Capitolo 1
L’integrale di Riemann
1.1
Definizione e prime proprietà
In questo capitolo ci proponiamo di esporre la teoria classica dell’integrazione, dovuta a B.
Riemann, per funzioni reali di una variabile reale.
La teoria classica considera solo funzioni limitate definite in intervalli chiusi e limitati, cioè
·) f : [a, b] → R
·) ∃ K > 0 tale che
|f (x)| ≤ K
per ogni x ∈ [a, b] .
Il nostro primo obiettivo è definire cosa si intende per funzione integrabile in [a, b] , e cosa è il
Rb
suo integrale, denotato con f .
a
Introduciamo alcune notazioni: se [a, b] è un intervallo chiuso e limitato di R, chiamiamo partizione P di [a, b] un insieme di (n + 1) punti che suddividono [a, b] in n sottointervalli; quindi
x0 = a < x1 < x2 < ... < xn = b .
Se f è limitata in [a, b], lo è anche in ogni sottointervallo [xi−1 , xi ], i = 1, 2, ..., n; posto
mi =
inf
x∈[xi−1 ,xi ]
f (x) ,
Mi =
sup
f (x)
x∈[xi−1 ,xi ]
consideriamo le quantità
s(P, f) =
n
X
i=1
mi (xi − xi−1 ) ,
S(P, f ) =
n
X
i=1
Mi (xi − xi−1 ) ,
dette rispettivamente somma inferiore e somma superiore di f relative alla partizione P.
Al variare della partizione P, otteniamo la classe numerica delle somme inferiori, A = {s(P, f )}P
e quella delle somme superiori, B = {S(P, f)}P . Queste classi sono limitate; infatti, se
m = inf f (x) ,
M = sup f (x)
x∈[a,b]
x∈[a,b]
dal fatto che per ogni partizione P e per ogni i = 1, ..., n si ha m ≤ mi ≤ Mi ≤ M , otteniamo
m(b − a) = m
≤ S(P, f ) ≤ M
n
X
(xi − xi−1 ) ≤ s(P, f ) ≤
i=1
n
X
i=1
(xi − xi−1 ) = M (b − a) .
9
10
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
Così, A e B hanno come maggiorante il numero reale M (b − a) e come minorante il numero reale
m(b − a). Ne segue, tra l’altro, che esistono in R l’estremo superiore della classe A e l’estremo
inferiore della classe B.
Definizione 1.1 Sia f : [a, b] → R una funzione limitata. Diciamo che f è integrabile in [a, b]
se
sup s(P, f ) = inf S(P, f)
P
P
(1.1)
dove l’estremo superiore e l’estremo inferiore sono calcolati al variare delle partizioni P dell’intervallo [a, b].
Denotiamo con R[a, b] la classe delle funzioni integrabili su [a, b].
Se f ∈ R[a, b], chiamiamo integrale di f su [a, b] il valore comune (1.1) e poniamo in simboli
Zb
a
f=
Zb
f (x) dx = sup s(P, f ) = inf S(P, f ) .
P
P
a
Preferiamo utilizzare per quanto possibile la notazione
Rb
f , sia per motivi di brevità, sia perchè
a
la variabile x nella notazione più classica
Rb
f (x) dx è ovviamente una variabile muta, che può
a
essere sostituita con qualunque altra variabile y, z, t, w..., in quanto il valore dell’integrale non
dipende dal nome con cui si indica la variabile reale dell’intervallo [a, b].
Interpretiamo quanto detto da un punto di vista geometrico: a questo scopo, supponiamo che la
funzione f sia non-negativa su [a, b]. Gli addendi mi (xi − xi−1 ) e Mi (xi − xi−1 ) in s(P, f ) e
S(P, f ) possono essere interpretati come le aree di due rettangoli di altezze mi e Mi e base (xi −
xi−1 ); perciò s(P, f ) e S(P, f ) sono somme di aree di rettangoli, e quindi aree di plurirettangoli
(unioni finite di rettangoli) che sono in relazione con il trapezoide individuato da f su [a, b] cioè
con l’insieme
ª
©
T = (x, y) ∈ R2 : a ≤ x ≤ b, 0 ≤ y ≤ f (x) .
Più precisamente, s(P, f ) è l’area di un plurirettangolo incluso in T , mentre S(P, f ) è l’area di un
plurirettangolo che include T ; al variare della partizione P variano in generale tali plurirettangoli.
Quindi, se f ∈ R[a, b] l’integrale di f è a buon diritto l’unico numero reale atto a rappresentare
T in termini di area; per questo motivo siamo portati a definire, per f non-negativa e integrabile
in [a, b] ,
area (T ) =
Zb
f.
a
Analizziamo più da vicino la coppia di classi numeriche (A, B).
Teorema 1.2 Sia f : [a, b] → R una funzione limitata. Allora
1. s(P1 , f ) ≤ S(P2 , f ) per ogni scelta delle partizioni P1 e P2 di [a, b];
2. f ∈ R[a, b] se e solo se per ogni ε > 0 esiste una partizione P ∗ di [a, b] tale che
S(P ∗ , f ) − s(P ∗ , f ) < ε .
1.1. DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETÀ
11
Dim. Parte 1. Studiamo prima di tutto il comportamento delle somme inferiori e superiori nel
momento in cui venga aggiunto un punto alla partizione: sia dunque P = {x0 , x1 , ..., xn } una
partizione di [a, b], a cui aggiungiamo il punto y e sia j tale che xj−1 < y < xj . Si ha
mj =
inf
x∈[xj−1 ,xj]
Mj =
f (x) ≤
sup
x∈[xj−1 ,xj]
f (x) ≥

ej =
 m
x∈[xj−1 ,y]
fj =
M
x∈[xj−1 ,y]





