FARMACI BIOLOGICI I : GLI ANTI – TNFα La corrente pratica clinica

La corrente pratica clinica reumatologica pone
il curante sempre più spesso a confronto con
pazienti affetti da forme artritiche resistenti ai
trattamenti di fondo (es. methotrexate) e/o così
attive da richiedere precocemente l'utilizzo di
terapie altamente selettive per il processo
flogistico cronico.
Le tecniche di ingegneria genetica consentono
la produzione di immunoglobuline, che
inibiscono
molecole pro-infiammatorie (es.
TNF-alfa, IL-1, IL-6) e/o
interagiscono su
proteine che regolano l'attività linfocitaria (es
CD20, CTLA-4).
Analizzeremo in diversi capitoli le principali
classi di antagonisti oggi conosciuti.
Il nostro viaggio parte dalla descrizione degli
anti-TNFalfa, che sono i primi ed ancora oggi i
più utilizzati farmaci di questa classe .
le artriti, le flogosi intestinali croniche, le uveiti
e le vasculiti. Da sottolineare la sua attività
nella formazione di granulomi in corso di
risposta a diversi tipi di infezione, quali
soprattutto la tubercolosi e le micosi.
Il blocco del TNFalfa riduce la sintesi della PCR
e del suo induttore (IL-6); blocca i meccanismi
di chemiotassi e l’adesione cellulare ai siti
flogostici (es. sinovia) riducendo così il numero
di monociti e linfociti nei foci di lesione (es.
riduzione di E-selectina, VCAM, IL8, MCP-1);
riduce
l’angiogenesi
sinoviale
grazie
all’inibizione
di
VEGF;
riduce
le
metalloproteinasi (es MMP-1 e MMP-3);
potenzialmente causa lisi cellulare tramite
l'attivazione del sistema del complemento.
Le più comuni indicazioni cliniche all'uso di un
anti-TNFalfa sono l' artrite reumatoide (AR), la
psoriasi con o senza coinvolgimento articolare,
l'artrite idiopatica giovanile, la spondilite
anchilosante, il morbo di Crohn, le uveiti e la
malattia di Behçet, le vasculiti dei grossi vasi.
Il Tumor Necrosis Factor (TNF) α è una citochina
protagonista nella reazione di fase acuta
dell'infiammazione sistemica, membro della
superfamiglia dei TNF composta da circa 30
molecole, che sono coinvolte nella regolazione
dei processi di morte e proliferazione cellulare
e vengono codificate nella regione cromosomica
MHC di classe III. Esso è prodotto
prevalentemente
dai
monociti/macrofagi
attivati e dai linfociti T. Esistono due recettori
monomerici del TNFalfa, in particolare il p55 ed
il p75 TNFR, di cui il primo è quello
responsabile della trasduzione del segnale di
attivazione cellulare; inoltre entrambi i recettori
oltre che sulle superficie cellulare esistono in
forma solubile, la cui liberazione è mediata da
numerose citochine ed ormoni.
Il TNFalfa ha dimostrato di avere un ruolo
chiave in patologie flogistiche croniche quali
I principali inibitori del TNFα sono attualmente 5,
di cui solo tre sono completi anticorpi monoclonali:
-INFLIXIMAB (Remicade): è stato il primo
farmaco di questa classe utilizzato nella pratica
clinica, ricevendo come prima indicazione la
terapia della malattia di Crohn nel 1998 negli
USA. Si stima che oltre 1000000 di pazienti
siano stati ad esso esposti nelle diverse
indicazioni terapeutiche (PSUR 16).
È un anticorpo monoclonale chimerico 75%
umano – 25% murino, in particolare la regione
variabile (binding site) per il TNF è murina,
legata al dominio costante di una catena
pesante di tipo IgG1K. Ha un peso molecolare
di 149 Kd, ed è altamente specifico per il
TNFalfa (es. non lega la linfotossina alfa). Infatti
si lega sia alla forma circolante libera che alla
forma legata alla membrana, formando
complessi stabili che ne neutralizzano gli effetti
FARMACI BIOLOGICI I : GLI ANTI – TNFα
Gli Anti-TNFalfa / 12.03.12
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(Bencsath et al 2003).
Il farmaco è immunogeno per cui può indurre
anticorpi anti chimerici (HACA) circa nel 4-40%
dei casi; la loro presenza viene ridotta
dall’aumento del dosaggio e/o dall’aggiunta di
methotrexate. Tali anticorpi non sembrano
modificare l’efficacia del farmaco a breve
termine poiché presenti in quantità molto
limitate, al contrario sembra che possano essere
causa di inefficacia nell’uso prolungato e/o di
eventi avversi quali in particolare le reazioni di
infusione.
