Unità 2
Prossemica, pragmatica e i
paradossi della comunicazione
Contenuti
•1
•2
Comportamento relazionale La pragmatica della
e «ascolto attivo»
comunicazione
•3
•4
I paradossi comunicativi di La teoria del doppio legame
Paul Watzlawick
di Gregory Bateson
❱❱ 1.Comportamento relazionale e “ascolto attivo”
In ogni forma d’interazione si ha uno scambio comunicativo; la comunicazione
interpersonale è, perciò, vista come un fenomeno sociale e intrinsecamente legato
agli esseri umani.
L’uomo nasce come soggetto che ha bisogno di comunicare, e proprio per questa sua
caratteristica si è sviluppato socialmente. Pur possedendo lo strumento della comunicazione connaturato alla sua stessa essenza, egli non è, però, sempre all’altezza di
comprendere gli elementi che regolano le modalità comunicative.
Il linguaggio è il mezzo più efficiente per comunicare.
Molteplici risultano anche gli elementi extralinguistici che sono indispensabili per
l’interazione degli uomini e per la reciproca comprensione.
La comunicazione linguistica e quella extralinguistica s’integrano reciprocamente e
sono simultaneamente attive nell’interazione.
Nello scambio comunicativo si è soliti, tuttavia, attribuire maggior valore al linguaggio e alle regole che lo governano, prestando minore attenzione allo sviluppo della
comunicazione non verbale.
Le abilità non verbali sono, di regola, apprese e impiegate senza che vi sia necessariamente consapevolezza di come operano nella relazione.
L’analisi e l’applicazione delle regole che controllano la comunicazione possono
arricchire la conoscenza delle dinamiche che s’interpongono nell’interazione e, nello
stesso tempo, favorire le relazioni interpersonali.
Uno schema molto diffuso distingue i comportamenti che le persone assumono
nell’interazione sociale in quattro categorie:
1. Comportamento remissivo: è il comportamento di chi fugge davanti alle difficoltà e attribuisce agli altri le proprie responsabilità. Viene messo in pratica dalle
persone che hanno una bassa autostima e un’alta considerazione della capacità
degli altri. È il comportamento meno adatto da tenere quando si vuole raggiungere un obiettivo.
2. Comportamento autoritario: è caratterizzato dall’irascibilità e viene messo in
atto dalle persone che non tengono in considerazione i pareri degli altri; sono
pregiudizialmente ostili e hanno la tendenza ad umiliare e a disprezzare. Un comportamento del genere porta facilmente a generalizzazioni e ad una scarsa obiet1
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Comunicazione e mass media
tività nell’esprimere pareri ed opinioni. Tale comportamento, che è scarsamente
produttivo, viene tenuto solitamente da persone con un’elevatissima considerazione di sé e con una bassa reputazione degli altri.
3. Comportamento autoritario mascherato o manipolatorio: consiste nell’utilizzare le altre persone per i propri fini, in modo da non assumersi la responsabilità
di ciò che si vuol fare. Il comportamento autoritario non è, in tal caso, palese, ma
mascherato; può essere introdotto attraverso affermazioni quali: «Mi dispiace
dirti questo, sai, se dipendesse da me ne farei volentieri a meno ma…». Se il
comportamento manipolatorio viene scoperto, genera negli interlocutori stati
d’animo che vanno dal rancore al disagio, e innalza barriere comunicazionali
fondate sulla diffidenza e sulla sfiducia. È messo in atto dalle persone che hanno
una bassa considerazione di sé e degli altri.
4. Comportamento relazionale positivo: è messo in atto dalle persone che hanno
un’alta considerazione sia delle proprie capacità sia di quelle degli altri.
per approfondire
❱❱ Il comportamento relazionale positivo
Diamo evidenza ai fatti e non alle opinioni. Questo è tra le cose più importanti nelle relazioni interumane.
Dare evidenza ai fatti ci aiuta ad essere più obiettivi, meno suggestionabili e più imparziali nelle decisioni.
Si descrive e si motiva in modo esplicito, fornendo particolari, ogni volta che si formula un’opinione o una
proposta, e questo fa di noi persone realistiche che sanno pianificare la loro vita.
