La Teoria Ordinale degli Insiemi
di Mario Bon
23 ottobre 2016, ampliato 21 gennaio 2017, corretti errori l’8 marzo 2017
Per cominciare servono alcune definizioni.
Proprietà o concetto primitivo
Sono le proprietà ed i concetti che non dobbiamo apprendere perché
sono già noti alla nascita.
Il concetto di insieme e la proprietà di appartenenza sono state le prime due primitive individuate (dai
matematici). Sono primitivi anche il concetto di singolo e di coppia. Una buona parte di primitive è
riconducibile alla coppia (interno, esterno). I sensi, da parte loro, hanno la proprietà di “estrarre i contorni”
e questo corrisponde alla abilità di distinguere l’interno dall’esterno.
Diamo ora la definizione di oggetto. Esistono, in natura, almeno due tipi di oggetti: gli oggetti quantistici e
gli oggetti ordinali.
Oggetto quantistico
Gli oggetti quantistici possono essere rappresentati come onde o come
particelle. Sono ponderabili (misurabili) e rispondono ad una loro logica.
Gli oggetti quantistici esulano dalle nostre esperienze quotidiane (tranne
in un caso: i magneti superconduttori).
Gli oggetti ordinali sono quelli che incontriamo nella nostra esperienza quotidiana. Oggi , come 14 miliardi
di anni fa quando si sono formati, gli oggetti ordinali sono caratterizzati da due proprietà:
1^
2^
Un oggetto ordinale non può occupare spazi
diversi nello stesso tempo
Due oggetti ordinali non possono occupare lo
stesso spazio nello stesso tempo
O è qui o è là. Non è contemporaneamente qui e
là.
in un certo posto, in un certo istante, troveremo
lo stesso oggetto ovvero l’ oggetto identico a sé
stesso.
Nel film di fantascienza Timecop (1994), che tratta di viaggi nel tempo, per tre volte viene pronunciata
questa frase: “La stessa materia non può occupare lo stesso spazio nello stesso tempo”. Riflettendo su
questa frase, che si riferiva a materia proveniente da “tempi diversi”, sono emerse le proprietà degli
oggetti ordinali (che non si trovano in letteratura). Infatti nella realtà (nell’Universo che conosciamo):
“Solo la stessa materia può occupare lo stesso spazio nello stesso tempo”. Nei film di fantascienza
possono accadere cosa diverse. Gli oggetti ordinali sono anche ponderabili (misurabili) ma non
viceversa.
Confrontiamo ora le proprietà degli oggetti ordinali con gli enunciati dei Principi di Non Contraddizione
(nella forma del Teorema del Terzo Escluso) e di Identità:
1^
Due oggetti ordinali non possono occupare lo
stesso spazio nello stesso tempo
Teorema del Terzo Escluso:
A non può essere contemporaneamente B e
non_B (qui e là)
Ovvero: A non può stare contemporaneamente qui e là. Per la Teoria Ordinale degli Insiemi: un oggetto
ordinale non può appartenere contemporaneamente all’insieme ed al suo complementare (non può stare
contemporaneamente qui e là).
2^
Due oggetti ordinali non possono occupare lo
stesso spazio nello stesso tempo
Principio di Identità (PI)
A è identico ad A, A A
Qualsiasi oggetto è identico a sé stesso (è lo
stesso oggetto) perché solo lo stesso oggetto
può occupare lo stesso spazio nello stesso
tempo. Il Principio viene poi esteso ad un ente
generico.
Per la Teoria Ordinale degli insiemi: due insieme che contengono gli stessi elementi sono lo stesso
insieme.
In questo modo abbiamo riconosciuto i Principi della Logica nelle proprietà degli oggetti ordinali.
Possiamo quindi dire che la Logica preesiste all’uomo, a tutti i viventi ed anche alle galassie ed alle stelle.
1
Tutto ciò che è venuto dopo il Big Bang si è semplicemente adeguato al rispetto delle proprietà degli
oggetti ordinali.
Lo schema che stiamo seguendo parte quindi dal Big Bang e termina con la simulazione. Abbiamo
richiamato le proprietà degli oggetti ordinali, le proprietà dei sensi, le primitive. Siamo quindi giunti alla
Teoria Ordinale degli Insiemi.
Qualsiasi processo avvenga attraverso il pensiero si basa su rappresentazioni astratte della realtà contenute nella
nostra memoria. Nel nostro cervello non c’è nulla di “pratico”.
La figura che segue illustra quello che è successo, in ordine cronologico, a partire dal Big Bang. Dato che
non sappiamo cosa ci fosse prima del Big Bang, lo possiamo considerare come causa prima o come
effetto di qualche cosa d’altro o come risultato della creazione. La cosa non ha nessuna importanza.
Quello che conta è che, da quel momento, tutto avviene come successione di causa ed effetto. Ogni
effetto ha una causa. Il Big Bang genera il Cosmo, lo spazio, i tempo, gli oggetti quantistici. Il primo
avvenimento che ci riguarda da vicino è il formarsi dei primi oggetti ordinali (per aggregazione di oggetti
quantistici). Con gli oggetti ordinali nasce la Logica cui sottostanno tutti gli oggetti ordinali (dai sassi
all’uomo). Poi l’evoluzione prosegue il suo cammino finché appaiono i viventi dotati di organi di senso
(tatto, udito, gusto, odorato, vista). I sensi consentono di estrarre i contorni e distinguere l’interno
dall’esterno. Questa abilità porta alla autocoscienza. Grazie alla capacità di apprendere si formano le
primitive, la capacità di riconoscere le molteplicità e di trattarle come oggetti singoli. Siamo quindi agli
insiemi. E arriviamo anche alla seconda metà del 1800 quando Cantor concepisce la Teoria Ingenua
degli Insiemi che evolverà nella Teoria Assiomatica degli Insiemi che comprende, nel suo ambito, la
definizione di isomorfismo. Usiamo gli isomorfismi in tutti i campi, tutti i giorni anche se in modo
inconsapevole. Quando usiamo i numeri per contare usiamo un isomorfismo, quando scriviamo o
leggiamo usiamo un isomorfismo, quando progettiamo un ponte piuttosto che un missile balistico usiamo
gli isomorfismi. I matematici hanno formalizzato gli isomorfismi perché il cervello conosce attraverso gli
isomorfismi e questi non potevano che “uscire” da qualche parte. Sono usciti nella Teoria degli Insiemi.
La Teoria degli insiemi non è altro che una risposta che il cervello umano ha dato a determinati problemi
(stimoli).
Dato che qualsiasi sistema, ed il cervello è un sistema, si studia ricavando la relazione che lega la
risposta allo stimolo, studiare la Teoria degli Insiemi equivale a studiare una particolare risposta del
cervello e quindi il cervello stesso.
Nel caso della Teoria degli Insiemi lo stimolo è stato la domanda che si pose Cantor nella seconda metà
del 1800: “Gli infiniti sono tutti uguali?” la risposta fu la Teoria Ingenua degli Insiemi.
Un’ altra domanda famosa (stimolo) se la pose Einstein (di dice all’età di 14 anni): “Cosa si vede
cavalcando un raggio di luce?”.
La risposta fu la Teoria della Relatività Speciale (1905). La Teoria degli Insiemi, la Relatività Speciale ma
in generale tutte le teorie scientifiche e non, sono risposte che singoli cervelli umani hanno dato a
problemi (stimoli) più o meno specifici. Studiare ciò che ha prodotto il cervello equivale a studiare il
cervello. La consapevolezza di possedere un cervello consente a ciascuno di noi di studiarlo.
Da questo punto di vista lo studio della Teoria degli Insiemi non è solo fondamentale per comprendere
qualsiasi scienza (perché è la base di qualsiasi scienza) ma è anche il primo passo necessario per
comprendere il modo di agire e ragionare del cervello.
Il fatto che le primitive siano state individuate da un matematico e non da uno psicologo o da un
neuroscienziati non deve rappresentare un limite. Del resto anche la conservazione dell’energia è stata
ipotizzata da un biologo ma questo non ha impedito ai fisici di farla propria.
2
Gli isomorfismi sono il meccanismo attraverso il quale si realizza la conoscenza, la realizzazione di
modelli e la simulazione. Tutto ciò con lo scopo di ottenere previsioni con errore noto.
3
La definizione di Insieme di G. Cantor e B. Russel
Cantor, nella “Teoria delle Varietà” (inizialmente gli insiemi erano detti “varietà”), scrive:
“intendo in generale per varietà o insiemi qualunque molteplicità che possa essere pensata come unità,
pertanto ogni raccolta di elementi determinati che possono essere uniti in un gruppo mediante una
legge”.
La legge, di cui parla Cantor, è la proprietà di appartenenza. Per esempio la proprietà di appartenenza
sia: “essere una pecora…”, tutte le pecore entrano a far parte dell’insieme delle pecore. Incidentalmente
un insieme di pecore si chiama gregge e la parola gregge identifica una molteplicità di pecore. La parola
“gregge”, in quanto nome di una molteplicità è un cardinale.
Il gregge (l’insieme) viene trattato come un oggetto singolo (“porto il gregge al pascolo..”, “riunisco il
gregge…”, “devo vendere il gregge…”). È evidente che prima si enuncia la proprietà di appartenenza e
poi si riempie l’insieme. Non esiste insieme senza proprietà di appartenenze e la proprietà di
appartenenza perde significato senza l’insieme.
In un altro articolo del 1885 Cantor scrive:
“per insieme intendiamo l’unione in un tutto di oggetti definiti e separati dalla nostra intuizione o dal nostro
pensiero”.
Se Cantor avesse usato il concetto oggetto ordinale e di singolo, avrebbe probabilmente detto “per
insieme intendiamo l’unione in un tutto di una collezione di oggetti singoli”. Nella definizione del 1885,
Cantor, facendo riferimento alla intuizione ed al pensiero, si riferisce alla nostra rappresentazione degli
oggetti e non agli oggetti ordinali mettendo in evidenza l’aspetto astratto dell’insieme. In realtà il concetto
di insieme è primitivo quindi, in origine, legato agli oggetti ordinali (quelli che percepiamo con i sensi).
Intuizione e pensiero sono proprietà emergenti della mente. Le definizioni di Cantor si riferiscono ad una
distribuzione di oggetti nello spazio o nello “spazio della mente”.
Bertrand Russel propose questa definizione di insieme:
“un insieme è una considerazione simultanea di enti”.
Questa definizione, a differenza di quella di Cantor, fa riferimento al tempo attraverso la simultaneità: gli
oggetti vanno considerati simultaneamente ovvero nello stesso momento. Considerare simultaneamente
più oggetti significa comunque metterli insieme o raggrupparli. La cosa interessante è che la definizione
di Russel mostra che il concetto di tempo è presente nel concetto di insieme attraverso la simultaneità (la
simultaneità, che non è un concetto semplice, è stata affrontata da Einstein nell’ambito della Relatività). Il
concetto di simultaneità è esplicitamente presente anche nelle proprietà degli oggetti ordinali. Russel
utilizza il concetto di ente (di singolo) senza definirlo, ma il concetto di singolo richiede, indirettamente, il
concetto di insieme. Considerare simultaneamente più enti significa raggrupparli e tale raggruppamento
va fatto sulla base di un criterio (proprietà di appartenenza).
