Articolo originale Recenti Prog Med 010; 101: - Effetti del trattamento anti-Tumor Necrosis Factor-α con infliximab in pazienti non cardiopatici: valutazione ecocardiografica Gianpaolo Bragagni1, Federico Lari1, Gaetano Magenta1, Raffaele Brogna, Giorgio Zoli Riassunto. I livelli plasmatici di Tumor Necrosis Factor-α (TNF-α) sono elevati in corso di scompenso cardiaco e correlano con la prognosi e la mortalità. L’infliximab, anticorpo monoclonale chimerico ricombinante anti-TNF-α, è stato utilizzato nello scompenso con risultati deludenti, analogamente ad altri farmaci biologici anti-TNF-α. Scopo di questo lavoro è stata la valutazione ecocardiografica della somministrazione di infliximab in nove pazienti non cardiopatici. I risultati evidenziano una riduzione della funzione sistolica ed una modificazione della funzione diastolica, ancorché subcliniche, indotte dall’infliximab in pazienti esenti da cardiopatia. Ciò conferma il ruolo protettivo esercitato dal TNF-α sul miocardio, come dimostrato da studi sperimentali. Summary. Echocardiographic evaluation of anti-Tumor Necrosis Factor-α therapy with infliximab in patients without cardiac pathologies. In the course of heart failure, plasmatic levels of Tumor Necrosis Factor-α (TNF-α) are high and are related to prognosis and mortality. Infliximab, a recombinant chimeric antibody antiTNF-α, was used in heart failure with disappointing results, similar to those obtained with other biological drugs. The aim of this study was the echocardiographic evaluation of infliximab infusion in nine patients without cardiac pathologies. The findings demonstrate a reduction of sistolic function and a modification of diastolic function after infliximab infusion in patients without cardiopathy. This study confirms the protective role played by TNFα on the myocardium, as suggested by previous experimental studies. Parole chiave. Infliximab, scompenso cardiaco, Tumor Necrosis Factor-α. Key words. Heart failure, infliximab, Tumor Necrosis Factor-α. Introduzione tale citochina6. Sulla scorta di tali rilievi, i farmaci anti-TNFα sono stati considerati nel trattamento dell’insufficienza cardiaca. L’infliximab, una immunoglobulina IgG1-k chimerica (umana-murina) ricombinante anti-TNFα, è stata utilizzata nello studio ATTACH in pazienti con scompenso cardiaco severo ( classi NYHA III-IV) e bassa frazione di eiezione (≤35%). Questo studio ha dimostrato il mancato beneficio o il peggioramento clinico nei pazienti trattati sia con basse (5 mg/kg) che con alte dosi di infliximab (10 mg/kg)7. Analoghi sconfortanti risultati sono stati ottenuti con altri preparati anti-TNF-α, quali l’etanercept8,9. Nonostante un profilo generale di sicurezza cardiovascolare buono su ampie casistiche di pazienti non cardiopatici trattati10, non mancano sporadiche segnalazioni di insufficienza cardiaca scatenata da terapia anti-TNF-α in soggetti con artrite reumatoide e m. di Crohn11. Alla luce di tali risultati, la terapia con anti-TNF-α è attualmente controindicata in pazienti con scompenso cardiaco moderato-severo7. Scopo di questo studio è stata la valutazione degli effetti dell’infliximab sulla funzionalità miocardica nei soggetti senza cardiopatie. Lo scompenso cardiaco è caratterizzato da un’attivazione flogistica ed immunitaria, ove un ruolo centrale è svolto dal Tumor Necrosis Factor alfa (TNF-α) i cui livelli plasmatici correlano con la severità e con la prognosi1. Il TNF-α, peraltro, non è solo un indicatore indiretto di gravità, ma svolge un ruolo attivo nel promuovere alterazioni del quadro emodinaminco e nella progressione dello scompenso2. Tale citochina, infatti, ha un effetto inotropo negativo e le cavie transgeniche che la iperproducono sviluppano precocemente disfunzione sistolica3. Determina inoltre modificazioni miocardiche che comprendono rimodellamento ventricolare, fibrosi interstiziale ed apoptosi miocitaria, analogamente a quanto viene comunemente osservato in corso di scompenso cardiaco4. Il TNF-α, in studi sperimentali su miociti e cuori isolati, ha dimostrato di agire nel giro di pochi minuti, modificando la regolazione omeostatica del calcio a livello del sarcolemma, riducendone la disponibilità per le proteine contrattili5. Analogamente, il blocco del TNF-α con anticorpi specifici ha dimostrato di essere in grado di ridurre rapidamente e drasticamente i livelli plasmatici di 1UO Medicina Interna, Ospedale SS Salvatore di S. Giovanni in Persiceto, Azienda USL di Bologna; UO Medicina Interna, Ospedale SS Annunziata di Cento, Azienda USL di Ferrara. Pervenuto il 21 dicembre 2009. 