Celiachia I limiti della dieta priva di glutine nella malattia celiaca Autoanticorpi nella celiachia: marcatori di malattia e di patologia autoimmune associata Carenze vitaminiche nella riproduzione maschile e malattia celiaca 12 ws New Questo inserto può essere utile al tuo medico A cura del dr. Carlo Catassi Consulente Scientifico di Celiachia Notizie Claes Hallert Professore Associato, Centro della Celiachia, Linköping, Svezia I limiti della dieta priva di glutine nella malattia celiaca S e venisse chiesto che cosa è la malattia celiaca, la maggior parte delle persone probabilmente la definirebbe quale una delle poche condizioni mediche per cui è disponibile una terapia dietetica. Infatti, l'avvio della dieta priva di glutine determina la normalizzazione della architettura mucosale del piccolo intestino, della densità minerale ossea 1, del metabolismo delle monoamine a livello cerebrale 2 e della fertilità. L'eliminazione del glutine dalla dieta ha anche come rapido effetto quello di un ritrovato benessere psico-fisico e di una riduzione della sintomatologia gastrointestinale 3, il che consentirebbe di definire più precisamente la celiachia come una affezione trattabile con strumenti dietetici. Lo “svantaggio” della alimentazione priva di glutine che, come è noto, deve essere condotta per tutta la vita, è quello di influenzare negativamente la qualità della vita. L'uso di questionari specifici, ad esempio l'SF-36, ha consentito di dimostrare che, nei celiaci in età adulta a dieta priva di glutine per un periodo medio di 10 anni, la qualità della vita è inferiore rispetto a quella della popolazione generale4. È interessante altresì segnalare che tale fenomeno riguardava soprattutto le donne celiache, mentre gli uomini presentavano un punteggio addirittura superiore a quello di coetanei non celiaci. Pertanto, se si osserva il problema dal punto di vista dei pazienti, la celiachia può non essere completamente trattabile attraverso una rigorosa aderenza alla dieta aglutinata. Le possibili restrizioni conseguenti al trattamento con dieta priva di glutine, dunque, sollevano una serie di quesiti che verranno di seguito affrontati. Celiachia news 12 3 I pazienti celiaci che seguono una alimentazione rigorosamente priva di glutine sono asintomatici? Midhagen ed Hallert 5 hanno esaminato i disturbi intestinali di una serie di pazienti celiaci adulti in trattamento. I risultati di questa indagine hanno evidenziato che, a differenza degli uomini, le donne con malattia celiaca riferivano una sintomatologia gastrointestinale, in particolare difficoltà digestive, stipsi e dolore addominale in maniera significativamente maggiore rispetto ai controlli dello stesso sesso. Inoltre, nelle donne celiache, la frequenza dei disturbi gastrointestinali era superiore del doppio rispetto agli uomini, suggerendo dunque che i celiaci in remissione istologica non sono necessariamente asintomatici. Tale fenomeno può di per sé rappresentare un elemento importante ai fini del raggiungimento di un completo benessere psico - fisico. La dieta priva di glutine è solo una dieta senza glutine? Uno studio condotto recentemente da Grehn e coll. 6 ha valutato l'assunzione di alcuni nutrienti in un gruppo di celiaci adulti svedesi in trattamento dietetico aglutinato per un periodo medio di circa 10 anni. I risultati di questa indagine hanno evidenziato un apporto normale in termini di calorie, lipidi, proteine and carboidrati, ma una ridotta assunzione di fibre alimentari, folati, vitamina B6, calcio e zinco rispetto ad un campione di popolazione generale sovrapponibile per età. Gli stessi Autori hanno altresì rilevato che il celiaco, rispetto al soggetto di controllo, opera una scelta diversa per quanto riguarda i gruppi alimentari. Tali dati potrebbero dunque indicare che il celiaco adulto in trattamento segue uno schema alimentare differente, che va oltre la semplice ed unica esclusione del glutine dalla dieta. La alimentazione priva di glutine comporta dei rischi? In letteratura, gli studi che abbiano af- 4 frontato il tema della sicurezza del trattamento dietetico privo di glutine a lungo termine non sono molti. Sulla base di alcune osservazioni relative alla esperienza svedese, secondo le quali i celiaci adulti seguono una alimentazione scarsamente equilibrata sul piano nutrizionale, Hallert e coll. 7 hanno determinato i livelli plasmatici di folati, di vitamina B6 e di vitamina B12 in un gruppo di soggetti celiaci in remissione ed a dieta priva di glutine per un periodo di 8 - 12 anni. I risultati di questo studio hanno mostrato che il 50 % dei casi presentava un livello plasmatico di folati o di vitamina B6 o di entrambi inferiore alla norma. Tale alterazione bioumorale è responsabile, a sua volta, di un incremento della omocisteinemia, fenomeno attualmente posto in correlazione con un aumentato rischio di complicanze cardiovascolari. I risultati emersi da questa indagine necessitano pertanto di ulteriori approfondimenti, al fine di indagare meglio la sicurezza e l'outcome clinico dei celiaci adulti in trattamento dietetico a lungo termine. È importante altresì ricordare che la vitamina B6 è coinvolta nella sintesi delle monoamine cerebrali, motivo per cui è stato suggerito che una sua carenza possa in qualche modo essere responsabile dello stato depressivo frequentemente osservato nei pazienti celiaci in età adulta. Sono tuttavia necessari ulteriori studi che valutino in maniera più precisa la prevalenza delle eventuali carenze vitaminiche nei celiaci trattati. La aderenza alla dieta priva di glutine ha un “prezzo”? L'impatto di essere celiaci e di dover mantenere una dieta rigorosa non è del tutto chiaro. Hallert e coll. 8 hanno tentato di confrontare l'impatto di malattia riportato da un gruppo di celiaci trattati di entrambi i sessi con quello di uomini e donne in trattamento dietetico da circa 10 anni per diabete. A seguito dei risultati ottenuti mediante l'adozione di un nuovo questionario, mentre non è stata osservata alcuna differenza nell'impatto di malattia tra i diabetici, le Celiachia news 12 donne con celiachia hanno mostrato un punteggio significativamente peggiore rispetto agli uomini celiaci. Tale dato suggerirebbe pertanto che il peso di condurre una vita seguendo precise restrizioni dietetiche sia maggiore per le donne celiache. Ulteriori studi futuri potranno consentire di verificare se tale fenomeno possa essere valido anche per i celiaci di altri Paesi. Conclusioni Vivere con la celiachia non è facile e va oltre la semplice esclusione del glutine dalla dieta. Inoltre, potrebbe essere probabile che la sicurezza di una alimentazione priva di glutine sia correlata più alla sua composizione che alla eventuale presenza di tracce di prolamine tossiche. Infatti, il rigore nell'evitare anche quantità innocue di glutine può, in casi particolari, favorire lo sviluppo di un comportamento ossessivo. Le evidenze attualmente disponibili suggeriscono di raccomandare ai celiaci di utilizzare prodotti a base di amido di frumento9. Inoltre, dovrebbero essere altresì consigliati un aumento nel consumo di frutta fresca e di verdure e, cosa probabilmente più importante, l'inclusione nella dieta dei prodotti a base di avena 10. of life of adult coeliac patients treated for 10 years. Scand J Gastroenterol 1998; 33:9338. 