Perché sono state date tante definizioni di insieme? Perché nessuna di esse è soddisfacente. Tutte le
definizioni di insieme viste sono autoreferenziali e, in sostanza, definiscono l’insieme utilizzando concetti
che riconducono allo stesso concetto di insieme. Ciò è inevitabile perché il concetto di insieme è
primitivo e non può essere spiegato se non in modo autoreferenziale.
Non possiamo spiegare il concetto primitivo di insieme ma possiamo spiegare il significato della parola
“insieme” in senso ordinale: insieme è sinonimo di scatola o, in generale, di contenitore.
Possiamo tentare una ulteriore definizione di insieme: un insieme è un contenitore che viene riempito con
una molteplicità di oggetti in base ad un criterio; tale contenitore viene quindi trattato come un oggetto
singolo. Anche questa definizione è autoreferenziale (insieme=contenitore) e utilizza indirettamente il
concetto di insieme per identificare un “oggetto singolo”.
Per sintetizzare:
- l’insieme è la scatola,
- la proprietà di appartenenza è scritta sull’etichetta attaccata alla scatola
ora possiamo riempire la scatola con gli oggetti descritti sull’etichetta.
La Teoria degli Insiemi, storicamente, ha avuto, inizialmente, una vita travagliata a causa dei paradossi che ne
minavano la validità e che furono superati attraverso la assiomatizzazione proposta da Zermelo. La moderna “Teoria
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Assiomatica degli Insiemi” si basa su dei set di assiomi identificati con le iniziali dei nomi di chi li ha proposti:
-
ZF Zermelo-Fraenkel (i più usati)
NBG von Neumann-Bernays-Gobel
MK Morse-Kelley
Ci sono quindi più formulazioni della stessa teoria, sostanzialmente equivalenti, ma fondate su assiomi diversi. Per i
matematici, comunque, la cosa essenziale è evitare i paradossi e così hanno fatto.
La Teoria Ordinale degli Insiemi è coerente (non produce paradossi).
Nessuna delle definizioni di insieme viste fa riferimento ai numeri quindi il concetto di insieme è
indipendente dal concetto di numero e lo precede: prima ci sono gli insiemi e poi i numeri.
Ordinale e Cardinale
Nelle regioni centrali dell’ Australia vive il popolo Aranda (o Arunta). Un Aranda utilizza questo tipo di
numerazione ordinale:
Ninta
Tara
Ninta ma Tara
Tara ma Tara
Singolo
Coppia
Singolo e Coppia
Coppia e Coppia
Molti
Primo
Primo e secondo
Primo e (secondo e terzo)
(Primo e secondo) e (terzo e quarto)
C’è o non c’è
Il secondo c’è se c’è il primo
il terzo c’è se c’è il secondo
il quarto c’è se c’è il terzo….
“Tanti quanti i capelli in testa”
<OT>Il concetto di coppia è primitivo. Il sostantivo “coppia” indica un insieme cui appartengono il primo ed il secondo
oggetto (della coppia). Il sostantivo “coppia”, essendo il nome attribuito a una molteplicità, è un cardinale. Il
sostantivo “molteplice” (o molteplicità) individua un insieme cui appartengono contemporaneamente il primo, il
secondo, il terzo, il quarto, ecc.. Il sostantivo “molteplice” è un cardinale generico. Abbiamo così individuato almeno
tre nomi che individuano delle molteplicità: singolo, coppia, molteplice.
Gli Aranda (che non hanno sviluppato la cardinalità) utilizzano il concetto di singolo e coppia e, oltre la coppia di
coppie si affidano ai sensi per percepire le altre molteplicità (vds Legge di Weber)</OT>
La numerazione Aranda finisce con la coppia di coppie perché “tara ma tara ma ninta” rappresenta una
terna che l’Aranda non concepisce. L’Aranda ragiona in termini ordinali: considera solo gli oggetti che
vede davanti a sé. Non potremo mai convincere un Aranda a comprare 4 capre se ne vede solo una
coppia.
Quindi l’attributo “ordinale” indica un oggetto fisico che è anche “fisicamente presente” nel
momento in cui se ne parla. Dovendo essere fisicamente presente significa che il concetto di ordinale
riguarda un oggetto presente nello spazio raggiungibile dall’individuo nel tempo presente (simultaneità).
L’ attributo “ordinale” richiama il concetto di “ordine”: il quarto esiste solo se ci sono fisicamente il primo, il
secondo ed il terzo che lo precedono. Ciascuno di essi è un singolo (“il terzo” non sono tre oggetti ma
l’oggetto singolo che viene “dopo” - in senso spaziale - il primo ed il secondo). Questi concetti ancestrali
sono ancora presenti nel linguaggio di oggi: l’aggettivo numerabile ordinale (in italiano) non esprime una
quantità numerica ma la posizione di un singolo all’interno di una successione.
<OT> Nella lingua italiana sono presenti attributi ordinali, moltiplicativi, frazionari, ecc. .
Numerali ordinali
Numerali naturali
Numerali moltiplicativi
Numerali frazionari
Numerali distributivi
Numerali collettivi
Primo, secondo, terzo…
0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, ecc..
Doppio, triplo, quadruplo, quintuplo, ecc..duplice, triplice,
quadruplice, ecc..
Metà, un terzo, due sesti, ecc...
A due a due, uno ciascuno, tre per volta,ogni quattro
Un paio, una decina, una dozzina, ecc..
bimestre, trimestre, quadrimestre
biennio, triennio, quadriennio, decennio, ventennio
duetto (o duo), terzetto (o trio), quartetto, quintetto, ecc.
Relazione d’ordine
Cardinali
Moltiplicazione
Numeri razionali
Proprietà distributiva
Moltitudini
</OT>
Quando diciamo “4 capre” utilizziamo un concetto cardinale (astratto) e le capre non devono essere
necessariamente presenti. La cardinalità è un concetto che astrae dalla presenza fisica e dalla natura
5
degli enti. Il “cardinale” indica una quantità astratta e, per estensione, un concetto astratto. Nella nostra
memoria, nel nostro cervello, ci sono solo rappresentazioni astratte (scritte in memoria con una certa
codifica ovvero attraverso una certa configurazione sinaptica).
Tra i numerali ordinali manca lo zero (lo “zeresimo” è stato usato nel linguaggio C…). In un contesto
ordinale, dove conta la presenza fisica degli oggetti, non è necessario rappresentare “l’assenza del
singolo”: si considera solo ciò che si vede. I greci conoscevano lo zero ma non lo rappresentavano e
questa, in fondo, è la quintessenza della rappresentazione ordinale.
Dire che l’Universo è ordinale significa affermare che è composto da oggetti “fisicamente presenti” e che
questi appaiono “in ordine” nello spazio-tempo (cosmo = ordine). Dato che la quantità di oggetti presenti
nell’Universo è finita, anche i numerali ordinali sono finiti (il numero di protoni, per esempio, è stimato tra
70
80
10 e 10
che è un numero grande ma finito). Archimede si divertiva a scrivere numeri enormi
utilizzando una notazione di sua invenzione (simile alla attuale notazione esponenziale). Per curiosa
80
coincidenza,10 è stato uno dei numeri scritti da Archimede.
<OT>
Facciamo un esperimento: pensiamo a una mela. Adesso che la abbiamo pensata estraiamola dal nostro cranio e
mettiamola sul tavolo. L’operazione non riesce, all’interno del cranio non c’è una mela ma la rappresentazione di una
mela. Nel cervello non ci sono gli oggetti ma le rappresentazioni degli oggetti. Le rappresentazioni sono astratte,
contrariamente si chiamerebbero cloni.
Questo semplice esperimento dimostra che “la conoscenza dell’oggetto” e ”l’oggetto della conoscenza” sono due
cose distinte e che non si deve identificare l’oggetto con il soggetto (vds filosofie orientali). In tal modo si perderebbe
anche la distinzione tra interno ed esterno e si finirebbe per negare anche l’esistenza di una realtà “esterna” il che
porrebbe seri problemi alla definizione del sé e della autocoscienza.
Le filosofie orientali confondono la conoscenza dell’oggetto con l’oggetto della conoscenza: pensano ad una mela, la
estraggono dal cranio e la mangiano (o no?).
</OT>
Teoria Ordinale degli Insiemi
Lo scopo è portare il lettore alla comprensione degli isomorfismi che sono definiti nell’ambito della Teoria
Assiomatica degli Insiemi. Gli isomorfismi sono il “meccanismo” su cui si basano i processi cognitivi di
tutti gli animali, uomo compreso. Tuttavia, se oggi andiamo a studiare la Teoria Assiomatica degli Insiemi
in un manuale di Matematica, al massimo troveremo un rapido cenno al concetto primitivo di insieme ed
alla proprietà di appartenenza. La caratteristica della Teoria Assiomatica degli Insiemi è il rigore logico e
formale e, per come è presentata nei manuali, è una teoria poco attraente e abbastanza noiosa motivo
per cui non viene studiata se non dagli specialisti. Il risultato è che la Teoria degli Insiemi è poco
conosciuta: tutto quello che non serve per maneggiare uno smartphone oggi è considerato meno che
inutile, figuriamoci la Teoria degli Insiemi. Per tutto il resto ci sono le App.
Non ci può essere rigore logico senza rigore formale e viceversa.
Prima di affrontare la Teoria Assiomatica degli Insiemi, se ne può formulare una versione più semplice e
realmente intuitiva che utilizza soltanto oggetti ordinali. Questa “Teoria Ordinale degli Insiemi“, che è
sostanzialmente un gioco, si esaurisce con la definizione dei primi numeri naturali. A quel punto, avendo
scoperto, per induzione, che ogni numero naturale ammette un successore (vds Peano) ed intuendo la
necessità di chiudere l’operazione di somma, sarà possibile, con l’astrazione, definire l’insieme infinito dei
numeri naturali, estendere il concetto di oggetto agli enti astratti ed estendere il concetto di “scatola” agli
insiemi astratti. Avendo a che fare con enti ed insiemi astratti, però, si dovranno introdurre degli assiomi
per impedire di cadere nei paradossi. Ma ciò sarà lasciato agli specialisti.
La distinzione, tra una prima fase ordinale ed una successiva fase astratta, aiuta a comprendere come il
cervello tratti la molteplicità. I numeri, infatti, sono enti astratti definiti dall’uomo (nati, storicamente, per
semplificate il commercio).
La caratteristica fondamentale dei numeri è la loro indipendenza dalla natura degli enti che vengono contati.
Usiamo gli stessi numeri naturali per contare le mele, le pere, le astronavi, le idee o le stelle e in generale
qualsiasi molteplicità di oggetti discreti. Tali molteplicità sono dette numerabili proprio perché possono
essere contate. La Teoria Ordinale degli Insiemi è l’unica teoria oggettivamente intuitiva quindi, più che
impararla, se ne deve acquisire consapevolezza attraverso la consapevolezza delle primitive.
Tutto ciò che precede il concetto di cardinale è ordinale e resta ordinale anche dopo la definizione dei
numeri. Anche dopo aver introdotto gli insiemi astratti, in quanto insiemi, essi devono conservare le
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caratteristiche proprie degli insiemi ordinali. In particolare un insieme non può contenere sé stesso così
come una scatola non contiene sé stessa.