0 Recenti Progressi in Medicina, 101 (7-), luglio-agosto 010 Materiali e metodi Tali variazioni sono state confrontate dapprima globalmente, in tutti i soggetti esaminati, utilizzando il ttest per dati appaiati. È stato poi confrontato il gruppo sottoposto alla prima infusione con il gruppo già in trattamento: è stata quindi valutata la differenza di variazione fra i due gruppi tramite t-test. È stata inoltre valutata la variazione pre- e post- infusione dei parametri esaminati nei pazienti maschi e nelle femmine, con confronto fra i due gruppi, sempre utilizzando il t-test. Su ogni paziente è stato effettuato un esame clinico accurato alla ricerca di segni e sintomi correlabili ad insufficienza cardiaca. Tutti i pazienti hanno fornito consenso informato. Sono stati valutati nove pazienti esenti da cardiopatia, otto affetti da m. di Crohn ed una da m. di Bechet, 5 di sesso femminile e quattro maschile, di età media 39±7,43. Essi hanno ricevuto un trattamento con infliximab 5 mg/kg per la malattia di base (primo trattamento per i pazienti 1,2,3,4 e 5, trattamenti successivi ogni 8 settimane per i restanti pazienti). In tutti è stato eseguito uno studio ecocardiografico transtoracico nelle 72 ore precedenti ed uno nelle 72 ore successive il trattamento. I risultati sono stati refertati da almeno due differenti esaminatori (non informati del referto del collega) tramite esame diretto ed analisi della registrazione su videocassetta. L’esecuzione degli ecocardiogrammi è stata effettuata con ecografo Siemens “Sonoline” utilizzando una sonda dedicata a frequenza variabile da 2 a 2,5 MHz (Siemens, Issaquah, WA, USA). La variabilità intra- ed interoperatore è risultata inferiore al 5% ed i risultati sono espressi come media delle due osservazioni. La valutazione della funzione sistolica è stata effettuata determinando la frazione di eiezione (FE) con il metodo di Simpson modificato secondo le raccomandazioni dell’American Society of Echocardiography12; la funzione diastolica è stata valutata con l’analisi dello spettro mitralico al Doppler pulsato in quattro camere apicale, considerando in particolare il rapporto fra onda E ed onda A (E/A) ed il tempo di decelerazione (TD) a partire dall’apice dell’onda E fino alla linea di base; il calcolo del tempo di rilasciamento isovolumetrico (IVRT) posizionando il fascio Doppler fra la valvola aortica ed il lembo anteriore mitralico e registrando il tempo fra la chiusura della valvola aortica e l’apertura della mitrale13. Sono state inoltre determinate la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa prima e dopo il trattamento. Sono state considerate in particolare le variazioni della FE, del rapporto E/A, dell’IVRT e del TD, prima e dopo infusione di infliximab. Risultati La FE dopo infusione di infliximab è risultata ridotta significativamente (p=0,003); il rapporto E/A ha subìto invece variazioni globalmente non significative (p>0,05). Non significative sono state anche le variazioni rilevate dell’IVRT (p>0,05). Il TD è risultato aumentato costantemente e significativamente (p<0,05). Non sono state rilevate variazioni significative della frequenza cardiaca né della pressione arteriosa (p>0,05). Nessuno dei pazienti trattati ha presentato manifestazioni cliniche imputabili ad insufficienza cardiaca. Il confronto fra i pazienti alla prima infusione di infliximab (1,2,3,4 e 5) e quelli già in trattamento non ha evidenziato differenze significative (p>0,05) riguardo alle variazioni dei parametri considerati (FE,E/A, IVRT, TD). Anche il confronto fra i pazienti di sesso femminile (2,3,6,7,8) e quelli di sesso maschile (1,4,5,9) non ha posto in rilievo differenze significative riguardo le variazioni dei medesimi parametri (p>0,05). Tabella 1. n. paz. FE1 FE E/A 1 E/A IVRT1 IVRT TD1 TD FC1 FC PA1 PA 1M 5 60 1.14 1.66 0 0 150 00 5 63 130/0 135/0 F 61 53 1.4 1.71 70 70 160 10 66 66 136/4 15/5 3F 6 56 1. 