P I E R G I O R G I O B E R T A G G I A Il segnale e il rumore: arte e scienza della previsione Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 2 PREMESSA Da sempre l’uomo è affascinato dalla probabilità di prevedere e quindi di determinare il futuro. Dalle religioni alla magia, dalla filosofia al gioco d’azzardo, dallo sviluppo della scienza al più semplice gioco di carte, ogni nostra azione, ogni nostro pensiero ma soprattutto ogni nostra scelta contempla, sulla base di un’analisi dell’azione passata, una previsione di ciò che sarà il futuro. Il libro di Nate Silver, dal titolo Il segnale e il rumore. Arte e scienza della previsione affronta con piglio scientifico questo tema analizzando, capitolo dopo capitolo, quanto sia difficile prevedere come si concluderà una partita, tra quanti anni si renderanno visibili i risultati del surriscaldamento globale o, molto più semplicemente, se domani dovremo prendere l’ombrello prima di uscire di casa. Individuare i segnali che possono farci predire ciò che avverrà comporta la capacità di riconoscerli attraverso ondate di rumore sempre più imponenti in un mondo che, con la crescita della tecnologia, ha aumentato in maniera esponenziale i dati a nostra disposizione, rendendo più complicato capire quali sono i dati che possono davvero esserci utili nella simulazione del nostro futuro. La fiducia o la sfiducia nella capacità di elaborare strategie vincenti o semplicemente piani di sopravvivenza grazie all’elaborazione dei “segnali” ha determinato, nella storia più antica, così come in quella recente, comportamenti, riflessioni filosofiche, scoperte scientifiche e creazioni artistiche e letterarie completamente diverse tra loro. Nelle pagine che seguono andremo ad esaminarne alcune. Il futuro nelle stelle: il mondo classico Furono molti nell’antichità, i personaggi che si avventurarono nello studio della volta celeste e che da questo trassero informazioni per poter elaborare previsioni riguardanti il futuro. Naturalmente, non mancò chi, dal desiderio di conoscere il domani che da sempre caratterizza tutti gli esseri umani, cercò di trarre un personale vantaggio. L'oscura città di Abonutico, situata sulla costa settentrionale dell'Asia Minore, nella seconda metà del II secolo d.C. si trasformò in un centro famoso, meta di pellegrini provenienti da ogni parte per consultare l'"oracolo" che vi aveva sede, un dio-serpente di nome Glicone. Il "merito" di tutto ciò va attribuito ad un tal Alessandro, spregiudicato avventuriero e falso profeta, protagonista dello scritto omonimo di Luciano di Samosata (120-180 d.C.), che ne traccia un preciso profilo, dal quale emerge anche il diffuso clima di ansiose aspettative verso un tramite col soprannaturale che favorì l'affermarsi di molti profittatori. Per certi versi l'Alessandro rientra nel genere delle biografie, ma in un'ottica nuova rispetto alle precedenti, rovesciando la tradizionale finalità agiografica: qui si pone in evidenza non un esempio da imitare, ma un modello da evitare ed avversare, sostanzialmente un abile ciarlatano come molti "indovini" odierni, che l'autore si prefisse di smascherare e ridicolizzare, in parte riuscendovi. Affine a quest'opera è La Morte di Peregrino, resoconto del suicidio sul rogo, davanti agli spettatori riuniti per le Olimpiadi del 165 d.C., del "profeta" ex cristiano e filosofo cinico Peregrino Proteo, che Luciano critica e deride aspramente per tutta l’opera, considerandolo un fanatico e un arrivista innamorato della gloria personale, piuttosto che della virtù e di validi principi etici. Se invece parliamo di un’opera di carattere più “scientifico”, non possiamo tralasciare Arato di Soli (315-240 a. C.), prolifico poeta alessandrino, di cui merita ricordare il poema didascalico Fenomeni di contenuto astronomico, nel quale egli descrive le costellazioni della zona settentrionale e meridionale, il sorgere e tramontare del sole, gli indizi che segnalano le variazioni del tempo. La parte conclusiva del poema espone le Prognoseis (Προγνώσεις), cioè appunto le "previsioni", gli indizi che segnalano variazioni prossime del tempo, tratti da alcuni fenomeni del mondo naturale e animale. La fonte scientifica è di tutto rispetto: si tratta del matematico e astronomo Eudosso di