Animali predatori e fast food
ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ANIMALI PREDATORI E FAST FOOD
Gli animali carnivori attaccano la preda, la uccidono e la mangiano cruda. Il problema si pone
loro quando la preda è troppo grossa e non possono mangiarla in una sola volta. Allora
possono arrivare altri predatori, anche più piccoli, che però magari in branco, partecipano, non
invitati, al pasto, lasciando, a volte, l’uccisore, a stomaco vuoto. Per questo alcuni predatori,
come il leopardo, sistemano la preda su un alto ramo di un albero, al riparo da concorrenti
come le iene che, cacciando in branco, sono in grado di portargli via la preda.
La vita del predatore è fatta quindi di mangiate rapide e ansiose, ingoiando i bocconi anziché
masticarli, con una dentatura che la natura gli ha fornito adatta a questo scopo e con uno
stomaco in cui vengono secreti succhi gastrici potentissimi, che sciolgono in poche ore anche le
ossa della preda. Il loro intestino cortissimo, 3-5 volte la distanza che separa la bocca dall’ano,
assimila velocemente e velocemente evacua ciò che emetterebbe nel loro corpo i veleni della
decomposizione.
Al contrario, gli erbivori, che vivono in branchi a volte composti da numerosissimi individui,
mangiano con molta calma ciò che sta fermo e non può scappare, né provare dolore: l’erba. I
loro stomaci la digeriscono lentamente, il loro intestino, lunghissimo, circa 25 volte la distanza
tra la bocca e l’ano, è fatto per assimilare totalmente le sostanze molto diluite lì presenti.
Potremmo dire, quindi, che mentre quello degli erbivori è un “pasto lento” e tranquillo, quello dei
carnivori è un “pasto rapido” e ansiogeno.
Insomma una sorta di “low food” opposto a una sorta di “fast food”.
Trasponendo gli stessi criteri al pasto degli uomini, vediamo che coloro che rispettano la propria
natura umana e mangiano vegetali, propendono per un modo di mangiare senza alcun dubbio
calmo, lento e tranquillo.
Stessa cosa non si può dire per coloro che disconoscono la propria natura e mangiano ancora
oggi cadaveri di animali e prodotti derivati dalla sofferenza animale.
Il “fast food” è, quindi, un comportamento tipico dei carnivori.
Ma perché il “fast food” è tanto entrato nel modo di mangiare, dapprima occidentale e poi
dell’intero globo industrializzato?
Perché esso è perfettamente funzionale ai tempi di lavoro sempre più serrati, imposti a chi
produce, che dalla catena di montaggio hanno straripato in tutti gli altri ambiti.
Questo modo di nutrirsi, totalmente innaturale per l’uomo in quanto animale
frugivoro-fruttariano, deputato cioè dalla natura a mangiare, frutta e semi oleosi, ovviamente
crudi, e totalmente inadatto a mangiare carne, è talmente entrato nel ciclo vitale urbano da
influenzare anche il modo di intendere non solo il rapporto col proprio corpo, ma anche i
rapporti interpersonali.
Non volendosi qui addentrare in un discorso specialistico, possiamo affermare che l’uso che
viene fatto dei cosiddetti mezzi di comunicazione di massa, da parte di chi gestisce il potere,
attraverso un modo sempre più serrato di “far vivere” la “notizia” e la “realtà”, o meglio
l’immagine che di essa viene data al “pubblico”, di creare dal nulla la notizia, di occultare
continuamente la verità, contribuisce a rafforzare nell’individuo il senso della precarietà, di
inutilità e di rifiuto di sentimenti invece innati nell’Uomo, quali ad esempio la solidarietà di specie
e la tendenza ad operare il bene.
L’immagine che viene data della società e della vita è quella di una jungla in cui sono ovunque
in agguato predatori sanguinari in cerca di cibo in concorrenza tra di loro ed ognuno di noi viene
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al contempo fatto entrare in empatia, sia con la vittima, sia col suo predatore: con la vittima
quando si vuole rafforzare un potere repressivo che spaccia se stesso per essere “al servizio”
del “cittadino-preda”, autolegittimandosi con una ipotetica sempre maggiore richiesta di
“sicurezza” da parte di cittadini che vengono terrorizzati ad arte (vecchio trucco); con il
predatore, in tutte le manifestazioni dei rapporti interpersonali, fondati sul presupposto della
concorrenza e non della solidarietà, della scalata al successo e non dell’evoluzione ordinata dei
valori di giustizia, libertà ed uguaglianza per tutti. Per uomini ed animali non umani,
aggiungiamo noi a chiusura del cerchio iniziato tanto tempo fa dai più illustri tra gli uomini.
Così, il cittadino in questa jungla è al contempo cacciatore e spaurita preda bisognosa di aiuto
da parte di una “autorità” a lui superiore ed esterna.
In un simile contesto sociale e psicologico, è plausibile lo sviluppo di fenomeni nutrizionali
profondamente squilibrati e tipici delle società più “danarose” ed fondamentalmente più
autoritarie, come l’anoressia e la bulimia: due facce della stessa medaglia.
Il bulimico ingurgita velocemente enormi quantità di cibo che lo portano ad ingrassare sempre di
più. A meno che egli non impari poi a vomitarlo. Un po’ come facevano i nobili dell’antica Roma
durante le feste esagerate cui erano avvezzi. In quel caso la funzione del vomito era quella di
permettere loro di svuotare lo stomaco per poi ricominciare.
Il bulimico si avvicina al frigorifero dapprima furtivamente, come un predatore in agguato. Poi,
d’improvviso lo apre e comincia l’attacco. In breve la preda è vinta e nel suo capace stomaco di
predatore entrano, a valanga, enormi quantità di tramezzini, bistecche, coca cola, pop corn,
dolci e quant’altro malcapitato sia lì presente.
Il predatore mangia velocemente, perché potrebbero spuntare uno o più concorrenti che
vogliono sottrargli la preda. Dio non voglia! E giù bevande e solidi, cotti e fritti, in un vortice
quasi furibondo, durante il quale egli non vede che “La preda” e sa che DEVE mangiarla tutta e
il più presto possibile. Pena la morte. Predare o subire gli altri predatori. Mangiare o morire! Ma, diciamo pure purtroppo, la morte prima o poi arriva lo stesso, per eccesso di tossine, e si
mostra al mondo come l’esito di malattie cardiovascolari, cancri, cirrosi, demenza precoce e
senile, morbo di Parkinson, ecc.
Oppure, apparentemente al contrario, la morte arriva per eccessiva denutrizione.
Non è un caso che gli animali predatori in natura muoiano delle stesse malattie che colpiscono
l’uomo, mentre invece, sempre allo stato naturale, gli erbivori siano pressoché esenti da quelle
stesse malattie.
In definitiva, assieme a tutte le “ragioni” di carattere psicologico-familiare per cui si è anoressici
e/o bulimici, il “peso” della “ragione” sociale di cui abbiamo detto dovrebbe essere preso in
considerazione come una componente che può avere una certa rilevanza. Peccato che
quest’ultima ragione sia strettamente dipendente da un andamento dei rapporti tra potere,
mezzi di “decomunicazione di masse” ed individui che si va via, via, aggravando. A sfavore,
ovviamente, della Libertà dell’Uguaglianza e della Fratellanza degli individui e tra gli individui.
Roma lì, 16 luglio 2009
Massimo Andellini
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