IL RUOLO DELLA BULGARIA NEL CONFLITTO TRA ITALIA E GERMANIA PER IL NUOVO ORDINE EUROPEO (*) P rem essa . Le note che seguono rappresentano una messa a punto del tutto prov­ visoria del problema; esse non vogliono presentare i risultati di una ricerca definitiva ma piuttosto indicare una possibile linea di sviluppo delle ricerche intorno all’argomento specifico dei rapporti italo-bulgari a partire dagli anni trenta, con particolare riguardo alla funzione che la politica del fascismo italiano pensava di attribuire alla Bulgaria nel qua­ dro del nuovo assetto dell’Europa sotto la guida delle potenze dell’Asse, che doveva scaturire dalla seconda guerra mondiale e dal superamento dell’ordinamento e dell’equilibrio sanciti dai trattati di pace del 1919-21. Il carattere provvisorio del nostro contributo al quale si alludeva sopra è determinato da due circostanze specifiche; in primo luogo, l’impossibi­ lità a scadenza relativamente breve di condurre una ricerca più sistema­ tica e di elaborare una relazione più organica e analitica. Si è ritenuto comunque, sulla base di ricerche già condotte in precedenza e sviluppando in particolare il discorso già impostato in occasione della conferenza sui paesi danubiani nella seconda guerra mondiale svoltasi a Budapest nel 1966 ', di potere fornire alcune linee interpretative e alcuni elementi di valutazione suscettibili di dare avvio a un lavoro che a scadenza meno ravvicinata completi il quadro generale e le analisi particolari che oggi siamo in grado soltanto di abbozzare. La seconda ragione della provvisorietà delle nostre argomentazioni deriva dallo stato delle fonti; poiché per il periodo che ci interessa dispo­ niamo attualmente dei Documenti diplomatici italiani soltanto dal 1° settembre 1939 alla data del 28 ottobre 1940, ossia sino all’inizio del­ l’aggressione italiana alla Grecia, per gli anni successivi ci manca la prin­ cipale fonte di documentazione della politica italiana. In particolare, * Testo del contributo presentato alla conferenza su « I Balcani e le grandi potenze alla vigilia della seconda guerra mondiale » promossa dalla Accademia delle Scienze di Bulgaria e tenutasi a Sofia nell’aprile del 1971. 1 Si v. al riguardo i contributi italiani pubblicati nel voi. di E nzo C ollotti-Teodoro Sala-G iorgio V accarino. L 'I ta lia n e ll’E u r o p a d a n u b ia n a d u r a n te la s e c o n d a g u erra m o n d ia le . Milano, Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione, s.a., ma 1967. 54 Enzo Collotti poco o nulla è possibile sapere intorno alla posizione dell’Italia nella questione dell’adesione della Bulgaria al Patto tripartito e quindi attual­ mente è difficile rispondere con certezza al quesito se e in quale misura anche l’Italia si fosse attivamente impegnata nelle pressioni per indurre la Bulgaria a uscire dalla sua tattica temporeggiatrice o se, come pare di intuire dalla documentazione relativamente abbondante di parte tedesca che già possediamo, il gioco dell’Asse fosse già a quell’epoca condotto interamente dalla Germania. Cercheremo perciò in assenza della docu­ mentazione diplomatica diretta di attingere alle fonti pubblicistiche e giornalistiche, nella misura in cui è possibile trarre da esse indizi suffi­ cientemente sicuri intorno all’atteggiamento della politica fascista e agli interessi italiani in Bulgaria. Si intende che anche questa ricerca sulla pubblicistica non rappresenta per il momento che un primo sondaggio, che necessita di ulteriori completamenti e integrazioni. Avvertiamo infine che, al fine di dare un primo sguardo generale ai problemi posti dall’argomento considerato, abbiamo ritenuto opportuno concentrare l’attenzione intorno ai seguenti punti: 1) I rapporti politici ed economici italo-bulgari negli anni trenta; 2) Il Nuovo Ordine Europeo e le sfere di influenza italiana e tedesca nei Balcani; 3) L’appoggio del­ l ’Italia alle rivendicazioni territoriali della Bulgaria e l’adesione di questa al Patto tripartito; 4) Gli interessi dell’Italia e l’illusione di mantenere la Bulgaria nella sfera di influenza italiana. 1. I rapporti politici ed economici italo-bulgari negli anni trenta. La Bulgaria divenne oggetto di attenzione da parte della politica estera fascista allorché l’Italia pose apertamente il problema della revisione dei trattati di pace successivi alla prima guerra mondiale. Se già in precedenza il governo fascista aveva mantenuto buone relazioni con la Bulgaria nel quadro della generale direttrice della politica italiana mirante all’accer­ chiamento della Jugoslavia2, dopo il discorso di Mussolini al Senato del 5 giugno 1928, cui si fa unanimamente risalire la svolta della politica 2 Rinviamo per questo aspetto alle più importanti opere generali sulla politica estera fascista; E nnio D i N olfo, Mussolini e la politica estera italiana (1919-1933), Padova, 1960, p. 196; G aetano Salvemini, Preludio alla seconda guerra mondiale, Milano, 1967, capp. XV e XVII; G iampiero Carocci, La politica estera dell’Italia fascista (1923-1928), Bari, 1969, passim e in particolare capp. V ili e XI; e tra gli studi parti­ colari al recente ottimo lavoro di G iovanni Z amboni, Mussolinis Expansionspolitik auf dem Balkan. Italiens Albanienpolitik vom I. bis zum II. Tiranapakt im Rahmen des italienischen-jugoslavischen Interessenkonflikts und der italienischen « imperialen » Bestrebungen in SUdosteuropa. Hamburg, 1970. Per gli orientamenti della politica estera italiana nella stessa pubblicistica fascista si può vedere: L atinus , L’Italia e i problemi internazionali, Milano, 1935. La testimonianza di un diplomatico del tempo fascista sulla funzione specifica dell’appoggio alla Bulgaria in R affaele G uariglia, Ricordi 1922-1946, Napoli, 1949, pp. 91-92. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 55 •estera fascista verso il revisionismo aperto, l’appoggio diretto dell’Italia alle rivendicazioni territoriali bulgare preluse al tentativo del governo fascista di svolgere un ruolo più attivo nei Balcani. Ruolo che, diretto in un primo momento contro l’influenza della diplomazia francese che si esprimeva attraverso la Piccola Intesa tra Cecoslovacchia, Jugoslavia e Romania 3, si orientò in secondo momento anche contro l’Intesa balcanica, creata nel 1934 tra Romania, Jugoslavia, Grecia e Turchia, la quale, men­ tre rappresentava un prolungamento nell’Europa sudorientale dello stru­ mento diplomatico ispirato dalla Francia per mantenere il regime dei trattati, aveva l’obiettivo diretto di opporsi alle rivendicazioni territoriali che la Bulgaria avanzava nei confronti di tutti gli Stati con essa confi­ nanti 4. Le profferte dell’Italia alla Bulgaria miravano ad attivare in funzione della politica revisionista la posizione che nell’area dell’Europa sudorien­ tale era suscettibile di prestare maggiore attenzione alla prospettiva di superamento dei trattati di pace. Ed offrivano inoltre alla Bulgaria, l’occa­ sione per uscire dall’isolamento nel quale si era venuta a trovare dopo il 1918, poiché i buoni rapporti economici con la Germania che conti­ nuarono a persistere pur dopo la sconfitta del Reich non trovavano un corrispettivo politico nella posizione relativamente debole del Reich prima del 1933. Vari fattori contribuirono in questa fase, oltre al generico interesse della Bulgaria a corrispondere alle profferte dell’Italia di atteg­ giarsi a sua protettrice e paladina delle sue rivendicazioni, a favorire le propensioni filoitaliane nella politica del governo di Sofia. Anzitutto vi fu certamente il peso di fattori ideologici e di politica interna. Dall’autunno del 1923, da quando cioè era stato rovesciato con il sanguinoso colpo di Stato dell’estrema destra il governo dei piccoli contadini di Stamboliski, di orientamento democratico-progressista, la Bulgaria era stata retta da regimi autoritari, i cui fondamenti ideologici oscillavano tra il fascismo italiano e altri tipi di movimenti fascisti, quali il movimento nazionalsocialista in Germania. Il presidente del consiglio Zenkov, che resse il paese dal giugno del 1923 al 1926 dopo l’uccisione di Stamboliski, vedeva il suo modello nello Stato autoritario dominato dalla dittatura personale di Mussolini piuttosto che nella generale conce­ zione corporativa dello Stato fascista. I suoi successori, dopo il colpo di stato dell’estrema destra filofascista della setta Zveno del maggio del 1934 che pose termine alla fase di relativo liberalismo inaugurata dalle elezioni del 1931, contribuirono alla caratterizzazione del regime autori­ tario in senso più moderato della fase reazionaria estremista 1923-26, con l’accentuazione della presenza politica di re Boris, ripristinando a par­ 3 4 Per la polemica fascista contro di essa cfr. Latinus, op. cit., cap. XIII. L atinus , op. cit., cap. XIV. 56 Enzo Collotti tire dal 1937 una parvenza di sistema parlamentare al di fuori di ogni governo dei partiti, che continuarono ad essere proibiti. Il fascismo italiano cercò di valorizzare a fini propagandistici e politici le correnti filofasciste bulgare5, ma più ancora la propaganda fascista cercò di sfruttare « la saggia e bene intenzionata intromissione della poli­ tica italiana », come si espresse appunto uno dei suoi portavoce, anche per sottolineare come il soddisfacimento delle rivendicazioni bulgare con­ tro il trattato di Neuilly « rafforzerebbe il governo costituzionale e sal­ verebbe il paese da pericolosi esperimenti rivoluzionari » 6. Si intreccia­ vano così nella propaganda fascista l’appello antijugoslavo — « Consi­ derata la sua situazione territoriale, qualunque patto o alleanza o intesa con la Jugoslavia, porterà diritto alla sua lenta soffocazione, e, alla oc­ casione propizia, al suo schiacciamento » 7 — e l’appello antibolscevico, quello stesso appello sul quale avrebbe fatto leva qualche anno più tardi, ma con ben altri argomenti, la stessa Germania nazista per aprire anche la Bulgaria alla sua penetrazione. Sullo sfondo di questa generica simpatia dei governi autoritari bul­ gari per il regime fascista italiano, si inserì nei legami tra i due paesi un fattore di carattere personale, se non propriamente dinastico, il cui significato non va sopravvalutato ma neppure trascurato. Alludiamo al matrimonio di re Boris III, che era salito al trono nell’ottobre del 1918, con la terzogenita di Vittorio Emanuele III, Giovanna, nell’ottobre del 1930. All’episodio non va attribuita maggiore importanza di quanta non ne avesse sotto il profilo di un generico consolidamento di legami personali e di amicizia. Se bisogna credere alle memorie dell’ex regina di Bulgaria, peraltro di assai scarso interesse, sin da un colloquio con Mussolini del 1930 Boris aveva tenuto a dichiarare che non intendeva passare per agente del « regime italiano » nei Balcani8. Tuttavia, indi­ pendentemente dalle intenzioni di Boris, ci si può porre il quesito se il legame personale che egli contrasse con la casa Savoia non facesse parte di un disegno più vasto che accomunava nelle mire espansioniste nei Balcani la dinastia dei Savoia e il fascismo italiano. A parte il precedente operettistico dell’eventualità di dare una « si­ gnorina italiana » in moglie a re Zog di Albania9, eventi successivi come 5 Tra le molte testimonianze d i questo interesse per i fascisti bulgari citiamo soltanto A svero G ravelli, Verso l’Internazionale fascista, Roma, 1932, pp. 145-165; D . L isc h i , La Nuova Bulgaria e la dottrina fascista, in Gerarchia, 1934, pp. 137-140. Tra le testi­ monianze filofasciste di esponenti politici bulgari si v. le dichiarazioni raccolte dal N urigiani, op. cit., v. nota 6, alle pp. 138-148. 6 Cfr. G iorgio N urigiani, Italia e Bulgaria, Pref. di Nicola Pascazio, Roma, 1934, p. 137. 7 Come si esprime N. Pascazio, pref. a G. N urigiani, op. cit., p. 13. 8 G iovanna D i B ulgaria, Memorie, Milano, 1964, pp. 136-137. 9 Si V . sull’episodio F rancesco J acomoni, La politica dell’Italia in Albania, Bologna, 1965, pp. 67-68. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 57 il passaggio della corona d’Albania al re d’Italia, la nomina a re di Croa­ zia di un membro di casa Savoia, il progetto — attribuito alla regina Elena di origine montenegrina — di risuscitare il regno del Montenegro e la dinastia dei Petrovic legata a casa Savoia 10, farebbero pen­ sare al concorrere di un duplice fattore: la volontà di casa Savoia e l’interesse del fascismo di assecondare le ambizioni della dinastia per averne l’appoggio nell’espansione balcanica dell’Italia, sogno mai sopito del nazionalismo e dell’imperialismo italiani. Certamente Boris non fu l’agente diretto dell’Italia nei Balcani, ma per via dei legami personali che lo unirono alla dinastia italiana divenne uno dei pochi capi di Stato — l’unico comunque del settore balcanico — largamente disponibile e accessibile alle esigenze della politica italiana, anche se non sempre svincolabile almeno sino al 1939 dalle influenze inglesi e francesi, come ebbe a dimostrare fra l’altro all’epoca della guerra d’Abissinia, allorché anche la Bulgaria aderì alle sanzioni bandite dalla Società delle Na­ zioni 11. E inoltre su questo elemento di carattere personale avrebbero fat­ to leva, con tutti gli ingredienti della retorica che l’occasione largamente offriva e toccando tutte le corde del sentimento, la propaganda bulgara e quella italiana via via che si andava stringendo il legame della Bulgaria alle potenze dell’Asse 1213. Ma non certo ultimo dei fattori che concorrevano a stabilire buoni rapporti con la Bulgaria era la presenza economica italiana. Si tratta anche qui di un aspetto che non va sopravvalutato, ma che offre inte­ ressanti spunti nel quadro generale della penetrazione italiana nell’area sudorientale. Con una certa esagerazione la propaganda fascista anche in questo campo ebbe la tendenza a presentare l’Italia come una delle ancore di salvezza della Bulgaria: « ...Circondata da nemici, disprezzata dagli antichi alleati, la Bulgaria trovò nell’Italia il suo fornitore e il suo banchiere » u. In effetti quali erano le posizioni economiche dell’Italia 10 Cfr. G aleazzo C iano, Diario 1939-43, Milano, 1963, vol. II, p. 21 e pp. 34-35, rispettivamente alle date del 24 aprile e del 21 maggio 1941. 