Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale Giuseppe Duso – Université de Padoue email: [email protected] 1. Noi lettori di Fichte Non intendo qui offrire un nuovo contributo analitico sui testi fichtiani, quanto piuttosto fare una riflessione sul tema “Fichte e la politica” sulla base da una parte dei lavori compiuti sulle strutture speculative della GWL e sul pensiero politico fichtiano tra il Naturrecht e gli sviluppi che culminano nella Sittenlehre del 18121 e nella cosiddetta Staatslehre, e dall’altra dei lavori sui concetti politici moderni e della criticità che è propria di una consapevolezza storico-concettuale2. In questo orizzonte il presente intervento riguarda non solo il modo in cui Fichte pensa la politica, ma anche il tipo di ricerca che è necessaria per comprendere una tale pensiero e la relazione che si pone tra quest’ultimo e la nostra stessa pratica della filosofia politica : che ne viene dunque a noi che 1 Faccio riferimento, in relazione al nucleo speculativo della filosofia fichtiana, a G. Duso, Contraddizione e dialettica nella formazione del pensiero fichtiano, Argalia, Urbino 1974, e Id., Absolutheit und Widerspruch in der GWL, in E. Fuchs – I. Radrizzani (a cura di), I. Der Grundsatz der ersten Wissenschaftslehre Fichtes. II. Der Stand der Fichte-Forschung. Tagung des Internationalen Kooperationsorgangs der Fichte-Forschung in Neapel, April 1995, Neuried 1996, pp. 145-157 e ai lavori di G. Rametta, soprattutto a Le strutture speculative della Dottrina della scienza. Il pensiero di J.G. Fichte negli anni 1801-1807, Genova 1995. Per quanto rigarda il pensiero politico rimando ai miei saggi citati nelle note seguenti. 2 Cfr. G. Duso, Storia concettuale come filosofia politica, in Id., La logica del potere, Polimetrica, Monza 2007, pp. 19-60 (anche www.polimetrica.com) . 2Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale facciamo oggi filosofia politica3. Perciò il tema non si riduce alla filosofia politica di Fichte, ma può essere indicato come “Fichte e la filosofia politica”. Una tale modalità di accostare il pensiero politico fichtiano mi sembra riesca a spostare l’asse delle discussioni che su di esso spesso si incrociano. Le varie letture di un Fichte rivoluzionario, o conservatore, o democratico, o paladino dei diritti naturali, rischiano di perdere il senso filosofico del suo pensiero e dunque anche il profondo significato che ha per noi. Non è tanto da negare che Fichte abbia avuto nel contesto storico in cui è vissuto intenzioni politiche e prese di posizione, ma da evitare che a queste si riduca il significato del suo pensiero della politica. Alla luce di una tale impostazione anche i mutamenti che si possono riscontrare nell’atteggiamento fichtiano, ad esempio in relazione alla rivoluzione o all’Eforato o al concetto di libertà, possono essere letti in modo diverso da una semplice reazione ad avvenimenti esterni o da un cambiamento del suo orientamento politico ed essere interrogati in relazione alla maturazione o al mutamento delle sue categorie filosofiche. Per la chiarezza del ragionamento è necessaria una premessa che ha carattere insieme teoretico e metodologico, con l’avvertenza che la sua eventuale validità non sta nella mera enunciazione, quanto piuttosto nei risultati che riesce a produrre nel concreto lavoro di ricerca. Nell’accostare i testi di un autore classico per intendere il suo pensiero politico, mi sembra che siano necessarie tre avvertenze critiche4. Innanzitutto 1) bisogna avere presente in cosa consista il nucleo speculativo del suo pensiero. Se si cerca di descrivere la concezione politica di un filosofo intendendola come una dottrina, una serie di affermazioni tra di loro coerenti e configuranti una proposta, magari da inserire nel continuum di una storia del pensiero politico, si rischia di precludersi a-priori la possibilità di porsi realmente in 3 Come si comprenderà in seguito, ciò non ha niente a che vedere con quelle “attualizzazioni” degli antichi, che non hanno presente né il senso del movimento filosofico del loro pensiero, né la necessità di una contestualizzazione storicoconcettuale degli autori. 4 Per una articolazione di queste avvertenze si veda G. Duso, La storia della filosofia politica tra storia concettuale e filosofia, in www.sifp.it/seminari. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 3 relazione con il filosofo in questione. Che per intendere il pensiero politico di un filosofo sia necessario tenere presenti le strutture speculative della sua filosofia, può sembrare una cosa ovvia, ma, se si fa attenzione al vasto mare delle interpretazioni, si può notare che si tratta di una avvertenza spesso disattesa. Ciò appare con evidenza se ci riferiamo alle interpretazioni del pensiero politico di Hegel, che cercano di definirlo sulla base di quello che è individuato come il suo atteggiamento politico e cercano di descrivere il modello politico che caratterizzerebbe la sua proposta, magari contestualizzandola con gli avvenimenti storici che lo circondano. Possiamo riferirci ad esempio alla posizione che occupa, nella struttura dei Lineamenti di Filosofia del diritto, la fürstliche Gewalt. Ci si affanna spesso a mostrare il rapporto che la figura del monarca e la posizione che essa occupa nell’opera ha con la situazione politica della Prussia o con la censura che ha toccato anche la vicenda del testo stesso dei Lineamenti. In questo modo si evita di riflettere sull’indicazione che Hegel dà a questo proposito, e che ripete spesso nel corso dell’opera : che per comprendere ciò che si dice a livello della Rechtsphilosophie bisogna capire la scienza della logica, e questo non perché la logica dello spirito oggettivo si identifichi con la scienza della logica, ma perché la presuppone. O si pensi ancora alla diatriba su uno Hegel liberale o uno Hegel statalista. Le interpretazioni che a questo proposito si scontrano non tengono conto della struttura speculativa che caratterizza l’Eticità, nella quale non si tratta tanto di trovare una mediazione tra individuo e Stato, quasi queste fossero realtà in se stesse significanti e sussistenti, ma piuttosto di comprendere che essi sono due elementi che nella loro determinazione e nel loro isolamento si ottengono solo mediante l’astrazione che caratterizza il lavoro dell’intelletto, che non ha in se stesso la sua verità, anche se risulta necessario allo svolgimento e alla