FIRENZE 27-28 Novembre 2003 III CONGRESSO NAZIONALE ASSOCIAZIONE ITALIANA PEDRO PLANAS CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI CLINICA DEI DISORDINI TEMPOROMANDIBOLARI Dott. SERGIO BERTOLDI Dott. LUIGI BURRUANO I disordini temporo-mandibolari sono un complesso di patologie ancora poco conosciute che sono andate aumentando di numero e di gravità negli ultimi anni. Recenti studi epidemiologici indicano che il 50-60% della popolazione presenta segni e/o sintomi di alterazione funzionale del sistema masticatorio mentre il 5-10% presenta una sintomatologia sufficientemente grave da richiedere un trattamento. Nel tempo le diverse alterazioni del sistema masticatorio sono state identificate con una grande varietà di termini contribuendo a creare ulteriore confusione in questo campo. Attualmente è generalmente accettato il termine di (temporo mandibular disorders) disordini temporo-mandibolari (DTM) che include in se tutte le alterazioni connesse alla funzione del sistema masticatorio e non solo i problemi legati all’articolazione. È generalmente accettato che l’eziologia è molto spesso multifattoriale, con diversi fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti. La causa non è sempre di facile individuazione essendo sovente legata a fattori ambientali o abitudini di vita errate. Attualmente non ci sono evidenze scientifiche che avvalorino l’ipotesi che queste condizioni siano sempre progressive mentre appare statisticamente ben dimostrato che spesso si ha la remissione della sintomatologia senza o nonostante la terapia. Perciò, la necessità e la modalità del trattamento devono essere attentamente valutate e comunque dovrebbero essere sempre basate su delle terapie conservative e reversibili. Come per qualsiasi atto medico, è indispensabile, prima di iniziare qualunque terapia per la DTM, ottenere dal paziente il consenso al piano di trattamento dopo averlo dettagliatamente Novembre 2003 Pagina 1 informato sulla diagnosi e prognosi, sui benefici attesi, sulle possibili alternative, sui rischi e sulle complicanze della terapia proposta. L’efficacia e il successo del trattamento passano attraverso una corretta diagnosi che può essere formulata solo dopo una dettagliata anamnesi e un accurato esame clinico. ANAMNESI La raccolta della storia clinica del paziente segue i canoni della semeiotica classica e comprende l’anamnesi familiare, la fisiologica, la patologica remota e la patologica prossima. Può essere condotta o interrogando direttamente il paziente o facendogli compilare un questionario scritto. Spesso è preferibile una sintesi tra i due metodi facendo compilare, prima, il questionario per poi integrarlo e approfondirlo con il colloquio. Per i pazienti con una storia di DTM, può essere utilizzata la seguente lista di domande per assicurarsi che siano state ottenute e registrate tutte le informazioni necessarie per una completa anamnesi odontoiatrica. SI PREGA DI RISPONDERE SI O NO ALLE SEGUENTI DOMANDE SI NO --- --- Ha mai usato o usa attualmente un apparecchio o una placca ? --- --- E' stato /a mai trattato/a per una "cattiva occlusione dentale " ' --- --- E' stato/a mai sottoposto/a a trattamento ortodontico ? --- --- E' portatore di estese ricostruzioni protesiche fisse (corone, ponti) ? --- --- Ha perso denti nelle zone posteriori ? --- --- E' portatore di protesi parziale rimovibile ? --- --- Ha mai ricevuto qualche trattamento per i suoi problemi all'articolazione temporo mandibolare o per dolori ai muscoli facciali ? --- --- Si sveglia mai con fastidi ai denti od alle mascelle ? --- --- Si rende mai conto di stringere forte i denti durante il giorno ? --- --- Qualcuno le ha mai detto che durante il sonno fa rumore con i denti ? --- --- Avverte dolore mentre mastica ? --- --- Avverte dolore o fastidio intorno agli occhi , orecchi , od altre parti del corpo ? Novembre 2003 Pagina 2 --- --- Ha problemi di udito? --- --- Ha mal di testa con senso di " tensione " ? --- --- Ha mal di testa occasionali ? --- --- Soffre di emicrania ? --- --- Ha spesso fastidio ai muscoli del collo o mal di collo ? --- --- I muscoli della mandibola si stancano facilmente ? --- --- Ha difficolta' ad aprire molto la bocca ? --- --- Soffre o ha sofferto di artrite ? --- --- Ha qualche parente che soffre di artrite o gotta ? --- --- Ha mai ricevuto un urto nella zona del collo o della mandibola ? --- --- Ha mai avvertito dolore all'articolazione della mandibola ? --- --- Ha mai avuto problemi alle orecchie tipo ronzii o abbassamento dell' udito ? --- --- Ha mai sentito rumori tipo scricchiolamento provenienti dall'articolazione della mandibola? --- --- Ha mai sentito rumori tipo schiocco o click provenienti dall' articolazione della mandibola ? --- --- Sente di non riuscire ad aprire la bocca quanto vorrebbe ? --- --- Avverte attualmente dolore proveniente dall' articolazione della mandibola o dai muscoli ? --- --- Il dolore od il fastidio che proviene dall' articolazione della mandibola interferisce con il suo lavoro o con altre attivita' ? --- --- Ci sono momenti in cui sente che il problema o il dolore è minore o scomparso del tutto ? --- --- Si