Mettere in atto il comportamento relazionale positivo vuol dire verificare sempre i messaggi di ritorno della
comunicazione. Altra caratteristica del comportamento relazionale positivo è saper delegare e favorire la
crescita di chi lavora con noi. In quest’ottica le critiche che gli altri ci muovono non ci offendono, ma sono
importanti punti di vista che ci danno modo di vedere aspetti della realtà che non avevamo considerato.
La connotazione positiva della critica diventa naturale conseguenza. Con il comportamento relazionale
positivo otteniamo ciò che desideriamo senza urtare o ferire gli altri, difendendo le nostre opinioni e rispettando quelle degli altri. Si applica l’ascolto attivo raccogliendo informazioni sugli interlocutori. A volte si
pensa che non parlare e non esprimere sempre e in ogni modo le proprie opinioni sia segno di debolezza e
di mancanza di carattere. Ma un conto è la mancanza d’eloquio perché non si ha nulla da dire o non si riesce
a dire, e un conto è ascoltare per valutare ciò che ci viene detto.
Nell’ascolto attivo è importante evitare la valutazione prematura del contenuto dei messaggi che ci vengono inviati e arrivare a conclusioni azzardate. È molto importante, anche se può sembrare banale ricordarlo,
lasciare sempre finire di parlare chi sta comunicando con noi, così com’è importante concentrarci su quanto
ci viene detto sgombrando la nostra mente da pensieri non attinenti all’argomento trattato.
Nel comportamento relazionale positivo, è importante ribadirlo, si dà evidenza ai fatti e non alle opinioni.
È utile, per una buona relazione, evitare di lasciarsi suggestionare dalle opinioni ed essere centrato ai fatti.
Nel comportamento relazionale positivo quando si muove una critica non si mette in discussione la persona,
ma ciò che dice.
Maurizio D’Ambra, Tecniche di comunicazione, De Vecchi, Milano 2003
Esistono, secondo lo studioso D’Ambra, alcune regole auree per favorire il comportamento relazionale positivo:
a. Argomentare in modo esplicito le opinioni.
b. Esprimere, dopo aver riconosciuto agli interlocutori la pertinenza delle proprie
opinioni, i desideri, i sentimenti, le richieste e i dissensi.
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Prossemica, pragmatica e i paradossi della comunicazione
c. Esprimere sempre le proprie opinioni, rispettando quelle degli altri.
d. Gestire, in maniera corretta, le situazioni e orientarle verso un obiettivo.
e. Assumere sempre comportamenti volti a risolvere i problemi.
f. Criticare solo ciò che può essere modificato. La critica di ciò che non è modificabile crea soltanto frustrazione e non serve a nulla.
❱ 1/1 La prossemica e il modello di Johari
Prossemica: disciplina antropologica che
stabilisce le distanze che intercorrono tra i
soggetti che stanno comunicando tra loro.
La prossemica studia la distanza interpersonale durante il processo comunicativo
La prossemica è una disciplina antropologica. Il termine
è stato coniato dall’antropologo americano Edward T. Hall
(1914-2009).
La prossemica individua e rappresenta la distanza interpersonale che intercorre nel processo d’interazione ed è
la posizione che ognuno occupa nello spazio rispetto agli
altri. Essa è una scienza che s’interessa delle relazioni
umane realizzatesi nello spazio, e delle distanze interpersonali che gli uomini praticano nell’ambiente in cui
vivono.
Le relazioni umane sono soggette a cambiamento sia in
base alle diverse fasi della vita sia in base alla diversità tra
una cultura e l’altra.
La cultura anglosassone, al contrario di quella latina, è,
ad esempio, intollerante nei confronti di chi cerca di invadere il proprio spazio soggettivo.
Nella relazione tra individui che interagiscono, la prossemica ha suggerito quattro tipi di distanza:
1. Intima, spazio che intercorre tra gli interlocutori con una distanza variabile da 0
(contatto fisico) a 45 cm (forte relazione di confidenza).
2. Personale, spazio che intercorre tra gli interlocutori con una distanza variabile da
45 a 120 centimetri (incontri con amici e rapporti familiari).
3. Sociale, distanza che gli interlocutori, in maniera naturale, assumono nelle relazioni e nei rapporti impersonali. Essa va da 120 a 360 centimetri e si stabilisce
negli incontri di lavoro o tra soggetti che si conoscono appena.