5.Midhagen G, Hallert C. High rate of gastrointestinal symptoms in celiac patients living on a gluten-free diet: controlled study. Am J Gastroenterol 2003;98:2023-6. 6.Grehn S, Fridell K, Lilliecreutz M, Hallert C. Dietary habits of Swedish adult coeliac patients treated by a gluten-free diet for 10 years. Scand J Nutr 2001;45:178-93. 7.Hallert C, Grant C, Grehn S, et al. Evidence of poor vitamin status in coeliac patients on a gluten-free diet for 10 years. Aliment Pharmacol Ther 2002;16:1333-9. 8.Hallert C, Grännö C, Hultén S, et al. Living with coeliac disease: controlled study of the burden of illness. Scand J Gastroenterol 2002;37:39-42. 9.Peräaho M, Kaukinen K, Paasikivi K, et al. Wheat-starch-based gluten-free products in the treatment of newly detected coeliac disease. Prospective and randomized study. Aliment Pharmacol Ther 2003;17:587-94. 10.Størsrud S, Hulthén LR, Lenner RA. Beneficial effects of oats in the gluten-free diet of adults with special reference to nutrient status, symptoms and subjective experiences. Br J Nutr 2003;90:101-7. Ringraziamenti Gli studi effettuati dagli Autori sono stati finanziati dal Medical Research Council della Svezia Meridionale FORSS. Bibliografia 1.Valdimarsson T, Löfman O, Toss G, Ström M. Reversal of osteopenia with diet in adult coeliac disease. Gut 1996;38:322-7. 2.Hallert C, Sedvall G. Improvement in central monoamine metabolism in adult coeliac patients starting a gluten-free diet. Psychol Med 1983;13:267-71. 3.Mustalathi K, Lohiniemi S, Collin P, et al. Gluten-free diet and quality of life in patients with screen-detected celiac disease. Effect Clin Pract 2002;5:105-13. 4.Hallert C, Grännö C, Grant C, et al. Quality Celiachia news 12 5 Umberto Volta - Dipartimento di Medicina Interna, Cardioangiologia, Epatologia Policlinico S. Orsola-Malpighi - Bologna Autoanticorpi nella celiachia: marcatori di malattia e di patologia autoimmune associata L a celiachia rappresenta un modello particolare di malattia autoimmune per la quale, a differenza di molte altre patologie del sistema immunitario, sono noti i più rilevanti elementi patogenetici fra cui il fattore estrinseco scatenante (gliadina), la stretta associazione genetica con gli antigeni del sistema di istocompatibilità (HLADQ2 o DQ8) ed il principale autoantigene verso cui è diretta la risposta autoanticorpale (transglutaminasi tissutale tTG)1. Sebbene l'organo bersaglio della malattia celiaca sia l'intestino tenue, l'intolleranza al glutine può essere considerata a tutti gli effetti una malattia sistemica con interessamento di molti altri organi ed apparati quali, per citarne solo alcuni, la cute, la tiroide, il pancreas, il cuore, il fegato, le articolazioni, i muscoli ed il sistema nervoso centrale e periferico2-10. L'evidenza di questa affermazione non deriva solo dalle molteplici associazioni ormai chiaramente documentate fra celiachia e patologie di altri distretti, ma soprattutto dal fatto che la transglutaminasi tissutale, il principale autoantigene della celiachia, ha una distribuzione praticamente ubiquitaria nell'organismo umano11-12 ed, una volta innescato, il meccanismo autoimmune può portare ad interessamento di organi e sedi fino a qualche anno fa francamente insospettabili, di cui un esempio sono le recenti identificazioni di associazione con quadri di cardiopatia dilatativa idiopatica e patologia neurologica13-14. La tTG svolge un ruolo di primo piano nell'innescare il disordine immunologico della malattia attraverso la deamidazione dei peptidi di gliadina, i quali si legano a loro volta più avidamente alle molecole HLA-DQ2, DQ8 sulle “antigen presenting cells” con conseguente potenziamento delCeliachia news 12 7 la risposta T cellulare specifica per la gliadina15-16. I linfociti T attivati producono sia citochine di tipo Th1 in grado di determinare atrofia dei villi intestinali ed iperplasia delle cripte che citochine di tipo Th2 con conseguente produzione di autoanticorpi specifici (EmA di classe IgA) ed autoanticorpi secondari diretti contro il citoscheletro (anticorpi antiactina). Un meccanismo cruciale nel determinismo delle manifestazioni autoimmuni secondarie osservate nella malattia celiaca è rappresentato dalla formazione di neo-epitopi attraverso meccanismi di cross-linking o deamidazione di proteine funzionali/strutturali endogene o esogene (virali, batteriche, nutrizionali), neoepitopi che si vengono a formare a causa di una disregolazione della tTG nei processi infiammatori. La diffusione secondaria di questi neoepitopi aumenta il rischio di patologia autoimmune associata a celiachia fino al 35% dopo 20 anni di esposizione al glutine17. Il riscontro di manifestazioni di autoimmunità secondaria nella malattia celiaca deve essere messo anche in relazione alla linfocitopenia periferica ed all'aumentata attivazione delle cellule T, causa di aumentata apoptosi periferica18. La risposta autoanticorpale sierica presente nella celiachia può essere divisa in due grandi capitoli: da un lato, la produzione di autoanticorpi, marcatori di celiachia ed in parte coinvolti nella patogenesi della malattia, dall'altro la produzione di autoanticorpi espressione di autoimmunità associata e correlati con le manifestazioni autoimmuni secondarie riscontrate in corso di malattia celiaca. Marker autoanticorpali di celiachia Al di là delle loro implicazioni patogenetiche, gli autoanticorpi, marcatori di celiachia, hanno avuto un'importanza fondamentale per l'inquadramento nosologico di questa patologia consentendo l'identificazione dei gruppi a rischio per la malattia ed avendone praticamente ridisegnato