sente depresso /a ? --- --- E' mai stato /a visitato/a da uno psicologo? --- --- Ha problemi di insonnia ? --- --- Si trova attualmente in una particolare situazione di stress (lavoro, famiglia, ecc..) --- --- Beve piu' di una bevanda alcolica al giorno ? --- --- Fuma le sigarette , la pipa o il sigaro? --- --- E' solito mangiarsi le unghie , le labbra o la lingua ? --- --- Pensa che il suo dolore possa essere collegato allo stress? Novembre 2003 Pagina 3 ESAME CLINICO E’ importante condurre un accurato esame clinico e registrare tutte le informazioni utili per formulare la diagnosi del tipo di disordine temporomandibolare e per stabilire la gravità della patologia anche in relazione ai sintomi riferiti dal paziente. Queste informazioni sono determinanti per elaborare un adeguato piano di trattamento guidato dalla necessità del singolo caso e per stabilire la prognosi a breve ed a lungo termine della patologia. I risultati rilevati nel corso dell’esame saranno riportati negli appositi spazi sulla cartella clinica segnalando sempre l’eventuale presenza di dolore. Esame generale extraorale tumefazioni o significative asimmetrie facciali esame posturale sul piano frontale e laterale Esame dell’apparato temporomandibolare ESAME DEI MOVIMENTI La dinamica mandibolare viene valutata attraverso i movimenti attivi e passivi di apertura, di laterotrusione e di protrusione. Apertura attiva: è la misurazione della massima apertura della bocca e si esegue con un calibro o con un righello millimetrato facendo riferimento al margine degli incisivi superiori ed alla linea ideale dell’overbite degli incivi superiori su quelli inferiori. Di norma il valore varia da 40 a 55 mm. E’ considerata ridotta un’apertura inferiore ai 40 mm mentre in caso di lassità legamentosa costituzionale avremo dei valori superiori ai 55 mm. La limitazione dell’apertura della mandibola per alterazioni intracapsulari si verifica, in genere, tra i 20 e i 30 mm. La limitazione dovuta a problemi muscolari può verificarsi, invece, a qualsiasi punto anche se una limitazione a 8-10 mm è quasi certamente di origine muscolare. Durante il movimento di apertura e chiusura della mandibola la traiettoria deve essere lineare e non presentare deviazioni o deflessioni. Per deviazione intendiamo qualsiasi scostamento dal piano sagittale mediano che compare inizialmente per poi scomparire con il progredire dell’apertura (ritorno sulla linea mediana). Questo fenomeno si presenta quando è presente un ostacolo articolare che viene superato durante il movimento del condilo (patologia articolare). Parliamo di deflessione quando vi è uno spostamento laterale che aumenta con l’apertura Novembre 2003 Pagina 4 mantenendosi anche a quella massima essendo causata dalla limitazione del movimento di un’articolazione (patologia articolare o muscolare). Apertura passiva: dopo che il paziente ha assunto la posizione di massima apertura attiva, l’operatore poggia il pollice sul margine degli incisivi superiori e l’indice su quelli inferiori e forza delicatamente, senza evocare dolore, per aumentare la distanza interincisiva. Si valuta la sensazione obiettiva di elasticità o di rigidità (endfeel: sensazione limite) e l’incremento dell’apertura della bocca che normalmente è di 2-3 mm. Valori superiori a 2 mm con endfeel “cedevole” fanno sospettare un’origine muscolare della disfunzione. Al contrario, se non è possibile un aumento dell’apertura e la sensazione è descritta come “rigida” vi è motivo di sospettare la presenza di un blocco meccanico intracapsulare. Laterotrusione attiva: è la misurazione dello spostamento mandibolare durante i movimenti di massima lateralità destra e sinistra. L’ampiezza di tali movimenti è simmetrica e normalmente compresa tra gli 8 e i 12 mm. Una limitazione uni-bilaterale sarà indice di alterazioni articolari o contratture muscolari uni-bilaterali. Laterotrusione passiva: si ottiene forzando il movimento di massima laterotrusione attiva ponendo il pollice sulla superficie vestibolare del canino superiore omolaterale e l’indice sulla superficie vestibolare del canino inferiore controlaterale. Anche in questo caso si valuta l’endfeel e l’incremento dell’ampiezza del movimento che normalmente è di 1-2 mm. Quando sono presenti situazioni patologiche articolari è bloccato il movimento di laterotrusione controlaterale e l’endfeel è tipicamente rigido. Protrusione: l’entità del movimento si ottiene sommando il valore dell’overjet al valore della distanza tra la superfici vestibolari degli incisivi superiori e del margine incisale di quelli inferiori dopo aver invitato il paziente ad eseguire il movimento di massima protrusione. In condizioni normali tale valore è compreso tra 10 e 12 mm ed il movimento è rettilineo. Sono patologici valori inferiori a 7 mm e la presenza di deviazioni laterali. PALPAZIONE DEI MUSCOLI In condizioni normali la funzione o la palpazione di un muscolo non evoca dolore. Se ciò accade si può dedurre che vi sia una compromissione tessutale per trauma o affaticamento. Durante l’esame va accertata e registrata l’intensità del dolore istruendo il paziente a rapportare l’entità