Ines Marazzani ANGOLO Aspetti concettuali e didattici Prefazione di Luis Radford STRUMENTI PER LA DIDATTICA DELLA MATEMATICA Collana diretta da Bruno D’Amore INDICE 9 Prefazione (di Luis Radford) 13 Premessa (di Ubiratan D’Ambrosio) 15 Capitolo 1 Le origini della geometria 1.1. Andiamo indietro 1.2. Geometria, dalla 1.3. I primi geometri 1.4. Rappresentazioni nel tempo: un po’ di storia preistoria alla storia della storia e l’angolo degli oggetti della geometria 25 Capitolo 2 L’idea di angolo 2.1. Oggetti della geometria: dall’uso alla teorizzazione 2.2. Talete e l’angolo 2.3. Euclide e l’angolo 2.4. Dopo Euclide: altre idee di angolo 2.5. Proclo e l’angolo 2.6. Attuali definizioni scolastiche di angolo in Italia e altrove 45 Capitolo 3 L’angolo e la didattica 3.1. L’angolo: idee di allievi 3.2. Formazione spontanea dei concetti in matematica 59 Capitolo 4 Esempi di conversazioni-interviste 77 Capitolo 5 Quale via per la costruzione corretta di un’idea? Alcune considerazioni 5.1. Due allieve discutono dell’angolo: significati diversi per lo stesso oggetto della matematica 5.2. Il punto è fuori o dentro l’angolo? 5.3. Una rappresentazione per gli allievi scelta dagli adulti 5.4. Quando gli allievi crescono 5.5. Dagli allievi agli insegnanti 111 Capitolo 6 Attività di pratica didattica relative all’angolo 6.1. La rappresentazione «archetto» 119 Capitolo 7 Ambiguità 7.1. Angolo inteso come parte di piano e poligono: due idee in contrapposizione? 7.2. Diversi significati dello stesso termine in geometria 127 Conclusioni 133 Bibliografia Premessa La volontà di proporre ai Lettori un libro interamente dedicato all’angolo è nata in seguito al lavoro di ricerca che ho condiviso con Bruno D’Amore (D’Amore e Marazzani, 2008) e che qui viene riportato trasformandosi nell’anima stessa del libro. Le difficoltà nell’apprendimento del concetto di angolo sono state la molla che ha fatto scattare l’interesse per questo oggetto della matematica. Pensare a giovani allievi che ogni anno vengono posti di fronte a definizioni condivise dalla collettività adulta, ma forse non da loro, è stata una ulteriore spinta. In effetti nelle aule italiane domina attualmente una definizione e non è detto che sia l’unica esatta; in altri Paesi, ne sono diffuse altre. Sembra, però, che ogni insegnante, convinto che la definizione per eccellenza sia quella che ha in mente e che ha appreso a sua volta a scuola, faccia di tutto perché venga «imparata» dai suoi allievi. Per gli allievi «imparare» quella definizione può voler dire, ad esempio, cercare di soddisfare le aspettative dell’insegnante e, di conseguenza, ripetere inconsapevolmente la definizione tanto cara all’insegnante tentando di rispondere alle eventuali domande come l’insegnante vorrebbe. La classica domanda se il punto P della figura riportata nella pagina successiva appartiene o no all’angolo AVB ha messo a dura prova molti studenti che si sono trovati nell’imbarazzo di rispondere come l’insegnante avrebbe voluto. In varie interviste, la risposta affermativa ha fatto gioire l’insegnante e, conseguentemente, l’allievo, sicuro di avere il plauso del professore; la risposta negativa, al contrario, ha fatto vivere un senso di inadeguatezza allo studente. Nel momento in cui gli allievi vengono sottoposti a quesiti, potrebbe emergere in loro, inconsapevolmente, un modello diverso dell’angolo, un modello che non ha nulla a che fare con quello 13 ANGOLO A P V B «imparato» dall’insegnante, un modello che potrebbe essere collegato a una definizione diversa, magari costruito spontaneamente. Non è affatto escluso, infatti, che, spontaneamente, giovani allievi preferiscano fare ricorso ad una delle altre definizioni di angolo, anche se non sono state usate o richiamate in aula. Quali altre? Nel corso dei millenni, la matematica ha elaborato una certa quantità di diverse definizioni dell’oggetto «angolo piano». Alcune di esse sono profondamente diverse tra loro. In questo libro, nei capitoli 1 e 2, attraverso una accurata ricerca storica, vengono presentate 8 diverse definizioni di angolo e nei capitoli 3, 4 e 5 e si mostra come, in colloqui individuali, studenti di diverse età, prima e dopo la presentazione di una di esse in aula, facciano spontaneamente riferimento alle altre. Gli ultimi capitoli vengono dedicati a riflessioni didattiche. 