e
m
ej =
inf
inf
x∈[y,xj ]
f (x)
f (x)
sup
f (x)
f

f

 M j = sup f (x)
x∈[y,xj ]
Quindi per l’addendo presente in s(P, f ) e in S(P, f ), relativo all’intervallo [xj−1 , xj ], si ha
e
mj (xj − xj−1 ) ≤ m
e j (y − xj−1 ) + m
e j (xj − y)
f
fj (y − xj−1 ) + M
fj (xj − y)
Mj (xj − xj−1 ) ≥ M
e poichè gli addendi relativi a tutti gli altri intervalli della partizione rimangono immutati otteniamo che con l’aggiunta di un singolo punto ad una partizione la somma inferiore non diminuisce
e la somma superiore non aumenta. Lo stesso argomento, ripetuto per un numero finito di volte,
fornisce il medesimo comportamento delle somme in presenza dell’aggiunta di un numero finito
di punti alla partizione. Se ora P1 e P2 sono due partizioni di [a, b], possiamo considerare la
e = P1 ∪ P2 ottenuta considerando i punti sia di P1 che di P2 ; per quanto appena
partizione P
visto si ha
e f) ,
s(P1 , f ) ≤ s(P,
e f ) ≤ S(P2 , f )
S(P,
e f ) ≤ S(P,
e f ) otteniamo la tesi.
e poichè, banalmente, s(P,
Parte 2. Se f ∈ R[a, b], l’integrale di f è contemporaneamente l’estremo superiore delle somme
inferiori e l’estremo inferiore delle somme superiori. Perciò, per ogni ε > 0 esistono due partizioni
di [a, b], P1 e P2 , tali che
s(P1 , f ) >
Zb
a
ε
f− ,
2
S(P2 , f ) <
Zb
f+
ε
.
2
a
Per P ∗ = P1 ∪ P2 dalla prima parte del teorema si ha
∗
∗
S(P , f ) − s(P , f ) ≤ S(P2 , f ) − s(P1 , f ) <
Zb
a
ε
f+ −
2
Zb
f+
a
e quindi la tesi.
Infine, se per ogni ε > 0 esiste P ∗ tale che S(P ∗ , f ) − s(P ∗ , f ) < ε, poichè
s(P ∗ , f ) ≤ sup s(P, f ) ≤ inf S(P, f) ≤ S(P ∗ , f ) ,
P
P
necessariamente
inf S(P, f ) − sup s(P, f) < ε
P
P
per ogni ε > 0
ε
=ε
2
12
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
e quindi inf S(P, f ) = sup s(P, f ), cioè f è integrabile su [a, b].
P
P
In termini di classe numeriche, il teorema precedente afferma che, nella sola ipotesi che f sia
limitata, (A, B) è una coppia di classi separate (ogni elemento della classe A non supera ogni
altro elemento della classe B); l’integrabilità di f su [a, b] equivale al fatto che (A, B) sia una
coppia di classi indefinitamente ravvicinate (valga cioè la proprietà 2) e quindi una coppia di
classi contigue, di cui l’integrale di f su [a, b] è l’elemento separatore.
Osserviamo che dalla 1 segue, in particolare, la disuguaglianza
sup s(P, f ) ≤ inf S(P, f ) .
P
P
Esempio 1 Sia f (x) = c ∈ R per ogni x ∈ [a, b]. Qualunque sia la partizione P, si ha mi =
Mi = c e quindi
s(P, f ) = S(P, f) =
n
X
i=1
c(xi − xi−1 ) = c(b − a) .
In questo caso la somma inferiore e la somma superiore non dipendono da P e anzi hanno lo
Rb
stesso valore. Quindi f è integrabile e f = c(b − a).
N
a
Esempio 2 Sia
f (x) =
½
0
1
x ∈ [a, b]
x ∈ [a, b]
x irrazionale
x razionale
Poichè in ogni intervallo dell’asse reale vi sono sia razionali che irrazionali, qualunque sia la
partizione P si ha mi = 0 e Mi = 1 e quindi
s(P, f ) = 0 ,
S(P, f ) = b − a.
Anche in questo caso la somma inferiore e quella superiore non dipendono da P, ma
sup s(P, f ) = 0 < b − a = inf S(P, f )
P
P
N
e quindi f non è integrabile.
Esempio 3 Sia
f (x) =
½
0
1
x ∈ [0, 5], x 6= 2
x=2
Per ogni partizione P di [0, 5], mi = 0 per ogni i e quindi s(P, f ) = 0. D’altra parte, tra le
partizioni di [0, 5] vi sono quelle della forma
Pn = {0 = x0 < 2 − 1/n = x1 < 2 + 1/n = x2 < 5 = x3 }
n≥1
per le quali S(Pn , f ) = 2/n. Poichè
0 = sup s(P, f ) ≤ inf S(P, f ) ≤ inf S(Pn , f ) = inf (2/n) = 0
P
P
n
n
si ha che f ∈ R[0, 5] e che il suo integrale è nullo. Dal punto di vista dell’integrabilità e del
valore dell’integrale questa funzione si comporta quindi come se fosse identicamente nulla; il
ragionamento fatto si può ripetere con funzioni costanti tranne per i valori assunti in un numero
finito di punti: risultano integrabili e il loro integrale coincide con quello della funzione costante
su tutto l’intervallo.
N
1.2. LA CLASSE R[A, B]
1.2
13
La classe R[a, b]
Ora forniamo alcune condizioni sufficienti di integrabilità, che ci permettono di individuare ampie
classi di funzioni integrabili.
Teorema 1.3 Sia f : [a, b] → R.
1. Se f è continua in [a, b] allora f ∈ R[a, b].
2. Se f è monotona in [a, b] allora f ∈ R[a, b].
Dim. Parte 1. L’intervallo [a, b] è chiuso e limitato e quindi compatto; la funzione f è continua in
[a, b] e quindi uniformemente continua (per il teorema di Heine-Cantor). Fissato ε > 0, esiste δ =
δ(ε) > 0 tale che, se x, y ∈ [a, b] e |x − y| < δ, allora |f (x) − f (y)| < ε. Sia P ∗ = {x0 , x1 , ..., xn }
una partizione di [a, b] tale che ogni intervallo della partizione abbia lunghezza inferiore a δ,
cioè tale che (xi − xi−1 ) < δ per ogni i = 1, ..., n. D’altra parte, per il teorema di Weierstrass,