Viene somministrato per via endovenosa alla
dose di 3-5mg/kg praticate ogni 4-8 settimane,
in funzione del tipo di patologie e della sua
attività.
-ADALIMUMAB (Humira): è il primo
anticorpo completamente umanizzato di questa
categoria impiegato nella terapia dell’AR. È una
proteina (IgG1K) di 148 Kd ad alta affinità solo
per il TNFalfa. Fino al 28% dei casi sono stati
trovati
anticorpi
anti-adalimumab
inversamente correlati con l'efficacia (Bartelds
et al 2005). Utilizabile sia in monoterapia che in
associazione con Methotrexate.
La somministrazione avviene con iniezioni
sottocute di 1 fiala di 40mg ogni 7-14 giorni in
funzione della patologia e della sua attività
-GOLIMUMAB (Simponi): è il più recente
anticorpo umanizzato di questa categoria, è una
proteina IgG1 di 150Kd. Non sono noti dati di
immunogenicità. La somministrazione avviene
con iniezioni sottocute di 1 fl da 50mg ogni 4
settimane.
Le ultime due molecole di questa gruppo si
distinguono per la loro struttura:
-ETANERCEPT (Enbrel): è una proteina di
fusione ricombinante costituita da due domini
extracellulari del recettore TNF-RII (p75), legati
alla porzione Fc dell’IgG1. Agisce in rapporto
univalente, sia bloccando il TNFalfa che la
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linfotossina alfa, con un’affinità 50-1000 volte
superiore rispetto al recettore fisiologico (Fiocco
et al 2005), causando anche una riduzione delle
cellule B di memoria.
Si lega preferenzialmente alla forma solubile
del TNFalfa, con un'affinità 4 volte inferiore
rispetto all'infliximab sulla forma di membrana.
Alla dose di 25mg ogni 2 settimane il picco
medio di concentrazione è di 72 ore.
Essendo una proteina umana ha una scarsa
immunogenicità, tuttavia nel 1-18% dei casi
sono stati trovati anticorpi anti-etanercept tutti
non neutralizzanti e quindi non interferenti
sull'efficacia (Klareskog 2005). Altra sostanziale
differenza è la scarsa capacità di indurre
apoptosi; pertanto da un lato ha il minor
rischio di riattivazione tubercolare (3-4 volte
minore di Infliximab), ma al contrario non è
efficace in alcuni tipi di patologie croniche (es
m di Crohn, sarcoidosi, G. Di Wegener).
Utilizabile sia in monoterapia che in
associazione
con
il
methotrexate.
La
somministrazione attuale più comune è per
iniezione sottocute di una fiala da 50mg una
volta la settimana.
.
-CERTOLIZUMAB (Cimzia): è un frammento
anticorpale Fab umanizzato di 95Kd, coniugato
ad un gruppo PEG (polyethylene glycol), che
ha la funzione di aumentarne l’emivita.
L’assenza del componente Fc, evita effetti
complementari (es ADCC). Lega l’antiTNFalfa
in rapporto univalente. E’ l’unico biologico ad
essere prodotto da un batterio (E. Coli).
Incapace di indurre apoptosi cellulare. Non
sono noti dati sull’immunogenicità. Utilizzabile
sia in monoterapia che in associazione con
methotrexate. La somministrazione avviene
sottocute con 1 fl di 400mg ogni 14 gg.
ATTIVITA’:
Non sono ancora disponibli studi testa a testa
che confrontino i singoli farmaci. Tuttavia i
risultati di metanalisi e/o studi di compliance
nella pratica clinica non mostrano sostanziali
2
differenze in efficacia tra le diverse molecole
descritte nelle più comuni artriti.
Purtroppo le osservazioni dei registri nazionali
evidenziano che fino al 50% dei pazienti di AR
trattati sospendono un antiTNF alfa in 3-4anni,
sia per eventi avversi sia per inefficacia. In tali
situazioni rimane ancora da chiarire quale sia il
giusto approccio clinico: cambiare antagonista
nella stessa categoria biologica oppure tentare
l’inibizione di un’altra citochina.
PROFILO DI SICUREZZA:
Deve essere considerato il rischio di eventi avversi:
Infezioni:
il TNFalfa svolge un ruolo fondamentale nella
difesa immunitaria verso virus e batteri, in
modo particolare nel reclutamento di neutrofili
e macrofagi (Camusi et al 1991). Il rischio di
infezioni durante terapia con anti-TNF è quindi
potenzialmente più elevato rispetto alla
popolazione generale, tuttavia il tasso di
infezioni rilevato nei trials clinici dei tre
principali
inibitori
non
è
risultato
significativamente aumentato rispetto al
gruppo placebo (Valesini et al 2006).