14 L’idea di angolo sotto un punto», definizione che sembra ricollegarsi a quelle di Apollonio, Erone ed Eudemo. 2.5. Proclo e l’angolo Dedichiamo un paragrafo anche al grande Proclo Licio Diadoco (412-486) attingendo ancora da D’Amore (1985, pp. 13-18). Di Proclo, filosofo bizantino, nato nell’allora capitale dell’Impero Romano (Bisanzio fu capitale dell’Impero Romano dal 330 al 305 poi, dopo la scissione, fu capitale dell’Impero Romano d’Oriente), sappiamo che studiò retorica, filosofia Fig. 2.15 Fr o n t e s p i z i o e matematica ad Alessandria d’Egitto e che in seguito, recatosi ad Atene, studiò dell’opera di Pappo Matheall’Accademia fondata da Platone di cui, infine, fu diadoco, ossia direttore. maticae collecAl suo ingresso all’Accademia a circa 19 anni, per le sue particolari doti, fu tiones. affidato a Plutarco: era la fine del 430 (o l’inizio del 431). Plutarco, anche se molto vecchio e ormai non più dedito all’insegnamento, lo prese in casa e lo trattò come un figlio. Proclo ricevette per poco tempo gli insegnamenti di Plutarco perché il suo maestro dopo due anni morì. Proclo scrive un dotto ed importantissimo Commentario all’opera di Euclide: non si deve pensare che il commento di Proclo ad Euclide sia un semplice testo di note. Proclo introduce idee molto importanti che sono state poi a volte erroneamente attribuite allo stesso Euclide e che talvolta hanno avuto il sopravvento anche su quelle che dovevano commentare. Scrivere testi del genere era molto in voga nell’antichità, dato che l’opera di Euclide era considerata il massimo della perfezione geometrica; è noto che Erone, Porfirio, Tolomeo, Apollonio, Teone, Pappo e molti altri illustri matematici sono stati autori di altrettante opere simili; ma l’importanza storica del Commentario di Proclo, oltre alla ricchezza del contenuto, è dovuta ad un fatto contingente non trascurabile: il suo è l’unico Commentario antico rimasto fino ai giorni nostri. A proposito di angolo, nel Commentario asserisce: VIII: «Angolo piano è l’inclinazione di due linee che hanno un estremo in comune in un piano e che non giacciono in direzione l’una dell’altra». Come si vede, non ci sono grandi novità rispetto all’idea euclidea; restano inclusi angoli curvilinei e restano esclusi angoli piatto, nullo e giro; tutto si basa sul termine «inclinazione». 37 angolo Per comprendere il seguente brano, che prendiamo dall’opera di Proclo, occorre fare un sostanziale passo indietro e mettersi nello spirito pitagorico ancora presente nel V secolo. Secondo tale scuola filosofica, infatti, la matematica è una scienza duplice, dato che può scindersi in: a) scienza delle qualità b)scienza delle quantità. A sua volta, la scienza delle qualità è duplice: a1)qualità in sé stesse a2)qualità in relazione ad altre così la scienza delle quantità può essere: b1)in riposo b2)in movimento. Proclo si pone la domanda: a quali di queste quattro categorie appartiene il concetto di angolo? E risponde: Quelli fra gli antichi che posero l’angolo in una categoria di ciò che è in relazione con qualche cosa dicono che esso è un’inclinazione di linee o di piani inclinati l’un verso l’altro, altri invece che intendono questo anche nella sua qualità come ciò che è retto o ciò che è curvo chiamano questo un modo di essere della superficie o del solido, quelli infine che si riferiscono alla quantità ammettono che esso è una superficie o un solido. Quello [l’angolo] infatti sulla superficie è diviso da una linea e in un solido da una superficie. Ma ciò che è diviso da queste cose, dicono, non è altro che una grandezza e questa non è lineare [non è una linea, dato che questa è divisa in due parti da un punto]: rimane dunque che essa è una superficie o un solido. Possiamo notare come, forse per la prima volta, appaia l’idea che l’angolo piano è una superficie, mentre l’angoloide è una parte di spazio. Proclo nel Commentario continua dicendo: Ma se [l’angolo] è una grandezza, tutte le grandezze finite della stessa natura hanno rapporto tra loro, e anche tutti gli angoli dello stesso genere, dunque, avranno rapporto tra loro cosicché anche l’angolo compreso tra un arco [di circonferenza] e la sua tangente ad un’estremità del diametro rispetto all’angolo rettilineo [avranno rapporto tra loro]. Ma le cose che hanno rapporto tra loro, moltiplicate, possono superarsi a vicenda. Dunque, qualche volta l’angolo compreso tra un arco e la tangente ad un’estremità del diametro supererà l’angolo rettilineo: il che è impossibile. Proclo commenta le scelte di Euclide e dei suoi predecessori e fa notare come la grandezza angolo non è archimedea; in modo elementare, spieghiamo questa affermazione come segue, con un esempio: 38 L’idea di angolo Se abbiamo due segmenti AB e CD con AB < CD, esiste un numero naturale n tale che l’ennesimo multiplo di AB supera CD, cioè: n AB > CD; oppure CD > AB; si dice allora che le grandezze n «lunghezze dei segmenti» costituiscono una classe archimedea; questa proprietà, apparentemente così naturale, vale per varie classi di grandezze, ma non per tutte, come per le ampiezze degli angoli; in tal caso ciò dipende dal fatto che c’è un limite di misura massima, l’angolo giro;1 inoltre, la presenza dell’angolo di contingenza non permette alla classe degli angoli di Euclide di essere archimedea (D’Amore, 1985). Proclo continua escludendo che l’angolo sia una quantità; quindi, resta l’ipotesi che sia una qualità. E se è soltanto una qualità come il caldo o il freddo, come è divisibile in parti uguali? Infatti non meno agli angoli si addice l’uguaglianza e la disuguaglianza che alle grandezze e la divisibilità avviene per gli uni e per le altre in modo assolutamente analogo. Se dunque le cose alle quali ciò avviene in modo assolutamente analogo sono quantità e non qualità, è evidente che anche gli angoli non possono essere qualità; infatti un modo di essere naturale della qualità è il più e il meno e non l’uguaglianza e la disuguaglianza. Bisognerebbe dunque non dire angoli disuguali e uno più grande e uno più piccolo ma che sono diversi e che uno è più angolo e l’altro è meno angolo. Ma è chiaro a tutti che questo [modo di dire] è contrario all’essenza della matematica. Infatti ogni angolo riceve la stessa definizione e non è l’uno più angolo e l’altro meno. In terzo luogo, se l’angolo è inclinazione e riguarda completamente le cose che hanno relazione con le altre cose, ne deriverà che, essendo una sola l’inclinazione, sia uno solo l’angolo e non parecchi. Se infatti l’angolo non è altro che una disposizione di linee e di piani quale stoltezza è che vi sia una sola disposizione e più angoli? Se immagini un cono tagliato attraverso il vertice fino alla base da un triangolo, nel semicono verso il vertice vedrai una sola inclinazione delle linee del triangolo, e due angoli distinti, uno piano quello stesso del triangolo, e l’altro sulla superficie mista del cono, contenuti entrambi dalle suddette linee. Proclo ha dunque «dimostrato» che l’angolo non è qualità né quantità né relazione. Ma allora, qual è la soluzione del problema? Essendo dunque incerte queste cose e mentre Euclide chiama l’angolo inclinazione e Apollonio una contrazione di una superficie o di un solido in un sol punto sotto una spezzata o una superficie, e ciò sembra definire ogni angolo in generale, noi che seguiamo il nostro maestro dobbiamo dire che l’angolo di per se stesso non è nessuna delle cose dette, ma che dal concorso di tutte queste cose ha la Si possono anche ammettere ampiezze maggiori dell’angolo giro, anche se la cosa non è naturale. Si preferisce supporre sempre che, ad eventuali ampiezze superiori a 360° si debba sottrarre 360° o un suo multiplo. 1 39 angolo sua esistenza e per questo ha portato all’incertezza quelli che sono tentati di dare una sola soluzione. Così l’angolo ha bisogno assolutamente della quantità insita nella grandezza e ha bisogno della qualità secondo la quale possiede, per così dire, la sua forma propria ed il carattere della sua essenza: ma ha bisogno infine anche della disposizione delle linee che lo definiscono e dei piani che lo contengono. L’angolo è qualcosa formato da tutte queste cose e non da una sola di esse: è divisibile, suscettibile di uguaglianza e di disuguaglianza secondo la quantità che gli è propria, né è costretto ad accettare il rapporto delle grandezze dello stesso genere per il solo fatto di possedere anche una qualità particolare secondo la quale spesso gli angoli non sono paragonabili gli uni con gli altri, né a formare un