la clas- 8 sificazione clinica con la divisione in forme classiche, atipiche, silenti e potenziali/latenti. Fanno parte di questo gruppo gli anticorpi antireticolina R1 (R1-ARA), gli anticorpi antigliadina (AGA), gli anticorpi antiendomisio (EmA), ricercati su esofago di scimmia o su cordone ombelicale umano (HUC-EmA), gli anticorpi antidigiuno (JAB), gli anticorpi antitransglutaminasi tissutale (anti-tTG), di più recente identificazione, diretti sia verso l'antigene da guineapig liver che verso la tTG ricombinante umana (tabella 1)19-30. Dal punto di vista diagnostico, il significato di questi autoanticorpi non è quello di sostituirsi alla biopsia duodenale, che rimane il “gold standard” per la conferma della diagnosi di celiachia, ma è quello di consentire l'esecuzione di biopsie mirate, riducendone il numero e ponendone la precisa indicazione31. Nonostante l'elevato numero di sigle, la caratterizzazione degli antigeni verso cui questi anticorpi sono diretti ha permesso di stabilire che in pratica esistono solo 2 identità anticorpali: quella diretta verso alcune proteine non collageniche della matrice, identificate mediante esperimenti di cromatografia per affinità, presenti sia nei tessuti di primate che di roditore, la cui espressione antigenica predominante è rappresentata dalla transglutaminasi tissutale, comprendente R1-ARA, EmA, JAB ed antitTG, ed una seconda reattività anticorpale diretta verso differenti frazioni della gliadina. Gli anticorpi sierici correlati alla malattia celiaca appartengono alla classe IgA ed IgG, ma soltanto gli anticorpi di classe IgA possono essere considerati nella maggior parte dei casi marcatori altamente sensibili e specifici di celiachia11, 32. Anticorpi anti reticolina R1 (R1-ARA) di classe IgA A metà degli anni 70 gli R1-ARA hanno aperto un primo spiraglio sul polimorfismo di questa malattia, permettendo di individuare alcune forme paucisintomatiche o silenti di malattia, ma questo test, che presen- Celiachia news 12 ta una specificità assoluta per la celiachia, ha altresì due grossi handicap: bassa sensibilità, come emerge dalla maggior parte dei dati della letteratura, ed una scarsissima diffusione, verosimilmente legata alla difficoltà di lettura del pattern in IFL, caratterizzato da una positività grossolana delle fibre reticoliniche a livello degli spazi portali, pattern che entra in diagnostica differenziale con quello degli altri anticorpi antireticolina (R2 positività fine del connettivo perivascolare ed RS positività delle cellule di Kupffer su fegato di ratto). Il loro significato attuale è quello di consentire delle diagnosi casuali di malattia celiaca attraverso il loro riscontro occasionale nel corso di ricerca per anticorpi non organo specifici26-28, 31. Anticorpi antigliadina (AGA) di classe IgA Il primo passo da gigante per la diagnostica dell'enteropatia da glutine si è verificato con la messa a punto all'inizio degli anni 80 del test per la ricerca degli AGA, ricercati sia in IFL indiretta che in ELISA. Per la ricerca degli AGA in IFL vengono utilizzati substrati di ratto (fegato,rene, stomaco), pretrattati con una soluzione di gliadina cruda disciolta in acqua o etanolo o acido acetico, il pattern di positività su fegato di ratto è molto simile a quello degli R1 con una più pronunciata positività a livello dei sinusoidi epatici, su rene di ratto è presente colorazione del peritubulo e del periglomerulo e su stomaco il classico pattern ad alveare con positività delle fibre interghiandolari e della muscularis mucosae. Gli AGA in ELISA vengono ricercati utilizzando gliadina cruda o alfa-gliadina come antigene. Nel primo caso vengono utilizzati metodi ELISA home-made che presentano una maggiore sensibilità, ma un maggior numero di falsi positivi; l'uso dell'alfa gliadina in vari kit commerciali consente di ottenere una maggior specificità a scapito peraltro della sensibilità. La tecnica in ELISA ha avuto il netto sopravvento su quella in IFL non solo perché dotata di sensibilità mag- giore, ma soprattutto per la sua disponibilità in tutti i laboratori grazie all'assenza di difficoltà tecniche di lettura dell'anticorpo. La prevalenza degli AGA varia dall'80% all'85% a seconda delle varie casistiche, ma con la presenza di un certo numero di falsi positivi con mucosa normale (specificità 88-92%)26, 28. La risposta anticorpale di classe IgA verso la gliadina è stata ben caratterizzata, oltre che a livello sierico, anche nel succo intestinale, ove questi anticorpi sono presenti nei celiaci non trattati in percentuale nettamente superiore a quelli di classe IgM. Sono emerse alcune differenze fra la risposta anticorpale verso la gliadina di classe IgA a livello sierico ed intestinale: a livello del succo intestinale gli AGA IgA sono prevalentemente dimerici con uguale appartenenza alle due sottoclassi IgA1 ed IgA2 con sintesi da parte delle plasmacellule della mucosa intestinale ugualmente divise in plasmacellule IgA1 ed IgA2 positive, mentre nel siero sono prevalentemente monomerici ed appartenenti alla sottoclasse IgA1 (88%) con sintesi da parte del tessuto linfatico, della milza, del midollo osseo ove vi è una netta predominanza di plasmacellule IgA1 secernenti rispetto alle IgA2. Nel succo intestinale gli AGA oltre ad essere dimerici presentano nella totalità dei casi la componente secretoria. Una quota di AGA dimerici con componente secretoria è presente anche a livello sierico ed è pari al 20-30% degli AGA circolanti. Questa quota di AGA diretta contro la componente secretoria è di sicura provenienza intestinale. È stato ipotizzato che nella celiachia non trattata tanto più è severa la lesione della mucosa intestinale, tanto maggiore sia la produzione di AGA IgA dimerici legati alla componente secretoria da parte della mucosa intestinale stessa cronicamente esposta al glutine. La produzione di AGA contro la componente secretoria eccede quelle che sono le possibilità di trasporto epiteliale, determinando uno spillover di tali anticorpi, non escreti dalla mucosa, in circolo per via linfatica. Celiachia news 12 9 Pertanto, il riscontro di AGA IgA dimerici con componente secretoria può essere con- 10 non contiene IgA e pertanto non presenta il problema della crossreattività immunologica. Gli HUC-EmA mostrano lo stesso valore altamente predittivo del tradizionale EmA test per la malattia celiaca, vi è anche un'ottima correlazione fra i titoli anticorpali degli EmA ricercati su esofago di scimmia