INTRODUZIONE
di Mariella Ciambelli
Uno sguardo sul panorama attuale della ricerca sui rapporti tra memoria ed emozioni non può
prescindere dalla considerazione dai significativi mutamenti che hanno interessato i rispettivi
domini in questi ultimi vent’anni, e può consentire di mettere a fuoco alcune direzioni di indagine.
Il riferimento agli ultimi vent’anni richiama l’introduzione del così detto approccio ecologico, la
via umile prospettata da Neisser, che ha impresso una sorta di viraggio agli studi sulla memoria,
contrassegnati fino ad allora da una sostanziale dominanza del paradigma sperimentale di
laboratorio accreditato dagli studi pionieristici di Ebbinghaus – una marca d’origine le cui ragioni
sono inscritte nella storia di fondazione della psicologia scientifica – e ha prodotto effetti,
ampiamente riconosciuti, di crescita della complessità delle conoscenze in questo ambito. Si è
trattato senza dubbio di un consistente mutamento di prospettiva che, portando l’attenzione sui
contesti naturali, ha riallacciato il legame tra una memoria come funzione astratta, dotata di
caratteristiche e proprietà generali – la sua struttura multisistemica, i suoi dispositivi di
archiviazione e di rievocazione – e il soggetto che la usa nel contesto vivo della sua esperienza,
focalizzando così il versante soggettivo dell’esperienza del ricordo.
Sul versante dello studio delle emozioni, la crescente attenzione al ruolo dei processi cognitivi
implicati nell’esperienza emotiva, riconosciuto anche da coloro che hanno sostenuto l’indipendenza
dell’emozione dalla cognizione, ha portato gli studiosi a riconoscere la centralità dell’appraisal e ad
indagare l’area dei significati soggettivi attribuiti agli eventi quale matrice dell’esperienza
emozionale.
Non è questa la sede per fare il punto sulla vasta mole di lavori che hanno indagato i nessi tra
memoria ed emozioni; mi limito ad accennare ad alcune linee d’indagine che attengono alla
memoria autobiografica, l’ambito cui possono essere ricondotti i contributi raccolti in questo
volume.
Particolarmente proficuo e di elevato potenziale euristico è il filone di ricerca, inaugurato da
Bower alla fine degli anni ’70, su mood e memoria; se la maggior parte degli studi si è focalizzata
sul ruolo svolto dalle emozioni nella codifica e nel recupero delle informazioni – consentendo di
ampliare ed integrare i modelli teorici relativi del funzionamento dei sistemi mnestici – non
mancano lavori più recenti che si sono occupati del processo inverso, vale a dire del ruolo svolto
dalla memoria nell’elicitazione e nella regolazione delle emozioni, e che vanno in direzione di una
estensione delle teorie dell’appraisal per includervi le acquisizioni provenienti dagli studi sulla
memoria autobiografica (Philippot, Schaefer e erbette, 2003).
Un secondo settore di studi, strettamente intrecciato al precedente, ha affrontato – sulla scia di
Bartlett (1932) che attestò per primo il carattere ricostruttivo della memoria – la questione
dell’accuratezza e della distorsione dei ricordi; alcune ricerche in particolare, alla luce delle teorie
cognitive delle emozioni, hanno focalizzato l’attenzione sul modo in cui fattori come l’appraisal,
gli atteggiamenti attuali o le informazioni successive agiscono come possibili fonti di distorsione
nella rievocazione di eventi emozionali (Levine, 1997; Porter, Spencer e Birt, 2003). Ma è forse
nell’ambito dei ricordi traumatici che il ruolo giocato dalle emozioni nei processi di memoria
emerge in maniera più evidente; si pensi, in particolare, al fenomeno del tunnel memory, un effetto
di focalizzazione su quegli elementi critici che sono la fonte dello stress emotivo e che comporta un
incremento del lavoro di elaborazione post- stimolo. È altresì possibile ricordare le osservazioni
condotte, in ambito clinico, dalla Terr (1979) su bambini che avevano vissuto un’esperienza
traumatica e che raccontavano in modo assai preciso la seq uenza degli eventi; a distanza di qualche
anno il ricordo subiva poi delle distorsioni di ordine percettivo, legate agli effetti delle intense
emozioni sperimentate in occasione dell’evento (Schacter, 1996; Christianson e Engelberg, 1999).
