Aldo Montesano PRINCIPI DI ANALISI ECONOMICA PARTE TERZA: L’EQUILIBRIO PARAMETRICO Cap. 10 L’ANALISI DELL’ EQUILIBRIO PARZIALE Dopo aver analizzato le due ipotesi fondamentali della teoria economica, secondo cui le azioni degli agenti sono intenzionali (sono, cioè, scelte) e realizzabili (viene, cioè, considerata la compatibilità delle scelte), in questa Parte viene introdotta l’analisi dello stato dell’economia composto dall’insieme delle scelte compatibili, che è l’equilibrio. Si noti che l’equilibrio economico ha per oggetto piani di scambio e di produzione, non necessariamente la loro esecuzione (che potrebbe essere prevista per un tempo successivo e che potrebbe essere eventualmente rinegoziata). L’equilibrio è parametrico se si assume che, nel processo di scelta, ogni agente non tenga conto di come sceglie ciascun altro agente. Si ha, invece, un equilibrio strategico se ciò accade. In questo caso, vi sono agenti che compiono la loro scelta tenendo conto delle possibili azioni degli avversari. Gli equilibri strategici sono analizzati con la teoria dei giochi nella Parte Quarta. L’equilibrio parametrico è caratterizzato dalla presenza di grandezze (parametri) che sono “date” per alcuni o tutti gli agenti, ma “variabili” (quindi, oggetto di determinazione) per l’economia. Si ha equilibrio se questi parametri (che sono, in genere, prezzi) hanno valori opportuni. La determinazione dell’equilibrio parametrico richiede soltanto la determinazione di questi parametri. Invece, l’equilibrio strategico (che può comunque includere la presenza di “parametri” per taluni agenti) è caratterizzato dalla compatibilità delle strategie, cioè dal fatto che vi sono agenti che scelgono tenendo conto della interdipendenza tra la loro scelta e quella di altri agenti. L’equilibrio parametrico viene analizzato descrivendo dapprima le scelte individuali ed imponendo, successivamente, la loro compatibilità. Questa richiede due condizioni. La prima condizione è la realizzabilità o eseguibilità delle scelte: i piani di scambio e di produzione scelti dagli agenti possono essere eseguiti se le compravendite non escludono alcuna scelta di scambio degli agenti dell’economia in esame e se i piani di produzione non sono impossibili. La seconda condizione è più sottile: 1 occorre che le scelte non si modifichino durante la fase di raggiungimento dell’equilibrio e il perfezionamento dei contratti di compravendita. Gran parte dell’analisi svolta nel seguito non si occupa di questa fase, cioè, del processo di contrattazione che determina le condizioni dello scambio (può essere una contrattazione diretta tra gli agenti, o mediata da intermediari, o organizzata da istituzioni specifiche con l’intervento di agenti, banditori, sistemi telematici, o altro). Si suppone che vi sia un qualche sistema di contrattazione senza costi, un mercato ideale, in grado di determinare, se esiste, un equilibrio, che è un insieme di scelte eseguibili. Ossia, la compatibilità delle scelte si riduce all’eseguibilità, in altre parole alla prima delle due condizioni suindicate. Con queste premesse, in assenza di specificazioni contrarie, la compatibilità delle scelte è nel seguito soddisfatta se per ogni bene in esame la quantità totale in acquisto è uguale a quella in vendita (assumendo che i produttori conoscano i loro insiemi di produzione, per cui le loro scelte non sono in nessun caso impossibili). L’insieme delle azioni eseguibili (o realizzabili) è, perciò, l’insieme delle azioni cui corrispondono, per ogni bene in esame, quantità totali in acquisto uguali a quelle in vendita. Quindi, l’equilibrio è definito dall’appartenenza delle scelte degli agenti all’insieme delle azioni eseguibili. La definizione precedente di equilibrio include anche i casi in cui i prezzi sono argomento di scelta di un agente, non soltanto i casi, esaminati nei capitoli precedenti, in cui gli agenti sono price-taker. Tuttavia, nel seguito di questa Parte, tranne che negli ultimi paragrafi di questo capitolo, viene esaminato il mercato concorrenziale, in cui i prezzi non sono argomento di scelta degli agenti che desiderano eseguire gli scambi, ma emergono dalla condizione di equilibrio. (Essi vengono determinati nel processo di contrattazione, che non viene generalmente analizzato). In questo capitolo viene trattato l’equilibrio parziale. Si qualifica parziale un equilibrio in cui vengono analizzati gli scambi di un bene (con la moneta altro termine dello scambio1), prescindendo dagli altri beni dell’economia. Perché ciò sia possibile, occorre che sia esclusa, o sia trascurabile, l’interdipendenza con gli altri beni: si ha interdipendenza se le variabili riferite al bene in esame (prezzo e quantità scambiate) influiscono su grandezze (prezzi degli altri beni, capacità di spesa dei consumatori, input ed output delle imprese) da cui dipende l’equilibrio in esame. L’interdipendenza può essere esclusa introducendo delle ipotesi. Si può assumere, ad esempio, che i prezzi degli altri beni ed altre grandezze (come la capacità di spesa dei consumatori) non influiscano (per nulla o approssimativamente per nulla) sulla scelta degli agenti (come accade, per i 1 Si è così implicitamente ipotizzata la presenza di un bene, la moneta, che svolge la funzione di mezzo di scambio (è, cioè, il bene accettato da tutti gli agenti negli scambi) e di unità di conto (ossia, il prezzo di ogni bene è espresso in unità monetarie per unità di bene). La moneta è, a meno che non si ipotizzi diversamente, un bene come gli altri: fa parte dei panieri di beni ed entra nel sistema di preferenza degli agenti e nei loro vincoli (insieme di bilancio per un consumatore, insieme di produzione per un produttore). 2 consumatori, se le preferenze sono separabili additivamente rispetto al bene in esame e quasi-lineari rispetto al bene moneta)2, oppure che i prezzi degli altri beni siano dati e tali da assicurare l’equilibrio generale in corrispondenza all’equilibrio del bene in esame (in questo caso, però, l’interdipendenza si ripresenterebbe nell’analisi di statica comparata).3 Nella prima parte di questo capitolo, fino al Paragrafo 10.7, viene esaminato l’equilibrio parziale concorrenziale. Si qualifica concorrenziale un mercato in cui ogni agente è price-taker, non ha, cioè, alcun potere sui prezzi in esame. Nei paragrafi successivi vengono esaminati equilibri parziali non concorrenziali. Ossia, vi è un agente o vi sono agenti che hanno potere di mercato, sono price-maker. Solo alcune di queste forme di mercato ammettono un equilibrio parametrico. Quelle che richiedono un’analisi di equilibrio strategico saranno presentate nella Parte Quarta. 10.1 L’equilibrio parziale concorrenziale Si prendano in considerazione tutte le scelte, siano esse opera di consumatori o di produttori, che includono un certo bene. Definizione 10.1 Un equilibrio è concorrenziale se riguarda la compatibilità delle scelte di agenti tutti price-taker. Si è già indicato che un agente è price-taker se ritiene di non avere potere di mercato, cioè ritiene di non potere scegliere il prezzo del bene in esame, né di potere influire su di esso. La definizione di equilibrio implica che la sua opinione non venga modificata dalle informazioni che gli pervengono dall’equilibrio (e neppure dalle contrattazioni che conducono ad esso). E’ naturale (ma non è necessario) assumere che l’agente ritenga di non avere potere di mercato perché non ha effettivamente potere di mercato, cioè, che l’opinione corrisponda alla realtà. Perché l’agente non abbia potere di mercato occorre che ogni modificazione della sua azione, tra quelle per lui possibili, non influisca sul prezzo. E’ evidente come ciò non sia vero se non approssimativamente. Si consideri, ad esempio, per un consumatore, l’alternativa tra non comprare il bene in esame o utilizzare tutta la capacità di spesa nell’acquisto del bene. Questa alternativa influisce sulla domanda aggregata del bene e, quindi, in generale, sul prezzo. Se, però, egli ha una 2 Infatti, se è u(x) = x1 + f(x2) + g(x3, x4 ,…, xk) , ove x1 indica la quantità di moneta e x2 quella del bene in esame, allora la domanda del bene è del tipo x2 = d(p2) , ove p2 è il prezzo monetario del bene (perciò, con p1 = 1 ), per ogni p2 tale che p2 x2 ≤ m . 3 Infatti, se le funzioni di domanda e offerta del bene in esame dipendono dai prezzi degli altri beni e questi non sono prezzi di equilibrio, l’equilibrio parziale (che prescinda dall’interdipendenza) è irrilevante, poiché non resiste alle modificazioni dei prezzi degli altri beni. In altri termini, esso non rappresenta uno stato in cui gli agenti possono eseguire le loro scelte (che hanno per oggetto sia il bene in esame sia altri beni). 3 capacità di spesa molto piccola rispetto al valore complessivo degli scambi sul mercato in esame, l’influenza dell’alternativa è trascurabile. La scelta di una delle due azioni al posto dell’altra condurrebbe ad una modificazione del prezzo irrilevante (ad esempio, ad una variazione del prezzo inferiore al più piccolo decimale in cui è espresso il prezzo). Allora, l’agente, se valuta correttamente il suo (nullo) potere di mercato,4 ritiene “dato” il prezzo, è, cioè, un price-taker. Peraltro, l’ipotesi che un agente sia price-taker, anche se rappresenta, logicamente, una situazione limite (vale, cioè, nell’esempio suindicato, se il rapporto tra la sua capacità di spesa e il valore complessivo degli scambi tende a zero), è, tuttavia nella realtà, la situazione più comune. Sono molti gli agenti che su molti mercati sono price-taker. Quindi, un agente è pricetaker non necessariamente se non ha potere di mercato (cosa che può essere vera solo approssimativamente), ma se ritiene il suo potere così piccolo che preferisce non tenerne conto e se nessuna informazione (che gli pervenga nella fase in cui si stabilisce il prezzo del bene sul mercato) lo induce a cambiare idea. Si noti che l’equilibrio concorrenziale è definito dalla condizione che tutti gli agenti siano price-taker. La scelta di un agente price-taker riguarda la quantità del bene in esame. Se è compratore (venditore), allora la scelta prevede l’acquisto (vendita) di una certa quantità di bene in cambio di una somma di denaro di pari valore, determinata dal prezzo di mercato del bene. Quindi, l’equilibrio parziale riguarda due beni, uno dei quali, la moneta, viene scambiato in tutti i mercati, mentre l’altro, quello che denomina il mercato, viene scambiato solo sul mercato in esame. L’analisi di equilibrio parziale considera soltanto la domanda e l’offerta del bene in esame. 10.2 L’analisi dell’equilibrio parziale concorrenziale L’analisi dell’equilibrio parziale può essere fatta indifferentemente prendendo in considerazione la domanda e l’offerta lorda del bene o quella netta (eccesso di domanda). E’ consuetudine, nell’equilibrio parziale, seguire la prima via, anche perché il suo caso tipico è quello in cui i compratori (consumatori e produttori) non possiedono il bene in esame prima dello scambio e i venditori sono i suoi produttori. In tal caso la domanda aggregata è rappresentata dalla funzione Qd = D(p) e l’offerta aggregata dalla funzione Qs = S(p) (queste funzioni possono essere corrispondenze, anche se nel seguito questa possibilità verrà presa in 4 Non cambia la situazione se le preferenze degli agenti dipendono dal prezzo, come indicato nel Paragrafo 4.4 a proposito dell’effetto Veblen. Invece, l’effetto imitazione (presentato nel medesimo paragrafo) può determinare un potere di mercato del leader (cioè, dell’agente la cui scelta influisce sulle scelte di altri agenti). In questo caso, il leader potrebbe non essere price-taker. 