Cnido, discepolo di Archita di Taranto e di Platone. Quintiliano giudicò severamente il poema da un punto di vista artistico ("il soggetto scelto da Arato è senza vita e monotono, né permette pathos, descrizione di caratteri e discorsi eloquenti", Institutio oratoria X 1, 55); quanto all'attendibilità scientifica, il massimo astronomo alessandrino, Ipparco di Nicea, scrisse un'Interpretazione dei Fenomeni di Arato e di Eudosso, che, più che un'interpretazione, è una puntuale confutazione delle loro sviste. Eppure esso ottenne un successo senza precedenti, tanto da essere tradotto in latino da Varrone Atacino, Cicerone, Germanico e Avienio. Particolarmente interessante la traduzione di Germanico (15 a.C.-19 d.C), grandissimo generale che rubava le ore al sonno per dedicarsi alla poesia, per l’attenzione ai fenomeni cosmici e per il non celato scetticismo rispetto ai culti religiosi che si accompagnano a quei fenomeni. Sul fronte latino incontriamo Manilio (I sec. a.C.-I sec.d.C.), che visse sotto gli imperatori Augusto e Tiberio e che scrisse un poema didascalico intitolato Astronomica. Manilio ritiene, a differenza di Lucrezio (De Rerum Natura) che gli astri si muovano Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 3 secondo un preciso ordine e che influenzino il comportamento e il destino degli uomini, dando prova di quella confusione tra astronomia e astrologia che è un vero e proprio segno dei tempi, risultando caratteristica di tutto il periodo ellenistico postalessandrino: qualsiasi scienziato alessandrino, infatti, avrebbe classificato come ridicola superstizione la pretesa di ricavare dagli astri informazioni per il futuro dell'uomo; il massimo che si poteva "prevedere", come abbiamo visto in Arato, era il tempo atmosferico, in base all'osservazione scientifica di alcuni segnali naturali. Di tale scadimento del livello scientifico è chiaro indizio la grande attenzione dedicata all'astrologia (ancora una volta fusa e confusa con l'astronomia) dal massimo astronomo del periodo greco-romano: Claudio Tolomeo. TOLOMEO E LE TETRÀBIBLOS Tolomeo (100-175 d.C. circa) fu il primo autore classico ad affrontare l’argomento astrologico con rigore: a differenza di coloro che lo avevano preceduto, nelle Tetràbiblos organizzò l’analisi delle influenze dei movimenti degli astri in pochi presupposti ben definiti, istruendo il lettore a dedurre leggi geometriche precise. Va rilevato come, partendo da quella che chiama la natura dei vari pianeti, l’autore sviluppi con metodo deduttivo un sistema astrologico organico e coerente che, sia pure integrato nel corso dei secoli, ha resistito fino ai giorni nostri. È sorprendente come questo sommo scienziato, autore del monumentale trattato Mathematikè Syntaxis, noto con il nome arabo di Almagesto (storpiatura del greco He Meghìste, "La Grandissima"), non sembri istituire alcuna gerarchia d'importanza fra una vera e propria scienza, quale l'astronomia, e una semplice superstizione, quale l'astrologia. Il periodo ellenistico imperiale, che si colloca tra la battaglia di Azio (31 a.C.) e il periodo bizantino, come molte altre epoche storiche che videro l’ascesa di governi assolutistici, portò con sé la perdita della capacità di elaborare un pensiero critico, laico e scientifico riguardo al futuro, caratteristico di governi più illuminati e democratici. Prevale la diffusione di un generale atteggiamento irrazionalistico, la cui espressione più tipica è il sincretismo religioso e la proliferazione di culti salvifici provenienti dall'Oriente; manifestazioni di fuga dalla realtà possono essere intraviste anche in campo letterario, per esempio nel diffondersi del romanzo greco, fenomeno già presente nel periodo alessandrino, che si manifesta però in maniera prepotente nel periodo imperiale e si inserisce nel più ampio contesto dell’affermarsi di una letteratura “non ufficiale” come reazione alla cultura d’élite, troppo distante dai gusti e dalle aspettative della gente comune. Non sempre queste opere sono di pura evasione: per esempio Le metamorfosi o L'asino d'oro (Asinus aureus) di Apuleio (II secolo d.C.), al di sotto dell'apparente frivolezza del tono e del disimpegno ostentato per dieci libri, nascondono un profondo significato religioso, di carattere isiaco, che