1.3 70 0 140 00 7 67 14/7 13/75 4M 54 4 1.10 1.1 60 0 170 10 55 5 10/75 115/70 5M 5 50 1.33 1.33 50 70 160 00 64 67 15/70 15/70 6F 51 4 1.0 1.5 0 0 150 00 73 75 130/77 10/70 7F 55 50 1. 1. 0 0 170 10 0 75 145/5 14/0 F 5 57 1.76 1.0 60 50 160 160 6 71 115/65 10/70 M 5 55 1.3 1.30 0 0 170 10 76 7 10/70 15/75 La tabella 1 riassume i risultati: nella prima colonna è riportato il numero progressivo del paziente ed il sesso maschile (M) o femminile (F), nella seconda e terza il valore della FE, calcolata prima e dopo infusione di infliximab, la quarta e la quinta riportano il valore del rapporto E/A rilevati prima e dopo trattamento, la sesta e la settima il tempo, in msec, dell’IVRT calcolato prima e dopo infliximab, l’ottava e la nona colonna riportano il valore del TD, in msec, prima e dopo trattamento. La decima e l’undicesima la frequenza cardiaca, mentre la dodicesima e la tredicesima la pressione arteriosa (sistolica/diastolica), prima e dopo infliximab. I primi cinque pazienti sono quelli che hanno ricevuto la prima infusione di infliximab, i pazienti da 6 a quelli già in trattamento con infusione ogni otto settimane. G. Bragagni et al.: Effetti del trattamento anti-Tumor Necrosis Factor-α con infliximab in pazienti non cardiopatici: valutazione ecocardiografica Discussione e conclusioni Il trattamento anti-TNF-α con infliximab 5 mg/kg in questo gruppo di pazienti non cardiopatici ha determinato una riduzione significativa della FE ed una modificazione della funzione diastolica, prolungando il valore del TD. Tali cambiamenti della funzione sistolica e diastolica, peraltro, sono risultati assolutamente asintomatici. Questi dati suggeriscono che l’infliximab, nei pazienti non cardiopatici, è in grado di provocare riduzione dell’efficienza contrattile e di indurre una modificazione della funzione diastolica correlata ad alterato rilasciamento ventricolare sinistro. Di questi effetti emodinamici è opportuno tener conto sia nella prospettiva di una terapia antiTNF-α dello scompenso cardiaco, sia nell’utilizzo che di tale farmaco viene fatto per malattie infiammatorie sistemiche quali m. di Crohn ed artrite reumatoide, ove è frequente un coinvolgimento cardiaco subclinico14,15. I meccanismi con cui la terapia anti-TNF-α può influenzare la funzione cardiaca non sono chiari. I risultati negativi dello studio ATTACH, così come gli effetti da noi osservati con l’infusione di infliximab, appaiono in contraddizione con quanto atteso in relazione agli effetti su inotropismo e funzione diastolica del TNF-α16, come d’altronde vi sono segnalazioni che la terapia anti-TNF-α può ridurre i livelli di peptide natriuretico cerebrale (sensibile marker di insufficienza cardiaca) in pazienti senza evidenza clinica di cardiopatia17. Per spiegare tale apparente paradosso sono state formulate diverse ipotesi, fra le quali un possibile effetto lesivo dell’infliximab sul miocardio, dovuto alla capacità intrinseca di fissare il complemento dopo essersi legato al proprio recettore sulla superficie dei miociti, scatenando quindi una vera e propria miocardite immuno-mediata18. Recenti studi hanno evidenziato ulteriori azioni, talora apparentemente contrastanti, del TNF sul cuore. Il legame del TNF-α con il recettore specifico, tramite l’attivazione della via sfingomielinasi-ceramide, conduce a multipli effetti che riguardano la regolazione dell’apoptosi, della crescita/proliferazione e riparazione cellulare nonchè della flogosi, svolgendo un ruolo cardioprotettivo alle concentrazioni fisiologiche. È stato quindi ipotizzato che il trattamento con anticorpi monoclonali anti-TNF-α possa causare un abbassamento del TNF-α al di sotto dei livelli fisiologici richiesti per i processi di riparazione e cardioprotezione19. È stato