e su cordone ombelicale umano, ma l'uso di questo substrato in luogo del 3° inferiore di esofago di scimmia presenta una serie di indiscutibili vantaggi, quali il superamento dei problemi etici connessi con la soppressione di specie animali protette, la disponibilità illimitata e la facilità di approvvigionamento e, come logica conseguenza di ciò, l'aspettativa di una significativa riduzione dei costi. In realtà, l'abbattimento dei costi vi è stato solo per quei laboratori in grado di processare il cordone ombelicale, in quanto i kit commerciali di cordone consentono di ridurre i costi solo del 20% rispetto all'esofago di scimmia. Il pattern di positività si caratterizza per la fluorescenza delle fibrille endomisiali che circondano le fibre muscolari lisce nell'arteria e nella vena ombelicale. La positività dell'endotelio è aspecifica, mentre la fluorescenza specifica è più intensa procedendo dal centro del vaso verso gli strati periferici. Si associa anche positività dei fibroblasti e della gelatina di Warthon, questi ultimi aspetti peraltro di più difficile interpretazione se coesiste SMA. Analoghi risultati sono stati ottenuti con la ricerca di anticorpi diretti verso le cellule endoteliali isolate di vena ombelicale (i cosidetti anti-HUVEC) ricercati anch'essi in IFL indiretta36. Affinché gli HUC-EmA conservino appieno il loro potere altamente predittivo per la celiachia, è indispensabile il rispetto di alcune regole stabilite in corso di standardizzazione del test, quali quella del taglio trasversale del cordone ombelicale, in modo da avere l'intera sezione sagittale di uno o più vasi in ogni substrato; questo punto è di fondamentale importanza, in quanto è praticamente impossibile riconoscere l'anticorpo se il vaso è tagliato longitudinalmente; se il cordone è tagliato cor- Celiachia news 12 rettamente, il pattern di positività anticorpale è di semplice lettura e non riveste sicu- di “inflammatory bowel disease” (IBD), pazienti con LES, cirrosi biliare primitiva, patologia varia dell'intestino tenue. Naturalmente la specificità del test per la celiachia cala quanto più è selezionata la popolazione dei controlli studiati, ad esempio si è visto che nella patologia epatica cronica il numero di falsi positivi è sicuramente più elevato fino a raggiungere in alcuni studi percentuali del 20-30% per gli anti-tTG da guineapig 25. Gli anti-tTG ricombinante umana sembrano essere anche particolarmente utili, una volta posta la diagnosi di celiachia, per il monitoraggio della risposta alla dieta aglutinata; la loro mancata negativizzazione dopo un congruo periodo di dieta senza glutine deve indurre a rivalutare la compliance del paziente alla dieta e a ripetere una biopsia intestinale a differenza di quanto avviene invece per gli EmA, la cui persistenza o scomparsa dal siero dopo dieta spesso non è predittiva dello stato della mucosa intestinale. Marker di celiachia di classe IgG Per quanto riguarda gli anticorpi di classe IgG, la loro utilità nella diagnostica della malattia celiaca è fortemente limitata dai bassi livelli di specificità con elevate percentuali di falsi positivi (fino al 20%) non solo in pazienti con IBD, o in soggetti con patologia autoimmune, ma anche in soggetti sani 20. Pertanto, la loro utilità è limitata all'identificazione dei pazienti con malattia celiaca associata a deficit di IgA39. Per questo disordine immunologico congenito è nota la stretta associazione con la celiachia, presente nel 2% dei pazienti con deficit di IgA ed in tali casi ovviamente vi è negatività per gli anticorpi di classe IgA. A tal proposito gli anti-tTG ricombinante umana e gli AGA nella pratica clinica si sono rivelati più utili degli EmA per l'identificazione di questi pazienti, consentendo di identificare in pratica la totalità dei casi di malattia celiaca in soggetti con deficit di IgA 40. Celiachia news 12 11 Marker autoanticorpali di patologia autoimmune associata cellule dello strato basale della corteccia cerebellare, mentre gli autoanticorpi diretti verso il SNE presentano intensa colorazione del citoplasma delle cellule dei plessi mioenterici di Auerbach. Una correlazione statisticamente significativa è stata osservata fra la positività degli anticorpi antineurone diretti verso il SNC e la presenza di patologia neurologia idiopatica associata alla celiachia. Il riscontro di positività per anticorpi antineurone verso il SNE è più raro e la loro prevalenza non presenta alcuna differenza fra celiaci con e senza complicanze neurologiche. La positività per questi autoanticorpi viene in genere ritrovata in celiaci con stipsi ostinata che in alcuni casi raggiunge le caratteristiche cliniche di una pseudo-ostruzione intestinale14. Autoanticorpi non organo specifici La ricerca degli autoanticorpi non organo specifici (NOS) in IFL indiretta su substrati di ratto (fegato, stomaco, rene) consente di identificare con un unico test varie specificità anticorpali, in particolare la presenza di anticorpi antinucleari (ANA), anti muscolo liscio (SMA), anti mitocondrio (AMA), antireticolina (ARA) (di cui abbiamo già trattato) ed anti microsomi di fegato e rene (LKM). Questo test andrebbe eseguito di routine alla diluizione standard di 1:40 sul siero di tutti i pazienti con malattia celiaca in quanto consente di identificare un vasto gruppo di patologie autoimmuni note per la loro associazione con la celiachia ed al tempo stesso di identificare una tendenza del soggetto a sviluppare complicanze autoimmuni non ancora emerse sul piano clinico ed ancora allo stato di patologia potenziale/latente. La positività per ANA pattern diffuso e/o SMA pattern tubulare (positività di strutture filamentose peritubulari contenenti actina a livello dei tubuli renali) o glomerulare (positività antiactina a livello dei glomeruli renali), in genere con appartenenza alla classe IgG, è indicativa di associazione con epatite autoimmune di tipo 1, mentre il riscontro di anticorpi LKM è 12 Celiachia news 12 espressione della coesistenza di un'epatite autoimmune di tipo 2, identificata anche dal riscontro della positività a livello del cytosol epatico (anti-LC1) e confermata dalla positività in controimmunoelettroforesi49-50. Una positività per ANA ad alto titolo può indirizzare anche verso una diagnosi di connettivite, di riscontro non occasionale nei pazienti con celiachia, e richiede una migliore caratterizzazione delle reattività antinucleari mediante ricerca degli ANA su cellule Hep2 e