della sensazione dolorosa ad una scala di valori da 1 a 10 in cui l’intensità maggiore corrisponde al dolore più forte mai provato. Vanno valutati eventuali punti grilletto Novembre 2003 Pagina 5 (trigger points) che costituiscono aree d’ipersensibilità associate a dolore miofasciale irradiato a distanza. I muscoli sternocleidomastoideo e trapezio sebbene non intervengano direttamente sul movimento mandibolare vengono presi in esame essendo spesso sintomatici in presenza di DTM e spesso causa di cefalee. M. temporale: la palpazione delle fibre verticali della zona anteriore viene eseguita al di sopra dell’arcata zigomatica anteriormente all’ATM, le fibre trasversali della zona media vanno palpate sopra all’area dell’ATM, le fibre orizzontali della zona posteriore vanno palpate al di sopra e leggermente dietro l’orecchio. L’inserzione tendinea sul processo coronoide si palpa appoggiando l’indice all’interno della bocca in corrispondenza del bordo anteriore del ramo montante della mandibola verso l’alto M. massetere: la porzione profonda si palpa sull’arcata zigomatica appena davanti al trago facendo scivolare le dita per 2-3 cm verso il basso. La porzione superficiale si palpa esternamente e bilateralmente scivolando con le dita dall’arcata zigomatica verso il bordo inferiore del ramo mandibolare. Il massetere superficiale si può palpare anche pinzandolo esternamente in corrispondenza della branca montante della mandibola all’altezza del piano occlusale o tra il pollice posto intraoralmente e l’indice extraoralmente. M. pterigoideo interno: la palpazione si esegue con l’indice e il medio posti extraoralmente a livello dell’angolo della mandibola e l’indice dell’altra mano posto intraoralmente in corrispondenza del lato mediale dell’angolo mandibolare. M.pterigoideo esterno: per il capo superiore si esegue la palpazione extraorale ponendo il dito medio inferiormente all’arco zigomatico a circa 2 cm anteriormente al trago, invitando il paziente ad aprire la bocca fino a scoprire la concavità superiore dell’incisura mandibolare. Per il capo inferiore si esegue la palpazione intraorale ponendo il mignolo tra l’arcata superiore e inferiore facendo deviare la mandibola omolateralmente in modo da spostare il processo coronoideo verso l’esterno e permettere al dito di inserirsi nel fornice fra tuber e coronoide stessa tanto da potere raggiungere, delicatamente la zona postero- superiore il più mediale possibile. M. sternocleidomastoideo: la palpazione si esegue bilateralmente partendo dall’inserzione mastoidea dietro l’orecchio e scivolando con le dita per tutta la lunghezza del muscolo fino alla sua inserzione a livello del terzo medio della faccia superiore della clavicola e della faccia Novembre 2003 Pagina 6 antero-superiore del manubrio dello sterno. L’esame può essere eseguito anche pinzando con le dita il ventre muscolare per tutta la sua estensione. M. trapezio: la palpazione si esegue in corrispondenza della sua origine a livello occipitale e rachide cervico-dorsale ed all’inserzione a livello del terzo laterale della clavicola, spina della scapola e acromion scivolando con le dita lungo tutta l’estensione del suo corpo muscolare o pinzandolo delicatamente tra il pollice e l’indice. PALPAZIONE DELL’ATM Le due articolazioni devono essere analizzate con la palpazione per obiettivare la presenza di movimenti asimmetrici e se è presente o meno una sensibilità durante la manovra. Si esercita una modica pressione in massima intercuspidazione e durante i movimenti di laterotrusione, di apertura, di chiusura e di protrusione. La manovra si esegue analizzando separatamente le porzioni laterali e posteriori palpando contemporaneamente le due ATM affinché il paziente possa riferire eventuali differenze di sensazione dolorosa e l’operatore possa apprezzare l’eventuale presenza di movimenti asimmetrici o impedimenti intraarticolari. Palpazione laterale: viene eseguita ponendo l’indice ed il medio in corrispondenza dell’area del polo laterale dei condili appena anteriormente alla zona auricolare. Se la manovra evoca dolore questo depone per un interessamento della capsula articolare o del muscolo pterigoideo laterale. Palpazione posteriore: si esegue esercitando una leggera pressione in direzione anteriore con il dito mignolo inserito nel meato acustico esterno. Se si evoca dolore si deve sospettare un interessamento delle strutture dell’articolazione o dei tessuti molli retroarticolari. JOINT PLAY (gioco articolare) Questa manovra consente di separare, entro certi limiti, il complesso condilo-discale dalla componente temporale attraverso la mobilizzazione forzata dell’articolazione nei tre piani dello spazio. Va eseguita delicatamente senza evocare dolore per evitare la reazione di difesa con contrazione dei muscoli elevatori, la mandibola deve essere quanto più rilassata possibile e il capo deve essere ben supportato e mantenuto ben fisso contro il corpo dell’esaminatore. Il joint-play viene valutato in distrazione e traslazione per rilevare il grado di elasticità dei tessuti molli intra e peri-articolari (legamenti e capsula) e le eventuali alterazioni