GENETICA
la scienza dell’ereditarietà e della
variabilità
3° incontro
Regiroli Giovanni, biologo
MUTAZIONE
alla base della variabilità
Per mutazione genetica si intende ogni modifica stabile ed
ereditabile
nella
sequenza
di
materiale
genetico
(sia DNA che RNA) dovuta ad agenti esterni o al caso (errori).
Una mutazione modifica quindi il genotipo (costituzione
genetica) di un individuo e può eventualmente modificarne
il fenotipo (ciò che appare esternamente) a seconda delle sue
caratteristiche (dominante, recessiva, dominanza parziale,
omozigote o eterozigote) e delle interazioni con l'ambiente.
Un richiamo al nostro DNA
Particolare schematico della doppia elica
del DNA, le due catene sono tenute
insieme dai legami tra le basi azotate che
si appaiono in modo specifico: Timina (T)
sempre con Adenina (A) e Citosina ©
sempre con Guanina (G)….
…salvo errori. Durante la replicazione del DNA possono avvenire degli errori di duplicazione:
inserzione, delezione o scambio di basi, creando così una doppia elica diversa (mutata) rispetto
all’originale. Questo è un esempio di mutazione genica.
Le mutazioni sono gli elementi di base grazie ai quali possono
svolgersi i processi evolutivi. Le mutazioni determinano infatti la
cosiddetta variabilità genetica, ovvero la condizione per cui gli
organismi differiscono tra loro per uno o più caratteri.
Su questa variabilità, tramite la ricombinazione genetica*,
opera la selezione naturale, la quale promuove le mutazioni
favorevoli a scapito di quelle sfavorevoli o addirittura letali.
Essendo una parte delle mutazioni non favorevoli, gli organismi
hanno sviluppato diversi meccanismi per la riparazione del
DNA dai vari danni che può subire, riducendo in questo modo il
tasso di mutazione.
* Intercromosomica = assortimento indipendente (3a legge di Mendel)
intracromosomica = crossing-over durante la meiosi
e
Le mutazioni vengono distinte dai genetisti in base alla loro
scala di azione: l'alterazione può riguardare un singolo gene,
porzioni del genoma o l'intero corredo cromosomico.
Se le mutazioni avvengono in una cellula somatica queste,
assieme ai relativi effetti, saranno presenti in tutte le cellule
da essa derivate per mitosi; alcune di queste mutazioni
possono rendere le cellule maligne e provocare i tumori, e
sono responsabili di alcune malformazioni congenite.
Se le mutazioni sono presenti nelle cellule delle linee
germinali o nei gameti sono ereditate dalle generazioni
successive e possono eventualmente provocare malattie
genetiche ereditarie.
Le mutazioni spontanee, sono mutazioni provocate da
fattori chimici endogeni e da errori nei processi che si attuano
sul materiale genetico; la definizione di mutazione spontanea
è di mutazione che avviene in assenza di agenti mutageni
noti. Non sono molto frequenti, ma sono comunque
inevitabili vista la intrinseca imperfezione di ogni meccanismo
molecolare.
Errori nei processi di replicazione, della ricombinazione e
della riparazione del DNA. Ad esempio può essere dovuta
alla DNA polimerasi (l’enzima imputato alla duplicazione del
DNA) che aggiunge nucleotidi (basi) non corrette.
Le mutazioni indotte sono invece prodotte
dall'azione di particolari agenti fisici o chimici detti
appunto agenti mutageni. È detto mutagenesi il
processo che determina una mutazione indotta
e mutagenizzato l'organismo in cui è stata
prodotta.
I mutageni fisici sono soprattutto radiazioni
ionizzanti (raggi X, raggi gamma) e indirettamente
ionizzanti (raggi UV);
Muller nel 1927 dimostrò
che i Raggi X inducono
mutazioni
Mutazioni indotte dalle radiazioni
Gli agenti chimici sono molto numerosi e
appartengono a diverse classi di composti. Oltre
che per la natura i mutageni differiscono anche
per spettro mutazionale, ovvero per il tipo (o i tipi)
di mutazione che possono provocare. Spesso una
stessa conseguenza può essere causata da
mutageni diversi (anche per natura), anche se
generalmente i meccanismi con cui essi hanno
agito sono profondamente diversi.
Farmaci antivirali e chemioterapici che agiscono
inducendo mutazioni
Molecole simili alle basi del DNA (Adenina – Timina –
Citosina – Guanina) ma che le sostituiscono causando
accoppiamenti erronei durante la replica del DNA
oppure bloccano la sua sintesi
– Aciclovir/Zovirax: principio attivo acicloguanidina
– Idustatin: principio attivo idoxuridina
– 5 Bromo-uracile
Appaiamento normale delle
basi nel DNA non mutato
Un'importante differenza tra mutageni fisici e chimici
è che i primi agiscono indipendentemente
dall'organismo; i mutageni chimici invece possono avere
effetti diversi in funzione del sistema biologico. Mentre
una radiazione, infatti, colpisce direttamente il
materiale genetico, un composto chimico può interagire
con altre molecole (enzimi, metaboliti, specie
reattive...) presenti nella cellula che ne possono variare
le caratteristiche.
Mutazioni geniche
Sono le mutazioni che alterano un singolo gene e dunque le più
"piccole" che si possono avere. In quanto tali non sono visibili
attraverso analisi al microscopio, ma possono essere riscontrate
solo tramite analisi genetiche. Le mutazioni geniche portano alla
formazione di nuove forme geniche, ovvero di nuovi alleli (forme
alternative di un carattere o di un prodotto espresso da un gene),
detti appunto alleli mutanti. In quanto tali questi sono rari nella
popolazione e si differenziano dagli alleli più diffusi detti
invece tipi selvatici.
Possono essere distinte in 2 categorie: mutazioni puntiformi e
mutazioni dinamiche
Mutazioni geniche
mutazione puntiforme
Una mutazione puntiforme è una variazione di sequenza del DNA
che interessa uno o pochi nucleotidi ma è possibile considerare
"puntiformi" anche mutazioni di più nucleotidi.