f ha massimo e minimo assoluti in ogni intervallo della partizione: quindi per ogni i esistono
ti , si ∈ [xi−1 , xi ] tali che
f (ti ) = mi =
inf
x∈[xi−1 ,xi ]
f (x) ,
f (si ) = Mi =
sup
f (x) .
x∈[xi−1 ,xi ]
Si ha allora
∗
∗
S(P , f ) − s(P , f ) =
n
X
i=1
[(f (si ) − f (ti )] (xi − xi−1 ) <
n
X
<ε
(xi − xi−1 ) = ε(b − a)
i=1
e la tesi segue dal Teorema 1.2, parte 2.
Parte 2. Sia f monotona in [a, b], ad esempio non-decrescente, e sia ε > 0. Sia Pn∗ la partizione
di [a, b] in n intervalli di uguale lunghezza, cioè xi = a + (i − 1)(b − a)/n per ogni i = 1, ..., n + 1.
Si ha
f (xi−1 ) = mi =
inf
x∈[xi−1 ,xi ]
f (x) ,
f (xi ) = Mi =
sup
f (x)
x∈[xi−1 ,xi ]
e quindi
S(Pn∗ , f ) − s(Pn∗ , f )
=
n
b−aX
n
i=1
=
n
X
i=1
[(f (xi ) − f (xi−1 )]
[(f (xi ) − f (xi−1 )] =
b−a
=
n
b−a
(f (b) − f (a)) < ε
n
pur di prendere n abbastanza grande. La tesi segue ancora dal Teorema 1.2, parte 2.
Senza dimostrazione, enunciamo anche il
Teorema 1.4 Sia f : [a, b] → R una funzione limitata. Se f è continua in [a, b] tranne che in
un numero finito di punti, allora f ∈ R[a, b].
Osserviamo che nel Teorema 1.3 l’ipotesi di limitatezza per la funzione f , anche se non compare
esplicitamente, è senz’altro soddisfatta: infatti, se f è continua in [a, b], per il teorema di Weierstrass f è dotata di estremi assoluti; se f è monotona in [a, b], f assume i valori massimo e minimo
14
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
assoluti negli estremi dell’intervallo. Nel Teorema 1.4, invece, occorre richiedere esplicitamente
la limitatezza di f ; ad esempio, la funzione f (x) = log x per x ∈ (0, 3], f (0) = 25, è continua
tranne che in x = 0 ma ovviamente non è limitata.
Veniamo ora alle proprietà della classe R[a, b].
Proposizione 1.5 Siano f, g ∈ R [a, b] e λ ∈ R. Allora
1. (f + g) ∈ R [a, b] e
Zb
(f + g) =
a
Zb
f +
a
Zb
g .
a
2. λf ∈ R [a, b] e
Zb
(λf ) = λ
a
Zb
f .
a
La proposizione afferma che R[a, b] è uno spazio vettoriale sul campo reale e che l’applicazione
Zb
f è un funzionale lineare, poichè è
che a una funzione f ∈ R[a, b] associa il numero reale
a
un’applicazione additiva (proprietà 1) e omogenea (proprietà 2).
Si possono dare ulteriori informazioni su R[a, b].
Teorema 1.6 Siano f, g ∈ R[a, b] con m ≤ f (x) ≤ M per ogni x ∈ [a, b]. Sia Φ : [m, M ] → R
una funzione continua su [m, M ]. Allora
1. Φ ◦ f ∈ R[a, b]
2. f · g ∈ R[a, b]
3. |f | ∈ R[a, b] con
¯b ¯
¯Z ¯ Zb
¯
¯
¯ f ¯ ≤ |f | .
¯
¯
¯
¯
a
(1.2)
a
Il teorema afferma che nello spazio R[a, b] si rimane anche per composizione mediante funzioni continue (proprietà 1), per moltiplicazione (proprietà 2), per passaggio al valore assoluto
(proprietà 3). Quest’ultima proprietà è un’ovvia conseguenza della 1, con la scelta Φ (t) = |t| .
1.3
Proprietà dell’integrale
Se f ha segno costante, ad esempio se f (x) ≥ 0 per ogni x ∈ [a, b], si ha anche s(P, f ) ≥ 0
per ogni partizione P di [a, b]. Ne segue che sup s(P, f ) ≥ 0 e quindi, se f è integrabile, il suo
P
integrale è un numero non-negativo.
Da questa semplice osservazione e dalla linearità dell’integrale, otteniamo le seguenti proprietà
1.3. PROPRIETÀ DELL’INTEGRALE
15
Teorema 1.7 Siano f, g ∈ R[a, b].
1. Se f (x) ≥ 0 per ogni x ∈ [a, b], allora
Zb
f ≥ 0.
2. Se f (x) ≤ 0 per ogni x ∈ [a, b], allora
Zb
f ≤ 0.
a
a
3. Se f (x) ≥ g(x) per ogni x ∈ [a, b], allora
Zb
a
f≥
Zb
g
a
Sottolineiamo il fatto che per avere informazioni sul segno dell’integrale occorre avere un’informazione sul segno di f in tutto l’intervallo d’integrazione; se f cambia segno in [a, b], non si può
in generale affermare nulla sul segno dell’integrale.
Abbiamo già visto che la funzione nulla in [a, b] ha integrale nullo. Potrebbe sorgere il dubbio che,
se f ha segno costante ed è integrabile con integrale nullo, allora è necessariamente la funzione
nulla. Questa affermazione è però falsa, come si vede riguardando l’esempio 3. Se richiediamo a
f la continuità, otteniamo il seguente risultato, noto come teorema di annullamento.
Teorema 1.8 Sia f : [a, b] → R una funzione continua e di segno costante. Se
Zb
f = 0 allora
a
f (x) = 0 per ogni x ∈ [a, b].
Dim. Sia f (x) ≥ 0 per ogni x ∈ [a, b]. Supponiamo che esista y ∈ [a, b] con f (y) > 0. Per la
continuità di f nel punto y, esiste un intervallo [c, d] ⊆ [a, b] tale che y ∈ [c, d] e f (x) > f (y)/2
per ogni x ∈ [c, d]. Quindi f (x) ≥ g(x) per ogni x ∈ [a, b], dove
½
f (y)/2
x ∈ [c, d]
g(x) =
0
altrove
La funzione g è integrabile su [a, b] poichè è limitata e ha al più due punti di discontinuità; per
la monotonia dell’integrale otteniamo
0=
Zb
a
f≥
Zb
g=
a
f (y)
(d − c) > 0
2
e siamo giunti ad un assurdo.
Particolarmente utile nelle applicazioni è la seguente proprietà, nota come additività rispetto
all’intervallo di integrazione.