4 considerazione solo in alcuni casi). Le funzioni aggregate di domanda e di offerta risultano dall’analisi compiuta all’inizio dei Paragrafi 4.6 e 5.7,5 evidenziando soltanto la dipendenza della quantità domandata e offerta del bene in esame dal suo prezzo. Esse sono correntemente denominate funzioni marshalliane di domanda e di offerta. Definizione 10.2 La condizione di equilibrio concorrenziale, che esprime la realizzabilità delle scelte, ossia, Qd = Qs , è rappresentata dal sistema Q* = D(p*) = S(p*) la cui soluzione individua il prezzo p* e la quantità scambiata Q* di equilibrio. Risulta, quindi, che la quantità acquistata e venduta dai singoli agenti è q * = d i ( p*) , per i = 1,…, n (ove n è il numero degli acquirenti il d i bene), e qid * = si ( p*) , per i = 1,…, A (ove A è il numero dei venditori). L’equilibrio indicato determina, quindi, scelte realizzabili, cioè, azioni razionali e compatibili. Un esempio è rappresentato nella Figura 10.1. p S(p) D(p) p* Q* Q Figura 10.1 L’equilibrio esiste (cioè, le curve di domanda e di offerta si intersecano) se il dominio delle funzioni D(p) e S(p) contiene un intervallo [p′, p″] ⊂ + su cui entrambe le funzioni sono continue ed è (D(p′) − S(p′))(D(p″) − S(p″)) ≤ 0 . L’equilibrio non è necessariamente 5 Se vi sono produttori che acquistano il bene in esame (che è, per loro, un input) e l’acquirente i-esimo è un produttore, allora la sua funzione di domanda risulta ponendo, per il bene in esame, d i ( p ) = − si ( p ) , ove si ( p ) è la funzione di offerta del produttore introdotta nel Capitolo 5. 5 unico. E’ unico (come nella Figura 10.1) se la funzione D(p) − S(p) è decrescente (si noti come questa condizione sia sufficiente ma non necessaria). Con le ipotesi utilizzate correntemente nei Capitoli 3, 4 e 5, questa proprietà è soddisfatta se la funzione aggregata di domanda è decrescente, se, cioè, il bene è ordinario e l’offerta è esercitata dai produttori del bene, la cui funzione aggregata di offerta sia non decrescente. 10.3 La stabilità dell’equilibrio parziale concorrenziale Come già indicato, le condizioni dell’equilibrio concorrenziale determinano il prezzo p* di equilibrio, ma non descrivono il processo attraverso cui l’insieme degli agenti price-taker vi giunge. L’analisi del processo di aggiustamento all’equilibrio ha caratteristiche specifiche, riguardanti soprattutto la diffusione di informazioni sulle intenzioni di scambio degli agenti, caratteristiche non sempre riconducibili alla logica della teoria della scelta. Il processo di aggiustamento all’equilibrio tradizionalmente ipotizzato introduce il cosiddetto banditore walrasiano.6 Questo processo presuppone un mercato organizzato, con la presenza di un agente, il banditore, che non partecipa agli scambi del mercato in esame. L’agente ha il compito di gridare una successione di prezzi, in corrispondenza a ciascuno dei quali gli agenti (compratori e venditori) comunicano al banditore le loro intenzioni di compravendita. Gli agenti sono impegnati ad eseguire le intenzioni comunicate al banditore solo se il prezzo corrispondente è un prezzo di equilibrio. Il banditore controlla se vi è o no equilibrio, cioè, se la somma delle quantità in acquisto è uguale o no a quella delle quantità in vendita. Se D(p) − S(p) > 0 , non sorgono impegni di scambio e il banditore grida un prezzo più alto; se D(p) − S(p) < 0 , non sorgono impegni di scambio e il banditore grida un prezzo più basso; se D(p) − S(p) = 0 , il banditore dichiara chiuso il processo e gli agenti sono impegnati ad eseguire gli scambi da loro comunicati al banditore. Il problema analitico consiste nell’esame delle condizioni che determinano la convergenza della successione dei prezzi gridati dal banditore ad un prezzo di equilibrio. La stabilità dell’equilibrio è strettamente connessa a questa analisi: un equilibrio è definito stabile se una perturbazione di esso (espressa dall’indicazione da parte del banditore di un prezzo non di equilibrio) mette in moto forze (espresse dal comportamento del banditore) che riconducono il sistema all’equilibrio. 6 Questa analisi mantiene l’ipotesi che gli agenti di scambio siano price-taker. Vi sono altre analisi (ad esempio, Gale, 2000) che trattano economie con agenti dotati di potere di mercato che tendono all’equilibrio concorrenziale al crescere del loro numero. Il prototipo di queste analisi è il polipolio di Cournot (cui si accennerà nella Parte Quarta). 6 Definizione 10.3 Una condizione di stabilità locale, ossia, in prossimità del prezzo di equilibrio, nota come condizione statica walrasiana di stabilità, è espressa dalla disuguaglianza D p E ( p*) ≤ 0 , ove E(p) = D(p) − S(p) è la funzione di eccesso di domanda. Essa risulta dall’ipotesi che il banditore innalzi il prezzo se l’eccesso di domanda è positivo (se, cioè, E(p) = D(p) − S(p) > 0 ) e lo abbassi se è negativo (se, cioè, E(p) = D(p) − S(p) < 0 ), comportamento questo indicato talvolta come legge del mercato. Allora, perché vi sia stabilità, occorre che il banditore, se sta gridando un prezzo un po’ più alto (basso) di quello di equilibrio, sia indotto a gridarne uno più basso (alto) e ciò accade solo se vi è un eccesso negativo (positivo) di domanda, cioè, se è E(p) < 0 per p > p* (e E(p) > 0 per p < p* ). Tuttavia, la condizione statica di stabilità è necessaria, ma non è sempre sufficiente perché la successione dei prezzi gridati dal banditore converga ad un prezzo di equilibrio. Per individuare le condizioni di convergenza all’equilibrio occorre specificare, più dettagliatamente di quanto non sia stato fatto finora, il comportamento del banditore, compiendo un’analisi dinamica. A questo riguardo, possono essere proposte due analisi: la prima tratta il tempo (della successione dei prezzi gridati dal banditore) nel discreto, la seconda nel continuo, ossia, nella prima analisi la successione dei prezzi gridati dal banditore p(t) è una funzione che ha come dominio l’insieme dei numeri interi, cioè, p: {1, 2, …} → + mentre nella seconda analisi il dominio è l’asse dei numeri reali, cioè, p: + → + . Sia l’equilibrio determinato dalle condizioni Q* = D(p*) = S(p*) , ovvero, introdotta la funzione di eccesso di domanda E(p) = D(p) − S(p) , dalla condizione E(p*) = 0 . Le due analisi appena indicate si presentano, allora, nel modo seguente. a) Analisi dinamica della stabilità walrasiana nel tempo discreto. Si indichi con pt , ove t = 1, 2, … , la successione dei prezzi gridati dal banditore e con la funzione pt+1 = pt + f(E(pt)) il comportamento del banditore, ove f(.) è una funzione che conserva il segno del suo argomento (cioè, se E(pt) > 0, allora pt+1 > pt , e, se E(pt) < 0 , allora pt+1 < pt ). L’equilibrio è stabile se lim t →∞ pt = p* . Più precisamente, è globalmente stabile se questa condizione è soddisfatta per ogni prezzo iniziale p1∈+ ; è localmente stabile se esiste un intorno di p* per cui la condizione è soddisfatta per ogni p1 appartenente a questo intorno. (Si noti come la stabilità globale implichi quella locale). Ora, la condizione statica walrasiana di stabilità suintrodotta D p E ( p*) ≤ 0 è condizione necessaria perché l’equilibrio sia stabile (localmente e globalmente), ma non è sufficiente. La condizione statica walrasiana di stabilità è soddisfatta nei tre casi rappresentati nelle Figure 10.2, 10.3 e 10.4. Vi è stabilità locale (e globale) nella Figura 10.2. Nella Figura 10.3 i prezzi gridati dal banditore si 7 allontanano indefinitamente dal prezzo di equilibrio. Nella Figura 10.4 vi è un ciclo limite: il banditore, qualunque sia il prezzo p1 di partenza, si focalizza sui due prezzi p′ e p″ per i quali si ha p″ = p′ + f(E(p′) e p′ = p″ + f(E(p″) (si possono presentare anche casi con cicli limite composti da tre o più di tre prezzi, casi con più di un ciclo limite, e anche il caso in cui la successione dei prezzi non converge verso nessun ciclo limite senza, peraltro, convergere al prezzo di equilibrio o allontanarsi indefinitamente da esso). pt+1 pt+1 p* pt+1 p* p* pt+f(E(pt)) pt+f(E(pt)) p1 p3 p* p2 Figura 10.2 pt p3 p1 p* p2 pt Figura 10.3 pt+f(E(pt)) p' p* p" Figura 10.4 Proposizione 10.1 La condizione di stabilità walrasiana locale nel tempo discreto richiede (come può desumersi dalle Figure 10.2, 10.3 e 10.4) che la derivata della funzione pt + f(E(pt) abbia, nel punto di equilibrio, valore assoluto non superiore ad uno. Più precisamente, vi è stabilità locale df ( E ( p ) df ( E ( p ) se 1 + < 1 e solo se 1 + ≤ 1 , ossia, se dp d p p = p* p = p* D E f (0) D p E ( p*) ∈(−2, 0) e solo se ∈[−2, 0] . Poiché la funzione f(.) preserva il segno, è necessariamente D E f (0) > 0 per cui risultano le condizioni di stabilità locale D p E ( p*) ≤ 0 , che coincide con la condizione 2 , che è una D E f (0) condizione ulteriore che richiede che il banditore reagisca con moderazione agli eccessi (positivi o negativi) di domanda. statica walrasiana di stabilità, e D p E ( p*) ≥ − Si può notare come il banditore gridi il prezzo pt+1 usando soltanto l’informazione pervenutagli al tempo t , cioè, l’eccesso di domanda E(pt) , ma non le informazioni pervenutegli nei tempi precedenti. Assumendo che la funzione di eccesso di domanda sia continua e che vi sia almeno un equilibrio, egli potrebbe pervenire sempre all’equilibrio usando gli eccessi di domanda pervenutigli nei tempi precedenti. Si tratterebbe di ricercare una soluzione dell’equazione E(p) = 0 . Il banditore potrebbe convergere alla soluzione usando, ad esempio, il metodo delle secanti. 8 pt b) Analisi dinamica della stabilità walrasiana nel tempo continuo. Si indichi con p(t) , ove t∈+ , la successione dei prezzi gridati dal banditore dp(t ) = f(E(p(t)) il comportamento del e con l’equazione differenziale dt banditore, ove f(.) è una funzione che conserva il segno. L’equilibrio è stabile se limt →∞ p(t ) = p* , per cui si ha la seguente condizione di stabilità. Proposizione 10.2 La condizione di stabilità walrasiana locale nel tempo continuo richiede che la derivata della funzione f(E(p(t)) abbia, nel punto di equilibrio, valore non positivo. Più precisamente, vi è stabilità locale se D p E ( p*) < 0 e solo se D p E ( p*) ≤ 0 . (La condizione della Proposizione 10.2 coincide con la condizione statica walrasiana di stabilità.) La Figura 10.5 rappresenta quanto indicato. In essa p1* e p3* sono i prezzi di due equilibri localmente stabili, mentre p2* è il prezzo di un equilibrio instabile. Le freccette sull’asse delle ascisse indicano la direzione dp(t ) della successione dei prezzi che risulta dalla equazione = f(E(p(t)) , dt dp(t ) dp(t ) che implica > 0 se E(p(t)) > 0 e < 0 se E(p(t)) < 0 . (Si noti dt dt come la stabilità globale, secondo cui l’equilibrio in esame viene raggiunto qualunque sia il prezzo iniziale, richieda che l’equilibrio sia unico e che la funzione di eccesso di domanda sia decrescente in corrispondenza al prezzo di equilibrio).7 E(p) p1* p3* p2* p Figura 10.5 L’analisi della stabilità eseguita finora, sebbene prevalente nella letteratura economica, non è l’unica proposta per l’equilibrio concorrenziale. 7 Un’analisi più dettagliata dalla stabilità dell’equilibrio verrà compiuta, seguendo l’impostazione dinamica nel tempo continuo, nel Capitolo 12, esaminando l’equilibrio generale concorrenziale. 9 Viene, ora, indicata l’analisi al riguardo proposta da Marshall, che prende in considerazione le funzioni inverse di domanda pd = pd(Q) e di offerta ps = ps(Q) (con riferimento alle funzioni dirette Qd = D(p) e Qs = S(p) , la funzione pd(Q) coincide con la funzione D−1(Qd) e ps(Q) con D−1(Qs) ). La funzione pd(Q) indica il prezzo che i compratori sono disposti a pagare per comprare, complessivamente, la quantità Q di bene e la funzione ps(Q) il prezzo richiesto dai venditori per vendere la quantità Q di bene). L’equilibrio richiede le condizioni p* = pd(Q*) = ps(Q*) , che coincidono con le condizioni Q* = D(p*) = S(p*) già indicate (come rappresentato nella Figura 10.1). In questa analisi, il mercato reagisce ad una differenza positiva tra pd e ps innalzando il volume complessivo degli scambi Q e ad una differenza negativa abbassandolo. Si ottiene la condizione statica d( p d (Q) − p s (Q)) ≤ 0 e un’analisi marshalliana di stabilità Q = Q* dQ (marshalliana) della stabilità del tutto simmetrica a quella precedente. Si noti come l’equilibrio concorrenziale soddisfi sia la condizione statica walrasiana sia quella marshalliana di stabilità se, nel punto di equilibrio, la curva di domanda è decrescente e quella di offerta è crescente. Non è così se una delle due curve ha andamento contrario a quello appena indicato. 