•
Molte mutazioni puntiformi sono probabilmente senza effetto, in tal caso
si dice che sono neutre, infatti gran parte del DNA in un genoma eucariotico non
codifica prodotti proteici ed è incerto se il cambiamento di una singola base
nucleotidica in questa parte silente del DNA possa influire sulla salute di un
organismo.
Una singola mutazione puntiforme può però avere un notevole
impatto sul fenotipo come accade ad esempio nell'anemia
falciforme.
Mutazioni puntiformi possono anche verificarsi all'interno della
regione regolatrice di un gene. Ciò può determinare conseguenze
molto variabili che vanno da nessun effetto fenotipico a
cambiamenti dell'espressione genica che danno origine a gravi
patologie
Mutazioni geniche
mutazione dinamiche
Le mutazioni dinamiche sono dovute alla ripetizione di brevi
triplette nucleotidiche all'interno di una regione codificante (in
questo caso la tripletta più frequente è CAG che codifica la
glutammina) o non-codificante di un gene. La mutazione che si
origina nel corso della replicazione del DNA, provoca una
variazione nel numero di queste sequenze ripetute; il nuovo
filamento di DNA potrà presentarne in eccesso o in difetto. Il
fenomeno che causa la mutazione è detto slittamento della
replicazione (replication slippage) ed è dovuto al cattivo
appaiamento dei due filamenti complementari. Una malattia
genetica associata a questo tipo di mutazione è la Corea di
Huntington
• La Corea di Huntington, è una malattia genetica neurodegenerativa che
colpisce la coordinazione muscolare.
• E’ una delle malattie da espansione di triplette: esse sono causate
dall'allungamento, in misura superiore al normale, di una sezione
ripetuta di un gene. Il gene HTT è situato sul braccio corto
del cromosoma 4 .
• L'HTT contiene una sequenza di tre basi di DNA: citosina-adeninaguanina (CAG), ripetuta più volte (cioè ... CAGCAGCAG ...), nota come
una espansione di triplette. CAG è ilcodice genetico per la codifica
della glutammina, per cui una serie di queste triplette, porta alla
produzione di una catena di glutammina.
• Generalmente, le persone sane presentano meno di 36 ripetizioni CAG
nella regione polyQ; una sequenza di 36 o più triplette comporta la
produzione di una proteina che ha caratteristiche diverse
– La malattia di Huntington è una malattia a ereditarietà autosomica
dominante, il che significa che un individuo affetto, generalmente,
eredita una copia del gene con una espansione della ripetizione della
tripletta nucleotidica (l'allele mutante) da un genitore affetto
Mutazioni cromosomiche e genomiche
riarrangiamenti genici
I riarrangiamenti genici strutturali comprendono tutte quelle
mutazioni che alterano il genoma variando la struttura dei
cromosomi (mutazioni cromosomiche) o il numero dei cromosomi
(mutazioni genomiche). Sono definite anche anomalie
citogenetiche o anomalie cariotipiche. Queste alterazioni
normalmente sono una conseguenza di un errore durante la divisione
cellulare, nella meiosi o nella mitosi.
A differenza delle mutazioni geniche che sono riscontrabili solo
tramite analisi genetica, queste possono in molti casi essere visibili
anche al microscopio, in quanto portano alla formazione di particolari
strutture cromosomiche nella fase di appaiamento o a un numero di
cromosomi diverso da 2n=46.
Si parla di mutazioni cromosomiche o anomalie
cromosomiche quando è la struttura di uno o più
cromosomi ad essere alterata.
Le mutazioni cromosomiche possono essere di sei
tipi:
• delezioni o duplicazioni, inversioni, traslocazioni,
conversioni geniche, trasposizioni e cromosomi ad
anello.
Per
tutte
le
mutazioni
cromosomiche' è necessaria la
rottura del doppio filamento in
almeno un punto per permettere
il successivo riarrangiamento: se
la rottura avviene all'interno di un
gene al termine del processo la
sua sequenza sarà mutata.
Si parla di mutazione genomiche o anomalie
cariotipiche quando un organismo presenta dei cromosomi in
più o in meno rispetto al normale.
Nell'uomo e, in generale, in tutti gli organismi diploidi, che
hanno dunque coppie di cromosomi omologhi, le forme di
aneuploidia più frequenti sono la mancanza di un
cromosoma da una coppia (monosomia) o la presenza di un
cromosoma in più in una coppia (trisomia).
•
Un esempio degli effetti di un'anomalia di questo tipo
è la sindrome di Down, chiamata anche trisomia 21; gli
individui affetti da questa sindrome hanno tre copie del
cromosoma 21. La sindrome di Turner è invece un esempio di
monosomia; gli individui nati con questa anomalia
possiedono un solo cromosoma sessuale, quello femminile X.
Sindrome di Klinefelter nel maschio con trisomia dei
cromosomi sessuali: XXY
Trisomia del cromosoma 21 dovuta a non disgiungimento del cromosoma 21 durante la
produzione dei gameti (meiosi)
Vi è una correlazione tra l’età
della madre e la percentuale di
nascite di figli con la sindrome
di Down (indicata SD nel
grafico). Come pure vi è una
correlazione dell’età con le
mutazioni cromosomiche in
generale.
La sindrome di Down può anche
essere dovuta a una
traslocazione di un cromosoma
21 su un cromosoma 14. Il
numero di cromosomi è 46 ma
un cromosoma 14 ha attaccato
un cromosoma 21, quindi ci
sono 3 cromosomi 21.