Teorema 1.9 Sia f : [a, b] → R, e c ∈ (a, b). Allora
f ∈ R[a, b]
se e solo se f ∈ R[a, c] e f ∈ R[c, b].
Inoltre
Zb
a
f=
Zc
a
f+
Zb
c
f .
(1.3)
16
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
Possiamo quindi affermare che la restrizione di una funzione integrabile in [a, b] a un sottointervallo [α, β] ⊂ [a, b] risulta integrabile in [α, β] e tramite la (1.3) possiamo ottenere un legame tra
gli integrali.
Teorema 1.10 (della media) Sia f ∈ R[a, b]. Allora
Zb
a
f = λ(b − a)
dove
inf f (x) ≤ λ ≤ sup f (x) .
x∈[a,b]
x∈[a,b]
Se, in particolare, f è continua in [a, b], esiste almeno un punto c ∈ [a, b] tale che f (c) = λ.
Dim. Se poniamo
m = inf f (x) ,
M = sup f (x) ,
x∈[a,b]
x∈[a,b]
per la monotonia dell’integrale otteniamo
m(b − a) =
Zb
a
m dx ≤
Zb
a
f (x) dx ≤
Zb
a
M dx = M (b − a) .
Quindi
1
·
λ=
b−a
Zb
f
a
è un numero reale tale che m ≤ λ ≤ M . Se f è continua su [a, b], il teorema di Darboux
garantisce che ogni valore nell’intervallo [m, M ] viene assunto da f in almeno un punto di [a, b];
questo completa la dimostrazione.
Abbiamo introdotto il simbolo di integrale
Rb
... per una classe di funzioni definite in [a, b], nel
a
solo caso a < b; da un punto di vista pratico risulta comodo però poter utilizzare tale simbolo
anche nel caso in cui si abbia a ≥ b o più semplicemente non si sappia in che relazione stanno tra
loro i numeri a e b. Completiamo allora la definizione nel modo seguente:
−) se a = b allora
Zb
−) se a > b allora
Zb
f = 0 per ogni funzione f ;
a
a
In questo modo, il simbolo di integrale
f =−
Rb
Za
f per ogni funzione f ∈ R[b, a] .
b
... ha significato indipendentemente dalla relazione che
a
intercorre tra a e b. Ad esso diamo il nome di integrale definito di f, con estremo inferiore
d’integrazione a ed estremo superiore b.
1.4. FUNZIONE INTEGRALE E SUE PROPRIETÀ
17
Le proprietà degli integrali definiti sono facilmente ricavabili dai teoremi precedenti: vogliamo
sottolineare che la (1.3) vale come relazione tra integrali definiti nell’ipotesi che f sia integrabile
in un intervallo [α, β] e che a, b, c siano tre qualsiasi punti di tale intervallo.
Terminiamo questo paragrafo con un risultato utile per la maggiorazione di un integrale definito.
Teorema 1.11 Siano f, g ∈ R[α, β] e |f (x)| ≤ g(x) per ogni x ∈ [α, β]. Allora
¯ b ¯ ¯ b ¯ ¯ b ¯
¯Z ¯ ¯Z
¯ ¯Z ¯
¯
¯ ¯
¯ ¯
¯
¯ f ¯ ≤ ¯ |f |¯ ≤ ¯ g ¯
¯
¯ ¯
¯ ¯
¯
¯
¯ ¯
¯ ¯
¯
a
a
a
per ogni scelta dei numeri a, b nell’intervallo [α, β].
1.4
Funzione integrale e sue proprietà
Sia f : [a, b] → R integrabile in [a, b]; possiamo definire sul medesimo intervallo altre funzioni che,
per le proprietà che hanno in rapporto alla funzione f , sono importanti: le funzioni integrali.
Fissiamo x0 ∈ [a, b] in modo arbitrario; per quanto affermato nella precedente sezione, se x ∈ [a, b],
la funzione f è integrabile nell’intervallo avente per estremi i punti x0 e x. Così l’integrale definito
Fx0 (x) ≡
Zx
f=
x0
Zx
f (t) dt
x0
è una funzione dell’estremo superiore di integrazione x; questa funzione è definita nell’intervallo
[a, b] e prende il nome di funzione integrale definita a partire dal punto x0 .
Se sostituiamo x0 con un altro punto x1 ∈ [a, b], per l’additività dell’integrale rispetto agli
intervalli di integrazione abbiamo
Fx1 (x) =
Zx
x1
dove C =
Rx0
f=
Zx0
f+
x1
Zx
f = Fx0 (x) + C
x0
f.
x1
In altre parole, funzioni integrali definite a partire da punti diversi differiscono per una costante;
ne segue, volendo studiarne le proprietà di regolarità, che possiamo fissare l’estremo inferiore di
integrazione, scegliendolo ad esempio uguale ad a. Nel seguito denotiamo con F la funzione Fa .
Teorema 1.12 (Teorema fondamentale del calcolo integrale) Sia f ∈ R[a, b]. Allora la
funzione
F (x) =
Zx
f (t) dt
a
è continua (di più, è uniformemente continua) in [a, b].
Se inoltre f è continua in un punto c ∈ [a, b], allora F è derivabile in x = c, con
F 0 (c) = f (c).
18
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
Dim. Siano x, y ∈ [a, b]. Poichè f è limitata, esiste K > 0 tale che |f (t)| ≤ K per ogni t ∈ [a, b];
si ha quindi
¯x
¯ ¯y
¯
¯Z
¯ ¯Z
¯
Zy
Zx
Zy
¯
¯ ¯
¯
|F (x) − F (y)| = ¯¯ f (t) dt − f (t) dt¯¯ = ¯¯ f (t) dt + f (t) dt − f (t) dt¯¯ =
¯
¯ ¯
¯
a
a
a
y
a
¯x
¯ ¯x
¯ ¯x
¯
¯Z
¯ ¯Z
¯ ¯Z
¯
¯
¯ ¯
¯ ¯
¯
¯
¯
¯
¯
¯
= ¯ f (t) dt¯ ≤ ¯ |f (t) | dt¯ ≤ ¯ K dt¯¯ = K |x − y| → 0
¯
¯ ¯
¯ ¯
¯
y
y
per x → y
y
e quindi F è continua in y.
È chiaro che, dopo aver fissato ε > 0, la scelta δ < ε/K garantisce |F (x) − F (y)| < ε pur di
utilizzare |x − y| < δ, da cui segue la uniforme continuità di F in [a, b] .
Se poi f è continua in c ∈ [a, b], per ogni ε > 0 troviamo δ > 0 tale che |f (t) − f (c)| < ε purchè
t ∈ [a, b] e |t − c| < δ.
Scrivendo il rapporto incrementale di F a partire dal punto c abbiamo
x