articolazione della Darstellung del sistema. In realtà l’individuo è quello che è in quanto è determinato da una serie molteplice di rapporti, e dunque si trova all’interno di determinate cerchie, e lo Stato, a sua volta, non è mera istituzione, ma un insieme esso stesso di rapporti, cerchia delle cerchie, come dice Hegel, ed è condizione, ma nello stesso tempo anche prodotto (nel senso non che sia alla fine, mero risultato, ma che non è 4Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale pensabile se non attraverso) della soggettività degli individui. Se si comprende una tale struttura logica, risulta anche che quell’individuo e quello Stato che permettono di parlare di liberalismo e di statalismo sono superati, aufgehoben. Con il movimento della Aufhebung si incontra la modalità caratteristica del procedimento di pensiero hegeliano, il quale non si presenta certo come una posizione particolare, magari quella vera contro le altre considerate false, ma intende collocarsi all’interno della posizione con cui si confronta per recuperare una verità che è in essa presente e la rende possibile, ma che essa tuttavia non riesce ad esprimere. Una tale consapevolezza non comporta che si consideri a-priori riuscita la Aufhebung hegeliana, ma richiede che con questo movimento di pensiero di volta in volta, nei diversi passaggi del sistema, ci si debba confrontare ; altrimenti, riducendo il pensiero hegeliano alla forma meramente affermativa di una concezione particolare, di una posizione teorica, di un punto di vista, si finisce con il perdere l’oggetto della propria indagine e con non misurarsi nemmeno con esso. Anche in rapporto a Fichte è necessario intendere in cosa consista lo specifico movimento del suo pensiero. Già questo è richiesto nel momento in cui si ha coscienza che la verità che dovrebbe caratterizzare la WL si accompagna alla possibilitànecessità degli innumerevoli e sempre rinnovati tentativi di esporla. Ma a ciò ci costringe lo stesso Fichte nel momento in cui, nello stesso titolo della sua opera sul diritto naturale, indica come il fondamento di questa disciplina sia trattato “secondo i principi della Dottrina della scienza”. Già si può intendere che se la filosofia fichtiana consiste nella Dottrina della scienza (che lo stesso Fichte non considera certo come la sua particolare filosofia), questa a sua volta non coincide con quella dottrina del diritto naturale che si presenta a Fichte come una scienza dotata di una sua logica determinata e diffusa attraverso una serie di manuali nella Germania della fine del Settecento. Ci si può allora chiedere quale sia lo specifico filosofico nello scritto sul Naturrecht, ma ci si può anche chiedere come mai Fichte parli del corpo politico e dell’agire in comune degli uomini all’interno dei canoni della moderna scienza del diritto naturale e non ad esempio sulla base di coordinate come quelle della giustizia e della relazione tra anima e Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 5 polis che caratterizzano il pensiero di Platone e in parte anche quello di Aristotele. Con questa ultima domanda ci si apre alla seconda avvertenza critica. 2) Non è sufficiente comprendere la relazione tra il pensiero politico e le categorie speculative dell’autore, bisogna anche comprendere come il pensiero dell’autore sia condizionato dal proprio tempo. Nell’ambito di un lavoro di storia concettuale questa affermazione non ha il significato del rapporto tra testo e contesto storico, quale si determina mediante i fatti politici e il dibattito politico dell’epoca. Piuttosto ciò che più conta è il modo in cui in un’opera è presupposta una determinata costellazione concettuale, con la consapevolezza che i tempi dei concetti non coincidono con i normali tempi storici5. Nello specifico si tratta di avere coscienza del fatto che Fichte ragiona sì sulla base della sua filosofia, ma all’interno del modo – al suo tempo ormai diffuso nelle Università – di intendere il vivere in comune tra gli uomini che caratterizza i trattati di diritto naturale. Si tratta di una modalità che non è universale e a-temporale e che non nasce con la filosofia fichtiana. Se si ha questa avvertenza critica, si evita il rischio di identificare l’apporto specifico di Fichte con gli elementi che caratterizzano la struttura logica del giusnaturalismo moderno e si è più disposti a registrare la perdita di centralità che il diritto naturale viene ad avere nella maturità di Fichte6, il quale può sembrare invece più vicino ad alcune movenze del pensiero della politica che ricordano Platone. E’ lo stesso Fichte a ricordare il condizionamento subito nella sua prima esposizione della GWL dal modo in cui i contemporanei post-kantiani ponevano il problema della filosofia. Noi possiamo 5 Si pensi per esempio a quanto le concezioni politiche tedesche del primo Seicento siano ancora all’interno di un modo di pensare la politica che parte dall’antichità greca (nonostante i notevoli cambiamenti storici complessivi e anche le notevoli differenze che caratterizzano le diverse concezioni) e quanto invece appaia diversa la concettualità della nuova scienza del diritto naturale che inizia con Hobbes, anche se la distanza da quelle concezioni è di pochi decenni (Cfr., a proposito del confronto tra Althusius e Pufendorf sul modo di intendere la società, Duso, La logica del potere cit., sp. “Alle origini del moderno concetto di società civile”, pp. 123-156. 6 E’ a questo proposito da condividere la proposta già avanzata da C. Cesa, La posizione sistematica del diritto, in Filosofia trascendentale e destinazione etica, a cura di A. Masullo et M. Ivaldo, Guerini, Napoli 1995, pp. 239-260. 6Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale riassumere tale maniera di filosofare in questo tipo di procedimento logico : la filosofia è sapere, ma questo è rigoroso se è sistema, e se c’è un sistema c’è un principio primo7. Tale modalità comporta quegli aspetti intellettualistici denunciati da Hegel e superati del resto nelle ulteriori esposizioni della WL. Nel passo immediatamente successivo della stessa lettera Fichte esprime la convinzione di essere andato oltre questo condizionamento con gli scritti successivi, tra cui nomina il Naturrecht e la Sittenlehre. Nonostante questa affermazione credo sia invece possibile affermare che nel ‘96-97, proprio in relazione al compito che si pone per lo scritto e per le sue lezioni, Fichte venga ad essere condizionato dalla logica tipica della nuova scienza politica dei moderni, che appare nella veste del diritto naturale. Non è che nel Naturrecht non sia presente il nucleo speculativo della WL, secondo quanto recita lo stesso titolo del saggio, ma questo resta fortemente condizionato dalla logica del diritto naturale, che nella sua essenza con quel nucleo non coincide o, come tenderei a proporre, rischia di essere addirittura in conflitto. Se ci si chiede perché il pensiero fichtiano sia spesso identificato con l’orizzonte dei diritti naturali degli individui, si può riscontrare come nel lavoro interpretativo questo orizzonte venga a costituire in molti casi un presupposto di valore. Ecco allora la terza avvertenza: 3) nella lettura dell’autore bisogna avere coscienza dei concetti che adoperiamo e dei valori a cui, consapevolmente o no, facciamo riferimento. Bisogna cioè, contemporaneamente al rapporto con il testo, interrogare i concetti usati per l’interpretazione, verificarne la pretesa universalità, la loro genesi, la loro logica, la quale comporta conseguenze spesso inaspettate, e infine le aporie che in essi si possono nascondere. Questo è forse l’aspetto più rilevante di un lavoro di ricerca storico-concettuale: bisogna interrogare criticamente i concetti che abitano le nostre parole. Spesso nel nostro accostare i testi fichtiani, elementi come diritti, uguaglianza, libertà, democrazia restano concetti fermi, valori presupposti, che indicano la strada nella quale in modo imprescindibile la filosofia deve camminare, e nello stesso tempo ci rassicurano sulla nostra identità. A causa di questo atteggiamento presupposto, si rischia di 7 Cfr. la lettera del gennaio 1801 a Johannsen (GA , III/5, 9 21-22). Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 7 leggere anche il nostro autore sulla base di questi concetti, rintracciandoli in lui per l’aspetto di adesione che la nostra lettura comporta. Da un tale atteggiamento la nostra lettura non solo viene ad essere pregiudicata, ma manca di quella criticità - necessaria per affrontare un lavoro filosofico - consistente nell’interrogare i concetti, i presupposti, quei valori che sono divenuti doxa comune, e dunque nel chiedere ragione e nel dare ragione. Ci può essere utile l’esempio offertoci dalla discussione presente in uno dei primi numeri delle Fichte-Studien, che è indicativa di un atteggiamento che coinvolge un numero ben maggiore di interpreti di quelli che hanno dato vita a quella discussione8. Quando si nota il modificarsi dell’atteggiamento di Fichte nei confronti del diritto naturale, o meglio dell’assolutezza e primarietà con cui sono posti i diritti degli individui nel saggio sul diritto naturale e si riconosce nelle opere dell’Ottocento un quadro più ampio in cui la libertà del singolo è inserita, un senso più concreto e comunitario dell’etica9, in genere si tende a chiedersi se nel Fichte maturo ci sia ancora il rispetto per i diritti degli individui o se questi passino in secondo piano, siano affossati da una concezione di carattere comunitario. In ogni caso, sia che la risposta sia positiva o negativa, resta ferma in tutti la convinzione che diritti dell’individuo, uguaglianza e libertà siano valori a partire dai quali si debba giudicare lo spostamento fichtiano. Ma in questo modo i concetti usati non vengono interrogati: non se ne chiede ragione, come l’esercizio della filosofia richiede, ma rimangono acriticamente presupposti. Da quanto detto ci si può accorgere che la seconda e la terza avvertenza si intrecciano. Infatti i pre-giudizi del nostro pensare moderno consistono nell’intendere come eterni e come valori indiscussi una serie di concetti fondamentali. Si è in tal modo dipendenti da quel modo di pensare la politica che nasce con il giusnaturalismo moderno e che condiziona lo stesso Fichte nel 1796-97. Se fosse vero che la logica di questi concetti non è poi 8 Cfr. in particolare : Geismann, Fichtes “Aufhebung” des Rechtstaates, e R. Schottky, Rechtstaat und Kulturstaat bei Fichte. Eine Erwiderung, rispettivamente in “Fichte-Studien”, 3 (1991, pp. 86-117 e 118-153. 9 Su ciò interessante la proposta di L. Fonnesu, Antropologia e idealismo. La destinazione dell’uomo nell’etica di Fichte, Laterza, Bari 1993, che non ricade nell’atteggiamento qui denunciato. 8Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale quella che sembra, in quanto comporta presupposti per niente universali e magari porta a delle aporie strutturali, a delle conseguenze che sono in contraddizione con le intenzioni che in quei concetti sono riposte, ecco che l’eventuale spostamento fichtiano (che credo si possa sostenere) in relazione alla centralità del diritto naturale può assumere una valenza diversa e anche essere giudicata in modo diverso : addirittura i mutamenti che avvengono nell’Ottocento in relazione alla tematica dei diritti, della pratica e dunque della filosofia politica possono apparire più consoni al nucleo speculativo della filosofia fichtiana. 2. La logica del diritto naturale e il problema del controllo Non è questo il luogo per ripercorrere i passaggi salienti che segnano il processo logico del Naturrecht. E’ piuttosto utile ricordare due aspetti : quello che mostra il legame che l’opera ha con i trattati di diritto naturale, e quello secondo cui questo legame è forzato in una direzione che esploderà in seguito in modo più evidente. Il primo si manifesta nel modo in cui è ripresa la costruzione teorica che sta alla base dello Stato, richiedente una forza che garantisca l’ordine ed elimini il conflitto. Si pensi all’affermazione della necessità di una forza immane che agisca con una inesorabilità meccanica al fine di scoraggiare il delitto e di rendere prevedibile il comportamento di ognuno in modo tale da garantire una pace stabile e l’affermarsi della legalità10. Il secondo aspetto consiste nella volontà di tenere aperto il problema del controllo del potere, della responsabilità dei rappresentanti, di una concezione del diritto che ecceda il dispositivo formale costituito dalla legge e dalla sua legittimazione. Bisogna ricordare che, dalla sua nascita, la scienza del diritto naturale è caratterizzata da una razionalità di tipo formale : lo Stato e il politico sono pensati sulla base di una razionalità giuridica. Il procedimento “scientifico” che la caratterizza parte dagli individui, 10 Per questi aspetti cfr. G. Duso, Libertà e Stato in Fichte : la teoria del contratto sociale, in Id. (a cura) Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, FrancoAngeli, Milano 20073 (El contrato social en la filosofia politica moderna, tr. sp. di Martha Rivero, “Res publica”, Leserwelt, Valencia 2002), sp. pp. 284292. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 9 connotati dai diritti fondamentali di uguaglianza e libertà, e giunge a dedurre il diritto di coazione e il potere comune, al quale tutti devono essere soggetti. Nel momento in cui si nega che ci siano differenze tra gli uomini che possano giustificare o meglio imporre, la necessità che ci sia qualcuno che governi gli altri, è il concetto di libertà ad assumere il ruolo di pietra angolare della costruzione. La libertà è qui strettamente connessa con l’opinione e con la possibilità di manifestazione, priva di ostacoli, delle potenzialità dei singoli : implica cioè l’assolutizzazione della coscienza dei singoli. Seguendo il filo del ragionamento quale comincia ad apparire con il Leviatano di Hobbes, si può mostrare che è proprio questo concetto di libertà, inteso come la mancanza di ostacoli e l’indipendenza della volontà, a portare, secondo un procedimento rigoroso, alla necessità di un potere sommo in quanto unico. E’ il concetto moderno di sovranità e del comando decisivo che da essa promana ad apparire necessario non solo per realizzare quella libertà, ma anche per pensarla. Infatti una tale libertà non può essere attribuita contemporaneamente a tutti gli individui se non ci sono regole che impediscano che l’agire di uno occupi lo spazio di libertà dell’altro; e le regole sono appunto il comando del sovrano11. Tra l’esercizio della sovranità e i sudditi si determina un rapporto di comandoubbidienza che è formale : riguarda cioè la posizione che occupano reciprocamente coloro che esprimono il comando e coloro che ubbidiscono. Si ha in tal modo una risposta univoca a quella domanda sulla giustizia – caratterizzante la filosofia politica della tradizione - considerata da Hobbes fonte di destabilizzazione e di conflitto. Perciò il risultato della costruzione consiste nella dimostrazione della affemazione che egli nella Prefazione del De cive aveva auspicato come fonte dei più grandi vantaggi: cioè che “giusto è ubbidire alle leggi”. Tale affermazione, che caratterizzerà la storia della forma politica moderna, non permette un’ulteriore precisazione: che si debba però trattare di “leggi giuste”. Una tale aggiunta significherebbe che il singolo individuo ha la possibilità di condizionare l’ubbidienza nei confronti della legge al proprio giudizio sul contenuto di essa; che c’è cioè un criterio di giustizia 11 Cfr. G. Duso, Il potere e la nascita dei concetti politici moderni, in S. Chignola e G. Duso, (a cura di), Sui concetti politici e giuridici della costituzione dell’Europa, FrancoAngeli, Milano 2005, sp. pp. 176-184. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 10 ulteriore a quello della legittimazione del potere. Ma è proprio una tale possibilità che il giusnaturalismo intende negare al fine di una pace duratura e questa negazione caratterizza la storia della sovranità moderna, fino alla sua più recente declinazione democratica12. Una tale razionalità formale traspare anche nel Naturrecht di Fichte, a causa della linea argomentativa che caratterizza le dottrine del diritto naturale. Si può ricordare quel passaggio essenziale del testo in cui si ipotizza la perdita di lealtà e fiducia (Treue und Glaube)13, e il permanere di una situazione conflittuale tra i singoli finché ognuno resta giudice della sua causa. Ma si può ricordare anche l’affermazione decisa della inappellabiltà del potere esecutivo e della necessità del principio rappresentativo, con la comprensione della logica che ad esso è propria : quella che impedisce di pensare il soggetto collettivo, il popolo, accanto o di fronte a coloro che esercitano il potere, in quanto il concetto moderno di rappresentanza, quale appare già nel XVI capitolo del Leviatano di Hobbes, si mostra come l’unico modo possibile di immaginare il soggetto collettivo, una persona artificiale e dunque la persona civile, nel momento in cui il rapporto di comunità non venga ritenuto come naturale e originario, ma come costruito sulla base di un molteplicità di individui14. Che Fichte si muova all’interno di questa logica lo mostra la stessa difficoltà che egli incontra nel pensare le modalità del controllo nel momento in cui, di fronte al corpo rappresentativo costituito dall’esecutivo, si pone la domanda su “wo ist… die Gemeine, und was ist sie”15. 12 Cfr. G. Duso, Genesi e aporie dei concetti della democrazia moderna, in Id. (a cura di), Oltre la democrazia. Un itinerario attraverso i classici, Carocci, Roma 2004, pp.107-138. 13 Cfr. J. G. Fichte, Grundlage des Naturrechts nach den Prinzipien der Wissenschaftslehre (1796-97), Gesamtsausgabe der Bayerischen Akademie der Wissenschaften (GA), hrsg R. Lauth u. H. Jakob, Mitwirkung R. Scottkhy, Frommann, Stuttgart - Bad Cannstatt 1966, I, 3, p. 425. 14 Cfr. Duso, libertà e Stato, sp. pp. 292-301. Per quanto riguarda la nascita del concetto di rappresentanza in Hobbes, cfr. Id., La rappresentanza politica sp. pp.80-92 (anche G. Duso, Génesis y logica de la representación política moderna, “Fundamentos. Quadernos monográficos de teoría del Estado, derecho público e historia constitucional”, Oviedo, Spagna 2004, pp. 71-147, sp. pp. 102-116). 