Ordinazione presbiterale di Padre Marino Mazzola Monaco Camaldolese di Montegiove in Fano Omelia Il seme che cresce da solo – il granello di senape (Marco 4,26-34). La parabola del seme che cresce da solo si concentra sul tempo di maturazione: il periodo della crescita nascosta prepara la mietitura. La fecondità conosce tempi lunghi. Ci si preoccupi che il seme sia quello buono, senza scoraggiarsi o cedere alla tentazione di manipolarne e accelerarne la crescita con mezzi anti-evangelici (violenza, menzogna, alleanze con il potere ecc.). C’è un tempo, un tempo lungo, in cui tutto è affidato alla terra e al seme. Dopo essere stato buttato il seme (cioè il Regno) tarda a manifestarsi: cosa questa che suscita in molti turbamento. C’è un tempo, tra la semina e il raccolto, in cui Dio sembra tacere: la storia umana – e la stessa storia di Gesù – sembra sfuggire alle sue mani, sembra destinata a restare incompiuta. Ma non è così. Il tempo dell’apparente assenza di Dio non deve turbare. Il seme, nonostante le apparenze, cresce comunque. E’ ancora una lezione di fiducia, ma anche di pazienza. E’ proprio nel silenzio della terra che avviene il grande miracolo di mettere radici e crescere. Non sono gli uomini che danno forza al seme del Regno, né la loro impazienza, né sono in grado di affrettarne la venuta. Il seme cresce per forza propria. Ciò di cui c’è bisogno è l’esercizio della pazienza. Troppe volte vogliamo ‘tutto e subito’, siamo impazienti perché non sappiamo coltivare la fede. Ma il regno in realtà cresce e si fortifica prima di tutto nel cuore degli uomini. Così commentava questa brano Gregorio Magno:”Quando concepiamo buoni desideri gettiamo in terra una semente. Quando ci mettiamo a fare il bene siamo erba. Quando progrediamo con la crescita dell’opera buona siamo spiga.. Quando siamo ben determinati, per un’opera perfetta, ecco che presentiamo il grano nella turgida spiga (...) perciò se vedi un uomo che tende all’ideale con l’anima ancora debole non lo si disprezzi mai, perché il grano di Dio comincia con l’essere erba per diventare chicco maturo” (Om. In Ez II,3.5). La parabola del granello di senape rivela le proporzioni del Regno: il piccolo nucleo dei discepoli del Regno diventerà un grande albero accogliente (cf. Ez 17,2223: Così dice il Signore Dio: Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente, lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà). Così Gesù, piccolo seme del Padre, diventerà albero di persone libere dalla voglia di contarsi e di contare. Oggi in ogni ambiente (casa, lavoro, società) si cercano programmi sicuri, capaci di dare risultati immediati e metodi efficienti. Questa logica, che propone un’illusoria liberazione personale e sociale, sta facendo ammalare il cuore e anche la ricerca spirituale. Siamo pertanto chiamati a disintossicarci da una religione di successo, affidata ai nostri sforzi e frutto del nostro volere. Il Regno non si impone per la sua potenza esteriore e per la sua grandiosità. Al contrario segue una logica diversa da quella del mondo: sceglie la via della debolezza per affermare l’energia dirompente dell’amore e privilegia i piccoli, gli esclusi per manifestare la forza straordinaria della misericordia. Il Regno grandioso è già presente in questo piccolo seme. Questo umile inizio ha in sé un’enorme potenzialità. E’ una lezione di fiducia. Ma non soltanto di fiducia. L’umiltà della situazione non deve divenire motivo di trascuratezza e di rifiuto. L’umiliazione che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni ci permette di riconoscere la debolezza e di assumere la nostra stessa umiliazione per poter testimoniare la nuova presenza di Dio dentro una Chiesa umile e umiliata di cui facciamo tutti parte. L’umiliazione delle fragilità evidenti, del male compiuto, dello scarso numero di preti, dei membri della Chiesa che se ne vanno, delle difficoltà ad annunciare Gesù al mondo d’oggi... Ci può essere qualcosa di angosciante nella situazione attuale, ma è pericoloso ostinarci a voler mostrare una Chiesa che vuol essere sempre la più forte, invece di trasformare l’angoscia nella pace che deriva