Z
Zc
Zx
1 
1
F (x) − F (c)

=
f (t) dt − f (t) dt =
f (t) dt =
x−c
x−c
x−c
a
a
c
x

Z
Zx
Zx
1 
1
=
[f (t) − f (c)] dt + f (c) dt = f (c) +
[f (t) − f (c)] dt .
x−c
x−c
c
c
c
Osserviamo che se x ∈ [a, b] e |x − c| < δ, lo stesso accade per tutti i valori t compresi tra c ed x, e
quindi l’ultima eguaglianza, il Teorema 1.12 e la relazione |f (t) − f (c)| < ε permettono di ottenere
¯
¯ ¯
¯
¯ ¯
¯ ¯
¯
¯
Zx
Zx
¯ ¯ 1
¯ ¯ 1
¯
¯ F (x) − F (c)
¯=¯
¯≤¯
¯<ε
¯
−
f
(c)
[f
(t)
−
f
(c)]
dt
|f
(t)
−
f
(c)|
dt
¯
¯
¯
¯
¯
¯
x−c
¯x − c
¯ ¯x − c
¯
c
c
che può essere riassunta come
lim
x→c
F (x) − F (c)
= f (c) ;
x−c
così, F è derivabile in x = c e F 0 (c) = f (c).
Questo teorema afferma che se f è continua in ogni punto di [a, b], la funzione F (come tutte le
altre funzioni integrali) è una primitiva di f in [a, b], cioè è una funzione derivabile in [a, b] la cui
derivata coincide con f . Da questo risultato si ricava immediatamente la formula fondamentale
del calcolo integrale:
Teorema 1.13 Sia f continua in [a, b] e sia φ una sua primitiva su [a, b]. Allora
Zb
a
f = φ(b) − φ(a).
1.4. FUNZIONE INTEGRALE E SUE PROPRIETÀ
19
Dim. Poichè f è continua in [a, b], la funzione F (x) =
Rx
f (t) dt è una primitiva di f in [a, b].
a
Quindi la primitiva φ differisce da F per una costante, cioè esiste c ∈ R tale che
φ(x) =
Zx
f (t) dt + c
per ogni x ∈ [a, b] .
a
Sostituendo x = a, si ottiene c = φ(a) e quindi
φ(x) =
Zx
f (t) dt + φ(a)
a
per ogni x ∈ [a, b] .
Sostituendo x = b, si ottiene la tesi.
Per calcolare l’integrale di una funzione continua f è quindi sufficiente conoscere una primitiva
φ della funzione f :
il valore
Rb
f si ottiene come differenza tra i valori assunti da φ nei punti x = b e x = a.
a
Dal punto di vista delle notazioni, useremo anche la scrittura
φ(b) − φ(a) ≡ [φ(x)]x=b
x=a .
Vi sono dei metodi specifici per il calcolo degli integrali, collegati alla regola di derivazione del
prodotto (integrazione per parti) o ai cambiamenti di variabile (integrazione per sostituzione).
Esponiamo questi metodi con ipotesi atte a garantire l’esistenza di tutti gli integrali che compaiono nelle formule.
Teorema 1.14 Siano f, g : [a, b] → R derivabili con derivata continua in [a, b]. Allora
Zb
a
f g 0 = f (b)g(b) − f (a)g(a) −
Zb
f 0g
a
Esempio 4
Z1
2
2x arctan x dx = [x
arctan x]x=1
x=0
−
0
Z1
x2
dx =
1 + x2
Z1
1
dx =
1 + x2
0
π
= −
4
Z1
(x2 + 1) − 1
π
dx = − 1 +
1 + x2
4
0
0
π
π
−1.
= − 1 + [arctan x]x=1
x=0 =
4
2
N
.
Esempio 5 Poichè
Z2π
0
x
x
e sin x dx = [e
sin x]x=2π
x=0
−
Z2π
0
x
x
e cos x dx = −[e
cos x]x=2π
x=0
−
Z2π
0
ex sin x dx
20
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
si ha
Z2π
−e2π + 1
.
2
ex sin x dx =
0
N
.
Esempio 6
Z3
2
(x − 2x) log x dx =
1
·µ
=−
¶
¶
¸x=3 Z3 µ 2
x
x3
2
− x log x
− x dx =
−
3
3
x=1
·
x3
9
−
¸x=3
x2
2
1
=
x=1
10
.
9
N
.
Per quanto riguarda l’uso dei cambiamenti di variabile, stabiliamo prima di tutto quali sono le
ipotesi che essi devono ragionevolmente soddisfare: se vogliamo porre x = x(t) con la variabile
x che varia nell’intervallo [a, b] e la variabile t che deve variare in un intervallo [α, β], abbiamo
bisogno che la funzione x = x(t) stabilisca una corrispondenza biunivoca tra i due intervalli e che,
se essa è regolare su [α, β] (ad esempio derivabile con derivata continua), anche la sua inversa lo
sia nell’intervallo [a, b]. Queste ipotesi sono sicuramente soddisfatte se supponiamo per x = x(t)
le ipotesi del seguente teorema
Teorema 1.15 Sia f : [a, b] → R continua. Sia x = x(t) una funzione derivabile, con derivata
continua e non nulla, nell’intervallo [α, β], e avente per immagine l’intervallo [a, b] . Allora
Zb
f (x) dx =
a
−1 (b)
xZ
f (x(t))x0 (t) dt .
x−1 (a)
Esempio 7 Per calcolare
Zπ
0
¡
¢
cos t − 2 cos2 t + 3 cos3 t sin t dt
possiamo porre
x = x(t) = cos t
e quindi calcolare
−1
Z
1
.
2
3
(x − 2x + 3x )(−1)dx =
Z1
(x − 2x2 + 3x3 )dx = −
4
.
3
−1
N
1.5. FUNZIONI A VALORI VETTORIALI
21
Esempio 8 Per calcolare
Z4 ³
´√
x − x3/2
xdx
0
√
possiamo porre x = t, cioè x = x(t) = t2 e quindi calcolare
Z2
0
¡2
¢
t − t3 t 2tdt = 2
Z2
(t4 − t5 )dt = −
128
.
15
0
N
.
1.5
Funzioni a valori vettoriali
Sia f = (f1 , f2 , ..., fk ) : [a, b] → Rk , con k > 1, una funzione limitata. L’integrabilità di f e
il calcolo del suo integrale vengono riportati all’analogo problema sulle componenti del vettore
k-dimensionale f .
Definizione 1.16 Sia f : [a, b] → Rk una funzione limitata. Diciamo che f è integrabile in
[a, b] se ogni coordinata fi è integrabile in [a, b]. Se f è integrabile in [a, b], poniamo
Zb
a
 b