<OT>
Una scatole è fatta di due “cose”: le pareti della scatola ed il volume (lo spazio) che queste delimitano. Le pareti della
scatola rappresentano il confine tra lo spazio interno e lo spazio esterno. Se la scatola contenesse sé stessa
dovrebbe essere possibile estrarre qualche cosa anche da una scatola vuota (il sé della scatola?). L’unica cosa che
possiamo togliere da una scatola vuota è lo spazio che essa delimita. Se togliamo lo spazio dall’interno della scatola
la scatola si schiaccia e diventa una superficie bidimensionale e non è più una scatola ma un foglio o una lastra. Una
scatola non contiene sé stessa ma delimita un volume. Se Russel avesse fatto questa osservazione, oggi avremmo
la Teoria Assiomatica degli Insiemi di Frege (e un paradosso in meno).
</OT>
Quindi, per la Teoria Ordinale degli Insiemi:
-
gli enti sono solo gli oggetti ordinali (oggetti fisici, fisicamente presenti)
gli insiemi sono scatole (contenitori fisici)
le relazioni sono realizzate con dei nastri (le relazioni sono fisicamente rappresentabili e
rappresentate)
Gli oggetti non godono del dono della ubiquità né si possono compenetrare l'un l'altro.
Nessuno può prescindere da queste proprietà che sono chiare per la formica, la rana, l’orso bruno, il
cammello… e l’uomo occidentale.
Dato che l’Universo fisico contiene un numero finito di oggetti, non esistono, nell’Universo fisico, insiemi
ordinali infiniti e i numerali ordinali sono finiti. Ne segue che
Il paradosso di Cantor non è applicabile
Perché non esistono insiemi infiniti e un oggetto ordinale non
può trovarsi contemporaneamente in due coppie diverse
Il paradosso di Russel non è applicabile
Perché una scatola non contiene sé stessa
Il paradosso di Burali-Forti non è applicabile
Perché i numerali ordinali sono finiti
Il teorema di incompletezza di Godel non è Perché i numeri naturali sono finiti e l’operazione di somma non
applicabile
è chiusa quindi non c’è una vera aritmetica. In più se c’è
finitezza, non c’è incompletezza (dualità tra incompletezza e
infinitezza). Questa affermazione è un po’ criptica, ma non si
può spiegare tutto in termini semplici.
Un insieme è definito dalla proprietà di
Come avrebbe voluto Frege
appartenenza
L’Universo ordinale è un insieme
Basta trovare una scatola abbastanza grande per contenerlo.
Ne risulta una teoria coerente (non ammette paradossi) e completa (sfugge al teorema di Godel) per la
quale si possono enunciare tre assiomi:
Assioma Zero
Primo Assioma:
(definizione di coppia)
Secondo Assioma:
(definizione di
complementarietà)
La realtà è fatta di spazio, tempo e materia.
In sostanza esiste la realtà esterna fatta di spazio, tempo e materia. Dato che
sussiste l’equivalenza massa-energia, dicendo che esiste la materia implicitamente si
ammette l’esistenza dei campi. (gravitazionale, elettromagnetico, forte e debole).
Lo spazio è la dimensione che impedisce agli oggetti ordinali di compenetrarsi.
Il tempo è la dimensione che impedisce agli stati degli oggetti ordinali di
sovrapporsi.
Il primo ed il secondo, in relazione tra loro, formano una coppia.
Interno ed esterno formano la coppia complementare (interno, esterno).
Dopo gli assiomi si enunciano i teoremi:
Teorema #1
oppure
Un insieme è noto quando sono noti gli elementi che esso contiene.
Un insieme è noto quando è noto il criterio di appartenenza
Da questo si deduce che:
Teorema #2
Due insiemi sono uguali se contengono gli stessi oggetti ordinali ovvero se sono lo stesso insieme.
Ogni insieme è identico solo a sé stesso.
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Si noti che “identico” e “uguale” sono concetti diversi.
Il secondo teorema si dimostra ricordando che gli oggetti ordinali non godono dell’ubiquità. In forma
alternativa questo teorema diventa il Principio di Identità: Un oggetto è identico a sé stesso ovvero è lo
stesso oggetto (Principio di Identità, A A)
Se nel teorema #2 omettiamo l’aggettivo “ordinale” le cose cambiamo: gli oggetti quantistici godono di
una doppia natura (ondulatoria e corpuscolare). In quanto onde, gli oggetti quantistici occupano tutto lo
spazio e possono occupare in tanti lo stesso spazio.
Negli assiomi proposti gli enti e le relazioni (interno, esterno, singolo, coppia, insieme, relazione, spazio,
ecc. .) sono definiti in modo implicito. Frege, invece, sosteneva che prima si devono definire gli enti e poi
si possono enunciare gli assiomi. Il problema, con le primitive, è che non possono essere definite se non
in modo autoreferenziale. L’approccio hilbertiano (che prevede la definizione implicita degli enti) evita
questa complicazione.
La Teoria Ordinale degli Insiemi è un gioco
Per spiegare la Teoria Ordinale degli Insiemi, organizziamo un gioco e cominciamo fissando delle regole.
Le operazioni consentite nell’ambito della “Teoria Ordinale degli Insiemi” sono tutte quelle che si possono
fare avendo a disposizione:
-
un certo numero di scatole (gli insiemi)
un certo numero di nastri (per rappresentare le relazioni)
un certo numero di oggetti (cubi, biglie, bamboline, mele, pere, ….)
un tappeto, sul quale giocare (l’Universo all’interno del quale si opera)
Stabiliamo le regole del gioco:
-
L’Universo è il tappeto (anche se non è una scatola rappresenta comunque una zona limitata);
Scatole e nastri servono come insiemi e relazioni;
Si gioca solo con gli oggetti che si trovano sul tappeto;
La proprietà di appartenenza è il criterio che consente di riempire la scatola;
Una scatola che non contiene oggetti è una scatola vuota (insieme vuoto);
Una scatola ed il suo complementare formano una coppia complementare.
Aggiungiamo anche la definizione di relazione:
-
La relazione è un nastro alle cui estremità sono legati oggetti;
Un singolo capo del nastro può essere legato ad un singolo oggetto:
Un oggetto può essere legato ai capi di più nastri.
Per finire una ultima regola (formalmente è un teorema)
-
Un oggetto o si trova dentro alla scatola oppure è fuori dalla scatola (Terzo Escluso,
complementarietà).
Ne segue che le relazioni possibili sono “fisicamente rappresentate” (con nastri che legano tra loro gli
oggetti). Nella Teoria Assiomatica degli Insiemi questi nastri diventeranno dei “nastri ideali” ma il
significato di relazione come legame (di qualche genere) tra enti rimane invariato.
Si potrebbe obbiettare che le scatole e i nastri sono oggetti ordinali appartenenti a questo stesso
Universo…è vero. È per questa mancanza di rigore che la Teoria Ordinale degli Insiemi è stata definita
come un gioco. Nell’ambito di questo gioco scatole e nastri assolvono ad una funzione speciale che verrà
meno quando saranno introdotti gli insiemi astratti e le relazioni astratte. I bambini hanno una particolare
predisposizione al gioco e questo gioco con scatole, oggetti e nastri è particolarmente adatto per
promuovere la consapevolezza delle primitive. Quanto appena detto vale anche per gli adulti e gli anziani
(vds formazione continua).
Per prima cosa procuriamoci un tappeto o troviamo un modo per delimitare uno spazio (per esempio tutta
una stanza o la superficie di un tavolo, ecc.). Questo spazio è l’Universo entro al quale giocare.
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Raccogliamo sul tappeto una quantità di oggetti. Raccogliamo poi una certa quantità di scatole e di nastri
azzurri. Poniamo scatole e nastri fuori dal Tappeto-Universo. Li porteremo sul tappeto quando servono
ricordando la loro funzione speciale.
Si gioca soltanto con quello che c’è sul tappeto e con le scatole ed i nastri predisposti allo scopo.
Cominciamo a giocare: prendiamo le scatole, portiamole sul tappeto, e riempiamole…ma per riempire
una scatola serve una regola ovvero dobbiamo rispondere alla domanda: cosa mettiamo in questa
scatola? In questa scatola mettiamo gli omini blu. Questa regola è detta “criterio di appartenenza”.
<OT> Essere o avere?
Affinché un oggetto possa essere posto all’interno della scatola delle mele deve: “avere le proprietà di una mela”. In
genere si dice “essere una mela” ma questo trasforma il riconoscimento della mela in un problema ontologico che
non ha nulla a che vedere con gli insiemi. Prendiamo una scatola, prendiamo in mano un oggetto e osserviamolo
(Osservazione). Se l’oggetto ha le proprietà di una mela (Ragionamento) lo mettiamo nella scatola altrimenti lo
appoggiamo fuori dalla scatola (Esperimento).
Quasi sempre usiamo il verbo essere in modo improprio: gli oggetti non “sono” ma “hanno delle proprietà".
Il criterio di appartenenza presuppone che si sappiano riconoscere le proprietà degli oggetti: descrivere un oggetto in
modo univoco non è semplice, per esempio non possiamo dire che una mela ha la forma di una mela, il colore della
mela o il sapore della mela. Possiamo dire che la mela è il frutto del melo ma poi dobbiamo spiegare che cosa è il
melo. Il melo è un albero, spieghiamo che cosa è un albero, ecc. ecc. .
Quando componiamo l’insieme delle mele diamo per scontato di saper riconoscere una mela.
Sarebbe invece impossibile descrivere una mela a partire dalle differenze rispetto ad altri oggetti.</OT>
Riprendiamo il gioco: dobbiamo riempire la scatola di omini blu.
Se non si trova alcun omino blu, la “scatola” rimane vuota: esiste
l’insieme vuoto perché esiste la scatola vuota. La scatola c’è
comunque. La figura mostra la scatola vuota (o insieme vuoto ordinale) e
il simbolo usato per indicarlo.
L’esistenza dell’insieme vuoto, nella “Teoria Assiomatica degli Insiemi
ZF” è stabilita da un assioma. In questo gioco basta la scatola vuota, non
c’è bisogno di nessun assioma.
La figura rappresenta un insieme A che contiene un singolo oggetto.
A sinistra la rappresentazione “ordinale” come scatola, a destra la
rappresentazione “idealizzata” con un diagramma di Venn.
L’insieme può essere considerato un oggetto così come una scatola è un
oggetto (conformemente alla definizione data da Cantor).
La figura rappresenta un insieme A che contiene una molteplicità di
oggetti nella rappresentazione ordinale e di Venn.
Il concetto di insieme consente di trattare una molteplicità come un
singolo oggetto (economia di pensiero).
Una parola scritta è formata associando delle lettere dell’alfabeto ma
acquista significato solo quando viene considerata come un oggetto
singolo (e così fa anche il cervello).
Per definire il criterio di appartenenza e per riempire la scatola non serve saper contare.
A questo punto solo i nastri non sono stati ancora utilizzati. Per come abbiamo operato, all’interno del
Tappeto-Universo si trova una molteplicità di scatole riempite con gli oggetti a disposizione.
Il concetto di insieme e la proprietà di appartenenza sono intimamente legati: l’insieme è la scatola, la
proprietà di appartenenza consente di riempire la scatola (potrebbe essere scritta su una etichetta
attaccata alla scatola). Si noti anche che le primitive esprimono l’appartenenza (il possesso, l’avere) e
non l’essere (che è l’oggetto dell’ontologia).
La proprietà di appartenenza introduce un ordine temporale: “prima” l’individuo diventa soggetto
riconoscendo sé stesso come singolo (ponendo un confine al “suo interno” ottenendo l’autocoscienza) e
“poi” esercita il possesso sugli oggetti “esterni”. L’individuo applica, a propria discrezione, il diritto di
usucapione sugli oggetti che lo circondano (territorio, cose, altri individui). Non appena il dobermann
afferra il cibo, il cibo diventa “suo” e lo difende.
