MUSEO
DI STORIA
NATURALE
DI MILANO
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Sottostima delle minacce per la biodiversità
da parte di specie aliene di insetti
Maurizio Pavesi
Il problema della naturalizzazione di specie aliene, introdotte
accidentalmente o deliberatamente, e del loro possibile
impatto negativo non solo sulle biocenosi autoctone, ma
anche sulle attività umane, è noto da oltre un secolo, ma
negli ultimi anni ha assunto un’importanza cruciale, a causa
della difficoltà di controllare efficacemente l’enorme
quantità di merci che quotidianamente viaggiano da un capo
all’altro del pianeta.
Nel caso degli insetti alieni, l’attenzione si rivolge soprattutto
alle specie conosciute come infestanti, in grado di causare
danni economici, o anche problemi di ordine
igienico-sanitario, talora molto gravi. Le specie la cui
invasività rimane limitata all’ambiente naturale, senza
un’importanza economica diretta, sono state finora per lo più
trascurate, e la loro espansione ha costituito oggetto
di interesse soprattutto per gli studiosi di entomologia,
in quanto il loro impatto sulla biodiversità era generalmente
ritenuto non significativo; valutazione che potrebbe in alcuni
casi rivelarsi totalmente erronea.
Per contro, specie aliene di insetti vengono talora introdotte
deliberatamente, in vista di una loro possibile utilità a scopo
di lotta biologica. I propositi, ossia limitare per quanto
L’imenottero sfecide Sceliphron caementarium, originario del
Nordamerica, costruisce nidi di fango su supporti di vario genere,
compresi edifici e manufatti. La presenza di tali nidi, poco
appariscenti e quindi generalmente passati inosservati, su casse
di merci e veicoli da trasporto, è senza dubbio il fattore che ha
consentito a questo imenottero di espandere enormemente il suo
areale originario; areale che attualmente include l’America
tropicale, l’area pacifica dal Giappone all’Australia e l’Europa.
In Italia la prima segnalazione, per la Toscana, risale al 1990;
in seguito la specie si è ampiamente diffusa in varie regioni,
divenendo localmente abbondante. E’ stato accertato che la
comparsa massiccia di S. caementarium in una determinata area ha
in molti casi coinciso con un drammatico declino delle specie
autoctone, se non con la loro totale scomparsa. Probabilmente
S. caementarium non si limita a competere con le specie indigene,
ma è in grado di scacciarle dai loro nidi per impadronirsene.
Particolarmente indicativa è la situazione rilevata alla Pineta di
San Vitale (Ravenna). Nel corso di uno studio eseguito nel 1987
mediante raccolta e successivo allevamento di alcune decine di nidi,
è stata rilevata una florida popolazione di Sceliphron destillatorium.
Un successivo campionamento effettuato nel 1995 ha portato
al rinvenimento di oltre 600 nidi, risultati senza eccezione
appartenenti a S. caementarium, con la totale scomparsa della
specie autoctona soppiantata da quella aliena. Altre osservazioni
compiute nell’anno in corso, in differenti siti in Lombardia e in
Emilia-Romagna, hanno evidenziato una presenza regolare
di S. caementarium, unitamente all’assenza apparentemente totale
delle specie indigene S. destillatorium e S. spirifex.
S. caementarium, come le altre specie del genere, è un cacciatore
generalista di ragni, che paralizza con la puntura e utilizza per
approvvigionare i nidi. Qualora l’insediamento di S. caementarium
ai danni delle altre specie si accompagnasse ad un incremento
consistente della popolazione totale di Sceliphron, e quindi ad una
accresciuta pressione sulle popolazioni di ragni, gli effetti sia sugli
ecosistemi naturali che su quelli agricoli potrebbero rivelarsi ben più
imponenti della semplice scomparsa dei nostri Sceliphron indigeni.
Una femmina di Sceliphron caementarium intenta a raccogliere fango per costruire il nido. Le nostre specie indigene si distinguono facilmente per
il torace interamente nero o quasi, il peduncolo dell’addome giallo e i femori posteriori gialli nella metà basale. Foto: Maurizio Pavesi
Il coleottero coccinellide Harmonia axyridis, di origine
centroasiatica, viene commercializzato ormai da molti anni in
Europa e Nordamerica a scopo di lotta biologica; si tratta di una
specie molto adattabile a differenti condizioni ambientali e dal
rapido ritmo riproduttivo, pertanto facilmente allevabile, nonché
di un vorace predatore di afidi, particolarmente efficiente nel
limitare le popolazioni di questi ultimi in ambienti agricoli.