Z
Zb
Zb
f =  f1 , f2 , ..., fk 
a
a
a
cioè l’integrale di f è il vettore avente per coordinate gli integrali delle coordinate di f .
È immediato verificare, mediante il Teorema 1.5, che l’insieme delle funzioni integrabili in [a, b] è
uno spazio vettoriale sul quale l’integrale agisce come un operatore lineare; continua a valere la
proprietà di additività rispetto all’intervallo di integrazione (si veda il Teorema 1.9). In particolare
la stima dell’integrale, espressa nel caso di funzioni a valori reali dal Teorema 1.6, diviene in questo
caso la seguente
Teorema 1.17 Siaf : [a, b] → Rk una funzione integrabile. Allora
° b °
°Z ° Zb
Zb q
°
°
° °
° f ° ≤ °f ° =
f12 (x) + f22 (x) + ... + fk2 (x) dx .
°
°
°
°
a
1.6
a
a
Integrali impropri
La teoria dell’integrazione esposta nei paragrafi precedenti riguarda funzioni limitate definite in
intervalli chiusi e limitati; lo studio dei cosiddetti integrali impropri va nella direzione di cercare
di ridurre, in tutto o in parte, tali ipotesi, ottenendo una generalizzazione del classico concetto
di integrale.
22
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
Definizione 1.18 Sia f : [a, b) → R tale che f ∈ R[a, x] per ogni a ≤ x < b.
Se esiste, finito, il limite
lim
x→b−
Zx
f (t) dt
a
diciamo che l’integrale (improprio) di f in [a, b) converge, o che f è integrabile in senso improprio in [a, b).
Chiamiamo tale limite integrale improprio di f in [a, b), e lo denotiamo con l’usuale simbolo
Rb
f.
a
Definizione 1.19 Sia f : (a, b] → R tale che f ∈ R[x, b] per ogni a < x ≤ b. Se esiste, finito, il
limite
lim
x→a+
Zb
f (t) dt
x
diciamo che l’integrale (improprio) di f in (a, b] converge o che f è integrabile in senso improprio
in (a, b].
Rb
Chiamiamo tale limite integrale improprio e lo denotiamo con l’usuale simbolo f .
a
Le definizioni precedenti richiedono prima di tutto un’osservazione: riferiamoci, per fissare le
idee, alla prima. Supponiamo che f sia integrabile in [a, x] per ogni a ≤ x < b. Questa ipotesi
Rb
è senz’altro soddisfatta se f ∈ R[a, b], quando il simbolo f ha già un suo preciso significato;
d’altra parte, per il Teorema 1.12, la funzione integrale
Rx
a
f (t) dt è continua in [a, b] e quindi in
a
particolare in x = b, per cui
lim
x→b−
Zx
f (t) dt =
a
Zb
f (t) dt
a
cioè l’integrale improprio converge e coincide con l’integrale di Riemann. L’uso del medesimo
simbolo non genera confusione, poichè quando esiste l’integrale di Riemann esiste anche quello
improprio, e coincidono. Poichè, come vedremo tra poco, vi sono molte situazioni in cui f non è
integrabile ma l’integrale improprio di f converge, possiamo affermare che questi integrali sono
una generalizzazione naturale degli integrali classici.
Esempio 9 Consideriamo le funzioni
fp (t) =
1
(t − a)p
t ∈ (a, b] .
Se p ≤ 0, fp è prolungabile con continuità in tutto l’intervallo [a, b] e quindi fp ∈ R[a, b]. Se
invece p > 0, la funzione fp non è limitata; ci chiediamo se il suo integrale improprio converge
1.6. INTEGRALI IMPROPRI
23
in (a, b]. Si ha
lim
Rb
fp (t)dt =
x→a+ x