si svela chiaramente nell'undicesimo ed ultimo libro. LA SATIRA Nessuno, forse, ci restituisce un ritratto del periodo imperiale più impietoso di Giovenale (50-127 d.C.), il quale ammette fin dall'inizio che quel che lo spinge a scrivere è proprio l'indignazione verso la società in cui si trova suo malgrado a vivere: una società in cui il degrado morale si accompagna a quello intellettuale, trascinando l'umanità in una spirale senza via d'uscita. I bersagli della satira di Giovenale sono numerosi, provenienti da ogni ceto e da ogni sesso; tutta la società romana del suo tempo è bollata con parole di fuoco e la plebe si mantiene imbelle, una massa di ignavi stordita da spettacoli di gladiatori e corse (la celeberrima espressione panem et circenses è proprio di Giovenale). Per un'umanità del genere non c'è futuro, e la prognosi, in ogni caso, non può che essere infausta. Del resto, anche in precedenza non era mancato chi aveva manifestato un atteggiamento di assoluta sfiducia nella possibilità di prevedere gli sviluppi degli eventi: il caso più lampante dell'antichità si ha nella storiografia con la figura di Erodoto (484430 a.C.). Per lui la storia si manifesta in una serie dinamica di violazioni e reintegrazioni dell'ordine cosmico (cioè nell'alternanza hybris-nemesis), per cui in un certo senso l'uomo gioca una partita le cui carte sono truccate da una forza Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 4 divina che non rivela le regole del gioco, manifestandosi secondo le modalità arcaiche dell’invidia degli dei ed intervenendo spesso ad abbattere chi ha commesso hybris (concezione tragica della storia). Il senso dell'azione divina, il senso del destino, non è per nulla chiaro e comprensibile, ma risulta anzi sostanzialmente inconoscibile: ciò non può che tradursi nell’assoluta impossibilità, per l’uomo, di determinare e prevedere il proprio futuro. Ne consegue che la storia "non è maestra di nulla", esattamente all'opposto di quanto affermerà poco tempo dopo Tucidide. Ma è veramente così? Seguiamo gli sviluppi del discorso di Nate Silver per poterlo comprendere. Eventi storici imprevedibili: la Grande Depressione I consumi quotidiani hanno oltrepassato la soglia del bisogno per entrare nella regione del lusso. Il paese può guardare al presente con soddisfazione e al futuro con ottimismo. Il Presidente Coolidge, 4 dicembre 1928 La disoccupazione è stata la più endemica, insidiosa e malattia della nostra generazione, seconda solo alla Guerra… The Times, 23 gennaio corrosiva Nate Silver nel suo libro effettua alcune analisi storiche partendo dall’utilizzo delle parole nel linguaggio comune. In particolare registra che, da un’analisi dei giornali dei primi anni del ventesimo secolo, appare che le parole prevedibile e imprevedibile vennero usate, all’incirca, lo stesso numero di volte. La Depressione e la Seconda guerra mondiale catapultarono invece la parola imprevedibile nella posizione dominante. La Grande Depressione, che si concretizzò nel crollo dell’economia mondiale tra le due guerre, fu un evento che ebbe un effetto profondo sugli avvenimenti storici successivi (in primis l’ascesa dei regimi totalitari) e, in generale, su tutta la storia del Novecento. Esso rappresenta in assoluto uno degli avvenimenti più imprevedibili (o, quanto meno, imprevisti) che la storia dell’umanità si sia mai trovata ad affrontare. Mentre la prima guerra mondiale fu un fenomeno che interessò solo l’Europa, la grande depressione toccò tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti che, lungi dall’essere un porto sicuro al riparo dalle tempeste economiche come fino ad allora si era creduto, divennero l’epicentro di un immenso terremoto. Fu proprio la consapevolezza collettiva a mutare, dal momento che, fino ad allora, tutte le fluttuazioni economiche erano state accettate come depressioni cicliche e naturali, mentre, per la prima volta nella storia, la crisi del ’29 parve mettere in pericolo l’intero sistema capitalistico. Lo stesso fenomeno pare verificarsi oggi, con la spirale deflattiva e la perdurante crisi economica che stiamo attraversando, e della quale, nonostante le rassicurazioni dei nostri governi, non si vede la fine. Il processo di mondializzazione dell’economia sostanzialmente