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Questo concerto che apre il settantesimo dell’Associazione Amici della Musica Vittorio Cocito di
Novara è dedicato al nostro compianto Direttore artistico Folco Perrino. Egli espresse fortemente il
desiderio di proporre alla sua città questo concerto di Grieg, Un sentito grazie a Folco, al prezioso
impegno di questo cittadino novarese che ha profondamente segnato la vita musicale cittadina in
una continua opera di sensibilizzazione alla cultura musicale - la presenza dello stesso
Conservatorio, dedicato all’amato Guido Cantelli, non esisterebbe se non grazie al suo la sua forte
iniziativa. L’Associazione Amici della Musica raccoglie il suo retaggio per proseguire con la stessa
passione e impegno.
Edvard Grieg (1843-1907) scrive il Concerto in la minore op.16 per pianoforte e orchestra nel 1868
all’età di venticinque anni. A partire dalla sua prima esecuzione pubblica nel 1869, il Concerto
acquistò grande popolarità e trovò ammirazione in musicisti quali Anton Rubinstein e Franz Liszt.
Nato in una famiglia e benestante, dalle lontane ascendenze scozzesi per parte di padre, Edvard era
stato avviato dalla madre, valente pianista, allo studio della musica: si esercitava sotto la disciplina
materna, ma «la mia imperdonabile tendenza a fantasticare cominciò da allora a procurarmi quelle
stesse difficoltà che tormentarono per tanto tempo la mia esistenza. Se non avessi ereditato
l’incomparabile energia di mia madre e io suoi doni musicali naturali non sarei mai riuscito a
passare dal sogno alla realtà», ricordava il compositore stesso. Faticò infatti a seguire lo studio
pedissequo che gli veniva imposto da alcuni insegnanti in conservatorio a Lipsia, qui si diplomò,
ma fu il soggiorno a Copenhagen e l’incontro con Niels Wilhelm Gade a liberare la personalità di
Grieg. Robert Schumann definiva Gade un tipo di artista assolutamente nuovo, conoscitore delle
leggende nordiche, immerso in quell’ambiente della scuola scandinava nella quale i poeti
stimolavano i musicisti locali «nel caso che questi trascurassero le montagne e i laghi, le rune e le
visioni aurorali, a ricordarsi che il Nord ha il più grande diritto ad un proprio linguaggio». L’anima
sognatrice e sensibile di Grieg riconobbe come affine a sé il pensiero ed incominciò ad incanalare in
questa via le sue forze compositrici. La strada conduceva verso forme compositive non di grande
respiro e complessità.
La scrittura musicale del Concerto in la minore op. 16 dimostra una notevole conoscenza del
pianoforte, sia nel virtuosismo tecnico e sonoro, sia nella destinazione più lirica e intimistica. Al
pari del Concerto in Si bemolle di Ciakowski, questo brano rappresenta il culmine del Concerto
romantico per strumento solista e orchestra, anticipando con svariate intuizioni alcuni indirizzi
dell’arte musicale sul finire dell’Ottocento. Grieg, infatti, si avvale di molteplici spunti melodici,
talvolta anche solo semplicemente accostati, trascurando perfino le elaborazioni tematiche per
lasciare spazio al libero e ampio fluire dei motivi. Le varie melodie, a seconda dell’orchestrazione
volta a volta proposta o della disposizione sul pianoforte, assumono connotazioni timbriche sempre
diverse che arricchiscono di molteplici significati l’intero brano.
I colori e le inflessioni della tradizione norvegese, emblematicamente fissate dal Grieg, si rivelano
in un appassionato flusso emotivo, portandoci con sorprendente suggestione a “respirare” i grandi
spazi della natura, a esserne travolti dalla bellezza, evocando al contempo magiche e leggendarie
presenze. L’appassionata sensibilità del giovane compositore norvegese si fissa in questo brano che
ci travolge in un continuo scorrere di immagini ed emozioni.
Ettore Borri
Associazione Amici della Musica “Vittorio Cocito” – P.I. 00855830030
Via Fratelli Rosselli 47, 28100 Novara – Tel. 340.5411618
www.amicimusicacocito.it; [email protected]
Franz Schubert (1797-1828) appartiene a una speciale categoria di compositori che hanno scritto
brani di grande impegno senza una commissione e senza che vi fosse una concreta possibilità di
esecuzione o pubblicazione - lo stesso si può dire ad esempio di Shostakovich. La Sinfonia 'Grande'
nacque così (prima stesura nel 1825, estesamente revisionata nel 1827): ogni suo aspetto assume
dunque il valore di una scelta precisa e autonoma in quanto libera da circostanze contingenti.
Schubert non era noto solo a una ristretta cerchia di amici come a lungo si è creduto: molte sue
composizioni erano state eseguite e pubblicate, ma resta il fatto che una sinfonia così ampia e
ambiziosa non aveva alcuna probabilità di essere eseguita e di fatto non lo fu. Grazie a Schumann
(una delle menti critiche più acute della storia della musica) la ‘Grande’ venne poi riconosciuta per
ciò che è: la dimostrazione che dopo Beethoven era ancora possibile scrivere sinfonie senza scadere
nel già detto ma anzi rendendo fruttuoso e creativo il dialogo con il lascito beethoveniano.
La ‘Grande’ mostra infatti l'esplicito desiderio di Schubert di scrivere una sinfonia che stia alla pari
con le sinfonie di Beethoven (e in particolare con la Settima da cui riprende il pervasivo utilizzo di
poche cellule ritmiche) ma è al tempo stesso schubertiana nei modi in cui ciò si realizza. Alcuni
esempi: l'arte di spostarsi fra le pieghe dei labirinti armonici senza sforzo né rottura, l'eleganza e
leggerezza anche nel fortissimo, l'insolita integrazione dei tromboni nel tessuto orchestrale fino al
loro uso melodico in piano, il gioco di prestigio combinatorio nell'alternare, sottrarre, reiterare,
interpolare frammenti tematici e intere sezioni. Quest’ultimo aspetto convive sorprendentemente
con la netta riconoscibilità di tutti i pilastri del percorso formale che reggono l'eccezionale
lunghezza di ciascuno dei quattro movimenti (una caratteristica che ritornerà nell'impianto delle
sinfonie di Bruckner), in cui trovano spazio squarci tellurici, soste rammemorative, echi di danza
(gesti che anticipano Mahler) e colpi di scena come nel finale del primo movimento il ritorno in
fortissimo del motto che aveva aperto la sinfonia (altro aspetto che tornerà in Bruckner). Si
potrebbe dire con Hermann Hesse che la ‘Grande’ è un ‘Gioco delle perle di vetro’ in cui Schubert
celebra a suo modo il grande rituale formale sinfonico, lo cita, lo riempie, lo fa proprio con
calviniana leggerezza.
Alessandro Maria Carnelli
Associazione Amici della Musica “Vittorio Cocito” – P.I. 00855830030
Via Fratelli Rosselli 47, 28100 Novara – Tel. 340.5411618
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