determinazione degli anticorpi anti-ENA (antigeni nucleari estraibili)48,49, 5557 . Il riscontro di AMA orienta immediatamente verso una condizione di associata cirrosi biliare primitiva (CBP), anche se è sempre più frequente il ritrovamento di questo anticorpo in celiaci che non presentano alcun segno clinico né bioumorale di colestasi ed in cui la biopsia epatica evidenzia la presenza di un quadro normale o solo iniziali segni di colangite distruttiva non suppurativa 51-52. In tali casi, è utile per confermare il rischio di patologia colestatica autoimmune associata eseguire il test di conferma per l'AMA in immunoblotting. La caratterizzazione delle reattività degli anticorpi non organo specifici su cellule Hep2 (linee cellulari di carcinoma laringeo ad alto indice mitotico) consente di chiarire molti punti controversi. Innanzitutto questo test si è dimostrato utilissimo per caratterizzare la reattività antiactina. Infatti, nella malattia celiaca è stata documentata su questo substrato una elevata prevalenza di anticorpi antimicrofilamenti di classe IgA (antiactina), espressione di autoimmunità secondaria diretta verso il citoscheletro indotta dalla produzione di citochine con pattern Th2 da parte di linfociti attivati49, 50, 54. La presenza di anticorpi antiactina di classe IgA si associa in maniera significativa ad un severo danno della mucosa duodenale nella malattia celiaca (grado 3b-3c)54. Lo stesso pattern anticorpale con appartenenza alla classe IgG indica invece la presenza di epatite autoimmune di tipo 149. La conferma di ANA con pattern diffuso su cellule HEp2 conferma ulteriormente il sospetto di epatite autoimmune o di LES, con diagnosi differenziale basata, oltre che sul quadro clinico, sull'elevata percentuale di positività per anti-DNA nativo, presente soprattutto nel LES. Una positività ANA con pattern anticentromero, associata al riscontro di AMA, identifica casi di CBP con associata sindrome CREST. La celiachia con segni bioumorali di colestasi può associarsi a casi di colangite autoimmune, una forma di CBP AMA-negativa, caratterizzata da positività per ANA con pattern multiple nuclear dots (MND)51, 53. La ricerca degli anticorpi diretti contro il citoplasma dei granulociti neutrofili (ANCA), eseguita sia in IFL che in ELISA, può essere utile per identificare un'altra condizione di colestasi idiopatica associata a celiachia, cioè la colangite sclerosante, che si può caratterizzare per una positività del pattern p-ANCA (positività perinucleare in IFL)51. La determinazione degli anticorpi diretti contro antigeni nucleari estraibili (complessi RNA-proteina e proteine nucleari non istoniche) è effettuabile con varie metodiche e consente di evidenziare alcune reattività anticorpali espressione di patologie del connettivo associate a celiachia, fra cui la positività per il sistema SS-A/SS-B indicativa di associazione con sindrome di Sjögren, per il sistema Jo1, espressione di possibile associazione con dermatomiosite, per il sistema Sm, possibile spia di LES, per l' anti RNP, indice di connettivite mista, e per Scl70, possibile spia di sclerodermia 55-57. Com'è noto tutte queste condizioni cliniche possono essere associate a celiachia ed, ancorchè le specificità anticorpali non siano di pertinenza esclusiva di queste patologie, possono comunque fornire una prima guida per indagare ulteriormente sulla loro esistenza. Considerazioni conclusive Alla luce di quanto esposto è possibile affermare con certezza che la malattia celiaca Celiachia news 12 13 costituisce un modello ideale per lo studio dell'immunità umorale. Nell'ambito delle innumerevoli manifestazioni autoimmuni che caratterizzano la storia clinica dei pazienti celiaci bisogna distinguere una sintesi anticorpale strettamente correlata con l'intolleranza al glutine, il cui riscontro è sempre espressione di un danno più o meno severo a livello della mucosa intestinale, da una sintesi anticorpale, che è espressione di autoimmunità secondaria, il cui “primum movens” è comunque da ricercarsi nelle alterazioni del sistema immune del paziente celiaco e va pertanto interpretato come conseguenza della malattia celiaca stessa. Nel primo caso la determinazione degli anticorpi marcatori di celiachia acquista un importante significato per lo screening e per il monitoraggio dell'intolleranza al glutine. Il secondo movimento anticorpale non deve essere assolutamente trascurato e la consapevolezza che questi anticorpi, espressione di patologia associata, possono comparire anche negli stadi precoci, quando ancora la patologia autoimmune si sta sviluppando e pertanto è più suscettibile di cure e trattamenti idonei (un esempio su tutti lo sviluppo di CBP e colangite autoimmune in corso di celiachia) ci deve indurre ad eseguire periodicamente nei nostri pazienti affetti da celiachia la ricerca degli autoanticorpi organo e non organo specifici. Indirizzo per la corrispondenza: Umberto Volta Dipartimento di Medicina Interna, Cardioangiologia, Epatologia Policlinico S. Orsola-Malpighi Via Massarenti, 9 40138 Bologna tel.: 051/6363633 fax : 051/340877 e-mail [email protected] 14 Celiachia news 12 Celiachia news 12 15 Tabella 1. Sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e negativo dei marker sierici di malattia celiaca Sensibilità Specificità (%) (%) IgA R1-ARA IgA AGA IgA EmA IgA JAB IgA anti-tTG ricomb. umana IgA anti-tTG da guinea pig liver VPP (%) VPN (%) 28-65 80-85 95-100 95-100 100 88-92 99-100 99-100 100 78-85 98-100 98-100 58-77 81-89 95-99 95-99 91-98 95-99 90-98 91-98 84-98 94-98 80-96 89-95 VPP: valore predittivo positivo; VPN: valore predittivo negativo, R1-ARA anticorpi anti reticolina R1; AGA: anticorpi antigliadina; EmA: anticorpi antiendomisio 19-30 Tabella 2 Malattie autoimmuni/idiopatiche associate a celiachia Autoimmuni Diabete mellito tipo 1 Tiroidite di Hashimoto Morbo di Graves Epatite autoimmune tipo 1 e 2 Cirrosi biliare primitiva Colangite sclerosante Alopecia Vitiligine Morbo di Addison Dermatite erpetiforme Deficit di IgA Gastrite atrofica autoimmune Anemia emolitica autoimmune Artrite reumatoide Lupus erythematoso sistemico Polimiosite Sindrome di Sjögren Myasthenia gravis 16 Idiopatiche Cardiomiopatia dilatativa Epilessia con calcificazioni cerebrali Epilessia senza calcificazioni cerebrali Atassia cerebellare Neuropatia periferica Mioclono Sclerosi multipla Atrofia cerebrale Malattie infiammatorie croniche intestinali Sarcoidosi Atopia Celiachia news 12 Tab. 