si arrestò negli anni tra le due guerre anche a causa della minore circolazione di persone e di merci. Gli anni precedenti la prima guerra mondiale erano stati il periodo delle più grandi emigrazioni di massa che la storia ricordi, ma in seguito questo flusso si inaridì, passando dai 15 milioni di emigrati verso le Americhe dei primi 15 anni del secolo ai circa 700.000 registrati tra gli anni ’30 e la fine della guerra. Il livello del commercio mondiale, alla fine degli anni ’20, era ad un livello di poco superiore a quello del 1913, mentre tra il 1890 e il 1913 era più che raddoppiato. Dati tanto più sorprendenti se si pensa che la prima guerra mondiale aveva generato un numero consistente di Stati in Europa e Medio Oriente che avrebbero dovuto portare ad una forte crescita del commercio interstatale. Persino il flusso di capitali parve prosciugarsi, tanto da arrivare a ridursi del 90%. Furono molte le ipotesi formulate per giustificare una stagnazione di questo livello, ma quella che parve più convincente fu che ogni Stato fece tutto il possibile per proteggere la propria economia contro le minacce provenienti dall’esterno, vale a dire contro l’economia mondiale che era chiaramente in grande difficoltà. Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 5 LA LETTERATURA AMERICANA Sul fronte letterario esiste un capolavoro della letteratura americana che rappresenta perfettamente il mito di questo mondo in declino: Il Grande Gatsby di F.S. Fitzgerald (18961940). Esso narra di un triangolo tra Jay Gatsby, Daisy Fay e il marito di questa Tom Buchanan e racchiude in sé lo spirito di un periodo fatto di sogni, feste e disincanti che preconizza tragicamente il disastro prossimo a venire, che avrà nella depressione economica la sua piena rappresentazione. In questa storia, Fitzgerald ritrae una generazione che, per sopravvivere alla morte del sogno americano, dovette adattarsi a far scivolare i sentimenti su una impermeabile e disumana corazza. Dagli Stati Uniti la crisi dilagò in Europa, colpendo un sistema produttivo appena ripresosi dalla grave crisi del dopoguerra e che contava sugli aiuti americani per il consolidamento della propria ripresa economica. Le conseguenze non si fecero attendere: dal punto di vista economico si ebbe il crollo del sistema monetario internazionale fondato sull'oro, dal punto di vista politico tale crollo fece sì che le potenze accentuassero la propria spinta all’espansione che, una volta esauritasi la spinta coloniale di fine ‘800, si diresse verso le aree vicine, con tutti i rischi di conflitto e di destabilizzazione dell’intero sistema internazionale. In tale contesto maturò l’ascesa dei regimi totalitari e la loro ricerca di "spazi vitali", soprattutto in Germania e in Italia. Qui, in particolare, il Fascismo accentuò sempre più l’indirizzo dirigista varato nel 1926 imponendo un rigido sistema economico centralizzato, mentre, su un piano intellettuale, si impegnò nella costruzione del consenso e dell’intenso apparato di immagine che sarebbe stato fondamentale per il suo sviluppo. ESISTE UN LIMITE ALLA MATEMATICA? Con l'espressione crisi dei fondamenti della matematica ci si riferisce al fallimento del tentativo di dare una rigorosa giustificazione formale all'insieme di definizioni e deduzioni su cui si basa l'aritmetica (e conseguentemente anche la matematica nella sua interezza), il quale fu seguito all'inizio del Novecento da una radicale revisione dei concetti fondamentali della disciplina. In seguito al grande impulso ricevuto dalla formalizzazione nel corso dell'Ottocento grazie al lavoro di matematici come George Boole, Giuseppe Peano e Richard Dedekind, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo un nutrito gruppo di studiosi si impegnò nel tentativo di dare una rigorosa fondazione logica ai contenuti delle proposizioni matematiche, con l'obiettivo di produrre una giustificazione assoluta della loro validità (in ciò fu importante specialmente il lavoro di Gottlob Frege); tuttavia l'insorgenza di difficoltà inaspettate (in particolare una serie di paradossi portati alle loro estreme conseguenze da Kurt Gödel nel 1931), finì per dimostrare l'incompletezza di tutta la matematica. È in generale riconosciuto il ruolo che la crisi dei fondamenti