Il Levarage buy out con focus sul workers buy out del Dr. Ivan

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Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Estratto del Lavoro di Ricerca: Il Levarage buy out
con focus sul workers buy out del Dr. Ivan Agostino
La tecnica finanziaria innovativa: il workers buy out
Introduzione: Il workers buy out è un’operazione compiuta da un gruppo di
dipendenti interni alla società da acquisire, nella quale i lavoratori dell’azienda,
acquistano la proprietà della stessa dal suo attuale proprietario. Diverse le tecniche
poste in essere per implementare tale tecnica, si va dal contesto americano, dove si
effettua, solitamente attraverso il ricorso all’E.S.O.P. (employee stock ownership
plan) fino al contesto italiano, più incline all’utilizzo della forma cooperativa.
L’ESOP è un fondo di investimento al quale aderiscono i dipendenti di una società,
finalizzato all’acquisto di titoli della società stessa. Il dipendente che aderisce al
fondo non può cedere ad altri o alienare la propria quota fintanto che non vada in
pensione o lasci l’azienda1.
Come già accennato in precedenza attraverso il workers buy out i lavoratori
acquistano l’azienda in crisi (o una parte di essa) prevalentemente attraverso il
versamento di quote di capitale di rischio e il ricorso all’indebitamento presso
banche. Non è da escludere l’eventuale investimento da parte di fondi mutualistici,
1 Marco Solferini, Le operazioni di Leveraged Buy Out dopo la riforma del diritto societario, in
Magistra – Banca e Finanza, 21 marzo 2005
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
di società finanziarie e di investitori istituzionali. Solo quando la nuova impresa
riprenderà a camminare sulle proprie gambe gli investitori istituzionali si
ritireranno, disinvestendo. Il debito contratto nei loro confronti e i relativi interessi
potranno essere rimborsati attraverso la nuova capacità acquisita dall’azienda di
produrre denaro liquido, oppure, con la vendita di alcuni beni o di alcune quote sul
mercato.
Nel contesto italiano invece, vige, in maniera preponderante l’attuazione del
modello cooperativo.
L’operazione di WBO “cooperativo”2 differisce dallo schema tipo delle altre
fattispecie di operazione di Buy Out note alla letteratura aziendale, in quanto i
promotori (dipendenti) costituiscono una NewCoop ed ottengono risorse
finanziarie, non per acquisire le azioni (controllo) della Target Company e poi
essere in quest’ultima incorporata (c.d. fusione inversa), ma per rilevare dalla
Target Company il ramo d’azienda o l’intera azienda ed integrarla in un processo
di riorganizzazione/ristrutturazione all’interno della NewCoop.
2
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
1. Le origini e la diffusione del workers buy out
Piani di stock option o di assegnazione azionaria ai dipendenti, ESOP statunitensi,
workers buy out, sono alcune delle modalità attraverso cui si promuove la
partecipazione dei dipendenti al capitale dell’impresa, allo scopo di realizzare
quella che viene comunemente definita “democrazia economica”, ossia un sistema
economico – sociale che favorisce lo sviluppo delle forme di partecipazione dei
dipendenti ai processi decisionali dell’impresa e alla distribuzione degli utili
prodotti dalla stessa3.
L’operazione di workers buy out ha un forte impatto sociale, in parole povere, è
un’operazione compiuta da un gruppo di dipendenti interni alla società da acquisire,
nella quale i lavoratori dell’azienda, acquistano la proprietà della stessa dal suo
attuale proprietario. Nel caso in cui viene usata la struttura con proprietà dei
lavoratori, di solito gli impiegati posseggono l’azienda per il tramite di un trust e
solitamente ne sono azionisti diretti. Se invece, l’employee buyout usa come
struttura una cooperativa di lavoratori, i membri della cooperativa possederanno la
società come azionisti diretti individuali.4 Si effettua, solitamente attraverso il
ricorso all’E.S.O.P. (employee stock ownership plan) un fondo di investimento al
3
Massimo Pancamo, Fabio Sattin, “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato
dell’impresa” ”, in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.15/17, 2005, p.III
4
Tratto da Co-ownership Solutions.co.uk
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
quale aderiscono i dipendenti di una società, finalizzato all’acquisto di titoli della
società stessa. Il dipendente che aderisce al fondo non può cedere ad altri o alienare
la propria quota fintanto che non vada in pensione o lasci l’azienda5.
L’operazione di workers buy-out è molto simile all’operazione di m.b.o. dal punto
di vista strutturale, ma si evidenziano delle differenze con riferimento all’oggetto e
al meccanismo dell’acquisto. Generalmente, il m.b.o si sostanzia nell’acquisto
dell’intera società oppure della maggioranza del capitale di questa, un workers buyout si limita normalmente all’acquisizione di uno specifico ramo aziendale, poiché
i lavoratori non hanno le risorse economiche sufficienti per rilevare l’intera azienda.
In secondo luogo, le operazioni di m.b.o. spesso hanno come fine primario il
trasferimento della precedente proprietà oppure l’acquisto delle quote di comando
a scapito degli azionisti di minoranza, invece, i workers buy out hanno luogo, a
volte, in accordo con la proprietà cedente, quindi tra il gruppo di lavoratori e la
società titolare del ramo o dei beni oggetto dell’operazione6.
L’operazione di workers buy out nasce negli Stati Uniti. L’acquisizione da parte di
un gruppo di dipendenti interni alla società da acquisire è stata sperimentata nel
5 Marco Solferini, Le operazioni di Leveraged Buy Out dopo la riforma del diritto societario, in
Magistra – Banca e Finanza, 21 marzo 2005
6
Girino E., “Lo staff buy-out”, in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.1, 1993, p.67.
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territorio americano, grazie all’utilizzo dei fondi pensione e al ricorso all’Employee
Stock Ownership Plan (ESOP).
In America, la prima operazione di questo tipo è avvenuta nel 1956, quando un
avvocato di San Francisco, Louis Kelso, progettò un ESOP finanziato con capitale
di prestito (leveraged ESOP) per rilevare tutte le azioni dei fondatori del Peninsula
Newspapers Inc. Tra il 1956 e il 1986, lo studio legale Kelso ha continuato a
progettare ESOP buy outs per circa altre 500 aziende private. E’ la tipologia più
comune di partecipazione azionaria dei dipendenti negli Stati Uniti7.
L’elemento centrale è quindi, come già accennato più volte, l’Employee Stock
Ownership (E.S.O.), cioè “uno strumento previdenziale che prevede la costituzione
da parte di un’impresa di un trust, ossia un’entità legale distinta, in cui l’impresa
apporta azioni di nuova emissione o fondi per l’acquisto di azioni già esistenti8”
Uno strumento quasi sconosciuto fino al 1974, anno in cui è avvenuta la
regolamentazione dello stesso con l’Employee Retirement Security Act (ERISA).
Attualmente, per quanto riguarda gli Stati Uniti, è stato stimato che circa 15.000
aziende abbiano utilizzato questi piani coinvolgendo oltre 13 milioni di lavoratori.
7
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
8
Massimo Pancamo, Fabio Sattin, “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato
dell’impresa” ”, in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.15/17, 2005, p.III
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Il valore complessivo delle azioni detenute dai dipendenti di queste imprese oscilla
tra i 300 e i 400 miliardi di dollari. Approssimativamente, si tratta del 7% della
capitalizzazione di tutto il mercato azionario americano9.
La legge americana agevola queste operazioni permettendo ai dipendenti l’acquisto
a credito delle azioni della propria azienda (leveraged ESOP). Il prestito viene
garantito dalle azioni stesse e dalla capacità di credito dell’azienda, questo aiuta i
dipendenti ad acquisire un maggior numero di azioni. Ai piani di ownership viene
riconosciuto il merito di aver favorito la ristrutturazione di molte imprese americane
e il rinnovamento degli assetti proprietari. Inoltre per favorire lo sviluppo di questo
strumento, il Congresso Americano ha stabilito importanti agevolazioni fiscali a
vantaggio degli ESOP, come la deducibilità degli interessi e della quota capitale di
leveraged ESOP, deduzioni per l’impresa sulle tasse relative ai dividendi pagati
sulle azioni che rientrano in un piano di ownership10.
I piani di owernship estesi a tutti i livelli organizzativi incominciano a essere
un’importante realtà in molti paesi del mondo. Di seguito le esperienze in alcuni
paesi11.
9
Claudio Chiacchierini, Barbara Aquilani, L’impresa employee-owned: verso un nuovo modello di
corporate governance, in Finanza Marketing e Produzione n.1 marzo 2002
10
Le esperienze riportate sono state tratte da: Claudio Chiacchierini, Barbara Aquilani, L’impresa
employee-owned: verso un nuovo modello di corporate governance, in Finanza Marketing e
Produzione n.1 marzo 2002
11
ESOP Association 1997
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Il fenomeno si è diffuso in Gran Bretagna, dove la legge prevede meccanismi simili
a quelli americani. L’ownership, in questo caso, ha giocato un ruolo particolarmente
importante nel processo di privatizzazione delle imprese pubbliche. Si stima che
questi programmi abbiano contribuito a far quadruplicare il numero di possessori
di azioni nel paese. Sotto il governo di Margaret Thatcher, difatti, i dipendenti
potevano usufruire di forti sconti sull’acquisto di azioni delle imprese in via di
privatizzazione nelle quali lavoravano.
In Francia invece, i programmi di ownership sono integrati all’interno di accordi
finanziari di partecipazione, obbligatori per le imprese con più di cinquanta
dipendenti. Per legge, infatti, è previsto che in imprese di questo tipo il 10% dei
profitti venga distribuito ai dipendenti (profitsharing). Le quote spettanti ai singoli,
vengono stabilite in funzione del reddito e dell’anzianità aziendale. Questi accordi
coinvolgono più di 17.000 imprese francesi, in media un dipendente riceve
annualmente 6.000 euro.
In Russia le vicende storiche hanno favorito la diffusione dell’ownership. Per più
di tre quarti, le imprese privatizzate in Russia a partire dal 1992 erano possedute
largamente dagli stessi dipendenti che vi operavano, ai quali vennero offerti
gratuitamente diverse azioni e cospicui sconti per l’acquisto di altre. Molti
dipendenti hanno inoltre utilizzato, per l’acquisto di ulteriori azioni della stessa
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impresa, i buoni emessi dal governo a favore di tutti i cittadini per investire nel
capitale delle imprese da privatizzare. Tuttavia queste operazioni si sono rivelate
un fuoco di paglia, dato che la maggior parte dei dipendenti ha rapidamente
rivenduto le azioni sul mercato.
In Italia si contano rari casi di estensione dei programmi di ownership a tutti i
dipendenti. Inoltre la partecipazione di questi ultimi al capitale dell’impresa è di
entità quasi trascurabile (Mediobanca 0,4%, Natuzzi 3%, Alleanza 0,13%).
Moltissime imprese, invece, coinvolgono in ESOP di vario tipo i propri manager.
Vanno comunque segnalate un piano di ownership esteso a tutti i dipendenti del
gruppo Alitalia (è prevista la partecipazione dei dipendenti al capitale azionario per
una quota di circa il 20%) e le esperienze delle imprese multinazionali statunitensi
con filiali italiane. Qualcosa però si stia muovendo, complice la crisi economica
degli ultimi anni, la quale ha provocato un’accelerazione dei WBO, soprattutto con
il ricorso al modello cooperativo12.
Negli ultimi anni Coopfond13 e Cfi14 hanno collaborato in quasi tutti i casi di
workers buyout (figura 09) che hanno seguito. Mentre fino al 2001 la partecipazione
12
Giuseppe Chiellino, Il lavoratore salva il posto con l'acquisto dell'azienda, in Job24 del Sole24 ore,
24 maggio 2011
13
Coopfond è la società che gestisce il Fondo mutualistico per la promozione
cooperativa alimentato dal 3% degli utili annuali di tutte le cooperative aderenti a Legacoop (Lega
Nazionale Cooperative e Mutue) e dai patrimoni residui di quelle poste in liquidazione, da
coopfond.it
14
CFI/Cooperazione Finanza Impresa è una società cooperativa per azioni che opera dal 1986 per
la promozione delle imprese cooperative di produzione e lavoro e delle cooperative sociali. Nella
sua funzione di investitore istituzionale partecipa al capitale sociale delle imprese ed eroga
finanziamenti finalizzati a piani di investimento, con l'obiettivo di creare valore, salvaguardare e
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di Cfi poteva anche essere permanente, oggi il capitale deve rientrare alla
partecipata dal ministero dello Sviluppo economico dopo un massimo di 10 anni.
incrementare l'occupazione. Promuove la nascita, lo sviluppo e il riposizionamento delle imprese
impegnate in progetti imprenditoriali con profili economici e finanziari sostenibili, innovativi e
socialmente rilevanti, da cfi.it
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 9
Immagine tratta da: ARCANGELO ROCIOLA, Lavoratori manager per salvare l’azienda
fallita, da RE Le inchieste di Repubblica.it 11 marzo 2014
Per Coopfond i limiti massimi vanno dai 5 ai 7 anni. La cooperativa si costituisce
nel momento in cui viene versato il capitale. Si tratta di una serie di scelte delicate
ed è per questo che l'acquisizione dell'azienda fallita da parte dei lavoratori viene
sempre vista come l'ultima chance. "Nello scenario dei workers buyout oggi non
abbiamo scelte spontanee", dice Gianfranco Tibaldi di Coopfond, "sono tutte
situazioni indotte dalla necessità. Forse in passato era più facile incontrare un
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buyout spontaneo, perché ad esempio il proprietario che si ritirava per anzianità
cedeva l'azienda ai lavoratori."15.
2. Le Motivazioni alla base del cambiamento
La crisi, com’è noto, trova la sua origine nella cattiva politica di bilancio di alcuni
Stati membri, ed ha reso necessaria l’adozione di un consistente piano di aiuti
finanziari ai paesi in difficoltà. Questo tipo di intervento ha tuttavia posto un
problema di democrazia, evidenziato dalle reazioni di vasti settori dell’opinione
pubblica europea16.
Sono note a tal riguardo le proteste scoppiate in Grecia da parte di cittadini contrari
alle misure di austerità imposte dal Governo per soddisfare i piani di risanamento
che, si è detto, sono stati definiti in situazioni emergenziali e senza un adeguato
dibattito nelle sedi parlamentari17.
Negli ultimi decenni le nostre società sono state guidate dalla convinzione che, solo
la grande impresa di capitali meritasse di essere considerata e l’impresa tradizionale
si è imposta come il modello d’impresa dominante nello scenario economico
mondiale.
15
Arcangelo Rociola, Lavoratori manager per salvare l’azienda fallita, da RE Le inchieste di
Repubblica.it 11 marzo 2014
16
Filippo Donati, Crisi dell’euro, governance economica e democrazia nell’Unione europea, in Il
Diritto dell’Unione Europea Anno 2013 fascicolo 2 pag. 338
17
Si veda di recente B. Spinelli, Se anche Keynes è un estremista, in La Repubblica del 6 febbraio
2013, dove si richiamano le scritte apparse a tal riguardo sui muri di Atene.
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Da questa visione, errata, le altre forme di impresa, inclusa quella cooperativa, sono
state confinate a svolgere un ruolo del tutto marginale e destinato a scomparire.
La realtà oggi, al contrario, sta dimostrando che il pluralismo delle forme di impresa
è la strada maestra per affrontare la profonda crisi dell’economia globale, e le
cooperative sono parte fondamentale di questo pluralismo 18.
Il WBO potrebbe essere un valido strumento, non solo per superare i periodi di crisi
aziendali, ma anche per risolvere un grave problema che affligge le PMI italiane: la
successione e l’avvicendamento generazionale19. Si procede quindi, col rilevare
l’azienda in difficoltà, quando questa può essere rimessa in condizione di
funzionare e avere buone possibilità di successo.
Effettivamente, molti studi empirici hanno dimostrato che il coinvolgimento dei
