A.A. 2013-2014
Corso di Laurea Magistrale in
Scienze dell’Amministrazione
Sistemi di welfare
9. L’ECONOMIA DELLA FAMIGLIA
Maria Letizia Pruna
SPS/09 – Sociologia dei processi economici e del lavoro
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La prima istituzione sociale
La famiglia è un’istituzione sociale ma
anche
- un soggetto di decisioni
- un attore economico
Insieme allo stato e al mercato compone
una infrastruttura regolativa integrata
che favorisce la coesione sociale
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La famiglia “defunzionalizzata”
La modernizzazione ha ridotto le funzioni
della famiglia: istruzione, produzione di
beni, salute, assistenza, sono state
trasferite ad altre istituzioni (processo di
differenziazione istituzionale)
La famiglia tuttavia continua ad essere
una unità produttiva: produce beni e
servizi non destinati alla vendita
Produce welfare
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Che cos’è il familismo
Un sistema di welfare è familista non se è
a favore della famiglia, ma se la sua
politica pubblica assume e fa in modo che
ciascun nucleo familiare sia il primo
responsabile del benessere dei suoi
membri.
Al familismo corrispondono politiche della
famiglia poco sviluppate e poco generose.
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Che cos’è la defamilizzazione
Defamilizzare non significa “opporsi alla
famiglia” ma misurare quanto le
responsabilità di cura e di protezione sociale
delle famiglie siano state ridotte (attraverso
l’intervento dello stato e/o del mercato).
I regimi di welfare che defamilizzano sono
quelli che cercano di alleggerire i pesi che
ricadono sulla famiglia e di ridurre la
dipendenza del benessere degli individui dai
rapporti familiari e di parentela.
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La produzione non monetizzata
I beni e i servizi prodotti dalla famiglia non
sono monetizzati e quindi non compaiono
nella contabilità nazionale e nelle altre
statistiche sul reddito.
La produzione gratuita delle famiglie
non contribuisce al reddito nazionale
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La protezione del reddito
Molti welfare state si concentrano sulla
protezione del reddito di chi lavora piuttosto
che sugli interventi rivolti alla famiglia
(trasferimenti monetari e servizi di assistenza)
In molti casi le famiglie sono state alleggerite
nelle responsabilità di cura non dalle politiche
pubbliche ma grazie alla tecnologia
(elettrodomestici), alle pensioni (reddito per
anziani), alle scelte riproduttive (meno figli)
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Il ricorso delle famiglie al mercato
Sono tre i fattori che possono spingere le
famiglie a rivolgersi al mercato per soddisfare i
propri bisogni:
1. “legge di Engel”
al crescere dei redditi reali
delle famiglie aumenta la quantità di denaro
destinabile ai consumi “non essenziali”
2. “malattia dei costi” (Baumol, 1967)
rapporto
tra retribuzioni e produttività nei servizi che si
traduce in costi più o meno elevati dei servizi
3. vincoli di tempo le famiglie hanno meno tempo
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Le scelte delle famiglie
«Le famiglie restano ancora uno dei
principali fattori da cui dipende se e in che
direzione l’occupazione aumenterà. Le loro
scelte di risparmio, consumo e produzione
incidono sul destino occupazionale dei loro
stessi membri.»
(Esping-Andersen)
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L’ipotesi-chiave
di Esping-Andersen
L’economia della famiglia è l’alfa e l’omega di
ogni soluzione dei principali dilemmi
postindustriali
l’equilibrio a bassi tassi di fecondità
l’equilibrio a basso salario-bassa qualificazione
L’economia della famiglia è forse il “fondamento
sociale” in assoluto più importante delle
economie postindustriali.
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Equilibrio a bassi tassi di fecondità
Aumento dell’occupazione limitato
dall’elevata difficoltà delle donne di
conciliare il lavoro con la famiglia. Poca
occupazione, pochi figli. Impedisce un
ampliamento della occupazione in
direzione di un pieno impiego e lascia
inalterate sia le disuguaglianze di genere
che l’esclusione sociale.
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Equilibrio a basso salario-bassa
qualificazione
Aumento dell’occupazione elevato
soprattutto grazie ai lavori poco qualificati
e poco retribuiti, che amplia le
disuguaglianze di reddito e la povertà, pur
estendendo il lavoro
(fenomeni connessi: working poor).
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I redditi familiari
Incentivi e disincentivi al doppio reddito
(imposte e trasferimenti)
Il costo-opportunità del
lavoro delle donne
Assegni al nucleo familiare
Sussidi
Aliquote fiscali
(C. Saraceno, 2003)
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La compatibilità del lavoro
con gli impegni familiari
Ciò che può aumentare in modo
sostanziale questa compatibilità
(conciliazione) è soprattutto l’accesso ai
servizi di cura.
Tali servizi possono essere pubblici o
privati, ma ciò determina possibilità di
accesso molto diverse e diseguali. Solo se
lo stato integra la spesa delle famiglie per
l’accesso ai servizi privati si riducono le
disuguaglianze
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Le vie per la defamilizzazione
La defamilizzazione attraverso lo stato sociale
(spesa pubblica per le famiglie e diffusione di servizi
pubblici, in primo luogo per l’infanzia e la vecchiaia)
La defamilizzazione attraverso i mercati («gli
alti costi del lavoro possono rendere i servizi privati
proibitivamente cari per la maggioranza delle
famiglie, ma per escludere dal consumo la
popolazione a basso reddito sono sufficienti costi del
lavoro anche moderati.» (Esping-Andersen)
L’inattività dello stato non assicura
il successo dei mercati
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La spesa delle famiglie per asili
in diversi regimi di welfare
Spesa contenuta in:
- Scandinavia
fornitura pubblica
diretta di servizi
- Francia sovvenzioni pubbliche e
controllo statale del costo dei servizi
- Stati Uniti servizi privati a buon
mercato
Spesa elevata in altri paesi (Italia,
Spagna, Germania, Olanda).
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L’equilibrio a bassa fecondità
«Uno dei grandi paradossi del nostro tempo
è che a ostacolare la formazione delle
famiglie sono proprio le politiche familiste.»
(Esping-Andersen)
Scoraggiando, in modo diretto o indiretto,
la fecondità, i welfare state contemporanei
rischiano di compromettere la loro stessa
sostenibilità.
(Esping-Andersen)
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Il rapporto tra fecondità e
occupazione femminile
Tale rapporto oggi è l’opposto di ciò che
ci si sarebbe aspettato: quanto più alto è
il tasso di occupazione femminile, tanto
maggiore è la natalità.
Nei regimi di welfare più defamilizzati si
registrano livelli di natalità più elevati e
tassi di occupazione femminili più elevati.
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Il trade-off lavoro-famiglia
Non è scomparso ma è cambiato:
fino agli anni ’80, la carenza di servizi
per la famiglia e di un aiuto nei lavori
domestici spingeva molte donne a
rinunciare al lavoro o a lavorare meno
dagli anni ’80, anche per effetto del più
elevato livello di istruzione, le stesse
difficoltà spingono le donne a non avere
figli o ad averne di meno
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I danni del familismo
Il familismo ostacola la formazione delle
famiglie e frena l’offerta di lavoro, e di
conseguenza abbassa i tassi di
fecondità, determina una riduzione dei
redditi delle famiglie, e aumenta i rischi
di povertà.
(Esping-Andersen)
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