Le cooperative sociali
Da circa la metà dell´Ottocento le cooperative accompagnano l´evoluzione di classi sociali
meno protette. La loro nascita si colloca nel diciannovesimo secolo, quando la rivoluzione
industriale fa sorgere il problema delle sempre più evidenti condizioni di sfruttamento degli
operai. In Italia la prima cooperativa di consumo viene fondata a Torino nel 1854 per
iniziativa dell´Associazione generale degli operai, anche se la vera diffusione si registra
dopo il 1880 con la nascita delle cooperative promosse da ferrovieri e con lo sviluppo di
forme cooperative tra i braccianti delle zone di bonifica. Tutte si rifanno a principi ispiratori
comuni: mutualità, controllo democratico, libera adesione. Le cooperative tornano in auge
nel Dopoguerra, per consolidare un ruolo primario nell´economia della nazione alla fine
degli anni ´60.
Dare nuove risposte a nuovi bisogni sociali: si può sintetizzare così secondo Jacques
Defourny, dell´Università di Liegi, il ruolo delle cooperative propriamente sociali nate
successivamente ma nel DNA originario di questa forma di mutualità. Un ruolo talmente
importante che, a suo avviso, dovrebbe essere sostenuto da un finanziamento misto, fatto
dalle entrate generate dall´operare sul mercato, da risorse filantropiche e da fondi pubblici.
Una forza che sta tutta nel loro nome “cooperative”, vale a dire quello che le persone
riescono a fare quando sono gli ideali a unirle, dando la possibilità di incidere nel contesto
economico e soprattutto sociale. Pensiamo solo al progetto delle cooperative sociali
sull´inserimento lavorativo, che fa riferimento alla loro mission e alla loro cultura
organizzativa, al fine di realizzare una efficace integrazione socio lavorativa. Per
raggiungere l´obiettivo è indispensabile che lavorino su due fronti: interno ed esterno. Il
fronte interno consiste nell´avviare e approfondire un dibattito per riflettere sul senso e
sulle motivazioni che stanno alla base dell’inserimento lavorativo di persone portatrici di
disagio e difficoltà, al fine di promuovere un processo di condivisione sulle scelte e forme
di corresponsabilità da parte di tutta la compagine sociale sul tema dell´integrazione sociolavorativa; oltre a sviluppare la consapevolezza che il disagio è una realtà complessa e in
continuo cambiamento, pertanto è essenziale dentro i processi organizzativi prevedere
momenti di riflessione e approfondimento che sappiano individuare “buone prassi” di
intervento. Il lavoro da fare all´esterno consiste invece nel proporre momenti di
sensibilizzazione per rendere visibile il lavoro e il senso dell´esperienza che viene attuata
sugli inserimenti, intrecciando relazioni con il territorio e rafforzando la rete sociale per
favorire una cultura dell´integrazione e promuovere nuove opportunità e diritti di
cittadinanza.