lavoratori (figura 10) nel capitale d’impresa costituisce uno degli strumenti classici
per l’allineamento degli interessi tra principale (azionista) e agente (lavoratore), allo
scopo di apportare un incremento della produttività e una diminuzione della
conflittualità aziendale20.
18
Gaia Postiglione, Le Cooperative come strumento per il superamento della crisi di impresa:
Workers buyout – le aziende comprate dai dipendenti, in Tax&Law360, 26 marzo 2014
19
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
20
Massimo Pancamo, Fabio Sattin, “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato
dell’impresa” ”, in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.15/17, 2005, p.III
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 10
Tra i numerosi studi condotti se ne possono citare 3 particolarmente significativi21:
1. Nel più vasto studio sulle performance degli ESOP in imprese non
quotate, condotto nel 2000 da Douglas Kruse e Joseph Blasi della
Rutgers University, si è ritrovato che l’ESOP ha aumentato ricavi,
dipendenti e ricavi/dipendenti per una percentuale compresa tra il 2,3%
e il 2,4% l’anno, rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato in mancanza
dell’ESOP. Le imprese non quotate oggetto di ESOP presentavano,
inoltre tassi di sopravvivenza maggiori;
21
Massimo Pancamo, Fabio Sattin, “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato
dell’impresa” , in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.15/17, 2005, p.III
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
2. In base alle risultanze di uno studio condotto nel 2001 da una società di
consulenza previdenziale (Watson Wyatt) che ha analizzato circa 700
imprese quotate in Nord America e in Europa, negli anni 1999 e 2000,
è emerso che la partecipazione azionaria dei dipendenti appariva
aumentare la capitalizzazione di mercato di circa il 4%;
3. Nel 1992, i già citati Douglas Kruse e Joseph Blasi, insieme a Micheal
Conte dell’Università di Baltimora hanno creato un Employee
Ownership Index (EOI) che seguiva la performance azionaria delle
società quotate negli USA aventi almeno il 10% del capitale detenuto
dai dipendenti e una capitalizzazione maggiore di 50 milioni di dollari.
Tuttavia nell’esperienza italiana sono prevalenti le operazioni di employees buy out
originatesi in situazioni di crisi aziendale in cui i lavoratori, per evitare la scomparsa
dell’azienda, ne hanno rilevato il controllo, quasi che la partecipazione dei
dipendenti sia possibile solo quando la stessa si trovi in una fase di tensione, e non
al contrario quando l’azienda si trovi in buone condizioni economico –
finanziarie22.
Analizzando lo scenario attuale, ci si trova difronte la crisi economica, la quale
continua a mordere duramente l’economia italiana. Questa richiede un elevato costo
22
Massimo Pancamo, Fabio Sattin, “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato
dell’impresa” ”, in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.15/17, 2005, p.III
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
per cercare di risanare il Paese, il quale si trasferisce sul potere d’acquisto degli
italiani e, prevede gravosi inasprimenti fiscali, anche per le imprese.
Il 2012 è stato l’anno della recessione e il 2013 quello della stagnazione. Le
politiche di sviluppo quindi, non potranno limitarsi alle sole liberalizzazioni per
avviare la ripresa, ma dovranno richiedere investimenti sulle infrastrutture fisiche,
sociali e tecnologiche del Paese23.
In questo contesto, i dati relativi al numero dei fallimenti di società sono
preoccupanti e misurano la situazione drammatica che si è creata negli ultimi anni.
L’aumento dei fallimenti è registrato soprattutto per le società di capitali, mentre le
procedure aperte da società di persone o da altre forme giuridiche risultano in calo 24.
Le principali vittime di tale crisi economica sono i dipendenti, i quali per salvare il
posto di lavoro, intraprendono il percorso del workers buy out.25
Un trend confermato dai dati di Coopfond relativi al 2011: il fondo mutualistico di
Legacoop, attivo dal 1994, durante il 2011 ha contribuito di tasca sua a una decina
di salvataggi di questo tipo. Più altri due ad inizio 2012. Un dato positivo, se si
23
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
24
Cerved Group, “Osservatorio trimestrale sulla crisi di impresa”, Primo trimestre 2012.
25
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
considera che in 14 anni, ovvero dalla sua nascita fino al 2008, i Wbo sostenuti da
Coopfond sono stati appena 15.
Negli anni precedenti, tra il 2008 e il 2010 sono state infatti 22 le operazioni messe
a segno grazie all’appoggio del fondo della Lega delle cooperative.26
Insomma, il workers buy out è un fenomeno nuovo nel nostro Paese che, grazie alla
conformazione del tessuto imprenditoriale italiano, può ulteriormente svilupparsi.
A tal proposito il direttore generale di Coopfond, Aldo Soldi, in una recente
intervista al Sole 24 Ore ha dichiarato: «non tutte le richieste vanno a buon fine.
Alcune dobbiamo bocciarle, perché con tutta la buona volontà, il business plan non
regge o non ci sono i presupposti per il rilancio. In ogni caso il Wbo è una modalità
di intervento per il salvataggio delle piccole imprese che finora ha consentito di
salvaguardare alcune centinaia di posti di lavoro».
2.1 Motivazione di carattere economico
Nel particolare i problemi di carattere economico27 che potrebbero spingere i
lavoratori ad intraprendere un percorso di workers buy out, possono essere
raggruppati in tre punti:
26
27
Francesco Bisozzi, L’azienda è in crisi? Noi la compriamo in Panorama 2008
Le motivazioni sono state tratte dallo studio di: Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in
Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea
magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno
Accademico 2011 / 2011
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
1
Cause legate all’inefficienza del management e della proprietà;
2
Cause legate al prodotto;
3
Cause legate al reperimento di risorse finanziarie.
La seguente tabella (figura 11) fornisce un idea dell’incidenza percentuale delle
stesse:
Figura 11
Incidenza percentuale delle cause di crisi sul totale delle risposte, Immagine tratta da:
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Queste rappresentano le motivazioni che hanno determinato una situazione di
instabilità all’interno delle società private, e che allo stesso tempo hanno spinto i
lavoratori a rilevare l’intero complesso aziendale o solo un ramo d’azienda. Dopo
aver costituito le nuove imprese, i soci cooperatori dovranno cercare di risolvere
innanzitutto questi problemi.
Primo punto28: tra le possibili cause di crisi vi sono gli errori di gestione dovuti allo
scarso dinamismo della proprietà, oppure la diminuzione dell’interesse da parte del
gruppo proprietario originario, che risulta dopo molti anni poco stimolato.
Le aziende attive da parecchi anni hanno maggiori difficoltà a cambiare e adattarsi
alle modifiche avvenute sul mercato, applicare elementi innovativi nelle tecniche
di produzione, organizzare il lavoro. La scarsa diversificazione e il basso grado di
innovazione sono ancora più evidenti nelle imprese di piccole dimensioni, nelle
quali la proprietà e il management coincidono; tutto ciò ha condotto, nella maggior
parte dei casi, all’esaurimento dell’idea imprenditoriale e l’impresa al declino.
Secondo punto: altro problema è la commercializzazione del prodotto. La
situazione di crisi è determinata da ritardi ed inefficienze dell’impresa
nell’organizzare un corretto rapporto con il mercato. A volte si presentano casi di
obsolescenza delle reti di vendita che rovinano il rapporto commerciale, ovvero il
28
Le motivazioni sono state tratte dallo studio di: Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in
Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea
magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno
Accademico 2011 / 2011
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
rapporto fornitore-cliente, oppure è mancata una politica commerciale di gestione
della clientela, di valutazione dei margini, di incremento dei prezzi di vendita, di
razionalizzazione del ciclo produttivo estremamente complesso, divenuto
ingovernabile.
In quest’area rientrano anche cause legate alla tipologia dei prodotti: obsolescenza,
scarso livello di ammodernamento e ritardo tecnologico.
Terzo punto: l’impossibilità di accedere al mercato finanziario per le ristrette
dimensioni aziendali, unito all’incapacità di ottenere un finanziamento dagli istituti
di credito, a causa della crisi di liquidità (credit crunch) oppure perché l’azienda
non svolge un’attività così tanto attraente o perché ha una bassa redditività, sono
aspetti che non permettono di avere le risorse finanziarie per realizzare nuovi
investimenti o coprire uno squilibrio finanziario.
La crisi economica comporta riflessi negativi sugli aspetti finanziari di gestione,
che
si
concretizzano
nell’esaurimento
delle
disponibilità
interne
di
autofinanziamento, in elevati livelli di indebitamento, nella difficoltà di accedere a
nuove forme esterne di capitale. Spesso il tracollo deriva, anche, dal fallimento di
clienti importanti o dal ridimensionamento del mercato con conseguente calo del
fatturato. Il declino delle società, il più delle volte, è scatenato da una combinazione
di fattori maturati negli ultimi anni.
2.2 Motivazione dipendenti – gestione efficace delle RU
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Migliaia di lavoratori, da un giorno all’altro, perdono l’impiego cui avevano
dedicato anni di sacrifici. Molti di fronte alla difficoltà si scoraggiano, ma c’è
anche chi di fronte alla fatica non si rassegna, convinto che la forza del gruppo
possa battere la crisi, convinto che facendo squadra e valorizzando un patrimonio
condiviso di competenze e conoscenze sia possibile risalire la china. È questo lo
spirito che anima le tante – e sempre più numerose – iniziative di workers buyout
che nell’ultimo biennio hanno permesso di salvare decine di posti di lavoro29.
La NewCoop potrà continuare a sopravvivere solo se alla base ci sono fattori
cardine, quali la motivazione e determinazione dei soci lavoratori, la solidità, la
capacità manageriale.
Difatti è sempre più diffusa la consapevolezza che la potenzialità economica e
produttiva di un’azienda dipende, oltre che dalla tecnologia e dalla finanza, anche
in modo crescente dalle conoscenze specifiche che ogni singolo collaboratore
detiene, in quanto elemento generatore di nuove idee e al contempo memoria storica
dell’azienda30.
29
Claudio Carminati, Workers buyout: se i dipendenti rilevano l’impresa. Rilanciandola, in
Discorsivo 5 Novembre 2012
30
Roberto Alazraki, Employees Benefits – L’utilizzo ottimale per una efficace selezione e retention
delle RU, in Direzione del Personale n. 3 Settembre 2002 pag. 24
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
La partecipazione diventa il viatico sia per la realizzazione di una più equa
distribuzione dei costi –benefici fra i diversi fattori della produzione, sia per la
diffusione di una nuova etica d’impresa, fondata sui valori intangibili della legalità,
del rispetto della persona umana e dell’ambiente. Più in generale, la partecipazione
potrebbe indurre comportamenti e condotte legalmente e socialmente sostenibili,
consentendo nei fatti il pieno realizzarsi degli interessi privati, collettivi e pubblici
compresenti nell’ordinaria vita d’impresa31. Si tratta di ragionare in termini più
ampi assumendo la partecipazione, non solo come strumento di tutela della
componente lavoro, ma anche come momento di introiezione di valori generali nel
governo dell’impresa.
Le politiche di sviluppo che partono dal basso prevedono la partecipazione dei
membri di una realtà territoriale ad organizzazioni economiche, al fine di diventare
protagonisti attivi della comunità, fornire risposte a comuni necessità e realizzare
così un potenziamento bottom up del progresso civile. Il vantaggio della coproduzione deriva dal fatto che i cittadini sono tra loro accomunati, non solo da
esigenze similari e dalla capacità di riuscire a identificare con precisione i bisogni
espressi, a volte latenti, ma soprattutto dal forte senso di appartenenza a un
territorio, caratterizzato da accentuate e riconosciute specificità32.
31
Alberto Pizzoferrato, Partecipazione dei lavoratori, nuovi modelli di Governance e Democrazia
Economica, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro fascicolo 2 Anno 2005 pg. 248
32
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
La comunità aziendale, pertanto, funziona su principi di cooperazione,
collaborazione e solidarietà dei componenti, portati a svolgere il proprio ruolo sotto
l’imperativo della coscienza morale. Le cooperative di comunità, quindi,
coinvolgendo l’intera collettività, rappresentano non solo un mezzo di produzione
economica ma anche strumento di integrazione sociale33.
La consapevolezza dei limiti di un’organizzazione economica che sopravvaluta i
comportamenti concorrenziali ed egoistici sta già portando molti operatori ad
adottare pratiche di responsabilità e strategie di gestione innovative, che enfatizzano
anche fra le imprese for-profit il meccanismo della cooperazione. Non sorprende,
quindi, che un numero crescente di osservatori consideri l’espansione delle varie
forme di cooperazione come una possibile via di uscita dalla crisi34.
Riassumendo possiamo inquadrare la partecipazione e lo spirito di squadra, come
chiavi del successo aziendale. Di seguito le caratteristiche che contraddistinguono
una vera “squadra”, affiatata e ben organizzata, sintetizzate nei cosiddetti “Tre
pilastri dello spirito di squadra35”:
 Clima umano, è contraddistinto, prima di tutto, dalla fiducia reciproca, e,
come risultato speculare della fiducia, da un forte senso di responsabilità
33
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
34
Gaia Postiglione, Le Cooperative come strumento per il superamento della crisi di impresa:
Workers buyout – le aziende comprate dai dipendenti, in Tax&Law360, 26 marzo 2014
35
Antonio Lovisatti, Letizia Giaretta, Build and Active Team – Outdoor Training, in Direzione del
Personale fascicolo 3 Anno 2002 pag. 27
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
individuale. Fiducia e responsabilità sono i due poli di un circolo virtuoso
che può autoalimentarsi. A un buon clima umano si possono poi attribuire
altri nomi come, tendenza all’allineamento, propensione non alla critica ma
al miglioramento, capacità di affrontare e risolvere i conflitti;
 Capacità di auto-organizzazione, in un’organizzazione avanzata, e cioè non
puramente verticistica, non c’è gruppo di lavoro che non disponga di un
ampio margine per auto-organizzarsi. La sfida attuale è saper coniugare
autonomia individuale con la cooperazione verso l’obiettivo aziendale.
Auto-organizzarsi significa saper individuare le risorse umane disponibili,
e di conseguenza, stabilire competenze e ruoli;
 Determinazione, anche a questo aspetto possiamo attribuire molteplici
nomi: entusiasmo, forte orientamento all’obiettivo, capacità di fronteggiare
lo stress e le frustrazioni, gusto per la sfida. E’ da sottolineare che la
determinazione, per un verso, è una caratteristica quasi genetica; ma per
altro verso può essere enormemente alimentata dal proprio gruppo. Un vero
team è quello in cui si trae continuamente energia dal gruppo, e al gruppo la
si restituisce: una sorta di corrente alternata tra il singolo e il gruppo che
vivifica entrambi.
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
2.3 Fattori di successo
Affinché l’operazione di WBO si traduca in una esperienza di successo36 è
necessario, in primo luogo, conoscere a fondo le dinamiche dell’azienda: per questo
motivo, il workers buy-out è applicato prevalentemente nelle piccole imprese.
Inoltre, è necessario che coesistano cinque requisiti fondamentali:
1) un chiaro accordo coi sindacati;
2) un accordo tra proprietà, creditori e liquidatore;
3) un buon rapporto continuo con i clienti;
4) motivazione dei dipendenti;
5) ruolo chiave del professionista;
Quest’ultimo dovrà “accompagnare” i dipendenti/soci in ogni fase del processo:

Analisi dei punti di forza e delle criticità dell’azienda in crisi;

Redazione del business plan, del progetto industriale, piano finanziario per
valutare il fabbisogno finanziario del nuovo soggetto;
36
I fattori di successo sono stati tratti da: Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per
la crescita, opportunità per il professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino

Predisposizione degli strumenti per gestire e governare la newco da un punto
di vista economico, patrimoniale, finanziario oltre che amministrativo,
contabile e fiscale (budget, controllo di gestione, consuntivi, flussi di cassa,
gestione di tesoreria ecc.).
È necessario, chiaramente, fare un accurato studio e una valutazione del mercato,
accompagnata da un business plan credibile, per cercare di partire con un vantaggio
competitivo con lo scopo di fronteggiare il mercato o, in alternativa, avere la
capacità di diversificare su una nuova area strategica d’affari. Bisognerà, inoltre,
cercare di mantenere il portafoglio lavori acquisito.
Sicuramente non tutti i lavoratori della vecchia impresa aderiranno all’operazione:
solo quelli più motivati porteranno avanti il progetto attuando così una selezione
naturale. Accetteranno i lavoratori più decisi che riusciranno a sostenere i sacrifici
della fase iniziale ed il rischio d’impresa, impegnando capitale proprio (il
trattamento di fine rapporto o l’indennità di mobilità o risparmi personali).
Indispensabile è il sostegno finanziario dei Fondi mutualistici e di altri soci
sovventori e finanziato37.
37
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
3. Le diverse fasi dell’operazione
Come già accennato in precedenza attraverso il workers buy out i lavoratori
acquistano l’azienda in crisi (o una parte di essa) prevalentemente attraverso il
versamento di quote di capitale di rischio e il ricorso all’indebitamento presso
banche. Non è da escludere l’eventuale investimento da parte di fondi mutualistici,
di società finanziarie e di investitori istituzionali. Solo quando la nuova impresa
riprenderà a camminare sulle proprie gambe gli investitori istituzionali si
ritireranno, disinvestendo. Il debito contratto nei loro confronti e i relativi interessi
potranno essere rimborsati attraverso la nuova capacità acquisita dall’azienda di
produrre denaro liquido, oppure, con la vendita di alcuni beni o di alcune quote sul
mercato38.
Tenendo come modello lo schema statunitense, l’operazione di workers buy out si
svolge con modalità39 non dissimili da quelle di un MBO ordinario. Le fasi salienti
possono essere così riassunte:
38
Franca Cantoni, La resilienza come competenza dinamica e volitiva, Giappichelli editore, 2014
Le modalità del wbo sono tratte da: Grassini A.F., Bona M., “Leveraged buy-out: un istituto da
diffondere in Italia?”, Il Mulino, Bologna, 1991
39
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino

(Fig.12) un gruppo di dipendenti\ investitori decide l’acquisto della società
target; a tal fine viene costituita una Newco alla quale i dipendenti
partecipano con un investimento pari a 10. La Newco si indebita a sua volta
presso il sistema bancario per 20 e costituisce l’ESOP;
Figura 12
Immagine tratta da: Grassini A.F., Bona M., “Leveraged buy-out: un istituto da diffondere in
Italia?”, Il Mulino, Bologna, 1991

(Fig. 13) L’ESOP si indebita per 170 ed investe la somma presa a prestito
nel capitale della Newco, che allo stesso tempo garantisce il debito contratto
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
dall’ESOP. Ovviamente si tratta di una garanzia eventuale, poiché solo dopo
l’acquisto della target la garanzia acquisterà consistenza;
Figura 13
Immagine tratta da: Grassini A.F., Bona M., “Leveraged buy-out: un istituto da diffondere in
Italia?”, Il Mulino, Bologna, 1991
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino

A questo punto la Newco dispone di mezzi liquidi per 200 e può acquistare
la Target company;