10.4 La statica comparata dell’equilibrio parziale Uno dei problemi più naturali che si pongono in economia consiste nel domandarsi da che cosa dipendono le grandezze economiche: nel caso in esame, da che cosa dipendono il prezzo p* e la quantità scambiata Q* del bene in esame. La statica comparata è l’analisi specifica che risponde a queste domande. Una volta che si esplicitano le relazioni che collegano le grandezze economiche in esame con i “dati” (cioè, con altre grandezze supposte indipendenti da quelle in esame), la statica comparata determina in quale direzione (se l’analisi è qualitativa) o di quanto (se è quantitativa) si sarebbe alterato il loro valore se uno o più dati fossero stati diversi. La comparazione è statica se le variabili in esame non sono funzioni del tempo, ma riferite a un istante (o periodo) di tempo o del tutto atemporali. Se sono funzioni del tempo (come nel caso che sarà presentato nel Paragrafo 10.7), l’analisi corrispondente può essere denominata dinamica comparata. Dipendano le funzioni aggregate di domanda e offerta da parametri α = (α1,…, αm) che rappresentano i “dati”, siano cioè, Qd = D(p; α) e Qs = S(p; α). Le condizioni di equilibrio Q* = D(p*; α) = S(p*; α) determinano, allora, le funzioni (in generale, le corrispondenze) p*(α) e Q*(α) , che illustrano la dipendenza di p* e Q* dai “dati”. Il confronto può riguardare modificazioni discrete dei parametri, per cui si considerano modificazioni pb* − pa* e Qb* − Qa* conseguenti alla modificazione αb − αa (come nell’esempio della successiva Figura 8.6), oppure modificazioni 10 ∂p * ∂α infinitesime, per cui la statica comparata determina le derivate ∂Q * , eseguendo perciò un’analisi locale. ∂α e p D(p;αb) S(p) D(p;αa) pb* pa* Qa* Qb* Q Figura 10.6 Nella Figura 10.6 è raffigurato un esempio di statica comparata dell’equilibrio parziale in cui si suppone che la funzione di domanda aggregata dipenda da un parametro α (che può rappresentare, se la domanda è esercitata da consumatori, la loro capacità di spesa, oppure il prezzo di un altro bene, oppure una caratteristica delle preferenze, oppure una combinazione di due o più di questi elementi).8 Ad esempio, se la domanda è esercitata da consumatori, il bene è normale, il parametro α indica la capacità di spesa dei consumatori (nel senso che questa è, per ogni consumatore i = 1,…, n , pari a α mi ) ed è αb > αa , allora, l’analisi di statica comparata mostra come un accrescimento della capacità di spesa determini (con curva di domanda decrescente e curva di offerta crescente) un accrescimento sia della quantità scambiata sia del prezzo. Lo stesso accade se il parametro α indica il prezzo di un bene sostituto. Proposizione 10.3 Considerando l’analisi locale di statica comparata ed esprimendo l’equilibrio mediante l’annullamento dell’eccesso di domanda, cioè, E(p;α) = 0 (ove E(p;α) = D(p;α) − S(p;α)), risulta (differenziando la condizione di equilibrio) la relazione Dα p *(α ) = Dα E ( p*;α ) D p E ( p*;α ) 8 Perché non vi sia interdipendenza, il parametro α non deve dipendere dal prezzo e dagli scambi del bene in esame. Si noti come l’ipotesi indicata nella nota 2 di questo capitolo escluda la possibilità che il parametro α rappresenti il prezzo di un altro bene o la capacità di spesa di uno o più consumatori. 11 ove la variazione del parametro α determina lo spostamento dell’equilibrio. Questa relazione ha un interessante legame, denominato da Samuelson principio di corrispondenza, con la condizione statica walrasiana di stabilità D p E ( p*) < 0 introdotta nel paragrafo precedente. Si ha che il segno della derivata Dα p *(α ) è uguale a quello della derivata Dα E ( p*;α ) se l’equilibrio soddisfa la condizione suindicata di stabilità (peraltro, ha senso esaminare soltanto la statica comparata di equilibri stabili, essendo quelli instabili irraggiungibili). Si può, allora, affermare che un incremento della capacità di spesa dei consumatori (se il bene è normale) o del prezzo di un bene sostituto determina un aumento del prezzo di equilibrio poiché accresce l’eccesso di domanda del bene, cioè, poiché Dα E ( p*;α ) > 0 . 10.5 L’equilibrio parziale con razionamento Vengono talvolta indicati come equilibri con razionamento le situazioni caratterizzate dalla quantità scambiata Q* = min{D(p), S(p)} e da una regola di razionamento che ripartisce tra i compratori, se D(p) > S(p) , o tra i venditori, se D(p) < S(p) , la quantità disponibile sul lato corto del mercato.9 In queste analisi si assume che la possibilità di razionamento non influisca sulle scelte degli agenti, per cui le loro funzioni di domanda e di offerta sul mercato con razionamento coincidono, per ipotesi, con le analoghe funzioni nominali, quelle, cioè, proprie del mercato senza razionamento (analizzate nei Capitoli 3, 4 e 5 e indicate in precedenza). Si assume, inoltre, quando la regola di razionamento determina, per gli agenti razionati, una quantità dipendente dalla loro scelta nominale (come, ad esempio, nella nota 9), che gli agenti razionati non modifichino la loro scelta una volta che si accorgono di essere razionati. Naturalmente, queste ipotesi riducono la plausibilità degli equilibri con razionamento. Nella Figura 10.7 è indicato un equilibrio con razionamento (in cui è razionata l’offerta). 9 Ad esempio, se D(p) > S(p) , il razionamento proporzionale determina qi * = d S ( p) per ogni i = 1,…, n . Molte regole di razionamento sono possibili. D( p) Normalmente si richiede che gli agenti sul lato corto non siano razionati, cioè, se D(p) > di ( p ) S(p) , allora qi * = si ( p ) per ogni i = 1,…, A , mentre è qi * ≤ d i ( p ) per ogni i = 1,…, s d n , con ∑ i =1 qi * = S ( p ) . n d 12 p D(p) S(p) p Q Q* Figura 10.7 Le caratteristiche principali dell’equilibrio con razionamento sono: a) il prezzo p è esogeno, cioè, vi è un equilibrio con razionamento per ogni prezzo p appartenente al dominio delle funzioni aggregate di domanda e di offerta; b) se la curva di domanda è decrescente e quella di offerta è non decrescente, allora il prezzo p* di equilibrio concorrenziale (indicato nel Paragrafo 10.2) determina la quantità massima scambiata, cioè, D ( p*) = S ( p*) = max min{D ( p ), S ( p )} p 10.6 L’equilibrio di industria: breve e lungo periodo Seguendo l’analisi della produzione (in particolare, quanto indicato nel Paragrafo 5.9, che distingue le funzioni di offerta secondo le possibilità di scelta delle imprese) si distingue tra equilibrio di breve ed equilibrio di lungo periodo e si può introdurre anche un equilibrio di brevissimo ed uno di lunghissimo periodo. L’insieme delle imprese che producono uno stesso bene viene indicato con il termine industria (al riguardo, Paragrafo 5.8). a) Nel brevissimo periodo nessun input è variabile e non vi è, quindi, una scelta. Questa situazione corrisponde al caso in cui le imprese hanno già compiuto la scelta di produzione e devono solo vendere il loro prodotto. La quantità del bene prodotto è, perciò, data per ogni impresa ed è, quindi, data anche per l’industria. Nel brevissimo periodo, allora, la curva di offerta di ogni impresa e quella dell’industria sono rigide: la quantità offerta non dipende dal prezzo del bene prodotto. L’equilibrio è determinato dalla condizione 13 Q = D ( p*) ove p è il prezzo del bene in esame, D( p) la sua funzione di domanda, Q = ∑ iA=1 qi = ∑ iA=1 si = S quella di offerta, A il numero delle imprese, e qi la quantità prodotta dall’impresa i-esima. Le Figure 10.8 e 10.9 rappresentano la situazione per una generica impresa dell’industria e per l’industria. p p S D(p) si p* p* qi qi Q Figura 10.8 Q Figura 10.9 b) Nel breve periodo l’impresa sceglie la quantità degli input variabili e la sua curva di offerta di output (introdotta nel Paragrafo 5.11) coincide con parte della curva del costo marginale (se la quantità di output non è nulla). L’equilibrio è determinato dalla condizione Q* = D( p*) = S ( p*) ove D( p) è la funzione di domanda del bene in esame, S ( p) = ∑ iA=1 si ( p) è quella di offerta dell’industria, A è il numero delle imprese e si ( p ) è la curva di offerta dell’impresa i-esima. Le Figure 10.10 e 10.11 rappresentano la situazione per una generica impresa dell’industria e per l’industria. Nel diagramma ove è rappresentata la situazione dell’impresa è possibile anche misurare il profitto variabile e quello totale di breve periodo (però, nella Figura 10.10 è tracciata solo la curva del costo medio variabile e non è, quindi, visibile il profitto totale). p p si ( p) D(p) SSR(p) ACv (qi ) p* p* MCSR(qi) qi * qi Q* Figura 10.10 Figura 10.11 14 Q c) Nel lungo periodo si ha una situazione analoga, con le opportune modificazioni. Ora, ogni impresa sceglie le quantità di tutti gli input e la funzione di offerta di output risulta determinata (nel Paragrafo 5.11) in relazione alle curve di costo medio e marginale di lungo periodo. p pb* si , SR ( p; b) si , LR ( p ) si , SR ( p; a ) ACi , LR (qi ) p qi ,a * qi ,b * SSR(p;a) SSR(p;b) SLR(p) pb* pa* pa* Db(p) Da(p) Qa* qi Figura 10.12 Qb* Q Figura 10.13 Le Figure 10.12 e 10.13 rappresentano la situazione per una generica impresa dell’industria e per l’industria corrispondente a due diverse curve di domanda Da ( p) e Db ( p ) , compiendo così un’analisi di statica comparata. Sono anche rappresentate le corrispondenti curve di offerta di breve periodo S SR ( p; a) e S SR ( p; b) , determinate dalla quantità degli input fissi ottimale per produrre la quantità di output dell’equilibrio di lungo periodo. d) Nel lunghissimo periodo vi è libertà di entrata. Questa implica che la tecnologia è nota, cioè, che ogni impresa può eseguire la stessa produzione scelta da un’altra impresa, come se tutte le imprese fossero dotate dello stesso insieme di produzione. Allora, l’industria è, simultaneamente, sia l’insieme delle imprese che producono lo stesso bene, sia l’insieme delle imprese dotate della stessa tecnologia. Si può, allora, applicare quanto introdotto nel Paragrafo 5.11 per l’offerta dell’industria nel lunghissimo periodo (esemplificata nelle Figure 5.30 e 5.31), ricordando che il numero (reale, per approssimazione, anziché intero) di imprese attive è pari al rapporto tra la quantità complessiva Q* prodotta del bene (determinata dall’equilibrio di mercato) e la quantità di minimo costo medio di lungo periodo per la singola impresa (minimo costo medio che determina il prezzo del bene sul mercato, p* ). Perciò, un mutamento della curva di domanda modifica soltanto il numero delle imprese attive. Allora, assumendo che la curva di costo medio di lungo periodo d’impresa abbia uno ed un solo minimo, l’equilibrio di lunghissimo periodo è 15 p* = min ACi (qi ) , qi * = arg min ACi (qi ) , qi qi Q* = D( p*) , A* = Q* qi * Le Figure 10.14 e 10.15 rappresentano la situazione per la generica impresa dell’industria e per l’industria. Sono anche rappresentate le corrispondenti curve di offerta di lungo periodo (cioè, con un numero dato di imprese attive, pari a quello ottimale nel lunghissimo periodo). p p D(p) SLR(p;ℓ*) si(p) ACi , LR (qi ) p* SLLR p* MC(Q) =AC(Q) MCi , LR (qi ) qi* Q* qi Figura 10.14 Q Figura 10.15 La distinzione tra brevissimo, breve, lungo e lunghissimo periodo mette in evidenza alcune caratteristiche della dinamica industriale. In questa descrizione, tutto ciò che non viene menzionato è supposto invariato durante il processo dinamico; vige, cioè, la clausola ceteris paribus. Si consideri un incremento imprevisto della curva di domanda a partire da un equilibrio di lunghissimo periodo. Il nuovo equilibrio di brevissimo periodo che ne consegue innalza il prezzo del bene e il profitto delle imprese. Questo incremento induce un incremento della produzione, con le imprese che accrescono, nel breve periodo, l’impiego degli input variabili (che sono quelli di cui è più facile variare la quantità impiegata) e modificano, nel lungo periodo, l’impiego di tutti gli input in modo da conseguire il profitto massimo. Questi cambiamenti modificano la curva di offerta dell’industria (come rappresentato nella Figura 10.16): il prezzo di equilibrio si riduce e la quantità prodotta cresce. La presenza di profitti positivi induce l’ingresso di altre imprese. Il prezzo torna, nel nuovo equilibrio di lunghissimo periodo, al valore iniziale e la quantità prodotta dall’industria cresce in relazione all’accrescimento della domanda (mentre la quantità prodotta da una singola impresa torna al valore iniziale, corrispondente alla posizione di profitto nullo). 