Una persona che porta la
traslocazione 14-21 produrrà
sia gameti normali che
gameti con la traslocazione,
con probabilità teorica 1/3
che nascerà un figlio Down
non vitali
Altre mutazioni
Mutazioni da sistemi di riparazione: paradossalmente mutazioni
genetiche possono essere inserite anche da particolari processi
di riparazione del DNA. Può capitare infatti che determinati danni del
DNA non siamo riconosciuti e riparati da nessun macchinario preposto a
questo compito, fino al successivo ciclo di replicazione: se questi danni
(come ad esempio i fotoprodotti indotti dalle radiazioni ultraviolette)
bloccano l'azione della DNA polimerasi, cioè impediscono di replicare il
DNA a valle del danno, determinano la perdita di materiale genetico con
conseguenze praticamente sempre letali per la cellula figlia. Si sono
allora sviluppati meccanismi di riparazione cosiddetti SOS, che agiscono
in questi casi estremi: le polimerasi di questo sistema non si bloccano,
ma aggiungono lo stesso nucleotidi davanti al danno; nella gran parte
dei casi però l'aggiunta è casuale e quindi con alto rischio di aggiungere
nucleotidi non corretti
Effetti delle mutazioni geniche
Gli effetti possono essere notevolmente diversi a seconda del tipo
di mutazione e della posizione in cui questa si verifica. Una
mutazione può non portare a nessuna conseguenza e questo
quando interessa DNA che non codifica (o meglio sembra non
codificare) nessun prodotto genico (il cosiddetto junk DNA o DNA
spazzatura ) . Se la mutazione va invece ad alterare le sequenze
codificanti, ovvero i geni, si ha una variazione nel tipo o nella
quantità del corrispettivo prodotto genico, che può essere
una proteina. Parliamo in questo caso di mutazione biochimica; se
la mutazione biochimica porta a una variazione visibile del
fenotipo si parla di mutazione morfologica.
Effetti delle mutazioni geniche
Distinguiamo, sempre in relazione agli effetti, in:
mutazione positiva: porta un vantaggio evolutivo;
mutazione neutra: non risulta in un depotenziamento
della capacità riproduttiva dell’individuo;
mutazione semiletale: rende più difficoltosa la
perpetuazione riproduttiva dell’individuo (il tipico esempio
sono le malattie genetiche che debilitano in qualche modo
l’individuo, rendendolo meno capace di riprodursi, senza
però impedirglielo totalmente);
mutazione subletale: non permette all’individuo di
raggiungere l’età riproduttiva;
mutazione letale: porta alla morte dell'individuo in fase
embrionale o fetale.
Effetti delle mutazioni geniche
L'efficacia della mutazione, sia positiva che negativa, dipende poi
dal tipo di allele mutato così creato; questo potrà essere
infatti dominante o recessivo. Nei diploidi se è dominante avrà
sempre
effetto
(sia
in
un
eterozigote
che
in
un omozigote dominante); se è recessivo, per avere effetto ha
bisogno che anche l'altro elemento della coppia genica sia mutato
(individuo omozigote recessivo).
Le mutazioni di un unico gene possono essere in alcuni
casi pleiotropiche, ovvero possono dar luogo a più effetti, come se
fossero mutati più geni.
Es. polli ricci “frizzle”: difetto genetico nella conformazione delle
piume: elevata dispersione di calore, conseguente aumento del
volume del cuore e della milza come pure dei reni e del ventriglio.
Aspetto triste. Però in un ambiente ad alta temperatura costante si
troverebbero meglio rispetto al fenotipo normale: effetto
dell’ambiente sulle mutazioni
storia
In generale si può dire, “a posteriori”, che le mutazioni genetiche
hanno avuto un ruolo essenziale fin dagli albori della genetica; già nei
celebri lavori del padre della genetica, Gregor Mendel, infatti, i fenotipi
come il colore bianco dei petali o giallo dei semi maturi, usati per
formulare le sue leggi, non erano che dovute a mutazioni inattivanti dei
corrispettivi geni.
Il primo "sfruttamento" consapevole delle mutazioni avviene a partire
dagli studi, condotti ai primi del 900 da Morgan e sul moscerino della
frutta Drosophila melanogaster. Morgan e colleghi portarono le prime
teoria
cromosomica
importanti
prove
sperimentali
della
dell'ereditarietà, che ipotizzava per la prima volta una stretta
connessione tra geni e cromosomi. I ricercatori isolarono in una vasta
popolazione di insetti un moscerino dagli occhi bianchi (mentre nel
fenotipo selvatico erano rossi). Anche qui il fenotipo particolare era
stato provocato da una mutazione spontanea nel gene per il colore degli
occhi. Le mutazioni ebbero poi un ruolo sempre più crescente da
quando furono scoperti i primi agenti mutageni.
Un importante capitolo nella storia delle mutazioni nella genetica
riguarda la disputa sull'origine delle mutazioni nei batteri. Intorno
agli anni quaranta infatti alcuni batteriologi misero in dubbio che le
mutazioni potessero avvenire nei batteri in modo del tutto
spontaneo; essi ritenevano piuttosto che le mutazioni erano
indotte dalla presenza di particolari condizioni ambientali. Ad
esempio, i batteri che sopravvivevano in seguito all'aggiunta di
penicillina avevano acquisito la resistenza grazie a una mutazione
indotta dalla stessa presenza dell’antibiotico (teoria adattativa).
Numerosi altri studiosi invece erano convinti che le mutazioni si
verificassero spontaneamente. Quest'ultima teoria (teoria
genetica) fu definitivamente dimostrata da un celebre
esperimento: la tecnica della piastratura delle repliche ideata
da Lederberg.
Una capsula su cui crescono
numerose colonie di batteri viene
messa a contatto con un tessuto di
velluto in modo che parte dei batteri
di ogni colonia vi si attacchino. Il
velluto viene poi appoggiato su una
nuova capsula per far crescere i
batteri così trasferiti.
Ora nelle due capsule crescono
colonie duplicate: ogni colonia occupa
la stessa posizione in entrambe le
capsule.
Quando si aggiunge streptomicina
nella capsula replicata, restano vivi
solo i batteri resistenti all’antibiotico.