La Newco successivamente versa periodicamente il contributo che si è
impegnata ad erogare al momento della costituzione del fondo.
Generalmente questo contributo è di importo tale da coprire l’onere che
l’ESOP deve sopportare per il pagamento degli interessi ed il rimborso del
debito.
Nella realtà americana questa tecnica è servita in molti casi a rilevare aziende delle
quali si era decisa la chiusura. Infatti, grazie all’ESOP e per salvare il posto di
lavoro, i dipendenti sono spesso stati disposti a sostanziose riduzioni di salario da
cui la società ha tratto parte del cash-flow necessario per ripianare il debito ed
avviarsi sulla via del risanamento40.
A tal proposito basti pensare che l’ESOP viene spesso creato con lo scopo
principale di attenuare la conflittualità con i dipendenti, che dalla sua costituzione
ricavano un indiscusso vantaggio. Infatti in USA i proventi che derivano dall’ESOP
sono quelli che, in termini percentuali, incidono maggiormente sulla retribuzione.
Tuttavia, in America non esiste quella connotazione “ideologica” che caratterizza
la realtà europea, pertanto l’ESOP è rimasto essenzialmente uno strumento
40
Grassini A.F., Bona M., “Leveraged buy-out: un istituto da diffondere in Italia?”, Il Mulino,
Bologna, 1991
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
finanziario. Lo testimonia il fatto che esistono public company con uno staff di più
di ottomila dipendenti acquistate da un fondo41.
3.1 La situazione italiana – verso la cooperativa
Nel contesto italiano invece, vige, in maniera preponderante l’attuazione del
modello cooperativo.
Trend confermato dai dati di seguito riportati; Dal 1986 alla fine degli anni Novanta,
il workers buy out, grazie alla Legge Marcora, ha caratterizzato il 100% delle
attività di Cooperazione Finanza e Impresa (C.F.I.). Nella prima fase di attività,
C.F.I. ha investito circa 80 milioni di Euro nel capitale di rischio di 160 cooperative
di produzione e lavoro e ha complessivamente promosso l’occupazione stabile di
circa 6 mila lavoratori. In questi anni, C.F.I. ha maturato una esperienza pluriennale
41
Grassini A.F., Bona M., “Leveraged buy-out: un istituto da diffondere in Italia?”, Il Mulino,
Bologna, 1991
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
su operazioni di workers buy out da crisi di impresa. Il bilancio dell’applicazione
dello strumento è senza dubbio positivo, il tasso di sopravvivenza delle imprese,
nate grazie agli strumenti previsti dalla legge Marcora, è di circa 60% nel solo
1999.42
Negli ultimi anni, la società finanziaria C.F.I. ha intensificato poi, i rapporti con i
fondi mutualistici, ha collaborato, in particolare, con il fondo mutualistico di
Legacoop, Coopfond. I due istituti hanno lavorato in pool sulle operazioni oggetto
di WBO, al fine di raddoppiare la forza finanziaria per la singola operazione. Su 20
casi deliberati da Coopfond, dal 2008 al 2012, C.F.I. è entrata nel 70% di questi
tentativi di recupero di imprese da crisi.
Oggi, C.F.I. ha investito capitale di rischio per 135 milioni di Euro in oltre 200
cooperative di produzione e lavoro costituite da dipendenti, operazioni di WBO che
hanno promosso l’occupazione di oltre 9.000 lavoratori.
In definitiva dal ’94 ad oggi ci sono state due fasi che si possono così sintetizzare:

workers buy-out da coop a coop (1994-2007). Durante questo arco
temporale, dalla crisi di imprese cooperative nascono nuove cooperative,
grazie agli ex dipendenti, ma già a quell’epoca, passaggi da impresa privata
a cooperativa si sono verificati. In questo periodo di riferimento, le imprese
42
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
ricorrono a queste operazioni per crisi di settore o problemi di ricambio
generazionale, le aziende sono sane, ma con problemi di continuità;

workers buy-out da società a Newcoop (2008-2012). Il fenomeno è
caratterizzato esclusivamente dall’acquisto dell’impresa privata da parte
degli ex lavoratori e dalla nascita di una nuova impresa cooperativa.
Nell’ultimo triennio, nella maggior parte dei casi, si ricorre a questa
operazione per evitare la liquidazione o il fallimento, o nel corso delle
procedure43.
Nella particolare fase di vita di una azienda, in cui si impongono decisioni circa
l’avvicendamento nella proprietà o la prosecuzione dell’attività, in considerazione
della crisi in cui la stessa versa, con ripercussioni in entrambi i casi pesanti sulle
maestranze, l’operazione di WBO “cooperativo” rappresenta, quindi, una soluzione
che riesce, se opportunamente gestita e meditata, a realizzare l’ottima composizione
degli interessi di tutti gli stakeholders in campo44; Per non perdere il lavoro, i
dipendenti si organizzano in forma cooperativa al fine di rilevare l’azienda,
apportando il TFR e la eventuale indennità di mobilità.
43
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
44
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
L’operazione di WBO “cooperativo”45 differisce dallo schema tipo delle altre
fattispecie di operazione di Buy Out note alla letteratura aziendale, in quanto i
promotori (dipendenti) costituiscono una NewCoop ed ottengono risorse
finanziarie, non per acquisire le azioni (controllo) della Target Company e poi
essere in quest’ultima incorporata (c.d. fusione inversa), ma per rilevare dalla
Target Company il ramo d’azienda o l’intera azienda ed integrarla in un processo
di riorganizzazione/ristrutturazione all’interno della NewCoop.
Recentemente, casi di workers buy out si verificano in maniera massiccia. La
tecnica di intervento è l’asset sale: Le fasi salienti (figura 14) dell’operazione di
WBO possono riassumersi in cinque punti46:

I dipendenti, soggetti promotori, hanno l’obiettivo di acquisire il patrimonio
della società bersaglio (Target Company), cioè l’azienda stessa in cui
lavorano;

I dipendenti costituiscono una nuova società, la NewCoop, versando le
quote del capitale sociale (che possono provenire anche dall’anticipo della
indennità di mobilità o dal Tfr);
45
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
46
Autori vari, Cooperative ed enti no profit: strumenti per la crescita, opportunità per il
professionista, Lecce Convegno Nazionale UNGDCEC 2005
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino

Gli “investitori istituzionali (fondi mutualistici, finanziarie cooperative)”
partecipano al capitale di rischio della NewCoop in qualità di soci
finanziatori/sovventori;

la NewCoop ottiene un ulteriore flusso monetario a titolo di capitale di
debito dal mondo bancario o dagli “investitori istituzionali”, sfruttando
l’effetto leva derivante dalla significativa capitalizzazione conseguita;

la NewCoop acquisisce il ramo o l’intera azienda dalla Target Company
Figura 14
Immagine tratta da: Employee Buyouts Guide 2009
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Ricapitolando la Newcoop47 acquista il patrimonio della società bersaglio e non le
sue azioni. L’operazione prevede l’acquisto delle attività legate al business che
interessa e la corresponsione della relativa somma di denaro alla società Target,
senza procedere alla fusione tra Newco e Target. In questa ipotesi, l’acquisizione
può avere ad oggetto sia un singolo ramo aziendale, sia l’intera azienda. Nel
secondo caso, la società cedente dovrà essere, normalmente, posta in liquidazione48.
L’operazione di workers buy out ha un impatto sociale ed economico sul territorio
italiano. Ogni nuova cooperativa è una nuova impresa, grazie all’impegno dei
lavoratori e alle leggi favorevoli degli ultimi anni, il fenomeno del WBO, si collega,
dunque, al mondo della cooperazione italiana.
Secondo l’Albo delle cooperative49, fonte statistica ufficiale sulla cooperazione, il
numero delle imprese cooperative italiane ammonta a circa 83-84 mila in Aprile
2012, un dato in continua revisione. Tra il 2001 e il 2011, rileva inoltre il Censis, il
numero delle cooperative è passato da 70.000 a 79.949.
47
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
48
Morano A., “Leveraged buy-out. Aspetti finanziari giuridici e contrattuali”, Ipsoa S.p.A., Milano,
1989, p.13.
49
Il numero totale delle cooperative italiane aderenti all’Associazione Generale delle cooperative
italiane (AGCI) sono 7.832, sulla base dei bilanci del 31/12/2010. Le cooperative di produzione e
lavoro iscritte a Ancpl-Legacoop sono in tutto 893, secondo i dati di bilancio 2010 che si ripartiscono
in 460 nel settore industriale e manifatturiero, 118 nel settore della progettazione e infine 315 nel
settore delle costruzioni. Secondo le stime Confcooperative su dati di bilancio del 31/12/2011, il
totale delle cooperative aderenti ammonterebbe a 20.358.
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
3.2 Lo strumento cooperativo
Ai sensi dell’art. 2511 c.c. “ le cooperative sono società a capitale variabile con
scopo mutualistico iscritte presso l’Albo delle cooperative di cui all’art. 2512,
secondo comma e all’art. 223 – sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del
presente codice50.” Questa definizione evidenzia i due elementi che caratterizzano
l’istituto in esame, definibili come i caratteri distintivi dei sodalizi cooperativi51.
Il primo è la cooperazione – la figura del socio risulta dominante – e il secondo è lo
scopo mutualistico, difatti in prima approssimazione possiamo intendere la
cooperativa come una forma specifica di gestione aziendale, ove la figura dei
“lavoratori” assume il ruolo di proprietari-imprenditori allo scopo (mutualistico) di
ottenere un aumento di retribuzione od un risparmio di spesa, rispetto alle
condizioni di salario e di prezzo dei beni esistenti sul mercato52.
Le cooperative svolgono un ruolo molto importante nell’UE (figura 15) in termini
economici, sociali, occupazionali e di sviluppo sostenibile, essendo divenute un
motore di innovazione sociale – aspetto cui viene dato grande rilievo nella strategia
50
Articolo così modificato dalla’rt.10, comma 1, della l. 23 luglio 2009, n.99
Salvatore Giordano, Il bilancio delle società cooperative – Aspetti civilistici, contabili e fiscali,
Maggioli Editore 2012
52
Ianniello Giuseppe, Impresa Cooperativa: caratteristiche strutturali e nuove prospettive, Cedam
1994
51
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Europa 2020 – e contribuiscono alla realizzazione dell’obiettivo dello sviluppo
economico e sociale sostenibile delle comunità regionali e locali.
Figura 15
Immagine di: Patrizia Toia, Modello cooperativo Una soluzione per salvare le imprese dal
fallimento, S&D 2013
Il modello imprenditoriale cooperativo contribuisce a un vero pluralismo
economico, rappresenta un elemento indispensabile della “economia sociale di
mercato” ed è pienamente in linea con i valori del trattato UE e con gli obiettivi
della strategia Europa 202053.
53
Gaia Postiglione, Le Cooperative come strumento per il superamento della crisi di impresa:
Workers buyout – le aziende comprate dai dipendenti, in Tax&Law360, 26 marzo 2014
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
La capacità di ripresa delle cooperative comincia ad essere riconosciuta, e sia gli
opinion maker che i policy maker, appaiono oggi più interessati che in passato a
capire il ruolo che le cooperative possono svolgere per affrontare le drammatiche
conseguenze della crisi globale e per riformare il sistema che ha contribuito a
generarla54.
Quando un'impresa speculativa è ormai in fase di "debacle" o manca un ricambio
generazionale o carenza di capitali, occorre intervenire per salvaguardare
"l'azienda" intesa come l’organizzazione esistente tra i lavoratori e i mezzi di
produzione; in tal caso la cooperativa di produzione o lavoro (art.2513 Ic. lett.B
c.c.), può essere un modello da adottare, coinvolgendo le maestranze qualificate e
con voglia di fare.
In questi momenti di profonda crisi finanziaria il modello cooperativo può essere
una soluzione, oltre ai notevoli risparmi fiscali o previdenziali tipici delle
cooperative a mutualità prevalente, il piano industriale può essere supportato anche
dai fondi TFR o mobilità, una volta accertata la validità del piano e valutate le
opportunità di rientro dell'investimento55.
54
Marco Ilaria, De Pascale Roberto, Studio sulle Cooperative, Commissione Nazionale UNGDCEC,
Anno 2013
55
Marco Ilaria, De Pascale Roberto, Studio sulle Cooperative, Commissione Nazionale UNGDCEC,
Anno 2013
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Ormai è nota la funzione anticiclica delle cooperative, in quanto rappresentano un
modello che interviene nei settori economici che l'impresa speculativa reputa di
scarsa importanza, creando valore e posti di lavoro (il cd. fine mutualistico).
Le cooperative contribuiscono al 7,4% dell’occupazione (figura 16) creata dal
sistema delle imprese in Italia. I settori in cui la cooperazione fornisce il suo apporto
più rilevante sono il terziario sociale (dove il 23,7% dei lavoratori è occupato in
cooperative) e in particolare il settore sanità e assistenza sociale (49,7%), il settore
dei trasporti e della logistica (24% di occupati) e i servizi di supporto alle imprese
(19,3%).
Le cooperative presentano dimensioni molto più consolidate delle imprese
tradizionali, considerato che nel 2011, a fronte di una media di 3,5 addetti per
impresa, le cooperative ne contavano 17,356.
Figura 16
56
Patrizia Toia, Modello cooperativo Una soluzione per salvare le imprese dal fallimento, S&D
2013
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Si può quindi parlare, più in generale, di un movimento cooperativo57, il quale può
intendersi come l’insieme di strutture economiche e politico-sindacali alle quali
l’associazionismo tra cooperative ha dato vita. In Italia esistono oggi quattro grandi
Centrali Cooperative che aggregano la parte più significativa del fenomeno
cooperativo, esse sono:
57