11 II contraccolpo dell’adesione della Bulgaria alla sanzione societaria fu immediato: i dati del commercio estero indicano il crollo quasi totale dei rapporti tra i due paesi nel 1936 e una lenta ripresa a partire dal 1937; cfr. in proposito la tabella pubblicata a p. 81. 12 Per questo aspetto basta sfogliare il settimanale Vita bulgara, del quale faremo cenno innanzi, per rendersi conto del significato propagandistico attribuito a un simile elemento. Ancora nel novembre del 1942 appariva in questo giornale (a. I li, n. 117, 5 novembre 1942, p. I), un Messaggio del PNF alla Bulgaria amica e alleata, a firma del noto gerarca Ezio Maria Gray in occasione del ventennale della marcia su Roma, nel quale si faceva menzione, tra gli elementi di comunanza dei due paesi, oltre alla « sana ruralità » del popolo bulgaro, ai « delicati e cari vincoli dinastici » (!!). 13 G. N urigiani, op cit., p. 125. Si v. per contro quanto scrive R. G uariglia, op. cit., pp. 91-92, il quale lamenta che le disgraziate condizioni finanziarie dell’Italia non consentissero di accordare alla Bulgaria ben maggiori aiuti finanziari in appoggio al­ l’azione politica italiana. 58 Enzo Collotti in Bulgaria? Certamente dopo la prima guerra mondiale le possibilità commerciali ed economiche dell’Italia erano state favorite dalla rottura dei vecchi legami tra la Bulgaria e gli Imperi centrali, per cui anche l ’Italia raccolse una parte della successione nel settore economico-commerciale. Tuttavia la Bulgaria non cessò di rimanere uno dei mercati tradizionali dell’economia tedesca. Nel campo commerciale all’inizio degli anni trenta l’Italia si collo­ cava al quinto posto nel commercio estero della Bulgaria; nel 1932 le importazioni dall’Italia coprivano il 15 per cento del totale delle im­ portazioni bulgare; le esportazioni verso l’Italia ammontavano al 12 per cento delle esportazioni complessive bulgare. La struttura del com­ mercio estero rifletteva le caratteristiche di sviluppo dei due paesi: dal­ l’Italia la Bulgaria importava prodotti tessili, veicoli, macchinari, der­ rate coloniali, frutta, semi, legumi, pelli lavorate. In particolare l’Italia forniva quasi la metà dei filati di lana alla Bulgaria e il 60 per cento dei filati di cotone; l’Italia era inoltre la principale fornitrice di automobili, anche se dato il bassissimo livello di motorizzazione della Bulgaria si trattava ancora soltanto di un esiguo numero di unità. In Italia la Bul­ garia esportava esclusivamente prodotti del suolo e dell’allevamento (tabacco, prodotti agricoli, uova, pellame, bachi da seta, essenza di rose) w. Dal punto di vista commerciale la Bulgaria si poneva dopo la Jugo­ slavia, la Romania e la Grecia tra i partner dell’Italia nell’area balcanica. Ma relativamente importante era la presenza in Bulgaria di capitale italiano. Si trattava di capitale affluito in parte dopo il 1919, in seguito alla costituzione di enti economici e aziende italiane: come la Banca commerciale italo-bulgara, costituita su iniziativa della BCI, uno dei principali complessi bancari del paese, e una serie di aziende industriali: la tessile « Fortuna » nel 1927, la forestale Vaccaro-Balabanev, la Soc.an. Fiat Bulgara nel 1925 (fra l’altro per le forniture all’esercito bulgaro), la Cinzano Bulgara nel 1926, la Azienda Tabacchi italiani nel 1930; in parte, preesistente alla prima guerra mondiale, trattandosi di capitali di società già appartenenti all’impero austro-ungarico, come nel caso delle Assicurazioni Generali, che si erano affermate come uno dei principali complessi assicurativi del paese, cui nel 1923 si sarebbe aggiunta anche 14 G. N urigiani, op. cit.j pp. I l i sgg.; per un raffronto più analitico è necessario ricorrere ai volumi delVAnnuario Statistico, poiché le fonti di statistiche commerciali più accreditate, come il Movimento economico dell’Italia edito dalla Banca Commer­ ciale Italiana, non riportano dati specifici per quanto riguarda gli scambi tra l’Italia e la Bulgaria. Inoltre si v. le notizie sui rapporti economici con la Bulgaria che fornisce l’ex ministro degli Scambi e Valute F elice G uarnieri, Battaglie economiche tra le due grandi guerre, Milano, 1953, 2 voli., passim. Il libro di A. F ocarile, Bulgaria d'oggi nei suoi aspetti sociali, economici, commerciali e finanziari. Milano, 1929, fornisce alcuni dati interessanti per un periodo relativamente breve, arrestandosi in pratica al 1926. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 59 la Riunione Adriatica di Sicurtà15. Una presenza, questa delle compa­ gnie assicurative triestine, che vale la pena di segnalare dati i legami ■che esse ebbero con il nazionalismo adriatico e quindi la funzione di agenti deH’imperialismo italiano. Intorno a quell’epoca il capitale italiano investito in Bulgaria avreb­ be coperto il secondo posto, con 157 milioni di leva, venendo dietro al capitale franco-belga (199 milioni) e sopravanzando di gran lunga il capitale tedesco (60 milioni)16. 2. Il Nuovo Ordine Europeo e le sfere di influenza italiana e tedesca. « Il Führer tiene a far sapere che considera il mare Mediterraneo •quale un mare prettamente italiano. All’Italia spettano nel Mediterra­ neo posizioni di privilegio e di controllo. Gli interessi dei tedeschi vol­ gono verso il Baltico che è il loro ’Mediterraneo’ 17. Questa comuni­ cazione di Hitler trasmessa a Mussolini il 23 settembre 1936 per mez­ zo del ministro Hans Frank fu il primo vago ma esplicito segno di ri­ conoscimento da parte del Reich nazista di una sfera di influenza italiana nell’ambito dell’alleanza dell’Asse e più tardi nell’ambito del Patto Tri­ partito che consacrava anche formalmente il ruolo guida delle potenze dell’Asse nella fissazione del nuovo assetto europeo. Su questa divisione in sfere di influenza, che sembrava soddisfare la vecchia aspirazione ita­ liana alla penetrazione balcanica, si è attirata l’attenzione ripetutamente I8. Sappiamo tuttavia che nei fatti la posizione di parità tra i due par­ tner dell’Asse, che avrebbe dovuto trovare espressione tra l’altro pro­ prio nella spartizione delle sfere d’influenza, era puramente formale e fittizia. La guerra accelerò lo squilibrio in conseguenza dell’impari rap­ porto di forze politico ed economico esistente tra Italia e Germania. Ma questo squilibrio si rese particolarmente evidente proprio nel settore balcanico: se già VAnschluss austriaco aveva riaperto al Reich la via dell’Europa sudorientale, i piani per l’intervento della Wehrmacht in Jugoslavia e in Grecia offuscavano largamente le ambizioni di egemonia dell’Italia. Le stesse posizioni acquisite dalla Germania in Romania sin dal marzo del 1939 e l’acquisizione definitiva dell’Ungheria alla causa dell’Asse con l’arbitrato di Vienna del 30 agosto 1940 furono in realtà realizzazioni all’attivo della Germania 19. Seppure non è esatta 1 afferma­ 15 14 G. N urigiani, op. cit., pp. 125 sgg. G. N urigiani, op. cit., p. 125. 17 R odolfo M osca, (a cura di), L’Europa verso la catastrofe, Milano, 1964 (nuova •ed.), vol. I, p. 80. ls Così nel nostro contributo La politica dell’Italia nel settore danubiano-balcanico dal patto di Monaco all’armistizio balcanico, nel voi. cit., L’Italia nell’Europa danu­ biana durante la seconda guerra mondiale, pp. 8 sgg. « Ibid., pp. 19-20 e p. 50. 60 Enzo Collotti zione che si trova ripetutamente nella pubblicistica e nella storiografia tedesca, secondo la quale soltanto la maldestra e avventuristica campagna italiana contro la Grecia avrebbe indotto Hitler a intervenire direttamente nella penisola balcanica20, incontrovertibile è invece che l’iniziativa del­ l’Italia contro la Grecia, che era a suo modo un mezzo per reagire pro­ prio alla ormai avanzata penetrazione tedesca nei Balcani, accelerò i tempi dell’intervento militare tedesco. Almeno dall’epoca della realizzazione àe\YAnschluss, e più ancora del patto di Monaco e dello smembramento definitivo della Cecoslovacchia, il Reich nazista aveva manifestato aspirazioni egemoniche nei confronti dell’intero settore sudorientale; le pressioni infine per ottenere l’ade­ sione al patto Tripartito di Ungheria, Romania, Jugoslavia e Bulgaria che furono affidate principalmente al gioco diplomatico della Germania, che tra le potenze dell’Asse fra l’altro era l’unica in grado di offrire ga­ ranzie e aiuti militari, recavano inequivocabilmente il segno della supre­ mazia tedesca. La spartizione in sfere di influenza era quindi seriamente minacciata nei fatti da un rapporto di forze che poneva l’Italia in una posizione subalterna. Il fatto che la Germania, come ebbero a ribadire ripetutamente i suoi esponenti politici e diplomatici, non gradisse l’allargamento del conflitto' ai Balcani non significava affatto che essa si disinteressasse di questo set­ tore 21; essa al contrario non desiderava che l’incendio della guerra si estendesse ai Balcani proprio perché la stabilità del settore sarebbe stata la migliore garanzia per il massimo sfruttamento delle possibilità econo­ miche e strategiche della penisola22, considerata la grande riserva di ma­ terie prime e di manodopera del Reich-, una funzione che sarebbe stata esaltata in anni immediatamente successivi allorché nella previsione del­ l’urto con l’Unione Sovietica l’Europa sudorientale si trasformò in una vera e propria retrovia della Wehrmacht. Nei confronti degli Stati balca­ nici la Germania non fece mistero, senza preoccuparsi di attraversare in questo modo le aspirazioni dell’Italia e di smentire le stesse assicurazioni ad essa date, della sua volontà di fare valere in maniera prioritaria e asso­ luta i propri diretti interessi. Il comportamento di Hitler risulta abba­ stanza bene dal colloquio che egli ebbe con il presidente del consiglio bulgaro Filov il 27 luglio 1940: « Er sei selbst auf Balkan in keiner Weise territorial oder politiseli interessiert. Deutschland besitze hochstens Come si deduce ad es. dall’opera di K urt T ippelskirch , Geschichte des Zweiten Weltkriegs, Bonn, 1954, p. 139. 21 In generale per l’interesse che la Germania dispiegò per la situazione balcanica dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale si v. P h il ipp W . F abry, Balkan-Wirren 1940-41. Diplomatische und milit'àrische Vorbereitung des deutschen Donauiibergauges, Darmstadt, 1966, in particolare cap. I, accurato nella ricostruzione diplomatico-militare,, non sempre condividibile nei giudizi di dettaglio. 22 E. C ollotti, op. cit., pp. 20-21. 20 Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 61 e in indirektes politisches Interesse an den Balkangebieten, weil es sie als zu seinem Wirtschaftsraum zugehorig betrachte... » 23. La tesi di quei propagandisti fascisti che videro nella non impegnativa e assai vaga dichiarazione di Hitler del 4 maggio 1941 — l’Italia si era meritata con i suoi sacrifici di sangue di ottenere « l’influenza territoriale •e politica » nello « spazio vitale che ad essa unicamente compete » 24 — il riconoscimento esplicito della supremazia italiana nei Balcani era smen­ tita in partenza dalla distinzione che Hitler aveva già in precedenza fat­ to tra area d’influenza economica e influenza politica, come se la penetrazione economica tedesca non dovesse essere in definitiva l’elemento discriminante e decisivo della lotta per l’egemonia tra le potenze del­ l’Asse. In realtà il Reich non si astenne dall’interferire neppure nei ter­ ritori — Croazia, Albania e Grecia — ai quali in sostanza, nei disegni tedeschi, avrebbe dovuto ridursi l’area di influenza italiana. In effetti, mentre da parte italiana si continuava a pensare, più che ad operare, in termini di separate sfere di influenza all’interno dell’area di egemonia dell’Asse, la Germania teorizzava e praticava la concezione della Grossraumwirtschaft, ossia una concezione che considerava in ter­ mini unitari, globali, i problemi dell’economia europea, come economia di « grande spazio », in funzione unicamente degli interessi e dei biso­ gni del Reich. Nel febbraio del 1940 nell’ambito del ministero dell’Eco­ nomia del Reich fu creata una agenzia specificamente dedicata allo sfrut­ tamento economico dell’Europa sudorientale, la Siidosteuropa-Gesellschaft (SOEG) con sede a Vienna, sui cui scopi, organizzazione e prassi operativa ha fatto luce di recente l’importante studio di Dietrich O rlow 25. Veniva •con ciò sistematizzata e portata alle estreme conseguenze la pratica di assoggettamento al Reich dei paesi dell’Europa sudorientale, che era già stata inaugurata nel 1933-34 (con il regime dei cambi multipli e del clearing) e che aveva raggiunto uno dei suoi momenti culminanti con gli accordi commerciali bilaterali del tipo di quello concluso nel marzo 1939 con la Romania26. 23 Cfr. S ta a ts m à n n e r u n d D ip lo m a te n b e i H itle r . V e r tr a u lic h e A u fz e ic h n u n g e n tib e r Unterredungen mit Vertretern des Auslandes 1939-1941. Herausgegeben und erlautert von Andreas Hillgruber. Frankfurt a.M., 1967, pp. 181-186. 24 Se ne veda il testo in M ax D omarus, H itle r . R e d e n u n d P r o k la m a tio n e n 19321943. München, 1965, Bd. II, Zweiter Halbbd., per il passo che ci interessa alle pp. 1706-1707; l’ostentazione e l’apparente delicatezza con le quali Hitler teneva in questa occasione a dichiarare che non era intervenuto in Grecia per aiutare gli italiani ma per prevenire gli intrighi inglesi non era che un ulteriore trucco a copertura delle mire espansionistiche tedesche. 25 D ietrich O rlow, T h e N a z is in th e B a lk a n s. A C a se S tu d y o f T o ta lita r ia n P o litic s , Pittsburgh, 1964. 