16 p Da(p) pSSR* Db(p) SSSR(p) SSR(p) pSR* pLR* SLR(p) SLLR p* Qa*QSR* QLR* Qb* Q Figura 10.16 L’analisi di equilibrio parziale presuppone che i prezzi di tutti i beni, tranne quello del bene in esame, siano dati. Ciò implica che la curva di offerta di lunghissimo periodo dell’industria sia infinitamente elastica (come nelle Figure 10.15 e 10.16) e, quindi, come già indicato alla fine del Paragrafo 5.11, che i prezzi degli input non dipendano dalla quantità di bene prodotta dall’industria. Se questa dipendenza fosse presente, la curva di offerta dell’industria risulterebbe crescente (o anche decrescente), così come allora indicato. Questa dipendenza denoterebbe un’interdipendenza tra mercati (l’equilibrio sul mercato del bene in esame determina la quantità prodotta del bene, da cui dipende la domanda dei beni che sono suoi input di produzione, dal cui prezzo dipende la curva di offerta del bene in esame), che l’equilibrio parziale è strutturalmente incapace di analizzare. La descrizione di interdipendenze nell’equilibrio parziale può essere compiuta solo con forti limitazioni e richiede che si conosca come i prezzi dei beni diversi dal bene in esame dipendano dall’equilibrio (prezzo e quantità) del mercato di questo bene. 10.7 Un’analisi dinamica di equilibrio parziale Un’esplicita analisi dinamica di equilibrio parziale è fornita dal cosiddetto modello della ragnatela (cobweb model). In questo modello la produzione richiede un periodo di tempo, con il medesimo ritmo per tutte le imprese (come, ad esempio, in agricoltura per le produzioni stagionali). Le imprese scelgono all’inizio di ogni periodo di produzione quanto produrre e compiono questa scelta in relazione al prezzo che si attendono per il momento in cui il prodotto verrà posto in vendita. Il modello esamina la successione degli equilibri concorrenziali di brevissimo periodo che si determinano sul mercato del bene in esame, in 17 diverse possibili situazioni. Siano t = 1,… la successione dei tempi di mercato, Qt = D ( pt ) la curva (decrescente) di domanda, e Qt = S ( pt ) la curva (crescente) di d s e offerta dell’industria, ove pt indica il prezzo atteso dalle imprese al tempo t−1 per il e tempo t . La successione degli equilibri dipende dall’ipotesi che verrà introdotta sulla formazione delle aspettative. Nelle versioni originarie del modello (descritte da Ezekiel, 1938) si assume che i produttori si attendano un prezzo invariato, cioè, pt = pt −1 * , ove e pt −1 * è il prezzo di equilibrio del tempo t−1 . Allora, le imprese programmano al tempo t−1 la quantità di produzione in base al prezzo del tempo t−1 e vendono al tempo t la quantità di prodotto così decisa. L’equilibrio di brevissimo periodo di mercato al tempo t è rappresentato dalle condizioni Qt * = D ( pt *) = S ( pt ) , pt = pt −1 * , e Assegnato un prezzo iniziale t = 1,… e p0 , queste condizioni determinano la successione di equilibri (Qt *, pt *) , t = 1,… E’ interessante l’analisi di alcune caratteristiche di questa successione: in particolare, se vi è convergenza verso un equilibrio stazionario e se si presentano oscillazioni. Dalle condizioni di equilibrio risulta che l’andamento del prezzo è la soluzione della equazione alle differenze finite D ( pt *) = S ( pt −1 *) . In prossimità del prezzo p** , definito dalla condizione D ( p **) = S ( p **) , vi è convergenza verso p** se β > γ e divergenza se β < γ , ove β e γ sono le pendenze delle due curve, cioè, β = − D p D ( p **) e γ = D p S ( p **) , per cui l’equazione alle differenze finite precedente diviene pt * − p ** = γ ( pt −1 * − p **) . Inoltre, in base alle ipotesi introdotte, per cui β β > 0 e γ > 0 , l’andamento è oscillatorio. p p D(p) p1* S(p) p3* E3 E1 p1* p0 p2* E3 p** p2* E2 S(p) E1 E2 D(p) p0 Q1* Q** Q2* Q3* Q1* Q Q2* Q Figura 10.18 Figura 10.17 Nelle Figure 10.17 e 10.18 sono rappresentate le due situazioni. (Se si esamina la dinamica globale, cioè non si esamina soltanto il comportamento in prossimità dell’equilibrio stazionario, e le funzioni D ( p ) e S ( p ) non sono lineari, può presentarsi anche la convergenza verso un ciclo limite, cioè, verso un’oscillazione persistente tra due equilibri (Qa , pa ) e (Qb , pb ) con D ( pa ) = S ( pb ) e D ( pb ) = S ( pa ) ). 18 Come già indicato, l’analisi precedente è fondata sull’ipotesi che i produttori si attendano per il periodo successivo un prezzo pari a quello del periodo precedente, cioè, sulla funzione di aspettativa pt = pt −1 * . Però, questa aspettativa viene ogni volta e falsificata (a meno che non sia pt −1 * = p * * ). Vi è, cioè, una congettura sistematicamente errata. Né sorte migliore hanno aspettative che tengano eventualmente conto anche di altri prezzi precedenti, cioè, funzioni di aspettativa del tipo pt = f ( pt −1 *, pt − 2 *,...) , e denominate aspettative adattive. E’ immaginabile che le imprese modifichino le loro aspettative non appena percepiscano la presenza di un errore sistematico. Aspettative che non soffrono di questo difetto sono quelle in accordo con il modello dell’economia in esame, denominate aspettative razionali (introdotte da Muth, 1961, che si è riferito, nel suo articolo, proprio al modello della ragnatela). Nel caso in esame le aspettative razionali richiedono, se le imprese conoscono le funzioni D ( p ) e S ( p ) , che sia pt = p ** . Se e non le conoscono, si deve introdurre un processo di apprendimento che coinvolge l’osservazione dei prezzi di mercato e che è soggetto a disturbi casuali. Ne conseguono risultati notevolmente diversi da quelli suindicati, che, con la loro forma, avevano dato il nome al modello della ragnatela. (Il modello della ragnatela è stato anche uno dei primi modelli economici soggetto ad indagine empirica, oltre che il primo modello ad essere esaminato con l’ipotesi delle aspettative razionali). Si noti anche come l’analisi dinamica compiuta in questo paragrafo differisca da quella compiuta nel Paragrafo 10.3 in cui viene esaminata la stabilità dell’equilibrio. Nel Paragrafo 10.3 la dinamica riguarda il processo di aggiustamento all’equilibrio, che non viene modificato. Questo processo si svolge, per così dire, a bocce ferme, cioè, senza l’effettuazione di atti di scambio o di produzione, in un tempo che, per questa ragione, viene talvolta indicato come tempo logico, in contrapposizione a quello storico delle azioni economiche. In questo paragrafo, invece, la dinamica riguarda una successione di equilibri, ciascuno dei quali determina scambi e prezzi (prezzi effettivi, non virtuali come quelli gridati dal banditore). Inoltre, si ha una successione di equilibri stabili (nel senso che è soddisfatta, per ciascuno, la condizione walrasiana di stabilità). L’analisi vuole determinare l’andamento (nel tempo storico) di questi equilibri, in particolare se essi convergono verso un equilibrio stazionario, un equilibrio, cioè, che permane immutato nel tempo finché non intervengano modificazioni fondamentali (nel caso in esame, variazioni della tecnologia, dei prezzi degli input o della curva di domanda). 10.8 L’equilibrio di monopolio a prezzo unico Definizione 10.4 Un equilibrio parziale è di monopolio puro se riguarda un mercato in cui i compratori sono price-taker e vi è soltanto un venditore, il quale conosce la curva aggregata di domanda dei compratori. E’ a prezzo unico se il prezzo è uguale per tutti i compratori. In base a questa definizione, i compratori sono rappresentati sul mercato dalla curva di domanda Qd = D(p) mentre il venditore sceglie il prezzo che è per lui più conveniente. Se il venditore è il produttore del bene in esame, come si assume di consueto (anche perché questo è il caso rilevante dal punto di vista empirico), ed ha come obiettivo la massimizzazione del profitto, allora la sua scelta è rappresentata dalla soluzione del problema 19 max pQ − C (Q) sotto il vincolo Q = D(p) p ,Q ove C(Q) è la funzione di costo minimo di lungo periodo (introdotta nel Paragrafo 5.10). Questo problema può essere presentato, in modo del tutto equivalente, come max R (Q) − C (Q) , ove R(Q) = Q D−1(Q) è la funzione di ricavo Q (essendo p = D−1(Q) la funzione inversa di domanda). Se le funzioni di ricavo e di costo sono continue, con R(0) = 0 e C(0) = 0 e vi è un Q > 0 tale che R (Q) < C (Q) per ogni Q > Q , allora il problema suindicato ammette soluzione. Se quelle funzioni sono, inoltre, derivabili, si ha una soluzione Q* > 0 , se risultano soddisfatte le condizioni DQ R (Q*) = DQ C (Q*) , DQ2 R (Q*) ≤ DQ2 C (Q*) e R (Q*) ≥ C (Q*) Altrimenti, si ha Q* = 0 . La condizione DQ R (Q*) = DQ C (Q*) impone, se è Q* > 0 , l’uguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale nel punto di equilibrio; la condizione DQ2 R (Q*) ≤ DQ2 C (Q*) richiede che la curva del ricavo marginale abbia nel punto di equilibrio pendenza non superiore a quella della curva del costo marginale; e la condizione R (Q*) ≥ C (Q*) richiede, se è Q* > 0 , che il profitto sia non inferiore al profitto conseguibile con produzione nulla. Determinata la quantità di produzione Q* , ottima per il monopolista, il prezzo che questi ha convenienza ad imporre risulta determinato dalla condizione p* = D−1(Q*) . p MC(Q) AC(Q) p* D(p) AC(Q*) MR(Q) Q Q* Figura 10.19 20 Nella Figura 10.19 è rappresentato un equilibrio di monopolio puro (vi sono indicate, oltre alla curva di domanda D( p) , le curve di ricavo marginale MR(Q) = DQ R(Q) , di costo marginale MC(Q) = DQ C (Q) e di costo medio AC(Q) = C (Q) . L’area ombreggiata indica il profitto del Q monopolista). Nel regime di monopolio a prezzo unico, il prezzo di equilibrio è superiore al costo marginale (mentre, nel regime di concorrenza, il prezzo di equilibrio è pari al costo marginale per tutte le imprese attive). Vale, infatti, la seguente proposizione. Proposizione 10.4 Se la curva di domanda è decrescente nel punto di equilibrio, cioè D p D( p*) < 0 , e il monopolista è attivo, cioè Q* > 0 , allora il prezzo di monopolio è maggiore del costo marginale, cioè p* > MC(Q*) . Dimostrazione. Essendo il monopolio in esame a prezzo unico, la curva di domanda coincide con la curva di ricavo medio. Se questa è decrescente, allora la curva marginale corrispondente le è inferiore,10 cioè p* = D−1(Q*) > MR(Q*) . Se Q* > 0 , si ha anche DQ R(Q*) = DQ C (Q*) , cioè MR(Q*) = MC(Q*) , per cui p* > MC(Q*) . La condizione pc = MC(Qc) = D−1(Qc) definisce l’equilibrio che vi sarebbe se il monopolista fosse price-taker, cioè, l’equilibrio concorrenziale di riferimento. Questo viene usato per qualificare come naturale il monopolio il cui equilibrio concorrenziale di riferimento determina un profitto negativo, come indicato dalla Definizione 10.5. In altri termini, se il monopolista fosse price-taker, la sua produzione sarebbe pari a zero. Il monopolio naturale si presenta quando la domanda è limitata rispetto alle possibilità della produzione, nel senso che la domanda limita la produzione (dell’equilibrio concorrenziale di riferimento) ad un livello in cui il costo medio è decrescente. Definizione 10.5 Un monopolio è naturale se, pur essendo Q* > 0 e p* = D −1 (Q*) > AC (Q*) , si ha pc = D −1 (Qc ) = MC (Qc ) < AC (Qc ) . Nella Figura 10.20 è rappresentato l’equilibrio di un monopolio naturale. 