La Confederazione delle Cooperative Italiane(Confcooperative);

La Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue(Legacoop);

La Associazione generale delle Cooperative Italiane (Agci);

La Unione Nazionale delle Cooperative Italiane
Ianniello Giuseppe, Impresa Cooperativa: caratteristiche strutturali e nuove prospettive, Cedam
1994
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Il riferimento a queste realtà risulta necessario in quanto l’agire delle singole
cooperative diventa più comprensibile, studiando il ruolo delle strutture del
movimento nel definire comportamenti economici, scelte politiche, obiettivi e
strategie comuni58.
Esse svolgono le seguenti funzioni59:
1. Rappresentanza e tutela: si impegnano costantemente nell’aggregare gli
interessi delle cooperative aderenti, allo scopo di ottenere il riconoscimento
dell’esistenza e della rilevanza della cooperazione;
2. Assistenza: rivolto principalmente alle piccole e media imprese cooperative,
allo scopo di fornire consulenze amministrative, legali, finanziarie e formare
i quadri dirigenti;
3. Controllo: nell’intento di contrastare la cooperazione spuria (speculazione
privata, costituita in cooperativa, che si avvale così delle agevolazioni
previste dalla legge) alla centrale sindacale sono affidati compiti ispettivi;
58
Ianniello Giuseppe, Impresa Cooperativa: caratteristiche strutturali e nuove prospettive, Cedam
1994
59
Zan S., La cooperazione in Italia, Bari, De Donato, 1982
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
4. Promozione cooperativa: svolgono cioè attività di divulgazione per
l’affermazione e l’accrescersi della forma aziendale cooperativa;
5. Coordinamento e indirizzo: attraverso questa funzione si concretizza la
strategia complessiva del movimento, la quale ricomprende interventi di
“pianificazione e sviluppo”.
All’interno del movimento cooperativo vi sono delle strutture economiche
(consorzi e società) create dalle stesse cooperative al fine di risolvere particolari
problemi di gestione aziendale. Tali sono, ad esempio, la Unipol S.pa.
(assicurazioni) o il Fincoper (consorzio finanziario). Esse vengono considerate
strutture del movimento cooperativo in quanto esprimono una esplicita volontà di
integrazione economica e sono il risultato di scelte degli organi politico-sindacali60.
Il mondo cooperativo è stato oggetto negli anni di numerosi interventi legislativi,
che hanno dato slancio al settore, ed intensificato l’utilizzo degli strumenti
sopracitati.
4. Quadro normativo – dalla legge Marcora ad oggi
A supporto dei workers buy out ci sono alcuni strumenti legislativi che rendono più
semplice quest’operazione:
1. legge 27 febbraio 1985, n. 49 – legge Marcora;
60
Ianniello Giuseppe, Impresa Cooperativa: caratteristiche strutturali e nuove prospettive, Cedam
1994
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
2. legge n. 59/1992;
I primi casi di workers buy out con rilancio delle imprese private risalgono all’inizio
degli Anni Ottanta61. Queste esperienze danno l’esempio, ad alcuni parlamentari,
in particolare, il Ministro Marcora, per dare vita alla Legge del 27 Febbraio 1985,
numero 49, o Legge Marcora, nata con retroattività di tre anni per consentire alle
imprese sorte prima del 1985 di beneficiarne62.
Con questa legge viene data la possibilità di costruire società finanziarie, che
avrebbero ricevuto contributi pubblici a fondo perduto, per intervenire nel capitale
di rischio di nuove cooperative, costituite da lavoratori in cassa integrazione o
comunque espulsi dal circuito produttivo.
A questo scopo le associazioni cooperative ed i sindacati dettero vita ad una sola
società, Cfi (Cooperazione Finanza Industriale), che poteva sottoscrivere
capitale sociale della nuova cooperativa pari a tre volte il capitale sottoscritto dai
soci. Con questa operazione lo Stato sostituiva un costo certo (la cassa integrazione)
61
Negli Anni Cinquanta, si parla di espulsione dei lavoratori dalle imprese anche per motivi sindacali
e politici, lavoratori che si mettevano a capo di cooperative non per una vera e propria crisi
d’impresa, ma fondamentalmente per espulsioni. La legge n.49 del 1985 è stata emanata per
agevolare la costituzione di società cooperative da parte di lavoratori espulsi dal mondo del lavoro.
62
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
con una scommessa sui lavoratori, che, se vinta, avrebbe trasformato l’intervento
dello Stato in una partecipazione63.
Nel 1995, è stata aperta una vertenza verso l’Unione Europea per una procedura
d’infrazione poiché Confindustria ha denunciato la legge n.49/1985 per gli ingenti
capitali apportati alle piccole e medie imprese, inquadrandola come un aiuto di
Stato64. Sino al 2001 la Cfi venne messa in una difficile posizione di stand-by, per
poi limitarne l’operatività con la legge 57/2001 che ne modificava profondamente
la missione.
Con l’emanazione della legge n. 57/2001 (art. 12, commi da 6 a 9), infatti, è stato
modificato e integrato l’articolato del titolo II della legge 27 Febbraio 1985 n. 49.
La nuova legge ha contribuito a meglio delineare le caratteristiche e le funzioni dei
soggetti coinvolti, nonché a disegnare una nuova e più efficace forma d’intervento
a sostegno della nascita e del consolidamento d’imprese, gestite da lavoratori
associati in cooperativa65.
Rispetto alla normativa previgente, la nuova legge n.57 va oltre l’obiettivo della
salvaguardia dell’occupazione di chi è stato espulso dall’attività lavorativa,
favorendo anche la patrimonializzazione delle aziende costituite sotto forma di
63
Gaia Postiglione, Le Cooperative come strumento per il superamento della crisi di impresa:
Workers buyout – le aziende comprate dai dipendenti, in Tax&Law360, 26 marzo 2014
64
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
65 Franco di Nuzzo, Crescita e sviluppo delle società cooperative: il ruolo delle società
Finanziarie, in Setup impresa.it, 23 Giugno 2011
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
cooperativa. La sottocapitalizzazione, infatti, è uno degli aspetti cronici che
caratterizzano le società cooperative, penalizzandole anche nell’attribuzione del
giudizio di rating da parte degli istituti di credito. L’azienda poco capitalizzata è,
infatti, sempre interpretata come un’azienda a struttura “debole66.”
Nel 2001, C.F.I. assume una nuova veste che consente di velocizzare molto
l’intervento. L’investitore istituzionale, infatti, non opera più trasferendo i soldi dal
Ministero dello Sviluppo Economico all’impresa, ma è la stessa società finanziaria
a gestire i fondi, perché lo stesso Ministero diventa socio di C.F.I., apportando
capitale sociale mediante le risorse giacenti sul Fondo per gli interventi nel capitale
sociale, accanto alle cooperative fondatrici e a quelle partecipate67.
La seconda legge è del 1992 (L. 59/92). Si tratta di una legge di impianto
complesso, che tocca argomenti fra loro disparati e con un grado diverso di
innovatività.
Uno dei suoi elementi di maggiore novità sta nella disciplina delle forme di
capitalizzazione delle imprese cooperative. Vengono introdotte, infatti, due nuove
modalità di partecipazione al capitale sociale, ovvero il socio sovventore e le azioni
di partecipazione cooperativa68. Esse hanno in comune il fatto di costituire forme
Franco di Nuzzo, Crescita e sviluppo delle società cooperative: il ruolo delle società
Finanziarie, in Setup impresa.it, 23 Giugno 2011
67 Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex
D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
68
Pietro Caridile, Costanza Fanelli, Guida Normativa sull’impresa sociale, Realizzato con il
contributo del Ministero del Lavoro ,Direzione Generale della Cooperazione
66
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
di finanziamento di rischio, e quindi di partecipazione al capitale, che possono
provenire da soggetti che non partecipano allo scambio mutualistico.
Con la legge 59/92 gli strumenti di capitalizzazione vengono estesi a tutte le
cooperative (con la sola esclusione delle società e consorzi operanti nel settore
dell’edilizia abitativa) con una disciplina generale e priva di particolari requisiti
soggettivi. Di conseguenza anche le cooperative sociali, di cui alla legge 381/91
possono avere nella propria compagine sociale soci sovventori, secondo le modalità
di cui all’art. 4 della legge 59/92. La legge, inoltre, introduce la novità dei fondi
mutualistici (art. 11) che assolvono la finalità di mutualità esterna delle società
cooperative69.
Il quarto comma introduce un aspetto importante a favore dei Fondi: le società
cooperative e i loro consorzi che sono finanziati dalle stesse, aderenti alle quattro
principali associazioni riconosciute dallo Stato (Confcooperative, Legacoop, Agci,
Unci) devono destinare alla costituzione e all’incremento di ciascun fondo,una
quota degli utili annuali pari al 3 per cento70.
Il Fondo promuove nuove cooperative, sostiene le società costituite da cooperative
che vogliono avviare nuove attività e sostiene lo sviluppo delle cooperative
69
Pietro Caridile, Costanza Fanelli, Guida Normativa sull’impresa sociale, Realizzato con il
contributo del Ministero del Lavoro ,Direzione Generale della Cooperazione
70
Salvatore Giordano, Il bilancio delle società cooperative – Aspetti civilistici, contabili e fiscali,
Maggioli Editore 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
esistenti. Particolare attenzione è rivolta alle iniziative imprenditoriali nelle aree
meridionali e a debole insediamenti cooperativo, a quelle che prevedono un elevato
tasso di occupazione e attività innovative nella creazione dei prodotti.
I Fondi operano sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro, sono gestiti da società
finanziarie non operanti con il pubblico (art.113 del testo unico della legge
bancaria) ed hanno l’obbligo di certificare i propri bilanci71.
Insomma il modello cooperativo con la sua dinamicità, la sua capacità di adattarsi
al cambiamento per flessibilità e sostegno di reti locali è quanto mai interessante
per l’intera economia europea ed è naturalmente nella visione dell’economia sociale
di mercato, che l’Europa lo rivendica come suo modello72.
5. I principali strumenti finanziari a supporto
dell’operazione di workers buy out
Come già accennato nel primo paragrafo di questo capitolo l’elemento centrale del
workers buy out è l’Employee Stock Ownership (E.S.O.), tecnica molto utilizzata
negli Stati Uniti, a motivo delle agevolazioni fiscali connesse al suo utilizzo.
71
Pietro Caridile, Costanza Fanelli, Guida Normativa sull’impresa sociale, Realizzato con il
contributo del Ministero del Lavoro ,Direzione Generale della Cooperazione
72
Gaia Postiglione, Le Cooperative come strumento per il superamento della crisi di impresa:
Workers buyout – le aziende comprate dai dipendenti, in Tax&Law360, 26 marzo 2014
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
L’ESOP è “uno strumento previdenziale che prevede la costituzione da parte di
un’impresa di un trust, ossia un’entità legale distinta, in cui l’impresa apporta azioni
di nuova emissione o fondi per l’acquisto di azioni già esistenti73”.
Gli ESOP nascono originariamente come strumento di incentivazione manageriale.
Legare i destini finanziari dei manager a quelle del sistema è una tecnica suggerita
dalla teoria dell’agenzia, per ridurre potenziali conflitti d’interesse e per aumentare
la motivazione e l’impegno nelle attività di governo dell’impresa74.
E’ difficile trovare, ormai, un’impresa di medie dimensioni, che non utilizzi questo
sistema di incentivazione manageriale; infatti una serie di motivi, dei quali si parlerà
più avanti, stanno spingendo un numero crescente di imprese ad estendere i piani
di ownership a tutti i dipendenti.
Quest’ambito
d’azione
risulta
essere
tra
i
principali
obiettivi
della
Raccomandazione del 7 dicembre 1994 della Commissione Europea, la quale
recentemente, ha sottolineato esplicitamente l’importanza del trasferimento della
proprietà ai dipendenti, quale misura specifica per facilitare la successione d’attività
nelle PMI75.
73
Massimo Pancamo, Fabio Sattin, “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato
dell’impresa” , in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.15/17, 2005, p.III
74
Vender J., “Il leveraged buyout: una tecnica finanziaria per acquisire la proprietà di un’azienda”,
in Finanza Marketing e Produzione, fascicolo n.1, 1986, p.36.
75
Jens Lowitzsch, Employee Stock Ownership Plans (ESOPs): Un veicolo per garantire la successione
nelle PMI, Conferenza di ROMA CESOS / Inter-University Centre - CNEL, Villa Lubin, 29 Ottobre 2009
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Lo schema di un leveraged ESOP( figura 17) è simile a quello di un’operazione di
leveraged buy out (LBO) ordinario, effettuata con l’intervento di un fondo
pensione.
Le fasi salienti possono essere riassunte in cinque punti:
1. I dipendenti, soggetti promotori, hanno l’obiettivo di acquisire la società
bersaglio (Target), cioè l’azienda stessa in cui lavorano;
2. I dipendenti creano una nuova società, la Newco, versando delle quote;
3. La Newco si indebita presso un Istituto Bancario e costituiscono un
E.S.O;
4. L’E.S.O. si indebita a sua volta e investe la somma presa a prestito nel
capitale della Newco, che allo stesso tempo garantisce il debito contratto
dall’E.S.O.;
5. La Newco, disponendo dei mezzi finanziari e liquidità, può acquisire la
Target company. La Newco si impegnerà a restituire la somma richiesta
in prestito per costituire il fondo e, generalmente, il contributo versato è
tale da coprire l’onere che l’ESOP deve sopportare per il pagamento
degli interessi ed il rimborso del debito76.
76
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex
D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 17
Gli E.S.O.P. operano dunque attraverso fondi fiduciari (trust) istituiti dall’azienda
per detenere titoli e altri investimenti dei dipendenti, finché questi non lasciano
l’azienda. Le azioni acquisite dall’ESOP sono attribuite ai singoli dipendenti
secondo criteri percentuali che tengono conto sia dello stipendio che dell’anzianità
di servizio del partecipante.
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Per quanto riguarda la contribuzione al fondo, nella maggior parte dei casi, è a
carico del solo datore di lavoro, tipologia “defined contribution plan” che si
distingue da quella “defined benefit plan”, secondo la quale il lavoratore
corrisponde una somma per integrare il contributo versato dal datore di lavoro77.
Nella prima alternativa, i lavoratori non devono versare parte della loro retribuzione
e quindi i salari non vengono toccati. In questo caso, essi non corrono alcun rischio
nell’operazione, il quale, invece, è assunto dall’ESOP. Quest’ultimo è dunque
alimentato dai contributi versati dall’azienda e la pensione dipenderà dal valore
capitalizzato di questi contributi78.
La società Newco, nel frattempo, verserà contributi in denaro al Piano per
consentire il rimborso del prestito. Una volta ripagato il prestito, un numero di
azioni uguali alla percentuale di prestito ripagato, in quel determinano anno, viene
assegnato ai conti titoli dei lavoratori. Se invece il Piano non prende denaro in
prestito, allora, quando le azioni o il denaro vengono versati allo stesso,
quest’ultime
vengono
subito
assegnate
ai
conti
titoli
dei
lavoratori,
proporzionalmente alla loro retribuzione79.
77
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex
D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
78
Grassini A.F., Bona M., “Leveraged buy-out: un istituto da diffondere in Italia?”, Il Mulino,
Bologna, 1991, pp.166-168
79
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex
D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Chi aderisce al fondo, non può cedere ad altri o alienare la propria quota fino a
quando non vada in pensione o lasci l’azienda; per chi recede dal contratto di lavoro,
invece, per motivi diversi dalla morte o dal pensionamento, si applicano dei criteri
di liquidazione complessi che mirano a disincentivare il lavoratore dal cambiare
azienda80.
L’E.S.O. può investire anche la totalità del proprio patrimonio in titoli emessi
dall’azienda da cui è stato costituito, e questa peculiarità lo distingue dagli altri
fondi d’investimento. La gestione del fondo spetta agli Employee Stock Ownership
Trusts (ESOTs). Tramite l’utilizzo della forma di fondo fiduciario (trust), l’ESOP
permette di delegare il controllo delle azioni che detiene. Il soggetto fiduciario
esercita il diritto di voto, mentre i lavoratori sono i beneficiari finanziari del fondo.
Il buy-out sviluppa un meccanismo attraverso il quale i dipendenti, che lasciano
l'azienda, possono vendere le proprie azioni a quelli rimasti in azienda. Spesso in
questi casi è il Trust ESOP che si occupa dell’acquisto delle azioni e loro
riallocazione81.
80
Grassini A.F., Bona M., “Leveraged buy-out: un istituto da diffondere in Italia?”, Il Mulino,
Bologna, 1991, pp.166-168
81
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex
D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Il fondo quindi, crea un mercato per le azioni degli azionisti che vanno in pensione,
di vitale importanza nelle PMI non quotate in borsa, che non hanno altra fonte
immediata di liquidità. Di conseguenza gli ESOP possono facilmente rilevare il
capitale di uno o più azionisti e permettere al tempo stesso agli altri partner di
mantenere la propria posizione azionaria82.
Dal punto di vista degli azionisti questa possibilità rappresenta uno dei vantaggi
fondamentali degli ESOP. In definitiva i Piani di ownership forniscono ai
proprietari d’attività economiche, l’opportunità di diversificare il portafoglio degli
investimenti senza dover affrontare, allo stesso tempo, il costoso processo di
procedere a sottoscrizione pubblica del proprio capitale.
Grazie ai piani di ownership, al momento di un cambio di controllo, la proprietà
viene trasferita ai lavoratori, che sono più motivati poiché hanno un interesse
primario nel successo a lungo termine dell’azienda83 (figura 18).
82
Jens Lowitzsch, Employee Stock Ownership Plans (ESOPs): Un veicolo per garantire la successione
nelle PMI, Conferenza di ROMA CESOS / Inter-University Centre - CNEL, Villa Lubin, 29 Ottobre 2009
83
Jens Lowitzsch, Employee Stock Ownership Plans (ESOPs): Un veicolo per garantire la successione
nelle PMI, Conferenza di ROMA CESOS / Inter-University Centre - CNEL, Villa Lubin, 29 Ottobre 2009
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 18
Jens Lowitzsch, Employee Stock Ownership Plans (ESOPs): Un veicolo per garantire la successione
nelle PMI, Conferenza di ROMA CESOS / Inter-University Centre - CNEL, Villa Lubin, 29 Ottobre
2009
L’ESOP può quindi rappresentare un’attraente alternativa alla vendita dell’azienda
ad attori esterni, specialmente quando si desidera che il controllo dell’attività
rimanga all’interno della famiglia o di un gruppo specifico di dipendenti.
Riassumendo, un ESOP è un trust che prende in prestito il denaro da un istituto
finanziario, al fine di acquistare le azioni a nome dei dipendenti dell'impresa. Il
prestito può essere rimborsato con prelevamenti effettuati sugli utili aziendali, sui
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
dividendi pagati sul capitale detenuto dall’Esop o (in rari casi) dalle riduzioni degli
stipendi dei dipendenti84.
Alternativamente l’ESOP può indebitarsi per l’acquisto di azioni di nuova
emissione o esistenti dell’impresa, ripagando l’indebitamento contratto attraverso
gli apporti di capitale di quest’ultima. Si parla in questo caso di leveraged ESOP.
Le azioni acquisite dall’ESOP sono attribuite ai singoli dipendenti in relazione alla
loro anzianità di servizio: quando il lavoratore lascia la società riceve le sue azioni,
che la società stessa ha l’obbligo di riacquistare al fair market value, qualora per
esse non esista un mercato regolamentato85.
In ultima analisi occorre sottolineare due aspetti: l’indebitamento è imputato a due
soggetti diversi, la Newco e l’ESOP e l’intera operazione gode di un alto livello di
risparmio fiscale, di agevolazioni fiscali, motivo di successo di queste operazioni86.
84
Jens Lowitzsch, Employee Stock Ownership Plans (ESOPs): Un veicolo per garantire la successione
nelle PMI, Conferenza di ROMA CESOS / Inter-University Centre - CNEL, Villa Lubin, 29 Ottobre 2009
85
Massimo Pancamo, Fabio Sattin, “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato
dell’impresa” , in Amministrazione & Finanza, fascicolo n.15/17, 2005, p.III
86 Jens Lowitzsch, Employee Stock Ownership Plans (ESOPs): Un veicolo per garantire la successione
nelle PMI, Conferenza di ROMA CESOS / Inter-University Centre - CNEL, Villa Lubin, 29 Ottobre 2009
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
5.1 Strumenti utilizzati nel contesto cooperativo
Oggi è ancora possibile assistere alla nascita e allo sviluppo di nuove imprese
attraverso il workers buy out, nonostante il difficile contesto economico italiano,
grazie al sistema finanziario cooperativo. È difatti possibile, quando si hanno le
carte in regola, superare la fase di start up87.
Di seguito si è cercato di raggruppare per punti i maggiori enti del sistema
cooperativo, che come detto più volte sostengono le operazioni di WBO in Italia:

Coopfond ad esempio, sottoscrive partecipazioni, ossia interventi rotativi e
si collega con società, consorzi, operanti a livello regionale e con società di
investimento che operano per lo sviluppo e la qualificazione della
cooperazione. Il Fondo Mutualistico di Legacoop88, per sostenere queste
iniziative, cerca di migliorare e rafforzare il suo intervento, facendo rete con
altri istituti di credito, attraverso convenzioni per il reperimento di capitale
di debito. Gli accordi di collaborazione sono sottoscritti con primari istituti
di credito che, spesso, sono assistiti dalla garanzia rilasciata da uno dei
Consorzi Fidi che aderisce a Legacoop e/o alle altre centrali cooperative.
87
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex
D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
88
Aldo Soldi - Direttore generale, Linee Generali dell’attività di Coopfond da coopfond.it
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino

Legacoop ha promosso anche la costituzione di Cooperfidi Italia, Consorzio
Nazionale di Garanzia Fidi, nato nel 2009 dalla fusione di nove consorzi fidi
territoriali preesistenti.

Cooperfidi Italia89 è la struttura di garanzia nazionale del sistema
cooperativo sostenuta da Legacoop e da altre due associazioni della
cooperazione italiana, Agci e Confcooperative, unite nella Alleanza delle
Cooperative Italiane (ACI). Si tratta di un importante istituto che ha il
compito di erogare, a favore delle banche, garanzie (fideiussioni), a prima
richiesta, a costi contenuti, al fine di consentire alle imprese cooperative di
accedere al credito a condizioni agevolate.