 (b − a)−p+1
−p+1 − (x − a)−p+1

(b
−
a)

se p < 1

lim
=

−p + 1
 x→a
+

−p + 1
+∞
se p > 1
=





 lim [log(b − a) − log(x − a)] = +∞
se p = 1
x→a+
Quindi l’integrale improprio in (a, b] converge se e solo se p < 1.
Con calcoli del tutto analoghi si ottiene che le funzioni
fp (t) =
1
(b − t)p
t ∈ [a, b)
N
hanno integrale improprio convergente in [a, b) se e solo se p < 1.
Consideriamo ora l’estensione dell’integrale a intervalli non limitati.
Definizione 1.20 Sia f : [a, +∞) → R tale che f ∈ R[a, x] per ogni x > a.
Se esiste, finito, il limite
lim
x→+∞
Zx
f (t) dt
a
diciamo che l’integrale (improprio) di f in [a, +∞) converge o che f è integrabile in senso
improprio in [a, +∞).
+∞
R
f.
Chiamiamo tale limite integrale improprio e lo denotiamo con il simbolo
a
Definizione 1.21 Sia f : (−∞, b] → R tale che f ∈ R[x, b] per ogni x < b.
Se esiste, finito, il limite
lim
x→−∞
Zb
f (t) dt
x
diciamo che l’integrale improprio di f in (−∞, b] converge o che f è integrabile in senso improprio
in (−∞, b].
Rb
f.
Chiamiamo tale limite integrale improprio e lo denotiamo con il simbolo
−∞
1
Esempio 10 Prendiamo ancora in considerazione le potenze fp (t) = p e sia, ad esempio, a = 1.
t
Si ha


1

−p+1

x
−1 
se p > 1


x
lim

=
p−1
Z
 x→+∞ −p + 1
 +∞
se p < 1
fp (t)dt =
lim
x→+∞



1


 lim log x = +∞
se p = 1
x→+∞
24
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
e quindi l’integrale improprio
+∞
R
fp converge se e solo se p > 1. Con calcoli analoghi si perviene
1
alla convergenza dell’integrale
Z−1
−∞
1
dt
|t|p
se e solo se p > 1.
Cerchiamo ora delle condizioni sufficienti a garantire la convergenza di un integrale improprio
e che non presuppongano, come da definizione, il calcolo esplicito di integrali definiti e di loro
limiti. Per non appesantire l’esposizione enunciamo un unico teorema (e non quattro, uno per
ciascuna delle definizioni), supponendo che la funzione f soddisfi le ipotesi di una delle definizioni
precedenti nell’intervallo corrispondente I.
Teorema 1.22 Sia f : I → R soddisfacente le ipotesi di una delle definizioni precedenti.
1. Se
|f (x)| ≤ g(x)
per ogni x ∈ I
e converge in I l’integrale improprio di g, allora converge in I anche l’integrale improprio di f .
2. Se
0 ≤ g(x) ≤ f (x)
per ogni x ∈ I
e non converge in I l’integrale improprio di g, allora non converge in I neppure l’integrale improprio di f .
Questo teorema, noto come criterio del confronto, risulta molto utile nella pratica, soprattutto
quando si conosca il comportamento di un “gruppo” di funzioni utilizzabili per il confronto;
tenendo conto dei risultati ottenuti negli esempi 9 e 10, otteniamo che gli integrali impropri
+∞
Z
Z1
−2 + 3 sin x2
dx
x2 + 1
1
cos(1/x)
√
dx
3
x
0
+∞
Z
sin x + cos2 x
dx
2xex + 1
1
convergono, poichè
¯
¯
¯ −2 + 3 sin x2 ¯
¯
¯ ≤
¯
¯
x2 + 1
¯
¯
¯ cos(1/x) ¯
¯
¯ √
¯ 3x ¯ ≤
¯
¯
¯ sin x + cos2 x ¯
¯
¯
¯ 2xex + 1 ¯ ≤
(come abbiamo visto
+∞
R
1
1/x2 dx e
R1
x2
5
5
≤ 2
+1
x
1
√
3
x
per ogni x ∈ (0, 1]
2
1
≤ 2
2xex + 1
x
1/x1/3 dx convergono).
0
Non converge invece l’integrale in [1, +∞) della funzione
f (x) =
per ogni x ≥ 1
log(4 + sin x)
.
x
per ogni x ≥ 1
1.6. INTEGRALI IMPROPRI
25
Infatti
log(4 + sin x)
log 3
≥
= g(x)
x
x
per ogni x ≥ 1
e l’integrale di g in [1, +∞) non converge.
Come conseguenza del criterio del confronto otteniamo i seguenti risultati che fanno uso del
comportamento asintotico.
Corollario 1.23 Sia f : [a, b) → R tale che f ∈ R[a, x] per ogni a ≤ x < b e f (x) ≥ 0 per ogni
x ∈ [a, b). Se
per x → b−
f (x) ∼ h(x)
l’integrale improprio di f in [a, b) converge se e solo se converge l’integrale improprio di h in un
intervallo [c, b), dove c è un qualsiasi numero reale tale che a ≤ c < b.
Corollario 1.24 Sia f : [a, +∞) → R tale che f ∈ R[a, x] per ogni x > a e f (x) ≥ 0 per ogni
x ∈ [a, +∞). Se
f (x) ∼ h(x)
per x → +∞
l’integrale improprio di f in [a, +∞) converge se e solo se converge l’integrale improprio di h in
un intervallo [M, +∞), dove M è un qualsiasi numero reale tale che M ≥ a.
Tralasciamo l’enunciato di corollari riguardanti gli integrali impropri estesi ad intervalli del tipo
(a, b] e(−∞, b].
Esempio 11 I seguenti integrali convergono
+∞
Z
5
2x − x2
dx
x5 − 1
;
Z0
3 − ex
dx
x2 + x + 1
−∞
;
Z25
x3 + sin x2
dx
x
0
poichè
1
2x − x2
∼− 3
5
x −1
x
per x → +∞
3
3 − ex
∼ 2
x2 + x + 1
x
per x → −∞
x3 + sin x2
∼x
x
per x → 0+
2
ex − 1
1
∼ 1/3
x7/3
x
per x → 0− .
Arricchiamo la famiglia delle funzioni da utilizzare come confronto.
Esempio 12 Sia t ∈ [M, +∞), con M > 1 e
f (t) =
1
t logq t
;
Z0
−1
2
ex − 1
dx
x7/3
26
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
Si ha
lim
x→+∞
Zx
1
dt =
t logq t
M


