Lussazione gleno-omerale

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Lussazione gleno-omerale
Con il termine di lussazione intendiamo la perdita dei reciproci rapporti tra due capi articolari di
un’articolazione.
L’articolazione gleno-omerale è costituita dall’estremità sferoidale della testa omerale che ruota su
una superficie della scapola detta glena, consentendo al braccio di compiere una rotazione di circa
360° nello spazio.
La testa dell’omero viene trattenuta nella glena dai muscoli della spalla e dalla capsula articolare
che si inserisce sul bordo della glena tramite un anello fibrocartilagineo detto cercine glenoideo.
Una lesione della struttura capsulare, legamentosa e/o muscolare determina un’incapacità di trattenere la testa dell’omero centrata nella glena e la spalla diventa “instabile”. Ciò determina la possibilità che la stessa testa omerale compia dei movimenti anomali che possono determinare la perdita
completa del contatto con la glena, determinando appunto una lussazione gleno-omerale.
Nella maggior parte dei casi tale patologia è da correlare ad un evento traumatico acuto, mentre in
altri casi può verificarsi a seguito del progressivo deterioramento delle strutture anatomiche precedentemente menzionate.
Clinicamente i sintomi tipici sono rappresentati da un dolore violento alla spalla,
deformità del normale profilo anatomico
associata a tumefazione ed impotenza
funzionale.
Prof. Dario Perugia
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Il paziente si presenterà con il braccio atteggiato in posizione di difesa, spesso pendente verso il
basso ed extraruotato. Sono possibili alterazioni della sensibilità della cute in caso di lesioni del
nervo circonflesso che innerva la spalla.
Dal punto di vista diagnostico oltre ad un accurato esame obiettivo risulta indispensabile una radiografia della spalla che, oltre ad evidenziare la perdita dei normali rapporti articolari tra glena e testa
dell’omero, può mostrare eventuali lesioni osteofratturative associate. La presenza di eventuali fratture può modificare la prognosi oltre che al trattamento. Nei casi dubbi si può ricorrere alla TC con
eventuali ricostruzioni 3D. Per la valutazione dei tessuti molli (tendini, muscoli e cercine glenoideo)
e per la pianificazione dell’intervento chirurgico, può essere utile una RM o una artro-RM.
Attraverso le indagini di imaging possono essere rilevate le tipiche lesioni causate da una lussazione gleno omerale.
Queste sono rappresentate dalla lesione di Hill-Sachs, ovvero una impronta sulla testa omerale
determinato dalla fuoriuscita della stessa dalla glena.
La lesione di Bankart è rappresentata invece dal distacco del cercine glenoideo.
In genere il riposizionamento della testa omerale nella sua cavità viene effettuato in urgenza da un
medico che deve anche valutare l’eventuale presenza di danni neurologici, vascolari o ossei. La
manovra riduttiva si definisce auto-assistita in quanto è il paziente stesso che eseguirà i movimenti
dettati dal medico. In tal modo si riduce di molto la sintomatologia dolorosa associata al riposizionamento della testa omerale nella propria sede anatomica. La spalla verrà poi immobilizzata per un
periodo di 2-4 settimane mediante il confezionamento di una fasciatura tipo Desault o il posizionamento di un tutore tipo Sling.
Prof. Dario Perugia
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
La riabilitazione inizia alla rimozione del bendaggio o del tutore con movimenti delicati, evitando di
forzare l’abduzione e la rotazione esterna. In questo periodo assume molta importanza la riabilitazione propriocettiva per ottenere un buon controllo sulla coordinazione muscolare. A circa 2 mesi dal
trauma viene perfezionato il recupero globale, a circa 3 mesi dal trauma si può riprendere l’attività
sportiva.
Purtroppo durante la prima lussazione traumatica si verificano molto spesso dei danni permanenti
nella spalla perciò può accadere che dopo la riabilitazione persistano una sensazione di instabilità o
che, più frequentemente, si manifestino nuove lussazioni. In questi casi si deve iniziare a prendere
in considerazione il trattamento chirurgico, soprattutto nei pazienti più giovani e più attivi, per i quali
il rischio di una nuova lussazione (recidiva) è maggiore.
L’intervento chirurgico può essere effettuato per via artroscopica o a cielo aperto. L’artroscopia prevede 3-4 piccole incisioni attraverso le quali, mediante l’introduzione di specifici strumenti, vengono
ritenzionate, riparate o reinserite all’osso le strutture danneggiate. Ciò viene effettuato utilizzando
delle piccole viti metalliche che non dovranno poi essere rimosse.
Questa metodica ha presentato un tasso più elevato di recidive rispetto all’intervento a cielo aperto
che prevede una incisione di circa 5-7 cm a livello della regione anteriore della spalla. Attraverso
l’incisione possono essere effettuati gli stessi gesti chirurgici praticati per via artroscopica ma con
maggiore accuratezza.
Altro possibile intervento chirurgico effettuato a cielo aperto è rappresentato dall’intervento di Latarjet. Questo viene riservato a quei pazienti che presentano lesione legamentose, capsulari ed
ossee importanti e/o a pazienti con elevate richieste funzionali. Prevede il distacco di una porzione
ossea della scapola, la coracoide, e la fissazione della stessa anteriormente alla glena, mediante
l’utilizzo di due viti metalliche.
L’obiettivo di tale intervento è la chiusura della breccia attraverso la quale la testa omerale fuoriesce
dall’articolazione.
Prof. Dario Perugia
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Dopo l’intervento viene applicato un tutore mantenuto per circa 4 settimane. La fisioterapia inizia
con movimenti attivi e passivi, evitando di forzare
la rotazione esterna.
Dal terzo mese gli esercizi per migliorare la forza
e l’articolarità vengono intensificati. Il ritorno alla
normale attività quotidiana può avvenire in circa 45 giorni. Il ritorno allo sport è possibile dopo 3-4
mesi dall’intervento. I tempi di recupero non variano tra intervento a cielo aperto e artroscopico.
Come ogni intervento chirurgico sono descritte delle possibili complicanze. Queste sono rappresentate dalle infezione ed dagli ematomi; da una riduzione del movimento della spalla, in particolare la
rotazione esterna, per un eccessivo tensionamento della capsula; dalle recidive, soprattutto negli
interventi in artroscopia; complicazioni relative ai mezzi di sintesi; lesioni di nervi e vasi (rare).
Prof. Dario Perugia
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
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