della matematica rivestì nella più ampia crisi che all'inizio del Novecento investì anche la fisica, la psicologia e la filosofia, provocando una perdita di certezze nel campo dell'epistemologia e della filosofia della scienza che portò in ultima analisi al crollo delle teorie filosofiche positiviste. Due intellettuali di fronte al Fascismo: Montale e D’Annunzio Tra gli intellettuali che assunsero di fronte al Fascismo un atteggiamento di distacco spicca Eugenio Montale (1896-1981), per la dignità e la compostezza delle scelte. Il poeta di Ossi di seppia evitò il coinvolgimento attivo e sostenne la transitorietà della realtà politica rispetto all’essenzialità della condizione umana, ma, nel contempo, operò anche concretamente rifiutando di iscriversi al Partito fascista e pagando tale rifiuto con il licenziamento dall’impiego di direttore del Gabinetto Viesseux. La storia non si snoda come una catena di anelli ininterrotti in ogni caso molti anelli non tengono. La storia non contiene il prima e il dopo nulla che in lei borbotti a lento fuoco. E.Montale, La Storia Impossibile non leggere in questi versi un’ombra di sfiducia, di profonda ammissione di incapacità di leggere, nella storia, qualche vago segno in grado di darci la capacità di intravedere un futuro, immersi in un sentimento di sconforto che potremmo definire quasi "erodoteo". Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 6 La storia, per Montale come già per Erodoto, non è “maestra di vita”, il mondo non procede deterministicamente verso un futuro migliore, il nostro destino è imperscrutabile e “i cocci aguzzi di bottiglia” sono sempre lì a ricordarci quanto può essere pericoloso il nostro viaggio. Ben diverso, anche se per molti versi contradditorio, l’atteggiamento di un altro intellettuale dell’epoca, Gabriele D’Annunzio (1863-1938) di fronte all’ascesa del potere assoluto. Il suo rapporto con il fascismo fu complesso e articolato: i fascisti in ascesa celebrarono D'Annunzio, riutilizzando i motti e i simboli del Vate già utilizzati a Fiume, come uno dei massimi e più fecondi letterati d'Italia, anche se lo scrittore, a parte l'adesione iniziale ai Fasci di combattimento, non prese mai la tessera del Partito Nazionale Fascista. Nonostante ciò, assieme a Filippo Tommaso Marinetti egli fu uno dei firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti pubblicato nel 1925. In seguito, Mussolini arrivò a finanziarlo con un assegno statale regolare, che gli permise di far fronte ai numerosi debiti; in cambio D'Annunzio evitò di esternare troppo il disprezzo che provava per la trasformazione del fascismo-movimento, che aveva ammirato, in un regime dittatoriale. A prescindere da questa dinamica di adesione-rifiuto, ciò che rimane ben leggibile, in tutta la poetica e la vita dannunziana, è un forte legame con la realtà e la storia, una significativa fiducia nell’uomo forte e capace, con le sue scelte, di incidere nella storia. La fiducia nel domani: determinismo e positivismo Eppure il periodo delle dittature era stato anticipato, nella seconda metà del XIX secolo, da un atteggiamento di profonda e serena fiducia nella scienza e nel progresso. Il novello illuminismo convinse molti a fare affidamento su di un’idea di evoluzione tutta orientata in positivo. Secondo - appunto - il positivismo, la scienza, cioè la ricerca delle leggi che regolano il mondo fenomenico, è l'unica forma di conoscenza possibile, e l’unico metodo valido per l'indagine è quello oggettivo, sperimentale. I fenomeni sono in relazione fra loro, legati da un rapporto costante di causa ed effetto. Tra scienza e progresso vi è un rapporto inscindibile, la scienza deve porsi a fondamento di tutto l'ordine sociale. L’evoluzionismo e i suoi influssi sulle discipline Nelle sue opere, Charles Darwin (1809-1882), che della teoria evoluzionista fu il massimo esponente, sostiene che la specie si evolve positivamente e indefinitamente nel tempo, a prezzo però di una lotta feroce che gli individui e i gruppi combattono per la sopravvivenza e che elimina i più deboli. I presupposti della teoria darwiniana, insieme alle conoscenze della genetica mendeliana, hanno permesso lo sviluppo della teoria in cui la selezione naturale rappresenta la forza principale dell'evoluzione e la conoscenza dei geni permette di capire l'origine della variazione per mutazione, il mantenimento di variazioni latenti e la generazione di variazioni attraverso la ricombinazione genetica. Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 7 L’ EVOLUZIONISMO E LA SCOPERTA DEGLI IDROCARBURI Morchio et al. (2001) hanno proposto che I primi organismi viventi si siano formati in uno strato di idrocarburi idrofonici che ricopriva gli oceani primordiali consentendo sia la formazione, sia la stabilizzazione delle principali macromolecole biologiche come le proteine e gli acidi nucleici. Queste molecole erano probabilmente in grado di autoreplicarsi indipendentemente durante una fase anabolica notturna sfruttando la “scarica” dei gradienti elettrochimici ai due lati di una membrana di idrocarburi (che funziona da condensatore elettrico) prodotti dalle irradiazioni solari durante una fase catabolica diurna di “carica”. La primitiva protocellula sarebbe quindi stata costituita da membrane, proteine ed acidi nucleici in grado di replicarsi sfruttando l’energia solare e termica, ad esempio sviluppando una versione primitiva di proteine come la rodopsina e l’ATP sintasi. Sul piano ideologico, l'evoluzionismo di Darwin da una parte sembrò offrire la giustificazione della prevaricazione dei potenti a danno degli inermi, sia in politica interna sia in politica internazionale (colonialismo e imperialismo) e, dall'altra, confermare le ipotesi socialiste di lotta di classe. Sul piano letterario, molti naturalisti e veristi costruirono sulla base di questi fattori esterni la psicologia dei loro personaggi, traendo conclusioni pessimistiche su come le leggi della selezione naturale condizionano spietatamente gli uomini. In particolare, il Naturalismo - corrente letteraria che rappresenta l'ultima evoluzione del Realismo ottocentesco - può essere visto come la traduzione, sul piano creativo e artistico, della filosofia del Positivismo. Se prima lo scrittore poteva intervenire nella vicenda di volta in volta narrata con suoi giudizi e commenti in prima persona, ora all'autore naturalista viene richiesto il massimo distacco, al fine di ottenere una rappresentazione il più possibile impersonale. Per essere fedele alla realtà, l'autore deve limitarsi a fotografarla (non è casuale l'interesse di molti di questi scrittori per la fotografia, una tecnica che allora muoveva i primi passi), senza farsi turbare psicologicamente. Il Verismo è una corrente letteraria sviluppatasi in Italia nella seconda metà dell'Ottocento. Possiamo dire che il Verismo è il corrispettivo italiano del Naturalismo francese. Tuttavia, mentre in Francia il Naturalismo si sviluppa in una società industriale e in un contesto cittadino, il Verismo ha a che fare con una realtà, quella italiana, ancora arretrata dal punto di vista economico e con uno sfondo soprattutto rurale. Inoltre, mentre gli scrittori naturalisti manifestano una certa fiducia nel progresso, l'ideologia dei veristi è molto più pessimistica. Un miglioramento delle condizioni di vita dei ceti subalterni sembra impossibile: nei loro libri, quando un personaggio di umile condizione cerca di salire nella sociale, il suo sforzo finisce quasi sempre in tragedia (si pensi soprattutto ai Malavoglia di Giovanni Verga). In campo filosofico, in riferimento alle teorie darwiniane non è possibile non citare il filosofo inglese Herbert Spencer (18201903), padre del cosiddetto darwinismo sociale. Secondo il pensatore britannico, la filosofia si occupa di unificare i risultati delle varie scienze in una generalizzazione superiore e, per questo motivo, Spencer definisce il suo pensiero come sistema di filosofia sintetica. I risultati generali raggiunti dalle varie discipline scientifiche sono riassumibili in tre principi: indistruttibilità della materia, continuità del movimento, persistenza della forza. Compito della filosofia sarà formulare una legge che li ricomprenda e Spencer individua tale legge nella legge dell'evoluzione, che riguarda la società umana non meno delle specie animali e seleziona spietatamente i deboli, gli emarginati, i "diversi", gli inetti alla sopravvivenza, decretando la loro morte, che è da considerare "giusta" in senso naturale. In tal senso gli aiuti