4. Pubblica, distanza che si ha nelle pubbliche relazioni. Essa va oltre i 360 centimetri e si stabilisce tra soggetti operanti nel campo della politica, della cultura e
dello spettacolo e il pubblico.
La prossemica, come scienza antropologica, non solo riesce a stabilire la diversità tra
i comportamenti degli uomini, ma mette anche in evidenza i diversi ambienti socioculturali.
Il modello per analizzare la psiche e il processo di relazione è la finestra johari.
Il termine «johari» è l’acronimo dei nomi Joe e Harry (Joe Luft e Harry Ingham),
psicologi americani e ideatori del modello.
Il modello è graficamente rappresentato da un quadrato, suddiviso in quattro quadrati minori, di uguale grandezza, ma flessibili (un quadrato potrebbe, ad esempio, dilatarsi e occupare lo spazio degli altri tre); esso interpreta, in modo consapevole, il
comportamento e tiene conto di una varietà di elementi (crescita, bisogni psico-sessuali, sicurezza psicologica, bisogni sociali).
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Comunicazione e mass media
Il quadrante aperto rappresenta l’area
pubblica ed è la parte della personalità
nota a sé e agli altri. Il quadrante cieco
è la parte della personalità ignota all’interessato, ma nota agli altri. Il quadrante nascosto rappresenta l’area della
personalità nota all’interessato ed ignota
agli altri.
Il quadrante ignoto è l’area della personalità inconscia, che è sconosciuta all’interessato e agli altri.
Quadrante aperto
Quadrante cieco
Quadrante nascosto Quadrante ignoto
Modello della consapevolezza di Johari
❱❱ 2.La pragmatica della comunicazione
La pragmatica della comunicazione è una teoria che ha avuto una vasta influenza
negli studi sulla comunicazione interpersonale; essa è stata proposta dai ricercatori
del gruppo di Palo Alto, il cui esponente più famoso è Paul Watzlawick, coautore
con Janet Helmick Beavin e con Don D. Jackson del famoso libro Pragmatica della
comunicazione umana (1967).
La pragmatica è la disciplina che studia ogni azione che l’uomo svolge attraverso
il linguaggio e analizza le influenze che le modalità comunicative hanno sui comportamenti.
Il termine è stato coniato dal filosofo del linguaggio Charles Morris, il quale nel libro
Lineamenti di una teoria dei segni (1938) suddivide la semiotica in tre ambiti:
1. Sintassi, che affronta la combinazione dei segni linguistici.
2. Semantica, che si occupa del significato dei segni linguistici.
3. Pragmatica, che tratta l’origine, l’impiego e le conseguenze dei segni linguistici.
Il principio su cui si basa lo studio di Watzlawick è che la comunicazione è messa in
azione dalle relazioni da cui si origina, individuandole e trasformandole.
❱ 2/1 La pragmatica della comunicazione umana e gli assiomi
La comunicazione non è valutata solo come un semplice passaggio di informazioni,
ma diventa un evento o un processo. Essa viene definita tenendo conto, da un lato, di
coloro che comunicano con tutto il loro bagaglio emotivo, culturale e sociale e,
dall’altro, dell’ambiente in cui si realizza.
Il risultato più importante di questi studi è stato la definizione della comunicazione attraverso l’enunciazione delle sue proprietà che, secondo Watzalawick, possiedono naturali assiomi (verità evidenti) e definiscono lo scambio comunicativo degli esseri umani.
Gli assiomi sono dai teorici della Scuola di Palo Alto così classificati:
1. Il primo assioma afferma che è impossibile non comunicare. «Tutto il comportamento ha valore di messaggio e, quindi, è comunicazione». Chiunque si trovi
inserito in una situazione di relazione diventa, perciò, portatore, con il suo comportamento, di messaggi e di informazioni. In ogni interazione si attiva, non essendoci per Watzalawick qualcosa che non sia un comportamento, uno scambio
comunicativo: «Non si può non comunicare». Per il primo assioma comunicativo,
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Prossemica, pragmatica e i paradossi della comunicazione
all’interno del sistema relazionale anche il silenzio e l’inattività hanno, pertanto,
valore di messaggio.