Le più comuni infezioni riportate sono quelle
delle vie respiratorie superiori (sinusiti e
faringiti) e le cutanee, in circa 1/3 dei pazienti,
in confronto al 7% circa di quelle registrate nei
pazienti trattati solo con farmaci di fondo
(Listing et al 2005).
Sebbene la maggioranza siano infezioni con
remissione spontanee/o di breve durata, sono
riportate fino al 5% dei casi (Salliot et al 2005)
infezioni particolarmente pericolose soprattutto
nei primi 6 mesi di terapia, in caso di età >60aa,
uso di steroidi, comorbilità associate, uso di
certolizumab.
-Tubercolosi (Tbc): nel periodo 1998-2002 sono
stati riportati 144 casi su 100000 pazienti in
infliximab e 35 casi per 100000 pazienti in
etanercept (Wallis et al 2004). La maggioranza
sono riaccensioni di infezioni latenti e fino al
50%
dei
casi
sono
extrapolmonari.
L'introduzione dal 2002 dello screening
obbligatorio per la Tbc ha comportato una
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notevole riduzione di tali manifestazioni. Il
periodo di maggiore rischio è risultato nelle
prime 12 settimane di trattamento per
infliximab, le prime 30 settimane per
adalimumab, i primi 11 mesi con etanercept.
-Altre infezioni batteriche: i più comuni agenti
riportati
sono
Listeria
monocytogenes,
Salmonella species, Brucella species, Bartonella
species. Inoltre sono stati descritti casi di sepsi
da Streptococco beta emolitico gruppo A e da
Stafilococco Aureus.
-Infezioni
opportunistiche
varie
di:
Histoplasma capsulatum, Coccidiodes immitis,
Pseumocystis
carinii,
Cryptococcus
neoformans, Candida species, Nocardia species,
Toxoplasma species, Citomegalovirus (Desai &
Furst 2006).
Neoplasie
Alcune osservazioni riportano un aumento del
rischio di linfomi di circa 3 volte (range 2-25
volte) superiore rispetto alla popolazione
generale. Tuttavia tale rischio non è maggiore
rispetto a soggetti con medesima malattia e
differente trattamento (Symmons et al 2004).
Pertanto non appare chiaro il contributo reale
delle
terapie
concomitanti
con
immunosoppressori in tali osservazioni.
Infine nel 2003 un'analisi della FDA non ha
evidenziato un aumento del tasso di tumori
solidi nei pazienti dei trials clinici dei tre
principali anti-TNFalfa.
Più recenti evidenze sottolineano un maggior
rischio di tumori cutanei non melanomi.
Autoimmunità:
Negli studi clinici è riportata una positività del
test ANA nel 62% dei casi dopo inizio terapia
con infliximab e nel 11% dopo etanercept; circa
il 15% di positività all'anti-dsDNA (Desai &
Furst 2006). Il significato patologico di questa
osservazione
non
è
noto,
tuttavia
manifestazioni
lupus
like
prive
dell'interessamento neurologico e renale sono
state riportate con una incidenza dello 0.19%
per infliximab e 0.18% per etanercept, espresse
come casi autolimitanti alla sospensione del
3
farmaco (De Bant et al 2005).
Infine sono stati descritti un aumento del titolo
degli anticorpi anticardiolipina e del fattore
reumatoide.
Insufficienza cardiaca:
scompenso cardiaco in classe NYHA III o IV
sono controindicazioni assolute all'uso di tali
farmaci poiché nuovi casi o riesacerbazioni di
quadri clinici noti sono riportati entro circa 4
mesi dall’inizio della terapia.
La FDA nel 2002 ha riportato 47 casi su 270000
trattamenti, per cui può considerarsi un evento
raro. Si ipotizza che nei soggetti senza fattori
predisponenti l'eziologia sia una miocardite
virale.
D’altra parte recenti evidenze segnalano un
effetto antiaterogeno dell’antiTNFalfa.
Malattie neurologiche:
la FDA ha riportato nel 2001 20 casi di malattia
demielinizzante rilevate alla RMN, di cui 18
durante etanercept e 2 durante infliximab, che
sono parzialmente o completamente regredite
alla sospensione del farmaco. Non sono ad oggi
possibili conclusioni sui rapporti causa/effetto
di tali osservazioni.
Reazioni di infusione:
durante infliximab tali reazioni occorrono entro
2 ore dall'infusione, fino al 22% dei casi,
caratterizzate da flushing, brividi, febbre e
nell’1% dei casi da sintomi maggiori quali
vomito, dolore toracico, ipotensione, dispnea,
prurito,
orticaria.