Nella capsula madre le colonie
resistenti alla streptomicina occupano
esattamente la stessa posizione dei
batteri resistenti nella replica. Ciò
dimostra che la resistenza era già
presente in alcuni batteri. Altrimenti,
se indotta dall’antibiotico, le colonie
resistenti sarebbero apparse
casualmente nelle due capsule, non
occuperebbero le stesse posizioni in
entrambe le capsule.
Esempi mutazioni positive. La tolleranza al lattosio, che permette la digeribilità
del latte e degli alimenti che lo contengono, è derivata secondo i genetisti da una
mutazione favorevole avvenuta circa 8.000-10.000 anni fa che colpì gli uomini che
abitavano la zona del Caucaso. È un chiaro esempio di mutazione favorevole che, in
quanto tale, si è presto diffusa rapidamente nella popolazione: ad oggi solo una parte
della popolazione umana soffre di intolleranza per questa sostanza. Ulteriori
dimostrazioni derivano dal fatto che popoli che abitarono zone lontane dall'origine
della mutazione, come Asiatici e Africani, e che non vennero in stretto contatto con i
caucasici, presentano oggi una maggiore diffusione dell'intolleranza al lattosio.
Un altro caso che si ritiene essere una mutazione positiva è la delezione di 32
coppie di basi nel gene umano CCR5 (CCR5-32) che conferisce all'uomo la resistenza
all'AIDS negli omozigoti, mentre ritarda i suoi effetti negli eterozigoti. La mutazione è
mediamente più diffusa tra coloro che hanno discendenza europea; una teoria per
spiegare la maggiore diffusione nella popolazione europea della mutazione CCR-32 la
mette in relazione con le forme di resistenza alla peste bubbonica sviluppate nella
metà del quattordicesimo secolo.
La mutazione dell'apolipoproteina Apo A-1 tale mutazione conferisce agli abitanti
di Limone sul Garda (portatori di questa mutazione) un’innata resistenza agli effetti
dannosi del "colesterolo cattivo", dei trigliceridi elevati nel sangue e previene la
formazione delle placche. Questa proteina mutata ha conferito, inoltre, agli abitanti
del paese un'estrema longevità, una dozzina di residenti ha superato i 100 anni (su
circa un migliaio di abitanti).
Esempi mutazioni negative (UN GENE UN ENZIMA) La fenilchetonuria è una malattia
provocata da una mutazione genica che rallenta o blocca la capacità di trasformare
l'amminoacido fenilalanina in tirosina. Questo dunque si accumula nell'organismo e se
in grado di raggiungere il cervello può provocare danni neurologici.
Altri blocchi metabolici, indicati dai pallini blu, portano a disfunzioni metaboliche.
L'albinismo è una disfunzione
genetica dovuta alla mutazione del
gene che produce l’enzima per
la sintesi della melanina.
Esempi mutazioni negative
Il daltonismo ha tra le varie cause possibili quelle genetiche, dovute a mutazioni su
geni che codificano i pigmenti fotorecettori.
Anemia falciforme è una malattia del sangue conseguenza di una mutazione che
provoca l'alterazione della struttura e della funzione dei globuli rossi. La mutazione è
però positiva nell’eterozigote nelle zone ove è presente la malaria: il plasmodio della
malaria non riesce a moltiplicarsi nei globuli rossi con l’emoglobina mutata.
Mutazione puntiforme: sostituzione di un solo
amminoacido nella catena beta dell’emoglobina
Esempi mutazioni negative
Anemia falciforme è una malattia del sangue conseguenza di una mutazione che
provoca l'alterazione della struttura e della funzione dei globuli rossi. La mutazione è
però positiva nell’eterozigote nelle zone ove è presente la malaria.
Altra malattia da mutazione di un gene sintetizzante l’emoglobina: l’anemia
mediterranea (talassemia)
L’emofilia è data invce dalla mutazione di un gene che sintetizza una proteina
indispensabile per il processo di coagulazione del sangue
Il gatto Man si è sviluppato a seguito di un'alta frequenza di accoppiamento tra
individui della stessa specie. La mutazione riguarda il gene cosiddetto "M" e provoca
oltre all'assenza di coda anomalie nella
struttura scheletrica. Gli individui omozigoti
dominanti (M/M) non sopravvivono e muoiono
quando sono ancora nello stato di feto
nell'utero materno.
Mutazioni spontanee selezionate a uso commerciale
Mutazioni spontanee possono essere alla base di processi per la selezione di
organismi mutanti con caratteristiche vantaggiose. Sono pratiche usate
principalmente in agricoltura e rivolte a specie vegetali. I vantaggi possono
riguardare ad esempio la capacità di crescere in particolari condizioni ambientali,
la presenza di frutti più grandi o privi di semi ecc. In molti casi le mutazioni
riguardano la variazione nel numero di cromosomi. Esempi sono:
la produzioni di specie con un corredo cromosomico in più del normale e
dispari; le banane che troviamo in commercio, ad esempio, sono triploidi invece
di diploidi. Lo scopo è di ottenere piante che siano sterili e per questo con frutti
privi di semi.
la partenocarpia, cioè lo sviluppo di frutti senza semi, quale l’uva seedless
(sultanina).
Il frumento tenero esaploide e il frumento duro tetraploide.
Nuove specie nate dall’ibridazioni di specie simili,
Le varietà generate dalla specie iniziale.
Queste e molte altre mutazioni spontanee sono alla base della nascita e dello
sviluppo dell’agricoltura. L’uomo mantiene le mutazioni riproducendole
vegetativamente
Le grandi civiltà dell’antichità sono sorte dove c’era disponibilità di almeno una coltura ad alto
contenente di amido (cereali e patate).