10 Per ogni funzione continua e derivabile T(Q) , definite la funzione media A(Q) = T (Q ) dT (Q ) dA(Q ) 1 e quella marginale M (Q ) = , risulta = ( M (Q ) − A(Q )) , per cui Q dQ dQ Q per ogni Q > 0 ove la funzione media è decrescente si ha M (Q ) < A(Q ) . (Questa relazione è indicata anche dalla Proposizione 5.24). 21 p MC(Q) p* AC(Q) AC(Q*) pc D(p) MR(Q) Q* Q Qc Figura 10.20 Statica comparata del monopolio a prezzo unico. L’analisi di statica comparata è utile nel monopolio soprattutto per esaminare l’effetto di una variazione del costo di produzione sul prezzo di vendita. Si ipotizzi una variazione del costo di produzione che muti la funzione C(Q) nella funzione C(Q) + Q t, cosicché il costo marginale e quello medio divengono MC(Q) + t e AC(Q) + t invece che MC(Q) e AC(Q) . (Il termine t può essere, se positivo, un’imposta sulla quantità prodotta e venduta oppure, se negativo, l’effetto del progresso tecnico). Assumendo che la curva di domanda sia decrescente, é facile vedere come questa variazione determini, se t è positivo, una diminuzione (un incremento, se t è negativo) sia della quantità prodotta, sia del profitto del monopolista e un incremento (o diminuzione, se t è negativo) del prezzo. E’ interessante precisare quantitativamente la ripercussione sul prezzo di una variazione del costo di produzione. Per una variazione infinitesima del costo di produzione, cioè, ponendo che t passi da 0 a dt , si trovano, differenziando le condizioni di equilibrio del monopolio Q* = D(p*) , DQ R (Q*) = DQ C (Q*) le condizioni dQ* = Dp D(p*) dp* , DQ2 R(Q*)dQ* = DQ2 C (Q*)dQ * + dt e, quindi, da esse, tenendo conto della condizione del secondo ordine DQ2 R (Q*) < DQ2 C (Q*) , 22 dp * 1 1 = >0 2 dt D p D( p*) DQ R (Q*) − DQ2 C (Q*) dp * ≤ 1 .11 Ad esempio, se dt 12 la curva di domanda è del tipo ad elasticità costante, cioè Q = Ap −ε (con ε > 1 , altrimenti il ricavo marginale non è positivo), e la funzione di costo del tipo con costi medio e marginale costanti, cioè C = c Q (con c > 0 ), ε dp * ε c e = > 1 , ossia, una variazione del allora risultano p* = dt ε −1 ε −1 costo marginale si ripercuote sul prezzo in misura più che proporzionale e tanto di più quanto più vicina a 1 è l’elasticità della domanda. Si può notare come non sia necessariamente 0 < 10.9 L’equilibrio di monopsonio a prezzo unico Il monopsonio è il regime di mercato duale del monopolio, nel senso che è uguale al monopolio una volta che si sostituiscano tra loro i termini compratore e venditore. Definizione 10.6 Un equilibrio parziale è di monopsonio puro se i venditori sono price-taker e vi è soltanto un compratore, il quale conosce la curva aggregata di offerta dei venditori. E’ a prezzo unico se il prezzo è uguale per tutti i venditori. Allora, i venditori sono rappresentati sul mercato dalla curva di offerta Xs = S(px) mentre il compratore sceglie il prezzo che è per lui più conveniente. Si consideri il caso in cui il compratore è un produttore per il quale il bene in esame è un input, come si assume di consueto in questa analisi (anche perché questo è il caso rilevante dal punto di vista empirico), ed abbia il compratore come obiettivo la massimizzazione del profitto. Nel seguito, saranno analizzati i due casi in cui il monopsonista è, rispettivamente, price-taker sul mercato del suo prodotto (mentre è price-maker sul mercato del bene in esame, in cui è monopsonista) o monopolista. a) Equilibrio di monopsonio con produttore monopsonista sul mercato di un input e price-taker sul mercato del prodotto. Esaminando, per semplicità, la situazione di breve periodo (con il bene in esame unico input variabile), la scelta è rappresentata dalla soluzione del problema max pq Q − p x X − C f sotto i vincoli Q = F(X, xf) e X = S(px) px , X ,Q ove Q = F(X, xf) è la funzione di produzione (non decrescente rispetto a X ), pq è il prezzo del prodotto, xf è il vettore che indica le quantità degli input fissi e Cf ≥ 0 è il costo fisso, ossia, f max pq F ( X , x ) − p x X − C f sotto il vincolo X = S(px) px , X 11 Così accade nell’equilibrio concorrenziale, come è facile verificare. L’elasticità della domanda rispetto al prezzo misura, come indicato nella nota 16 del Capitolo 3, in un punto della curva di domanda Q = D(p) , il rapporto tra le variazioni p dQ ( p ) . relative della quantità domandata e del prezzo, cioè ε = − Q dp 12 23 Questo problema è del tutto equivalente al problema max R ( X ) − Cv ( X ) − C f , ove R(X) X = pq F(X, xf ) è la funzione di ricavo del prodotto dell’input e Cv(X) = X S−1(X) è la corrispondente funzione di costo variabile (essendo px = S−1(X) la funzione inversa di offerta). Se queste funzioni di ricavo e di costo variabile sono continue, con R(0) = 0 e Cv(0) = 0 e vi è un X > 0 tale che R ( X ) < C ( X ) per ogni X > X , allora il problema indicato ammette soluzione. Se le funzioni sono, inoltre, derivabili, la soluzione X* soddisfa le condizioni D X R ( X *) = D X Cv ( X *) e D X R ( X *) ≤ D X Cv ( X *) se X* > 0 e 2 2 R ( X *) ≥ Cv ( X *) , altrimenti si ha X* = 0 . Determinata la quantità di input X* , ottima per il monopsonista, il prezzo che questi sceglie risulta determinato dalla condizione px* = S−1(X*) . Nella Figura 10.21 è rappresentato un equilibrio di monopsonio (vi sono indicate la curva di ricavo marginale del prodotto dell’input MR(X) = D X R ( X ) = pq D X F ( X , x ) , f ove D X F ( X , x ) è la produttività marginale dell’input, la curva di costo marginale MC(X) f = D X Cv ( X ) e quella di costo variabile medio, che coincide con la curva di offerta). Si noti come risulti la disuguaglianza p x * < MR(X*) invece l’uguaglianza, come sarebbe accaduto se il produttore fosse stato price-taker sul mercato dell’input, e come risulti impiegata, rispetto a questo caso, una quantità minore di input. px MC(X) S(px) ACv(X) px* MR(X) = pq DxF(X,xf ) X X* Figura 10.21 b) Equilibrio di monopsonio con produttore monopsonista sul mercato di un input e monopolista sul mercato del prodotto. La scelta è rappresentata, in questo caso, dalla soluzione del problema max pq Q − p x X − C f sotto i vincoli Q = F(X, xf) , Q = D(pq) e X = S(px) p x , pq , X , Q ove Q = D(pq) è la funzione di domanda del prodotto. Questo problema è del tutto equivalente al problema max R ( X ) − Cv ( X ) − C f , ove R(X) = F(X, xf ) D−1(F(X, xf )) è X 24 la funzione di ricavo del prodotto dell’input e Cv(X) = X S−1(X) è la funzione di costo variabile (essendo pq = D−1(Q) la funzione inversa di domanda del prodotto e px = S−1(X) quella di offerta dell’input). Se queste funzioni di ricavo e di costo variabile sono continue, con R(0) = 0 e Cv(0) = 0 e vi è un X > 0 tale che R ( X ) < C ( X ) per ogni X > X , allora il problema indicato ammette soluzione. Se le funzioni sono, inoltre, derivabili, la soluzione X* soddisfa le condizioni D X R ( X *) = D X Cv ( X *) e D X R ( X *) ≤ D X Cv ( X *) 2 2 se X* > 0 e R ( X *) ≥ Cv ( X *) , altrimenti si ha X* = 0 . Determinata la quantità di input X* , ottima per il monopsonista, il prezzo dell’input che questi sceglie risulta determinato dalla condizione px* = S−1(X*) , la quantità prodotta dalla condizione Q* = F(X*, xf) e il prezzo di vendita del prodotto dalla condizione pq* = D−1(Q*) . Nella Figura 10.22 è rappresentato un equilibrio di questo tipo di monopsonio (vi sono indicate la curva di ricavo marginale del prodotto dell’input MR(X) = D X R ( X ) = MR (Q ) D X F ( X , x ) , ove MR(Q) è il ricavo marginale e D X F ( X , x ) è la produttività f f marginale dell’input, la curva di costo marginale MC(X) = D X Cv ( X ) e quella di costo variabile medio, che coincide con la curva di offerta). Si noti come risulti p x * < MR (Q ) D X F ( X *, x ) < pq D X F ( X *, x ) e come la quantità impiegata di input (e, f f quindi, prodotta di output) sia minore di quella del monopsonio con produttore price-taker sul mercato dell’output. px MC(X) S(px) ACv(X) pq DxF(X,xf ) px* MR(X) = MR(Q) DxF(X,xf ) X X* Figura 10.22 10.10 L’equilibrio di monopolio con discriminazione del prezzo Mentre nel monopolio a prezzo unico (esaminato nel Paragrafo 10.8) il prezzo scelto dal monopolista è uguale per tutti i compratori e per tutte le unità del bene acquistate da 25 ciascun compratore, nel monopolio con discriminazione del prezzo il monopolista è in grado di applicare prezzi diversi, a seconda della quantità del bene e/o del compratore. Possono essere distinte diverse situazioni a seconda della possibilità di imporre prezzi diversi, raggruppate in tre generi di discriminazione. La discriminazione del prezzo del primo genere si presenta quando il monopolista può applicare un prezzo diverso ad ogni compratore e per ogni unità di bene che questi compra. Si ha la discriminazione del prezzo del secondo genere se il monopolista si presenta sul mercato con diversi contratti di compravendita (ciascuno rappresentato da una coppia quantità-prezzo) tra cui ogni compratore può scegliere, di modo che i compratori non sono discriminati ma comprano a prezzi diversi a seconda del contratto scelto. Con la discriminazione del terzo genere il monopolista distingue tra i compratori e vende loro il bene a prezzo diverso (però, allo stesso prezzo per ciascun compratore qualunque sia la quantità che questi compra). a) Monopolio con discriminazione del prezzo del primo genere. In questo caso il monopolista è in grado di imporre ad ogni compratore il prezzo massimo che questi è disposto a pagare per acquistare il bene in esame. (Ad esempio, un’impresa ha il monopolio di un trattamento che cura un certo tipo di calvizie per la quale non esistono altre cure). Questo significa che il compratore è costretto dal monopolista a rimanere sulla curva iniziale di indifferenza, qualunque sia la quantità acquistata: in altri termini, il monopolista sceglie il punto che preferisce sulla curva di indifferenza del compratore. Si assuma che ogni compratore possieda, prima dell’acquisto, una quantità nulla del bene in esame e che l’acquisto degli altri beni non dipenda dalle condizioni del mercato in esame se non in relazione alla spesa per il bene in esame, abbia, cioè, preferenze separabili additivamente rispetto al bene in esame, perciò rappresentate da una funzione di utilità del tipo u(x) + g(m−r) , ove x è la quantità del bene in esame, r la spesa per ottenerla e m è la capacità di spesa.13 Si assuma, inoltre, che le funzioni u(.) e g(.) siano derivabili, non decrescenti e concave, per cui le curve di indifferenza sono non crescenti e convesse. Allora, la curva di indifferenza del compratore i-esimo su cui il monopolista può scegliere il punto che preferisce (e può far ciò per ciascuno degli n compratori) è rappresentata dalla relazione ui(xi) + gi(mi−ri) = gi(mi) , ponendo per semplicità ui(0) = 0 , ove xi è la quantità del bene in esame venduta al compratore i-esimo, mi la capacità di spesa di questi (che è una quantità data di moneta) e ri la somma pagata dal compratore per ottenere la quantità xi di bene. Il monopolista può scegliere la coppia (xi, ri) sotto il vincolo ui(xi) + gi(mi−ri) = gi(mi) . Il ricavo del monopolista è pari a ∑ in=1 ri , che il monopolista massimizza per ogni data quantità X = ∑ in=1 xi , ossia la scelta della ripartizione delle vendite del monopolista è soluzione del problema max ∑ in=1 ri sotto i vincoli X = ∑ in=1 xi e ui(xi) + gi(mi−ri) = gi(mi) n ( xi , ri ) i =1 per i = 1,…, n . Introducendo la funzione lagrangiana L(x1,…, xn, r1,…, rn, λ, µ1,…,µn) = ∑ in=1 ri + λ(X − ∑ in=1 xi ) + ∑ in=1 µ i (ui(xi) + gi(mi−ri) − gi(mi)) si trovano, per le soluzioni interne, le condizioni µi D x ui ( xi ) = λ , µi D m g i ( mi − ri ) = 1 , i = 1,…, n X = ∑ xi , ui(xi) + gi(mi−ri) = gi(mi) , i = 1,…, n n i =1 13 Infatti, se la funzione di utilità è del tipo u(x1) + v(x2 ,…, xk) , ove il primo bene è quello in esame, e l’agente è price-taker per gli altri beni, allora, per ogni coppia (x1, r1) , risultano le domande xh = dh (p2 ,…, pk , m−r1) , ove m è la capacità complessiva di spesa, per cui la funzione di utilità diviene u(x1) + g(p2 ,…, pk , m−r1) , ove g(.) è la funzione indiretta di utilità relativa agli altri beni. Considerando dati i prezzi degli altri beni, risulta la funzione di utilità suindicata. 