intraarticolari. Novembre 2003 Pagina 7 L’operatore si pone dietro al paziente bloccandone il capo contro il proprio petto e ponendo il pollice sui premolari e molari sul lato in cui si esegue il test sostenendo la mandibola con il resto della mano. Si esegue la palpazione dell’articolazione con il dito medio della mano con cui si blocca il capo mentre si esercita con il pollice posizionato intraoralmente una forza diretta verso il basso (joint play in distrazione) o verso l’avanti e mesialmente (joint play in traslazione). Normalmente questi movimenti sono eseguibili liberamente e senza evocare dolore. La sensazione di rigidità e scabrosità depone per la presenza di patologia articolare. JOINT/MUSCLE TEST (test articolazione/muscolo) E’ la manovra che si utilizza per evidenziare l’eventuale presenza di dolore durante i movimenti di apertura, chiusura, laterotrusione e protrusione effettuati contro resistenza. L’operatore si pone dietro al paziente bloccandone il capo contro il proprio petto posizionando il palmo di entrambe le mani contro il mento. Si invita il paziente ad eseguire i diversi movimenti per esaminare i vari gruppi muscolari: apertura (m. infra e sopra-ioidei), chiusura (m. temporali, m. masseteri, m. pterigoidei interni), protrusione (m. pterigoidei esterni), laterotrusione (m. pterigoideo esteno ed interno controlaterali). L’operatore prima esercita una pressione tale da contrastare senza impedire i movimenti (dynamic pain testsesami dinamici) e poi aumenta la pressione in modo da contrastarli energicamente fino ad impedirli (static pain tests-esami statici) . Ogni test deve durare circa 30 secondi. Il dolore evocato nei tests sia dinamici che statici è molto probabilmente di origine miogena. L’insorgere del dolore soltanto nell’esecuzione dei tests dinamici depone per un dolore intraarticolare. TEST DI COMPRESSIONE DELL’ATM Con questo test si comprime con forza il condilo all’interno della cavità gleinoidea per cui la comparsa di dolore durante la manovra è indice di una patologia intracapsulare. L’operatore esercita, con il dito indice e medio di una mano posti in corrispondenza dell’angolo mandibolare, una forza diretta verso l’alto mentre con l’altra mano afferra la parte anteriore della mandibola inserendo il pollice sul margine degli incisivi inferiori e le restanti dita sul suo margine inferiore. Novembre 2003 Pagina 8 ASCULTAZIONE I rumori articolari di click, e crepitio vengono rilevati con la palpazione e l’auscultazione. Si deve fare estrema attenzione perché, essendo la mandibola un osso unico, il rumore generato in un’articolazione si propaga sempre anche all’altra. Si pone il fonendoscopio in corrispondenza dell’articolazione e si invita il paziente ad eseguire i movimenti attivi di apertura, chiusura, protrusione, laterotrusione destra e sinistra. Il click è un rumore netto e breve che compare durante il movimento d’apertura ed eventualmente durante la chiusura. Il crepitio è un rumore di sfregamento o di sabbia che è presente per tutta o quasi tutta la durata del movimento ed è indice di attrito delle componenti articolari per alterazioni degenerative. Devono essere registrati il tipo di rumore, il grado di apertura mandibolare in cui compare (precoce-intermedio-tardivo) e se è presente durante l’apertura o la chiusura della bocca o in entrambi i movimenti (click reciproco). Esame intraorale DENTIZIONE Oltre a riportare il numero degli elementi dentali mancanti si deve registrare l’eventuale deviazione, inclinazione, estrusione o mobilità di quelli superstiti, la presenza e la localizzazione delle faccette d’usura, lo stato dei restauri e delle protesi dentali, l’esistenza o meno di malattia paradontale e di lesioni o malattie della mucosa orale. ESAME OCCLUSALE Devono essere attentamente esaminate le strutture dentali soprattutto per stabilire la stabilità ortopedica fra la posizione di massima intercuspidazione (PMI) e l’articolazione temporomandibolare. Secondo alcuni autori esiste un rapporto tra tipo e gravità della malocclusione e sintomi della disfunzione mentre per altri non esiste alcun rapporto tra l’occlusione e i DTM. E’ particolarmente importante valutare il rapporto occlusale sul piano sagittale, trasversale e verticale. Sul piano sagittale si rileva bilateralmente la classe (1°-2°-3°) molare e canina e l’entità dell’overjet anteriore. Sul piano trasversale si annota l’eventuale presenza e localizzazione di morsi crociati (ant-post, mono-bilat.) in PMI. Sul piano verticale si misura la distanza delle arcate mandibolari e mascellari in PMI rilevando la divergenza (ipo-iper) delle basi ossee e misurando l’entità dell’overbite (deep-open) dentale. E’ importante rilevare la riduzione della dimensione verticale posteriore per la perdita di un rilevante numero di denti Novembre 2003 Pagina 9 di questi settori e la presenza di un eventuale “muro anteriore”. In genere è il paziente che richiama l’attenzione dell’operatore sulla comparsa di malocclusioni acute che possono essere di origine muscolare o intracapsulare. Nel caso di uno spasmo del m. pteigoideo laterale inferiore si avrà disclusione dei denti posteriori