Cosa possiamo fare a questo punto per continuare il gioco? Possiamo:
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Possiamo spostare gli oggetti da una scatola in un’altra
Basta ridefinire la proprietà di appartenenza in modo
che una scatola possa accogliere altri oggetti
Possiamo rovesciare il contenuto di una scatola dentro Questa è l’operazione di unione:
ad un’ altra (unire il contenuto di più scatole)
se una scatola contiene le biglie rosse e l’altra scatola
contiene le biglie verdi, l’unione delle due scatole
contiene tutte le biglie rosse e verdi.
Si noti che questa operazione si fa senza prendere
alcuna precauzione.
Mettere dentro ad una scatola una seconda scatola più
piccola, dichiarare la proprietà di appartenenza per la
scatola piccola e riempirla con oggetti già presenti nella
scatola
In questo modo costruiamo un sottoinsieme. Gli oggetti
che appartengono al sottoinsieme verificano due
proprietà: la scatola contiene tutti dadi, la scatola più
piccola contiene i dadi rossi.
per esempio classificare minerali, piante, animali, libri,…
Fare una classificazione.
Una classificazione si fa suddividendo il contenuto di un
insieme in un numero adeguato di sottoinsiemi.
Qualsiasi operazione venga in mente di fare, nel rispetto delle regole del gioco, è una operazione lecita.
Tutte le operazioni che possiamo fare hanno un corrispettivo, formalmente e rigorosamente definito,
nell’ambito della Teoria Assiomatica degli Insiemi.
Ora diamo una definizione: prendiamo in mano una scatola, tutto ciò che non sta all’interno della scatola
si trova all’esterno della scatola e costituisce il “complementare” della scatola stessa. L’unione di quanto
sta dentro alla scatola con quanto sta fuori della scatola dà come risultato tutti gli oggetti presenti sul
Tappeto-Universo. Abbiamo così introdotto il concetto di “insieme complementare” e di
complementarietà. Notiamo alcune cosa:
-
-
-
una scatola può essere vuota (l’insieme vuoto);
Il Tappeto-Universo è l’unico insieme che ha come complementare la scatola vuota, infatti se
uniamo il contenuto dell’Universo al contenuto della scatola vuota, otteniamo tutto il contenuto
dell’Universo (come da definizione di coppia complementare);
La scatola vuota è l’elemento neutro rispetto alla operazione di unione (non altera il contenuto di
una scatola);
Se l’unione del contenuto di una scatola con il contenuto della scatola vuota non altera il
contenuto della scatola, significa che qualsiasi scatola contiene anche il contenuto di una scatola
vuota (qualsiasi insieme contiene l’insieme vuoto).
Ne segue che l’intersezione del contenuto di due scatole è l’insieme vuoto. (l'intersezione di due
insiemi contiene gli elementi comuni ai due insiemi).
L’insieme vuoto appare contenuto in più insieme e infatti non contiene oggetti ordinali.
In questa fase possiamo utilizzare solo i concetti primitivi di singolo, coppia e molteplice perché i numeri,
nell’ambito di questo gioco, non sono stati ancora inventati e fin qui non servono.
Prendiamo ora un nastro e leghiamo tra loro gli oggetti come più ci piace (ma seguendo le regole dettate
precedentemente). Con il nastro stabiliamo un legame fisico tra una coppia di oggetti. Tale legame,
corrispondenza o relazione, si esprime con “essere legato a…”.
-
se abbiamo legato una coppia di oggetti che stanno nella stessa scatola la corrispondenza si
chiama “operazione”
se abbiamo legato una coppia di oggetti che stanno in scatole diverse la corrispondenza si
chiama “relazione”
se un singolo oggetto risulta legato ad un solo singolo oggetto la relazione (tra la coppia di
oggetti) si dice biunivoca.
se un oggetto risulta legato ad una molteplicità di oggetti la relazione si dice univoca
La relazione “essere legato a…” gode della proprietà simmetrica (se A è legato a B, B è legato ad A).
Ora consideriamo una scatola che contenga degli oggetti (non vuota). La relazione “essere contenuto
in…” gode di tre proprietà:
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-
proprietà riflessiva (un oggetto è contenuto in sé stesso)
proprietà antisimmetrica (se A contiene B, B è contenuto in a A)
proprietà transitiva (se A è contiene B e B contiene C, allora A contiene C)
La relazione “essere contenuto in…” (o “essere interno a…”) è una relazione d’ordine. Una relazione
d’ordine aggiunge sempre una qualche nuova informazione sull’oggetto: per esempio ci dice se un
oggetto si trova all’interno o all’esterno, a destra o a sinistra, ecc. .Tutto ciò è facilmente verificabile
giocando con le scatole, per esempio, ponendo più scatole una dentro l’altra.
Consideriamo ora la relazione “essere uguale a…” che gode delle proprietà:
-
proprietà riflessiva (un oggetto è uguale a sé stesso)
proprietà simmetrica (se A è uguale a B, B è uguale ad A)
proprietà transitiva (se A è uguale a B e B è uguale a C, allora A è uguale a C)
La relazione “essere uguale a…” è una relazione di equivalenza. Il fatto che un oggetto sia uguale ad
un altro non aggiunge nuove conoscenze in merito all’oggetto se non quella che l’oggetto stesso non è
unico. Si noti che “uguale” ed “identico” non sono la stessa cosa: due oggetti distinti possono essere
uguali (A=B) mentre un oggetto è identico solo a sé stesso (A A e in questo caso il segno ha tre barrette
parallele). In sostanza la relazione “essere identico a…” è una relazione di equivalenza (anche se un po’
particolare perché A, B e C sono sempre lo stesso oggetto).
Torniamo al gioco. Quello che possiamo dire, di fronte a tutte queste scatole piene di oggetti, è che gli
oggetti ordinali sono stati scoperti (e infatti gli abbiamo trovati nell’ambiente dove viviamo) mentre i
numeri devono essere inventati e adesso vedremo un modo per farlo. Per costruire i numeri naturali non
serve più di questo: un tappeto, una molteplicità di scatole, oggetti e nastri. Si dovrà aggiungere un
minimo di pazienza.
Prima di continuare dobbiamo fare una precisazione molto importante: in questo mini universo ordinale,
un oggetto non può stare contemporaneamente in scatole diverse. Quindi, a differenza di quanto avviene
nella Teoria Assiomatica degli Insiemi, nessun oggetto può essere in comune a due scatole diverse. Fa
eccezione l’insieme vuoto che, sempre a rigore, non è un oggetto ordinale e può state in tanti posti
contemporaneamente. In questo gioco il risultato della operazione di intersezione di insiemi è sempre e
soltanto l’insieme vuoto.
Il fatto che questo gioco sia semplice ed intuitivo non esclude il rigore logico.
L’insieme complementare e la complementarietà
La proprietà di appartenenza definisce contemporaneamente due insiemi:
-
l’insieme degli oggetti che soddisfano al criterio di appartenenza (che finiranno all’interno della
scatola)
l’insieme degli oggetti che non soddisfano al criterio (che resteranno all’esterno della scatola)
Gli insiemi nascono sempre a coppie. L’insieme degli oggetti che non soddisfano alla proprietà di
appartenenza è detto insieme complementare. Un oggetto che non appartiene ad un insieme appartiene
al suo insieme complementare quindi, un oggetto, o appartiene all’insieme o appartiene al
complementare. Questo appena enunciato è, ancora, il Teorema del Terzo Escluso. L’insieme
complementare esiste sempre (magari è vuoto ma esiste). Il Principio di Non Contraddizione è implicito
nella definizione di insieme complementare e riconducibile alle primitive. Si noti che “essere fuori dalla
scatola” , a rigore, non implica necessariamente “trovarsi dentro un’altra scatola”.
In astratto, dato un qualsiasi ente A, è sempre possibile formare la coppia complementare (A, non_A).
Tecnicamente la proposizione “Dato un qualsiasi ente A è sempre possibile formare la coppia
complementare (A, non_A)” è un teorema che deriva dal concetto di insieme e dalla proprietà di
appartenenza. Nella Teoria Assiomatica degli Insiemi ZF, l’esistenza della coppia è un assioma, per noi è
una primitiva.
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Storicamente la complementarietà è stata usata da Parmenide (520 a.C.) che ha formalizzato la Logica
e “inventato” la metafisica applicandola alla coppia (essere, non_essere) e da Democrito che ha
individuato il vuoto come complementare della materia. Democrito è il più moderno dei filosofi antichi ma,
non essendo stato capito da Aristotele, è stato messo da parte per duemila anni fino a quando Dalton
non ha ripreso in seria considerazione l’esistenza degli atomi.
L’insieme complementare delle “cose conosciute” contiene tutte le cose “non conosciute”. Come
possiamo accedere a ciò che non conosciamo se non lo conosciamo? Possiamo applicare delle
trasformazioni alle cose conosciute. Per esempio possiamo cercare, di un ente noto, il contrario, l’inverso,
l’opposto, lo speculare, il simmetrico, l’antisimmetrico, ecc. Tutte queste trasformazioni producono nuovi
oggetti prima sconosciuti.
Per rimanere neI campo dei numeri naturali, i numeri negativi sono l’opposto dei numeri naturali, i numeri
razionali sono l’inverso dei numeri interi. Nel campo delle strutture, note le strutture caratterizzate da una
operazione, possiamo immaginare strutture con due, tre o più operazioni. L’Algebra ci consente di
formare nuove strutture, la Logica ci consente di ottenere le proprietà di qualsiasi struttura.
Oggetti uguali e oggetti diversi
La Logica utilizza l’ identità e la complementarietà. Come si fa a dire che un oggetto è diverso da un altro
oggetto?
Consideriamo un Universo dove siamo presenti solo una Stella e un
Albero.
Il Principio di Identità ci consente di affermare che la Stella è identica
alla Stella e che l’Albero è identico all’Albero. Formiamo un insieme
che contiene solo la Stella. Il complementare di questo insieme
contiene tutto ciò che è Non_Stella (in questo caso l’Albero). Se
fossimo partiti dall’Albero avremmo trovato la Stella nel suo insieme
complementare.
Ne segue che la Stella è un Non_Albero mentre l’Albero è una
Non_Stella. Ricapitolando:
Albero = Non_Stella
Stella = Non_Albero
Questo esclude la possibilità che la Stella sia identica all’Albero
perché non può trovarsi contemporaneamente nel suo insieme e nel
suo complementare.
Avendo escluso che la Stella sia identica all’Albero, dobbiamo dedurre
che la Stella è non_identica all’Albero.
Nel linguaggio corrente per indicare che un oggetto non è identico ad
un altro diciamo che è diverso. Quindi l’Albero è diverso dalla Stella.
In realtà non si dovrebbe confondere non_identico con diverso perché non_identico è legato alla complementarietà
mentre diverso non è necessariamente complementare (per esempio l’opposto è diverso ma non complementare).
Per affermare che la Stella non è identica all’Albero abbiamo applicato due volte il Principio di Identità e
una volta il Principio di Non Contraddizione. Nel caso di insiemi che contengano più oggetti, tutti gli
oggetti contenuti nello stesso insieme sono uguali, tutti quelli contenuti nel complementare sono
non_uguali. Tutti gli oggetti che appartengono allo stesso insieme sono uguali in quanto tutti soddisfano
alla stessa proprietà di appartenenza.