26 che richiedono D x ui ( xi ) D m g i ( mi − ri ) ui(xi) + gi(mi−ri) = gi(mi) , =λ, i = 1,…, n Queste condizioni, cioè, richiedono che i punti scelti dal monopolista sulle curve di indifferenza dei compratori abbiano tutti lo stesso saggio marginale di sostituzione. Risulta la funzione di ricavo R(X) = max ∑ in=1 ri , con DXR(X) = λ (poiché, differenziando le n ( xi , ri ) i =1 condizioni precedenti, si ha dR = ∑ in=1 dri , dX = ∑ in=1 dxi e dri = D x ui ( xi ) D m g i ( mi − ri ) dxi per i = 1,…, n) e D X R(X) ≤ 0 (per l’ipotesi di convessità delle curve di indifferenza dei compratori). La determinazione della quantità X* messa in vendita dal monopolista si ottiene, come al solito, dalla massimizzazione del profitto del monopolista e, quindi, dalla condizione di uguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale. Si hanno, perciò, le condizioni di equilibrio 2 MC(X*) = MR(X*) = con X* = ∑ in=1 xi * , D x ui ( xi *) D m g i ( mi − ri *) =λ* R(X*) = ∑ in=1 ri * , ui(xi*) + gi(mi−ri*) = gi(mi) , per i = 1,…, n , che implicano l’uguaglianza delle rispettive grandezze marginali tra tutti gli agenti (costo marginale e ricavo marginale del monopolista, saggi marginali di sostituzione dei compratori). Questo comune valore λ * indica il prezzo marginale del bene in esame. Si può notare come il prezzo marginale λ * , la quantità prodotta X* e le quantità acquistate xi* dai compratori nell’equilibrio di monopolio con discriminazione del prezzo del primo genere coincidano con il prezzo, la quantità prodotta e le quantità acquistate dai compratori nell’equilibrio concorrenziale (ma non coincidono, nei due equilibri, le spese dei compratori e, quindi, il ricavo del produttore). Infatti, con prezzo unico e agenti tutti price-taker risulta l’equilibrio concorrenziale determinato dalle condizioni X* = ∑ in=1 xi * , MC(X*) = D x ui ( xi *) D m g i ( mi − p * xi *) = p * per i = 1,…, n . b) Monopolio con discriminazione del prezzo del secondo genere. In questo caso il monopolista conosce la tipologia dei compratori, ma non è in grado di riconoscere il tipo di ogni singolo compratore. Ad esempio, sa che vi sono due tipi di compratori e conosce le loro preferenze, ma non sa quale tipo di consumatore sia Tizio. (Si immagini il gestore dell’unico teatro lirico di una città in cui vi sono due tipi di spettatori, gli appassionati e gli spettatori occasionali. Il gestore sa questo, ma non è in grado di distinguere al botteghino se il cliente è dell’uno o dell’altro tipo). Il monopolista può, allora, in certi casi, sfruttare il mercato proponendo diversi possibili contratti, ciascuno dei quali è preferito da un tipo di consumatori, inducendo in questo modo la cernita (o autoselezione) dei compratori. Ogni contratto è una coppia che indica la quantità comprabile del bene e la spesa corrispettiva: ossia, il contratto h-esimo è la coppia (xh , rh) .14 Si consideri il caso con due soli tipi di compratori. Si assuma, come nel precedente genere di discriminazione, che ogni compratore possieda, prima dell’acquisto, una quantità nulla del bene in esame e che l’acquisto degli altri beni non dipenda dalle condizioni del 14 In questo paragrafo viene esaminato il caso in cui il monopolista produce un bene omogeneo. Se produce beni differenziati, come quelli introdotti nel paragrafo successivo, allora un contratto può includere più beni e i beni inclusi in un contratto possono essere diversi da quelli inclusi in altri contratti. 27 mercato in esame se non in relazione alla spesa per il bene in esame, ossia, che i due tipi di compratori abbiano, rispettivamente, le funzioni di utilità u1(x1) + g1(m1−r1) e u2(x2) + g2(m2−r2) , con u1(0) = u2(0) = 0 e le funzioni u1(.) , g1(.) , u2(.) e g2(.) non decrescenti, concave e derivabili. Si assuma, inoltre, che uno dei due tipi di compratori, ad esempio, il primo tipo, sia più disponibile all’acquisto del bene dell’altro, nel senso che ogni contratto (x, r) favorevole per il secondo tipo è favorevole anche per il primo tipo, cioè, u2(x) + g2(m2−r) ≥ g2(m2) implica u1(x) + g1(m1−r) ≥ g1(m1) . Si considera nel seguito l’eventualità che il primo tipo di compratori presenti, per ogni possibile contratto, un saggio marginale di D x u1 ( x ) D x u2 ( x ) > , sostituzione più elevato che il secondo tipo, cioè, D m g1 ( m1 − r ) D m g 2 ( m2 − r ) denotando così la disponibilità a pagare di più rispetto al secondo tipo. Con queste ipotesi, il monopolista sa che ogni contratto che determina l’acquisto del bene da parte dei compratori del secondo tipo determina anche l’acquisto da parte di quelli del primo tipo, mentre vi possono essere contratti cui aderiscono i compratori del primo tipo, ma non quelli del secondo tipo. Il monopolista, allora, può indurre la cernita dei compratori proponendo un contratto appena sufficiente per i compratori del secondo tipo (cioè, di pochissimo migliore di un contratto (x2, r2) indifferente, per i compratori del secondo tipo, alla situazione iniziale, ossia con u2(x2) + g2(m2−r2) = g2(m2) ) e un contratto appena migliore di questo per i compratori del primo tipo (cioè, di pochissimo migliore di un contratto (x1, r1) indifferente, per i consumatori del primo tipo, al contratto proposto ai consumatori del secondo tipo, ossia con u1(x1) + g1(m1−r1) = u1(x2) + g1(m1−r2) ). Si verifica la cernita se il contratto (x1, r1) non è appetibile per i compratori del secondo tipo (cioè, si ha u2(x1) + g2(m2−r1) < g2(m2) ). In questo caso, i compratori del primo tipo scelgono il contratto (di pochissimo migliore di) (x1, r1) e quelli del secondo tipo il contratto (di pochissimo migliore di) (x2, r2) . Il monopolista sceglie i contratti da proporre in modo che risulti massimo il suo profitto subordinatamente a questi vincoli. Perciò, indicando con N1 e N2 il numero dei compratori dei due tipi e con C(Q) la funzione di costo, ove Q = N1 x1 + N2 x2 , si tratta di prendere in considerazione il problema max N1 r1 + N 2 r2 − C ( N1 x1 + N 2 x2 ) x1 , x2 , r1 , r2 sotto i vincoli u1(x1) + g1(m1−r1) = u1(x2) + g1(m1−r2) e u2(x2) + g2(m2−r2) = g2(m2) , e di controllare se la soluzione soddisfa la condizione u2(x1) + g2(m2−r1) < g2(m2) . Introducendo la funzione lagrangiana L(x1, x2, r1, r2, λ1, λ2) = N1 r1 + N 2 r2 − C ( N1 x1 + N 2 x2 ) + + λ1(u1(x1) + g1(m1−r1) − u1(x2) − g1(m1−r2)) + λ2(u2(x2) + g2(m2−r2) − g2(m2)) , Q* = N1 x1* + N2 x2* , risultano le condizioni del primo ordine: N1 MC (Q*) = λ1 D x u1 ( x1 *) , N 2 MC (Q*) + λ1 D x u1 ( x2 *) = λ2 D x u2 ( x2 *) , N1 = λ1 D m g1 ( m1 − r1 *) , N 2 + λ1D m g1 ( m1 − r2 *) = λ2 D m g 2 ( m2 − r2 *) , u1(x1*) + g1(m1−r1*) = u1(x2*) + g1(m1−r2*) , u2(x2*) + g2(m2−r2*) = g2(m2) Queste condizioni implicano D x u1 ( x1 *) D m g1 ( m1 − r1 *) = MC (Q*) , D x u 2 ( x2 *) D m g 2 ( m2 − r2 *) N 2 + N1 = MC (Q*) N 2 + N1 D x u1 ( x2 *) D x u1 ( x1 *) D m g1 ( m1 − r2 *) D m g1 ( m1 − r1 *) ossia, che i compratori del primo tipo (quelli più propensi all’acquisto) ricevono un contratto favorevole (che, cioè, incrementa la loro utilità) e pervengono ad una situazione in 28 cui il loro saggio marginale di sostituzione è uguale al costo marginale, mentre i compratori del secondo tipo ricevono un contratto che non li favorisce e pervengono ad una situazione in cui il loro saggio marginale di sostituzione può differire dal costo marginale. In particolare, poiché le due relazioni precedenti implicano l’uguaglianza N2 ( D x u 2 ( x2 *) D m g 2 ( m2 − r2 *) − D x u1 ( x1 *) D m g1 ( m1 − r1 *) ) = N1 D m g1 ( m1 − r2 *) D x u1 ( x2 *) ( D m g1 ( m1 − r1 *) D m g1 ( m1 − r2 *) − D x u 2 ( x2 *) D m g 2 ( m2 − r2 *) possono sussistere le disuguaglianze D x u1 ( x2 *) D m g1 ( m1 − r2 *) > D x u 2 ( x2 *) D m g 2 ( m2 − r2 *) > D x u1 ( x1 *) D m g1 ( m1 − r1 *) oppure quelle opposte D x u1 ( x2 *) D m g1 ( m1 − r2 *) Nel primo caso, si ha < D x u 2 ( x2 *) D m g 2 ( m2 − r2 *) D x u 2 ( x2 *) D m g 2 ( m2 − r2 *) < D x u1 ( x1 *) D m g1 ( m1 − r1 *) > MC (Q*) , inoltre, con x1* > x2* poiché (x1*, m1−r1*) e (x2*, m1−r2*) si trovano sulla stessa curva di indifferenza (essendo u1(x1*) + g1(m1−r1*) = u1(x2*) + g1(m1−r2*) ), che è convessa. Specularmente, nel secondo caso, si hanno tutte le disuguaglianze opposte, cioè, D x u 2 ( x2 *) < MC (Q*) e x1* < x2* . D m g 2 ( m2 − r2 *) Se vale la condizione D x u1 ( x ) D x u2 ( x ) > , introdotta per denotare la D m g1 ( m1 − r ) D m g 2 ( m2 − r ) disponibilità dei compratori del primo tipo a pagare di più di quelli del secondo tipo, allora, da un lato, può verificarsi solo il primo caso e, dall’altro lato, risulta soddisfatta la condizione u2(x1*) + g2(m2−r1*) < g2(m2) ,15 che rende il contratto (x1, r1) non appetibile per i compratori del secondo tipo e, quindi, la cernita realizzabile e conveniente per il monopolista. I contratti (x1*, r1*) e (x2*, r2*) sono, nel caso in esame, equivalenti a contratti che configurano la vendita, per il primo contratto, di una tessera (nominativa e incedibile) al prezzo t1* che consente di acquistare il bene (con divieto di rivendita) al prezzo p1* e, per il secondo contratto, di una tessera al prezzo t2* che consente di acquistare il bene al prezzo p2* . L’equivalenza è assicurata, per il primo contratto, dalle D x u1 ( x1 *) , t1* = r1*−p1*x1* e, per il secondo contratto, dalle condizioni p1* = D m g1 ( m1 − r1 *) condizioni p2* = D x u 2 ( x2 *) e t2* = r2*−p2*x2* : la convessità delle curve di D m g 2 ( m2 − r2 *) indifferenza e le condizioni del caso in esame implicano t1* > t2* > 0 e MC(Q*) = p1* < p2* . Allora, i compratori del secondo tipo preferiscono comprare la tessera meno cara che 15 Infatti, per ogni x∈[x2*, x1*] , essendo D x u1 ( x ) D m g1 ( m1 − r ) > D x u2 ( x ) D m g 2 ( m2 − r ) , in ogni punto (x, r) appartenente alla curva di indifferenza u1(x) + g1(m1−r) = u1(x2*) + g1(m1−r2*) , la pendenza di questa è superiore (in valore assoluto) alla pendenza delle curve di indifferenza U2 = u2(x) + g2(m2−r) , per cui, al crescere di x , l’utilità u2 decresce. Si ha, quindi, g2(m2) = u2(x2*) + g2(m2−r2*) > u2(x1*) + g2(m2−r1*) . 29 ) però consente di comprare il bene al prezzo più caro e quelli del primo tipo preferiscono il contrario. Questo tipo di prezzi (che prevede per il compratore una spesa fissa ed una proporzionale alla quantità acquistata) è un esempio di sistema di prezzi non lineari.16 Nella Figura 10.23 è descritta la situazione appena indicata (in questa figura le curve di indifferenza dei due tipi di compratori sono traslate lungo l’asse delle ordinate in modo che il punto (0, m1) del primo tipo coincida con il punto (0, m2) del secondo tipo). m1 m2 m2−r2* m1−r2* m2−r1* u2(x1*)+ g2(m2−r1*) g2(m2) α m1−r1* tangα = MC u1(x2*)+ g1(m1−r2*) g1(m1) x2* x1* x Figura 10.23 Se la condizione suindicata non vale, può accadere che la cernita non sia conveniente. Allora, al monopolista conviene proporre condizioni di vendita uguali per tutti i compratori. c) Monopolio con discriminazione del prezzo del terzo genere. In questo caso il monopolista è in grado di distinguere tra gruppi di compratori e conosce la curva di domanda di ciascun gruppo. Inoltre, i compratori non possono rivendere il bene al di fuori del loro gruppo. Allora, il monopolista vende il bene su mercati separati e sceglie su ciascuno il prezzo di monopolio. (Ad esempio, il monopolista vende il suo prodotto in paesi diversi ad un prezzo diverso in ogni paese, o lo vende a prezzo diverso a seconda dell’età dell’acquirente, ecc.). Siano i compratori distinguibili in due gruppi, caratterizzati rispettivamente dalle funzioni di domanda Q1 = D1(p1) e Q2 = D2(p2) , e abbia il monopolista la funzione di costo C(Q1+Q2) . Indicando le funzioni di ricavo nei due mercati con R1(Q1) e R2(Q2) (ove R1(Q1) = Q1D1−1(Q1) e R2(Q2) = Q2D2−1(Q2) ), la massimizzazione del profitto conduce alle condizioni del primo ordine (che uguagliano il costo marginale al ricavo marginale in ogni mercato) MC(Q1*+Q2*) = MR1(Q1*) = MR2(Q2*) , Q1*= D1(p1*) , Q2*= D2(p2*) e a quelle del secondo ordine 16 Prezzi non lineari del tipo indicato sono comuni nel caso dei monopoli naturali (come nella fornitura di energia elettrica), però per ragioni diverse da quelle qui indicate, che saranno evidenti nel Paragrafo 10.12, quando sarà esaminato il tema dell’efficienza. 