15 Cfr. J.G. Fichte, Naturrecht, GA, I, 3, 446-447 (Su ciò Duso, Libertà e Stato in Fichte cit., sp. pp. 297 ss.). Per comprendere quanto sia difficile uscire da questa Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 11 Non si possono dunque non riscontrare nel Naturrecht elementi tipici del modo di pensare la società e il potere che è stato inaugurato da Hobbes16. Su tale presenza – si pensi ad esempio alla necessità del conflitto per il processo della deduzione della forza coattiva – è stata espressa meraviglia, soprattutto considerando le critiche a Hobbes mosse nel Beitrag e il poco interesse nutrito da Fichte per questo autore anche negli anni successivi al testo sulla rivoluzione17. Se ci si chiede come mai avvenga questo mutamento nel pensiero fichtiano, credo che la risposta sia da rintracciarsi nel fatto che ora non si tratta più di pensare il movimento della rivoluzione e il protagonismo dell’agire degli uomini in essa, ma piuttosto di riflettere sulla genesi e sulla giustificazione razionale della forma politica, su quel potere comune che appare necessario affinché gli uomini possano vivere insieme in pace. In altri termini Fichte ha ora il compito di insegnare e di scrivere sullo Stato nella forma dei trattati di diritto naturale. Allora la presenza di elementi hobbesiani non è tanto legata ad un rapporto diretto con i testi di Hobbes, ma piuttosto con i numerosi trattati di diritto naturale presenti nelle Università tedesche. Sono questi ad essere il tramite di diffusione del pensiero hobbesiano; e non tanto perché si ispirino consapevolmente e positivamente ad esso, ma in quanto ne riprendono la razionalità formale e lo schema del ragionamento, quello che dagli individui liberi ed uguali giunge alla fondazione del potere di coazione. Tale influenza del pensiero hobbesiano non logica, è da riflettere sul fatto che Fichte, per superare la difficoltà consistente nel rintracciare il soggetto collettivo fuori dalla mediazione rappresentativa, debba ricorrere a modalità sempre di tipo rappresentativo. L’Eforato è infatti una seconda forma di rappresentanza. E anche la rivoluzione, che non è pensabile come la sollevazione contemporanea di tutti (il popolo sarebbe così presente direttamente come soggetto collettivo) comporta la necessità di coloro che chiamano i cittadini alla rivolta e questi sono significativamente chiamati “efori naturali” (cfr. Libertà e Stato cit., pp. 292-301). 16 L’implicazione della concettualità del giusnaturalismo nel Naturrecht è il tema che guida l’analisi del saggio Libertà e Stato in Fichte, che deve per altro essere letto, ai fini della comprensione della filosofia politica di Fichte quale qui proposta, insieme ai due saggi riguardanti il periodo successivo. 17 Cfr. R. Schottky, La “Grundlage des Naturrechts” de Fichte et la philosophie politique de l’Aufklärung, in “Archives de Philosophie” XV (1962), pp. 441-485. E’ significativo che Schottky riconosca che è la natura stessa della cosa, dunque della trattazione del diritto naturale, a comportare questi aspetti hobbesiani (p. 450). Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 12 dipende certo da una adesione alla proposta del Leviatano da parte degli autori dei trattati ; si può al contrario notare che sovente l’atteggiamento è di critica e rifiuto, e ciononostante la logica del dispositivo concettuale hobbesiano è presente e determinante anche quando il suo rifiuto appare esplicitamente persino nel titolo delle opere, come avviene ad esempio nell’Anti-Hobbes di Anselm Feuerbach18 . Nonostante si muova in questo orizzonte concettuale, tuttavia il pensiero fichtiano non è certo riducibile ad esso. Il filosofico a cui rimanda il titolo del Naturrecht non consiste nell’aspetto normativo e di costruzione concettuale che connota lo schema dei trattati di diritto naturale (che, è da ricordare, non è prodotto dalla WL, ma la precede di molto), quanto piuttosto negli aspetti con i quali quella costruzione è interrogata e complicata. Ciò si manifesta nello stesso problema del controllo del potere esercitato dai rappresentanti, in quanto tale problema comporta l’ulteriorità del diritto nei confronti della risposta formale data dal diritto naturale. Una messa in questione della razionalità formale è presente anche in Kant, il quale, pur negando decisamente la resistenza all’autorità dello Stato, apre uno spazio di controllo costituito dalla pubblicità della ragione. In questo modo non riduce la giustizia al meccanismo della legge, intesa come il comando espresso da colui o da coloro che sono stati da tutti autorizzati, e lega piuttosto il meccanismo rappresentativo all’idea e alla ragione19. Anche in Fichte è presente questa eccedenza della ragione nei confronti della costruzione formale, e la volontà comune non è riducibile alla volontà prodotta 18 Per questa funzione che vengono ad avere i trattati di diritto naturale si veda ora G. Tonella, Il problema del diritto di resistenza. Saggio sullo Staatsrecht tedesco della fine Settecento, Editoriale Scientifica, Napoli 2007, in particolare sull’AntiHobbes, pp. 227 ss. 19 Di questo si tratta : del riferimento alla ragione e alla filosofia e non ad una sfera di discussione pubblica quale può essere pensata nell’ambito del pensiero liberale o della odierna etica pubblica. Ne risulta allora che proprio il filosofo della forma non ha una concezione della politica e del potere riducibile alla razionalità formale nata con il giusnaturalismo : per il chiarimento di questa affermazione si vedano La libertà moderna e l’idea di giustizia, “Filosofia politica”, XV (2001), n. 1, pp. 5-28 e Idea di libertà e costituzione repubblicana cit. Per il tema della rappresentanza in Kant e in Fichte cfr. G. Duso, Génesis y logica de la representación cit, sp. pp. 122-136 (anche La rappresentanza politica cit., sp. pp. 96-109). Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 13 dal corpo rappresentativo. Il potere costituito deve garantire diritto, sicurezza e giustizia, e di questo si deve chiedere ragione ai rappresentanti. Insomma appare una sfera di razionalità che eccede il rapporto formale di rappresentanza e il processo di autorizzazione e di scelta che legittima i rappresentanti. A differenza di Kant, Fichte vuole però tenere aperto lo spazio del controllo dal punto di vista non solo della discussione pubblica, ma anche di un agire efficace : all’interno cioè dello spazio costituzionale. Questa operazione risulta però difficile nel Naturrecht, non solo perché qui egli si colloca nell’orizzonte teorico determinato dal giusnaturalismo, ma anche perché tende a risolvere il problema del controllo mediante soluzioni che hanno ancora una caratterizzazione formale. E’ ben vero che nell’Eforato si manifesta l’eccedenza della ragione nei confronti della funzione rappresentativa e che, a proposito degli Efori, si richiama la necessità della saggezza ; ma, ciononostante, anche quella degli Efori è una figura che ha un carattere costituzionale e che dovrebbe garantire il controllo con la sua stessa presenza. Ma come si sa questa soluzione viene posta in crisi una volta che, nel testo, si prospetta la possibilità che anche gli Efori tradiscano il popolo. Anche l’estremo rimedio costituito dalla rivoluzione, se da una parte mette in crisi la costruzione della forma politica, che non dà più sicurezza nel momento in cui è sempre aperta al suo rovesciamento, dall’altra non mette in questione radicalmente la logica della forma politica, mostrandosi, al contrario, momento essenziale alla sua fondazione, alla dimensione cioè del potere costituente. 