omolaterali e intenso contatto dei canini e dei denti anteriori controlaterali, nel caso di spasmo dei m. elevatori si può avere la sensazione che i denti non chiudano più come prima. Se la malocclusione acuta dipende da lesioni intracapsulari si può avere una disclusione dei denti posteriori omolaterali nel caso di un aumento dello spazio articolare per retrodiscite o per uno spostamento anteriore del disco con interposizione del suo bordo posteriore tra condilo e fossa o un forte contatto di questi denti nel caso di un’improvvisa dislocazione anteriore del condilo con collasso dello spazio discale. Dopo aver analizzato i rapporti esistenti in PMI, si esamina l’occlusione ed i contatti in occlusione centrica (OC) e durante i movimenti protrusivi e laterotrusivi destro e sinistro. Per OC s’intende la posizione occlusale registrabile in presenza del primo contatto dentale durante la rotazione dei condili in relazione centrica (RC). Per RC s’intende la posizione ortopedica anatomicamente e funzionalmente ottimale in cui i condili, situati superoanteriormente nella fossa con il disco correttamente interposto, possono ruotare liberamente permettendo un’apertura interincisale di 20-25 mm. In condizioni ideali la RC dovrebbe corrispondere con la posizione di riposo (posturale) della mandibola e l’OC dovrebbe coincidere con la PMI in modo che l’occlusione, con contatti uniformi e simultanei di tutti i denti presenti, possa mantenere la stabilità dell’articolazione in RC. Ogni “scivolamento centrico” (anteriore o laterale) dalla posizione di OC a quella di PMI può minacciare gravemente la funzionalità del sistema stomatognatico determinando un’occlusione di compromesso e quindi patologica. I contatti durante i movimenti eccentrici vanno verificati interponendo tra i denti due carte per articolazione di colore diverso. Se inseriamo tra i denti del paziente la carta blu mentre questi esegue i movimenti di protrusione, di lateralità dx e di lateralità sn e poi la carta rossa mentre occlude in massima intercuspidazione avremo che le tracce rosse indicheranno i contatti in PMI mentre le blu quelli durante i movimenti eccentrici. In condizioni normali i movimenti mandibolari devono essere guidati dai denti anteriori che determinano la disclusione immediata di quelli posteriori. Nel movimento protrusivo i contatti devono coinvolgere almeno due denti (centrali o laterali) in modo simmetrico mentre durante il movimento laterotrusivo la guida può essere affidata al solo canino (guida canina) o ad un gruppo (1°classe: canino-laterale-quarto, 2°classe: canino-quarto-quinto, 3°classe: canino- Novembre 2003 Pagina 10 laterale-centrale) di denti (guida di gruppo) in modo da evitare i contatti mediotrusivi controlaterali. CLASSIFICAZIONE Welden Bell nel 1986 propose per primo una classificazione logica dei DTM. Nel 1992 l’American Academy of Orofacial Pain (AAOP) con la collaborazione della International Headache Society (IHS) modificò la classificazione di Bell suddividendo i DTM in tre categorie ciascuna ulteriormente divisa in diversi quadri clinici assegnando ad ognuno di essi un diverso codice numerico identificativo. 11.8 ALTERAZIONE DEI MUSCOLI MASTICATORI (Masticatory muscle disorders) I disordini dei muscoli masticatori sono simili a quelli che possono presentarsi in qualsiasi altro muscolo del corpo. Il sintomo principale è il dolore che si presenta durante la funzione e che si aggrava con la palpazione e con la manipolazione funzionale dei muscoli. Si ha limitazione dei movimenti mandibolari ed a volte malocclusione acuta. 11.8.4 - Co-contrazione protettiva (Protective Muscle Splinting): si manifesta quando per una reazione protettiva verso una zona lesa o per un aumento dello stress emotivo si ha un’aumentata attività del muscolo antagonista durante la contrazione dell’agonista. Si manifesta con: limitazione della velocità e dell’estensione del movimento, rigidità alla manipolazione mandibolare, dolore durante la funzione ma non a riposo. 11.8.1 - Dolore miofasciale (Myofascial Pain): è caratterizzato dalla presenza dei punti grilletto che sono delle aree ipersensibili situate nei muscoli che, se stimolate dalla pressione, producono dolore loco-regionale con irradiazione a distanza e possibili reazioni di tipo neurovegetativo. Il dolore è spesso presente anche quando i muscoli sono a riposo manifestandosi come cefalea tensiva ed aumentando d’intensità durante la funzione del muscolo interessato. Per la diagnosi è indispensabile individuare la presenza dei punto grilletto che provocano il dolore riferito a distanza e la loro inattivazione con l’inezione di anestetici locali o con la tecnica dello spray and stretching. La fibromialgia è una patologia sistemica cronica non infiammatoria che colpisce soprattutto le donne. L’eziologia, sebbene non perfettamente conosciuta, è sicuramente correlata a fattori psichici costituzionali che formano un terreno favorevole per l’espressione dei fattori scatenanti (stress). La diagnosi differenziale con il dolore miofasciale viene posta in base ai 5 criteri di Smythe (dolore Novembre 2003 Pagina 11 muscolo-scheletrico diffuso che dura da almeno 3 mesi - dolorabilità locale di molti tender points e trigger points almeno 12 su 22 - sckin roll test positivo a livello della regione scapolare superiore - sonno non riposato con stanchezza e rigidità mattutina - negatività degli indici infiammatori.). 