaria, in Vita bulgara, a. 1, n. 42,
22 maggio 1941, p. 2; R affaele D e L uca, Le società per azioni in Bulgaria e la
partecipazione del capitale straniero, in Vita bulgara, a. 2, n. 81, 19 febbraio 1942,
p. 2; La partecipazione dei capitali italiani alle società per azioni in Bulgaria, in
Vita bulgara, a. 3, n. 133, 4 marzo 1943, p. 2.
I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania
89
fessando così la contraddizione tra le sue rivendicazioni di potenza e la
realtà della sua impotenza e della sua condizione di inferiorità — non
potevano non accentuare il carattere velleitario delle rivendicazioni e della
propaganda italiana. Era questa un’impressione che derivava anche dal­
l’indiretta denuncia della crescente penetrazione tedesca persino in settori
che si ritenevano rientranti nella sfera di influenza italiana che si poteva
leggere nella stessa stampa fascista, attraverso l’incitamento che di tanto
in tanto affiorava a non rimanere indietro all’iniziativa tedesca 106.
Nel caso specifico della Bulgaria, il contesto politico generale creato
dalla guerra nella situazione balcanica e la politica della sua classe diri­
gente tendevano fatalmente a spingerla sempre più nell’area di domina­
zione germanica. L’ingrandimento territoriale della Bulgaria e la revisione
di Neuilly erano avvenuti principalmente per l’azione delle truppe tede­
sche, così come senza le pressioni tedesche sulla Romania la Bulgaria non
avrebbe riottenuto la Dobrugia. La soddisfazione delle sue aspirazioni ter­
ritoriali fu il pegno più solido che Hitler pagò per ottenere la fedeltà
della Bulgaria al Patto tripartito. Ma anche successivamente gli sviluppi
politici e militari concorsero ad accentuare la tendenza della Bulgaria a
gravitare piuttosto verso il Reich che verso l’Italia: anzitutto gli inte­
ressi strategici tedeschi, essendo i Balcani la retrovia del fronte orientale;
in secondo luogo, la mobilitazione antibolscevica, cui la classe dirigente
bulgara era particolarmente sensibile, che si accompagnò alla aggressione
nazista contro l’Unione Sovietica. La Bulgaria, è vero, non prese direttamente parte alle operazioni militari contro l’Urss, ma non esitò ad affer­
mare che « la nuova guerra è una crociata degli Stati dell’ordine allo scopo
di togliere di mezzo una volta per sempre la minaccia bolscevica che in­
combe sul mondo intiero » 107, facendo sostanzialmente proprie le parole
d’ordine dell’aggressione nazista così come avrebbe adottato anche le
parole d’ordine del razzismo nazista. L’adesione infine della Bulgaria il
25 novembre 1941 al patto Anticomintern 108 e, a distanza di poche setti­
mane, la sua entrata in guerra contro l’Inghilterra e gli Stati U niti109,
completarono l’allineamento della Bulgaria alla crociata antisovietica e
alla guerra dell’Asse.
Mentre per l’Italia la Bulgaria rappresentava una testa di ponte sul
Mar Nero nella prospettiva assai ipotetica che essa riuscisse ad affermare
l’intera area mediterranea come area d’influenza economica e politica
dell’Italia, per la Germania la Bulgaria era già di fatto un passaggio ob­
106 Come per esempio, con esplicita allusione ad iniziative tedesche in Bulgaria,
nell’art. di A ntonio G iordano, I nuovi accordi commerciali italo-bulgari, ne L'Eco­
nomia italiana, ottobre 1942, pp. 415-420.
107 La guerra tra la Germania e l’Urss, in Vita bulgara, a. 1, n. 47, 26 giugno 1941,
p. 1.
108 Vita bulgara, a. 2, n. 69, 27 novembre 1941, p. 1.
109 Vita bulgara, a. 2, n. 72, 18 dicembre 1941, p. 1.
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Enzo Collotti
bligato verso il mar Nero come verso l’Egeo, era un anello del sistema
danubiano ormai interamente sotto egemonia tedesca, era una posizione
di primo piano alle spalle della Romania e un avamposto nei confronti
della Turchia. Queste molteplici ragioni spiegano l’importanza che Hitler
sempre attribuì alla Bulgaria, l’abilità e la tenacia con le quali ne circuì
la collaborazione e la complicità, l’attenzione e le pressioni che egli riserbò
costantemente a re Boris, il quale nel giro di tre anni si recò all’Obersalzberg assai più frequentemente di quanto non si recasse a Roma: un
dato esterno certamente, tale tuttavia da dare un’idea dellù parte che
veramente ispirava e condizionava la politica bulgara. Tale comunque da
fornire la più recisa smentita a quei propagandisti fascisti che si ostina­
vano a proclamare l’appartenenza del mar Nero allo spazio economico
mediterraneo.
E nzo Collotti