poi anche dimostrato che il TNF, oltre all’attività inotropa negativa, possiede un’azione cardioprotettrice sia sul cuore scompensato che in corso di ischemia, risultando in particolare uno degli artefici principali del precondizionamento ischemico, in grado, come noto, di proteggere il miocardio dagli effetti lesivi dell’ischemia/riperfusione. Tale azione avverrebbe tramite l’attivazione dei fattori di trascrizione di STAT-3. La completa cascata di segnali responsabili dell’effetto protet- tivo del TNF-α non è ancora stata completamente identificata, ma un importante ruolo è svolto dall’azione di svariati trigger quali radicali liberi, sfingolipidi ed il canale del potassio ATP-dipendente mitocondriale20. Il TNF-α interagisce con due recettori di superficie, tipo 1 e 2, espressi anche a livello miocardico, che sembrano avere effetti differenti: il tipo 1 sarebbe maggiormente coinvolto nello sviluppo dell’attivazione infiammatoria e dello scompenso, mentre il tipo 2 non avrebbe effetti negativi sulla funzionalità miocardica. L’animale da esperimento transgenico con iperespressione del gene del TNFα e knockout per il gene del recettore 1 appare più resistente agli effetti dell’attivazione flogistica, viceversa negli animali da esperimento knockout per il recettore 2 si instaurano rapidamente ipertrofia, dilatazione, fibrosi interstiziale e scompenso. Un blocco preferenziale verso l’uno o l’altro tipo di recettore potrebbe quindi essere alla base di effetti inattesi nella terapia con farmaci anti-TNF-α21. Il TNF-α potrebbe quindi avere sul cuore effetti dannosi o favorevoli a seconda del recettore maggiormente attivato22. È stato osservato nell’animale da esperimento che gli effetti deleteri prodotti dall’ischemia-riperfusione mediati dal TNF- α sono più evidenti nel maschio rispetto alla femmina che presenta una resistenza del recettore 1 all’attivazione. Questo dato potrebbe spiegare la minore incidenza di scompenso e la minor gravità di questo osservato nel sesso femminile anche nella razza umana23. Peraltro nei nostri pazienti non abbiamo rilevato differenze significative, fra maschi e femmine, nella variazione dei parametri ecocardiografici, ma questo potrebbe essere in relazione al ridotto numero dei soggetti esaminati. Ulteriori contributi hanno focalizzato l’attenzione sul NFkB, fattore di trascrizione nucleare che regola i processi flogistici, attivato in corso di insufficienza cardiaca, ove causa l’aumentata espressione di citochine infiammatorie. In gatti transgenici con iperproduzione di TNF-α ma knockout per il NFkB, la risposta infiammatoria rimane attivata, ma migliora la funzione cardiaca e la sopravvivenza24. In ultima analisi, il TNF-α sembra possedere, accanto agli effetti inotropi negativi, indiscutibili proprietà di cardioprotezione, analogamente a quanto avviene con i beta-bloccanti. Bassi livelli di TNF-α sarebbero in grado di esercitare un effetto cardioprotettivo a breve termine, mentre livelli elevati avrebbero effetti negativi sulla funzionalità miocardica negli animali da esperimento25. Il blocco del TNF-α con infliximab, nei nostri pazienti ha causato una riduzione dell’efficienza contrattile ed una modificazione del rilasciamento ventricolare, confermando che tale citochina, pur nella molteplicità delle azioni, esercita un ruolo di sostegno sulle cellule miocardiche. Il drastico abbassamento dei livelli di TNF-α indotto dall’infliximab potrebbe pertanto privare il miocardio di un importante effetto cardioprotettivo, rendendolo vulnerabile a svariate noxae. 1 Recenti Progressi in Medicina, 101 (7-), luglio-agosto 010 Per quanto a nostra conoscenza, questo è il primo studio effettuato sull’uomo che documenta modificazioni, ancorchè subcliniche, della funzione sistolica e diastolica causate dalla terapia con infliximab in soggetti non cardiopatici. Bibliografia 1. Levine B, Kalman J, Mayer L, Fillit HM, Packer M. Elevated circulating levels of tumor necrosis factor α in severe chronic heart failure. N Engl J Med 1990; 223: 236-41. 2. 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