26 D. O rlow, o p . c it., p. 101. Sul contesto generale nel quale si collocava questo accordo si v. gh studi di E liza Campus , D ie h itle r fa c h is tis c h e I n f iltr a tio n R u m a n ie n s 1939-1940, nella Z e its c h r if t f iir G e s c h ic h ts w is s e n s c h a ft, 1957, f. 2, pp. 213-228 e V iorica Moisuc, Orientations dans la politique extérieure de la Roumanie après le 62 Enzo Collotti L’ipotesi politica entro la quale operava il Grande Reich era la pro­ spettiva, a guerra finita, di una economia integrata avente il suo centro propulsore nel Reich, dominata dal marco, fondata sul potenziamento dell’estrazione di materie prime e dello sviluppo agricolo dei paesi sudorientali in modo da soddisfare le esigenze del Reich, che doveva rimanere unico fornitore di manufatti industriali, essendo esplicitamente escluso un processo di industrializzazione degli Stati satelliti del Reich. Era infine nel Reich, cuore industriale, finanziario e commerciale del si­ stema, che avrebbe dovuto affluire la manodopera eccedente degli Stati satelliti27. La posizione dell’Italia di fronte alle concrete possibilità operative messe in atto dalla Germania appare estremamente debole. È bensì vero che « l’esistenza di una sottosfera italiana nell’ambito dell’Europa do­ minata dalla Germania non era incompatibile con le fondamentali con­ cezioni di Hitler sulla struttura della nuova Europa », come afferma l’O rlow 28. Ma in realtà la situazione era leggermente diversa e anche più complessa: l’Italia chiedeva una condizione di parità, non soltanto la gestione di una sottosfera nell’ambito dell’egemonia tedesca; in se­ condo luogo avvertiva in modo acuto la sua inferiorità di fatto, nelle effettive possibilità, per cui le sue stesse rivendicazioni di potenza appari­ vano contraddittorie. L’espansione economica tedesca verso i Balcani, oltre che della po­ litica di scambi inaugurata dal regime nazista, aveva profittato larga­ mente dell’Anschluss austriaco e dello smembramento della Cecoslovac­ chia: l’espansione della I.G. Farben nel settore sudorientale è indisso­ ciabile da queste circostanze politiche, che permisero di realizzare i progetti di penetrazione preesistenti allo stesso avvento del nazismo29. Inoltre, dopo l’invasione della Jugoslavia, e nella stessa Grecia (nono­ stante questa dovesse essere lasciata all’egemonia italiana) la Germania si impossessò degli investimenti anglo-francesi nel settore30. pacte de Munich, in Revue Roumaine d’histoire, 1966, n. 2, pp. 327-340, in implicita polemica con la nota opera dello Hillgruber tendente ad attenuare i connotati impe­ rialisti e sopraffattori degli accordi del 1939. Ma in generale va tenuto presente a questo riguardo lo studio di W ilhelm T reue, Das Dritte Reich und die 'Westmàchte auf dem Balkan. Zur Struktur der Aussenhandelspolitik Grossbritanniens und Frankreichs 1933-1939, nei Vierteljahrshefte fiir Zeitgeschichte, 1953, n. 1, pp. 45-64. 27 D. O rlow, op. cit., pp. 110-115. 28 lbid., p. 108. 29 L’espansione della IG Farben con particolare riferimento all’Europa sudorientale è stato oggetto di numerosi studi di H ans R adandt: per brevità se ne veda la citazione nell’introduzione dello stesso Radandt al volume Fall 6. Ausgewahlte Dokumente und Urteil des IG. Farben-Prozesses, Berlin, 1970, in particolare alle pp. 39-42. 30 Cfr. in proposito l’indagine di O tfried U lshofer , Einflussnahme auf Wirtschaftsunternehmungen in den besetzten nord-, west- und siidosteuropàischen Làndern w'àhrend des Zweìten Weltkrieges insbesondere der Erwerb von Beteiligungen (Verflechtung), Tübingen, 1958, passim. Nonostante sia condotto in chiave giustificazio- Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 63 Quale conto la Germania facesse della presenza europea dell’alleato fascista si può desumere da questa citazione dal Diario di Goebbels, che benché relativa alla primavera del 1943 illumina anche retrospettivamente la posizione del Reich, al di là dei riconoscimenti verbali di Hitler e di Funk: Il Führer è giunto alla convinzione che tutti i detriti delle minori nazioni ancora esistenti in Europa devono essere liquidati al più presto possibile. Lo scopo della nostra lotta è di creare un’Europa unificata. Solo i tedeschi pos­ sono organizzare l’Europa. Non esiste in realtà alcun’altra potenza egemonica. In questo senso il Führer ha sottolineato quanto noi possiamo essere soddi­ sfatti che non ci siano giapponesi sul continente europeo. Anche se gli italiani oggi ci procurano molti guai e molti grattacapi dobbiamo considerarci fortu­ nati ch’essi non possono costituire una seria rivalità nella futura organizza­ zione d’Europa. Se i giapponesi fossero impiantati sul continente europeo le cose sarebbero molto diverse; ma oggi noi siamo praticamente l’unica potenza egemonica 31. Più di una testimonianza dimostra che, ad onta di ogni esigenza e par­ venza propagandistica, gli stessi capi del fascismo italiano erano consape­ voli di quanto fosse debole la posizione dell’Italia, di un paese cioè che per darsi forza e per poter realizzare le sue ambizioni di potenza doveva dipendere dagli aiuti dell’altra potenza nei cui confronti rivendicava la parità di diritti e di posizioni. Anche qui basti la citazione di una nota dal Diario di Ciano per rendere l’atmosfera di impotenza e anche di ras­ segnazione con la quale lo stesso Mussolini sembrò prendere atto del rango totalmente subordinato nel quale le vicende dell’alleanza e della guerra avevano gettato l’Italia. Annotava Ciano alla data del 13 ago­ sto 1941: Il Duce ha avuto notizia che durante il suo viaggio al fronte russo, un tedesco avrebbe detto di lui: « ecco il nostro Gauleiter per l’Italia » e un funzionario dell’Ambasciata [a Berlino] lo avrebbe sentito. Ho scritto ad Alfieri per appurare la verità. Mussolini ha detto: « Io lo credo. In Germania esistono dei dischi. Hitler li incide. Gli altri li suonano. Il primo disco era quello dell’Italia, alleata e fedele, su di un piano di parità, signora del Mediterraneo, come la Germania era signora del Baltico. Poi è venuto il secondo disco, quello dopo le vittorie. Cioè: l’Europa sarà dominata dalla Germania. Gli Stati vinti saranno vere e proprie colonie. Gli stati associati saranno provincie confederate. Tra queste, la più importante è l’Italia. Bisogna accettare questa stato di cose perchè ogni tentativo di reazione ci farebbe declassare dalla condizione di provincia confederata a quella ben peggiore di colonia. nista nei confronti della politica nazista, questo lavoro fornisce indirettamente ma anche esplicitamente preziose conferme dell’opera di rapina praticata dai tedeschi e della stessa collisione tra gli interessi italo-tedeschi. 31 J oseph G oebbels, Diario intimo, Milano, 1948, p. 477. 64 Enzo Collotti Anche se domani chiedessero Trieste nello spazio vitale germanico, bisogne­ rebbe piegare la testa32. Ma naturalmente queste erano confessioni intime che non erano destinate a fare testo nei confronti dei terzi. Verso l’esterno la posizio­ ne dell’Italia si manifestava attraverso il tentativo della propaganda di dare un volto autonomo alla presenza dell’Italia nell’Asse e attraverso le spinte vaghe e incerte degli ambienti economici, rilevabili per ora solo al livello giornalistico, per attribuire anche all’Italia un margine di profitto e di espansione nell’area sotto il dominio dell’Asse. Certo, di fronte alla ben altrimenti agguerrita coerenza con la quale la Germania perseguiva la penetrazione politica, militare ed economica in tutto lo spazio sudorientale, ben fragili dovevano apparire le retoriche invoca­ zioni ai diritti storici con le quali i propagandisti del regime fascista credevano di poter risolvere il problema della spartizione dell’Europa do­ minata dall’Asse, e di vedere riconosciuta all’Italia la supremazia nello scacchiere mediterraneo. Il tema del « mare nostrum » era il cavallo di battaglia della propaganda fascista: Nessuno può contestare al grande popolo germanico i suoi diritti al Mare del Nord che è suo mare, alle colonie che gli spettano, alle grandi vie di espan­ sione verso l’oriente, al suo posto negli oceani e nel mondo. Nessuno può contestare all’Italia, di riprendere le vie di Roma e della sua Rinascenza e di avere il posto che le spetta nel mondo... Nessuno può sostituirsi a noi nel dominio del mare che vide sorgere Roma, il Rinascimento e il fascismo. Abbiamo fatto di questo mare il giardino di tutte le civiltà, il faro di tutte le idee, il serto di tutte le bellezze. E siamo la gente strabocchevolmente più numerosa; vi predominiamo con più di 45 milioni di italiani, tutti protesi al mare di cui l’Italia è centro geografico e morale... Il Mediterraneo è nostro33. Né maggiore attendibilità e concretezza potevano assumere le giu­ stificazioni geopofitiche che altre voci della propaganda fascista ponevano a fondamento del primato mediterraneo dell’Italia: ...il Mediterraneo si domina con l’Italia, e il Mediterraneo rimane la chiave di volta di ogni potere intercontinentale. Ne consegue che non è conce­ pibile, da Roma, una indipendenza e una libertà senza una grande politica continentale e una grande politica interoceanica...34. C iano, Diario, cit., vol. II, p. 76. 33 Come si esprimeva uno dei più banali propagandisti fascisti I talo L unelli , Pagine della nostra fede. Italia e Germania di fronte all'Europa, Varese, 1942, pp. 248250, che qui si cita soltanto perché fu uno dei portavoce della Scuola di mistica fasci­ sta del PNF. 34 Cfr. Ragioni di questa guerra, Roma, 1941 (« Quaderni di divulgazione del1TNCF »), p. 23. 32 I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 65 Motivazioni tutte, come si vede, estremamente deboli e affidate uni­ camente a superficiali sollecitazioni nazionalistiche, la cui forza risiedeva unicamente nelle carenze e nelle insufficienze di una concreta azione del­ l’Italia. Altrettanto privi di forza di persuasione si presentavano i ten­ tativi di accreditare come elemento caratterizzante della guerra italiana la conquista dello « spazio mediterraneo » intesa come liberazione dall’influenza dell’Inghilterra e della Francia: in questa prospettiva la diret­ trice balcanica si inseriva come naturale retaggio del vecchio nazionalismo italiano, senza tenere minimamente conto della presenza di una ben più minacciosa e pesante penetrazione tedesca. Il fumoso tentativo di dare un fondamento ideologico alla guerra presentandola come « guerra rivo­ luzionaria » dell’Europa — ossia delle potenze dell’Asse e dei loro satelliti — contro l’Antieuropa, prescindeva completamente da una analisi reale delle forze in gioco e rappresentava un modo puramente propagandistico di porre l’esigenza di spartizione dell’egemonia tra le potenze dell’Asse riservando all’Italia l’area mediterranea35. L’occasione che spinse anche gli ambienti economici italiani a cer­ care di precisare gli obiettivi, i caratteri é gli strumenti della penetra­ zione italiana nel settore sudorientale fu offerta dalla svolta bellica del 1941; risolta con l’aiuto tedesco la stasi del fronte greco, invasa e smembrata la Jugoslavia, ottenuta l’adesione della Bulgaria al Patto Tripartito, le potenze dell’Asse avevano ormai il diretto controllo di tutto il settore. L’Italia cercava di dare un senso concreto alla sua parte di egemonia nel quadro dell’Asse. A parte anche qui i soliti richiami retorici, particolarmente di cattivo gusto nell’esaltare proprio nel caso della Grecia « il nuovo spirito guerriero dell’Italia imperiale », e l’ap­ pello ai « nostri commercianti, i nostri industriali, i nostri finanzieri... perché si rinnovi nel Levante l’espansione commerciale e marittima di Genova e di Venezia, delle cui gloriose tradizioni l’Italia imperiale è la continuatrice » 36, la pubblicistica economica lascia intravedere alcuni spunti intorno alla collocazione dellTtalia nel Nuovo Ordine e ai pro­ blemi connessi a questa sua posizione. Prevale però sempre l’impressione che di fronte allo sviluppo da parte tedesca di una concezione massiccia e globale di sfuttamento dei paesi occupati e satelliti, la quale aveva il vantaggio di poggiare su un concreto potenziale militare, da parte italiana non si andava al di là di generiche eleborazioni o di indicazioni empiriche che denotavano 35 Erano questi i motivi portati avanti dalla rivista nazionalista Politica, in partico­ lare negli articoli di G iuseppe Z u c c o u , Economia mediterranea, a. 22, fase. CXXXIIICXXXIV, pp. 53-85, datato 1 giugno 1940, e di F rancesco C oppola, Considerazioni su questa guerra, a. 23, fase. CXLI-CXLVI e CXLIX-CLII, 1941-43. 3o Come scriveva A. G. L'inquadramento dell’economia ellenica nelle attività europee, in Rivista di politica economica, luglio 1941, pp. 616-620. 66 Enzo Collotti la mancanza di un qualsiasi disegno organico, che significavano tutt’al più che l’Italia era appena alla ricerca di una collocazione in quel settore, ad onta di ogni iattanza propangandistica. Gli stessi discorsi del ministro degli Scambi e Valute Riccardi in termini di « solidarietà continentale » e di « piano regolatore dell’economia europea » rimanevano estremamente vaghi e si risolvevano spesso in affermazioni puramente verbali di una presenza italiana37. Tuttavia, volendo schematizzare il tipo di reazioni della pubblicistica economica italiana, e attraverso di essa anche di certi ambienti economici, alla svolta del 1941 si possono avanzare le osser­ vazioni che seguono. Primo. In termini generali, e questa è una ipotesi praticamente comune ad ogni organo della stampa fascista, si intuisce, nell’ipotesi della vittoria delle forze nazifasciste, che « nell’Europa riordinata sotto la guida dell’Asse », l’Italia avrà un più intenso livello di espansione economica nell’Europa sudorientale38. Tale previsione era legata, fra l’al­ tro, alla possibilità di raccogliere almeno in parte la successione dell’in­ fluenza prebellica di Inghilterra, Francia e Stati Uniti: in questo senso prospettive concrete sembravamo offerte in particolare nel settore dell’in­ dustria meccanica, in relazione al fabbisogno di macchine agricole e ai pro­ getti di sviluppo idroelettrico e ferroviario dei paesi del settore. Inoltre venivano sottolineate le prospettive di collaborazione « della nostra in­ dustria meccanica alla valorizzazione dei combustibili solidi dell’Europa sudorientale ai fini della produzione di energia elettrica », ossia ad esempio per lo sfruttamento della lignite e di carboni a basso potere calorifico in Jugoslavia e in Bulgaria39. Secondo. Il discorso sulle prospettive della maggior penetrazione dell’economia italiana non poteva prescindere dafl’impostare il proble­ ma del contesto politico ed economico nel quale inserire tale espansione. È a questo proposito che veniva abbozzata una alternativa alla concezione globale nazista della Grossraumwirtschaft; si può dire anzi che l’abbozzo di tale alternativa nasceva proprio dal timore, tu tt’altro che astratto, della concorrenza che la Germania esercitava già pesantemente anche nelle zone che si riteneva lasciate all’influenza italiana. Vi era perciò una duplice esigenza: di definire concretamente il contesto dell’area di influenza italiana e al tempo stesso di contenere, moltiplicando le ini­ ziative italiane, la pressione tedesca. _ 37 R affaello Riccardi, Collaborazione economica europea, in Vita bulgara, a. 2 n. 92, 14 maggio 1942, pp. 1-2, articolo apparso in occasione della visita del ministro Riccardi a Sofia. 