LA CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE
La cinetica chimica fornisce strumenti in grado di studiare la velocità e i meccanismi con cui avvengono le reazioni
chimiche, questioni di grande importanza sia nel campo della conoscenza dei processi chimici, dei sistemi biologici
complessi, che delle applicazioni tecnologiche
“Il supremo ed ultimo scopo di tutte le ricerche
chimiche deve consistere nel progresso della
statica e dinamica chimiche, dello studio degli
equilibri delle forze chimiche e del movimento della
materia. La statica e la dinamica degli atomi
costituiscono
il
coronamento
del
moderno
progresso della chimica” – (J.L. Meyer, 1864)
Una reazione chimica è un processo in cui le sostanze reagenti sono trasformate in
altre sostanze. Ciò significa che la rottura e la formazione dei legami chimici
determina una variazione della posizione relativa degli atomi che costituiscono le
molecole e un riarrangiamento degli elettroni che formano i legami chimici. Le reazioni
chimiche sono governate dalle leggi della termodinamica, che tratta gli aspetti
energetici legati allo stato iniziale e allo stato finale del processo dai quali dipende la
spontaneità del processo stesso. La termodinamica è quindi in grado di indicare il
verso e la misura in cui può svolgersi la trasformazione chimica, ma non dice nulla
circa la velocità che la caratterizza e sul suo meccanismo, la cui conoscenza è di
straordinaria importanza sia teorica che pratica. La conoscenza dell’equazione di
reazione non consente infatti di prevedere quanto tempo la trasformazione impiegherà
per realizzarsi e a spiegare come mai una stessa trasformazione può richiedere tempi
diversi a seconda delle condizioni sperimentali in cui la si fa avvenire.
Per esempio, se consideriamo la reazione 2 H2(g) + O2(g) → 2 H2O(l), la termodinamica ci
permette di prevedere che essa non solo è possibile ma, a temperatura ambiente,
anche molto favorita a causa della sua forte esotermicità.
Tuttavia, se mescoliamo i gas idrogeno e ossigeno, anche nelle corrette proporzioni
stechiometriche, non vediamo verificarsi nessuna reazione. Se invece introduciamo
nel recipiente contenente i due gas del platino, o si fa scoccare una scintilla o ancora
si illumina la miscela con radiazione UV di frequenza sufficientemente alta, la reazione
avviene quasi istantaneamente diventando esplosiva. Un altro esempio è la reazione
2SO2(g) + O2(g) → 2SO2(g). Per questa reazione la termodinamica ci dice che le
condizioni più favorevoli per ottenere una elevata quantità di prodotto consistono
nell’operare a bassa temperatura. Se si innalza la temperatura, la trasformazione
diventa sempre più incompleta, mentre abbassandola la velocità diventa così piccola
da rendere il processo praticamente irrealizzabile. Da questi esempi, si vede la
necessità di analizzare una reazione non solo della possibilità che essa avvenga, ma
anche dal punto di vista della velocità e del meccanismo. Questi due aspetti vengono
studiati dalla cinetica chimica, branca della chimica che si affianca alla termodinamica,
di cui costituisce indispensabile completamento e integrazione.
Una reazione chimica può avvenire con un unico atto reattivo (reazione elementare)
cioè quando le specie reagenti si incontrano in un unico passaggio per trasformarsi in
prodotti o, nel caso più frequente, attraverso una serie più o meno numerosa di atti
reattivi attraverso reazioni intermedie. Si definisce molecolarità di una reazione
elementare il numero di particelle (molecole, atomi, ioni) che interagiscono durante un
singolo atto reattivo. A seconda della molecolarità della reazione, si possono avere
reazioni monomolecolari se una specie chimica si dissocia o isomerizza, reazioni
bimolecolari se la reazione avviene in seguito alla collisione di due specie chimiche e
reazioni trimolecolari se la reazione avviene in seguito alla collisione di tre specie
chimiche. Le reazioni trimolecolari sono piuttosto rare dato che la probabilità di avere
l’incontro simultaneo di tre molecole, in una adatta posizione spaziale, è piuttosto
bassa. Il termine meccanismo di reazione presenta due significati, il primo indica la
particolare sequenza di reazioni elementari del processo chimico globale, mentre nel
secondo, significa l’analisi dettagliata del modo in cui i legami chimici si modificano
durante la trasformazione chimica.