dall’accoglienza del reale. Tante ricchezze, certo seducenti, sono spesso più pericolose per uccidere l’anima dei credenti che non le persecuzioni che, nel solo XX secolo, hanno generato tre milioni di martiri. Un vescovo pentecostale russo, parlando dell’unità fra le diverse Chiese nei paesi dell’Est, diceva: “in prigione eravamo uniti, adesso siamo divisi”. Talvolta, povertà e contraddizione ci fanno diventare più forti nella fede. Carissimo Padre Marino, il Signore ha posato il suo sguardo su di te, ti ha chiamato ad una vocazione santa e ad un ministero che ti conforma in tutto e per tutto a lui Sacerdote, Re e Profeta. Il Signore con il battesimo ha “lavato il tuo corpo con acqua pura” e con la Parola e i sacramenti “ha purificato il tuo cuore da una cattiva coscienza”; ti costituisce ora, per la preghiera di questa comunità e per l’imposizione delle mani da parte del vescovo, successore degli apostoli, ministro dell’altare, e cioè figura di Cristo vero altare e vittima sacrificale e amministratore dei suoi doni di grazia. Ricevendo il sacerdozio nel grado del presbiterato tu avrai il “potere” di perpetuare il miracolo eucaristico. Le tue mani e le tue parole faranno del pane e del vino il corpo e il sangue del Signore e renderanno presente la sua azione salvifica in mezzo al popolo. E’ un potere straordinario e tremendo che segna tutta la tua vita in primo luogo dal punto di vista di ciò che sei e poi per ciò che devi fare. Ma in primo luogo l’Eucaristia è la misura della tua vita personale insieme, naturalmente alla scelta monacale. Per questo ti chiederò prima della consacrazione: “Vuoi essere sempre più strettamente unito a Cristo sommo sacerdote, che come vittima pura si è offerto al Padre per noi, consacrando te stesso a Dio insieme con lui per la salvezza di tutti?”. L’essere conformato a Cristo attraverso l’Eucaristia ti permetterà di fare bene il sacerdote. “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1); il sacerdote si coinvolge personalmente per i peccati del mondo, se ne lascia triturare, schiantare per redimerli nel suo corpo e nel suo sangue. Nell’Eucaristia abbiamo la concentrazione di tutti i misteri redentivi, “memoria mirabilium suorum fecit Dominus”. E se volessimo ulteriormente approfondire il significato del gesto del pane e del vino come corpo e sangue del sacerdote della nuova alleanza, del Figlio donato, potremmo vedere realizzato questo atteggiamento nel Getsemani (“non la mia ma la tua volontà si compia”) e nella croce (“nelle tue mani affido il mio spirito”). Ciò che l’Eucaristia esprime viene cioè verificato e attuato nel “non la mia ma la tua volontà” e nel rimettere la vita nelle mani del Padre. Quale passaggio attende me la cui sorte è strettamente legata a quella dell’Eucaristia, della lavanda dei piedi? Il passaggio che devo aspettarmi e che riguarda la mia vita, il mio corpo, il mio servizio? Certamente è il passaggio da una condizione centrata sempre un po’ su di me, sul mio crescere, sul mio rrealizzarmi a una condizione centrata ormai sul Padre, su Cristo, sui fratelli. In altre parole, è il passare dalla conoscenza nozionale alla conoscenza reale del mistero di Dio; la mia esistenza è strettamente legata al dono di me, al servizio della lavanda dei piedi, al dare il pane e il vino, il corpo e il sangue per il Signore e per i fratelli. Nel rendere lode a Dio per il dono di te stesso che fai alla Chiesa, desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla tua maturazione nella fede e alla tua formazione camaldolese e sacerdotale. Un grazie ai tuoi familiari e in particolare ai tuoi genitori che con il dono della vita hanno posto nelle mani di Dio un germoglio per la realizzazione dei suoi progetti. Affido il dono del tuo sacerdozio a Maria, madre di ogni vocazione alla sequela del Signore. Chiediamo la sua premurosa assistenza e il suo conforto perché tu possa essere totalmente disponibile all’opera e al dono dello Spirito e perchè sappia offrire ogni giorno, senza riserve, il tuo cuore sacerdotale al Signore. Basilica Cattedrale di Fano, 16 giugno 2012 ✠Armando Trasarti Vescovo di Fano Fossombrone Cagli Pergola