 log−q+1 M
−q+1
−q+1

log
x − log
M

se q > 1

lim

=
q−1
 x→+∞

−q + 1
+∞
se q < 1
=





 lim log(log x) − log(log M ) = +∞
se q = 1
x→+∞
e quindi l’integrale converge se e solo se q > 1. Consideriamo ora sul medesimo intervallo le
funzioni
1
.
tp logq t
f (t) =
Sia p > 1; se q > 0 si ha
0≤
1
tp logq
t
1
≤
tp logq
M
se q < 0 fissiamo 0 < ε < p − 1; per t grande (e quindi se M è sufficientemente grande) si ha
0≤
1
log−q t
tε
1
=
≤
= p−ε
q
p
p
p
t log t
t
t
t
e l’integrale converge per il criterio del confronto.
Sia p < 1; se q > 0 e 0 < ε < 1 − p, per t grande si ha
1
tp logq
t
≥
1
tp+ε
≥0
se q < 0 si ha
1
log−q t
log−q M
=
≥
≥0
q
tp log t
tp
tp
e quindi l’integrale non converge per il criterio del confronto.
N
Riassumiamo i risultati ottenuti negli esempi 10 e 12 nella seguente affermazione: se M > 1



















+∞
Z
1
tp logq
t
dt converge
M
se e solo se
p > 1, ∀q
oppure
p = 1, q > 1 .
Mediante il teorema di integrazione per sostituzione (teorema 1.15), si ottiene che se 0 < b < 1
1.6. INTEGRALI IMPROPRI
27



















Zb
0
1
tp |log t|q
dt converge
se e solo se
p < 1, ∀q
oppure
p = 1, q > 1 .
Per completare la trattazione degli integrali impropri, consideriamo ora un’ultima situazione. Sia
−∞ ≤ α < β ≤ +∞ e f una funzione definita e continua nell’intervallo (α, β) tranne, al più, in
un numero finito di punti γ 1 < γ 2 < ... < γ n ; scegliamo x1 , x2 , ..., xn+1 in modo tale che
α < x1 < γ 1 < x2 < γ 2 < ... < xn < γ n < xn+1 < β .
Definizione 1.25 Diciamo che l’integrale improprio di f converge in (α, β), o che f è
integrabile in senso improprio in (α, β), se convergono gli integrali di f in tutti gli intervalli
(α, x1 ], [x1 , γ 1 ), (γ 1 , x2 ], [x2 , γ 2 ),...,[xn+1 , β) e in questo caso poniamo
Zβ
α
f=
Zx1
α
f+
Zγ 1
f+
x1
Zx2
f+
γ1
Zγ 2
f + ... +
x2
Zβ
f .
xn+1
Facendo uso della proprietà di additività dell’integrale di Riemann rispetto all’intervallo di integrazione, si veda la (1.3), si verifica immediatamente che l’esistenza dell’integrale in (α, β) ed il
suo valore non dipendono dalla scelta dei punti x1 , x2 , ..., xn+1 .
Esempio 13 L’integrale
+∞
Z
x
x4
+ (ex
−∞
− 1)4/3
dx
converge poichè l’integranda è continua in RÂ{0} e
x
x4
+ (ex
x4
+ (ex
x4
+ (ex
x
x
− 1)4/3
− 1)4/3
− 1)4/3
1
x3
1
1/3
x
1
x3
∼
∼
≤
per x → −∞
per x → 0±
per x → +∞ .
N
.
Esempio 14 L’integrale
+∞
Z
0
sin x
dx
x(x − 1)
non converge, poichè
sin x
sin 1
∼
x(x − 1)
x−1
per x → 1± .
28
CAPITOLO 1. L’INTEGRALE DI RIEMANN
Non è convergente anche
+∞
Z
(x + 1)e1/x dx
−∞
poichè
(x + 1)e1/x > e1/x >
1
x
per x → 0+ .
N
.
A conclusione di questo paragrafo, vogliamo ricordare che gli integrali impropri non soddisfano,
in generale, le stesse proprietà dell’integrale di Riemann; in particolare, sottolineiamo che se
convergono in un intervallo I gli integrali di f e di g, non è detto che converga l’integrale del
loro prodotto f g o del valore assoluto |f |. Ad esempio, convergono in I = (0, 1] gli integrali di
√
f (x) = g(x) = 1/ x mentre non converge l’integrale di f (x)g(x) = 1/x. Si può verificare che
converge
+∞
Z
sin x
dx
x
1
ma che non converge l’integrale in [1, +∞) della funzione |sin x| /x.