2. Il secondo assioma sostiene che in ogni messaggio si può distinguere un livello di
contenuto e uno di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è,
quindi, metacomunicazione; questa è, perciò, una «comunicazione sulla comunicazione». Senza porre l’accento sulla metacomunicazione diventa, in verità, laborioso cogliere la ricchezza e la difficoltà del comunicare. «La capacità di metacomunicare in modo adeguato – hanno scritto Watzlawick, Beavin e Jackson in
Pragmatica della comunicazione umana – non solo è la conditio sine qua non
della comunicazione efficace, ma è anche strettamente collegata con il grosso problema della consapevolezza di sé e degli altri». Il secondo assioma afferma, dunque,
che ogni messaggio possiede, da un lato, un contenuto e, dall’altro, le indicazioni
sulle modalità con cui tale contenuto dovrebbe essere codificato dall’interlocutore.
Esso si riferisce al carattere della notizia che viene espressa; spesso non è, però,
sufficiente per trasmettere il reale messaggio di ciò che si vuole comunicare. È
necessario, affinché ciò avvenga, che il mittente dichiari il modo in cui valuta la
relazione con il ricevente. Ad esempio, la frase: «Fai attenzione!» può voler dire
cose diverse, a seconda della relazione in cui è inserita. Se l’espressione venisse
pronunciata da un genitore ad un figlio potrebbe essere intesa come una raccomandazione; se, invece, fosse pronunciata da un’insegnante ad un alunno potrebbe significare una richiesta o un ordine; se venisse esternata da un boss della malavita
ad un suo rivale, si tratterebbe, probabilmente, di una minaccia. Secondo gli studiosi della Scuola di Palo Alto, quando s’intrecciano comunicazione e metacomunicazione nascono i cosiddetti “paradossi pragmatici”, ovvero un tipo di messaggio
in cui l’aspetto del contenuto del comunicare contraddice quello relazionale.
3. Il terzo assioma afferma che la natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.
Esso, ribadendo che la comunicazione è sempre bidirezionale, nega
lo scambio comunicativo unidirezionale di Shannon e di Weaver. Per
“punteggiatura” bisogna intendere la “percezione”, che è soggettiva;
emerge, pertanto, come conseguenza che l’interpretazione del rapporto causa-effetto degli scambi comunicativi ha un punto di partenza soggettivo. Watzlawick chiarisce questo aspetto delle interazioni
comunicative con il seguente esempio: in una lite tra marito e moglie,
il primo “punteggia” (percepisce) il proprio comportamento come
risposta a quello della seconda. Il marito afferma: «Io mi chiudo in
me stesso perché tu brontoli»; la moglie, a sua volta, percependo
(“punteggiando”) il comportamento del marito come causa del proprio, sostiene: «Io brontolo perché tu ti chiudi in te stesso».
In sostanza, nella sequenza comunicativa, secondo la punteggiatura arbitraria e soggettiva, cambia l’interpretazione del comportamento dell’altro e, quindi, del proprio come risposta ad esso. Ciò
Il modo soggettivo di percepire i fatti
che uno considera come causa viene, invece, fissato come effetto
viene definito punteggiatura
dall’altro. I modi diversi di punteggiare (percepire) una sequenza
possono, perciò, essere differenti e, in tal modo, generare conflitti.
4. Il quarto assioma asserisce che gli esseri umani comunicano sia con il modulo
numerico che con quello analogico. Il modulo numerico/digitale corrisponde alla
comunicazione verbale, mentre la comunicazione analogica si esprime attraverso
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Comunicazione e mass media
i gesti, la mimica, la postura, il tono della voce, le
pause e così via. Gli elementi della comunicazione
digitale sono le parole, ovvero dei segni arbitrari la cui
relazione con ciò che rappresentano è definita per
convenzione, mentre nella comunicazione analogica il
segno rappresenta direttamente il significato, come
avviene nel momento in cui chiediamo a qualcuno di
avvicinarsi con un semplice gesto della mano. Nell’interazione umana, la comunicazione non verbale (analogica) accompagna quella verbale (digitale/numerica)
e consente di esprimere in maniera più diretta gli umori, le emozioni e le reazioni del comunicare dell’altro.
Tra insegnante e allievo lo scambio comunicativo è di
5.
Il quinto ed ultimo assioma afferma che gli scambi
tipo complementare
comunicativi possono essere simmetrici o complementari, a seconda che siano basati su uguaglianze o
su differenze. Lo scambio simmetrico avviene in una comunicazione in cui i partecipanti si considerano orizzontalmente sullo stesso piano. La comunicazione è
invece complementare quando uno dei partecipanti occupa una posizione che è
considerata da entrambi superiore o inferiore, in funzione, ad esempio, del ruolo
o della competenza (insegnante-allievo).