38 Cfr. A dolfo G ulinelli , Aspetti economici e finanziari della guerra, in Rivista di politica economica, gennaio 1941, pp. 22-36. 39 In questo senso si pronunciava Antonio G iordano, Le possibilità di sviluppare le esportazioni dell’industria meccanica italiana nell’Europa sudorientale, in Rivista di politica economica, marzo 1941, pp. 237-240. I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 67 In questa sede veniva ripreso anzitutto lo sforzo di sottolineare l ’unità economica del Mediterraneo per giustificare la posizione di gui­ da rivendicata all’Italia e al tempo stesso per sottolineare la sua assimilabilità a impostazioni e a schemi tipici del fascismo italiano. La vi­ sita del ministro dell’economia del Reich Funk in Italia nell’autunno del 1941 e il discorso da lui pronunciato all’Università di Roma furono interpretati come l’avallo del Reich al « diritto di cittadinanza » del­ l ’economia mediterranea come entità autonoma « nel quadro e della dottrina della nuova Europa » 40. Una prospettiva che non è senza si­ gnificato venisse sottolineato anche da uno dei principali esponenti del mondo industriale italiano, Alberto Pirelli, nelle cui pagine si esprimeva chiaramente la necessità di assicurare uno sbocco all’industria italiana in concorrenza con l’industria tedesca e la preoccupazione di mettere l’attrezzatura e l’iniziativa dell’economia italiana al passo con il dina­ mismo di quella tedesca 41. Per parte sua, l’ex ministro degli scambi e valute Guarneri, cercò di sistematizzare gli sbocchi offerti dalle nuove prospettive nel quadro della razionalizzazione dei rapporti tra gli Stati associati allo stesso « spa­ zio economico » in chiave autarchica: La costituzione di vasti spazi economici — in quanto consente una mag­ giore disponibilità di materie prime, una maggiore specializzazione del lavoro, una più vasta complementarietà, un più vasto mercato e in definitiva u n ’or­ ganizzazione produttiva con la quale si realizza, col minimo costo, il massimo di indipendenza dall’estero, con beneficio di tu tti i paesi consociati — rappre­ senta un corollario dell’autarchia. La collaborazione tra i paesi compresi nello stesso spazio economico deve svolgersi coi metodi e le forme della politica economica programmata. E quindi i piani di lavoro pluriennali intesi a poten­ ziare al massimo le specifiche capacità di lavoro dei singoli paesi; scambi regolati dei rispettivi prodotti a prezzi prestabiliti, sulla base della reciproca convenienza42. Affiorava, nelle rivendicazioni all’affermazione di una egemonia ita­ liana in una propria specifica area, anche la preoccupazione che l’Italia 40 In questo senso interveniva Carlo E. F erri, Il concetto economico di spazio vitale in relazione all’economia mediterranea, in L'Economia italiana, gennaio 1942, pp. 20-29. In realtà le dichiarazioni di Funk erano state assai più generiche e assai meno impe­ gnative di quanto non ritenessero gli scrittori fascisti; si v. il testo del discorso di Funk all’Università di Roma del 20 ottobre 1941 ne L'Economia fascista, ottobre 1941, pp. I-XII. 41 A lberto P irelli, Intorno al problema dei grandi spazi economici, in Storia e politica internazionale, 30 giugno 1941, pp. 225-238. Interessanti nello scritto del Pi­ relli erano comunque le evidenti preoccupazioni per la sorte della lira e per i pericoli che nel quadro dei grandi spazi correva l’autonomia politica degli Stati minori; si direbbe che esso esprimeva la consapevolezza dell’asprezza dello scontro di interessi tra i due imperialismi fascisti. 42 F elice G uarneri, Autarchia e scambi internazionali, in Storia e politica internazio­ nale, 30 giugno 1941, pp. 239-257. 68 Enzo Collotti fosse ridotta a una condizione puramente subalterna, di paese agricolo, nei confronti del Reich. In questo senso, e non soltanto come semplice affermazione del ruolo dell’Italia come paese industriale, ci pare di po­ tere intendere le ripetute allusioni che ricorrono in proposito nella pub­ blicistica fascista; si tratti dell’affermazione circa « l’antieconomicità di una concezione che volesse comunque pensare di ridurre al minimo l’industrializzazione delle zone mediterranee ed in modo speciale del­ l’Italia » 43 o della polemica contro l’eventuale ipotesi « che la funzione riservata all’Italia, nel futuro riassetto europeo, si esaurisca entro gli angusti limiti della ruralità » 44. Sono spunti, nulla più che spunti, che tuttavia vannno segnalati in quanto denotano come all’interno dello schieramento dell’Asse si manifestassero contraddizioni e contrasti di non lieve momento, destinati a raggiungere la tensione di veri e propri con­ flitti di interesse. Naturalmente la difesa che l’economia italiana, e in par­ ticolare i gruppi industriali, facevano dei propri interessi e delle proprie prospettive di espansione nei confronti delle pressioni e dell’espansione tedesche non implicava che l’Italia non adottasse, nei confronti dei terri­ tori destinati a subire la sua influenza, la stessa forma di espansione im­ perialistica che essa tentava di arginare nell’area di sua spettanza, come vedremo meglio fra breve. Ma intanto proprio il caso della Bulgaria offriva l’occasione di anti­ cipare il discorso sulla presenza italiana, con allusione evidente al pe­ ricolo che dove non arrivasse la penetrazione italiana si sarebbe inse­ diata quella tedesca. Traendo lo spunto dalle iniziative per potenziare le risorse della Bulgaria, uno dei più attivi commentatori di questi problemi, scriveva: ... È indispensabile che da parte nostra si seguano anche questi aspetti della vita economica bulgara, poiché è evidente che i « complessi economici », dei quali tanto si parla in questo momento, più che da divisioni geografiche e simili saranno determinati dall’attività commerciale degli uomini che sa­ pranno far convergere gli interessi economici di un determinato territorio piuttosto verso un paese che verso un altro. Occorre, quindi, che anche noi s’incominci a gettare le basi del « complesso economico » che dovrà far capo a Roma, anche se non sono ancora del tutto prevedibili le situazioni che verranno determinandosi nei traffici internazionali4S. Terzo. È interessante notare come gli stessi ambienti che si preoccu­ pavano di arginare l’influenza tedesca e di garantire la presenza italiana non erano tuttavia in grado di offrire un modello di inserimento 43 44 C. E. F erri, a rt. c it., p. 29. Secondo i timori espressi da G iacomo O txello, S p a z i e c o n o m ic i, s c a m b i e co lla ­ b o r a z io n e , in L 'E c o n o m ia ita lia n a , luglio-agosto 1942, pp. 321-330. 43 A ntonio G iordano, G l i s v ilu p p i d e l c o m m e r c io e s te r o d e ll’U n g h e r ia e d e lla B u l­ g a ria , in R iv is ta d i p o litic a e c o n o m ic a , gennaio 1941, p. 65. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 69 di questi paesi sostanzialmente diversi da quello proposto dal Terzo Reich: in tal caso per essi si sarebbe trattato soltanto di sostituire lo Stato guida della sfera nel quale venivano a rientrare, ma il tipo di rap­ porto tra essi e lo Stato guida sarebbe rimasto fondamentalmente analogo, ossia costruito in funzione delle esigenze industriali dello Stato egemone. La prospettiva di questi paesi, si legge infatti, il loro contributo « dovrà appoggiarsi soprattutto sul rifornimento di prodotti agricoli dei paesi in­ dustriali e sulla valorizzazione di tale produzione ai fini industriali » dello Stato guida. L’esigenza di asservire questi paesi prevalentemente agri­ coli all’economia italiana ancora allo stadio agrario-industriale senza cor­ rere il rischio di una concorrenza ai danni dell’Italia era enunciata a tut­ te lettere: ... la questione (del contributo di questi paesi) va studiata particolar­ mente da noi in quantochè si tratta di paesi che dovranno essere inquadrati nello spazio vitale mediterraneo, cioè in quel mercato che dovrà far capo allTtalia che occupa il primo posto tra i paesi del Mediterraneo, per quanto riguarda l’agricoltura, e che sarebbe contrario allo stesso spirito del nuovo ordine economico europeo se si dovesse determinare nell’Europa sudorientale una produzione agricola in concorrenza con la produzione agricola italiana od anche di altri paesi mediterranei...46. Il rapporto con i paesi balcanici era visto quindi unicamente in fun­ zione della loro integrazione rispetto alle esigenze dell’economia italiana, come risulta da quest’altra esplicita citazione: ...Sembra pertanto chiaro che i territori balcanici, nei confronti col grande spazio economico mediterraneo avranno ad un tempo un duplice compito: in primo luogo quello di integrare l’economia italiana con il rifornimento di materie prime indispensabili; successivamente quello di assorbire parte delle nostre eccedenze di prodotti industriali. Funzioneranno, cioè, come spazio vitale, per l’Italia, e come spazio economico sia per la grande economia mediterranea che per lo spazio economico continentale47. 3. L’appoggio dell’Italia alle rivendicazioni della Bulgaria. L ’adesione al Patto Tripartito. L’accostamento della Bulgaria all’Asse Roma-Berlino e successiva­ mente al Patto Tripartito non fu senza contrasti. Non solo vi erano cor­ renti e spinte divergenti all’interno della politica bulgara, quelle stesse spinte che avrebbero indotto il governo di Sofia a non impegnarsi di­ 46 Come scriveva ancora A ntonio G iordano, L'economia bulgara ed il suo rapporto nella sistemazione dell'economia dei paesi dell'Europa sudorientale, in Rivista di poli­ tica economica, aprile 1941, pp. 338-341. 47 G iacomo O tello , art. cit., p. 322. 70 Enzo Collotti rettamente sul terreno militare nella guerra contro l’Unione Sovietica, ma anche il prevalente orientamento in favore dell’Asse era condizio­ nato dal soddisfacimento delle rivendicazioni bulgare. La Bulgaria, era stato affermato ripetutamente, guardava con simpatia all’Italia perché aveva lanciato la parola d’ordine della revisione dei trattati. Non poteva perciò meravigliare, come comunicava al ministro degli Esteri Ciano sin dal 3 giugno 1939 il ministro a Sofia Talamo, che il presidente del Consiglio bulgaro chiedesse l’intervento dell’Italia e della Germania nei confronti della Romania per ottenere la cessione della Dobrugia come « condizione adesione bulgara sistema stesso » dell’Asse48. In quella fase l’iniziativa decisa dell’Asse nel senso desiderato dal governo di Sofia era ancora prematura: prematura perché non era stata ancora perfezio­ nata la soggezione della Romania alla Germania, che avrebbe dovuto fare le spese delle rivendicazioni ungheresi e bulgare; e prematura anche perché incerto era ancora lo stesso sviluppo dei rapporti con l’Ungheria, che dal punto di vista strategico rappresentava la saldatura decisiva dello schieramento dell’Asse dalla Slovacchia al mar Nero. Era già chiaro tuttavia, ad onta del tentativo di rimanere estranea al conflitto, del tentativo di lasciare aperte le relazioni con l’Unione Sovietica in omaggio alle persistenti pressioni di solidarietà panslava all’interno del paese e persino delle voci di una possibile riconcilia­ zione con l’Intesa balcanica che rientravano nel novero delle pressioni eser­ citate sulle potenze dell’Asse per ottenere un pronunciamento in suo favore, che la Bulgaria si orientava fondamentalmente a favore dello schieramento dell’Asse. Oscillando tra la neutralità e la non belligeran­ za, con posizione per certi versi analoga a quella assunta dallTtalia all’inizio del secondo conflitto mondiale, la Bulgaria perseguiva unica­ mente l’obiettivo delle sue rivendicazioni49. Che in questa prospettiva essa facesse affidamento principalmente sull’Italia pare indubbio; i Docu­ menti diplomatici italiani registrano numerosi indizi in questo senso, non ultimo il messaggio di Boris III a Vittorio Emanuele III del 10 dicem­ bre 1939 contenente la richiesta di informazioni sull’atteggiamento del­ l ’Italia nei confronti dei problemi balcanici e implicitamente di suggeri­ menti alla politica bulgara 50. Nel corso del 1940, tuttavia, proprio il profilarsi di possibilità con­ 48 Documenti Diplomatici Italiani (in seguito DDI), serie V ili, vol. XII, n. 100; ma già il giorno prima (ivi, n. 97) il min. Talamo aveva sottolineato la disponibilità del governo bulgaro a scelte diverse dall’adesione all’Asse, riferendo che, secondo dichiarazioni rilasciate dal presidente del Consiglio alla stampa francese, la Bulgaria « avrebbe potuto, o potrebbe ancora?, partecipare ad un sistema balcanico qualora vi fossero da parte dei suoi vicini, anzi più particolarmente della Romania, una concreta volontà di dare soddisfazione alle aspirazioni bulgare, segnatamente quelle verso la Dobrugia... ». 49 Su ciò E. C ollotti, op. c i t . , pp. 51-55. 50 DDI, serie IX, vol. I I , n. 547. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 71 crete per il soddisfacimento delle sue rivendicazioni mise in crisi il ten­ tativo della Bulgaria di trarre vantaggi dall’appoggio delle potenze del­ l’Asse senza legarsi irrevocabilmente ad esse. La cessione della Bessara­ bia all’Unione Sovietica, cui la Romania acconsentì anche per le pres­ sioni della Germania e dell’Italia, l’arbitrato di Vienna in favore all’Un­ gheria, indussero la Bulgaria a riproporre in maniera decisiva la questione della Dobrugia ormai come conditio sino qua non per il suo allineamento alle potenze dell’Asse. L’atteggiamento della Bulgaria si faceva sempre più minaccioso: il 29 giugno re Boris comunicava al ministro Magistrati, di fronte ai ripetuti inviti delle potenze dell’Asse ad evitare un conflitto nei Balcani, che la Bulgaria non avrebbe attaccato la Romania, confidando tuttavia che le potenze dell’Asse stabilissero uno stretto nesso tra la con­ troversia ungaro-romena e la questione della Dobrugia51. Di fronte alle riluttanze dell’Asse ad impegnarsi anche nella contro­ versia bulgaro-romena, il governo di Sofia giocò con indubbia abilità: non fece appello ad un arbitrato diretto, salvo a proporre questa via in un secondo momento, ma chiese l’intervento dell’Asse per indurre il governo romeno a trattare direttamente con la Bulgaria52. Mossa abile, al­ la quale difficilmente le potenze dell’Asse potevano sottrarsi ed infatti non vi si sottrassero. In particolare, la lettera inviata a re Carol di Romania da Hitler il 15 luglio 1940 ebbe un effetto risolutivo 53. Il 27 luglio 1940 la visita del presidente del consiglio Filov e del ministro degli esteri Popov a Hitler ebbe a sottolineare il carattere decisivo che essi annet­ tevano all’intervento tedesco54. L’iniziativa italiana, estrinsecatasi con le pressioni di Ciano sulla Romania per lo sgombero della Dobrugia, fu di puro rimorchio rispetto a quella tedesca55. Il successo conseguito dalla Bulgaria costringendo la Romania a cedere la Dobrugia dal punto di vista politico generale fu soltanto apparente. Da una parte la Bulgaria si sentì incoraggiata e autorizzata a porre sul tap­ peto le altre sue rivendicazioni: per prima cosa lo sbocco all’Egeo56, dall’altra però era stretta in maniera sempre più ferrea dal legame che le veniva imposto dalle potenze dell’Asse. L’apparente autonomia della politica bulgara, l’apparente « revisionismo pacifico » esaltato dalla pro­ 51 DDI, serie IX, vol. V, n. 138. 