3 - Prevalenza degli autoanticorpi organo e non organo specifici nelle celiachia e loro significato clinico Positività anticorpale Patologia autoimmune associata Anti tiroide (AMT)41,42,43 16-21% Ipotiroidismo 5-10% Ipertiroidismo 1-2% Anti cellule parietali gastriche (ACPG)43,56 4-11% Anemia perniciosa con gastrite atrofica 0-0.5% 0.5-3% Morbo di Addison - 0.5% 3-20% Diabete mellito tipo I - 3-20% 5% Atassia cerebellare,epilessia - 3% 1.5% 3-8 Pseudo-ostruzione intestinale - 1% A. reumatoide, LES, Epatite autoimmune tipo 1 0.5-1 .5% Anti muscolo liscio (SMA)41,50 Antimicrosomiali (LKM) e/o Anti liver cytosol (Lc1)49 6-20% Epatite autoimmune tipo 1 - 1 .5% 0-3% Epatite autoimm. tipo 2 - 3% Antimitocondriali (AMA)51,52 1-3% Cirrosi biliare primitiva - 1-3% 0.5-1.5% 1% 0.5% 33-71% 5% LES, Ep. autoimm. tipo 1 0.5-1.5% Cirrosi biliare primitiva 1% Cirrosi bil. prim.con CREST 0.5% transaminasi, atrofia severa villi 60% ­ Epatite autoimmune tipo 1 1.5% 0.5% Colangite sclerosante 0.5% Anti antigeni nucleari estraibili(ENA): SSA/SSB55 55 Sm 56 Jo1 50 Xr1 3 0.3% 1.5% 6% Anti cardiolipina57 14% Sindrome Sjögren 3% LES 0.3% Polimiosite Epatite autoimmune tipo 1-1.5% . Sind. da anticorpi antifosfolipidi 0% Anti surrene (ACS)43,44,45 Anti insula pancreatica (ICA)/Anti glutamico decarbossilasi(GAD) 43,46 Antineurone SNC14,47 14 Antineurone SNE 41,43,48 Anti nucleo (ANA) ANA su Hep2: diffuso49, 55 multiple nuclear dots (MND)51,53 centromero51 antiactina IgA50,54 antiactina IgG49 Anticitoplasma neutrofili (p-ANCA)51 Bibliografia 1.Schuppan D. Current concepts of celiac disease pathogenesis. Gastroenterology 2000; 119:234-242. 2.Reunala T, Collin P. Diseases associated with dermatitis herpetiformis. Br J Dermatol 1997; 136:315-318. 3.Counsell CE, Taha A, Ruddell WSJ. Coeliac disease and autoimmune thyroid disease. Gut 1994; 35:844-846. 4.Cronin CC, Shanahan F. Insulin-dependent diabetes mellitus and coeliac disease. Lan- cet 1997; 349:1096-1097. 5.Curione M, Barbato M, De Biase, et al. Prevalence of coeliac disease in idiopathic dilated cardiomiopathy. Lancet 1999; 354:222223. 6.Volta U, De Franceschi L, Lari F, et al. 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La diffusione della MC in Europa è stata messa in relazione con gradienti genetici, determinati a loro volta in gran parte dallo sviluppo agricolo, e dalle modalità storiche di consumo alimentare di cereali 6. In questo contesto, tralasciando la descrizione delle caratteristiche generali della MC che sono state già illustrate da vari autori come ad esempio Troncone et al. 7, si vuole sottolineare la multifattorialità della MC per evidenziare al meglio le eventuali implicazioni della MC nella sfera riproduttiva maschile. Questa importante caratteristica è resa evidente dal fatto che tale malattia è associata anche ad altre patologie a carattere endocrino ed immunitario: esempi sono malattie autoimmuni del fegato e del sistema biliare, tiroiditi, diabete mellito insulino-dipendente tipo 1, aumentato rischio di linfomi intestinali 8; si tratta di patologie in cui possono giocare un ruolo pure fattori ambientali. È interessante rilevare che la gravità delle manifestazioni associate alla MC non è direttamente correlata alla sintomatologia intestinale 9. La durata della espoCeliachia news 12 21 sizione al glutine negli adolescenti con MC, ma non negli adulti, è correlata al rischio di patologie autoimmuni, suggerendo come, sotto certi aspetti, tale proteina si possa paragonare ad una sostanza tossica con effetti cronici di cui ancora non è nota un'eventuale dose senza effetto 1,2,3. Altro fondamentale aspetto della MC riguarda gli effetti sulla riproduzione. Infatti la MC si ripercuote negativamente sulla riproduzione femminile con effetti quali menarca ritardato, amenorrea, infertilità e menopausa precoce. Studi epidemiologici dimostrano che, oltre alla ridotta fertilità, le donne celiache hanno maggiore rischio di problemi riproduttivi quali l'abortività, basso peso del neonato alla nascita e ridotta durata della lattazione 2,3. Invece, per quello che riguarda l'evidenza di possibile aumento di rischio di malformazioni congenite, mancano studi adeguati; tuttavia la MC induce malassorbimento e quindi carenza di fattori essenziali per la organogenesi quali, ad esempio, ferro, acido folico e vitamina K 2,3 . Pertanto la patogenesi di complesse manifestazioni riproduttive è riportabile sia ad un malassorbimento subclinico di fattori nutrizionali (come ad es. l'acido folico) sia ad una base comune di squilibrio immunitario ed endocrino che si associano ad una diretta interferenza del glutine con tali sistemi 6. Analogamente, anche la sfera riproduttiva maschile è un bersaglio di questa malattia che può interagire, con meccanismi diversi, con i sistemi endocrino ed immunitario. Pertanto si è voluto indagare, con le evidenze disponibili, attraverso quali meccanismi la MC nell'uomo possa interferire con la sua salute riproduttiva, con particolare attenzione ai problemi legati alle carenze di micronutrienti. Carenza di vitamine nel sistema riproduttivo maschile Negli uomini con MC, come nelle donne celiache, oltre ad esserci un malassorbimento generale possono verificarsi carenze specifiche di sali minerali e di vitamine im- 22 portanti per il normale sviluppo dell'apparato riproduttivo. Infatti Bona et al. 10, ipotizzò che nella MC potrebbe verificarsi un malassorbimento selettivo di micronutrienti essenziali per il metabolismo di proteine trasportatrici e/o recettoriali per gli ormoni sessuali. Una caratteristica della MC è che, oltre ad indurre un malassorbimento generale, induce carenze specifiche di nutrienti come minerali (ferro e zinco) e vitamine (acido folico, B12, K, B6) che nella donna sono importanti per lo sviluppo prenatale 1. Proprio gli indicatori di carenze di acido folico e/o ferro potrebbero essere usati come markers di popolazione, per identificare soggetti con MC per un trattamento precoce con la dieta priva di glutine (DPG)11. Questo, evidenziando anche il ruolo patogenetico delle carenze di specifici nutrienti, potrebbe proteggere la popolazione dalle possibili complicanze associate alla MC soprattutto per quelle fasce di popolazione in cui non sono presenti segni evidenti di enteropatia. Un ruolo importante per la riproduzione maschile è dato dalla vitamina A (retinolo) e dal suo più importante derivato biologicamente attivo (acido retinoico). Infatti questi retinoli sono coinvolti nella