La simmetria e la complementarità non sono posizioni rigide e la relazione si può
modificare, nel tempo, verso l’una o verso l’altra direzione. Ad esempio, il rapporto tra genitore e figlio, inizialmente complementare, può diventare simmetrico
quando il figlio diventa un adulto. La relazione diventa, infatti, bilanciata quando
simmetria e complementarità si alternano.
Secondo i cinque assiomi della pragmatica, la comunicazione è da considerarsi un
evento complesso, che è messo in azione dall’interazione. Resta ferma la convinzione che tutti i soggetti che si trovano in un contesto comunicano.
❱❱ 3.I paradossi comunicativi di Paul Watzlawick
Il paradosso è – ha scritto Watzlawick – «una contraddizione che deriva da una definizione corretta di premesse coerenti».
Nel ragionamento paradossale non c’è, dunque, errore di comprensione, né è presente una premessa sbagliata.
Il termine paradosso deriva dal greco e significa etimologicamente contro (para)
opinione (doxa). Esso segnala un’affermazione che viene pronunciata in evidente
contrasto con l’esperienza comune e in contraddizione con principi della logica. Tale
affermazione, sottoposta però a dura critica, si mostra valida.
I principali paradossi per Watzlawick sono tre (logico-matematici, semantici e pragmatici); essi rappresentano una contraddizione che è resa concreta da un ragionamento, il quale, immesso in un circolo vizioso, non riesce a trovare una soluzione.
1. Storicamente i paradossi logico-matematici più noti sono quelli di Zenone di Elea,
vissuto nel V secolo a.C., di cui uno in particolare, ovvero quello di Achille e la
tartaruga, è famoso. Il “Pié Veloce” Achille procede ad una velocità superiore a
quella della tartaruga. Questa, però, ha, in partenza, un vantaggio di 100 metri.
Quando Achille giunge al punto di partenza della tartaruga (T0), questa già si è
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Prossemica, pragmatica e i paradossi della comunicazione
spostata più avanti (punto T1). Achille cerca, allora, velocemente di raggiungere
il punto T1, ma, arrivato al punto T1, la tartaruga si è ulteriormente spostata in T2,
e così via all’infinito. La conclusione è che Achille non riuscirà mai a raggiungere la tartaruga. Il paradosso è chiaro, giacché si sa che è vero il contrario; anzi
anche in matematica, con un’equazione di primo grado si può stabilire il momento in cui avviene il sorpasso. Ma il problema sta nel pareggiare i conti impiegando
lo stesso procedimento di Zenone. Si trova, così, una somma infinita: 100 + 10 +
1 + 0,1 + 0,01 + 0,001 + … = 111,11111... In seguito, nel secolo XVII, con l’introduzione del calcolo infinitesimale, si sono risolti in maniera definitiva i problemi posti dalla somma di infiniti termini. A tal proposito Bertrand Russell scrive:
«Si dimostra che, se Achille raggiungerà mai la tartaruga, questo dovrà accadere
dopo che sia trascorso un numero infinito di istanti dal momento della sua partenza. E questo, di fatto, è vero; ma non è vero che un numero infinito di istanti dia
origine ad un tempo infinitamente lungo, e, quindi, non si può per niente concludere che Achille non raggiungerà mai la tartaruga».
2. I paradossi semantici sono quelli, ad esempio, del mentitore. Un soggetto che si
esprime con la frase «Sto mentendo», è un classico esempio di paradosso semantico. Un individuo, infatti, se ammette di mentire, allora non sta mentendo; se,
invece, dice la verità, sta mentendo. In tutti i casi sta mentendo e insieme non sta
mentendo. Un altro paradosso semantico è l’esempio del barbiere di Bertrand
Russell. Su di un’isola c’è un solo barbiere, ben rasato, che fa la barba a tutti
quelli che non se la fanno da soli. Lui se la fa da solo oppure no? Se si fa la barba
da solo, allora non è vero che “la fa solo a chi non se la fa da solo”. Se non se la
fa da solo, allora dovrebbe essere rasato dal barbiere, che però è lui stesso. Il
problema è collocare il barbiere in uno dei due insiemi, poiché la sua inclusione
in entrambi gli insiemi creerebbe una contraddizione con la definizione stessa.