Il concetto di velocità di reazione è fondamentale nella cinetica chimica. Essa esprime
la velocità con cui una reazione chimica decorre, cioè la velocità con cui le specie
chimiche si trasformano, e può essere espressa attraverso la velocità di formazione o
di consumo di una specie chimica coinvolta.
La velocità di una reazione chimica è quindi la velocità con cui varia la concentrazione
di un certo reagente (o prodotto) nel tempo e può essere espressa come:
Quanto all’unità di misura, la velocità viene spesso espressa in (moli/l)/s.
La velocità di reazione è funzione della concentrazione delle specie chimiche coinvolte
nella trasformazione. La funzione matematica che esprime questa dipendenza viene
definita legge cinetica della reazione e, in generale, non può essere dedotta
direttamente dalla stechiometria della stessa, per cui deve sempre essere determinata
sperimentalmente.
Molte reazioni seguono la legge cinetica in un’equazione del tipo:
dove k, , , ... sono indipendenti dalla concentrazione e dal tempo. L’esponente α (o
β) e definito come ordine di reazione rispetto alla specie A (o alla specie B), mentre n = α
+ β +γ + …. è definito come ordine di reazione della reazione, ed esprime la somma degli
esponenti con cui le concentrazioni delle singole specie chimiche sono presenti
nell’espressione della velocità di reazione. k prende il nome di costante di velocità
della reazione e ha dimensioni che dipendono dall’ordine della reazione.
La formulazione dell’equazione cinetica permette in primo luogo di prevedere, dati i
valori della composizione della miscela e il valore sperimentale della costante di
velocità, la velocità della reazione, inoltre permette di giudicare un meccanismo di
reazione proposto il quale, per essere plausibile, deve essere adeguato alla legge di
velocità sperimentale. Infine, l’espressione consente di classificare le reazioni secondo
l’ordine degli esponenti. L’ordine di una reazione e un numero che può essere
frazionario, nullo o negativo; un ordine frazionario indica sempre una reazione
complessa, mentre un ordine intero non è sempre indice di reazione elementare.
Nel caso di una reazione elementare, i valori dell'ordine di reazione e della
molecolarità coincidono, poiché il numero di molecole che si devono incontrare per
dare luogo alla reazione è esattamente quello previsto dalla stechiometria della
reazione.
La velocità della maggior parte delle reazioni chimiche aumenta all’aumentare della
temperatura. Nel 1889 S. A. Arrhenius propose l’equazione seguente per esprimere la
dipendenza della costante di velocità dalla temperatura:
I due parametri A, detto fattore pre-esponenziale, ed Eatt, detta energia di attivazione
sono considerati indipendenti dalla temperatura, il che è vero finché si considera un
intervallo di temperature non troppo esteso, ma dipendono dalla specifica reazione
presa in esame. R e T sono rispettivamente, la costante dei gas e la temperatura.
Se si riporta l’equazione in forma logaritmica si ottiene:
Riportando in un grafico i valori di lnk misurati a varie temperature in funzione di 1/T
si possono ottenere sperimentalmente i valori di A e Eatt.
Un modello cinetico di come avviene una reazione e che tiene conto dell’equazione di
Arrhenius e quello descritto dalla teoria delle collisioni. La reazione per avvenire, deve
soddisfare due condizioni, la prima è che le molecole devono collidere tra loro e la
seconda che l’urto per essere efficace deve avere sufficiente energia. Se le molecole si
urtano con un’energia cinetica inferiore ad un certo valore (Emin), esse rimbalzano
separandosi. Se invece si urtano con energia sufficiente, i legami si possono scindere
e dare origine a legami diversi. Per definire un modello quantitativo è pertanto
necessario conoscere le velocità delle molecole ed il numero di urti che avviene con
un’energia almeno pari ad Emin.
Ipotizziamo di prendere in considerazione una reazione in fase gassosa. La frequenza
degli urti (Z) si può determinare dalla teoria cinetica dei gas ed è pari a:
Dove N è il numero di Avogadro, c la velocità media delle molecole e σ la sezione
d’urto (l’area che la molecola presenta all’urto come bersaglio)1.
La frequenza degli urti tra molecole gassose alla pressione di una atmosfera, anche a
temperatura ordinaria, raggiunge il valore di 1029 s-1 cm-3. Se il verificarsi degli urti
fosse il solo fattore da cui ha origine lo svolgersi o meno della reazione, una mole di
gas reagirebbe in un tempo pari a 10-6 s, ed inoltre, poiché la frequenza dell’urto
dipende dal quadrato della temperatura, questa avrebbe un influenza assolutamente
lontana dalla realtà sperimentale. Se supponiamo che affinché avvenga la reazione le
molecole debbano urtarsi con un’energia almeno pari ad Emin, la frequenza d’urto va
moltiplicata per la frazione di molecole che possiedono un tale valore di energia.