Nota: l’opposto di A è lo stesso A su cui è stata applicata l’operazione di inversione (rappresentata
dall’operatore NOT o dal segno meno). L’ unione degli opposti produce il nulla, l’unione dei
complementari produce il tutto.
Sottoinsiemi, annidamento, alberi decisionali
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Vediamo questo esempio (le lettere maiuscole identificano gli insiemi le lettere minuscole identificano gli
elementi appartenenti ad un insieme):
Formiamo l’insieme A (a sinistra) con “tutti gli oggetti presenti nella stanza”. All’interno dell’insieme A
definiamo l’insieme B cui appartengono “tutti gli oggetti verdi”. Definiamo B “sottoinsieme proprio di A”.
Risulta che B è contenuto in A (o che A contiene B). Quindi il sottoinsieme B è definito da due criteri di
appartenenza:
-
tutti gli oggetti presenti nella stanza
tutti gli oggetti verdi
in sintesi B contiene “tutti gli oggetti verdi presenti nella stanza”.
Tutti gli oggetti che appartengono ad A, ma non sono verdi, appartengono al complementare di B (ciò che
è esterno a B ma interno da A perché l’Universo di B è A). Questo esempio introduce una tecnica molto
usata nella programmazione: l’annidamento delle condizioni e i cosiddetti “alberi decisionali”. Si tratta di
un modo per semplificare i problemi di scelta.
In un albero decisionale, una scelta, che dipende da una
quantità di condizioni, viene ridotta in una successione di
scelte tra due alternative (si, no) .
Gli alberi decisionali vengono rappresentati con i grafi lineari
orientati e si chiamano “alberi” perché il grafo richiama la
forma della chioma rovesciata di un albero.
I tratti lineari si chiamano rami, i rami confluiscono e si
dipartono dai nodi.
L’albero decisionale è un sistema dove i nodi sono gli
elementi dell’insieme di supporto e i rami le relazioni..
L’annidamento e gli alberi decisionali consentono di formulare in modo semplice problemi anche molto
complicati. Si potrebbe anche dire che un albero decisionale rappresenta una applicazione della
maieutica (l’arte di porre domande).
L’ associazione (operazioni e strutture)
Nelle primitive è implicita una operazione e una struttura. L’operazione è l’operazione associativa non
commutativa (che è l’operazione più semplice). La struttura è il monoide non commutativo (che è la
struttura utile più semplice).
Senza questa struttura non potremmo parlare e tanto meno scrivere. Una parola è una associazione di fonemi: la
parola “case” si forma “mettendo in fila” o concatenando o associando (cioè considerando come un unico oggetto) i
fonemi c, a, s, e. Per inciso il cervello, dopo aver formato una parola, la tratta come un oggetto singolo (per
aumentare la velocità del parlato). Il silenzio è usato per separare le parole una dall’altra per cui il silenzio è
l’elemento neutro rispetto all’operazione associativa di concatenamento dei fonemi.
L’operazione associativa, ancor prima di formare le parole, ha consentito di formare la coppia
(associando due singoli). Possiamo anche considerare il possesso come la “associazione a sé stessi” e
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classificare associare e possedere, da questo punto di vista, come sinonimi. Del monoide e
dell’isomorfismo tra linguaggio e scrittura si parlerà ancora.
La gran parte delle persone sa leggere e scrivere ma pochi sanno cosa sia un sistema (a parte forse
quelli per giocare al totocalcio) o una struttura e meno ancora conoscono il monoide. Questo significa che
la struttura monoide viene usata inconsapevolmente. La Teoria degli Insiemi è stata inventata, ma, a
rigore, bisognerebbe dire scoperta, da Cantor nella seconda metà del 1800 e “messa a punto” nel secolo
successivo. Grazie alla Teoria degli Insiemi, abbiamo riconosciuto le primitive individuando, e dando un
nome, agli strumenti innati che utilizziamo da sempre rendendoci sempre più consapevoli.
La Teoria degli Insiemi porta alla consapevolezza degli strumenti che consentono di raggiungere la
consapevolezza. Come si possa parlare di consapevolezza senza conoscere gli strumenti che portano
alla consapevolezza è uno dei più grandi misteri, irrisolti, di tutti i tempi. Come raggiungere la
consapevolezza senza saper che strumenti utilizzare per farlo infittisce il mistero. Come dire: il falegname
ha costruito il tavolo senza rendersi conto che stava usando la sega, il martello, i chiodi, la pialla…Si è
mai visto un falegname piantare i chiodi con la sega o piallare una tavola con il martello? Affidereste un
lavoro ad un falegname che usa i suoi strumenti in questo modo? E ancora affidereste un lavoro a un
falegname che non conosce il martello, la sega, la pialla, i chiodi…? Eppure pretendiamo di ottenere
conoscenza e consapevolezza senza conoscere gli strumenti che utilizziamo per farlo.
Oggetti ordinali, rappresentazione e memoria
L’uomo ha ereditato le primitive dagli animali. Il cardellino distingue il singolo dalla coppia fino alla coppia
di coppie e poco più. Il cardellino comprende quando da un insieme manca qualche cosa (esegue
comparazioni di stimoli basate sulla memoria pregressa). La numerazione ordinale utilizzata dagli
aborigeni Aranda non è diversa da quella che utilizza il cardellino ed, in generale, i corvidi e i mammiferi
condividono lo stesso tipo di numerazione ordinale (anche se la funzione risiede, nelle due specie, in
aree cerebrali diverse).
Nel bambino si osserva un comportamento analogo al cardellino e all’Aranda:
Tra i 6 e i 12 mesi
Tra i 12 e i 18 mesi
Tra i 2 e i 3 anni
Percepisce gli insiemi di oggetti e si accorge se manca qualcosa.
(quindi esegue la comparazione di stimoli memorizzati)
distingue tra singolo, coppia e "molti" oggetti
concepisce la terna (ma forse è già intervenuta l’istruzione)
Anche l’adulto, prima di usare il computo astratto vero e proprio, ricorre alla comparazione, allo
sdoppiamento ed al raggruppamento (per esempio per contare 100 viti si fanno prima mucchietti da tre e
da due poi da cinque, da dieci, ecc…molti arriveranno a comporre una coppia di mucchietti da 50 viti… si
tende a contare il meno possibile). In sostanza si cerca di applicare il più estensivamente possibile
l’operazione associativa perché è meno faticosa (impegna più le mani del cervello e far funzionare il
cervello è più faticoso che usare le mani motivo per cui il cervello viene usato poco. Tra usare poco e non
usare mai c’è differenza).
Un oggetto ordinale è un qualche cosa con cui abbiamo contatto fisico diretto (visivo, tattile,…). Nella
concezione ordinale l’oggetto è il singolo. La coppia ordinale è l’associazione di due oggetti singoli
contemporaneamente presenti uno vicino all’altro. Qualsiasi ente non_ordinale è “astratto” o “cardinale”.
Ciò che “entra” nella nostra memoria non è l’oggetto ordinale ma una immagine codificata della
rappresentazione dell’oggetto ordinale. Una rappresentazione è astratta per definizione. Quindi i
passaggi che portano alla conoscenza sono due (ben distinti):
-
da realtà (ordinale) a rappresentazione (astratta) della realtà
da rappresentazione (astratta) a immagine codificata (ordinale) nella memoria.
La codifica si realizza attraverso la interconnessione fisica tra neuroni ed è quindi ordinale.
Oltre a ciò il cervello si interfaccia con sé stesso ed elabora rappresentazioni di rappresentazioni anche
non rappresentabili fisicamente (per esempio gli spazi complessi a n dimensioni). Una delle astrazioni più
interessanti è il concetto di infinito in atto (negato da Aristotele, implicitamente presente in Euclide,
esplicitamente espresso da Cantor). Diciamo subito che le conoscenze necessarie per riconoscere
l’infinito in atto sono disponibili almeno dai tempi di Pitagora.
La costruzione dell’insieme dei numeri naturali
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La costruzione dei numeri naturali, presentata qui di seguito, è stata fatta a posteriori e non corrisponde alla
evoluzione storica che ha portato alla definizione dei numeri e della numerazione. Ha però il vantaggio di utilizzare
solo le primitive e di poter essere replicata in qualsiasi contesto e con qualsiasi pubblico, anche in età prescolare.
Torniamo al nostro gioco sul Tappeto-Universo. Ripartiamo da zero, svuotiamo le scatole e riempiamole
a caso. Alcune delle scatole, quelle con pochi oggetti all’interno, sono facilmente distinguibili. Le primitive
di cui disponiamo ci consentono di distinguere la scatola che contiene un oggetto singolo e la scatola che
contiene una coppia di oggetti. Un Aranda distingue anche la scatola che contiene un singolo e una
coppia e la scatola che contiene una coppia di coppie. Ci accorgiamo che gli altri insiemi contengono
molteplicità diverse di oggetti ma non sappiamo ancora come chiamarle.
Vediamo allora come fare. Il primo passo è già stato fatto riconoscendo che le scatole, riempite a caso,
contengono molteplicità diverse.
Ricordiamo che non sappiamo contare e che ancora non conosciamo i numeri.
Prendiamo una coppia di scatole a caso e mettiamole una vicino all’altra: una a destra e una a sinistra.
Prendiamo anche dei nastri azzurri. Il concetto ordinale e primitivo di “singolo” ci permette di prendere un
singolo oggetto ed un singolo nastro alla volta.
Leghiamo una estremità del nastro ad un oggetto contenuto nella scatola che sta a destra e l’altra
estremità del nastro ad un oggetto che sta nella scatola a sinistra. Ripetiamo l’operazione per tutti gli
oggetti presenti nella scatola di destra evitando gli oggetti che risultano già legati. Il nastro rappresenta
fisicamente la relazione “essere legato a…”. Questa relazione è biunivoca perché ogni oggetto singolo è
legato ad un singolo oggetto (e viceversa). Queste sono le tre situazioni che si possono presentare:
tutti gli oggetti nella scatola a destra risultano legati ad un oggetto nella scatola di
sinistra. in questo caso mettiamo da parte una delle due scatole, prendiamone un altra e
ripetiamo l’operazione dall’inizio. Osserviamo che non è necessario contare per fare
questa operazione.
nella scatola di destra ci sono oggetti non legati:
lasciamo tutto così.
Nota: non è necessario saper contare per constatare che alcuni oggetti non sono legati
(infatti non è stato chiesto “quanti” oggetti non sono legato)
nella scatola di sinistra ci sono oggetti non legati:
scambiamo di posto le due scatole per portarci alla situazione precedente.
Adesso prendiamo un’ altra scatola e “confrontiamola” con ciascuna delle precedenti ……la nuova
scatola finirà a destra o a sinistra rispetto ad una delle scatole già considerate.
Procediamo in questo modo per ciascuna scatola confrontandola con tutte quelle già considerate ….Alla
fine otterremo una successione di scatole dove ogni scatola ha un singolo elemento “non legato” con la
scatola alla sua sinistra.
Chi garantisce che non ci siano “buchi” nella successione? Dato che abbiamo utilizzato un numero finito
di scatole e di oggetti qualche buco potrà esserci ma possiamo rimediare.
Supponiamo che manchi una scatola nella successione. Dato che ormai conosciamo la regola, facciamo posto tra le
scatole e aggiungiamone una riempita appositamente in modo da contenere un solo oggetto non legato verso
destra. Possiamo prendere gli oggetti che servono dall’ultima scatola della fila o da qualche scatola che abbiamo
messo da parte precedentemente.