Tali
reazioni,
sono
generalmente transitorie, lievi e rispondono
all’uso di anti-istaminici e paracetamolo. Sono
riportante anche reazioni anafilattiche con
convulsioni, ipotensione e rash che rispondono
all’adrenalina e steroidi (Infliximab package
insert 2002).
Per l’etanercept sono descritte in circa il 30%
dei casi come lieve eritema; sono di solito
localizzate alla cute e non si accompagnano a
reazioni di ipersensibilità (Bathon et al 2000).
Con l’adalimumab sono state riportate nel 21%
Gli Anti-TNFalfa / 12.03.12
dei casi (Wells et al 2002).
Effetti ematologici:
sono decritti rari casi di pancitopenia o anemia
aplastica. Il rapporto di causalità non è però
definito.
Miscellanea:
la FDA riporta nel 2002 20 casi di vasculiti
cutanee da etanercept e 15 casi da infliximab
ascrivibili ad una reazione di ipersensibilità di
tipo III (Mohan et al 2004).
CRITERI DI UTILIZZO DEGLI ANTI_TNFα:
riportiamo per brevità i criteri della consensus
della Società Inglese di Reumatologia del 2005,
quale più semplice esempio dei requisiti di
utilizzo nell' AR per tale classe di farmaci:
Criteri di inclusione sono la risposta ai criteri
classificativi ACR per l'artrite reumatoide (vedi
capitolo dedicato); un'alta attività di malattia
(DAS28>5.1) confermata in almeno due
valutazioni distanziate da un mese;
il
fallimento della terapia standard, così definito:
mancata risposta ad almeno 2 DMARDs (di cui
uno
necessariamente
deve
essere
il
methotrexate) per una durata di 6 mesi, di cui
almeno 2 mesi a dosaggio standard, oppure
trattamento della durata <6 mesi sospeso per
effetti collaterali.
Criteri di esclusione sono gravidanza o
lattazione; malattia infettiva attiva; artrite
settica negli ultimi 12 mesi se articolazione
nativa oppure indefinitamente se trattasi di
artroprotesi che non è stata rimossa;
insufficienza cardiaca congestizia di classe
NYHA III o IV; anamnesi di patologia
neurologica demielinizzante.
Inoltre vi sono delle condizioni cliniche che è
necessario valutare con estrema cautela
all'inizio di tali farmaci, quali la presenza di
fattori di rischio per infezione (es. ulcere
cutanee agli arti inferiori, ricorrenti infezioni
delle vie respiratorie, uso di cateteri); la
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pregressa Tbc clinica o latente non
adeguatamente trattata; la positività ai markers
di HBV, HCV e HIV; la fibrosi polmonare; la
pregressa diagnosi di tumori maligni trattati
negli ultimi 10 anni.
Pertanto nella pratica clinica è raccomandato
uno screening per tali trattamenti, basato, oltre
che su un'accurata anamnesi, sull'esecuzione
preventiva di una radiografia del torace, un
PPD test 10UI e la ricerca dei markers di
epatite B e C.
POTENZIALI ALTRI FARMACI BIOLOGICI:
Qualora per inefficacia e/o evento avverso non
si possano utilizzare gli anti-TNFalfa, il
reumatologo ha oggi a disposizione un
crescente armamentario di farmaci biologici.
Citiamo tali trattamenti semplicemente per
completezza, rimandando ad altri capitoli per
maggiori chiarimenti: Anakinra, antagonista
recettoriale dell'IL-1; Tocilizumab, anticorpo
monoclonale umano diretto contro il recettore
dell'IL-6; Rituximab, anticorpo monoclonale
Gli Anti-TNFalfa / 12.03.12
chimerico diretto contro il CD20; Abatacept,
proteina ricombinante costituita dal dominio
extracellulare della molecola CTLA-4 ed il
frammento Fc della IgG1 umana.
CONCLUSIONI:
Risulta chiaro come queste nuove terapie siano
spesso necessarie per i pazienti con artropatie
infiammatorie croniche e come sempre più
comunemente il curante dovrà confrontarsi nel
prossimo futuro con le nuove tecnologie
farmaceutiche. In particolare l'alleanza con lo
specialista reumatologo dovrà permettere di
superare molte delle attuali barriere, grazie alla
maggiore comprensione dei protocolli di
preparazione e sorveglianza, monitoraggio di
eventi avversi, gestione delle comorbilità.
Dr Domenico Malesci
Specialista in Reumatologia,
Dottore di Ricerca in Immunologia Clinica
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