1
La teoria cinetica dei gas mostra che la velocità media delle molecole calcolata mediante la distribuzione di Maxwell
risulta :
dove
è la massa ridotta. La sezione d’urto σ ha le dimensioni del quadrato di una
lunghezza e si può interpretare come l'area del centro di diffusione proiettata sul piano normale al fascio incidente. Per
una sfera rigida di raggio r la sezione d'urto è l'area di una sezione massima della sfera, cioè
Questa frazione è data dalla distribuzione di Maxwell-Boltzmann e per un sistema che
si trovi alla temperatura T è: e–Emin/RT In fig.1 è riportato l’andamento della
distribuzione, ad ogni intervallo di energia ΔE, corrisponde un numero di molecole
N(E) aventi quella energia. Aumentando la temperatura, la curva dell'energia si
deforma
mantenendo
però costante l'area da
essa sottesa. Le curve
descrivono distribuzioni
dell’energia
a
temperature diverse. Si
vede che maggiore è la
temperatura, maggiore
è il numero di molecole,
N(E), che ha energia
superiore a Emin (parte
colorata in grigio).
La velocità di reazione
è quindi il prodotto tra
Figura 1 – Curve di distribuzione delle molecole a temperature diverse. La
la frequenza degli urti
zona grigia rappresenta il numero di molecole che posseggono un’energia
per la frazione di urti
superiore all’energia minima necessaria perché l’urto sia efficace. Il loro
numero aumenta all’aumentare della temperatura
con energia minima:
e la costante di velocità:
Questa espressione ha la stessa forma dell’equazione di Arrhenius in cui possiamo
riconoscere nel termine σ c N2 il fattore pre-esponenziale A e in Emin l’energia di
attivazione Eatt. Esperimenti accurati dimostrano che il modello degli urti deve tener
conto anche dell’orientazione con cui le molecole collidono durante la reazione.
Per esempio nella reazione NO + O3  NO2 + O2 , la collisione è efficace solo se le
molecole si avvicinano secondo una direzione ben precisa (fig. 2). La dipendenza
dall’orientazione è definito fattore sterico (P) della reazione. La (3) diventa quindi:
P assume valori sempre minori di 1, perché il requisito sterico diminuisce la
probabilità della reazione. Il modello a sfere rigide che sta alla base della teoria delle
collisioni tra molecole gassose è un’approssimazione, in quanto si suppone che le
molecole siano non interagenti tranne in un infinitamente breve periodo di tempo in
cui si urtano. Questa visione meccanicistica può andare bene solo per pochissimi tipi
di reazione, ad esempio per le reazioni unimolecolari.
Sono infatti queste le reazioni in cui due molecole della stessa specie, con diversa
energia, si urtano, e una delle due acquista un’energia sufficiente a dividersi in
frammenti.
In generale una reazione chimica porta ad una ristrutturazione complessiva delle
molecole nell’urto, tale da formare
altre molecole. La teoria delle
collisioni non è quindi in grado di
descrivere le complesse e graduali
trasformazioni che hanno luogo in
un processo chimico.
Una teoria più generale, che si
applica alle reazioni sia tra molecole
di gas che in soluzione, che
perfezione quella delle collisioni, è
quella della teoria dello stato di
Figura 2 - Nella reazione tra NO e O3, solo le collisioni in
transizione o del complesso attivato.
cui l’atomo di N del NO urta l’atomo di O terminale
portano alla formazione dei prodotti finali. Le collisioni
Questa teoria fu elaborata nella
con diversa orientazione non sono efficaci anche se la loro
energia è maggiore di quella di attivazione
forma generale nel 1935 da H.
Eyring e M. Polanyi. La grandezza
che si esamina è l’energia potenziale degli elettroni di legame delle specie che
interagiscono in funzione delle posizioni dei nuclei atomici, e la sua variazione durante
la
trasformazione.
Secondo questa teoria,
via via che le molecole
reagenti si avvicinano,
l’energia
cinetica
posseduta
da
esse
viene
convertita
in
energia potenziale, più
precisamente
in
energia
vibrazionale
degli atomi che le
costituiscono.