Cooperfidi Italia90 rilascia, dunque, garanzie agli istituti di credito
convenzionati, per gli affidamenti di cui le cooperative potrebbero aver
bisogno nel finanziamento della fase start-up. Grazie a queste convenzioni,
le cooperative possono ottenere uno scoperto di conto corrente o anticipi
fattura, finanziamenti che gli istituti di credito, generalmente, non
concedono a nuove realtà, soprattutto in tempo di crisi.
89
90
Tratto da Sezione Presentazione in Cooperfidi.it
Tratto da Sezione Servizi e Prodotti in Cooperfidi.it
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Nell’operazione di workers buy-out si ha anche il sostegno concreto delle istituzioni
locali, delle banche territoriali.

Fidi Toscana91 è un ente nato per iniziativa della regione Toscana con lo
scopo di agevolare l'accesso al credito alle piccole e medie imprese; il
sistema di garanzie di Fidi Toscana, con un fondo ad hoc, garantisce il
credito delle banche alle cooperative di lavoratori che impiegano i soldi
della cassa integrazione, per rilevare la loro azienda fallita.
Un altro esempio di convenzione è quella con la

Banca Popolare Etica92. L’istituto di credito ha deciso di sperimentare nuove
forme di sostegno alle imprese e all’occupazione attraverso il progetto di
workers buy-out. Banca Popolare Etica, in collaborazione con il Sistema
Legacoop, sostiene la gestione quotidiana, la liquidità e gli investimenti,
rilasciando finanziamenti attraverso linee di credito e garanzie a favore di
terzi (fideiussioni). La banca offre molte possibilità di finanziamento che si
distinguono nelle macro classi di finanziamento a breve termine e
finanziamento a lungo termine.
I finanziamenti a breve più concessi in queste operazioni sono: l’apertura di
credito in conto corrente o lo scoperto di conto corrente, lo sconto cambiario
91
92
Tratto da Sezione Profilo in Fiditoscana.it
Tratto da Sezione Chi siamo in Bancaetica.it
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
commerciale (sconto di effetti), l’anticipo su fatture (80% anticipo fatture)
e il castelletto salvo buon fine (100% smobilizzo Riba).

la Banca Unipol93 presenta delle soluzioni per le cooperative aderenti a
Legacoop, ossia
finanziamenti chirografari,
finanziamenti per
la
costituzione di nuove cooperative o, in fase di avvio, in collaborazione con
Coopfond e Cooperfidi Italia, finanziamenti a medio termine per la
realizzazione di investimenti e per il sostegno finanziario allo sviluppo;
infine, finanziamenti a breve termine (castelletto sbf/anticipi fatture,
smobilizzo crediti al 100%). Inoltre, è stata costituita una società
Cooperfactor, finalizzata a realizzare operazioni di anticipazione e gestione
di crediti di imprese cooperative verso la Pubblica Amministrazione.

il Consorzio Finanziario Nazionale94 (CCFS) di Legacoop, aiuta nella
definizione degli accordi finanziari, fornisce la propria preziosa
collaborazione partecipando attivamente alla rete a disposizione delle
cooperative. Questo ente delibera finanziamenti che si sommano a quelli
forniti dai due principali soci finanziatori (C.F.I. e Coopfond) per consentire
alla nuova cooperativa di disporre delle risorse necessarie allo start-up del
progetto imprenditoriale, soprattutto in ottica di gestione del fabbisogno di
capitale circolante. CCFS eroga finanziamenti garantiti da Consorzi Fidi e
da Cooperfidi Italia ed inoltre sta preparando, con Legacoop e Cooperfactor,
93
94
Tratto da Sezione Soluzioni in Unipolbanca.it
Tratto da Chi siamo in Ccfs.it
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
un nuovo strumento al fine di sottoscrivere e versare quote di capitale
sociale.
Gli intermediari finanziari presentati in questo paragrafo contribuiscono ed aiutano
le Newco dei WBO nel processo di copertura dei suoi fabbisogni di capitale.
Alcuni casi di successo
Il workers buy out, come già accennato più volte durante questo lavoro, è una
tecnica finanziaria non molto diffusa in Italia, spesso utilizzata da aziende di mediepiccole dimensioni, e non sempre oggetto di studio da parte del mondo accademico.
Questo non agevola il reperimento di dati, notizie, informazioni. Data la pochezza
del materiale a disposizione riguardo i casi aziendali, si prenderanno in analisi più
imprese, cercando di dare un quadro completo della casistica.
L’analisi è stata compiuta sulla base dei dati forniti gentilmente da Coopfond e
dall’aziende interessate, contattate prima telefonicamente e poi tramite mail.
Partendo dai dati Coopfond (figura 19/20) relativi ad un arco temporale di 6 anni,
dal 2008 al 2014, si è arrivati poi ad un analisi dettagliata di alcune cooperative.
Il fondo mutualistico di Legacoop ha assistito un totale di 35 operazioni di WBO,
coinvolgendo 670 soci, 810 lavoratori interessati, per un intervento totale di
10.698.000 €, divisi in 5.181.000€ per Capitale Sociale e 5.517.000€ per
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Finanziamenti erogati. Le regioni maggiormente interessate sono state l’Emilia
Romagna con 14 casi e la Toscana con 12, per il resto d’Italia, l’intervento del fondo
può considerarsi quasi marginale95.
Figura 19
95
Dati estrapolati dalle Slide gentilmente concesse da Coopfond, Beatrice Puccetti, Responsabile
Area Progetti
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 20
Slide gentilmente concesse da Coopfond, Beatrice Puccetti, Responsabile Area Progetti
Le operazioni poste in essere nel periodo in analisi, sono state caratterizzate da
interventi quasi egualmente ripartiti tra capitale e prestito, come testimoniato dai
seguenti dati:
Dimensione delle operazioni:

3 di importo rilevante, € 800.000 e oltre;

5 di importo medio, € 400.000 – 799.000;

27 di importo medio piccolo, € 100.000 – 399.000;
Investimenti:

in 16 casi superiori al milione di €uro;
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino

in 7 casi tra € 500.000 ed 1 milione;

in 12 casi inferiori a € 500.000;
Base sociale:

In 8 casi superiore a 30 soci;

in 17 casi tra 10 e 30 soci;