Grande impatto mondiale: lo scambio Americhe-Europa dopo il 1492
Variabilità genetica nei paesi di origine delle colture (qui sopra patate nei paesi andini del sud
America e pomodori in Mexico ) da cui derivano le varietà da noi coltivate
Famiglia:
Brassicaceae o Cruciferae
(fiore con 4 petali a forma di croce)
Genere: Brassica
Specie: Brassica oleracea
Cavolo selvatico
Cavolo verza e
Cavolo cappuccio
Cavolini
di Brussels
Cavolfiore
Broccoli
Cavolo nero
Cavolo rapa
A partire dal Cavolo Selvatico l’uomo ha saputo selezionare e coltivare numerose varietà
che si differenziano notevolmente dalla specie iniziale
“Creazione” del mais (granoturco) dal Teosinte, pianta
primitiva, nell’America Centrale pre-colombiana
Evoluzione nel tempo: dai Maya ai nostri giorni
mais
primitivo
Teosinte
Selezione di nuove
varietà
mais
Teosinte
Ibrido
Teosinte
mais primitivo
Ibrido di mais
Teosinte
Selezione operata dall’uomo sulle foglie, a scopo ornamentale
Fagus sylvatica faggio: specie presente in natura e varietà ornamentali, mutanti apparsi in natura e selezionate e
riprodotte dall’uomo
Specie boschiva
originaria
“Asplenifolia”o “Laciniata”
“Purpurea”
“Pendula”
“Tricolor”
La nascita dell’agricoltura: la domesticazione delle piante.
Selezione e riproduzione di caratteri favorevoli all’uomo ma
sfavorevoli in natura
Le piante selvatiche hanno frutti piccoli, sufficienti per
attirare gli animali e esserne mangiati così da diffondere il
seme non digeribile. L’uomo ha selezionato frutti grandi per
la propria alimentazione
I semi delle mandorle selvatiche sono
amare e molto velenose, per non essere
mangiate dagli animali. L’uomo ha
selezionato mutanti dolci non velenosi
Per potersi riprodurre gli acini della vite selvatica hanno i semi.
L’uomo ha selezionato mutanti senza semi (frutto partenocarpico,
es. uva Sultanina) che riproduce per via vegetativa. Altro frutto
partenocarpico è la banana
Evoluzione del frumento
Nel frumento c’è un gene che permette il distacco delle cariossidi (semi) dalla spighe quando
sono maturi, questo per far si che i semi possano disperdersi e quindi germogliare lontano dalla
pianta madre. L’uomo ha selezionato mutanti che non fanno cadere i semi, questo permette di
mietere le spighe senza che si disperdano i semi. Nasce la domesticazione del frumento.
Poliploidi naturali (non creati dall’uomo)
• frumento duro (per la produzione di pasta): tetraploide 4n
• frumento tenero (per la panificazione): esaploide 6n
• Farro maggiore: tetraploide 4n
ibrido
Raddoppio cromosomico
ibrido
Raddoppio cromosomico
Tappe evolutive del
moderno frumento
tenero (6n = 42
cromosomi):
formazione di ibridi tra
specie 2n=14 e quindi
di poliploidi con il
raddoppio
cromosomico in due
momenti distinti
dell’evoluzione della
specie. A,B,D indicano i
corredi cromosomici
delle 3 diverse specie
coinvolte negli incroci
naturali
Selezione operata dall’uomo sui fiori, a scopo frutticolo e ornamentale
Fiori semplici (5 petali) di pesco coltivato e fiori
multi -petali di pesco ornamentale
A scopo ornamentale l’uomo ha selezionato piante mutanti
che producono fiori con più corone di petali, di dimensioni
più grandi e con nuovi colori. Inoltre ha anche selezionato
piante da frutto con fiori autoimpollinanti
Ciliegio con fiori autoimpollinanti (non
dipende più dalle api per formare i frutti)
Camelia
Rosa
La riproduzione vegetativa: per ottenere piante tutte uguali (cloni) con i
caratteri desiderati bypassando l’ostacolo e la variabilità della riproduzione
sessuale (creando e riproducendo nuove varietà, mutazioni somatiche, ibridi,
piante sterili)
Nei riquadri
gialli: metodi
riproduttivi
operati dall’
uomo
cellula
pianta
In laboratorio
con mezzo di
coltura
stolone
rizomi
tuberi
Talea
Innesto
margotta
propaggine
Mutazioni indotte a uso commerciale
Mutazioni indotte dall’uomo, anche queste possono essere alla base di processi per la
selezione di organismi con caratteristiche vantaggiose. Anche per le mutazioni indotte
in molti casi le mutazioni riguardano la variazione nel numero di cromosomi. Esempi
sono:
Il raddoppio del corredo cromosomico: ad esempio in molte specie ornamentali, che
sono solitamente diploidi, si agisce bloccando il processo meiotico generando piante
tetraploidi (con 4 corredi). In questo caso la conseguenza favorevole è l'aumento delle
dimensioni del fiore in parallelo con l'aumento del materiale genetico.
Il cocomero (anguria), triploide senza semi, prodotta incrociando un genitore
diploide con uno tetraploide.
Il triticale ottenuto dall’incrocio del frumento con la secale.
L’utilizzo di radiazioni ionizzanti per il riarrangiamento cromosomico
Queste metodologie non devono essere confuse con quelle usate in ingegneria
genetica che sono alla base degli organismi geneticamente modificati (OGM).
Utilizzo Raggi X per indurre mutazioni utili
Esempio di trasferimento nel frumento del gene della resistenza alle ruggini dei cereali
individuato in una graminacea primitiva
Cromosoma di:
raggi X per rompere il
cromosoma e isolare il
gene R
frumento
frumento con
inserito il gene R
della resistenza
Trasferimento del segmento R (gene della resistenza) di Aegilops al frumento usando
radiazioni (raggi X) per rompere i cromosomi nel polline di Aegilops al fine di ottenere
pezzi di cromosoma con solo il gene R che così può essere integrato nel cromosoma
analogo del frumento
Creazione di nuove varietà
con tetrapoliploidia (4n=4 corredi cromosomici anziché due)
Alcuni fiori tetraploidi
Esempio di poliploidia
Orchidea con corredi
cromosomici multipli
(poliploide)
Genitori diploidi 2n
Piante più rigogliose; fiori più grandi
Colchicina: l’alcaloide che fa raddoppiare il numero di
cromosomi nelle cellule vegetali
Colchicum autunnale da cui si estrae
l’alcaloide naturale colchicina
La colchicina inibisce la
formazione delle fibre
che “tirano” i
cromosomi nelle due
cellule figlie.