All’incrocio tra memoria autobiografica e memorie collettive si situa infine l’ultimo filone di
ricerca che vorrei ricordare, quello delle flashbulb memories, che fin dallo studio inaugurale di
Brown e Kulik (1977) ha riconosciuto l’importanza dei fattori emozionali nella formazione di
ricordi vividi e dettagliati di eventi collettivi “memorabili”.
Pur da diversi campi di indagine e prospettive teoriche, i lavori presentati in questo volume
fanno riferimento, in modo diretto o indiretto, ai filoni di ricerca che ho brevemente tratteggiato e di
cui testimoniano l’interesse e la valenza euristica.
Il lavoro di Olimpia Matarazzo, scritto in collaborazione con Marina Cosenza, analizza tre
emozioni – rimpianto, rimorso e nostalgia – che sono strutturalmente centrate sulla memoria sia
perché la loro insorgenza è innescata da oggetti o da eventi collocati in un passato, prossimo o
remoto, di cui si conserva un vivido ricordo, sia perché la loro fenomenologia è spesso
contrassegnata dalla rievocazione dell’accaduto retta dal desiderio di farlo rivivere dentro di sé o di
ritrascriverlo in senso controfattuale. Lo studio indaga le analogie e le differenze fra le tre emozioni
attraverso un questionario centrato sulla rievocazione di episodi emozionali e sulla valutazione
dell’esperienza emotiva. I risultati confermano che una caratteristica comune alle tre emozioni è che
esse non costituiscono una reazione immediata all’evento ma richiedono un tempo di latenza più o
meno lungo prima di manifestarsi, e mettono altresì in luce gli assi lungo i quali esse si
differenziano sia rispetto agli antecedenti situazionali che alla esperienza fenomenologia.
Lo studio di Massimiliano Sommantico e mio è volto a comprendere, in relazione e tre tipologie
di eventi – personali, raccontati e pubblici – le relazioni tra l’organizzazione semantica del ricordo
di un’esperienza soggettivamente significativa e l’impatto che questa ha avuto sulla vita dei
soggetti. Anche in questo lavoro la tecnica di raccolta dei dati si è basata sulla produzione di
resoconti narrativi “guidati” e sulla valutazione quantitativa dell’esperienza emozionale da essi
innescata. Tra i risultati più interessanti va evidenziato che, pur essendo gli avvenimenti personali
quelli più emotivamente pregnanti e più organicamente rievocati, eventi pubblici quali l’attentato
dell’11 settembre e la guerra in Iraq vengono considerati altrettanto salienti e con una risonanza
emotiva tendente ad aumentare nel tempo; il che sembra testimoniare la valenza di “traumi
collettivi” da essi assunta in Occidente.
La ricerca di Lavinia Barone, Gabriella Bottini, Gabriele Zanardi e Simona Loffredo concerne
l’analisi di eventi emotigeni in quella specifica fase del ciclo di vita che è l’adolescenza. Lo studio
che viene presentato, basato sempre su produzioni narrative, si articola in due differenti fasi. Nella
prima, attraverso la rievocazione di eventi emotigeni da parte di adulti e adolescenti, gli Autori si
propongono di mettere a confronto le rappresentazioni semantiche delle emozioni indagate nelle
due fasce d’età; nella seconda, viene focalizzata l’attenzione su di un campione di soli adolescenti,
suddivisi in “normali” e “a rischio”. I risultati hanno messo in luce elementi di differenziazione nel
modo di intendere e di esperire le emozioni non solo fra adulti e adolescenti, ma anche tra
adolescenti normali e a rischio, e sembrano inoltre supportare l’ipotesi della rappresentazione
prototipica delle conoscenze emozionali in memoria.
Nel suo contributo Laura Sestito, da una prospettiva di life-span psychology, focalizza
l’attenzione su una delle più complesse fasi del ciclo di vita, la transizione dalla tardo adolescenza
alla prima età adulta; lo studio è volto ad esplorare, attraverso la narrazione dei ricordi
autobiografici di giovani adulti, le problematiche ad essa relative, con un riferimento alla life
structure di Levinson (1986). L’Autrice propone alcune riflessioni sui risultati emersi che
riguardano, in particolare, l’assenza di specifici marcatori della transizione a fronte del
riconoscimento di una specifica valenza evolutiva delle esperienza dolorose come presupposto di
una riflessione su di sé.