solo angolo se c’è una sola inclinazione, perché anche la quantità interposta tra le inclinazioni completa la sua sostanza. Proclo fa poi una dotta e sottile classificazione degli angoli, tra i quali privilegia quelli rettilinei. Può essere interessante conoscere la frase finale della sezione che Proclo dedica all’angolo: «Noi affermiamo che l’angolo è il simbolo e l’immagine della coerenza nelle creazioni divine e della disposizione di unificare le cose separate e di rendere indivisibili quelle divisibili e di ridurre in una coerente unione le cose multiple». Si nota che in Proclo «si mescolano stranamente ed oscuramente i diversi aspetti di un’epoca di decadenza e di transizione: facoltà astratta, fantasia, bisogno di sapere e di credere, misticismo, culto superstizioso degli incanti e dei presagi» (Enriques e De Santillana, 1932). Con Proclo si chiude per sempre uno splendente periodo della storia del pensiero scientificofilosofico. La tradizione vuole che subito dopo Proclo l’idea di angolo piano formato da linee qualsivoglia perda lentamente d’importanza e ricompaia soltanto in argomentazioni minori, per esempio nel Rinascimento; nel Medioevo si ritrova questo tipo di angoli solo in trattati non matematici o di secondo piano scientifico. Prende interesse solo il concetto di angolo piano rettilineo ed acquista vigore l’idea di Proco che l’angolo sia una superficie. 2.6. Attuali definizioni scolastiche di angolo in Italia e altrove La definizione più ricorrente in Italia oggi tra gli studenti dei corsi di base di geometria è la seguente o sue varianti: 40 L’idea di angolo Angolo è la parte di piano compresa fra due semirette che hanno la stessa origine; l’origine comune delle due semirette è detta vertice dell’angolo, mentre le due semirette sono dette lati dell’angolo. «Possiamo immaginare di segnare un punto P sul piano e da questo far partire due semirette, a e b. Si divide così, dunque, il piano in due regioni rappresentate in figura a righe e a quadretti, ciascuna delle quali rappresenta un angolo. a P b Il punto P è detto origine di ciascuna delle due semirette a e b. In ciascuno dei due angoli, P è detto vertice, le semirette a e b sono dette lati» (Fandiño Pinilla e Sbaragli, 2001). Dobbiamo notare che, nelle varianti della definizione, la parola «piano» a volte è seguita dall’aggettivo «illimitata», a volte no. È evidente che, in questa situazione, l’aggettivo «illimitata» è pleonastico dato che ci si riferisce ad una parte di piano aperta e dal momento che siamo di fronte ad una definizione. Inutile notare che due semirette con origine in comune determinano due angoli distinti, il che andrebbe specificato nella definizione: «angolo è ciascuna delle due parti di piano comprese tra due semirette che hanno la stessa origine». Va anche deciso se i lati fanno parte o no dell’angolo, il che cambia parecchio il senso che hanno alcuni casi particolari: I lati fanno parte dell’angolo I lati non fanno parte dell’angolo il vertice fa parte dell’angolo il vertice non fa parte dell’angolo l’angolo nullo è una semiretta l’angolo nullo è un insieme vuoto l’angolo piatto è un semipiano chiuso l’angolo piatto è un semipiano aperto l’angolo giro è il piano l’angolo giro è il piano privato di una semiretta 41 angOLO In ogni caso, l’angolo è una parte (illimitata) di piano. La definizione qui illustrata ha un’origine incerta ed appare a partire dal XVIII secolo in Europa. Una sua variante si è avuta con l’introduzione della teoria degli insiemi, durante il XX secolo: «Angolo piano è l’intersezione (o l’unione) di due semipiani le cui origini sono incidenti»; nel caso dell’intersezione, si ha un angolo acuto, nel caso dell’unione si ha un angolo ottuso, l’angolo piatto si ha come intersezione nel caso in cui le due origini sono coincidenti; l’angolo giro si ha come unione; l’angolo nullo si ha come intersezione quando le due origini sono coincidenti e si considerano come semipiani quelli opposti. 