in 10 casi inferiori a 10 soci96.
1.
Primo caso in Italia: Industria Plastica Toscana Società
Cooperativa per azioni
La storia della I.P.T. è un po' quella della plastica e del suo formidabile
accerchiamento della nostra esistenza. E' la storia di un'azienda che da piccola
diventa la più grande d'Italia e una delle maggiori in Europa, si ammala di
'gigantismo', passa di mano in mano, collassa e muore per poi rinascere come
cooperativa
di
ex
dipendenti.
Era il 1966 quando la neonata Pastucol (l'antenata della Ipt) iniziò a produrre
sacchetti di plastica. Era poco più di un'azienda artigiana, ma si trovò davanti un
mercato in sviluppo, davvero insperato. Tant'è che ben presto cominciò a ricevere
pressanti attenzioni dalla Mobil Chemical97.
Dati estrapolati dalle Slide gentilmente concesse da Coopfond, Beatrice Puccetti, Responsabile
Area Progetti
96
97
Laura D’Ettole, Lavoro dalla plastica - La produzione di shopper nel Mugello, in unicoopfirenze.it,
01 Luglio 1997
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
La Mobil acquistò la Pastucol e partì lanciata alla conquista dell'Europa. Lo volle
fare da par suo, con progetti grandiosi. Nacquero così ben tre stabilimenti (uno a
Cesenatico e due a Scarperia) e furono assunti quasi 500 dipendenti.
All'inizio degli anni ‘80 la Mobil perde, insieme a parecchi miliardi, la speranza di
accaparrarsi una buona fetta del mercato europeo e nel 1983 decide di vendere. La
finanziaria che acquista la Pastucol procede con una cura da cavallo. Chiude lo
stabilimento di Cesenatico, blocca le assunzioni, riduce le dimensioni e fa nuovi
investimenti.
Ma le cose continuano a non funzionare. Nel 1994 si ha il tracollo. L'80% dei 210
dipendenti va in cassa integrazione e l'azienda finisce in concordato preventivo.
A questo punto alcuni dipendenti e membri del consiglio di fabbrica lanciano l'idea
di costituirsi in cooperativa per rilevare l'azienda. Ebbe così inizio la storia
dell’IPT98.
L’azienda Industria Plastica Toscana produce sacchetti di plastica e pellicole per
uso alimentare e anche prodotti da imballo secondario (shopper da asporto, sacchi
rifiuti, ecc).
L’ormai famosa cooperativa di Scarperia rappresenta oggi una delle realtà italiane
più importanti nel settore dell’imballaggio a film sottile, con prodotti come shopper
da asporto, sacchi nettezza o materiale tecnico per alimenti. I risultati raggiunti
98
Laura D’Ettole, Lavoro dalla plastica - La produzione di shopper nel Mugello, in unicoopfirenze.it,
01 Luglio 1997
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
dall’IPT con il bilancio 2013 hanno permesso non solo di mantenere stabile
l’occupazione (l’impresa attualmente occupa 51 lavoratori, di cui 37 soci), ma
anche di confermare la tendenza a un consolidamento dei volumi produttivi e a un
progressivo aumento del valore della produzione. A seguito di una fase di
riorganizzazione produttiva avviata nel 2006 l’azienda ha infatti raggiunto
obbiettivi crescenti come dimostrato dai seguenti dati: nel 2010 un fatturato di oltre
14 milioni di euro, nel 2011 di oltre 26 mln con 45 dipendenti, nel 2012 di oltre 27
mln e nel 2013 di oltre 28 mln. Nel triennio, il fatturato medio è di Euro 18.000.000
e il numero medio di addetti è di 40. Lo scorso anno, in particolare, è stata
ulteriormente consolidata la diversificazione della produzione del biodegradabile e
compostabile avviata 12 mesi prima, con grandi investimenti in innovazione
impiantistica ed infrastrutturale e con la ricerca di nuovi spazi nel mercato.99
Considerando questi dati, il settore delle bioplastiche, selezionato con criteri
analoghi, è composto solamente da 16 aziende. (Figure 21/22)
99
A.P. Industria Plastica Toscana, vent’anni di crescita e responsabilità sociale - La cooperativa di
Scarperia si conferma tra le più importanti imprese italiane del settore, in Qui Firenze Pagina
economica, 12 Maggio 2014
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 21
Figura 22
Tabelle Tratte da: Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buyout come strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento
ex D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
IPT – Industria Plastica Toscana è in piena fase di sviluppo e dopo risultati di
gestione sia positivi che negativi, da quattro esercizi consecutivi sta registrando utili
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
in forte crescita100. L’incremento della produzione è riconducibile alla scelta
imprenditoriale di convertire tempestivamente la produzione di shoppers in plastica
al biodegradabile come imposto dal Decreto Legge n.296, 26 Dicembre 2006 che
vieta la commercializzazione di sacchi di plastica per il trasporto delle merci.
Questo ha però comportato un aumento dei costi di produzione, nello specifico delle
materie prime nel 2011, ma grazie al contenimento dei costi di struttura, il reddito
operativo è in recupero.
Il settore nel triennio registra alti valori di redditività, una crescente concorrenza
nazionale ed internazionale e buone potenzialità di sviluppo, grazie all’attenzione
crescente di molte persone alla tutela dell’ambiente, all’ecologia e al problema di
smaltimento rifiuti, si tratta quindi, di un mercato caratterizzato da un’espansione
accelerata e molto redditizio101.
Ma il settore richiede anche ingenti investimenti. Gli investimenti dell’azienda sono
necessari al soddisfacimento delle esigenze produttive e, per sostenerli, IPT chiede
due finanziamenti a Coopfond(figura 23) in collaborazione con Cariparma e CCFS.
100
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
101
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 23
Slide gentilmente concesse da Coopfond, Beatrice Puccetti, Responsabile Area Progetti
Dal Punto di vista patrimoniale, l’azienda si presenta in equilibrio, gli investimenti
sono sostenuti con adeguate fonti di finanziamento a medio termine. I.P.T. ha
incrementato l’indebitamento verso terzi, l’indice debt/equity ratio è aumentato
particolarmente nell’ultimo esercizio; nel 2011 rilevante è il debito bancario a breve
a sostegno del circolante che si unisce all’elevato indebitamento finanziario a
medio, cioè verso banche e altri finanziatori. L’azienda ha previsto un altro piano
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
di investimenti per i prossimi due anni e la diversificazione della gamma dei
prodotti102.
In ultima analisi, IPT è riuscita a cogliere l’opportunità e si è adeguata
tempestivamente alle dinamiche del mercato con percorsi di investimenti ed è
riuscita a reggere la competizione. E’ riuscita a raccogliere importanti referenze
della grande distribuzione organizzata italiana (GDO) e così il prodotto di
larghissimo consumo, innovativo e di qualità, è distribuito in tutti i punti vendita
della GDO.
Analisi positiva quindi, confermata anche dalle dichiarazioni del presidente IPTGraziano Chini – rilasciate in una recente intervista103: “Crediamo di aver
contribuito a mantenere nel nostro territorio una realtà produttiva significativa. Dal
sistema cooperativo abbiamo avuto sostegno e condivisione del nostro progetto, ma
molto è dipeso anche dalla volontà e capacità del nostro corpo sociale, determinanti
nell’affrontare le problematiche connesse anche all’attuale crisi generale.”
“La ragione sociale e le finalità mutualistiche che ci caratterizzano – ha voluto
sottolineare, il presidente dell’IPT – hanno spinto e continuano a spingere gli
amministratori e i soci-dipendenti ad adoperarsi non solo per garantire continuità
produttiva e occupazionale, ma anche per dare la giusta attenzione alle questioni
102
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
103
A.P. Industria Plastica Toscana, vent’anni di crescita e responsabilità sociale - La cooperativa di
Scarperia si conferma tra le più importanti imprese italiane del settore, in Qui Firenze Pagina
economica, 12 Maggio 2014
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
della sicurezza sul lavoro e della salute in fabbrica, oltre che ai temi della qualità
ambientale e dello sviluppo sostenibile del territorio”.
2.
WBO nella cantieristica navale: Cantiere Navale Polesano
Società Cooperativa per azioni
Il Cantiere Navale Polesano svolge l’attività di produzione di imbarcazioni da
diporto, pescherecci di piccole e medie dimensioni per il trasporto merci all’interno
del sistema fluviale Padano e della Laguna di Venezia e allo stesso opera nella
manutenzione e fornitura accessori e servizi. I principali competitors diretti della
cooperativa sono rappresentati dal Cantiere Navale di Chioggia e dal Cantiere di
Cremona (Costruzioni Navali S.p.a.), ma la concorrenza si rileva relativamente
competitiva, sia nell’ambito lagunare che in quello fluviale.
La cantieristica navale italiana è influenzata nel 2009 dalla crisi economica
congiunturale. Il periodo di recessione, il blocco ordini a livello internazionale, la
crescente capacità produttiva dei cantieri navali cinesi, ha comportato un calo di
commesse e di ordini per nuove costruzioni ai cantieri navali, con conseguente
flessione della produzione industriale e del fatturato. Negli ultimi dieci anni di
attività, C.N.P. ha sempre registrato un risultato economico positivo. Solo nel 2011,
si è verificato un pesante calo della produzione; il motivo può essere riconducibile
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
alla crisi economica poiché nel 2010 il fatturato era aumentato a seguito
dell’investimento realizzato nell’anno precedente104.
Nel 2009 infatti la cooperativa ha deciso il trasferimento della propria attività presso
un nuovo cantiere più adeguato in termini dimensionali, strutturali e qualitativi, a
supportare lo sviluppo della sua attività ed arrestare la perdita di funzionalità dovuta
alla mancanza di spazi e di attrezzature adeguate nell’attuale sistemazione di Porto
Viro. Per tali ragioni la cooperativa ha avviato un piano di sviluppo incentrato sul
trasferimento dell'attività presso una nuova sede dotata di attrezzature moderne ed
efficienti che ha permesso di adeguarsi alle esigenze dei clienti che possiedono
imbarcazioni di dimensioni maggiori. Ha acquisito un nuovo bacino galleggiante,
da realizzare presso un cantiere navale dell’area del Nord Adriatico.
Nel corso del 2011, i costi di maggiore incidenza sono in particolare, quelli afferenti
al finanziamento in leasing concesso da Coopfond (figura 24) per realizzare
l’investimento sopra citato. La redditività globale dell’azienda diminuisce
bruscamente nell’ultimo anno e, dopo vari anni di risultati positivi, l’impresa chiude
con una lieve perdita.
La situazione finanziaria di C.N.P. è favorevole per realizzare l’ingente piano di
sviluppo in quanto è caratterizzata da assenza di indebitamento finanziario verso
terzi, non sono presenti né debiti verso banche a breve e a medio né debiti verso
104
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M.
270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
altri finanziatori. A pesare sull’ultimo risultato, gli effetti della crisi economica, ma
nel complesso la società si dimostra solida e consolidata sul settore di riferimento.
Figura 24
Slide gentilmente concesse da Coopfond, Beatrice Puccetti, Responsabile Area Progetti
Oggi la società è attiva per opera di un workers buy out avvenuto nel 1990 e si
posiziona nella fase di maturità. Al termine dell’esercizio 2011, la cooperativa
registra un fatturato pari a Euro 1.281.200 con 19 dipendenti. Nel triennio, il
fatturato medio è di Euro 1.382.864 e il numero medio di addetti è di 20.
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Considerando questi dati, il settore della cantieristica navale è composto da 30
aziende selezionato con i seguenti criteri rappresentanti in figura. (figure 25/26)
Figura 25
Figura 26
Immagini tratte da: Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buyout come strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento
ex D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
3.
WBO nel tessile: Art Lining Società Cooperativa per
azioni
L’Art Lining società cooperativa nata nel 2009 dalle ceneri della Lincra Srl,
produce e commercializza interni per cravatte e cravatte finite di fascia medio alta
e si colloca nel settore tessile che rappresenta uno dei settori più importanti con più
di 300.000 addetti ed un’incidenza di circa il 2% sul PIL.
Una serie di investimenti sbagliati prima, e poi la crisi del mercato americano dove
era concentrato l'export, hanno costretto la vecchia proprietà a dichiarare
fallimento, nel settembre del 2008. Nessun imprenditore era disposto a rilevare
l'attività.
Una stasi durata un anno, poi la decisione, insieme ad altri dieci dipendenti, di
diventare una cooperativa e di ricominciare con le proprie forze. I soci fondatori
sono gli ex –dipendenti di Lincra srl che da sempre ha contribuito alla gestione
amministrativa, commerciale e produttiva della stessa acquisendo in tal modo
esperienza e rilevanti qualifiche professionali.
Il Tfr è diventato il nuovo capitale sociale, 120mila euro. Ai quali si sono aggiunti,
il riscatto della mobilità anticipata, circa 6.500 euro per socio, gli 80mila euro di
fondi della finanziaria di Legacoop (l'associazione nazionale delle cooperative), e
200mila euro di Coopfond (fondo mutualistico delle coop). Soldi necessari per
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
riaccendere le macchine e riempire quegli scatoloni, che oggi raccontano di
un'azienda rinata105.
Avendo a disposizione il ramo d’azienda dell’ex- Linca srl e quindi l’immobile, gli
impianti e le attrezzature, l’Artlining è in grado di garantire un servizio e un
prodotto di altissima qualità, garantito da un know how ventennale, che da sempre
soddisfa la clientela più esigente, ovvero le migliori griffe del mercato nazionale ed
internazionale106.
Sfida non facile, quella raccolta dagli ex operai Linca, dato che negli ultimi anni ci
si trova a fronteggiare nuovi scenari competitivi: paesi a basso costo del lavoro e
paesi ad alti livelli di investimenti, con elevati standard qualitativi. In queste difficili
condizioni di mercato, l’imprenditoria nazionale si deve confermare con nuove
strategie, nuovi prodotti, migliore qualità, flessibilità e personalizzazione. Inoltre si
aggiungono gli effetti negativi della crisi economica congiunturale e il settore
risente del calo del potere d’acquisto degli italiani. Nel primo anno di start up,
l’impresa presenta dati negativi di redditività a tutti i livelli che si allineano a quelli
del settore di riferimento107.
L’azienda opera cercando di eliminare gli elementi di criticità che hanno condotto
la società precedente al tracollo, infatti nel 2010, registra i primi risultati positivi
105
ARCANGELO ROCIOLA, Lavoratori manager per salvare l’azienda fallita, da RE Le inchieste di
Repubblica.it 11 marzo 2014
106
Tratto dalla scheda Chi Siamo, artlining.com
107
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come strumento
per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in
Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
con soddisfacenti indici di redditività e l’azienda chiude con utile di 29.968 Euro
grazie al recupero di efficienza e alla strategia di razionalizzazione di un ciclo
produttivo, l’azienda esternalizza i processi non economicamente profittevoli se
eseguiti internamente. Il 2011 l’azienda è caratterizzata da una sostanziale calo
della redditività sia del capitale proprio, sia della gestione caratteristica e del
capitale investito nell’attività operativa rispetto all’anno precedente.
A fronte di aumento della quantità venduta e del fatturato, s’innalza il livello di
produzione così come il tasso di crescita dei prezzi di acquisto delle materie prime
e dei tessuti in linea con l’aumento dell’inflazione annua (circa 3%) comportando
quindi un rilevante livello di costi variabili. Il margine di contribuzione si contrae,
ma riesce a coprire i costi fissi (costo del lavoro e il costo di affitto dell’immobile).
Il fabbisogno finanziario è legato a modesti investimenti per acquisire i macchinari
e il ramo d’azienda e alle spese di costituzione. Nell’ultimo anno l’impresa aumenta
l’indebitamento bancario, soprattutto quello a breve e risulta quindi più indebitata
e più rischiosa rispetto gli anni precedenti. La struttura patrimoniale, grazie al buon
livello di capitalizzazione sostenuta dall’apporto di capitale di rischio da parte dei
soci cooperatori e dei soci finanziatori, Coopfond (figura 27) e CCFS, del
contenimento
del magazzino
per
la velocità del processo
produttivo,
dell’esternalizzazione di alcune funzioni si presenta relativamente equilibrata. Nel
complesso, l’impresa in questione presenta una situazione stabile in termini di
redditività ed è coerente con risultati evidenziati dal settore.
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 27
Slide gentilmente concesse da Coopfond, Beatrice Puccetti, Responsabile Area Progetti
Ad oggi Art Lining Soc. Cooperativa è un’azienda attiva dal 2009, in fase di start
up. Al termine dell’esercizio 2011, Art Lining registra un fatturato pari a Euro
2.308.350 con 12 dipendenti. Nel triennio, il fatturato medio è di Euro 1.870.728 e
il numero medio di addetti è di 12. Considerando questi dati, il settore tessile è
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
composto da 36 aziende selezionato con i criteri simili all’azienda oggetto di
studio108. (figure 28/29)
Figura 28
Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out come
strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M.
270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
108
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
Figura 29
Tabelle tratte da: Verdiana Roncato, Le operazioni di Buy-out in Italia. Focus sul Workers buy-out
come strumento per gestire la crisi. Tesi di Laurea Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex
D.M. 270/2004) in Amministrazione, Finanza e controllo, Anno Accademico 2011 / 2012
Un trend tutto sommato positivo, racchiuso nelle parole del Presidente di
ArtLining Roberto Ferrari, rilasciate in una recente intervista a Coffe Break109: “ Il
mio sogno è sperare che fra dieci anni riusciremo a raggiungere gli obiettivi che si
raggiungevano negli anni 90’, pur partendo da una piccola realtà.”
109
Dichiarazioni tratte da Coffee Break, programma televisivo su LA7, 12 Novembre 2013
Relazione a cura del Dr. Ivan Agostino
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