52 DDI, serie IX, vol. V, n. 251, dispaccio di Magistrati a Ciano del 15 luglio 1940, che riferisce intorno a un colloquio con il ministro degli esteri Popov. 53 Testo in Documents on German Foreign Policy, serie D, vol. X, n. 174. 54 Come risulta dal resoconto già citato in Staatsmànner und Diplomaten bei Hitler, cit., pp. 181 sgg. 55 E. Collotti, op. cit., p. 54. 56 Magistrati riferiva a Ciano il 9 settembre 1940 l’impressione secondo la quale « il prossimo numero del programma bulgaro di reintegrazione dei territori perduti è la costa dell’Egeo e come, per ciò ottenere, molto e particolarmente si conti... sul nostro paese »: DDI, serie IX, vol. V, n. 572. 72 Enzo Collotti paganda bulgara5758, erano pagati con il riconoscimento sempre più espli­ cito e sempre più pesante del ruolo di guida delle potenze dell’Asse. Accecata dal revisionismo e dalle sue ambizioni di piccola potenza im­ perialistica, la Bulgaria non si accorgeva che la minaccia reale per l’aunotomia della sua politica proveniva proprio da quelle potenze dell’Asse cui essa aveva confidato la realizzazione delle sue ambizioni territoriali. « Ma se la Bulgaria si sente affratellata allo spirito che domina questa guerra per la giustizia europea; ciò è anche perché le forze armate del­ l’Asse che ne sono l’esponente non mirano ad una nuova divisione arbi­ traria dell’Europa ma mirano alla revisione dell’arbitrario commesso venti anni or sono alla conferenza della pace » 5S. Questi e altri analoghi ac­ centi della propaganda bulgara, sempre più lanciata nell’inneggiamento alle potenze dell’Asse, coprivano una realtà notevolmente diversa. La Bulgaria era ormai oggetto di contesa all’interno dell’area domi­ nata dall’Asse; l’Italia aveva cercato di assicurarsene l’appoggio nella guer­ ra contro la Grecia, ma era riuscita soltanto ad ottenere una garanzia di astensione dal conflitto che la Bulgaria presentava tuttavia sotto volto favorevole all’Italia, in quanto si sarebbe preoccupata di tenere incatenati alla frontiera greco-bulgara contingenti dell’esercito greco distraendoli così dall’impiego contro l’Italia59. Ben più scoperto e impegnativo era il gioco del Reich nazista: le pressioni sulla Bulgaria, che avevano tratto pretesto proprio dall’intervento dell’Asse invocato da Sofia contro la Romania, erano destinate ad assumere un ritmo ben più travolgente dopo la conclusione del Patto Tripartito tra Germania, Italia e Giappone, firmato il 27 settembre 1940. Per qualche tempo la tattica bulgara di astenersi dal prendere aper­ tamente parte per le potenze dell’Asse dovette essere sostenuta dalla convinzione che in seguito al patto tedesco-sovietico del 23 agosto 1939 si fosse giunti nei Balcani ad una divisione delle sfere di influenza tra il Reich e l’Unione Sovietica: di qui la cura del governo di Sofia di sottolineare la necessità che ogni sistemazione nei Balcani fosse frutto dell’accordo tra le potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica60. La sollecitu­ dine con la quale le potenze dell’Asse indussero la Romania ad aderire alla richiesta sovietica per la cessione della Bessarabia potrebbe avere contribuito a rafforzare nel governo bulgaro tale convincimento. In realtà la situazione era molto diversa. Il presidente del consiglio Filov dovette rendersene conto nell’incontro con Hitler del 27 luglio 1940. In tale 57 Art. Rasserenamento balcanico, in Vita bulgara, a. 1, n. 1, 10 agosto 1940. 58 Art. Rigenerazione dell'Europa, in Vita bulgara, a. 1, n. 5, 5 settembre 1940, p. 1. 59 Lettera di re Boris a Mussolini del 18 ottobre 1940, in DDI, serie IX, vol. V, n. 746, in risposta al messaggio di Mussolini del 16 ottobre, ivi, n. 738. 60 In questo senso Magistrati riferiva a Ciano in data 1 agosto 1940, DDI, serie IX, vol. V, n. 342. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 73 occasione alla controparte tedesca fu esplicitamente richiesto se la Bul­ garia rientrasse nella sfera degli interessi sovietici e la risposta fornita da Hitler fu altrettanto se non ancora più esplicita: Hitler non solo ne­ gò che per i Balcani fosse stata convenuta una delimitazione di inte­ ressi con 1’Unione Sovietica, ma già in precedenza aveva detto a chia­ re lettere che la Bulgaria rientrava, insieme all’Ungheria e alla Ro­ mania, nell’area economica tedesca. Unitamente all’appoggio e alle rivendicazioni territoriali e alla promessa, non ancora in termini im­ pegnativi ma tale comunque da dare adito ad affidamento, di sod­ disfare le forniture di armi richieste dalla Bulgaria, furono questi gli argomenti decisivi che il Reich sfruttò per ottenere l’allineamento di massima della Bulgaria e l’accettazione della guida dell’Asse nell’ambito del sudest europeo61. Non sappiamo se a questo punto si sia fatta strada nella politica del governo bulgaro l’ipotesi di controbilanciare la pressione tedesca facendo capo all’appoggio dell’Italia. Le resistenze opposte alla firma immediata del Patto Tripartito e alcune avances all’indirizzo dell’Italia sembrerebbero autorizzare un’ipotesi del genere, ma allo stadio attuale della documentazione non è possibile convalidare con certezza una si­ mile prospettiva. Il fatto che all’inizio di agosto del 1940 il governo bulgaro promovesse l’uscita a Sofia di un settimanale in lingua italiana intitolato Vita bulgara destinato ad agevolare lo scambio di infor­ mazioni, soprattutto sui rapporti commerciali e culturali tra i due paesi, e a rappresentare un legame propagandistico con l’Italia potrebbe avere un suo significato in questa prospettiva, ma potrebbe anche esprimere solo lo scopo di propagandare in Italia le rivendicazioni bulgare. Sin dal primo numero del giornale è chiaro l’intento di far leva sul legame per­ sonale con la casa reale italiana62, di divulgare tra il pubblico di lingua italiana le motivazioni nazionali delle rivendicazioni territoriali bulgare6364, di esaltare l’esempio del regime mussoliniano in ItaliaM, di dare il massimo risalto agli scambi e agli incontri politici con l’Italia in quei mesi in cui la Bulgaria ricevette la visita di due ministri fascisti, Bottai e Pavolini65. Ma, ripetiamo, si tratta di indizi che avrebbero bisogno della convalida di una più solida documentazione. Maggiore attenzione vale la pena perciò di dedicare alle vicende Resoconto citato in Staatsm'ànner und Diplomaten bei Hitler, cit. 62 Art. Vincoli augusti, in Vita bulgara, a. 1, n. 1, 10 agosto 1940; Elena di Savoia, in Vita bulgara, n. 3, 22 agosto 1940; La nostra amata regina, ivi, n. 13, 31 ottobre 1940. 63 Si tratta di un motivo costante del giornale, al punto di rendere superflua qual­ siasi citazione. 64 C ostantin Solarov, L ‘esempio dell’Italia, in Vita bulgara, a. 1, n. 4, 29 agosto 1940, p. 1; e nello stesso numero di Vita bulgara anche (p. 2) Il piano quadriennale del ministro Bagrianov, che richiama l’esempio delle realizzazioni agricole fasciste. 65 Così in Vita bulgara, a. 1, n. 7, 19 settembre 1940 Le due amiche, sulla visita di Pavolini. 61 74 Enzo Collotti dell’adesione della Bulgaria al Patto Tripartito. Tra i paesi del settore danubiano-balcanico la Bulgaria fu la penultima ad aderirvi, il 1° mar­ zo 1941, seguita solo dalla Jugoslavia, mentre l’Ungheria vi aveva ade­ rito sin dal 20 novembre, la Romania sin dal 23 novembre e la Slo­ vacchia dal 24 novembre 1940. La Germania aveva invitato quasi con­ temporaneamente questi diversi paesi ad aderire al Patto Tripartito: il 18 ottobre 1940, rispondendo alla comunicazione del ministro Magi­ strati che rendeva noto l’invito tedesco a Sofia, Ciano sollecitava a sua volta il rappresentante diplomatico italiano ad appoggiare l’azione tedesca66. Non risulta che l’Italia abbia svolto in questo senso una ini­ ziativa di primo piano; fra l’altro l’invito tedesco si incrociò con l’azione che il governo e la diplomazia fascisti stavano sviluppando per l’aggres­ sione alla Grecia: non più tardi infatti del 16 ottobre, come abbiamo già ricordato, Mussolini aveva chiesto la complicità di re Boris nell’ag­ gressione alla Grecia promettendogli in cambio lo sbocco sul mare Egeo. La richiesta tedesca e le sollecitazioni italiane non provocarono en­ tusiasmi a Sofia. Si incominciava a vedere l’erosione della tattica tem­ poreggiatrice della Bulgaria e si cercava di dilazionare una decisione definitiva, per il timore di alienarsi definitivamente l’Unione Sovietica e per l’incertezza della stessa situazione balcanica, data l’imprevedibilità dell’atteggiamento della Turchia, che era collegato a quello dell’Inghil­ terra, e degli sviluppi anche diplomatici dell’azione italiana contro la Grecia. Le titubanze della Bulgaria furono manifestate ben presto: sin dal 19 ottobre, nonostante gli allettamenti offerti dalla prospettiva dello sboc­ co all’Egeo, re Boris aveva assunto la « non belligeranza » a regola di condotta nei confronti dell’azione italiana in Grecia; prometteva il suo aiuto economico e l’allineamento all’Asse, nel cui ambito preferiva però appoggiarsi all’Italia piuttosto che alla Germania67. Le « reazioni altrui » tornarono al centro delle preoccupazioni bulgare il giorno dopo, non appena fu conosciuto l’invito tedesco ad aderire al Tripartito; la Bul­ garia cioè non si sentiva sicura e sufficientemente protetta dallo schie­ ramento dell’Asse, con evidente allusione al fianco scoperto nei con­ fronti della Turchia. Spettò al ministro italiano trarre in termini ricatta­ tori le conseguenze dal comportamento sino allora tenuto dalla Bulgaria e dal profitto che essa aveva ricevuto dall’appoggio delle potenze del­ l’Asse. Come riferì a Ciano, Magistrati aveva opposto alle argomentazioni bulgare questo discorso: ... il Tripartito rappresenta oggi nel Mondo l’« ordine nuovo ». Chi vi è dentro, in qualità di associato « fondatore » avrà pieno diritto... ad assumere 66 DDI, serie IX, vol. V, nn. 742-745. 67 Come riferiva a Ciano l’Anfuso che era stato inviato in missione speciale presso re Boris il 19 ottobre 1940, DDI, serie IX, vol. V, n. 754. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 75 la sua parte e la sua responsabilità nella organizzazione della nuova Europa. Gli altri che, per timore o impotenza, non avranno voluto prendere a tempo opportuno il loro posto, rischieranno di rimanere fuori della porta... Non è stato forse l’acquisto della Dobrugia la prova che tale « Ordine Nuovo » è ad essa estremamente vantaggioso?...68. Tuttavia queste considerazioni non furono sufficienti a sciogliere le reticenze bulgare. Hitler non mancò di addossare alla temeraria impresa italiana contro la Grecia e all’ulteriore stato di incertezza nel quale essa gettò i Balcani il rafforzamento delle esitazioni bulgare. Tra le conseguenze psicologiche negative dell’infelice manovra italiana, scrivendo a Mus­ solini il 20 novembre, egli annoverò espressamente le persistenti esita­ zioni della Bulgaria ad impegnarsi a fianco dell’alleanza nazifascista: « La Bulgaria che veramente manifestava già poca voglia di aderire al Tripartito è ora completamente aliena dal prendere soltanto in con­ siderazione un simile passo » 69. Hitler esagerava certamente, forse con deliberato calcolo, per fare ulteriormente pesare a Mussolini il prezzo dell’intervento tedesco nei Balcani. Restava però il fatto che, nel momento in cui si profilava per la primavera del 1941 l’intervento della W eh rm a ch t attraverso la Roma­ nia in direzione della Grecia, l’adesione della Bulgaria al Tripartito non era più soltanto un fatto di generico significato politico ma diven­ tava una necessità militare assoluta; necessità che d’altronde esisteva, anche indipendentemente dalla progettata operazione « Marita », ai fini stessi della difesa dei pozzi petroliferi romeni70. I colloqui che Hitler ebbe tra il novembre e dicembre del 1940 con l’inviato bulgaro Draganov illustrano bene la manovra dilazionatrice condotta dal governo bulgaro e d’altronde la decisione tedesca di forzare gli indugi. Il 23 novembre Draganov era anzitutto incaricato di dissipare le eventuali preoccupa­ zioni del R eich e di assicurare che le dilazioni della Bulgaria non signi­ ficavano in alcun modo che essa avesse modificato la sua linea politica. Ciò premesso, egli enumerava le tre principali ragioni che avevano suggerito la dilazione: anzitutto l’offerta di garanzia rivolta alla Bulgaria dalla Russia (che risaliva alla seconda metà di novembre); in secondo luogo il problema delle forniture tedesche alla Bulgaria; in terzo luogo la persistenza del patto balcanico tra Turchia, Grecia e Jugoslavia che fa­ ceva prospettare la minaccia di un fronte sul confine meridionale bulgaro e il timore che la Russia potesse usare la Turchia come pedina contro la Bulgaria. Hitler ebbe buon gioco nello smontare uno per uno i punti avanzati dal rappresentante bulgaro, riconducendo tutto il discorso a uno dei le itm o tiv e della propaganda e della diplomazia nazista: nessun pro­ 68 Magistrati a Ciano il 20 ottobre 1940, DDI, serie IX, vol. V, n. 757. 