30 DQ MC (Q1 * +Q2 *) ≥ DQ MR1 (Q1 *) , DQ MC (Q1 * + Q2 *) ≥ DQ MR2 (Q2 *) La Figura 10.24 descrive l’equilibrio con discriminazione del prezzo del terzo genere appena presentato (in questa figura la curva che determina, nel punto di intersezione con la curva del costo marginale, la quantità prodotta Q1*+Q2* è ottenuta sommando, per ogni ordinata, le ascisse delle curve di ricavo marginale MR1(Q1) e MR2(Q2) . Se si descrive il ricavo marginale nei termini della elasticità della domanda, allora, 1 risulta MR = p (1 − ) . Quindi, la condizione del primo ordine MR1(Q1*) = MR2(Q2*) ε richiede p1 (1 − 1 ε1 ) = p2 (1 − 1 ε2 ) . Questa relazione implica che il monopolista scelga un prezzo maggiore nel mercato in cui la domanda ha elasticità inferiore. p D1 p1* p2* MC D2 Q1* MR1 Q2* MR2 Q1*+Q2* Q Figura 10.24 10.11 L’equilibrio di concorrenza monopolistica Questo tipo di regime di mercato (la cui analisi è stata introdotta da Chamberlin, 1933) ha caratteristiche intermedie tra la concorrenza e il monopolio. Come nel monopolio, i venditori sono price-maker, poiché ciascuno vende un bene diverso da quello degli altri venditori. Come nella concorrenza, vi sono molti venditori e vi è libertà di entrata. La peculiarità di questo regime è la presenza di prodotti differenziati, cioè, eterogenei ma altamente sostituibili. Ad esempio, sono rappresentabili nell’ambito di mercati in concorrenza monopolistica le trattorie, il commercio al dettaglio, il vino, ecc. Si ha un comportamento parametrico (invece che strategico) se la scelta di ogni singolo venditore è ininfluente sul profitto degli altri venditori. Tuttavia, la sostituibilità dei beni rende la 31 domanda di ogni bene funzione anche del prezzo medio dei beni similari (sul quale la scelta di un singolo venditore influisce in modo trascurabile). Allora, la domanda del bene prodotto dall’impresa j-esima è rappresentabile con la funzione qj = dj(pj , P) , ove P indica il prezzo medio di vendita dei beni similari. Essendo ∂d j ( p j , P ) > 0 . Nel breve periodo (ossia, con un numero dato questi beni sostituti, si ha ∂P di imprese), ogni venditore considera P dato (poiché gli altri venditori non reagiscono alla sua scelta) e determina il prezzo di vendita come nel monopolio a prezzo unico. Si hanno, perciò, le condizioni D q R j ( q j *, P ) = D q C j ( q j *) , D qq R j ( q j *, P ) ≤ D q C j ( q j *) , 2 2 qj* = dj(pj*, P) , e vale sostanzialmente la rappresentazione della Figura 10.19. La libertà di entrata conduce ad un equilibrio di lunghissimo periodo in cui ogni impresa consegue un profitto nullo. Ad esempio, se vi è profitto positivo, l’entrata di nuove imprese accresce la quantità complessivamente offerta e riduce il prezzo medio di vendita, per cui la curva di domanda rivolta a ciascuna impresa si abbassa riducendone il profitto, fino a pervenire alla situazione di profitto nullo, in cui l’entrata di nuove imprese cessa. La situazione per l’impresa j-esima diviene, allora, quella rappresentata nella Figura 10.25. pj MCj(qj) ACj(qj) pj* dj(pj,P) MRj(qj,P) qj* qj Figura 10.25 Si può notare come, essendo la curva di domanda decrescente, la condizione di profitto nullo implichi che il costo medio sia decrescente in corrispondenza della quantità prodotta qj* . Ossia, l’impresa potrebbe produrre una quantità maggiore del bene ad un costo medio inferiore. Ciò mostra come la concorrenza monopolistica determini un eccesso di capacità produttiva, mentre nella concorrenza di lunghissimo periodo ogni impresa produce a costo medio minimo e nel monopolio a prezzo unico l’impresa produce ad un costo medio che può essere sia maggiore sia uguale a quello minimo. Tuttavia, mentre in 32 questi regimi il bene prodotto è omogeneo, nella concorrenza monopolistica i beni prodotti sono differenziati, determinando un vantaggio per i consumatori, ciascuno dei quali acquista la varietà del bene che preferisce. 10.12 L’analisi dell’efficienza degli equilibri parziali La condizione di efficienza dell’equilibrio parziale viene normalmente ottenuta descrivendo il vantaggio (surplus) derivante dallo scambio (e dalla produzione) ai compratori e ai venditori del bene in esame e ricercando, poi, la condizione che rende massimo il vantaggio totale. Questa analisi, però, richiede molte ipotesi semplificatrici. E’, allora, opportuno indicare prima la condizione di efficienza, che vale anche in assenza di quelle ipotesi, e introdurre poi la descrizione del surplus. Per un’economia senza esternalità, le condizioni del primo ordine perché un’allocazione sia efficiente richiedono, come individuato nel Paragrafo 8.2, che i saggi marginali di sostituzione siano, per ogni coppia di beni, uguali per tutti i consumatori e tutti i produttori. Si applichino ora queste condizioni alle situazioni descritte in questo capitolo. Se i compratori sul mercato in esame sono tutti price-taker (come nei casi esaminati nei Paragrafi 10.2, 10.6, 10.8 e 10.11), le loro scelte richiedono che il saggio marginale di sostituzione tra il bene moneta e il bene in esame sia pari al prezzo (monetario) di questo. Quindi, essendo il prezzo uguale per tutti i compratori, è uguale per tutti i compratori il saggio marginale di sostituzione.17 Se i venditori sono, sul mercato del bene in esame, price-taker e sono consumatori (ossia, agenti che non ottengono il bene in vendita per mezzo della produzione), allora le loro scelte richiedono che il saggio marginale di sostituzione in esame sia pari al prezzo del bene e, quindi, essendo il prezzo uguale per tutti i venditori, che sia anche uguale il saggio marginale di sostituzione. Se, poi, i compratori e i venditori sono consumatori price-taker e il mercato è concorrenziale (per cui si applica la descrizione indicata nel Paragrafo 10.2), allora, essendo il prezzo di acquisto uguale al prezzo di vendita, il saggio marginale di sostituzione in esame è uguale per tutti gli agenti (siano essi compratori o venditori) e la condizione del primo ordine per l’efficienza risulta soddisfatta. Quindi, l’equilibrio concorrenziale risulta, in tale caso, efficiente, ammesso, com’è implicito, che le condizioni del secondo ordine siano soddisfatte. 17 Quest’ultima uguaglianza si presenta, come ivi indicato, anche nel caso, esaminato nel Paragrafo 10.10, del monopolio con discriminazione del prezzo del primo genere, ove non vi è un unico prezzo per ogni unità di bene acquistata da ciascun compratore. Invece, non sono uguali, tra tutti i compratori, i saggi marginali di sostituzione nei casi di monopolio con discriminazione del prezzo del secondo e del terzo genere, anch’essi esaminati nel Paragrafo 10.10, per cui risulta che l’equilibrio è inefficiente. 33 Se i venditori sono imprese che hanno come unico output il bene in esame (come ipotizzato in generale in questo capitolo), allora il saggio marginale di sostituzione tra il bene moneta e il bene in esame coincide, nella scelta di costo minimo per ogni data quantità di produzione, con il costo marginale (poiché questo rappresenta la quantità di moneta cui l’impresa è disposta a rinunciare per accrescere la produzione). Se l’equilibrio di mercato richiede che il costo marginale sia uguale al prezzo (come nei casi esaminati nel Paragrafo 10.6 e al punto a del Paragrafo 10.9) e quest’ultimo è uguale al corrispondente saggio marginale di sostituzione dei compratori, allora i saggi marginali di sostituzione sono uguali per tutti gli agenti (siano essi compratori o venditori), la condizione del primo ordine per l’efficienza è, perciò, soddisfatta e l’allocazione di equilibrio del mercato in esame risulta efficiente (ammesso, com’è implicito, che le condizioni del secondo ordine siano soddisfatte). Questa situazione si presenta in tutti i casi esaminati nel Paragrafo 10.6.18 Invece, non vi è efficienza nell’equilibrio di monopolio a prezzo unico (Paragrafo 10.8) e in quello di concorrenza monopolistica (Paragrafo 10.11), poiché il costo marginale non risulta uguale al prezzo di equilibrio (che è uguale al saggio marginale di sostituzione tra il bene moneta e il bene in esame per tutti i compratori). Non risulta efficiente, inoltre, l’equilibrio con razionamento (Paragrafo 10.5), a meno che il prezzo non coincida con quello dell’equilibrio concorrenziale, poiché gli agenti razionati non conseguono lo scambio che rende il saggio marginale di sostituzione uguale al prezzo. L’inefficienza dei regimi monopolistici di mercato è evidenziata dalla differenza tra il prezzo di vendita e il costo marginale di produzione. A questo riguardo si può notare come, nel caso in cui il prezzo non sia unico (non sia, cioè, uguale per tutte le unità di prodotto), l’efficienza richieda l’uguaglianza tra il costo marginale e il prezzo marginale. Questo è il prezzo che il compratore deve pagare per ottenere un’unità aggiuntiva di prodotto (più precisamente è la derivata della spesa per l’acquisto del bene rispetto alla quantità del bene, in corrispondenza alla quantità acquistata). Risulta, per questa ragione, efficiente il monopolio con discriminazione del prezzo del primo genere (Paragrafo 10.10). Una forma di regolamentazione del monopolio naturale (Paragrafo 10.8), volta a conseguire l’efficienza, prevede l’imposizione di una tariffa binaria. Questa si compone di una quota fissa da pagare per potere accedere all’acquisto del bene e di una quota proporzionale alla quantità acquistata.19 Vi è, allora, efficienza, se quest’ultima è uguale al costo marginale. (La quota fissa serve a coprire la differenza che vi è, in sua assenza, tra il costo medio e il costo marginale). 18 Non si ha, invece, efficienza nel caso di monopsonio di cui al punto a del Paragrafo 10.9, poiché le condizioni di efficienza non sono verificate per il mercato dell’input su cui il compratore è monopsonista, sebbene lo siano per il mercato del prodotto (se i compratori sono, su questo mercato, price-taker). Nel caso di monopsonio di cui al punto b del Paragrafo 10.9 non vi è efficienza sia sul mercato dell’input sia sul mercato del prodotto. 19 Nella vendita di energia elettrica la quota fissa (cioè, da pagare indipendentemente dalla quantità di energia consumata) è normalmente funzione della potenza impegnata, mentre quella variabile è proporzionale all’energia consumata. 