L’impatto di H. axyridis sugli ecosistemi è tuttavia assai più ampio
e drammatico. Anzitutto la sua efficienza come predatore di afidi,
e quindi come competitore nei confronti degli altri coccinellidi,
costituisce di per sé una minaccia per le specie autoctone.
A ciò si aggiunge il fatto che H. axyridis è un predatore
decisamente meno specializzato di quanto non siano
generalmente i coccinellidi, le cui larve attaccano e divorano
in primo luogo tutto ciò che si trova nei pressi o all’interno delle
colonie di afidi, come uova, larve e pupe di altri coccinellidi, ma
anche larve di altri predatori afidofagi, come neurotteri crisopidi
o ditteri sirfidi. Sono stati osservati attacchi a prede del tutto
differenti e talora più grandi del predatore stesso, come bruchi
di lepidotteri o ditteri ed imenotteri adulti, e addirittura casi
di morsicature ad esseri umani. In Nordamerica, dove la specie
è stabilmente insediata da tempo, sono ampiamente documentati
casi di vistoso declino delle specie autoctone di coccinellidi nelle
aree di diffusione della specie. A ciò si aggiunge il fatto che
H. axyridis, ancor più degli altri coccinellidi, per il suo sapore
disgustoso è ben difesa nei riguardi dei predatori che potrebbero
altrimenti limitarne la proliferazione. Negli ultimi anni anche in
alcuni paesi europei la progressiva espansione di H. axyridis ha
portato ad avviare programmi di monitoraggio della specie, allo
scopo di valutarne l’impatto sull’ambiente.
La presenza di H. axyridis negli ambienti naturali in Italia per alcuni
anni è rimasta apparentemente contenuta, e limitata a individui
di una singola forma cromatica, probabile espressione di una
limitata variabilità genetica. Molto recentemente è tuttavia iniziata
una fase di rapidissima espansione, con la comparsa di una
sempre maggiore variabilità cromatica, il tutto come probabile
conseguenza di una maggiore variabilità in seguito alle ripetute
introduzioni. Nel 2008, unitamente ad un aumento esponenziale
delle località conosciute, è stata osservata in diverse stazioni
lombarde una massiccia presenza di H. axyridis, che è arrivata
a costituire oltre il 90% delle popolazioni globali di coccinellidi,
con un vistoso declino delle altre specie. Qualora l’attuale
tendenza dovesse essere confermata, le conseguenze sui nostri
ecosistemi e sulla biodiversità potrebbero essere imprevedibili.
possibile l’utilizzo di pesticidi nella difesa delle colture, sono
indubbiamente encomiabili, ma gli effetti collaterali possono
risultare gravemente controproducenti.
L’impiego di parassitoidi teoricamente monofagi
per contrastare l’invasività di un fitofago alieno contiene
comunque un margine piccolo ma ineliminabile di rischio che
il parassitoide possa successivamente adattarsi alle specie
indigene; ben più pericolosa per le specie autoctone può
tuttavia rivelarsi l’introduzione di predatori scarsamente
specializzati per combattere genericamente determinate
categorie di fitofagi.
Tre differenti varianti cromatiche di Harmonia axyridis. La vivace colorazione segnala ai predatori che si tratta di un insetto non commestibile.
Foto: Matteo Di Nicola
Larva di Harmonia axyridis,
caratteristica per le spine
ramificate. Foto: Matteo Di Nicola
Harmonia axyridis sverna in luoghi riparati, ad esempio all’interno di edifici, talvolta in gruppi
numerosissimi. È qui visibile la grande varietà di forme cromatiche caratteristica della specie.
La tendenza di H. axyridis a invadere in massa le abitazioni in autunno, alla ricerca di un luogo dove
svernare, può costituire un problema diretto per l’uomo. Sono stati infatti registrati numerosi casi
di reazioni allergiche, provocati dalle sue secrezioni tossiche in seguito al contatto con insetti
incautamente schiacciati, e più di rado da morsicature da parte delle coccinelle. Foto: Maurizio Pavesi