11.8.3 - Miospasmo (Myospasm): è un’improvvisa ed involontaria contrazione tonica che provoca l’improvviso accorciamento di un muscolo. Si manifesta con: dolore acuto a riposo che aumenta durante la funzione, notevole limitazione del movimento guidato dal muscolo interessato, malocclusione acuta e intensa sensibilità alla palpazione con la quale si apprezza un muscolo contratto e duro. 11.8.2 - Miosite (Myositis): è una risposta infiammatoria del tessuto muscolare ad un insulto infettivo (miosite infettiva) o alla presenza di cataboliti accumulatosi per il persistere nel tempo di un’alterazione della muscolatura masticatoria (miosite non infettiva). Si ha: dolore cronico e costante a riposo che aumenta con la funzione e con la palpazione, limitazione dei movimenti mandibolari e successivamente contrattura con limitazione dell’apertura della bocca. 11.8.5 - Contrattura (Contracture): è l’accorciamento cronico di un muscolo come risultato di una fibrosi della fascia, dei tendini o delle fibre muscolari. Generalmente è causata da un trauma ma può dipendere da un’infezione o da qualunque patologia che determini ipomobilità. Clinicamente si presenta con: limitazione dell’apertura della bocca senza la presenza di dolore, resistenza all’apertura passiva ed end-feel rigido mentre è possibile eseguire correttamente i movimenti mandibolari eccentrici. 11.8.6 - Neoplasia (Neoplasia): è un abnorme ed incontrollata crescita del tessuto muscolare che può essere benigna o maligna. L’eventuale presenza del dolore e delle asimmetrie morfologiche sono manifestazioni proprie delle alterazioni strutturali. 11.7 PATOLOGIA DELL’ARTICOLAZIONE TEMPOROMANDIBOLARE (Temporomandibular joint disorders) I sintomi principali della patologia articolare sono correlati alla disfunzione associata all’alterazione dei movimenti condilari mentre il dolore non sempre è presente. Il paziente riferisce una sensazione di scatto e di blocco articolare durante i movimenti mandibolari, i sintomi sono spesso progressivi e riproducibili dall’operatore durante l’esame clinico. Novembre 2003 Pagina 12 11.7.1 - Incompatibilità strutturali delle superfici articolari (Deviation in form): è causata dalla variazione delle superfici articolari come risposta locale ad un sovraccarico funzionale o ad un trauma. Può essere coinvolto il condilo (rimodellamento progressivo o regressivo), la fossa (appiattimento dell’eminenza) o il disco (assottigliamento, perforazioni). Il paziente riferisce l’alterazione dei meccanismi articolari con rumore, locking intermittente o dislocazione. Il click o il rumore di scroscio sono riproducibili nella stessa posizione durante l’apertura e la chiusura mandibolare. 11.7.2 - Spiazzamento del disco (Disc displacement): è la più comune artropatia dell’ATM ed è caratterizzata da diversi stadi clinici spesso progressivamente ingravescenti e determinati da un’anormale relazione condilo-disco. 11.7.2.1 - Spiazzamento del disco con riduzione (Disc displacement with reduction): è descritta come una brusca alterazione dei rapporti condilo-disco durante il movimento di apertura e di chiusura della bocca. Generalmente è presente un click durante l’apertura come manifestazione clinica della ricattura del disco da parte del condilo e un click, di solito meno evidente, durante la fase di chiusura come conseguenza dello scivolamento anteriore del disco (clik reciproco). I due rumori di click avvengono a un diverso grado di apertura essendo quello di chiusura molto più vicino alla posizione di intercuspidazione. La ricattura del disco può essere precoce, intermedia o tardiva per cui lo spiazzamento è tanto più grave quanto più i rumori compaiono tardivamente durante l’apertura delle bocca. Durante l’apertura si rileva una deviazione mandibolare verso l’articolazione interessata dal processo patologico e poi un ritorno sulla linea mediana con il progredire del movimento. La velocità di apertura modifica la posizione della comparsa della deviazione. Il dolore, quando è presente, è dipendente dalla funzione articolare. 11.7.2.2 - Spiazzamento del disco senza riduzione (Disc displacement without reduction): è la perdita dei normali rapporti condilo-disco durante tutti i movimenti mandibolari. Il disco non è ricatturato dal condilo ma viene forzato in avanti dall’avanzamento dello stesso. La patologia si può manifestare in modo acuto (closed lock acuto) o cronico (closed lock cronico). Nel caso del blocco articolare acuto in chiusura si ha una limitata capacità di apertura (20-30 mm) con una marcata deviazione verso il lato affetto ove viene riferito un dolore che si intensifica con il movimento. Risulta limitata e dolorosa la laterotrusione verso il lato controlaterale, Novembre 2003 Pagina 13 mentre la protrusione è deviata verso il lato affetto. L’endfeel è rigido e doloroso come è dolorosa la manipolazione bilaterale della