Conseguentemente i
cromosomi
raddoppiano in numero
ma non si dividono,
restano nella stessa
cellula raddoppiando
così il loro numero.
Il corredo cromosomico
superiore alla diploidia
prende il nome
generico di poliploidia
I cromosomi raddoppiano ma non si dividono in due
cellule, restano in una unica cellula raddoppiando
così il suo corredo cromosomico
La gemma terminale di un ramo è stata trattata con
colchicina, le cellule che ne deriveranno (nuovi rami,
foglie, fiori e frutti) saranno tetraploidi. Le piante
prodotte per innesto/talea delle parti tetraploidi della
pianta madre saranno tutte tetraploidi
Triploidia 3nProduzione
= tre corredi
cromosomici:
2n da
di angurie
senza semi
un genitore e n dall’altro genitore
Durante la meiosi il 3° corredo di cromosomi di un organismo
triploide non si può appaiare ai restanti 2 corredi di
cromosomi (i cromosomi si appaiono a 2 a 2) e disturba la
divisione cellulare, quindi i gameti ricevono un numero
casuale di cromosomi e sono sterili
⇒
Esempio: il cocomero senza seme. Incrocio intraspecifico
(all’interno della stessa specie) tra una varietà 4n ed una varietà 2n
Genitore femminile 4n (tetraploide)
Produce alla meiosi ovuli diploidi 2n
Genitore maschile 2n (diploide)
Produce alla meiosi polline aploide n
Individuo 3n, triploide, sterile. Gli
fecondazione
fecondazione
ovuli hanno numero variabile e
sbilanciato di cromosomi e quindi
non possono dare origine a semi
Altri esempi di manipolazioni genetiche tradizionali
(non transgeniche) operate dall’uomo
Il Triticale (× Triticosecale) è un ibrido interspecifico artificiale (creato
dall’uomo) tra la segale e il grano tenero. Creato alla fine del XIX secolo, ora
coltivato su larga scala in ambienti montani e in climi rigidi che non favoriscono la
crescita del frumento. Associa la resistenza al freddo della segale e l'attitudine
alla panificazione del frumento
Cariossidi di frumento (a sinistra), di
segale (al centro) e di triticale (a destra)
La base genetica dei tumori
• Tutti i tumori hanno origine da una cellula. Nei tessuti normali le cellule si
riproducono dividendosi, in modo da sopperire alle varie necessità
dell'organismo: far crescere l'organismo intero o una sua parte oppure
rimpiazzare le cellule morte o danneggiate.
• Nei tumori questo delicato equilibrio, governato dai messaggi chimici
inviati da una cellula all'altra e dai geni che si trovano nel loro DNA, è
compromesso. La cellula continua a riprodursi senza freni e vengono meno
anche i processi con cui le cellule danneggiate vanno incontro a una morte
programmata, detta apoptosi.
• All'origine di tutti questi fenomeni ci sono alterazioni geniche, dette
mutazioni, che, sommandosi l'una all'altra, fanno saltare i meccanismi di
controllo. Non basta, infatti, che sia difettoso un solo meccanismo, ma
occorre che gli errori si accumulino su diversi fronti perché il tumore possa
cominciare a svilupparsi. Alcuni di queste mutazioni sono ereditarie,
mentre altre sono provocate da fattori esterni.
Mutazioni successive che portano dalla cellula normale al tumore con metastasi
Crescita delle cellule su
un un terreno di coltura
Le cellule normali crescono in modo ordinato in un strato singolo e
ordinato fino a coprire tutta la superficie del mezzo di coltura. Crescono solo
a contatto di una superficie solida, chiamata dipendenza dall’ancoraggio (il
terreno di coltura) e presentano inibizione da contatto (formano un singolo
strato). Inoltre per farle dividere hanno bisogno di fattori di crescita nel
mezzo di coltura (in genere siero)
Le cellule cancerogene sono cellule trasformate che hanno un
comportamento differente da quelle normali: non risentono della vicinanza
delle cellule vicine, quindi si sviluppano in multistrati disorganizzati. Non
sono dipendenti dall’ancoraggio, crescono anche in sospensione nei liquidi.
Non richiedono fattori di crescita esterni.
Ci sono quattro tipi di geni che, se alterati, possono
essere alla base del cancro:
• oncogéni (o geni oncògeni) Sono i geni che in condizioni normali si attivano per
spingere la cellula a replicarsi quando occorre, per esempio per riparare il tessuto
di cui fa parte. Sono come un acceleratore, che nei tumori è bloccato "a tavoletta"
e segnala quindi alla cellula di continuare a moltiplicarsi senza controllo.
• geni oncosoppressori Proseguendo con la metafora precedente, sono i geni che
fanno da freno: bloccano cioè la normale replicazione delle cellule quando questa
ha raggiunto il suo scopo. In molte forme di tumore questi meccanismi di controllo
vengono meno: uno dei più importanti è quello che codifica per la proteina p53 e
che risulta difettoso in molte forme di cancro.
• geni coinvolti nel cosiddetto "suicidio cellulare" (o apoptosi) Sono una sorta di
meccanismo di autodistruzione che si innesca quando la cellula è danneggiata, per
evitare danni maggiori all'organismo. Se vengono meno, la cellula alterata può
continuare a riprodursi, ma in maniera anomala.
• geni implicati nei meccanismi di riparazione del DNA La cellula è fornita di diversi
sistemi di controllo e riparazione del DNA, capaci di individuare e correggere le
mutazioni che avvengono continuamente, anche nei processi fisiologici nel corso
della vita delle cellule. Quando questi stessi meccanismi protettivi sono
compromessi, le mutazioni si possono accumulare e la cellula può diventare
tumorale.