crescita e la differenziazione di numerosi tipi di epiteli ed, in particolare, sono essenziali per il mantenimento della spermatogenesi 12. Livera et al. 13 sottolineò il ruolo di tale vitamina nei roditori per la regolazione della funzione testicolare. La carenza di vitamina A induce la cessazione precoce della spermatogenesi ed influenza negativamente la secrezione del testosterone. Inoltre topi mutanti per i recettori alfa dell'acido retinoico e per i recettori beta del retinolo sono sterili. I retinoli appaiono esercitare un'azione sui tre principali tipi di cellule del testicolo (cellule del Sertoli, germinali e Leydig); tali vitamine agiscono sul metabolismo delle cellule del Sertoli e sui fattori secreti da queste. Inoltre i retinoli appaiono necessari per la proliferazione e differenziazione di spermatogoni A e per la spermatogenesi. Celiachia news 12 È interessante ribadire che la carenza di vitamina A porta all'atrofia degli organi sessuali accessori dopo la diminuizione della produzione di testosterone e che i retinoli interessano questi tre tipi di cellule anche nel feto. È importante sottolineare che il grado di sincronizzazione della spermatogenesi è influenzato dalla dose dei retinoli 14, infatti, anche un eccesso di vitamina A conduce a lesioni testicolari e disordini della spermatogenesi 13. Perciò un apporto adeguato di tale vitamina con una equilibrata dieta può evitare effetti negativi sull'apparato riproduttore maschile, ad esempio nel caso dei pazienti con MC. Infatti, uno studio 15 eseguito su 246 bambini indiani ha evidenziato che 42 bambini (16.6 %) erano affetti da MC e che 2 di loro soffrivano di carenza di vitamina A; pertanto una simile carenza non è da sottovalutare; analogamente va presa in considerazione la carenza di un'altra vitamina liposolubile, la vitamina E. Infatti la carenza di vitamina E causa nel ratto una spermatogenesi incompleta che interessa la differenziazione strutturale delle cellule epiteliali dell'epididimo; la vitamina ha un importante ruolo nel mantenimento e sopravvivenza della popolazione spermatidica16. Infatti nell'epididimo, l'effetto della carenza di vitamina E si manifesta sulle cellule principali, ristrette ed apicali che mostrano un apparato endocitico e secretorio scarsamente sviluppato. Per contro le cellule chiare mostrano l'apparato endocitico maggiormente sviluppato solo nella regione caudale, mentre nelle cellule delle regioni del corpo e del capo gli apparati endocitici sono piccoli ed indifferenziati. Questo ci fa comprendere che la vitamina E, nell'epididimo, è importante nella differenziazione strutturale delle cellule principali lungo l'intero epididimo, mentre nelle cellule chiare il suo ruolo è regionespecifico. È interessante sottolineare che la risomministrazione della vitamina E con la dieta ripristina un normale aspetto dei testicoli e dell'epididimio, indicando che gli ef- fetti su questi tessuti sono reversibili 16. Un altro aspetto della carenza di vitamina E, affrontato da Wilson et al 17, riguarda l'effetto sulla crescita e funzione secretoria del complesso prostatico nel ratto. In particolare la sua carenza, pur non riguardando la crescita dei lobi prostatici, l'inizio e l'estensione della specifica prostatite del lobo laterale, può ritardare alcune funzioni differenziate come la secrezione di specifiche proteine nel lobo ventrale. Pertanto gli effetti della carenza della vitamina E nella prostata del ratto sono selettivi ma devono essere considerati con particolare attenzione per il loro possibile impatto a lungo termine; è stato, infatti, suggerito che un aumento della sua assunzione potrebbe avere un effetto protettivo contro il cancro della prostata nell'uomo. Inoltre il suo effetto positivo sull'apparato riproduttore maschile potrebbe essere anche collegato al suo potere antiossidante 18 visto che molti organi che lo compongono sono ricchi in lipidi. L'effetto antiossidante della vitamina E e della vitamina C furono studiati da Deshpande et al. 18 utilizzando il metimazolo (MMI), un composto che induce ipotiroidismo, su ratti maschi Wistar alimentati con MMI. MMI più vitamina C e MMI più vitamina E rispettivamente. I ratti che ricevevano solo MMI mostravano, rispetto ai controlli, aumento del peso della tiroide, bassi livelli circolanti di T3 e T4 ed aumento del colesterolo totale. Per contro, questi effetti non erano evidenti nei gruppi trattati con le vitamine. Tali vitamine perciò, hanno un effetto positivo sulla ghiandola tiroidea associato direttamente all'azione antiossidante. Altro aspetto è la presenza di alcune malattie rare associate alla MC che possono risultare degli indicatori di carenza di vitamina E. Un esempio è la sindrome dell'intestino bruno 19 dovuta al deposito di lipofuscina nella muscolatura liscia intestinale; tale sindrome avviene in associazione con il malassorbimento di vitamina E ed ha una mortalità molto elevata. Un'altra malattia rara è la sindrome cerebellare 20 che progredi- Celiachia news 12 23 sce nonostante la risoluzione dei sintomi di malassorbimento con la DPG. Tuttavia la terapia con vitamina E migliora i sintomi cerebellari, sostenendo il possibile ruolo di questa carenza nello sviluppo delle complicazioni neurologiche della MC. Infine si vuole sottolineare l'importanza delle carenze di vitamina D e del calcio nella patogenesi dell'osteoporosi 21, una patologia che, pur essendo fortemente associata all'omeostasi degli steroidi, può essere favorita dalla carenza di tali micronutrienti. Questo risulta particolarmente rilevante per gli uomini anziani con MC tardiva, in particolare se non fanno esercizio fisico; per tale motivo si può ritenere che la MC costituisca un importante fattore di rischio per l'osteoporosi 22. Tuttavia nella patogenesi di questa condizione negli uomini anziani, oltre carenze di vitamina D e di calcio, vari altri elementi devono essere presi in considerazione: fattori ormonali (diminuizione della secrezione testicolare), stili di vita (alcol, fumo, mancanza di esercizio), certe malattie (artrite reumatoide), certi farmaci ed altre sostanze (corticosteroidi, estrogeni, anti-androgeni) 23, tutti fattori che possono interagire con le manifestazioni sistemiche della MC. Quindi l'osteoporosi è un rilevante aspetto clinico tra gli uomini anziani e la supplementazione della vitamina D e del calcio risulta ancora più importante se tali persone soffrono di MC diagnosticata in età adulta 23. In conclusione, le