Vedendo il Buddha in una patata di Jenny Brav

Vedendo il Buddha in una patata di Jenny Brav
Lunedì 13 Aprile 2009 09:32
Mentre mangio una patata, una lacrima mi scende sulla guancia. Sento la terra, il sole e le
nuvole, e sento nel cuore il ricordo di una patata che incontrai giorni fa.
Ero con la famiglia del sangha, pelando patate. Prima di pelarne una, la tenevo in mano,
facendone la conoscenza. Avevo preso un ritmo confortevole, quando una patata catturò la mia
attenzione.
Era rotondeggiante, solida con curve piene che parlavano della sua vita sana. Solo una piccola
gobba sulla spalla indicava qualche periodo difficile. Quello che mi fece fermare e notarla fu il
suo “occhio”, una cavità che aveva proprio al centro della sua testa. Era grande, scuro e
rotondo. Pareva guardarmi, sospettoso, con una traccia di paura. “Starà forse per farmi male?”
sembrava domandarsi.
Quindi, la presi tra le mie mani, accarezzandola per rassicurarla. Penso di aver visto
l’espressione del suo occhio ammorbidirsi appena un po’. Iniziai a pelarla, così gentilmente,
come se stessi rasando la testa di una monaca. Ogni passata era amorevole e lenta. Non puoi
andare di fretta, se vuoi ascoltare profondamente. Fu allora, mentre guardavo il suo occhio, che
incominciò a raccontare in silenzio la sua storia.
Raccontò della buia, umida terra che era stata la sua casa. Della danza delle gocce di pioggia
che penetravano e dissetavano la terra. Del dolce, velato calore che filtrava giù fino a lei e
riscaldava il suo corpo. Degli insetti giocosi che la solleticavano, giocando a nascondersi dietro
di lei. Delle antiche radici degli alberi che sussurravano storie di tempi passati.
Ma un giorno, sentì delle dita metalliche acchiapparla e strapparla via della sua casa. La
luminosità del sole accecò il suo povero occhio che fino ad allora aveva conosciuto solo
l’oscurità. Voleva tuffarsi in dietro nella terra, ma invece fu caricata in cerimoniosamente su un
camion.
Durante il viaggio, il suo occhio si abituò alla luce e presto rimase colpita piacevolmente
dell’immensità sopra di lei. Salutò gli alberi, le radici dei quali erano state i suoi maestri e
narratori. Guardando profondamente alle forme delle nuvole e sentendo la forza dei raggi del
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sole, riconobbe gli amici che l’avevano riscaldata e dissetata. Li ringraziò dal profondo del
cuore.
Dopo di questo, affrontò prove e dolori mai conosciuti prima. “I giorni seguenti furono i più bui
della mia vita”, mi disse. Il suo occhio diventò triste e impenetrabile. Non la forzai a dire di più,
ma potevo immaginare anche troppo bene il trauma della preparazione industriale alla vendita.
Finì in un supermercato iperaffollato, ammucchiata in mezzo a tantissime altre patate. Fu li
dove venne a conoscenza degli orrori che alcune degli altri ortaggi avevano vissuto. Ringraziò
la sua buona stella per la sua biologica, felice vita.
Anche se tutti gli ortaggi volevano fuggire del piccolo miserabile supermercato, erano
comunque spaventati da quello che poteva succedere. Quando arrivava qualcuno che li
guardava, provavano a farsi più piccoli che potevano. Facevano un sospiro di sollievo collettivo
quando un’altra busta di ortaggi veniva acquistata al loro posto.
Un giorno venne un uomo vestito in buffe vesti marroni che la mia patata non aveva mai visto
prima. Sentì un momento di panico quando la prese, ma la serenità della sua faccia la calmò
immediatamente. Quando arrivò a Plum Village, trovò gli ortaggi canticchiare nella cucina
all’unisono con l’allegro canto dei monaci. Fu allora che capì di essere arrivata a casa.
Adesso, avevo finito di pelarla e avevo riposto il pela patate che era diventato uno strumento di
amore. Naturalmente avevo lasciato intatto il suo occhio. Come avrei potuto toglierle la finestra
della sua anima? La tenei gentilmente, ritardando il momento quando l’avrei lasciata andare.
Pensai di farla scivolare nella mia tasca, ma sapevo che comunque sarebbe marcita presto.
“E’ ora”, disse dolcemente. “Lo so” risposi tristemente. “Hai paura?” domandai. “No” rispose. Il
suo occhio aveva un’espressione distante. “Questa è la vita di una patata, e so che continuerò
in un'altra forma. La mia vita è stata piena e felice. Sono stata felice di aver avuto la possibilità
di condividere questi momenti con te. Mi devi comunque promettere una cosa”. Feci cenno con
il capo, non sentendomi di parlare.
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“Devi promettermi che la prossima volta che tu mangerai una patata, mi penserai”.
La guardai con costernazione, stupita della sua richiesta. “Penso che non potrò mai più
mangiare una patata”, protestai. “Non dopo quello che abbiamo condiviso!”.
Il suo occhio mi guardò severamente. “Questo allora sarà stato tutto vano. La prossima volta
che mangerai una patata, una carota, dei cereali, o qualsiasi altro frutto della terra, devi
promettermi che mi penserai. Che lo sentirai pienamente e profondamente. Sentirai il sapore
della terra, del sole, delle nuvole. Vedrai il sudore di quelli che hanno lavorato per portare il cibo
fino a te. Sentirai l’amore di quelli che lo hanno preparato. Ci ringrazierai per averti nutrito come
la terra ha nutrito noi.
Ci vollero diversi giorni prima che potessi di nuovo mangiare un patata. Quando finalmente lo
feci, riluttante, perché lo avevo promesso, una lacrima mi scese sulla guancia. Nessuna patata
era mai stata così buona, o mi aveva fatto sentire così triste. Assaporai un momento di vuoto
riempito di bellezza, e sentii l’amorevole saggezza della mia amica profondamente dentro di
me.
Quindi, dovete promettere che la prossima volta voi mangerete una patata, una carota, o
qualsiasi altro cibo, penserete alla mia amica. Li sentirete pienamente, profondamente.
Sentirete il sapore della terra, delle nuvole, del sole. Li ringrazierete per avervi nutrito come la
terra ha nutrito loro.
Jenny Brav
Plum Village, famiglia ulivo, luglio 2008
Working meditation
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