Di
conseguenza,
aumentando
l’oscillazione
degli
Figura 3 – Superficie dell’energia potenziale per la reazione lungo l’asse
atomi lungo i rispettivi
internucleare (a); andamento dell’energia potenziale in funzione della
coordinata di reazione (b)
assi di legame, ciò
determina la graduale rottura dei legami e la formazione di altri con un diverso e
temporaneo arrangiamento degli atomi. Nella maggior parte dei casi, le molecole non
hanno l’energia sufficiente per superare la repulsione reciproca e portare a termine il
processo di reazione.
In altri casi la loro energia cinetica è
sufficientemente grande, ed esse assumono
una configurazione oltre la quale il processo
continua fino alla formazione dei prodotti
finali. La configurazione intermedia ad alta
energia che si forma quando le molecole
posseggono energia sufficiente per reagire (E
> Eatt) è detta complesso attivato o stato di
transizione. L’energia potenziale del sistema
costituito dai reagenti e dai prodotti e
descrivibile come una superficie di energia
potenziale in uno spazio multidimensionale,
dato che l’energia dipende dalla posizione
reciproca e dalle interazioni di tutti gli atomi
che costituiscono il sistema. Infatti, se
Figura 4 – Andamento di una reazione di
consideriamo una reazione che coinvolga tre
isomerizzazione lungo la coordinata di reazione
atomi A, B e C, come ad esempio A + BC 
AB + C, sono necessarie tre coordinate spaziali rAB, rBC, rAC, più il valore dell’energia
interna totale del sistema. Se si considera che l’urto avviene lungo una traiettoria
allineata, si può ridurre l’analisi a tre parametri (rAB, rBC e l’energia potenziale). Queste
superfici indicate con PES (potential energy surface) hanno il tipico andamento
illustrato nella fig. 3a.
La dinamica della collisione può essere studiata descrivendo il moto del punto che
rappresenta il sistema molecolare reagente sulla PES, restando sempre al più basso
livello di energia possibile. Questo percorso, denominato MEP (minimun energy path),
è la coordinata di reazione. Essa presenta un massimo di energia (stato di transizione)
che si deve superare per ottenere i prodotti e rappresenta un minimo di energia
rispetto a tutti gli altri possibili percorsi che portano dai reagenti ai prodotti (fig. 3b).
La fig. 4 mostra come procede una reazione di isomerizzazione attraverso la
formazione dello stato di transizione. La sua esistenza può essere considerata virtuale,
dato che esso corrisponde, per un tempo brevissimo, al massimo dell’energia
potenziale sul percorso che separa i reagenti dai prodotti. Per ottenere informazioni
sul processo di reazione intorno allo stato di transizione è necessario ricorrere a
tecniche con tempi di risoluzione straordinariamente alti. Per avere un’idea di questo
tempo di risoluzione, si può considerare che la separazione dei frammenti che si
ottengono da una reazione di scissione molecolare foto-indotta avviene con una
velocità intorno a 1000 m/s. Così per determinare la posizione dei frammenti quando
questi sono separati di circa 10 pm, che corrisponde al 10% della distanza di legame,
è necessaria una misura con tempi di risoluzione intorno a 10-14 sec. Pertanto la scala
temporale degli stati di transizione va da circa 10 a 100 femtosecondi. L’area della
ricerca che studia i fenomeni chimici su questa scala temporale è detta femtochimica,
termine coniato dallo scienziato Ahmed Zewail, insignito del premio Nobel per la
Chimica del 1999 “per i suoi studi sugli stati di transizione delle reazioni chimiche
utilizzando la spettroscopia a femtosecondi”. La femtochimica utilizza apparecchiature
laser a impulsi ultrabrevi ed è basata sulla tecnica detta di eccitazione e sonda o
anche di pompa e prova (pump and probe).
Il laser emette due impulsi
ultracorti, uno che serve per
eccitare il campione (impulso di
eccitazione) e l'altro, inviato sul
campione con un ritardo variabile
(impulso
di
sonda),
per
identificare le specie transienti o i
processi di eccitazione molecolare
creati
dal
primo
impulso.
Variando l’intervallo di tempo tra i
due impulsi è possibile capire
quanto velocemente la molecola
originale si trasforma. Con tempi
di risoluzione al femtosecondo si
possono
osservare
atomi
in
movimento e studiare l’evoluzione
Figura 5 - “Film” di una reazione chimica ottenuta con laser
a impulsi ultrabrevi
delle strutture molecolari via via
che la reazione procede. L’emissione di impulsi da laser a femtosecondi, combinati con
appropriati rilevatori, può produrre “immagini” di una molecola che passa attraverso
una configurazione specifica durante un processo di riarrangiamento, permettendo la
completa visualizzazione della dinamica di reazione (fig. 5).