carenze di micronutrienti nella MC, in particolare per le vitamine liposolubili, possono contribuire in maniera importante ai disturbi della riproduzione maschile; tali carenze vanno considerate soprattutto se si manifestano durante fasi critiche della maturazione sessuale, tuttavia un effetto significativo sulla spermatogenesi può verificarsi anche durante l'età adulta. Al termine di questo paragrafo si vuole dare particolare attenzione agli effetti della dieta sul fattore-I di crescita insulino-simile (IGF-I) cui, negli ultimi anni, è attribuito un 24 ruolo importante nella maturazione sessuale maschile. Takenaka et al. 24 considerarono gli effetti della dieta proteica sul numero dei recettori dell'IGF-I nei vari tessuti di ratto. Il numero dei recettori non variava nei testicoli, polmoni, intestino, cervello e reni, ma aumentava nello stomaco di ratti alimentati sia con una dieta contenente il 12% di glutine sia con una dieta aproteica; diminuivano leggermente nel cuore di ratti alimentati con la dieta contenente il 12% di glutine rispetto ai ratti alimentati con la dieta contenente il 12% di caseina. Anche se la quantità dei recettori IGF-I è relativamente costante nella maggior parte dei tessuti, la sintesi del recettore IGF-I è regolata in modo differente in ogni tessuto in risposta alla nutrizione proteica ed in particolare alla presenza di glutine, suggerendo che la regolazione può avere dei significati fisiologici nella trasmissione del segnale dell'IGFI-I. Perciò le concentrazioni dell'IGF-I plasmatico e della proteina IGF-legante possono regolare soprattutto l'azione dell'IGF-I nei tessuti nella risposta alla dieta proteica. Quanto detto aiuta a comprendere l'ipotesi del coinvolgimento dell'IGF-I nella maturazione sessuale maschile. Keene et al. 25 hanno studiato un ceppo di topi KO per i recettori del GH (GHR-KO); tali topi sono GH resistenti e IGF-I carenti. Gli autori hanno valutato in questi topi e nei topi normali dallo svezzamento alla maturità sessuale, gli effetti dall'assenza di IGF-I sulla maturazione sessuale, considerando i seguenti parametri: pesi dei testicoli e degli organi riproduttivi secondari, separazione balanoprepuziale, sviluppo delle cellule germinali, livelli del testosterone intratesticolare. Inoltre era valutata la risposta del Testosterone (T) all'ormone luteinico (LH). I risultati indicarono che la separazione balanoprepuziale era significativamente ritardata e vi era un consistente aumento delle vescicole seminali rispetto a quelle dei topi normali. Si osservava un'evidente riduzione anche riguardo ai pesi dei testicoli e dell'e- Celiachia news 12 pididimo nei topi GHR-KO. Vi era inoltre un ritardo nella maturazione degli spermatidi allungati; infine i livelli di T intratesticolare e la risposta del T al trattamento dell'LH erano attenuati nei topi GHR-KO. Pertanto, l'assenza della secrezione dell'IGF-I ritarda il normale corso della maturazione sessuale nei maschi di topo GHRKO indicando che l'IGF-I gioca un ruolo importante per l'inizio della pubertà nei topi maschi. Conclusioni In generale, le evidenze disponibili mostrano che l'uomo affetto da MC è a maggiore rischio di infertilità ed altri disturbi della sfera riproduttiva. La complessità dei potenziali fattori patogenetici evidenzia il carattere multifattoriale della MC, le cui manifestazioni possono venire modulate dal concorso sia di diverse componenti genetiche sia di altri fattori ambientali, oltre al glutine 1,7, 26. In particolare, le alterazioni riproduttive associate alla MC, con il possibile ruolo del malassorbimento cronico di oligonutrienti essenziali, ha ricevuto relativamente minore attenzione rispetto alle possibili basi immunitarie ed endocrine. Tuttavia, non si tratta necessariamente di fattori fra loro in alternativa. Un lieve, ma prolungato malassorbimento porterebbe, ad esempio, ad una carenza specifica di fattori necessari per l'attività, la sintesi e/o il trasporto di ormoni 10. Riguardo al malassorbimento cronico di vitamine, è ben nota la carenza di acido folico nella MC 2,3, una vitamina essenziale per il metabolismo degli acidi nucleici, la cui carenza si ripercuote particolarmente su tessuti caratterizzati da rapida proliferazione, come il sistema emopoietico, l'embrione e l'epitelio seminifero. Sarebbe inoltre opportuna una maggiore attenzione verso le possibili carenze di vitamine liposolubili osservate nella MC quali A 15 ed E 19,20 . La vitamina A, considerata un fattore protettivo per gli epiteli, è importante per la funzionalità delle cellule del Sertoli e per le prime fasi della spermatogenesi 13. La vitamina E, fattore antiossidante, ha diversi ruoli importanti ai fini della salute riproduttiva maschile, quali la corretta differenziazione e funzionalità dell'epitelio dell'epididimo, nonché la maturazione degli spermatidi 16, e la secrezione di proteine da parte della prostata 17. Inoltre, l'effetto antiossidante può essere protettivo nei confronti di agenti con attività endocrina 18, molte delle quali hanno come bersagli specifici lo stroma testicolare e l'epitelio seminifero 26. Pertanto, appaiono giustificate ulteriori indagini sul ruolo delle carenze di vitamine liposolubili nei disturbi delle riproduzione maschile associati alla MC, nonché riguardo all'effetto della DPG su tali carenze. In conclusione, la MC può essere sospettata in casi di disfunzionalità riproduttiva maschile senza cause apparenti. La diagnosi deve portare all'adozione della DPG, che deve essere rigidamente rispettata; occorre inoltre fare attenzione alla potenziale assunzione cronica di tracce di glutine attraverso additivi alimentari od eccipienti di farmaci, che potrebbe parzialmente compromettere gli effetti del trattamento con la DPG. In ogni caso, le persone con MC andrebbero considerate soggetti vulnerabili; l'osservazione di carenze di micronutrienti come indicatori precoci, dovrebbe quindi portare all'avvio tempestivo di strategie di prevenzione e trattamento. Inviare la corrispondenza a: Dr. Anna Velia Stazi Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria Viale Regina Elena, 299 00161 Roma Tel. : 06/49902529 Fax: 06/49387139 E-mail: [email protected] Celiachia news 12 25 Bibliografia 1. Stazi AV, Mantovani A. Possibili modelli animali delle complicanze endocrine, immunologiche e riproduttive della malattia celiaca. Minerva Medica 2002;93:457-70. 2. Stazi AV, Mantovani A. 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