Elettronica e rumore L’analisi chimica moderna non esisterebbe senza le possibilità offerte dall’impiego razionale degli strumenti elettronici. La maggioranza di questi strumenti contiene un trasduttore/rivelatore ed un elaboratore di segnale che comunica con un microprocessore o computer. Il trasduttore converte le variazioni di temperatura, concentrazione, pressione, volume o intensità di luce in segnali elettrici. L’elaboratore di segnale converte il segnale elettrico in una forma appropriata per l’utilizzo finale. Il computer immagazina, elabora e distribuisce i dati; può gestire il funzionamento dello strumento. Schema di uno strumento modulare Come funzionano i rivelatori e come trasformano l’informazione analitica? Tutti i dispositivi elettronici, dai più semplici ai più complessi, hanno la funzione di gestire un flusso di cariche elettriche che scorrono tutte nella stessa direzione (DC). L’intensità del flusso di corrente dipende dal potenziale elettrico e dalla resistenza al flusso secondo la legge di Ohm. V è il potenziale (V) i è la corrente (A) V=iR R è la resistenza (Ω) Le proprietà dei circuiti elementari in corrente continua possono essere interpretate e previste utilizzando le leggi di Kirchhoff: 1. La somma algebrica delle correnti in qualsiasi nodo del circuito è pari a zero; 2. La somma algebrica delle differenze di potenziale lungo qualsiasi percorso chiuso di un circuito è pari a zero. Resistori in serie Resistori in parallelo Il circuito noto come ponte di Wheatstone, costituito da resistori combinati in serie ed in parallelo, consente di misurare accuratamente minime differenze sia di potenziale che di resistenza. Quando nel filo che unisce i punti a e b non si ha passaggio di corrente si ha una condizione di annullamento (stessa tensione). La condizione di annullamento è caratteristica del bianco. Deriva e rumore Tutti i sistemi analitici si basano sulla misurazione di un segnale (i.e. ∆V). Il segnale costante in uscita, non dovuto all’analita contenuto nel campione, si definisce linea di base (oppure fondo o “baseline”). L’allontanamento nel tempo della linea di base dalla orizzontalità si chiama deriva (“drift”). Si definisce rumore (o “noise”) una indesiderata variazione del segnale in uscita, dipendente dal tempo, casuale o quasi casuale. Un esperimento in cui il rumore di fondo sia completamente assente è impossibile… => la presenza del rumore è uno dei fattori strumentali che contribuiscono a limitare le prestazioni analitiche di qualunque strumento. Diluendo di un fattore 1:10 il campione analitico, diventa praticamente impossibile discriminare tra il segnale dell’analita ed il fondo. Il rumore nei segnali elettrici è dovuto a fenomeni diversi, generando almeno quattro forme di rumore: Rumore bianco (termico o gaussiano): dovuto al moto casuale degli elettroni in un circuito; Rumore granulare: nasce dall’emissione o dalla incidenza casuale dei quanti, fotoni o elettroni; Rumore 1/f: si manifesta nelle misurazioni < 300 Hz; Rumore di linea (interferenza): dovuto a correnti indotte da campi E o B esterni al campione ed allo strumento. Misura del rumore L’intensità del rumore può essere misurata in 2 modi: • misurare la sua massima ampiezza in una regione priva di segnali analitici (tensione picco-picco, Vp-p); • trattare il noise come un’onda sinusoidale e calcolare la radice quadrata del rumore quadratico medio (rootmean square noise, rms). Vrms = 0.35 Vp-p Il rapporto S/N Più che il valore assoluto del rumore, è importante calcolare il rapporto rumore/segnale (signal-to-noise ratio, S/N) per conoscere il limite per la determinazione dell’analita nel campione. Si esprime come limite di rivelabilità la quantità di analita capace di produrre un segnale da 2 a 3 volte il livello di rumore rms. Il limite inferiore di concentrazione esprime la quantità che può essere effettivamente misurata ed è in genere da 3 a 5 volte superiore al limite di rivelabilità.