3. La filosofia pratica oltre la razionalità propria della forma politica Gli sviluppi del pensiero fichtiano dopo il Naturrecht vanno nella direzione di un decentramento e di una perdita di rilevanza del diritto, privilegiando un altro modo di concepire la filosofia politica20. La scienza del diritto non viene certo negata, mostra una 20 Rimando a G. Duso, La philosophie politique de Fichte : de la forme juridique à la pensée de la pratique, in “Fichte-Studien”, Bd. 16 (1999), pp. 191-211, che Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 14 sua necessità, come evidenzia la sua ripresa nella Rechtslehre del ‘12, ma appare insufficiente, a causa del suo aspetto meramente negativo, ai fini di illuminare la natura pratica dell’uomo e dunque l’azione nella sua positività. Al di là del modello teorico che dai diritti degli individui conduce al diritto di coazione, si pone il problema di un pensare nella pratica guidati dall’idea21. La stessa costruzione che ha in Hobbes la sua matrice e vede nell’egoismo del singolo la molla per l’imporsi di una forma giuridica che serva alla sicurezza di tutti viene messa sotto accusa nei Discorsi alla nazione tedesca ; e in questa accusa non si può non vedere un distacco dalla stessa assunzione di alcuni aspetti essenziali di questa logica che è propria anche dello scritto sul Naturrecht, come sopra è stato detto22. E’ cioè la stessa costruzione del Diritto naturale che appare inficiata da questo fondamento costituito dall’egoismo e da una razionalità formale che impedisce una domanda radicale sul giusto. Rimandando ai saggi precedenti ai fini del chiarimento di questo mutamento nel percorso filosofico di Fichte, ritengo sia utile qui soffermarsi solo su un punto, che era già stato al centro dei precedenti interventi, ma al quale vorrei ora dare un rilievo ed un significato ancora più forte. Si tratta del problema della coazione e di chi nello Stato ha il compito di esercitarla. Il comando continua, come nel Naturrecht, ad essere considerato necessario per la vita in comune degli uomini. Tuttavia non è più pensato nella modalità della sovranità, cioè di quel potere che caratterizza il modo di intendere il comando non solo nei trattati di diritto naturale, ma anche nella scienza politica moderna e nelle costituzioni. Per esprime, già nel titolo il mutamento qui indicato, e a Id., Politische als praktische Philosophie beim spätem Fichte, in Der Transzendental-philosophische Zugang zur Wirklichkeit. Beiträge aus der aktuellen Fichte-Forschung, hrsg. E. Fuchs, M. Ivaldo, G. Moretto, Frommann-Holzboog, Stuttgart- Bad Cannstatt, 2001, pp. 393409. 21 Per il chiarimento di tale modo di concepire la filosofia politica rimando a Politische als praktische Philosophie beim spätem Fichte cit., ma soprattutto, per la rilevanza data alla Weisheit e per il nesso che questa nozione ha con il nucleo speculativo della WL, rimando ai lavori di G. Rametta, sp. Le strutture speculative cit., pp. 149 ss. 22 Cfr. La philosophie politique de Fichte cit., p. 206 e J. G. Fichte, Discorsi alla nazione tedesca, tr. it. A cura do G. Rametta, Laterza, Roma-Bari 2003, p. 95 e la stessa nota 5 del traduttore, che ribadisce questa ipotesi). Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 15 intendere questa affermazione bisogna ricordare i due aspetti che determinano il concetto moderno di sovranità o potere politico. Da una parte esso è unico e irresistibile e impedisce che l’ubbidienza possa dipendere dal giudizio sui contenuti del comando. Dall’altra tale irresistibilità e la negazione della rilevanza del giudizio dei singoli per l’ubbidienza sono pensabili solo sulla base di un processo di legittimazione, che non può consistere in altro che in questo : colui che esprime il comando è autorizzato da coloro che dovranno ubbidire. In questo modo i singoli sono bensì costretti ad ubbidire sempre, a qualsiasi comando, ma loro stessi hanno voluto colui o coloro che esprimono il comando : dunque essi ubbidiscono, in fondo, alla propria volontà. E’ questo il processo di autorizzazione che caratterizza il concetto moderno di rappresentanza politica. Il segreto del concetto moderno di sovranità, quale nasce con la nuova scienza del diritto naturale e condiziona la dottrina dello Stato moderno, sta non tanto nella dimensione verticale e irresistibile che la connota, ma nella base che la rende possibile, il concetto di libertà e il processo di autorizzazione, come si è sopra detto, che fondano il potere dal basso legittimandolo. Si viene a determinare, da un punto di vista concettuale, un arco storico che dalle dottrine del diritto naturale giunge alla moderna democrazia rappresentativa, che è pensata, costituzionalmente, sulla base dei concetti di sovranità e di rappresentanza, e che perciò ravvisa la legittimazione del potere pubblico nelle procedure elettorali23. Qui l’elemento legittimante si identifica con l’espressione dell’opinione e dell’arbitrio dei singoli e la logica del dispositivo è una logica formale che impedisce che possa avere rilievo pratico per l’obbligazione politica una questione della giustizia che ecceda il meccanismo formale e procedurale di legittimazione24. Se questo 23 Cfr. Duso, Genesi e aporie dei concetti della democrazia moderna cit., sp. pp. 133-136. 24 Sul nesso tra i concetti nati nel laboratorio del diritto naturale e quelli che stanno alla base della forma democratica, nonché sulle aporie che li connotano, cfr. il volume collettaneo Oltre la democrazia cit., “Democrazia”, in “Filosofia politica”, XX (2006), n. 3, e G. Duso, J-F. Kervégan (ed.), Crise de la démocratie et gouvernement de la vie, Polimetrica, Monza 2007 (www.polimetrica.com), in particolare, sulla funzione dell’opinione, il saggio di B. Karsenti, Election et jugement de tous, pp. 115-135. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 16 fosse vero bisognerebbe dire che l’evoluzione del pensiero di Fichte nell’Ottocento lo porta al di là della logica giusnaturalistica così come della democrazia moderna25. Per lo stesso motivo egli si mostrerà insoddisfatto anche dello strumento rivoluzionario, che al contesto appena indicato è solidale. Insomma il filosofico in questo Fichte si mostra, come in Kant, irriducibile alla razionalità formale che caratterizza il dispositivo concettuale con cui viene pensata la politica nelle concezioni giusnaturalistiche e che sta alla base della moderna democrazia. Si pensi infatti al modo in cui si pone la questione dello Zwingherr, sia nella Rechtslehre, sia nella cosiddetta Staatslehre. Certo il comando e anche l’uso della forza restano necessari nella società, ma il problema non può più essere ridotto ad una dimensione formale, giuridica. Punto di riferimento resta la legge della ragione e dunque la libertà, ma questa non è certo riducibile all’espressione libera dell’arbitrio dei singoli e deve essere guida per colui che meglio al suo tempo può ad essa approssimarsi. Bisogna riconoscere che nella Rechtslehre del 1812 permane il meccanismo giuridico della sovranità come pure il suo intreccio con la logica della rappresentazione. L’uso stesso dei termini Souveränität e Souverain sono un segnale di questa permanenza. Tuttavia La Herrschaft sembra irriducibile alla logica della sovranità moderna nel momento in cui si mostra con evidenza che essa deve essere esercitata in relazione ad una razionalità e ad una concezione della libertà e della giustizia che eccedono il meccanismo di legittimazione. Proprio per questo Fichte alla domanda di chi sia legittimato a divenire Oberherr nel suo popolo risponde : quello che è il migliore intelletto del suo tempo e del suo popolo26. Nella Rechtslehre si propone la via, solo apparentemente duplice, che non può non richiamarci la repubblica platonica : Der Beste soll herrschen, oder … der Herrscher soll der Beste sein27. Deve essere il migliore e, nella RL si dice anche “il più giusto del 25 Sul rapporto di Fichte con la democrazia cfr.G. Rametta, Politica e democrazia nell’idealismo tedesco, in Duso, Oltre la democrazia cit., su Fichte pp. 186-196. 26 J.G. Fichte, Sämmtliche Werke, hrsg. I. Fichte Berlin 1845-46, rip. an. Walter de Gruyter, Berlin 1971, IV, p. 444, (La Doctrine de l’Etat (1813), tr. fr., présentation par JC. Goddard, Vrin, 2006, p. 126). 27 J. G. Fichte, Rechtslehre (RL), ed Schottky, Felix Meiner, Hamburg RL, 149; cfr. La philosophie politique de Fichte cit., sp. pp. 200-203. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 17 suo tempo”. Ma allora ciò che garantisce la bontà del governo non è una autorizzazione che viene dal basso, ma la capacità di innalzarsi all’idea e alla ragione. Non viene immediatamente negato il meccanismo della sovranità, ma sono i due processi che nel NR apparivano rilevanti per la sovranità a monte e a valle ad essere messi in crisi. Da una parte, a monte, quello della autorizzazione, cioè della legittimazione derivante dalla scelta dei singoli che avviene attraverso il voto, secondo quanto afferma il ritornello consueto negli anni della Rivoluzione francese : non c’è rappresentazione senza elezione. Già con Kant questa legittimazione viene a cadere, e proprio per questo l’ideale della costituzione repubblicana, nella quale la rappresentazione ha a che fare con l’idea e dunque con la ragione, non è riducibile al buon senso delle costituzioni democraticorappresentative contemporanee, dove il fondamento indiscusso della legittimazione consiste nella maggioranza dei voti28. Nonostante tutte le notevoli differenze esistenti tra i due autori, troviamo un atteggiamento analogo (per quanto riguarda lo statuto della filosofia) anche in Fichte. Già infatti nella Rechtslehre emerge, sulla base della realistica constatazione della cattiveria dei più, la convinzione che “nicht der Vorschlag des Weisen und Guten, sondern des Unweisen die Majorität für sich gewinnen werden”29. Ciò che mi pare maggiormente rilevante è non tanto l’opinione che la maggioranza sia cattiva, ma l’indicazione che la bontà della scelta non è riducibile alla maggioranza delle opinioni. La semplice espressione dell’arbitrio di tutti, non solo non è sufficiente, ma appare a Fichte contraria alla scelta del migliore. La conclusione è drastica : “Also, die Aufgabe das Recht zu konstituiren, welche jetzt auf die zurückgeführt worden ist, den Gerechtesten seiner Zeit und Nation zum Herrscher derselben zu machen, ist durch menschliche Freiheit nicht zu lösen “30. La libertà, intesa qui nel senso riduttivo dell’espressione libera dell’arbitrio, sembra abbandonare la centralità e il ruolo 28 Cfr. Duso, L’idea di libertà e l’ideale repubblicano nel pensiero di Kant cit. sp. pp. 28-42. 29 Cfr. RL, p. 154.Riprendo qui alcune indicazioni presenti in Politische als praktische Philosophie beim spätem Fichte cit. 30 R L, p. 155-156. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 18 fondamentale e unico che riveste nella costruzione del diritto, e quest’ultimo sembra perdere la sua autosufficienza e la capacità di risolvere il problema della giustizia. La domanda a cui è necessaria la scelta del migliore, del più giusto e del saggio è quella della Gerechtigkeit im Staate31. Si badi bene che questa riproposizione della questione della giustizia nello Stato non si lascia ricondurre alla giustizia dello Stato, nell’ottica della conquista del dispositivo concettuale nato con il giusnaturalismo, che, sulla base della constatazione della conflittualità e della instabilità che nascono dalle contrapposte opinioni sulla giustizia, produce un modo univoco di intendere quest’ultima, e appunto formale, tale da prevedere un comportamento uniforme degli uomini a prescindere dalla pluralità delle opinioni che essi possono avere. La costruzione scientifica della forma politica tende a ridurre la giustizia al diritto, e questo all’insieme delle leggi prodotte dallo Stato, e nello Stato da colui o coloro che da tutti sono stati designati a tale funzione. Porre una domanda di giustizia che ecceda questa razionalità formale significa mettere in crisi la costruzione della forma politica e apri o riaprire - un modo diverso di pensare la politica. Da una parte dunque è il processo che sta a monte della sovranità ad essere messo in questione, dall’altra quello a valle, che risulta di assai difficile soluzione per tutti i giusnaturalisti, ma che con caparbietà Fichte cercava di perseguire nel NR, cioè quello delle garanzie formali che possono realizzare un autentico controllo del potere. Un tale controllo era ricercato attraverso la forma costituzionale dell’Eforato e, nel fallimento di questa, attraverso il mezzo della rivoluzione. Entrambe queste due vie, vengono scartate nella Rechtslehre, per lo stesso motivo per il quale l’elezione non è soluzione del problema della scelta dell’uomo più giusto. Non è con un secondo corpo rappresentativo che si può avere una garanzia del controllo : la ricerca del controllo dei controllori porta all’aporia la logica di garanzia e di sicurezza che è insita nella forma politica moderna. La stessa espressione di volontà della maggioranza del popolo ha carattere solo formale, ma non dà la garanzia che il governo e l’agire comune siano giusti da un punto di vista concreto e materiale. 