Nelle reazioni in fase gassosa o in
soluzione, la superficie di contatto non
incide sulla velocità di reazione perché le
molecole sono relativamente libere di
collidere tra loro, mentre nelle reazioni in
fase eterogenea la velocità aumenta
all’aumentare dell’area di superficie di un
reagente. Per esempio la reazione di
combustione
del
carbonio
avviene
lentamente all'aria ma se il carbonio viene
ridotto in forma di polvere finissima,
questa procede in modo talmente veloce
che la reazione può diventare esplosiva.
Figura 6 – Andamento dell'energia potenziale
molecolare in funzione della coordinata di
reazione, per una reazione rispettivamente non
catalizzata (tratto continuo) e catalizzata (linea
tratteggiata)
La velocità di una reazione può aumentare
in presenza di un catalizzatore, una
sostanza che, secondo la definizione del
premio Nobel per la Chimica 1909 W. Ostwald, pur variando la velocità di reazione, si
ritrova chimicamente inalterata al termine della reazione. I catalizzatori non
compaiono nelle equazioni globali di reazione e non provocano variazioni del valore
delle costanti di equilibrio. Il catalizzatore accelera la reazione perché determina una
modifica nel meccanismo di reazione. Il nuovo percorso è caratterizzato da una più
bassa energia di attivazione e quindi, a parità di temperatura, una frazione più
numerosa di molecole reagenti riuscirà a superare la barriera energetica
trasformandosi nei prodotti (fig.6).
In una reazione chimica catalizzata, il catalizzatore può esistere o in unica fase con i
reagenti, ed in tal caso si parla di catalisi omogenea o catalisi di trasporto, oppure può
esistere in una fase differente da quella dei reagenti ed in questo caso si parla di
catalisi eterogenea o catalisi di contatto.
Esempi importanti di catalisi omogenea sono le reazioni di sintesi asimmetrica che
permettono di ottenere enantiomeri specifici. Esse utilizzano un catalizzatore chirale 2
in grado di produrre grandi quantità di uno specifico enantiomero partendo da un
precursore che può essere chirale o achirale3.
Nella
catalisi
eterogenea
almeno uno dei reagenti
interagisce
con
una
superficie
solida
in
un
processo
detto
di
adsorbimento in modo tale
che i legami nel reagente si
indeboliscono per rompersi
successivamente.
Un
esempio molto importante
dal punto di vista industriale
è stato realizzato circa un
secolo fa per la produzione
dell’ammoniaca nel processo
Figura 7 – Rappresentazione schematica di funzionamento di un
Haber-Bosch. Nella reazione
enzima. L'enzima si combina con il reagente S (substrato) per
formare un complesso enzima-substrato, ES. ES è poi trasformato
di
formazione
in complesso enzima-prodotto EP che si scinde nel prodotto P e
dell’ammoniaca,
l’azoto
l’enzima libero, che è nuovamente disponibile per reagire con
un'altra molecola di S
reagisce
con
idrogeno
utilizzando come catalizzatore delle particelle di ferro con idrossido di potassio
finemente disperse su silice e allumina, sulla cui superficie ha luogo la reazione di
sintesi4.
I catalizzatori svolgono inoltre un ruolo importantissimo nei processi biologici. Le
reazioni chimiche che avvengono negli organismi viventi pur avvenendo a bassa
temperatura sono veloci, e ciò è dovuto alla presenza di catalizzatori biologici
altamente specifici chiamati enzimi. Questi sono delle macromolecole proteiche che
attraverso l’interazione tra il substrato, la molecola o le molecole reagenti, e il proprio
sito attivo, cioè la parte dell’enzima in cui avvengono le reazioni, formano un
complesso enzima-substrato. Questo, in un secondo tempo, si scinde liberando i
prodotti della reazione e l'enzima che rimane inalterato, uguale allo stadio
antecedente la reazione che ha accelerato (fig.7).
2
3
4
Una molecola chirale è una molecola non sovrapponibile alla propria immagine speculare nelle tre dimensioni
Struttura molecolare e chiralità: le reazioni chimiche asimmetriche – Lezioni Treccani
Aspetti cinetici delle reazioni chimiche: la catalisi di superficie – Lezioni Treccani