COMPLICANZE POST CHIRURGICHE
Il trattamento dell’instabilità unidirezionale acquisita della
spalla qualora non sortisca gli effetti voluti con la terapia
rieducativa ,posturale e di rinforzo muscolare è chirurgico.
L’artroscopia ci permette di dosare il gesto chirurgico in quanto la
sua natura dinamica favorisce l’esame in vivo della spalla durante il
movimento , anche se eseguito passivamente dall’operatore. Tale
dinamicità ci spinge ad effettuare gesti chirurgici di minima e
mirati a risolvere il problema senza incorrere in complicanze postoperatorie quali un’eccessiva rigidità con limitazione dell’articolarità
soprattutto della rotazione esterna, come avveniva con la chirurgia
a cielo aperto. Oggi siamo in grado di distinguere la maggiore o
minore limitazione che daremo all’articolazione anche in base al
punto di presa per lo shift capsulare, omerale e glenoideo. Queste
indicazioni sono però vincolate all’esperienza del chirurgo, che deve
imparare a valutare la tensione della capsula e ad effettuare
plicature solo nei casi sia necessario ,in base all’evidenza clinica,
all’esame preoperatorio e all’evidenza intraoperatoria.
La recidiva ,nel trattamento chirurgico delle instabilità della
spalla, è la complicanza più temuta,e purtroppo, più frequente ,con
un indice di ricorrenza che varia dal 3 al 15%. Nonostante la
selezione del paziente e l’attenzione che si pone alla patologia, al
trattamento del labbro e alla lassità capsulare, l’approccio
artroscopico si associa ad una percentuale di recidive di lussazioni
sovrapponibile a quello artrotomico. Il trattamento deve essere
molto accurato, con un attento esame clinico che possa evidenziare
la maggiore lassità di un distretto legamentoso ed eventuali lesioni
associate. Il chirurgo deve valutare meticolosamente ogni settore
articolare della spalla per poter trattare l’intero complesso capsuloligamentoso, evitando di tralasciare gesti chirurgici essenziali quali
il ritensionamento capsulare anteriore e posteriore, la valutazione
della cuffia e dell’ancora bicipitale che, se non trattate, possono
determinare una recidiva o dolorabilità residua della spalla. Il
rischio di sviluppare un’artrosi di spalla in un paziente con
instabilità recidivante anteriore è 10-20 volte maggiore rispetto ai
soggetti sani. I pazienti affetti possono sviluppare una rigidità
articolare
dolorosa dovuta ad alterazioni della biomeccanica
articolare che possono portare con il tempo a sviluppare un’artrosi
gleno-omerale. Tale complicanza è purtroppo frequente in pazienti
trattati chirurgicamente in passato con tecniche chirurgiche invasive
e con abbondanza di mezzi di sintesi articolari che sembra abbiano
una grande importanza nello sviluppo dell’artrosi. Tutti gli interventi
effettuati finora a cielo aperto hanno fatto sviluppare negli anni, in
percentuale più o meno, un’artrosi gleno-omerale. Per questa
artrosi spesso associata ad una compromissione del movimento,
soprattutto in rotazione esterna, il trattamento di elezione è una
sostituzione protesica totale o un’emiartroprotesi , a seconda
dell’età del paziente e delle condizioni cartilaginee della glenoide.
Attualmente l’uso delle tecniche artroscopiche e l’utilizzo di sintesi
mini-invasivi ci rende più fiduciosi nei risultati a lungo termine di
tali trattamenti. I risultati non saranno però riscontrabili se non tra
qualche anno, quando il follow up di questi pazienti sarà
sufficientemente lungo; per tale motivo, il chirurgo deve essere
estremamente accurato nell’identificare ed eliminare i trattamenti e
i mezzi di sintesi potenzialmente dannosi per l’articolazione .