34 10.13 I vantaggi dello scambio Il consumatore ottiene con lo scambio un vantaggio, poiché accresce con esso la sua utilità. Il vantaggio (surplus) è misurato dall’incremento di utilità, ammesso che questa sia misurabile, cioè che l’utilità sia cardinale (invece che ordinale, come ipotizzato nell’analisi della scelta di consumo). Se l’utilità è cardinale, il surplus è, allora, pari alla differenza tra l’utilità del paniere di beni cui il consumatore perviene con lo scambio e l’utilità iniziale. Indicando con ω la sua dotazione, cioè il paniere di beni prima dello scambio, e con x il paniere di beni a sua disposizione dopo lo scambio, il surplus è, perciò, pari a u(x) − u(ω) , ove u(.) è la sua funzione (cardinale) di utilità. Se il consumatore è price-taker, introducendo la funzione indiretta di utilità u*(p, pω) , essendo u(x) = u*(p, pω) , il vantaggio (surplus) risulta pari a vtot = u*(p, pω) − u(ω) . Si assuma, ora, coerentemente con l’analisi compiuta in questo capitolo, che la dotazione sia composta soltanto dal bene moneta, sia, cioè, ω = (m, 0,…, 0) , ove m è la quantità del bene moneta (indicato con l’indice 1 , mentre gli altri beni sono indicati con gli indici 2,…, k ) e che la funzione di utilità sia separabile additivamente rispetto al bene in esame (quello di cui si considera l’equilibrio parziale di mercato) e quasi-lineare rispetto al bene moneta, sia cioè del tipo u(x) = x1 + f(x2) + g(x3, x4,…, xk) (come già indicato nella nota 2), inoltre con f(0) = 0 e g(0,…, 0) = 0 . Allora, la domanda del bene in esame dipende soltanto dal prezzo monetario del bene (cioè, da p2 , avendo posto p1 = 1 ) e si ha che la funzione di domanda x2 = d2(p2) è espressa implicitamente dalla condizione p2 = df ( x2 ) , coincide, cioè, con la curva dell’utilità marginale. Poiché per gli altri beni si dx2 hanno funzioni di domanda del tipo xh = dh(p3,…, ph) e, quindi, per il bene moneta20 la k funzione di domanda x1 = m − p2 d2(p2) − Σ h=3 ph dh(p3,…, ph) , l’utilità conseguita con lo scambio è k u*(p, pω) = m − p2 d2(p2) − Σ h =3 ph dh(p3,…, ph) + f(d2(p2)) + g(d3(p3,…, ph),…, dk(p3,…, ph)) mentre quella precedente lo scambio è u(ω) = m . Allora il surplus è pari a vtot = f(d2(p2)) − k p2 d2(p2) + g(d3(p3,…, ph),…, dk(p3,…, ph)) − Σ h =3 ph dh(p3,…, ph) , ossia vtot = v2 + v̂ , ove v2 = f(d2(p2)) − p2 d2(p2) e k v̂ = g(d3(p3,…, ph),…, dk(p3,…, ph)) − Σ h=3 ph dh(p3,…, ph) . Considerando il surplus v2 generato dall’acquisto del bene in esame, si ha che il termine f(d2(p2)) misura l’utilità f(x2) della quantità acquistata del bene, coincide, perciò (essendo la curva di domanda quella dell’utilità marginale), per ogni quantità x2, con l’area tra la curva di domanda e l’asse delle quantità (limitatamente all’intervallo tra 0 e x2 ). Il termine p2 d2(p2) misura, invece, la spesa per l’acquisto della quantità x2 del bene. Il surplus (o rendita) del consumatore v2 è, allora, misurata dall’area evidenziata nella Figura 10.26. Una variazione ∆p2 del prezzo determina, quindi, una variazione (in diminuzione se ∆p2 > 0 , in aumento se ∆p2 < 0 ) del surplus, indicata con ∆v2 nella Figura 10.27. Si noti come il vantaggio (surplus, rendita) del consumatore sia una quantità di moneta. 20 Oltre che la funzione di utilità f(x2) sia differenziabile e soddisfi la condizione del df ( x2 ) non comporti x1 < 0 secondo ordine, si assume nel seguito che la condizione p2 = dx2 per nessun p2∈+ . 35 p2 p2 p2+∆p2 v2 ∆v2 p2 p2 d2(p2) d2(p2) x2 x2 x2 Figura 10.26 x2 Figura 10.27 L’analisi compiuta per un singolo consumatore determina il suo surplus. Si assuma, ora, che le utilità dei diversi consumatori siano confrontabili e che l’utilità dell’insieme dei consumatori sia la somma delle utilità individuali, seguendo il principio di Bentham, cioè U = Σ i =1 ui . Ne consegue che il surplus complessivo dei consumatori è la somma dei loro n surplus, cioè V = Σ i =1 vi , ed è quindi rappresentato, per il bene in esame, dall’analoga area n ottenuta prendendo in considerazione la curva aggregata di domanda, invece che la curva individuale. Si ha, allora, la proposizione seguente. Proposizione 10.5 Si consideri un equilibrio parziale su un mercato in cui gli unici acquirenti sono consumatori price-taker privi del bene in esame nella loro dotazione. Se i consumatori sono dotati di funzioni cardinali di utilità, se queste sono separabili additivamente rispetto al bene in esame (quello di cui si considera l’equilibrio) e quasilineari rispetto al bene moneta e se le utilità dei diversi consumatori sono confrontabili e l’utilità aggregata è la somma delle utilità individuali, allora il vantaggio (surplus) aggregato che i consumatori ottengono con lo scambio è pari all’area racchiusa tra la loro curva aggregata di domanda e l’asse dei prezzi, limitatamente all’intervallo dei prezzi superiori al prezzo p di acquisto del bene, ossia V = ∫ ∞ p D ( p ) dp , ove D(p) è la funzione aggregata di domanda dei consumatori. Poi, una variazione ∆p del prezzo determina una variazione del surplus aggregato ∆V = − ∫ p +∆p p D ( p ) dp . Dimostrazione. La proposizione discende immediatamente dalle considerazioni precedenti. (Si tenga, tuttavia, presente che qui il bene in esame è indicato senza indice, mentre prima era indicato con l’indice 2). Se le imprese che acquistano o vendono il bene in esame sono price-taker, allora si può eseguire un ragionamento analogo a quello dei consumatori e si ottiene un risultato analogo. Indicando, in riferimento alla specifica situazione di scelta d’impresa (se di breve o lungo periodo), con s(p) l’offerta netta (quindi, positiva se è in vendita, negativa se è in acquisto) del bene in esame da parte dell’impresa e con π*(p) la funzione di profitto massimo (ove p è il prezzo del bene in esame, mentre i prezzi di tutti gli altri beni sono, per l’ipotesi di equilibrio parziale, indipendenti dal mercato in esame e, quindi, in questa analisi, costanti), il vantaggio (surplus) conseguito dall’impresa sul mercato in esame è pari a v = π*(p) − π*(pc) ove pc è il prezzo in corrispondenza al quale l’offerta netta del bene è nulla (coincide con il prezzo di chiusura se l’impresa è venditrice del bene in esame). Si 36 ha, allora, applicando la relazione di Hotelling (così come indicato dalla Proposizione 5.9), p dπ*( p ) p s ( p ) dp , ove s(p) è la funzione di offerta netta del bene in dp = che v = pc pc dp esame. (Il profitto dell’impresa è, ovviamente, π*(p) = v + π*(pc) ). ∫ ∫ Se l’impresa è acquirente il bene ed è price-taker sul mercato del bene in esame, per cui l’offerta netta è negativa, allora indicando la sua domanda con d(p) = − s(p) e ponendo pc infinito, si ha v = ∫ ∞ p d ( p ) dp . Il profitto (surplus) dell’impresa è, rispetto alla curva di domanda dell’impresa, la stessa area già individuata per il consumatore. Se, quindi, la domanda è esercitata per uno stesso bene sia da consumatori sia da imprese e valgono le ipotesi della Proposizione 10.5, allora il surplus aggregato che i consumatori e le imprese ottengono con l’acquisto del bene è pari all’area racchiusa tra la curva aggregata di domanda e l’asse dei prezzi (limitatamente all’intervallo dei prezzi superiori al prezzo p del bene), ossia V = ∫ ∞ p D ( p ) dp , ove D(p) è la funzione aggregata di domanda (esercitata da consumatori e da imprese). Poi, una variazione ∆p del prezzo determina una variazione del surplus aggregato ∆V = − ∫ p +∆p p D ( p ) dp . Se l’impresa è venditrice il bene ed è price-taker sul mercato del bene in esame, l’analisi precedente mostra come il vantaggio (surplus) dell’impresa sia v = ∫ p pc s ( p ) dp . Questo coincide con il profitto dell’impresa (pari, nel breve periodo, alla somma tra il profitto e il costo fisso). Perciò, il surplus dell’impresa venditrice è pari sia all’area racchiusa tra la curva di offerta e quella dei prezzi (limitatamente all’intervallo compreso tra il prezzo di chiusura e il prezzo di vendita), sia all’area racchiusa tra il prezzo di vendita (sempre che questo non sia inferiore al prezzo di chiusura) e la curva del costo marginale. Questa equivalenza consente di determinare il surplus dell’impresa venditrice il bene in esame anche se non è price-taker. In questi casi il surplus è pari all’area determinata, per ogni unità venduta, dalla differenza tra il prezzo e il costo marginale. Se vi sono più imprese venditrici, il surplus aggregato è la somma dei loro surplus. Allora, nel caso in cui le imprese venditrici sono tutte price-taker, il loro surplus aggregato è pari all’area racchiusa tra la curva di offerta e quella dei prezzi (limitatamente all’intervallo compreso tra 0 e il prezzo di equilibrio). p p MC(Q) S(p) p* V p* V D(p) Q* D(p) MR(Q) Q* Q Q Figura 10.29 Figura 10.28 Nelle Figure 10.28 e 10.29 è rappresentato il vantaggio (surplus) complessivo (di tutti i compratori e venditori il bene in esame) generato dallo scambio, rispettivamente nell’equilibrio parziale concorrenziale e in quello di monopolio a prezzo unico. 37 La misura del vantaggio (surplus) complessiva indicata precedentemente è stata riferita ad una funzione di benessere sociale benthamiana, cioè del tipo U = Σ i =1 ui . Questo n riferimento può essere indebolito, sempre con l’ipotesi che le funzioni di utilità individuali siano quasi-lineari, cioè del tipo ui(xi) = xi1 + fi(xi2), secondo il ragionamento seguente. Si introduca, per il caso in esame, l’insieme delle utilità massimali (Definizione 8.6). Si trova n che esso è del tipo Umax = {u∈ : Σin=1ui = k }. Per intuire questo risultato si parta da un punto qualsiasi di Umax e si tolga un po’ del primo bene ad un individuo (che ne abbia) e lo si dia ad un altro lasciando invariate le quantità del secondo bene. Poiché il consumo di questo rimane invariato, di tanto cresce l’utilità del secondo individuo di quanto diminuisce quella dell’altro e si perviene ancora ad un vettore di utilità massimali perché le condizioni di efficienza continuano ad essere soddisfatte (essendo invariate le utilità marginali del secondo bene e, quindi, i saggi marginali di sostituzione). Si introduca ora una qualsiasi funzione di benessere sociale W(u1,…,un). Si massimizzi questa funzione su Umax e si introduca la funzione indiretta di benessere sociale. Poiché Umax dipende soltanto da k, si ha W*(k). Essendo W una funzione ordinale, si scelga quella sua trasformazione strettamente crescente per cui W*(k) = k. Essendo k = Σin=1ui , si ha allora che Σin=1ui è una possibile misura del benessere sociale qualunque sia la funzione di benessere sociale che viene massimizzata. 10.14 L’evoluzione dell’analisi dell’equilibrio parziale L’analisi dell’equilibrio parziale concorrenziale è soprattutto opera di Marshall (1890), che ne ha introdotto tutti gli elementi principali. In precedenza, l’equilibrio parziale era stato esaminato, in modo rudimentale, anche da Jevons e da Menger. Marshall ha fatto di esso il centro della sua teoria, introducendo così l’economia industriale, anche nei suoi aspetti dinamici, tramite la distinzione tra breve e lungo periodo. Peraltro, l’intento di Marshall era solo in parte analitico. Nella sua teoria vi sono argomentazioni in cui l’analisi statica è commista a considerazioni di tipo dinamico: ad esempio, la curva di offerta di lungo periodo viene formulata introducendo considerazioni riguardo la migliore organizzazione d’impresa che può accompagnare lo sviluppo di questa e spiegando in tal modo come la curva di offerta (che assume però così natura alquanto diversa da quella considerata in questo capitolo) possa risultare decrescente rispetto al volume della produzione. L’analisi dell’equilibrio parziale concorrenziale si è sviluppata nel periodo marshalliano e in quello immediatamente successivo, accompagnata anche da ricerche econometriche (ad esempio, Schultz, 1938) e dall’introduzione di modelli dinamici (come quello della ragnatela esposto nel Paragrafo 10.7). Non vi sono stati successivamente contributi di rilievo (se non critici, come quello di Sraffa, 1925, verso la costruzione marshalliana dell’equilibrio concorrenziale parziale, in particolare verso l’introduzione di una curva non costante di offerta dell’industria con libertà di entrata). Anche per questa ragione, l’interesse degli economisti si è 38 spostato sia verso l’equilibrio parziale non concorrenziale (più recentemente anche con informazione asimmetrica) sia verso l’equilibrio generale concorrenziale. Pur tuttavia, l’analisi dell’equilibrio parziale concorrenziale è ancora oggi un riferimento indispensabile, con cui confrontare le altre analisi. L’analisi dell’equilibrio di monopolio a prezzo unico, sviluppata da Marshall (1890) e Edgeworth (1897), è stata introdotta da Cournot (1838), che è ritenuto il primo economista ad avere usato in modo esteso e coerente la matematica in economia (egli è stato anche il primo economista a compiere un’analisi dell’oligopolio e del monopolio bilaterale, oltre a introdurre l’analisi dell’equilibrio parziale concorrenziale). La sistemazione del monopolio con discriminazione del prezzo (inclusa la distinzione tra i tre generi) è opera di Pigou (1912 e 1920), successore di Marshall a Cambridge. Nell’ambito della scuola inglese marshalliana è stata sviluppata l’analisi generale delle forme di mercato non concorrenziali: a questo riguardo l’autrice più significativa è Robinson (1933), cui si deve l’analisi e lo stesso termine di monopsonio. L’analisi della concorrenza monopolistica è opera di Chamberlin (1933). 39