mandibola per la compressione del condilo sui tessuti retrodiscali. Nel blocco articolare cronico la condizione patologica dura da lungo tempo per cui il dolore è notevolmente ridotto o addirittura assente. Il paziente impara ad eseguire i movimenti mandibolari evitando di forzare i condili verso posizioni dolorose e con il tempo si può anche avere una modificazione istologica del legamento posteriore con trasformazione di questo tessuto molle in tessuto fibroso (psuedodisco) in grado di sostituire funzionalmente il disco armai perduto. L’apertura della bocca, i movimenti di lateralità controlaterale e di protrusione sono solo lievemente ridotti. Il blocco con poca limitazione funzionale è più antico ed è un close look mascherato. Questa è una situazione difficile da diagnosticare perchè si può confondere con un problema muscolare. Per porre una diagnosi corretta occorre ascoltare la storia clinica del paziente. Tipicamente nell’anamnesi vi è una prima fase con la presenza di un click poi una seconda fase con la limitazione funzionale senza click e poi una terza fase con apertura normale senza click. All’esame clinico l’apertura passiva è molto limitata e l’endfeel è rigido (d.d. con i disordini muscolari). 11.7.3 - Dislocazione (dislocation): questa disfunzione articolare, nota anche come blocco aperto (open-lock) o lussazione, è caratterizzata dal superamento dell’eminenza articolare da parte del complesso condilo-disco durante il movimento d’apertura mandibolare con l’impossibilità di ritornare nella posizione di chiusura. Generalmente vi è nella storia clinica un’apertura eccessiva della bocca con scatto mandibolare alla fine del movimento (sublussazione). Questo click si presenta nella fase terminale dell’apertura ed allo stesso livello in quella iniziale di chiusura non modificandosi al variare della forza o della velocità del movimento mandibolare. Durante l’apertura della bocca si ha deviazione e poi riallineamento dalla linea mediana del tragitto mandibolare molto più ampio e tardivo rispetto allo spiazzamento del disco con riduzione (11.7.2.1). Nella dislocazione mandibolare il paziente rimane bloccato in massima apertura e non è in grado di ristabilire i normali rapporti articolari (lussazione) perchè il disco rimane intrappolato davanti al condilo bloccandolo oltre l’eminenza. 11.7.4 - Infiammazione (Infiammatory conditions): le infiammazioni dell’ATM sono frequentemente secondarie a trauma, irritazione o infezione e spesso accompagnano altre patologie articolari. Sono distinte in base alle strutture coinvolte in sinovite (11.7.4.1) e Novembre 2003 Pagina 14 capsulite (11.7.4.2) anche se è difficile o impossibile distinguerle clinicamente. Sono caratterizzate dal dolore locale a riposo esacerbato dalla funzione, dalla palpazione e dal test di compressione dell’ATM, riduzione dei movimenti articolari per la presenza di dolore con endfeel cedevole, malocclusione con disclusione dei denti posteriori omolaterali e precontatto in quelli anteriori controlaterali in caso di presenza di edema articolare. 11.7.5 - Artriti (Arthritides): sono le infiammazioni delle superfici articolari e comprendono l’osteoartrosi, l’osteoartrite e la poliartridite generalizzata. 11.7.5.1 - Osteoartrosi: è definita come una condizione degenerativa non infiammatoria dell’articolazione caratterizzata da cambiamenti strutturali delle superfici articolari e del sottostante tessuto osseo secondarie ad un eccessivo carico meccanico dell’articolazioni. Clinicamente è caratterizzata: dall’assenza di dolore, dalla ridotta ampiezza dei movimenti mandibolari con deviazione verso il lato affetto durante l’apertura della bocca, dalla presenza di crepittii e dall’immagine radiografica dei cambiamenti ossei (sclerosi subcondrale, formazione di osteofiti) e della riduzione dello spazio articolare. 11.7.5.2 - Osteoartrite: è una condizione degenerativa lentamente progressiva accompagnata dall’infiammazione (sinovite) dell’ATM. Colpisce frequentemente l’ATM ma può far parte di una patologia sistemica che colpisce anche le altre articolazioni. E’ presente dolore alla palpazione e durante il movimento, crepitiii, ridotta mobilità mandibolare con deviazione verso il lato affetto durante l’apertura della bocca e reperti radiografici di cambiamenti strutturali ossei ed articolari. 11.7.5.3 - Poliartrite: è un’infiammazione con cambiamenti strutturali articolari causata da una condizione di poliartrite sistemica. Comprende l’artrite ruematoide, l’artrite ruematoide giovanile (morbo di Still), le spondiloartropatie (spondilite anchilosante, artrite psoriaca, artrite infettiva, sindrome di Reiter), le artriti autoimmuni (sclerodermia, sindrome di Sjogren, LES) e l’artrite gottosa. È caratterizzata da dolore spontaneo durante le fasi acute e sub-acute e alla palpazione nelle fasi acute, dalla presenza di crepitii, dalla ridotta ampiezza dei movimenti per la presenza del dolore e/o della degenerazione articolare e dalla presenza di reperti radiografici di cambiamenti strutturali dell’articolazione. Per la diagnosi è indispensabile eseguire degli esami sierologici specifici ed avvalersi della