3. I paradossi pragmatici consistono in messaggi contenenti delle ingiunzioni che,
nell’imporre di compiere un’azione, di fatto la negano. La forma più frequente in
cui il paradosso entra nella pragmatica della comunicazione umana è un’imposizione che pretende un comportamento specifico che, per sua natura, non può essere che spontaneo. Con l’ingiunzione paradossale, dunque, si richiede ad un
soggetto il comportamento che s’intende estinguere, facendogli perdere in questo
modo la sua spontaneità. Il prototipo di tale tipo di comportamento è la frase «Sii
spontaneo». L’essere spontaneo è, per sua definizione, un comportamento personale e volontario. Non può, pertanto, essere imposto o richiesto.
❱❱ 4.La teoria del doppio legame di Gregory Bateson
La teoria del “doppio legame” è stata impiegata dall’antropologo Gregory Bateson e
dal gruppo di Palo Alto per spiegare in parte l’eziologia delle sofferenze psicologiche
e soprattutto della schizofrenia. Essa studia i paradossi dell’astrazione nella comunicazione. In altri termini, piuttosto che dare eccessiva rilevanza al presunto trauma,
nel 1956 Bateson ha ipotizzato e, in seguito, esaminato il contesto comunicativo e gli
schemi d’interazione, replicati molte volte, all’interno del nucleo familiare.
Le sofferenze psicologiche e la schizofrenia potrebbero essere causate dall’effetto
della continua esposizione a doppi legami sin dalla tenera età e, quindi, dalla conseguente inadeguatezza di discriminazione fra tipi logici. Questa “abitudine mentale”
sarebbe il risultato dei contesti d’apprendimento nei primi anni della vita del bambi7
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Comunicazione e mass media
no. Il comportamento schizofrenico e delle sofferenze psicologiche ha, dunque, secondo questa teoria, origine da forme prolungate e gravi di comunicazione disfunzionale, che si realizzano in contesti comunicativi rilevanti per il benessere psicologico del soggetto.
Un esempio potrebbe essere una madre che comunica a parole il proprio amore per
il figlio ma che, a livello di comunicazione analogica (non-verbale) trasmette segnali di rifiuto, d’ansia o di paura.
Il bambino, in tal caso, potrebbe rendersi conto del messaggio di rifiuto. Una tale
interpretazione lo porterebbe a considerare qualcosa di profondamente triste, vale a
dire “mia madre è cattiva” oppure “mia madre non mi vuole bene”. Egli, giacché
dipende, per la propria sopravvivenza, dal sostegno fisico e psicologico degli adulti,
non può, però, fare a meno di ammettere ciò che la madre afferma e di considerarsi
lui il “cattivo” per aver percepito l’incongruenza della genitrice e per avere sospettato che non l’amasse. Il bambino, anche se avesse preso per buone le manifestazioni
d’affetto della madre, l’avrebbe in ogni modo, “persa”. Se egli si fosse poi posto a
sua volta in una situazione di ritiro nel rispettare la risposta della madre, avrebbe
ottenuto una punizione del tipo: «Ma come, non mi vuoi più bene?».
Se avesse, al contrario, tentato di chiarire la situazione sarebbe stato rimproverato
con risposte del tipo: «Non è assolutamente vero...», oppure «Come puoi pensare cose
così brutte sulla tua mamma».
Nel doppio legame patogeno, in qualsiasi modo si dia la risposta, si è, perciò, sempre
perdenti.
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Unità 2
Prossemica, pragmatica e i paradossi della comunicazione
Fissiamo i concetti
• La comunicazione è connaturata all’essere umano. Tradizionalmente, si suole distinguere i comportamenti
sociali in quattro tipologie: remissivo; autoritario; autoritario mascherato o manipolatorio; relazionale positivo.
• La prossemica individua le distanze che intercorrono tra gli individui nel momento in cui comunicano tra
loro. Si tratta dunque di una disciplina, di area antropologica, centrata sugli “spazi” che contraddistinguono
le relazioni interpersonali. Tali spazi possono connotare rapporti di tipo: intimo, personale, sociale, pubblico.