L’indagine di Santa Parrello e Palma Menna si focalizza sull’analisi di produzioni narrative di
ricordi autobiografici relativi ad un momento specifico di difficoltà personale sperimentato
nell’arco del processo formativo, evidenziando aspetti emotivi relativi ai vissuti e alle aspettative di
aspiranti docenti di una Scuola di Specializzazione post lauream. I risultati hanno evidenziato uno
stretto legame tra esperienza attuale e contenuti del ricordo che informa le differenti
rappresentazioni emerse, sia rispetto al ruolo di insegnante che all’intera relazione educativa anche
nei suoi aspetti più istituzionalizzati.
Il lavoro di Guglielmo Bellelli affronta il tema della memoria collettiva a partire dall’analisi di
eventi di rilevanza pubblica che, costituendosi come vere e proprie memorie generazionali, fungono
da marcatori del continuum temporale tanto per gli individui che per i gruppi sociali. L’autore
sottolinea la dimensione intrinsecamente conflittuale della memoria collettiva nei suoi rapporti con
la storia e discute le funzioni identitarie dell’oblio, sempre sul versante collettivo. Si sofferma,
infine, sull’analisi di specifiche caratteristiche delle flashbulb memories e particolarmente sul
versante, spesso trascurato, della disponibilità sociale, come pure sul ruolo giocato dai media nella
formazione e nel consolidamento delle stesse.
Nel suo contributo, Valentina D’Urso ricostruisce la storia della ricerca sulle flashbulb
memories a partire dal pionieristico studio di Brown e Kulik (1977) e focalizza le questioni teoriche
e metodologiche più rilevanti connesse a questo approccio: ad esempio, il dibattito circa la
specificità o meno di queste memorie o quello sulle procedure più adeguate a fornire dati relativi
alla loro accuratezza. L’Autrice si sofferma poi sugli studi che hanno messo in relazione le
caratteristiche delle flashbulb memories con variabili quali il genere sessuale e l’età dei soggetti.
A conclusione del volume, Gabriele Pulli commenta un celebre passo del VII capitolo
dell’Interpretazione di sogni di Freud (1899), leggendo la nostalgia, emozione della memoria, in
relazione al nodo concettuale bisogno/desiderio di cui propone una riarticolazione.
Bibliografia
Bartlett F.C. (1032). Remembering. A Study In Experimental And Social Psychology. London:
Cambridge University Press, 1955.
Brown N:R., Kulik J. (1977). Flashbulb memories. Cognition, 5, 73-99.
Christianson S.A., Engelberg E. (1999). Organization of Emotional memories. In T. Dalgleish,
M. Power (eds), Handbook of Cognition and Emotion. New York: Wiley, pp. 211-27.
Freud S. (1899). L’interpretazione dei sogni. OSF. 3. Torino: Bollati Boringhieri.
Levine L.J. (1997). Reconstructing memory for emotions. Journal of Experimental Psychology:
General, 126, 165-77.
Levinson D.J. (1986). A Conception of Adult Development. American Psychologist, 41, 1, 313.
Loftus E.F. (1979). Eyewitness Testimony. London: Harvard University Press.
Philippot P, Schaefer A., Herbette G. (2003). Consequences of specific processing of emotional
information: Impact of General versus specific autobiographical memory priming on emotion
elicitation. Emotion, 3, 270-83.
Porter S., Spencer L., Birt A.R. (2003). Blinded by emotion? Effect of the emotionality of a
scene on susceptibility to false memories. Canadian Journal of Behavioural Science, 35, 165-75.
Reinert M. (1993). Les ‘monde lexicaux’ et leur ‘logiques’ à travers l’analyse statistique dans
corpus de récits de cauchemars. Langage et Société, 66.
Rusting C.L. (1999). Interactive effects of personality and mood on emotion-congruent memory
and judgment. Journal of Personality and Social Psychology, 77, 1073-86.
Schacter D. L. (1996). Alla ricerca della memoria. Torino: Einaudi, 2001.
Terr L. (1979). Children of Chowchilla: a study of psychic trauma. Psychoanalytic Study of the
Child, 34, 547-623.