La successione di scatole, una volta sistemata, si presenterà come seguente.
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Grazie al concetto primitivo di singolo siamo in grado di riconoscere che il primo insieme contiene un
singolo oggetto e che quello alla sua destra contiene una coppia di oggetti. Un corvide, un mammifero, un
aborigeno Aranda, sono in grado di distinguere anche “il singolo e la coppia” e la “coppia di coppie”.
Avremmo potuto riempire subito la prima, la seconda, la terza e la quarta scatola. La successione di
insiemi ottenuta in questo modo è ordinata: c’è un primo insieme, un secondo, un terzo…. Possiamo
anche osservare, guardando il contenuto delle scatole, che la sensazione di molteplicità aumenta
procedendo da sinistra verso destra. Ora che le scatole sono ordinate, possiamo dare dei nomi alle
diverse molteplicità e associare a ciascuna un simbolo. Decidiamo che la scatola più a sinistra possiede
molteplicità “a” (o cardinale “a”), quella alla sua destra possiede molteplicità “bo” (cardinale “bo”) la
scatola ancora a sinistra possiede molteplicità “ada” (cardinale “ada”), ecc. ecc. La successione diventa
“a”, ”bo”, ”ada”, ”casa”, “sedia”, “chiave”… Il cardinale rappresenta la molteplicità ordinale degli oggetti
presenti nella scatola. Il cardinale è il nome associato ad una molteplicità di oggetti: il cardinale è una
rappresentazione ovvero una astrazione.
A questo punto definiamo “numero naturale” il cardinale di ciascun insieme. I cardinali sono ordinati e,
visto che ci siamo, definiamo questo ordine “crescente”.
“a”, ”bo”, ”ada”, ”casa”, “sedia”, “chiave”… questi nomi, seppur plausibili, sono i più “comodi”? A seguito di
molti esperimenti (tra cui il sistema di numerazione utilizzato dai babilonesi su base 12 e quello utilizzato
dai romani su base 5) si è alla fine adottato il sistema di numerazione decimale che ci hanno trasmesso
gli arabi e diffuso in Europa da Fibonacci. Oggi invece di scrivere che “a”+”bo”=”ada” (o qualsiasi altra
cosa) scriviamo 1+2=3: è esattamente lo stesso ma la seconda scrittura si è rivelata molto più comoda e
razionale.
I cardinali, alla fine, sono stati associati ai seguenti simboli: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11. 12, 13, 14. ….e
questi sono i numeri naturali. Si noti che non esistono fonemi associati a tali simboli che, di conseguenza,
possono essere interpretati ma non letti.
La definizione dei numeri naturali si sarebbe potuta fare, nello stesso modo, anche se le scatole fossero
state riempite soltanto con mele o solo con sassi o altro. La costruzione dei numeri naturali è
indipendente dalla natura degli oggetti che sono stati adoperati per ottenerli (infatti le scatole
sono state riempite a caso senza utilizzare un criterio specifico). Il numero rappresenta una
molteplicità di oggetti indipendentemente dalla natura degli oggetti stessi. Quando utilizziamo i
numeri ci accorgiamo anche che i numeri si possono adoperare indipendentemente dal fatto che
siano o meno effettivamente presenti gli oggetti, addirittura indipendentemente dalla loro
esistenza: il numero 576 esiste anche se non abbiamo sotto mano 576 oggetti.
Il cardinale è il primo esempio di “ente matematico astratto” e ben rappresenta lo scopo degli insiemi: un
insieme consente di trattare una molteplicità di oggetti come se fosse un oggetto singolo. Questo è un
esempio di economia di pensiero. L’ economia di pensiero attraverso l’unità di trattazione è uno dei criteri
guida (che riconosciamo a posteriori) dello sviluppo del cervello e risponde alla necessità di contenere il
consumo energetico e le dimensioni fisiche del cervello stesso sfruttando quindi al meglio le risorse di
memoria disponibili (che sono limitate). L’economia di pensiero è un “Principio Naturale” che
riconosciamo a posteriori.
Vediamo degli esempi che illustrano l’utilità dei numeri.
Un passante chiede al pastore: “quante capre hai?” E il pastore, che ne ha 12, risponde: “capra, capra,
capra, capra, capra, capra, capra, capra, capra, capra, capra, capra”. Il passante capisce che ne ha
molte ovvero più di quattro.
Ora che abbiamo definito i numeri naturali il pastore può rispondere “12 capre” e il passante capisce “12
capre”.
La mamma dice al bambino:”vai al mercato e compra mela, mela, mela, mela, mela, mela”.
Finché le mele sono poche, il bambino ce la può fare (per esempio associando ogni mela ad un dito della
mano)…. Ma se la mamma gli chiedesse di comprare cinquanta noci? (si noti che la mamma non può
dire 2 kg di noci perché, senza i numeri, non si possono definire le unità di misura).
Si possono fare una infinità di esempi per dimostrare l’utilità dei numeri. La cosa fondamentale è
riconoscere che i numeri (e la numerazione) sono stati costruiti utilizzando le primitive e che richiedono
uno sforzo di astrazione per passare dalle molteplicità ordinali (di oggetti fisicamente presenti) ai
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cardinali. Un enorme vantaggio dei numeri è quello di poter parlare di molteplicità anche se queste non
sono fisicamente presenti ed indipendentemente dalla loro natura. I numeri ci consentono di andare in
panificio a comprare 15 panini senza farci accompagnare da 14 amici.
I numeri consentono di fare delle previsioni. Per esempio: domani arrivano 8 amici, ciascuno mangerà 3
panini, servono quindi 8x3=24 panini per loro più 3 per me e 3 di riserva, in tutto 30 panini.
Questa semplice previsione, senza i numeri, sarebbe molto più complicata perché non si potrebbe
parlare di 8 amici senza averli di fronte.
Sommare due numeri
Supponiamo di avere 2 mele in una mano e tre mele nell’altra. Quante mele abbiamo in tutto?
In senso ordinale, senza utilizzare i numeri, questa operazione si scrive come segue:
(mela, mela)+(mela, mela, mela) = (mela, mela, mela, mela, mela)
usando i numeri possiamo scrivere:
2+3=5 (sottintendendo mele)
ma come si fa questa operazione in pratica?
Si parte dall’insieme con cardinale 2 e ci si sposta verso destra per tre volte. Si verifica facilmente che 2+3=3+2 .
L’operazione di somma gode della proprietà commutativa (invertendo l’ordine degli addendi il risultato non cambia).
La proprietà commutativa è una novità perché, nella struttura del linguaggio che è innata, non c’è (e non ci deve
essere).
Quante sono le quattro operazioni?
Le quattro operazioni non sono quattro. L’operazione di somma, in qualche modo, è stata spiegata. La
somma è l’operazione che caratterizza le strutture con una unica operazione dette gruppoidi, semigruppi,
gruppi, ecc. In aritmetica la somma di due numeri naturali è definita in un certo modo e gode di
determinate proprietà.
La somma è
-
commutativa perché A+B=B+A.
associativa perché (A+B)+C=A+(B+C).
Possiede elemento neutro (lo zero) perché A+0=A+0=A
Lo zero è ”l’elemento neutro rispetto alla somma”.
Ora poniamoci un’altra domanda: esiste un numero che sommato ad un altro dia come somma zero?
ovvero A + B = 0 ? Esiste se definiamo B = -A
il questo modo abbiamo introdotto l’opposto di un numero e abbiamo anche inventato i numeri negativi.
L’unione degli insiemi dei numeri positivi, negativi e dello zero costituisce l’insieme dei “numeri interi”.
Il segno meno sta ad indicare che, invece che contare spostandosi verso destra, ci spostiamo verso
sinistra.
Per definizione la somma di un numero con il suo opposto dà come risultato l’elemento neutro rispetto
alla somma (zero) ovvero A+(-A)=0.
Possiamo formare una coppia composta da un elemento e dal suo opposto (A, -A) la caratteristica di
questa coppia è che, se uniamo i suoi elementi, essi si annullano a vicenda (ricordiamo che unendo gli
elementi di una coppia complementare si ottiene il tutto).
Quella che chiamiamo differenza o sottrazione, non è una nuova operazione ma è la somma di un
numero positivo con un numero negativo. A rigore andrebbe indicata così: A + (-B) = C ma per semplicità
le parentesi vengono omesse e al posto di +- si indica solo il segno negativo.
17
Quando una somma si presenta nella forma : A +A + A +…..+ A = C (ovvero lo stesso numero sommato
a sé stesso più volte) la indichiamo per brevità con A x B dove B è il numero di volte che A viene
sommato con sé stesso. Il segno x indica l’operazione di prodotto e può essere sostituito da un punto o
anche omesso completamente. La moltiplicazione non è una nuova operazione ma un modo compatto di
indicare la somma di più elementi uguali. Il prodotto è commutativo perché AxB=BxA e gode della
proprietà distributiva rispetto alla somma perché Ax(B+C)=AxB+AxC. La moltiplicazione possieda anche
l’elemento neutro (l’unità) perché qualsiasi numero moltiplicato per l’unità non cambia.
Ora che conosciamo la moltiplicazione e che conosciamo l’elemento neutro rispetto alla moltiplicazione,
domandiamoci: esiste un numero che moltiplicato per A dia 1? Ovvero esiste un B tale che A x B =1?
Ciò avviene se definiamo B = 1/A (con A diverso da zero).
In questo modo abbiamo definito l’inverso di A come quel numero che moltiplicato per A dà come risultato
l’unità (il neutro del prodotto).
In generale, dato un elemento e una operazione dotata di elemento neutro possiamo sempre chiederci:
dato un elemento A, esiste un elemento B che, composto con A, dia come risultato l’elemento neutro
rispetto all’operazione? Nel caso della somma e della moltiplicazione la risposta è affermativa. Lo è
anche nel caso dell’elevamento a potenza, della integrazione, della trasformazione di Fourier e di Hilbert.
Da qui si comprende l’importanza dell’elemento neutro e si vede anche un modo per esplorare campi
sconosciuti. Basta chiedersi se esiste l’inverso, l’opposto, il simmetrico, …. Ecc. .
Possiamo comporre una coppia formata da un numero e dal suo inverso (A, 1/A). Se moltiplichiamo i
due componenti la coppia tra loro, otteniamo l’elemento neutro rispetto al prodotto. Fino a questo
momento abbiamo visto la coppia complementare, la coppia di opposti e la coppia di inversi.
Definendo l’inverso abbiamo “inventato” una serie di nuovi numeri esprimibili come rapporto tra interi del
tipo A/B. Tali numeri si chiamano razionali. Ogni numero intero può essere espresso in forma razionale
(frazioni improprie). Per esempio 6/3=2.
Ora domandiamoci: esiste l’operazione inversa della moltiplicazione? Ovvero è possibile calcolare quante
volte si deve sommare un certo numero per ottenere un certo risultato? La domanda è: quante volte si
deve sommare il 2 con sé stesso per ottenere 10? In altre parole: quante volte il 2 “sta” nel 10?
Contiamole sottraendo il 2 dal 10 in questo modo:
una volta
10-2 = 8
2 volte
8-2 = 6
3 volte
6-2 = 4
4 volte
4-2 = 2
5volte
2-2 = 0
Come si vede il 2 può essere sottratto 5 volte dal 10, quindi “sta nel 10” 5 volte e infatti 2x5=10.