• La pragmatica della comunicazione è una teoria proposta dai ricercatori del gruppo americano di Palo
Alto, il cui esponente più noto è Paul Watzlawick. L’evento comunicativo, secondo i sociologi del gruppo di Palo Alto, si manifesta in base a cinque assiomi: è impossibile non comunicare; in ogni messaggio
si può sempre distinguere un livello di contenuto e uno di relazione; la natura della relazione dipende
dalla “punteggiatura” – ovvero dalla percezione soggettiva dell’interlocutore – delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti; gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico; gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari. Watzlawick enuncia anche
tre paradossi che riguarderebbero al comunicazione: logico-matematici; semantici; pragmatici.
• L’antropologo Gregory Bateson ha formulato la teoria del doppio legame per tentare di dar spiegazione
ai fenomeni di sofferenza psicologica e, in particolare, alla schizofrenia. Egli attribuisce tali patologie a
contesti comunicativi e schemi d’interazione disfunzionali che, ripetuti innumerevoli volte nell’infanzia,
darebbero origine a sofferenze psicologiche in età adulta. Il doppio legame si riferisce a una relazione a
due (ad esempio quella tipica tra madre e bambino), in cui l’elemento dominante manifesta incongruenza tra comportamento esplicito e comunicazione implicita.
Prove di verifica
1.Rispondi alle seguenti domande utilizzando lo spazio a disposizione:
a) Cosa distingue un comportamento autoritario da uno improntato alla remissione?
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b) Come si manifesta il comportamento autoritario mascherato?
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Comunicazione e mass media Prove di verifica
c) Di cosa si occupa la prossemica?
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d) Come viene divisa la semiotica da Charles Morris?
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e) In cosa consiste un paradosso, e quali sono, secondo Paul Watzlawick, quelli riguardanti la
comunicazione?
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f) Perché il “doppio legame” viene considerato da Gregory Bateson disfunzionale e fonte di patologie psicologiche per chi lo vive?
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2.Descrivi le quattro tipologie di distanza che, per la prossemica, connotano le
relazioni interpersonali.
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Unità 2
Prove di verifica Prossemica, pragmatica e i paradossi della comunicazione
3.Sintetizza i contenuti degli assiomi della comunicazione postulati da Paul Watzlawick e dagli studiosi di Palo Alto.
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4.Leggi il brano seguente e rispondi alle domande:
Interazioni simmetriche e complementari
Applicai il termine simmetrico a tutte quelle forme d’interazione che potevano essere
descritte in termini di competizione, rivalità, emulazione reciproca e così via (cioè quelle in cui determinate azioni A spingevano B ad azioni dello stesso genere, le quali a loro
volta spingevano A a nuove azioni simili, e così via. Se A cominciava a vantarsi, questo
stimolava B a vantarsi ancora di più, e viceversa). Applicai, invece, il termine complementare alle sequenze interattive in cui le azioni di A e di B erano diverse ma si combinavano l’uno con l’altra (ad esempio: autorità-sottomissione, esibizionismo-ammirazione, dipendenza-assistenza). Notai che queste coppie di relazioni potevano anch’esse risultare schismogeniche (ad esempio, la dipendenza poteva stimolare l’assistenza e viceversa). A questo punto possedevo una classificazione o tipologia non delle persone ma
dei processi, e mi fu facile e naturale passare da questa classificazione a pormi il problema di che cosa sarebbe potuto scaturire dall’interazione fra i processi suddetti.
Che simmetria (che di per sé dava luogo ad una schismogenesi simmetrica da eccessiva competizione) si fosse mescolata con la dipendenza-assistenza complementare?
E difatti tra i processi così definiti vi erano interazioni interessantissime. Risultò che i temi
d’intenzione simmetrici e complementari si negano a vicenda (cioè hanno effetti opposti
sulla relazione), sicché quando la schismogenesi complementare (ad esempio autoritàsottomissione) diventa troppo sgradevole, un po’ di competizione allenta la tensione; viceversa, quando la competizione va troppo in là, un po’ di dipendenza risulta gradita.
Gregory Bateson, Mente e natura, Adelphi, Milano 1984
Quale tipologia di relazione implica competizione, rivalità o emulazione reciproca?
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Le combinazioni autorità-sottomissione ed esibizionismo-ammirazione come possono essere classificate?
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In che rapporto sono i temi d’intenzione simmetrici e quelli complementari?
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