Numerosi geni sono deputati al controllo della riproduzione e differenziamento della
cellula. Le mutazioni nei geni deputati a questi controlli portano al tumore
Oncogeni e proto-oncogeni
• Un proto-oncogene è un gene normale che può diventare
oncogenetico a causa di mutazioni o di un aumento
dell’espressione. I proto-oncogeni codificano proteine, es. fattori di
crescita, che regolano il ciclo cellulare (divisione cellulare) e il
differenziamento. A seguito di attivazione, il proto-oncogene
diventa un agente di induzione tumorale, un oncogene.
• Un oncogene è un gene che codifica una proteina, che
potenzialmente indirizza la cellula verso lo sviluppo di un fenotipo
neoplastico. Solitamente gli oncogeni intervengono nello sviluppo
tumorale e aumentano le possibilità che lo sviluppo (proliferazione
e differenziamento) di una cellula si diriga in senso tumorale.
– Il primo oncogene fu scoperto nel 1970 e chiamato Src (pronunciato
SARC). Src fu scoperto dapprima in un retrovirus dei polli. Nel 1976 fu
dimostrato che questo oncogene era un difettoso proto-oncogene
presente in numerosi organismi tra cui l’uomo.
Il cromosoma Philadelphia umano, così chiamato perché scoperto appunto
a Philadelphia (USA), è il cromosoma 22 modificato per l'inserzione di un frammento terminale
proveniente dal cromosoma 9. A seguito di una traslocazione, il gene Abelson (ABL - abl) passa
dal cromosoma 9 al cromosoma 22, con formazione di un gene chimera Bcr-Abl.
La traslocazione da luogo ad una attivazione di geni con produzione della proteina
p190 coinvolta nella Leucemia linfoblastica acuta; la rottura può invece coinvolgere un altro
punto e la proteina prodotta è la p210, coinvolta nella Leucemia mieloide cronica classica;
geni oncosoppressori
bloccano la normale replicazione delle cellule quando questa ha
raggiunto il suo scopo. In molte forme di tumore questi
meccanismi di controllo vengono meno
Cellula normale con i
geni
dell’oncosoppressore
funzionanti
Danni al DNA da
radiazioni o
mutageni chimici
C’è inibizione
della divisione
cellulare
Non c’è arresto
della divisione
cellulare
Oppure se il danno
del DNA è
irreparabile la cellula
si suicida
C’è riparazione del DNA
Cellula con i geni
dell’oncosoppressore
mutati, quindi non
funzionanti
I geni della
proteina
oncosoppressore
non vengono
attivati
Non c’è
riparazione del
DNA
Mutazioni
addizionali
portano al
tumore
maligno
Suicidio cellulare (apoptosi)
Quando le normali cellule sono
danneggiate, esse vengono
eliminate mediante apoptosi. Le
cellule cancerogene evitano
l'apoptosi e continuano a
riprodursi in maniera irregolare.
Meccanismi di riparazione del DNA
Riparazione dei dimeri di Timina provocati dalle radiazioni UV. Se la
riparazione non avviene in modo perfetto si formano mutazioni nei geni
coinvolti, con possibili sviluppi di tumori (es. melanoma) nel tempo
Gli alleati del cancro
• Per svilupparsi il tumore ha bisogno di ossigeno e sostanze nutritive. Per
questo produce sostanze capaci di stimolare la formazione di nuovi vasi
sanguigni (angiogenesi) che vadano a irrorare il nuovo tessuto in crescita.
• Oltre alla complicità dei vasi sanguigni, il tumore in crescita riesce a ottenere
l'aiuto di altre componenti del cosiddetto microambiente del tumore, cioè
del contesto in cui si sviluppa. Una condizione di infiammazione cronica, per
esempio, induce la produzione di sostanze che lo favoriscono e ormoni come
l'insulina, prodotta oltre il dovuto in seguito a eccessi alimentari, ne
stimolano la crescita. Entrambe queste circostanze sono favorite dagli stili di
vita.
• L'infiammazione, in particolare, è ormai considerata dagli esperti il più
importante filo conduttore che unisce tra di loro gli stili di vita nocivi
(alimentazione scorretta, sedentarietà, fumo) e le più importanti malattie
croniche tipiche della nostra epoca: non solo il cancro, ma anche il diabete, le
malattie del cuore e dei vasi e probabilmente anche alcune forme di
demenza, tutte favorite dalle stesse cattive abitudini.
• Un ruolo fondamentale è poi svolto dal sistema immunitario, che in questi
casi viene meno al suo dovere di proteggere l'organismo, ma spesso viene in
un certo senso "reclutato" come complice dalle cellule tumorali per
proteggere la massa tumorale in crescita. Talvolta invece può essere proprio
un calo delle difese immunitarie a facilitare la comparsa della malattia.
fattori di rischio
• Non esiste quasi mai, tranne in alcune rare forme ereditarie, un'unica causa che
possa spiegare l'insorgenza di un tumore. Al suo sviluppo concorrono diversi
fattori, alcuni dei quali non sono modificabili, come i geni ereditati dai propri
genitori o l'età, mentre su altri si può intervenire per ridurre il rischio di andare
incontro alla malattia.
• Età. L'invecchiamento è il più importante fattore di rischio per il cancro: la maggior
parte dei tumori infatti si sviluppa in tarda età. È anche per l'aumento dell'età
media della popolazione, quindi, che nell'ultimo secolo il numero di persone che
hanno sviluppato la malattia è andato aumentando. Ad ogni modo, diverse forme
di cancro si possono presentare, con frequenza variabile, a qualunque età, in
particolare i tumori linfatici (leucemie, linfomi) e alle cellule germinali del testicolo
e dell'ovaio.