In questo caso il resto è nullo e il risultato (5) si chiama “quoto”. Quando il resto non è nullo il risultato si
chiama quoziente. Sempre per brevità indichiamo l’operazione con questa scrittura:
10 : 2 = 5 oppure 10 / 2 = 5
La divisione è una particolare sottrazione (ovvero una particolare somma). La divisione non è
commutativa perché 10/2 è diverso da 2/10
Alla fine le quattro operazioni non sono 4 ma solo una: la somma.
Anche l’elevamento a potenza è riconducibile ad un prodotto e quindi ad una somma.
Insiemi Finiti, Infiniti, Numerabili e Densi
Prendiamo una scatola piena di oggetti ed estraiamoli uno alla volta. Se, ad un cero punto, la scatola
rimane vuota quell’insieme si dice finito.
Al contrario se estraiamo oggetti dalla scatola ma questi non finiscono mai, diciamo che l’insieme è
“infinito”. Per valutare se un insieme è infinito, con questo metodo, ci vuole un tempo infinito (quindi non
sapremo mai se è infinito oppure no). Zermelo stabilisce l’esistenza di almeno un insieme infinito con un
assioma, Peano fa altrettanto. Zermelo e Peano (ma ancor più Cantor) si riferiscono ai numeri naturali.
<OT> I numeri naturali secondo Peano (gli assiomi di Peano)
Giuseppe Peano partendo da tre concetti (lo zero, il successore e l’uguaglianza) formula i seguenti cinque assiomi:
1
2
Lo zero è un numero naturale
ogni numero naturale ammette un successore
18
3
4
5
Lo zero non è successore di nessun numero naturale
Numeri diversi hanno successori diversi
Se A contiene lo zero e per ogni numero contiene anche il suo successore , allora A contiene tutti i numeri
naturali.
Con questi assiomi è possibile definire la somma, la moltiplicazione e definire un ordinamento. Il quinto assioma
definisce l’insieme infinito. Notiamo che il concetto di zero non è ordinale. Anche in questo caso i numeri naturali
vengono costruiti. </OT>
Nell’ Universo ordinale, che è finito, ci sono solo insiemi finiti. Gli elementi di un insieme possono essere
numerabili o non numerabili e di conseguenza esistono insiemi numerabili e non numerabili: un insieme si
dice numerabile se i suoi elementi possono essere contati, non numerabile se non possono essere
contati.
Un insieme si dice denso se tra due elementi qualsiasi se ne trova sempre un altro. Per esempio
l’insieme dei punti di una retta e l’insieme dei numeri reali sono densi. Il concetto di densità non è un
concetto ordinale. Un insieme numerabile si dice anche “discreto” in contrapposizione a “continuo”. In
natura tutto è quantizzato, tutto è discreto. Gli insiemi infiniti e densi possono essere composti solo da
enti astratti. Il concetto di continuo, pur essendo un concetto astratto, è molto utile. Prendiamo un sasso e
lanciamolo per aria. Il sasso percorre una traiettoria e ricade a terra. Per studiare il moto del sasso non
stiamo lì a descrivere il moto di ciascun atomo di cui è composto ma lo trattiamo come se fosse un
continuo, un unico oggetto.
Numeri Naturali, interi, razionali, ecc.
I numeri interi formano un gruppoide commutativo (una operazione commutativa con elemento neutro).
I numeri razionali formano un gruppo commutativo perché sono presenti sia l’elemento neutro rispetto
alla somma che l’inverso.
Il gruppo commutativo è comunque dotato di una unica operazione (la somma) ed è quindi normale e
atteso che tutte le operazioni possibili sui numeri razionali debbano poter essere ricondotte alla sola
operazione disponibile. Si pensi a quante cose si possono fare con una struttura dotata di tre
operazioni…
Pitagora era arrivato ai numeri razionali e credeva di poter affermare che tutte le grandezze fossero
commensurabili, in sostanza esprimibili con un numero razionale come rapporto tra quantità intere.
Poi però incontrò delle situazioni particolari:
- il rapporto tra la misura della diagonale di un quadrato e la misura della sua diagonale non è un
numero razionale,
- il rapporto tra la misura della diagonale di un cubo e la misura della sua diagonale non è un
numero razionale,
- il rapporto tra la misura della circonferenza e la misura del diametro non è un numero razionale
tali quantità sono state chiamate numeri irrazionali.
I numeri irrazionali si chiamano così perché “non sono razionali” e non possono essere espressi come
rapporto tra interi (ovvero in forma di razionale). Si dimostra che tra due numeri razionali c’è sempre un
numero irrazionale. L’insieme dei numeri naturali, lo zero, i numeri negativi, razionali e irrazionali
costituisce l’insieme (o corpo) dei numeri Reali (indicato con la lettera R).
L’insieme dei numeri Reali è “denso” ovvero tra due numeri reali se ne trova sempre un terzo. Più
tecnicamente si dice che il corpo reale è “completo” ovvero ogni successione di Chauchy ammette come
limite un numero reale. L’essere completo comporta anche la “continuità” ovvero la possibilità di passare
da un numero ad un numero infinitamente vicino senza “buchi” (dato un numero A si può trovare un
numero B tale che la differenza A-B sia piccola a piacere). Tale continuità, in natura, non esiste. In natura
tutto è quantizzato ma il concetto di continuo aiuta a semplificare molte situazioni.
I numeri naturali sono infiniti, i numeri interi sono infiniti, i numeri razionali sono infiniti, … Ma come si fa a
contare una molteplicità infinita? Gli infiniti sono tutti uguali o esistono infiniti “più grandi”? La Teoria degli
Insiemi è nata per rispondere a questa domanda ed ha portato, come effetto collaterale, alla scoperta
delle primitive.
Il fatto che il vero scopo della Teoria fosse lo studio degli infiniti e non lo studio delle primitive spiega
perché le primitive non siano state considerate più di tanto.
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I numeri naturali sono numerabili, inferiormente limitati, non superiormente limitati (infiniti)
I numeri interi sono numerabili, superiormente ed inferiormente non limitati (infiniti)
I numeri razionali (secondo Cantor) sono numerabili, non superiormente o inferiormente limitati , infiniti
I numeri Reali sono non numerabili, superiormente ed inferiormente non limitati , densi, completi e “più
che infiniti” (ci sono più numeri reali che numeri razionali).
Non numerabile significa che non può essere contato. Un insieme di numeri che non può essere contato
sembra una assurdità e invece è così.
A monte dei numeri naturali e del concetto di
cardinale esiste solo l’ordinale.
Quelli che seguono sono tutti concetti “astratti”: i
numeri
-
naturali
interi
razionali
reali
complessi
i numeri reali sono il risultato dell’unione dei
numeri razionali ed irrazionali.
Tutti questi sono enti rigorosamente astratti costruiti a partire dalle primitive attraverso l’introduzione del concetto
astratto di cardinalità. Dal Big Bang non sono usciti numeri ma campi e materia.
Oltre al corpo dei numeri reali si passa ad un livello di astrazione superiore: il campo complesso.
I numeri irrazionali sono stati scoperti studiano le figure geometriche come il quadrato, il cubo, la
circonferenza, ecc. I numeri irrazionali sono rappresentabili. Per esempio per rappresentare la radice di
due basta disegnare la diagonale di un quadrato di lato unitario.
I numeri complessi, invece, non sono rappresentabili perché sono delle coppie composte da una parte
reale e da una parte immaginaria. La parte immaginaria non può essere rappresentata (se non con artifici
in situazioni particolari). L’esempio più interessante di quantità complessa lo viviamo quotidianamente: ci
muoviamo in uno spazio reale tridimensionale e il tempo (la quarta dimensione)… è una dimensione
complessa: l’asse del tempo è contemporaneamente perpendicolare ai tre assi cartesiano reali.
Le quantità complesse dimostrano che le capacità della mente umana sono ben più estese di quanto
ipotizzato dalla psicologia e dalle scienze cognitive. Dato che un sistema si studia a partire dalle relazioni
tra stimoli e risposte, se non si conoscono tutti i tipi di risposta che fornisce, difficilmente si riuscirà a
capire come funziona.
Spesso ci si interroga su quale sia la differenza tra l’uomo e gli altri animali. Dopo aver trovato animali
che ridono, soffrono, costruiscono utensili, fanno previsioni, imparano, comunicano tra loro, piangono i
loro morti e conducono una vita sociale articolata…non resta che ipotizzare che la differenza tra l’uomo e
gli altri animali sia la capacità di astrarre oltre un certo livello. Questa capacità di astrarre è una
conseguenza dello sviluppo del linguaggio e, ancor più, della scrittura. Grazie al linguaggio ed alla
scrittura possiamo accumulare le conoscenze acquisite dalle generazioni passate e questo ci consente di
progredire. O meglio ci consente di non dover reinventare il fuoco e la ruota ogni due generazioni.
L’uomo ha la capacità di astrarre e, grazie agli isomorfismi, ha elaborato modelli che consentono di
ottenere previsioni con errore noto.
Infinito in Potenza ed infinito in Atto, Operazioni chiuse
Un bambino, un giorno diventerà adulto, oggi non è un adulto ma lo diventerà quindi è un adulto non
realizzato, è potenzialmente un adulto, è un adulto in potenza. Un seme non è un albero ma lo potrebbe
diventare: un seme è un albero in potenza. Un masso sul fianco della montagna, se cade, può sfondare il
tetto di una case e compiere quindi un lavoro. Questo masso potenzialmente può compiere lavoro e
possiede una energia potenziale che si può trasformare in energia cinetica e quindi in lavoro. Dire che
qualche cosa può potenzialmente diventarne un’altra significa ammettere una cosa che si può realizzare
ma non si è ancora realizzata (ancora non esiste).
Ora sommiamo due numeri naturali, per esempio 3 e 5 il risultato è 8. Poco fa abbiamo costruito i primi
nove numeri naturali (compreso il numero 8) quindi la somma 3+5 ha un risultato che è, appunto 8. Ma se
sommiamo 5 e 6 il risultato (11) nella nostra successione, non c’è. L’operazione 5+6 non ha un risultato
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e questo limita l'utilità dei numeri naturali. Affinché le cose funzionino, il numero 11 deve esistere prima
che venga eseguita la somma 5+6 altrimenti questa somma rimane senza risultato.
Ma ciò implica che debbano essere preventivamente definiti tutti i possibili numeri che possono essere il
risultato di una somma. Ne segue che i numeri naturali esistono già tutti, ma quanti sono? infiniti perché a
qualsiasi numero, per quanto grande, possiamo sempre sommare un altro numero (per esempio 1).
Quindi i numeri non sono “potenzialmente” infiniti ma sono effettivamente infiniti: i numeri naturali sono un
infinito in atto.
Quando una operazione tra elementi di un insieme ammette sempre, come risultato, un elemento che
appartiene ancora all’insieme, si dice “chiusa”. Affinché l’operazione di somma di numeri naturali sia
chiusa, i numeri naturali devono essere infiniti (in atto). Aristotele non ammetteva l’infinito in atto,
Euclide, in ambito geometrico, lo aveva intuito ma non ne parlò per non essere criticato in quanto
Aristotele era già famoso e ritenuto, a torto, autorevole. Euclide temeva che la sua geometria, se avesse
considerato l’infinito in atto, non sarebbe stata accettata. È stata una fortuna che Euclide sia stato così
prudente ed accorto. Anche Cantor, inizialmente, tenne l’infinito in atto “nascosto”, poi si prese la
responsabilità di dimostrare che Aristotele aveva sbagliato anche questo. Va notato che le conoscenze
per intuire la necessità di chiudere l’operazione di somma erano disponibili almeno dai tempi di Pitagora.