31 RL, p. 156. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 19 La messa in crisi del carattere formale della relazione comandoobbedienza, la denuncia della inefficacia del processo legittimante basato sulla libertà dei singoli32 e la ricerca di una giustizia che vada oltre il circolo che dai diritti degli individui porta al diritto come insieme delle leggi dello Stato, ci spingono a dire che qui non ci troviamo più di fronte al concetto di sovranità : la logica della sovranità viene messa radicalmente in crisi e la Herrschaft di cui si parla non è riducibile ad un gioco di volontà : quella obbligante del soggetto collettivo e quella autorizzante dei singoli individui. Si tratta piuttosto di un comando che è legato ad una funzione di guida e che comporta la necessità di rivolgersi ai punti di orientamento che la ragione ci offre, che oltrepassano la volontà sia di chi comanda, sia di chi è soggetto al comando. C’è un orizzonte che deve accomunare chi si trova nella stessa realtà politica. Come ho sopra ricordato, più che la logica del giusnaturalismo, è qui presente un modo di pensare la politica che richiama una tradizione più antica, che giunge fino a Platone, come si è detto. Non è sufficiente la messa in questione della affermazione platonica dei re filosofi o dei filosofi re, o della ripresa nella Repubblica del mito dei diversi metalli di cui sono fatti gli uomini33 per ravvisare una radicale opposizione al modo platonico di pensare la politica. Intendiamoci bene, non voglio qui sostenere che Fichte si rifaccia ad un modello antico. La proposta è piuttosto un’altra : che al di là della concettualità diffusa con i trattati di diritto naturale, che pensa l’agire in comunità degli uomini mediante il dispositivo logico determinato dai poli di libertà e potere, Fichte, per la radicalità che comporta il nucleo filosofico del suo pensiero, riattinge, all’interno della costruzione teorica che segna il pensiero moderno della politica, un problema più originario, che è quello della giustizia e quello della necessità di pensare l’azione di governo e il rapporto tra governante e governati. Sarei tentato di dare a questo Zwingherr 32 Naturalmente non si vuole qui trascurare l’idea di libertà che è centrale in Fichte e connaturata, come egli stesso afferma, a ciò che egli intende per filosofia ; piuttosto si vuole registrare il fatto che essa non coincide con il concetto di libertà che appare essenziale al dispositivo nato con il giusnaturalismo. 33 SW , IV, p. 458 (tr. fr., p. . 137), 453-54 (tr. fr., pp. 133-134). Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 20 non il nome di sovrano, ma piuttosto quello di governante nel senso forte e originario del termine governo34. Per tornare al quadro da cui sono partito e che lega l’attraversamento di Fichte al problema della filosofia politica e all’analisi dei concetti politici moderni, ricordo che in una serie di lavori abbiamo cercato di mostrare come lo stratagemma logico della sovranità, che trova il suo compimento nella democrazia moderna, consista nel negare, sulla base dell’uguaglianza un rapporto di governo tra gli uomini. Dal momento che il comando e l’obbligazione non è negabile, lo stratagemma consiste allora nel fare della volontà di chi ubbidisce la fonte del comando. Solo così si può pensare a quella disciplina che il concetto di potere comporta, secondo cui chi ubbidisce, come dice Weber, per propria volontà, pone il comando della legge a norma della propria azione, a prescindere dal contenuto del comando, ma solamente in relazione alla posizione in cui si trova nei confronti di chi esprime il comando35. Così in democrazia il potere è teoricamente di tutti e proprio ciò impedisce sia di pensare la partecipazione dei cittadini perché non si partecipa a ciò che è già proprio -, sia la responsabilità di chi governa (che compirebbe azioni di cui autori sono coloro che lo hanno autorizzato), sia la reale presenza politica dei cittadini di fronte al corpo rappresentativo e al nesso di legislativo ed esecutivo, dal momento che è proprio quella rappresentativa la via di manifestazione della volontà del soggetto collettivo36. 34 E’ ben vero che è l’educazione filosofica a venire in luce con forza in questo contesto, ma questa non sostituisce né nega il comando e l’obbligazione politica; piuttosto li pensa in un modo diverso da quello del potere e della sovranità. Per la distinzione della categoria del governo dal concetto moderno di potere cfr. Fine del governo e nascita del potere, in Duso, La logica del potere, pp. 83-122, Id., Il potere e la nascita dei concetti cit., sp. pp. 184-188. 35 Cfr. M. Weber, Wirtschaft und Gesellschaft, hrsg. J. Winckelmann, Mohr, Tübingen, 19765, I Bd., p. 28 (tr. it. Economia e società, a cura di P. Rossi, Edizioni di Comunità, Milano, 19742, ora 1981, vol. I, pp. 51-52 (su questo cfr. Tipi del potere e forma politica moderna in Max Weber, in G. Duso, La rappresentanza politica cit., pp. 120-144). 36 Per un approfondimento dei paradossali effetti di spoliticizzazione che derivano dal dispositivo democratico di legittimazione del potere, rimando a G. Duso, La democrazia e il problema del governo, “Filosofia politica”, XX (2006), n. 3, pp. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 21 Alla luce anche della riflessione critica sulle opinioni comuni che stanno alla base della forma democratica, l’eccedenza della filosofia di Fichte nei confronti dello stato di diritto, della democrazia e della rivoluzione, lungi dal dover essere deprecata, appare piuttosto come uno spazio filosofico da attraversare senza pregiudizi per il nostro stesso tentativo di pensare la politica. 367-390; per quanto riguarda il riemergere del problema del governo, sp. pp. 381385. Fichte e la filosofia politica in una prospettiva storico-concettuale 22