69 70 H itler e M ussolin i , Lettere e documenti, Milano, 1946, p. 72. P h . W. F abry, op. cit., pp. 84 sgg. 76 Enzo Collotti blema si sarebbe posto se la Bulgaria avesse sin dall’inizio aderito al Patto Tripartito, che l’avrebbe di per sé coperta di ogni garanzia. Sui punti specifici presentati da Draganov Hitler oppose: 1) per la garanzia russa aveva già stornato i russi da questo discorso, allegan­ do che doveva parlarne prima con i suoi alleati « essendo l’interesse politico della Germania sui Balcani minore di quello italiano»!!); 2) sorvolando le obiezioni bulgare, secondo le quali le forniture militari tedesche se prima dell’adesione al Patto Tripartito potevano apparire normali dopo l’adesione avrebbero insospettito Russia e Turchia, Hitler, che in precedenza aveva promesso ma non consegnato le forniture ven­ tilate, si dichiarò pronto a concedere armamenti e quante mine la Bul­ garia avesse voluto per il Mar Nero; 3) infine ridicolizzò la minaccia della Turchia: secondo Hitler i turchi « sapevano benissimo che sarebbe bastato un gesto poco accorto da parte loro e Costantinopoli avrebbe ap­ partenuto al passato (sei gewesen). La città, priva di difesa, sarebbe stata distrutta di colpo; proprio come era accaduto a Coventry e Bir­ mingham... ». Neppure il richiamo di Draganov alla necessità che la Bulgaria avesse riguardo alle forti simpatie in essa esistenti per la Russia smontarono Hitler, il quale minimizzando l’eventualità di un in­ tervento sovietico si lasciò andare a pericolose illazioni: l’armata rossa sarebbe stata liquidata in tre mesi (!). La conclusione di Draganov che la Bulgaria aveva bisogno ancora di tempo per decidere fu raccolta da Hitler con insolita benevolenza, segno di quanto fosse importante per la Germania la posizione bulgara, e non senza una forte punta polemica nei confronti dell’Italia: « il Fiirer dice che la Bulgaria riceverà questo tempo, perché egli non farebbe le cose a metà come gli italiani ». Dra­ ganov ebbe comunque buon gioco a ricordare che la Bulgaria aveva ap­ pena accordato l’ingresso nel paese a 300 tedeschi incaricati di stabilire 15 stazioni di osservazione aerea sul suo territorio e ribadì le rivendi­ cazioni territoriali (Tracia occidentale e Macedonia sudorientale) in­ contrando larghe promesse da parte di H itler71. Nel secondo colloquio con Draganov del 3 dicembre 1940, si ha l’impressione che di fronte alle obiezioni bulgare, che erano sempre le stesse: il timore di reazioni da parte della Turchia e della Russia, Hitler partisse all’offensiva, ingigantendo il pericolo del bolscevismo e prospettando un futuro a fosche tinte se la Bulgaria non avesse aderito al Tripartito. Hitler cioè non smentiva più il pericolo di un intervento russo, ma cogliendo il lato debole, dal punto di vista psicologico, del­ l’interlocutore illustrava gli aspetti negativi di una eventuale garanzia russa — avrebbe trasformato i Balcani in un « deserto bolscevizzato » — 71 Resoconto del colloquio in Staatsmànner und Diplomaten bei Hitler, cit., pp362-369. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 77 laddove gli interessi economici tedeschi li avrebbe rivitalizzati. La con­ clusione di Hitler era sempre la stessa: l’errore psicologico e tattico della Bulgaria era di non aver aderito subito al Patto Tripartito; di fronte a una simile decisione, come nel caso della Romania, la Russia si sarebbe tirata indietro, poiché nessuno avrebbe osato prendere ini­ ziative contro una garanzia tedesca, ossia contro la più potente armata del mondo, nei Balcani. E passando dal tono suadente a quello più minaccioso concluse che « se fosse scoppiata (nei Balcani) una crisi, senza che la Bulgaria avesse assunto una chiara presa di posizione, vi sarebbe stata l’esplosione del bolscevismo ». In questo colloquio per ben tre volte Hitler ripetette che l’adesione al Tripartito sarebbe stata l’unica possibilità per la Bulgaria di risolvere i suoi problemi72. Ciononostante, le esitazioni della Bulgaria non erano venute meno, tanto più che Hitler non poteva onorare immediatamente le sue pro­ messe. Tra l’altro, poiché la diplomazia dell’Asse stava ancora trattando l’adesione della Jugoslavia al Tripartito, che avrebbe annullato anche il pericolo di una mossa jugoslava contro la Bulgaria, era chiaro che non era possibile sollevare in termini immediati la questione macedone. Ma i tempi stringevano e mentre Hitler faceva condurre dagli alti comandi militari le trattative per i dettagli tecnici del passaggio della W e h r m a c b t a sud del Danubio73, non cessavano le pressioni sul terreno diplomatico. « La Bulgaria si sarebbe tanto prima liberata di ogni pericolo, quanto prima avesse aderito al Patto Tripartito »: fu questa la risposta di Hitler all’ennesimo richiamo da parte bulgara all’eventualità di iniziative ag­ gressive della Russia o della Turchia formulate dal presidente del con­ siglio Filov all’Obersalzberg il 4 gennaio 1941. Il Patto Tripartito come copertura di ogni rischio, la Germania come « partner commerciale ideale » in quanto disposta ad assorbire le « eccedenze delle esportazioni dell’Europa sudorientale », la garanzia contro il pericolo bolscevico: que­ ste erano le ultime parole di H itler7475. La Bulgaria non ottenne precise garanzie per le sue richieste territoriali, ma assicurazioni sufficientemente tranquillanti almeno per lo sbocco all’Egeo 1\ Il 1 marzo 1941 il presidente del consiglio Filov, dopo essersi co­ perto le spalle con la dichiarazione comune con la Turchia del 17 feb­ braio, firmava a Vienna il protocollo di adesione al Patto Tripartito. La Bulgaria era finita così prigioniera delle sue stesse rivendicazioni. Aveva aderito al Tripartito quando era apparso assolutamente chiaro 72 I b i d ., pp. 382-390. P h . W . F abry, o p . c it., pp. 139 sgg. 74 Cfr. S ta a ts m a n n e r u n d D ip lo m a te n b e i H itle r , cit., pp. 415-425. 75 P h . W . F abry, o p . c it., p. 103. Nello stesso senso anche in P. P astorelli, L ’e s te n ­ s io n e d e l c o n f litto (g iu g n o -d ic e m b r e 1 9 4 1 ) , Milano 1967, pp. 329-330, il quale cita 73 dall’Archivio del ministero degli Esteri una lettera di Ciano a Filov del 1 marzo 1941 contenente la promessa di sbocco sull’Egeo. 78 Enzo Collotti che se voleva realizzare le sue ambizioni territoriali doveva accettare le condizioni degli arbitri del Nuovo Ordine Europeo. E vi aveva ade­ rito probabilmente anche all’approssimarsi della scadenza della campa­ gna militare della Wehrmacht contro la Grecia: si può pensare che aderendo al Tripartito abbia voluto scongiurare l’ipotesi di subire l’oc­ cupazione militare della AWehrmacht, illudendosi di averla alleata. Fatto si è che la propaganda bulgara, che ancora a metà febbraio smentiva l’entrata di forze tedesche in Bulgaria e l’occupazione di aeroporti76, a distanza di quindici giorni annunciava l’autorizzazione del governo bul­ garo all’ingresso delle truppe tedesche. Alla Camera il presidente del Consiglio Filov annunciava che la presenza dei tedeschi « non modifica la politica pacifica della Bulgaria » 77. I commenti italiani alla adesione della Bulgaria al Patto Tripartito confermano in quale misura prevalesse ormai nell’azione dell’Italia una linea puramente propagandistica, come vero surrogato di una inizia­ tiva politica inesistente o irrealizzabile. Nell’adesione della Bulgaria al Tripartito tutto si voleva vedere tranne quello che era l’effettivo risul­ tato dell’allineamento bulgaro nel contesto determinato dalle pressioni e dalle iniziative tedesche, ossia sostanzialmente l’ulteriore dislocazione dell’equilibrio nell’area balcanica sotto l’influenza diretta della Germa­ nia. Verso l’esterno l’unica preoccupazione era quella di mettere in ri­ lievo come l’allineamento al Tripartito avesse segnato il trionfo sulle tendenze contrarie all’Asse all’interno della stessa Bulgaria e soprattutto la sconfitta degli intrighi dell’Inghilterra nel settore balcanico e la pre­ venzione delle minacce dell’Unione Sovietica78. Certo, l’interpretazione più retorica e più inutile anche propagandisticamente fu quella del mi­ nistro italiano a Sofia Magistrati, le cui sortite pubbliche avrebbero squalificato, per il numero di sciocchezze che riuscivano a cumulare, qualsiasi governo e qualsiasi regime (« Il Patto Tripartito era il Patta della Giovinezza »... ) 79. La soddisfazione per l’eliminazione degli intrighi inglesi nei Balcani serviva così a mascherare la vera perdita di terreno politico che l’Italia, subiva ancora una volta nell’ambito della stessa alleanza dell’Asse, poiché il vuoto creato dalla fine dell’influenza inglese non era occupato dall’Italia ma dava luogo alla ben più minacciosa e corposa penetra76 Cfr. in Vita bulgara, a. 1, n. 28, 13 febbraio 1941, p. 1, smentita dell’agenzia telegrafica bulgara. 77 Dal discorso di Filov, in Vita bulgara, a. 1, n. 31, 6 marzo 1941. 78 Si v. il commento Adesione della Bulgaria al patto tripartito in Storia e politica internazionale, 31 marzo 1941, pp. 147-149 e L.C., La Bulgaria dall’adesione al Tripar­ tito alla visita di Filov e Popov a Roma, in Relazioni Internazionali del 26 luglio 1941, p. 972. 79 M assimo M agistrati, L’Italia, la Bulgaria e il Patto della Giovinezza, in Vita bulgara, a. 2, n. 67, 13 novembre 1941, p. 1. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 79 zione tedesca. Di tutto questo naturalmente nella propaganda fascista non si trova traccia, laddove continuò a sussistere — e se ne intravede l’eco ripetutamente — una sorta di permanente diffidenza nei confronti della Bulgaria, soprattutto di fronte all’astensione di quest’ultima dalla partecipazione militare diretta alla guerra contro l’Unione Sovietica. Si accavallarono allora il risentimento per un paese alleato che preten­ deva di rimanere risparmiato dai sacrifici diretti della guerra, della quale aveva pure largamente profittato, e le incertezze sulla solidità dello schieramento interno favorevole alle potenze dell’Asse: incertezze che sembravano venir riscattate unicamente dalla possibilità propagandistica che si offriva alle potenze dell’Asse di mettere in vetrina la Bulgaria quale « il solo paese slavo che, senza avere una continuità territoriale con l’Italia e la Germania, né particolari vincoli con le due Grandi potenze, è entrato a far fronte del nuovo schieramento europeo contro le potenze anglosassoni » 80 e dalla decisione della repressione antibol­ scevica e anticomunista con la quale il governo filonazista di Filov pro­ cedette ripetutamente, irrigidendo il carattere di dittatura reazionaria del paese, esemplato sul modello delle due potenze dell’Asse. Ma anche sotto questo profilo, nonostante la pubblicità che la propaganda diede al nuovo ordinamento professionale bulgaro per convalidare la sua filia­ zione del corporativismo fascista e la validità della lezione del fascismo italiano8182, non c’è dubbio che l’ispirazione predominante proveniva dal Reich nazista; in questo senso il culmine dell’influenza tedesca si ma­ nifestò con l’estensione anche alla Bulgaria della persecuzione antiebraica. L’atteggiamento verso la questione ebraica fu considerato il banco di prova della fedeltà ai principi del Nuovo Ordine Europeo, la legislazione razziale tedesca il modello al quale conformare la stessa legislazione bulgara 83. 4. Gli interessi dell’Italia e l’illusione di mantenere la Bulgaria nella sfera dell’influenza italiana. Il peso della Bulgaria negli interessi strategici ed economici, del re­ sto indissociabili, dell’Italia si era accresciuto già prima dello scoppio 80 L.C., La Bulgaria e le potenze dell'Asse, in Relazioni Internazionali, 10 ottobre 1942, p. 1114. 81 Cfr. Simeon B oginov, L ’organizzazione professionale in Bulgaria, in Vita bulgara, nn. del 27 agosto e 3 settembre 1942. 82 In particolare D imitar A ndreev, La questione ebraica, in Vita bulgara, a. 3, n. 105, 13 agosto 1942, p. 1 e passim notizie varie sulle misure contro gli ebrei. E si veda anche il compiacimento per le misure antisémite adottate nell’art. di P.P. La Bulgaria e il problema ebraico, in Relazioni Internazionali, 26 settembre 1942, p. 1032. 80 Enzo Collotti della seconda guerra mondiale: l’occupazione dell’Albania prima, nel qua­ dro della politica di accerchiamento della Jugoslavia come costante della politica italiana; successivamente, subito dopo l’invasione tedesca della Polonia, la progettata iniziativa del blocco dei neutri nei Balcani in collegamento con l’Italia aveva uno dei suoi centri di gravità nell’atteg­ giamento della Bulgaria83. Ma era soprattutto inevitabile che dopo l’aggressione alla Grecia il tentativo dell’Italia di estendere alla Bulgaria la sua area di influenza si facesse più intenso. Le vicende della campa­ gna di Grecia sortirono viceversa un effetto contrario alla rivendicazione della potenza italiana nei Balcani in concorrenza con l’influenza tedesca: il fatto stesso che, sin dalla prima richiesta dell’intervento militare te­ desco per soccorrere le forze italiane in difficoltà, apparisse inevitabile il passaggio della W e h rm a c h t attraverso la Bulgaria modificava profonda­ mente le prospettive di affermare nel settore l’influenza italiana. Le specu­ lazioni dei teorici fascisti che ipotizzavano per la sistemazione postbellica un « complesso mediterraneo » dominato dall’Italia comprendente oltre alle colonie africane gli stati balcanici (Albania, Grecia, Bulgaria, Jugo­ slavia) erano nei fatti assolutamente prive di fondamento 84: la Germania non aveva alcuna intenzione di cedere terreno in Bulgaria e d’altronde nella stessa Jugoslavia riluttava a riconoscere all’Italia una sfera di influenza che andasse al di là della Croazia, giocando fra l’altro sempre sullo sdoppiamento tra influenza politica (che poteva anche essere ac­ cordata all’Italia) e spazio economico (sul quale affermava la più recisa intransigenza a proprio favore). Lo sviluppo già delineato delle pressioni tedesche per l’adesione della Bulgaria al Patto Tripartito è sufficiente per fare capire verso quali ostacoli andasse incontro una potenziale inziativa italiana, nei confronti per giunta della stessa Germania che totalizzava il 70% del commercio estero della Bulgaria. Nondimeno, fu proprio sul terreno dei rapporti economici che l’Italia cercò di recuperare almeno una porzione di quel­ la influenza che era stata duramente arginata sul terreno militare e po­ litico. Nonostante la quota relativamente modesta della sua partecipa­ zione al commercio estero con la Bulgaria, circa il 10% nei confronti della partecipazione tedesca, all’inizio della guerra l’Italia era pur sempre 83 E. Collotti, op. cit., pp. 11 sgg.; e si veda in proposito anche la testimonianza del ministro fascista Bottai (nelle sue memorie Vent’anni e un giorno, Milano, 1949, p. 146) dove riferisce le impressioni di un soggiorno a Sofia alla fine di novembre del 1939: « Kiosseivanoff ... presidente del Consiglio dei ministri, mi parla della neutralità italiana come dell’ultima speranza, cui sono attaccati i popoli balcanici ». 