Sarebbe interessante chiedersi: perché non è stato fatto?
Detto in altre parole:
La somma è una operazione che associa a due numeri detti “addendi” un terzo numero detto “somma”.
Una operazione si dice chiusa quando il risultato della operazione stessa appartiene ancora all’insieme.
Ne segue che l’insieme dei numeri naturali non deve essere superiormente limitato perché, per quanto grande possa
essere un numero n, possiamo sempre sommargli una unità e scrivere n+1.
Affinché l’operazione di somma sia chiusa i numeri naturali devono essere infiniti.
Se così non fosse potremmo trovare due numeri a e b per cui la somma a+b non ha un risultato. Il risultato di una
somma non è un numero che si genera nel momento in cui si esegue la somma, ma un numero che esiste prima che
la somma venga fatta. Ne segue che i numeri interi esistono tutti fino all’infinito (infinito in atto). Questa è una
conseguenza della definizione dell’operazione di somma (si parte dall’insieme con cardinale corrispondete al primo
addento e si avanza verso destra tante volte quanto espresso del secondo addendo).
Questo dimostra anche il limite della Teoria Ordinale degli Insiemi e la necessità di espanderla con la
Teoria Assiomatica degli Insiemi.
Con la costruzione di un sottoinsieme limitato di numeri naturali finisce lo scopo della Teoria Ordinale
degli Insiemi.
Per andare avanti dobbiamo immaginare di poter operare con un numero infinito di oggetti e costruire
l’insieme infinito dei numeri naturali. Sarà necessario espandere le nostre capacità verso enti astratti e
insiemi astratti.
L’importanza dell’elemento neutro
L’introduzione dell’elemento neutro rispetto alla somma ha consentito di definire l’opposto di un numero e
di “inventare” i numeri negativi. L’introduzione dell’elemento neutro rispetto al prodotto ha consentito di
definire l’inverso di un numero e i numeri razionali. Vale quindi la pena di soffermarsi su questo concetto
per dimostrare che l’elemento neutro, quando esiste, è unico. Per completare questa dimostrazione si
utilizza il Principio di Identità e la dimostrazione per assurdo ideata da Zenone di Elea. In sostanza non si
dimostra che la proposizione:
(l’elemento neutro è unico) = true
ma che
(l’elemento neutro non è unico) = false
nota: il simbolo ⊗ rappresenta una generica operazione e l’espressione A⊗B si legge “A composto B”.
Questo rende la dimostrazione indipendente dal tipo di operazione e quindi del tutto generale.
La dimostrazione è questa:
ipotesi 1: A è un numero, B è elemento neutro rispetto all’operazione ⊗
ipotesi 2: per definizione di elemento neutro A=B⊗
⊗A=A⊗
⊗B=A
ipotesi 3: anche C è un elemento neutro
Tesi: B e C sono entrambi elementi neutri e sono diversi (esiste più di un elemento neutro).
Ora dobbiamo dimostrare che la tesi è falsa e che di conseguenza l’elemento neutro è unico.
Dato che C è un elemento neutro (ipotesi 3), per definizione A=C⊗
⊗A=A⊗
⊗C=A
Ne segue (ipotesi 2) che B⊗
⊗A=A=C⊗
⊗A ovvero B⊗
⊗A=C⊗
⊗A e quindi B=C
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Se B=C significa che non ci sono due elementi neutri ma uno solo quindi la tesi è falsa. Come
conseguenza è falso affermare che esistano più elementi neutri rispetto alla operazione ⊗ e l’elemento
neutro è unico.
Hilbert richiede che una dimostrazione possa essere eseguita da una macchina, opportunamente
programmata, in un numero finito di passi. Un programma che rappresenta la dimostrazione appena fatta
è il seguente:
A è un numero
B è elemento neutro
C è elemento neutro
If B = neutro then A=B⊗
⊗A
If C = neutro then A=C⊗
⊗A
If (A=B⊗
⊗A and A=C⊗
⊗A) then B⊗
⊗A = C⊗
⊗A
If B⊗
⊗A = C⊗
⊗A then B=C
La dimostrazione vale sia per l’operazione di somma (⊗
⊗ = +) con elemento neutro lo zero che per
l’operazione di prodotto (⊗
⊗ = x) con elemento neutro l’unità. La dimostrazione della unicità dell’elemento
neutro rispetto ad una operazione è una delle dimostrazioni più semplici. Con un ragionamento del tutto
simile si dimostra che la verità, se esiste, è unica. Tarski, dopo aver dato la definizione semantica di
verità, ha dimostrato che la verità non esiste. Questo, per un fisico, non è un problema: non serve
conoscere la “verità” ma disporre di un modello che consenta di ottenere previsioni con errore noto.
Conseguenze dell’ introduzione della Cardinalità
Con la definizione dei numeri naturali l’uomo passa dal sistema ordinale al sistema cardinale. Nel sistema
ordinale gli oggetti devono essere fisicamente presenti. Per esempio una coppia di capre è tale se sono
fisicamente presenti la prima e la seconda capra. Se non ci sono le capre, o ne manca una, non c’è
nemmeno la coppia. Il concetto cardinale consente di parlare di due capre anche se le capre non ci sono.
In sostanza la cardinalità consente di trattare anche gli enti non fisicamente presenti o che non esistono.
Il concetto di numero è un concetto astratto che prescinde sia dalla natura che dalla effettiva esistenza
degli enti. Due capre o due pere sono sempre due. Il concetto di numero consente la rappresentazione e
la misura della molteplicità degli enti. Questo significa, in soldoni, che se dobbiamo comprare 12 panini
non siamo costretti ad andare dal fornaio accompagnati da undici persone o con un sacco con 11 sassi.
Tutte le rappresentazioni, in quanto tali, sono astratte.
Teoria degli Insiemi (il ritorno)
Il momento di svolta, quello che consente lo sviluppo del pensiero astratto e della Matematica tutta, è
l’introduzione del concetto di cardinale. C’è quindi un prima e un dopo. L’astrazione consente di formare
insiemi di relazioni (le strutture) e di definire relazione tra strutture (relazioni tra insiemi di relazioni o
morfismi).
Prima
Elementi
Ordinali
Insiemi
Ordinali
Relazioni
Ordinali
Strutture
Morfismi
Isomorfismi
Dopo
Qualsiasi tipo
Qualsiasi tipo
Qualsiasi tipo
Astratte
Astratti
Astratti
Mele, pere, banane, …..numeri, idee…
un contenitore astratto che non contiene sé stesso..
Non necessariamente fisicamente rappresentabili
Insiemi di relazioni (definite a discrezione dell’osservatore)
Relazioni tra strutture
Particolari relazioni tra insiemi dotati di struttura (sistemi).
Con l’introduzione dell’astrazione l’ oggetto ordinale è diventato un caso particolare di ente e, grazie agli
enti astratti, possiamo trattare anche le rappresentazioni mentali.
Dopo aver giocato con la Teoria Ordinale degli Insiemi, avendo preso confidenza con questo mondo di
oggetti, di insiemi e relazioni, possiamo entrare nella Teoria Assiomatica degli Insiemi in una qualsiasi
delle sue formulazioni. Per continuare abbiamo bisogno di astrarre. Dobbiamo sempre tenere presente
che il cervello contiene soltanto rappresentazioni astratte codificate in configurazioni sinaptiche.
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Utilizziamo i concetti di insiemi, relazione, morfismo, isomorfismo… tutti i giorni ma in modo
inconsapevole. Quanto esposto serve anche per ottenere la consapevolezza degli strumenti che
utilizziamo per conoscere (e diventare consapevoli).
Per completare questa trattazione e arrivare agli isomorfismi non manca molto. Devono essere definiti i
morfismi (relazioni tra strutture) cui seguono gli isomorfismi che sono particolari corrispondenze tra
sistemi dotati di strutture ovvero, in base alla definizione data di sistema, relazioni tra sistemi.
Isomorfismo
L’isomorfismo è una particolare relazione tra due insiemi che coinvolge sia gli elementi degli insiemi che
le strutture imposte su di essi. Infatti affinché l’isomorfismo sia stabilito è necessario che:
-
sussista una relazione biunivoca tra gli elementi dei due insiemi
sussista corrispondenza biunivoca tra le operazioni definite tra gli elementi di ciascun insieme
sussista una corrispondenza biunivoca tra i risultati delle operazioni svolte tra elementi
corrispondenti
Per completezza mostriamo un esempio dove manca l’isomorfismo a causa della mancata
corrispondenza tra operazioni corrispondenti fatte su elementi corrispondenti:
L’aspetto essenziale degli isomorfismi è che, una volta stabilito, possiamo scegliere di eseguire le
operazioni all’interno del sistema “più comodo”. Per esempio possiamo sempre contare le case come
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“casa, casa, casa,…” ma è sicuramente più comodo contarle con i numeri. Sembrerà una banalità ma i
numeri non sono case: le case sono oggetti ordinali, i numeri sono enti astratti, sono delle
rappresentazioni.
Possiamo portarci le case dentro al cervello? No, però possiamo portare all’interno del nostro cervello
delle rappresentazioni delle case che ci consentono di operare sulle case come se le avessimo dentro
alla testa.
Capito questo, che è l’essenza del significato degli isomorfismi, si è compreso il meccanismo della
conoscenza e la necessità degli isomorfismi.
Il fatto che l’uomo utilizzi gli isomorfismi significa che esiste un osservabile (la realtà), un osservatore
(l’animale, l’uomo) e un osservato (la rappresentazione che l’osservatore ottiene della realtà). Non solo:
significa anche che l’osservatore ha escogitato un Metodo per stabilire isomorfismi in modo corretto
(ovvero nel modo che consente di ottenere previsioni con errore noto). Tale Metodo è lo stesso Metodo
che usano tutti i viventi: Osservazione, Ragionamento, Esperimento.
Per Riassumere:
-
La logica deriva dalle proprietà degli oggetti ordinali e vale per tutti i viventi (che sono oggetti
ordinali)
Il concetto di insieme deriva dalla proprietà (dei sensi) di estrarre i contorni che è comune a tutti
gli animali
Con il concetto di insieme di costruisce la Teoria degli Insiemi
La Teoria degli insiemi definisce e classifica le relazioni
Le strutture sono insiemi di relazioni
I morfismi sono relazioni tra strutture
Gli isomorfismo sono particolari morfismi
Gli isomorfismi sono usati dall’uomo ma anche dagli animali.
Lo scopo degli animali è lo stesso scopo dell’uomo. La differenza potrebbe essere la consapevolezza ma,
finché non potremo fare quattro chiacchiere con una zebra o un pinguino non potremo mai esserne certi.
L’ultimo passo è definire un sistema: un sistema è un insieme di parti in relazione tra loro. L’insieme di
parti è detto insieme di supporto, l’insieme delle relazioni è la struttura. Un sistema è un insieme dotato di
struttura. Gli isomorfismi si stabiliscono tra sistemi.
In natura qualsiasi cosa è formata da parti in relazione tra loro (al minimo le parti sono gli atomi e le
relazioni sono relazioni spaziali). Tutto l’Universo è costituito da sistemi ed è esso steso un sistema. I
sistemi espongono “proprietà emergenti”.
Ma questa è un’altra storia…..
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