42 L’idea di angolo Nel periodo a cavallo tra i secoli XVIII e XIX si è sviluppato in Gran Bretagna il concetto di angolo inteso come rotazione: Siano date due semirette con l’origine in comune; si tenga fissa una delle due e si faccia ruotare l’altra, fino a sovrapporsi alla fissa; tale rotazione si chiama angolo. Anche in questo caso, è relativamente facile sistemare la casistica relativa ad angoli nulli, retti, piatti, giro, concavi e convessi. In questo caso, poi, la rotazione coincide spesso, sia nelle definizioni sia negli usi didattici, con la misura dell’ampiezza; per cui la sottile distinzione tra angolo e sua ampiezza, che presenta qualche complicazione nei casi precedenti, non si presenta. Nella celeberrima opera Gründlagen der Geometrie che David Hilbert pubblicò nel 1899 (Hilbert, 1899), si ha la proposta seguente: Sia α un qualsiasi piano ed h, k due qualsiasi semirette distinte in α, aventi origine in uno stesso punto O, che appartengano a rette diverse. Chiamiamo angolo il sistema di queste due semirette h, k e lo indichiamo con ≮ (h, k), ovvero con ≮ (k, h). Le semirette h, k si chiamano lati dell’angolo ed il punto O si chiama vertice dell’angolo. Lo stesso Hilbert nota come da questa definizione vengano esclusi angoli piatti e concavi; ma restano esclusi anche l’angolo giro e l’angolo nullo. Questa opera di Hilbert è stata notoriamente scritta per rimediare, all’inizio del XX secolo, alla lacunosa situazione che, in quanto al rigore, era stata riconosciuta nell’opera di Euclide, considerata a lungo, da molti studiosi, esempio di perfezione. Non si può non notare come l’idea di angolo sia, nelle varie impostazioni, nettamente differente. Per esempio, nell’opera di Euclide, l’angolo è una non meglio chiarita «inclinazione reciproca»; in quella di Hilbert un sistema che contiene due semirette e la loro origine comune; in quella anglosassone una non meglio precisata «rotazione». Di fatto, se si volesse interpretare la figura geometrica «angolo» nell’opera di Hilbert, sembra si possa pensare che l’angolo sia formato dal sistema dei punti delle due semirette. Esistono molte altre definizioni elementari di angolo, per esempio in trigonometria; ma su questo punto possiamo sorvolare. A mo’ di elenco, rivediamo dunque le principali tipologie di definizioni Fig. 2.16 David Hilbert (1862che sono emerse: 1943). 43 angolo 1. Euclide, Pappo, Proclo: inclinazione: «Angolo piano è l’inclinazione reciproca di due linee che in un piano hanno un estremo in comune e che non giacciono l’una in direzione dell’altra»; 2. Apollonio: contrazione: «Angolo è una contrazione di una superficie [...] in un sol punto sotto una linea spezzata»; 3. Eudemo: cambio di direzione: «Angolo è la rottura di una linea»; 4. Carpo: distanza tra lati: angolo è la «la distanza delle linee [...] che lo comprendono»; 5. XVIII sec.: parte di piano compresa tra semirette: «Angolo è ciascuna delle due parti di piano comprese tra due semirette che hanno la stessa origine»; 6. XVIII-XIX sec.: rotazione: siano date due semirette con l’origine in comune; si tenga fissa una delle due e si faccia ruotare l’altra, fino a sovrapporsi alla fissa; tale rotazione si chiama angolo; 7. XX sec.: intersezione o unione di semipiani: «Angolo piano è l’intersezione (o l’unione) di due semipiani le cui origini sono incidenti»; 8. Hilbert: sistema di lati e vertice: «Chiamiamo angolo il sistema di queste due semirette h, k e lo indichiamo con ≮ (h, k), ovvero con ≮ (k, h)». Da quanto esposto risulta chiaro che esistono varie definizioni possibili dell’oggetto matematico «angolo». È successo poi, nel corso dei secoli, che una di queste si è imposta. In Italia, ad esempio, si è imposta quella che indica l’angolo come una parte di piano; nello School Mathematics Project2 si legge che quella che indica l’angolo come l’intersezione di due semipiani «è preferita da alcuni riformatori americani perché consente una trattazione rigorosamente assiomatica dell’angolo, e perché fa uso del concetto di insieme»; sempre nello School Mathematics Project viene dichiarata una scelta diversa: «Tutti noi pensiamo che intuitivamente gli angoli siano associati a qualcosa di dinamico, e non di statico. Quindi abbiamo definito l’angolo come misura di una rotazione». Da un punto di vista didattico dovrebbero essere tutte prese in considerazione in quanto l’oggetto angolo può essere considerato l’emergente dalle caratterizzazioni che ciascuna definizione evidenzia. Lo School Mathematics Project è un progetto per l’insegnamento della matematica nella scuola secondaria di primo grado anglosassone. 2 44