84 Si v. le ipotesi di « complesso mediterraneo postbellico » formulate da Corrado G ini, Verso i complessi supernazionali, in Storia e politica internazionale, marzo 1943, pp. 3-23; in esse la Bulgaria era comunque attribuita al complesso mediterraneo de­ stinato ad essere guidato dall’Italia, non essendo neppure esclusa l’ipotesi che allo stesso complesso fossero assegnate anche Ungheria e Romania, qualora non fossero aggregate al complesso Europa centrale sotto egemonia tedesca. I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 81 al secondo posto tra i partner del commercio estero bulgaro. Le vicende immediatamente seguite allo scoppio della guerra e il declino dei rapporti e dell’influenza anglo-francese in tutto il settore dell’Europa orientale, declino sul quale avevano speculato la propaganda fascista e gli am­ bienti economici per consolidare la posizione dell’Italia, comportarono effettivamente un incremento del flusso commerciale italo-bulgaro. Nel 1939 le importazioni dall’Italia avevano costituito il 6,9% del volume complessivo delle importazioni bulgare; le esportazioni bulgare verso l ’Italia ammontavano al 6,1% del complesso delle esportazioni bulgare. Nel 1940 le importazioni dall’Italia erano quasi raddoppiate, coprendo ora il 12% delle importazioni complessive e più che raddoppiate erano le esportazioni, che ammontavano al 14% delle esportazioni comples­ sive bulgare. Commercio italo-bulgaro * 1935 1936 1937 1938 1939 1940 Import. dall’Italia (% del complesso delle imp. bulgare) Esport. in Italia (% del complesso delle esp. bulgare) 3,2 0,6 5 7,5 6,9 12 8,8 3,6 4,2 7,6 6,1 14 * da Vita Bulgara, a. I, n. 3, 22 agosto 1940 e a. I, n. 20, 19 dicembre 1940 La struttura merceologica degli scambi italo-bulgari non si diversifi­ cava sostanzialmente, in questa fase, dal rapporto tradizionalmente esi­ stente tra i due paesi: nel 1939 le importazioni dall’Italia erano artico­ late come segue: 43,7% materiali e manufatti tessili; 16,1% prodotti chimici; 11,9% macchinari, strumenti; 5,8% vagoni ferroviari, auto­ mezzi; 3,7% derrate coloniali85. Tra le esportazioni italiane sappiamo che almeno fino al 1939 ebbero una certa rilevanza le forniture militari, in particolare quelle aereonautiche86. Lo sviluppo del settore aereonautico era legato all’Italia attraverso molteplici canali, quali l’addestramento di aviatori in Italia e la presenza in Bulgaria della S.A. Caproni Bulgara87. Nel campo dell’industria meccanica, nel 1939 l’Italia occupava — dopo la Germania e gli Stati Uniti — il terzo posto nel mercato automobili­ 85 II commercio italo-bulgaro, in Vita bulgara, a. 1, n. 3, 22 agosto 1940, p. 2. 86 Cfr. F elice G uarneri, Battaglie economiche, cit., vol. II, pp. 269 e 444. 87 Notizie sulla S.A. Caproni Bulgara in Vita bulgara, a. 1, n. 10, 10 ottobre 1940, p. 10. 82 Enzo Collotti stico, con valori peraltro assai modesti88; una via di potenziamento del­ l’esportazione italiana era aperta inoltre dall’esportazione di biciclette in seguito alla crisi dei rapporti commerciali con Francia e Inghilterra89. Interessante sarebbe a questo punto anche il raffronto con le esporta­ zioni tedesche in Bulgaria ben più qualificate di quelle italiane non solo quantitativamente, come già sottolineato, ma anche qualitativamente, trattandosi per il 28,5% di prodotti meccanici e per il 21,3% di prodotti metallurgici90. Quanto alle esportazioni dalla Bulgaria in Italia, i dati per il 1938 davano il seguente quadro: 44,9% cereali; 33,7% tabacco; 10,3% ali­ mentari di derivazione animale; 7,3% semi di girasole, foraggi; 1,9% bestiame vivo91. Era nel complesso lo stesso tipo di scambio -— prodotti industriali contro prodotti agricoli — che sostanzialmente caratterizzava i rapporti anche tra la Germania e la Bulgaria ed era il tipo di scambio che veniva ipotizzato anche per il futuro nell’ambito della nuova siste­ mazione europea promossa dall’Asse. Più forte si presentava la posizione dell’Italia nel campo degli inve­ stimenti stranieri in Bulgaria, secondo dati riferentisi evidentemente al 1938-39, ossia al periodo anteriore allo smembramento definitivo della Cecoslovacchia. Qui, prendendo in considerazione le società per azioni, l’Italia ricopriva il secondo posto dopo la Svizzera, con 274 milioni di leva pari al 15,7% del totale del capitale straniero secondo la seguen­ te tabella: Società per azioni in Bulgaria: * partecipazioni del capitale straniero Milioni di leva Svizzera Italia Stati U niti d ’A. Germania Belgio Francia Cecoslovacchia Inghilterra Ungheria Olanda 648 274 219,8 183,4 180,8 129,9 54,5 22,5 % 37,1 15,7 12,6 10,5 10,4 7,4 3,1 1,3 0,9 0,5 * da Vita Bulgara, a. I, n. 25, 23 gennaio 1941 88 L’Italia e il mercato automobilistico bulgaro, in Vita bulgara, n. cit., p. 2. 89 R affaele D e Luca, L ’importazione di biciclette italiane in Bulgaria, in Vita bulgara, a. 1, n. 15, 14 novembre 1940, p. 2. 90 D.P. I rapporti commerciali bulgaro-germanici, in Vita bulgara, a. 1, n. 19, 12' dicembre 1940, p. 2. 91 Vita bulgara, a. 1, n. 3, 22 agosto 1940, p. 2. Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 83 I 274 milioni di leva investiti da gruppi italiani nelle società per azioni coprivano i seguenti settori: 206,9 milioni nelle società industriali (settore nel quale il capitale straniero rappresentava il 44,6%) dove forti erano gli interessi tessili italiani; 40 milioni nel credito (settore nel quale il capitale straniero ammontava al 17,7%); 11 milioni nel campo delle assicurazioni (coperto per il 23,2% da capitale straniero); 10,1 milioni nel settore del commercio (dove la partecipazione totale copriva il 34,6%); 6 milioni nei trasporti (partecipazione straniera pari al 50,6%). Le aspirazioni italiane nei Balcani si precisarono dopo la conclusione dell’infelice campagna di Grecia e la stabilizzazione della situazione de­ terminata dalla sconfitta e dalla spartizione della Jugoslavia e dal defi­ nitivo passaggio della Bulgaria dalla parte dell’Asse. L’interesse dell’Italia ad incrementare i rapporti con la Bulgaria si estrinsecava per duplice via: attraverso la più generale ricerca di un incremento degli scambi com­ merciali in tutto il settore balcanico, in sostituzione dell’influenza anglo­ francese e come presupposto per stabilire una solida base all’afferma­ zione di una egemonia italiana; in modo specifico attraverso una serie di interventi diretti di capitali e di iniziative italiani allo sviluppo del­ l’economia bulgara. Sotto il profilo generale, la scomparsa dal mercato sudesteuropeo della Gran Bretagna, della Francia e degli Stati Uniti d’America stimo­ lava i settori più avanzati dell’economia italiana ad approfittare del­ la favorevole congiuntura, che sembrava delinearsi. In particolare l’at­ tenzione si rivolgeva alla possibilità di penetrazione del settore meccanico: i progetti di sviluppo esistenti nei diversi paesi, collegati quasi sempre direttamente alle esigenze dell’economia di guerra e al potenziamento di produzioni in funzione dei compiti che a questi paesi erano stati as­ segnati nella strategia di potenza del Grande Reich, sembravano aprire la strada a promettenti prospettive. Di qui l’interesse con il quale la pubblicistica economica fascista guardava ai progetti di potenziamento e di meccanizzazione dell’agricoltura (soprattutto il fabbisogno di mac­ chine agricole in Romania), allo sviluppo delle comunicazioni (il fabbibisogno di materiale ferroviario soprattutto in Bulgaria), ai progetti idroelettrici e di irrigazione pressoché in tutti i paesi del settore, al fabbisogno di macchinari e apparecchi elettrici; sino a prospettare, come già ricordato, la collaborazione « della nostra industria meccanica alla valorizzazione di combustibili solidi dell’Europa sudorientale ai fini della produzione di energia elettrica ». Ma al di là di queste indicazioni di massima delle possibili direttrici di penetrazione dell’industria italiana, che talvolta lasciavano trasparire la preoccupazione di non essere tagliati del tutto fuori dal dispiegarsi dell’iniziativa tedesca nei medesimi settori, un orientamento più pre­ 84 Enzo Collotti ciso sembrava presiedere all’interesse con il quale si guardava ad altri settori suscettibili di più intensa collaborazione con l’economia italiana: il settore dell’agricoltura, lo sfruttamento minerario e quello dei tra­ sporti e delle comunicazioni. Abbiamo già accennato alla destinazione che la pubblicistica fasci­ sta intendeva assegnare nell’area mediterranea, che si supponeva posta sotto l’egemonia italiana, alle economie agricole: il loro sviluppo doveva essere complementare rispetto all’agricoltura italiana, doveva comunque evitare di porsi « in concorrenza con la produzione agricola italiana ed anche di altri paesi mediterranei ». Anche in questo settore l’iniziativa tedesca si era mossa con maggiore tempestività: prima ancora che sor­ gesse a Sofia l’istituto italo-bulgaro per la bonifica integrale, lo stesso Giordano, uno dei più assidui commentatori dei rapporti italo-bulgari, faceva notare come la costituzione dell’Istituto agrario bulgaro-tedesco a Sofia « indica agli italiani la via da seguire per lo sviluppo dei rapporti economici italo-bulgari e per l’inquadramento delle attività bulgare nel grande quadro delle attività mediterranee ». E continuava: ... la nostra collaborazione alla valorizzazione del suolo bulgaro non po­ trebbe essere che apprezzata e, nello stesso tempo, determ inare interessanti possibilità per il collocamento sul mercato bulgaro di tu tto quanto occorre per gli im pianti di bonifica, per lo sviluppo delle coltivazioni agrarie, per l’or­ ganizzazione dell’allevamento di pollame e simili, nonché per la valorizzazione del patrimonio zootecnico e agricolo e per lo stesso incremento dell’industria chimica. Settore, quest’ultimo, nel quale si metteva in rilievo l’esperienza acquisita dall’industria italiana delle fibre artificiali che « potrebbe costituire un apprezzabile contributo in una col­ laborazione con la Bulgaria » 92. Ed in effetti già da tempo erano stati stabiliti spunti di collabora­ zione con l’agricoltura italiana: i governanti bulgari si prestarono facil­ mente all’esaltazione delle realizzazioni del regime fascista nel campo della « bonifica integrale », in occasione fra l’altro della visita in Italia del mini­ stro dell’agricoltura Bagrianov93. Nell’agosto del 1942 si addivenne infine alla creazione dell’Istituto italo-bulgaro per la Bonifica integrale avente lo scopo di avviare la collaborazione tecnica tra i due paesi nel piano di potenziamento dell’agricoltura bulgara94. Prospettive relativamente nuove alla penetrazione italiana sembrava offrire anche l’acquisizione di giacimenti minerari nei territori della Tracia e della Macedonia ottenuti dalla Bulgaria ad opera delle potenze dell’Asse: Antonio G iordano, L’economia bulgara ed il suo apporto nella sistemazione dell’economia dei paesi dell’Europa sudorientale, art. cit. 93 Vita bulgara, a. 1, n. 11, 17 ottobre 1940, p. 1. 94 Vita bulgara, a. 3, n. 106, 20 agosto 1942, p. 2. 92 Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 85 ci è nota l’esistenza di trattative tra l’AMMI (Azienda Minerali Metallici Italiana) ed il governo bulgaro per la concessione di diritti di ricerche e di sfruttamento sul suolo bulgaro95, ma non sappiamo se tali trattative siano mai arrivate a buon fine o se abbiano subito la sorte di altre analoghe iniziative troncate prima ancora di una conclusione dall’evolvere degli eventi bellici. La notizia ha un qualche interesse non soltanto perchè denota un tipo nuovo di presenza italiana in Bulgaria, ma anche perchè può essere messa forse in relazione con il tentativo di arginare in qualche modo la concorrenza tedesca, che aveva approfittato dell’invasione dei Balcani per incamerare i patrimoni minerari anglo-francesi, non esclusi quelli di interesse anglo-bulgaro96. Il terzo aspetto al quale accennavamo sopra, i progetti cioè di colle­ gamenti dei trasporti della Bulgaria alla rete di comunicazioni controllata dall’Italia, acquista evidentemente una rilevanza strategica oltre che eco­ nomica ed è in questa prospettiva che con tutta probabilità furono colti­ vate iniziative del genere. Nell’ottobre del 1942 gli accordi di collabora­ zione economica conclusi tra Ciano e Zahariev previdero espressamente il collegamento dei porti albanesi di Antivari e Durazzo al porto fluviale danubiano bulgaro di Rusciuk, attraverso la Macedonia, realizzazione che avrebbe consentito di collegare la rete albanese alle vie di comunicazioni bulgare e romene97. Si trattava anche in questo caso dello sviluppo di un progetto che all’inizio dovette avere una portata più limitata: nel 1941, dopo la spartizione della Jugoslavia, si parlò di un collegamento ferrovia­ rio diretto Durazzo-Sofia, oltre che ai fini del miglioramento generale delle comunicazioni ferroviarie che sino allora erano passate attraverso la Jugoslavia anche in funzione dello sviluppo industriale dell’Albania, che doveva essere alimentato con la produzione mineraria e di tabacco dei nuovi territori acquisiti dalla Bulgaria98. Ma già allora si accentuò nella pubblicistica fascista la funzione geo­ politica della progettata ferrovia transbalcanica, nel quadro della colloca­ 95 Secondo quanto informa Antonio G iordano, Le ripercussioni della guerra sul commercio estero bulgaro e l’Italia, in Rivista di politica economica, giugno 1943, pp. 301-304. 96 Si v. il doc. 148 nel voi. a cura di D ietrich E ichholtz e W olfgang Schumann, Anatomie des Krieges. Neue Dokumente iiber die Rotte des deutschen Monopolkapitals bei der Vorbereitung und Durchführung des Zweiten Weltkrieges, Berlin, 1969; questa importante raccolta contiene anche altri documenti interessanti sulla delimitazione e l’incrocio degli interessi italo-tedeschi nell’Europa sudorientale. 