collaborazione di altri specialisti (reumatologo). Novembre 2003 Pagina 15 11.7.6 - Anchilosi (Ankylosis): è definita come una riduzione del movimento mandibolare con deviazione verso il lato affetto durante l’apertura come risultato di un macrotrauma (frattura, emartro), degli interventi chirurgici all’ATM o di precedenti infezioni (poliartriti). L’anchilosi può essere fibrosa e colpire o il compartimento inferiore o, più spesso, quello superiore oppure ossea con fusione dei capi articolari che causa un’immobilità completa dell’articolazione. Tutti i movimenti sono limitati o impediti. Se la lesione è monolaterale si avrà una deflessione del tragitto mediano in apertura e della protrusione verso il lato malato e una marcata riduzione o l’assenza della lateralità controlaterale. La diagnosi è radiologica con la dimostrazione della mancata traslazione condilare (anchilosi fibrosa) o della proliferazione ossea (anchilosi ossea). 11.1 - MALATTIE DELLE OSSA CRANIALI E DELLA MANDIBOLA 11.1.1 - Disordini congeniti e della crescita (Congenital or developmental disorders) 11.1.1.1 – Aplasia (Aplasia): quasi tutti le aplasie della mandibola appartengono al gruppo di anomalie comunemente conosciute come microsomia emifacciale o sindrome del primo e secondo arco branchiale. Il più frequente difetto è l’incompleta crescita del condilo associata ad una piccola fossa articolare e una rudimentale o assente eminenza. È estremamente rara l’assenza congenita (agenesia) della mandibola o della mascella. 11.1.1.2 - Ipoplasia (Hypoplasia): lo sviluppo è considerato normale sebbene proporzionalmente ridotto. In questo gruppo, considerato meno grave rispetto all’aplasia, sono comprese molte anomalie craniofacciali (sindrome di TreacherCollins). L’ipoplasia condilare può essere secondaria ad un trauma. 11.1.1.3 - Iperplasia (Hyperplasia): è un incremento non neoplasico del numero di cellule normali che si presenta come un ingrandimento localizzato (iperplasia condilare, iperplasia coronoide) o diffuso della mandibola (prognatismo mandibolare). 11.1.1.4 - Displasia (Dysplasia): è una tumefazione benigna a lenta crescita della mandibola e/o della mascella caratterizzata dalla presenza di tessuto connettivo fibroso. In genere i denti non sono spostati, la corticale rimane intatta e l’occlusione non viene modificata. La malattia colpisce soprattutto i bambini o i giovani adulti e generalmente diventa inattiva quando questi raggiungono la maturità scheletrica. 11.1.2 - Disordini acquisiti (Acquired disorders) Novembre 2003 Pagina 16 11.1.2.1 - Neoplasia (Neoplasia): è la crescita anormale ed incontrollata delle ossa craniali o mandibolari che può essere di natura benigna (osteoma, condroma, osteoblastoma, condroblastoma, condromatosi sinoviale), maligna (osteosarcoma, sarcoma di Ewing, condrosarcoma, fibrosarcoma, adenocarcinoma) o metastatica (1% dei tumori maligni metastatizzano nella mandibola). 11.1.2.2 – Fratture (Fracture): i traumi possono interessare tutte le ossa dell’apparato stomatognatico (temporale, mascella, zigomo, sfenoide, mandibola) e provocare fratture, dislocazioni, contusioni. e lacerazioni delle superfici articolari dei legamenti e del disco con o senza emartrosi intraarticolare. Possono residuare, dopo la guarigione della patologia acuta, adesioni, anchilosi o degenerazione articolare. A causa delle complesse interrelazioni tra i fattori somatici e quelli psicosociali nell’eziologia delle sindromi dolorose croniche può essere particolarmente complicato formulare una diagnosi precisa nei DTM con dolore orofacciale cronico. Sebbene la maggior parte dei DTM possano essere diagnosticati e trattati adeguatamente da qualsiasi odontoiatra abilitato alla professione, nel caso di complesse patologie croniche dell’ATM è spesso necessario avvalersi della collaborazione di altri professionisti specialmente quando si sospetti che possano essere presenti disordini psicologici. Per facilitare questo approccio, Dworkin nel 1992 propose una classificazione impostata per la ricerca ma che si è dimostrata molto valida anche dal punto vista clinico. La classificazione prende in considerazione due aspetti della patologia: Axis I: problemi clinici distinti in tre grossi gruppi. Gruppo 1: DISORDINI MUSCOLARI (Muscle disorders) a) dolore miofasciale (myofascial pain) b) dolore miofasciale con apertura limitata (myofascial pain with limited opening) Gruppo 2: SPIAZZAMENTi DEL DISCO (Disk displacements) a) spiazzamento del disco con riduzione (disk displacement with reduction) b) spiazzamento del disco senza riduzione con apertura limitata (disk displacement without reduction with limited opening) c) spiazzamento del disco senza riduzione senza apertura limitata (disk displacement without reduction without limited opening Novembre 2003 Pagina 17 Gruppo 3: ARTRALGIA, ARTRITE, ARTROSI (arthralgia, arthritis, arthrosis) a) artralgia (arthralgia) b) osteoartrite (osteoarthritis of the TMJ) c) osteoartrosi (ostearthrosis of the TMJ) Axis II: impatto sulla vita dei pazienti, quantificato in gradi, in base all’intensità del dolore e dei sintomi ad Novembre 2003 esso collegati. Pagina 18