• Fattori ereditari. Nella maggior parte dei casi, quando si tratta di tumori, non si
parla di "ereditarietà" ma di "familiarità": ciò significa che con i geni non si
trasmette la malattia, ma solo una maggiore predisposizione a svilupparla. Se
quindi ci sono stati diversi casi di cancro in famiglia, non significa che tutti i membri
prima o poi si ammaleranno, ma solo che occorre prestare maggiore attenzione a
seguire stili di vita sani e sottoporsi con regolarità ai controlli suggeriti dal proprio
medico. È possibile infatti ereditare un gene mutato che rende la cellula più
suscettibile alla malattia; ma perché il tumore possa cominciare a svilupparsi e
crescere è necessario che si sommino altri errori.
Per questo per il momento gli esperti sconsigliano di sottoporsi senza una
particolare indicazione medica ai test genetici che possano rivelare una maggiore
probabilità statistica di andare incontro al cancro.
Stili di vita
Così come la familiarità, anche le abitudini della vita
quotidiana non causano direttamente il cancro, ma
aumentano le probabilità di svilupparlo: per questo
sono detti fattori di rischio. Gli stili di vita che più
influiscono sul rischio di sviluppare un tumore sono:
• fumo
• sole e raggi ultravioletti
• alcol
• tipo di alimentazione
• sovrappeso e obesità
• sedentarietà
Fattori ambientali
Ci sono diversi elementi che possono favorire la comparsa
della malattia anche nell'ambiente che ci circonda.
Alcuni sono presenti in natura, come certi minerali o
agenti infettivi, altri sono prodotti chimici cui possono
essere maggiormente esposte alcune categorie di
lavoratori, senza contare l'effetto delle radiazioni. Ecco
i più importanti:
• inquinamento atmosferico
• agenti chimici
• sostanze presenti in natura
• agenti fisici
• agenti infettivi
agenti infettivi: i virus oncogeni
• Il cancro non è una malattia contagiosa, né è provocata direttamente da
virus o batteri. Esistono però alcune infezioni che, come gli altri fattori di
rischio sopra elencati, aumentano le probabilità di ammalarsi. Per alcune
di queste oggi sono disponibili vaccinazioni che possono ridurre la
frequenza di alcuni tumori. È il caso per esempio della vaccinazione contro
l'epatite B, obbligatoria in Italia per tutti i nuovi nati a partire dal 1989,
mentre non è ancora disponibile quello contro il virus dell'epatite C:
entrambe queste malattie possono infatti provocare negli anni la
formazione di un tumore del fegato.
• Recentemente è stato introdotto anche in Italia un altro vaccino, mirato
alla prevenzione dell'infezione da Papilloma virus umano (HPV). Questa
infezione è molto comune a livello genitale, è asintomatica, e nella
maggior parte delle persone infette non produce conseguenze. Alcuni tipi
di questo virus tuttavia favoriscono la comparsa del carcinoma del collo
dell'utero, dell'ano, dell'orofaringe e della base della lingua.
• Altri virus legati allo sviluppo di tumori sono il virus di Epstein Barr, che
generalmente causa la mononucleosi, ma in Africa causa il linfoma di
Burkitt, l'HIV, che predispone a vari tumori in seguito a
immunosoppressione e l'herpes virus 8, che può favorire lo sviluppo di
un sarcoma di Kaposi.
Il virus a DNA integra il proprio genoma nei cromosomi umani. Quando si replica può succedere
che un gene umano venga inserito nel DNA del virus. Alla prossima infezione, se il gene inserito
è un proto-oncogeno, cioè un gene che può stimolare la divisione cellulare, questo gene umano
stimolerà i geni prossimi alla sua nuova inserzione determinata dal DNA del virus,
trasformandosi in gene oncogene che così induce la riproduzione cellulare.
Oppure il DNA del virus, in questo caso sintetizzato dai retrovirus a RNA, si integra nei cromosomi
umani in una posizione prossima a geni deputati alla riproduzione cellulare (proto-oncogeni in stato
silente) attivandoli , quindi trasformandoli in geni oncogeni che stimolano la riproduzione cellulare,
iniziando così il processo genetico che porterà, attraverso altre mutazioni, al tumore.
Conclusioni
dal sito dell’AIRC
È vero che il cancro ha molte cause, che in ogni persona
concorrono tra loro, insieme ad altrettanti fattori protettivi, a
determinare il rischio individuale di ammalarsi. È vero anche,
tuttavia, che la maggior parte di questi fattori sono
modificabili: quasi un terzo delle morti per cancro si
potrebbero evitare solo abolendo l'uso di tutti i prodotti a
base di tabacco, e con una dieta sana, accompagnata da una
regolare attività fisica, molte altre vite potrebbero essere
salvate.
Cambiamo argomento: la regolazione genica del cromosoma X
Le donne hanno 2 cromosomi X
Gli uomini hanno solo un cromosoma X,
oltre al cromosoma Y deputato alla
determinazione del sesso maschile
Corpi di Barr
Nucleo di cellula
umana a riposo
L’inattivazione avviene tardivamente durante lo sviluppo embrionale: presenza di
entrambi i cromosomi X durante le fasi di differenziamento cellulare dell’embrione
Corpo di Barr: eterocromatina (DNA non funzionante) visibile nelle
cellule non in divisione. Il numero dei corpi di Barr è uguale al numero
di cromosomi X presenti nel genoma meno 1 (nX-1)
Esempio: fenotipo del gatto “calico”
Eterozigote per gli alleli Nero-Marrone del colore del pelo, benché il
nero sia dominante sul marrone. Gene legato al cromosoma X.
Maschi: o neri o marroni (una sola X)
Femmine: nere se omozigote; marroni se omozigote recessive; caliche se
eterozigote
Sono gatti femmina. Rara percentuale di maschi XXY sterili
L’ampiezza delle aree nere e marroni dipende da quando il cromosoma X è stato inattivato. Più
le aree sono ampie e più precocemente è avvenuta l’inattivazione dell’X con l’allele nero o
marrone. Il colore bianco è dato da un gene inibitore del colore.