97 Scarse notizie sugli accordi firmati a Roma il 7 ottobre dedica Vita bulgara, a. 3, n. 115, 22 ottobre 1942, p. 1 che si limita a riprodurre una generica dichiarazione del ministro Zahariov; maggiori dettagli in L.C. La Bulgaria e le potenze dell'Asse, in Relazioni Internazionali, 10 ottobre 1942, p. 1114 e in Antonio G iordano, Le riper­ cussioni detta guerra sul commercio estero bulgaro e l’Italia, art. cit.,; dello stesso si v. anche l’art. citato alla nota 106. 98 A ntonio G iordano, Gli sviluppi della situazione nell’Europa sudorientale e le loro ripercussioni economiche, in Rivista di politica economica, giugno 1941, pp. 519-523. 86 Enzo Collottì zione del settore sudorientale nell’area mediterranea destinata — nei suoi propositi — a subire l’influenza italiana: ... La prim a ferrovia transbalcanica, quella meridionale potrà essere rea­ lizzata con le costruzioni ferroviarie già iniziate in Albania, destinate a colle­ gare il porto di Durazzo e l’Italia, attraverso il porto di Bari, ormai fiorente, nella sua nuova funzione mediterranea a più ampio respiro, con la ferrovia della regione macedone e della Tracia, che porta a Istanbul. Inoltre a Durazzo avrebbe potuto far capo anche un’altra linea che attraverso la Jugoslavia arrivasse a Sofia e alla rete ferroviaria romena; secondo lo scrittore fascista: Non è concepibile che i Balcani debbano ancora essere staccati dall’Adria­ tico, m entre sono collegati con comodi mezzi ai porti del M ar Nero " . L’importanza delle nuove arterie e delle nuove vie di comunicazione nei Balcani sotto il profilo generale della penetrazione italiana, e insieme dal punto di vista più ristretto delle comunicazioni tra l’Italia e la Bul­ garia non più via mare ma per ferrovia attraverso l’Albania, era motivo che tornava di frequente nella pubblicistica fascista: L’entrata della penisola balcanica nel nostro spazio vitale, la sistemazione della nuova Europa dopo la conclusione della pace rendono necessaria ed urgente la costruzione della ferrovia transbalcanica; dell’arteria stradale desti­ nata ad unire il porto di Durazzo colla capitale bulgara e dell’autostrada Trieste-Budapest, dalla quale l ’Italia vittoriosa potrà ricavare vantaggi econo­ mici forse maggiori di quanti da molti si crede 10°. Nel corso del 1942 si ebbe il momento culminante dello sforzo della diplomazia e delle iniziative italiane per tentare di consolidare le posi­ zioni politiche ed economiche dell’Italia in questo settore della penisola balcanica. Nel maggio del 1942 ebbe luogo la visita a Sofia del ministro fascista degli Scambi e Valute Riccardi991001, cui fece seguito, nel settembre, la visita di una nutrita delegazione di industriali italiani; dal 4 al 7 otto­ bre si ebbe la visita a Roma del ministro del Commercio bulgaro Zahariev, per la firma dei già ricordati accordi italo-bulgari, iniziative tutte con le quali si cercava di uscire dall’ambito dei rapporti puramente commerciali per avviare una forma di più ampia cooperazione economica. In questo quadro merita un breve cenno la visita in Bulgaria degli industriali italiani: si trattava di una ben qualificata delegazione nella Sante Cosentino, La Bulgaria nel Nuovo Ordine europeo, in Economia fascista, marzo 1941, p. 24. 100 Come scriveva B. M aineri, Tre grandi arterie fra l’Italia e i Balcani, in Rivista di politica economica, aprile 1943, pp. 202-204. 101 Cfr. Vita bulgara, a. 2, n. 92, 14 maggio 1942 ed ivi, oltre all’articolo del ministro Riccardi già citato, altri articoli e informazioni sull’andamento dei rapporti economici tra i due paesi. 99 Il ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 87 quale erano rappresentati tutti i più importanti settori dell’industria ita­ liana — tra di essi: Piero Pirelli per l’industria della gomma, Francesco Marinotti per l’industria tessile e delle fibre artificiali, Agostino Rocca per la siderurgia, Pietro Giustiniani per la Montecatini, Aurelio Aureli per il settore edilizio e delle costruzioni, Ugo Sartirana per il settore mecca­ nico 102. Una visita che non ebbe sbocchi immediati di rilievo ma che de­ notava certamente l’interesse di ben qualificati settori dell’industria ita­ liana, alcuni come il tessile già fortemente presente in Bulgaria, ad una ricognizione diretta delle possibilità di affermazione in uno dei settori che essa ambiva acquisire alla propria espansione. Sul piano concreto il 18 novembre si ebbe, ad esecuzione del protocollo firmato il 7 ottobre da Ciano e Zahariev, la firma a Sofia di una convenzione per la costitu­ zione tra i due paesi di una società per azioni denominata Società balcanica di trasporti (sede sociale a Roma con capitale di 8 milioni di lire) per il potenziamento dei trasporti di merci e di persone tra i due paesi via Albania 103. Tuttavia, l’esaltazione della « frontiera comune » che ormai univa i due paesi attraverso l’Albania, motivo frequente della propaganda delle due parti, rimaneva una circostanza sfruttabile, al più, soltanto a livello propagandistico. L’aspirazione del fascismo italiano di trovare nei Balcani un solido sostegno per contrapporre al Reich un’area di influenza mediterranea dominata dall’Italia urtava di fronte ad un rapporto di forze che volgeva in partenza a danno dellTtalia. Le operazioni belliche avevano trasformato tutto il settore sudorientale in un campo controllato dalla Wehrmacht. Nel caso specifico della Bulgaria, il tentativo di recuperare spazio alla penetrazione italiana in un paese il cui commercio estero era già per oltre due terzi integrato nell’economia tedesca metteva chiaramen­ te in evidenza la sovrapposizione di interessi che veniva a crearsi tra i due alleati dell’Asse. Tra l’altro, le condizioni belliche rallentarono gli sforzi dell’economia italiana di incrementare gli scambi con la Bulgaria e sottolinearono ulteriormente la dipendenza di questa dalla Germania. Le contingenze belliche ebbero una duplice e difforme ripercussione sulla posizione economica dellTtalia; da una parte si ebbe un calo del volume degli scambi commerciali rispetto alla punta più elevata toccata nel 1940 (cfr. p. 81): nel 1941, ultimo anno per il quale si dispone di dati ufficiali, l’Italia fornì alla Bulgaria il 4,4% delle importazioni globali di questo paese, mentre le esportazioni bulgare in Italia coprirono l’8,5% delle esportazioni globali104. Un risultato che, anche a prescindere dalle 102 Vita bulgara, a. 3, n. I l i , 24 settembre 1942; in precedenza era stato annunciato che la delegazione degli industriali italiani sarebbe stata guidata dal conte Volpi, il quale non figurava invece nell’elenco degli industriali presenti a Sofia. 103 Collegamento stradale Bulgaria-Adriatico, in Vita bulgara,^ a. 3, n. 120, 26 no­ vembre 1942, e nei numeri successivi anche altri articoli sull’argomento. 104 Cfr. R. D e L uca, Il commercio estero della Bulgaria durante il 1940, in Vita 88 Enzo Collotti ripercussioni del movimento dei prezzi, si può spiegare almeno in due modi: anzitutto con le conseguenze dell’estensione diretta della guerra ai Balcani e le interruzioni che ne derivarono nei traffici, in secondo luogo con il crescente assorbimento dell’economia bulgara da parte del Reich. Con questa tendenza sembrerebbe a prima vista contrastare il balzo in avanti compiuto viceversa dal capitale italiano investito nelle società per azioni: qui l’Italia risultava al primo posto, con un notevole vantaggio rispetto alle cifre prebelliche (cfr. p. 82). Nel 1940 l’Italia copriva il 25,1% del capitale globale straniero inve­ stito in Bulgaria (che era a sua volta pari a poco più del 20% del capitale globale investito in società per azioni), con 306,4 milioni di leva; nel 1941 copriva il 27,7 del capitale globale straniero con 338 milioni di leva. In particolare gli investimenti italiani erano forti nel settore industriale, con il 24,6% del capitale straniero, nel settore del credito, dove copri­ vano il 22,1% del capitale straniero e nel campo assicurativo, dove copri­ vano il 51,5% del capitale straniero globale105. Le cifre stesse stanno a indicare che il forte aumento in percentuale della partecipazione italiana non corrispondeva tuttavia a un aumento in assoluto del capitale italiano tale di per sè da modificare le quote percentuali in misura così sensibile: bisogna tenere conto infatti, oltre ad una maggior quota di investimenti che effettivamente furono realizzati, alla scomparsa dal novero dei con­ correnti di paesi come la Svizzera, che evidentemente trasferì i suoi investimenti in settori più al riparo dagli eventi bellici, e dal crollo totale delle posizioni francesi, inglesi e statunitensi, che aumentarono automa­ ticamente il peso dell’Italia e della Germania. Si tratta comunque di dati parziali dai quali, stante anche l’anormalità della situazione bellica, è difficile trarre conclusioni definitive all’infuori della semplice indicazione della tendenza del capitale italiano a consoli­ dare la sua testa di ponte nei Balcani nella prospettiva di quell’ordina­ mento postbellico al quale abbiamo già fatto ripetutamente riferimento. Non solo la presenza materiale della Wehrmacht rifletteva una realtà ben altrimenti avversa alle aspirazioni italiane; ma gli stessi limiti delle possibilità italiane in settori limitrofi — proprio nell’inverno del 1942 l’Italia si sarebbe trovata costretta a fronteggiare la crisi economica della Grecia occupata e a fare ricorso ancora una volta all’aiuto del Reich, conbulgara, a. 1, n. 32, 13 marzo 1941, p. 2; D im . P avlov, Le relazioni commerciali tra l’Italia e la Bulgaria, in Vita bulgara, a. 2, n. 92, 14 maggio 1942 (che corregge parzialmente i dati relativi al 1940 pubblicati nell’art. precedente); e gli articoli di D.P. sugli scambi italo-bulgari nel 1941, sempre in Vita bulgara, 3 e 10 dicembre 1942. 105 Cfr. B. D amianov, Le società per azioni in Bulgaria, in Vita bulgara, a. 1, n. 42, 22 maggio 1941, p. 2; R affaele D e L uca, Le società per azioni in Bulgaria e la partecipazione del capitale straniero, in Vita bulgara, a. 2, n. 81, 19 febbraio 1942, p. 2; La partecipazione dei capitali italiani alle società per azioni in Bulgaria, in Vita bulgara, a. 3, n. 133, 4 marzo 1943, p. 2. I l ruolo della Bulgaria nel conflitto tra Italia e Germania 89 fessando così la contraddizione tra le sue rivendicazioni di potenza e la realtà della sua impotenza e della sua condizione di inferiorità — non potevano non accentuare il carattere velleitario delle rivendicazioni e della propaganda italiana. Era questa un’impressione che derivava anche dal­ l’indiretta denuncia della crescente penetrazione tedesca persino in settori che si ritenevano rientranti nella sfera di influenza italiana che si poteva leggere nella stessa stampa fascista, attraverso l’incitamento che di tanto in tanto affiorava a non rimanere indietro all’iniziativa tedesca 106. Nel caso specifico della Bulgaria, il contesto politico generale creato dalla guerra nella situazione balcanica e la politica della sua classe diri­ gente tendevano fatalmente a spingerla sempre più nell’area di domina­ zione germanica. L’ingrandimento territoriale della Bulgaria e la revisione di Neuilly erano avvenuti principalmente per l’azione delle truppe tede­ sche, così come senza le pressioni tedesche sulla Romania la Bulgaria non avrebbe riottenuto la Dobrugia. La soddisfazione delle sue aspirazioni ter­ ritoriali fu il pegno più solido che Hitler pagò per ottenere la fedeltà della Bulgaria al Patto tripartito. Ma anche successivamente gli sviluppi politici e militari concorsero ad accentuare la tendenza della Bulgaria a gravitare piuttosto verso il Reich che verso l’Italia: anzitutto gli inte­ ressi strategici tedeschi, essendo i Balcani la retrovia del fronte orientale; in secondo luogo, la mobilitazione antibolscevica, cui la classe dirigente bulgara era particolarmente sensibile, che si accompagnò alla aggressione nazista contro l’Unione Sovietica. La Bulgaria, è vero, non prese direttamente parte alle operazioni militari contro l’Urss, ma non esitò ad affer­ mare che « la nuova guerra è una crociata degli Stati dell’ordine allo scopo di togliere di mezzo una volta per sempre la minaccia bolscevica che in­ combe sul mondo intiero » 107, facendo sostanzialmente proprie le parole d’ordine dell’aggressione nazista così come avrebbe adottato anche le parole d’ordine del razzismo nazista. L’adesione infine della Bulgaria il 25 novembre 1941 al patto Anticomintern 108 e, a distanza di poche setti­ mane, la sua entrata in guerra contro l’Inghilterra e gli Stati U niti109, completarono l’allineamento della Bulgaria alla crociata antisovietica e alla guerra dell’Asse. Mentre per l’Italia la Bulgaria rappresentava una testa di ponte sul Mar Nero nella prospettiva assai ipotetica che essa riuscisse ad affermare l’intera area mediterranea come area d’influenza economica e politica dell’Italia, per la Germania la Bulgaria era già di fatto un passaggio ob­ 106 Come per esempio, con esplicita allusione ad iniziative tedesche in Bulgaria, nell’art. di A ntonio G iordano, I nuovi accordi commerciali italo-bulgari, ne L'Eco­ nomia italiana, ottobre 1942, pp. 415-420. 107 La guerra tra la Germania e l’Urss, in Vita bulgara, a. 1, n. 47, 26 giugno 1941, p. 1. 108 Vita bulgara, a. 2, n. 69, 27 novembre 1941, p. 1. 109 Vita bulgara, a. 2, n. 72, 18 dicembre 1941, p. 1. 90 Enzo Collotti bligato verso il mar Nero come verso l’Egeo, era un anello del sistema danubiano ormai interamente sotto egemonia tedesca, era una posizione di primo piano alle spalle della Romania e un avamposto nei confronti della Turchia. Queste molteplici ragioni spiegano l’importanza che Hitler sempre attribuì alla Bulgaria, l’abilità e la tenacia con le quali ne circuì la collaborazione e la complicità, l’attenzione e le pressioni che egli riserbò costantemente a re Boris, il quale nel giro di tre anni si recò all’Obersalzberg assai più frequentemente di quanto non si recasse a Roma: un dato esterno certamente, tale tuttavia da dare un’idea dellù parte che veramente ispirava e condizionava la politica bulgara. Tale comunque da fornire la più recisa smentita a quei propagandisti fascisti che si ostina­ vano a proclamare l’appartenenza del mar Nero allo spazio economico mediterraneo. E nzo Collotti