sociali (il cosiddetto "Welfare state") sono antinaturali e tutt'altro che positivi, perché i deboli devono soccombere. Superfluo aggiungere che uno dei migliori interpreti di questo pensiero è stato Adolf Hitler. Storia: maestra di vita? La storia può fornirci approdi per rendere meno incerto il nostro faticoso navigare e soprattutto fornirci segnali validi per poter orientare le nostre azioni? C'è chi, nonostante tutto, ne è convinto. Risalendo ciclicamente fino al mondo greco con cui abbiamo iniziato il nostro viaggio, non possiamo non citare l'altro grande pilastro della storiografia antica: lo storico Tucidide, vissuto nel V secolo a.C., per cui la storia ha il compito di fornire a chi guida la comunità gli strumenti per interpretare il presente e prevedere gli sviluppi futuri dei rapporti tra le pòleis. Esistendo nella storia umana una costante, che è la natura profonda e immutabile dell'essere umano, è possibile delineare l’esistenza di leggi che regolano in maniera univoca il comportamento degli uomini aggregati. Dunque la storia, così intesa, regolata da leggi costanti, può assurgere a disciplina scientifica ed è maestra di vita, definizione che pone l’atteggiamento dello storico in netto contrasto con il suo predecessore Erodoto. Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 8 Anche le Storie di Polibio (206-124 a.C.) portano a definitiva consacrazione il concetto di historia magistra vitae. La storia deve essere conosciuta e studiata perché deve orientare l’attività politica. Gli scritti di Polibio ebbero una grande influenza su Cicerone, sui Padri Fondatori degli Stati Uniti e su Charles de Montesquieu. Per quanto debitore quasi in tutto di Tucidide, infatti, egli risultò più determinante del suo grande predecessore per gli sviluppi del pensiero occidentale. Un fine interprete del pensiero tucidideo fu Niccolò Machiavelli (1469-1527). Con il termine machiavellico si è spesso indicato un atteggiamento spregiudicato e disinvolto nell'uso del potere: un buon principe deve essere astuto per evitare le trappole tese dagli avversari, capace di usare la forza se ciò si rivela necessario, abile manovratore negli interessi propri e del suo popolo. Con Machiavelli l'Italia ha conosciuto il più grande teorico della politica. Secondo Machiavelli la politica è il campo nel quale l'uomo può mostrare nel modo più evidente la propria capacità di iniziativa, il proprio ardimento, la capacità di costruire il proprio destino secondo il classico modello del faber fortunae suae. Nel suo pensiero si risolve il conflitto fra regole morali e ragion di Stato, che impone talvolta di sacrificare i propri princìpi in nome del superiore interesse di un popolo. E’ forse proprio nella sua figura che possiamo intravedere la rappresentazione dell’uomo capace di operare per il meglio, deterministicamente, secondo schemi governabili dalle competenze e dalle capacità personali: e questo rappresenta forse il massimo livello di prevedibilità degli eventi concesso ad un essere umano. RIFERIMENTI Bibliografia - Nate Silver Il segnale e il rumore. Arte e scienza della previsione, Roma, Fandango Libri, 2013; - Arato di Soli in Enciclopedia Treccani, vol.1, Roma, 1977 - Luciano di Samosata in Enciclopedia Italiana, vol.5, Roma,1934 - Erodoto e Tucidide in Enciclopedia Italiana, vol.5, Roma,1934; - Manilio e Germanico in Encilopedia Treccani, vol. 1, Roma, 1977; - Eric Hobsbawm, Il secolo breve, Milano, Rizzoli, 1995; - La logica dell’evoluzione dei viventi, spunti di riflessione. Atti del convegno del gruppo italiano di biologia evoluzionistica, Firenze, 2004; - Anna Maria Andreoli, Mondadori, 1995. Gabriele D’Annunzio, le faville del maglio, XII Milano, Pier Giorgio Bertaggia – Il segnale e il rumore 9 Sitografia - La crisi del ’29, www.raistoria.rai.it/crisidel29, consultato il 15.06.16; - La Storia di Eugenio Montale, www.poesieracconti.it, consultato il 16.06.16; - Charles Darwin, www.darwin-online.org.uk, consultato il 14.06.16; - Stefano Crivelli, 18.06.16; - Matteo Zenoni, Naturalismo e Verismo. Lezioni di letteratura www.slideshare.net/naturalismo, consultato il 18.06.16; - Limite alla matematica, www.matematica.net., consultato il 16.06.16. Il Grande Gatsby, www.criticaletteraria.it, consultato il italiana,