Io sono il vento di Jon Fosse traduzione di Graziella Perin regia Lukas Hemleb IO SONO IL VENTO di Jon Fosse traduzione di Graziella Perin regia Lukas Hemleb con Giovanni Franzoni, Luca Lazzareschi scene e costumi Pietro Babina direttore tecnico Marco Carletti allestimento scenico Robert John Resteghini elettricista Vincenzo Bonaffini fonico Giampiero Berti assistente alla regia volontaria Giulia Zavaglia foto di scena Luca Del Pia Emilia Romagna Teatro Fondazione, Maison Centre Européen de création et de production produzione scene realizzate da Gioacchino Gramolini e Marco Belli nel laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione de la culture d’Amiens – Io sono il vento Due uomini, l’Uno e l’Altro. L’Uno propone all’Altro di partire con una piccola barca per allontanarsi dalla costa, verso un’isola «dove non cresce nulla, dove non c’è nulla se non rocce grigie e nude». Sul mare, si avvicinano al punto infinito dove mare e cielo si congiungono e si confondono. Si parla della loro complicità, della loro amicizia, della loro solitudine e anche della morte. Io sono il vento è un viaggio notturno verso l’Ignoto, un periplo verso il limite di tutte le cose, un viaggio verso l’infinito, tra gli spruzzi d’acqua e la nebbia, misterioso e ammaliante. Come spesso capita con Jon Fosse, non sappiamo nulla dei protagonisti, importa solo ciò che stanno vivendo sotto i nostri occhi. In questa struttura linguistica così essenziale dell’autore norvegese, considerato uno dei maggiori autori contemporanei, lo spettatore è costantemente vigile, guidato dalla sua curiosità e dalla sua fantasia. Scoperto in Francia da Claude Régy, Io sono il vento è l’ultimo testo messo in scena da Patrick Chéreau ad Avignon. Per la sua nuova creazione Lukas Hemleb ha scelto di mettere in scena, con la complicità di Pietro Babina per la scenografia, “questa scrittura che tocca l’essenza della vita stessa, che ci conduce ai confini del linguaggio e ci fa toccare l’inesprimibile”. “In Io sono il vento ci troviamo di fronte alla particolare capacità di Jon Fosse di cogliere e circoscrivere l’esistenza umana in poche parole, in uno scambio verbale sospeso, punteggiato di silenzi, tanto denso quanto impercettibile. Come capita spesso con lui, ciò che viene detto è meno importante di ciò che non è detto. Non smette di mostrarci il bianco nel nero e il nero nel bianco. È un teatro attraversato da tracce di altre vite, e dagli elementi. Le parole, le onde e il vento ci trascinano in una vertigine che annebbia il nostro senso dell’orientamento. Come un viaggiatore che vede il mare e il cielo confondersi all’orizzonte, noi arriviamo a perdere la nozione del tempo, a confondere passato e futuro, la vita reale e la vita immaginaria, e a sorprenderci nello scoprire la gioia in ciò che ci fa paura. La magia di Jon Fosse fa sì che noi, spettatori, finiamo a nostra volta per imbarcarci, per essere portati lontano, pur rimanendo più vicini a noi, intimamente a confronto con noi stessi, con le nostre angosce e con il nostro desiderio di sollievo. Una pièce meditativa? Una commedia filosofica? Entrambe le cose senza dubbio ma anche tanto altro. C’è una dolce provocazione e una delicatezza senza pari, nel suo modo di scuotere le nostre certezze…”. Lukas Hemleb, giugno 2014 Intervista a Lukas Hemleb Perché ha scelto di mettere in scena Io sono il vento di Jon Fosse? Sono sempre attratto dalle scritture che hanno ‘del nerbo’. Ci sono autori che toccano l’essenza stessa della vita, senza riuscire a spiegarci come. Forse per via di ciò che il poeta russo Osip Mandel’stam chiama ‘il fruscio del tempo’ che li attraversa. Le epopee contenenti migliaia di versi possono ugualmente affascinarmi ma, in questo caso, è la parsimonia di parole che mi attrae. Una scrittura come in assenza di gravità, asciutta come la carta da musica. Questa è la sfida, lanciata a me regista e agli attori, che mi interessa. Perché tutto lo spessore del vissuto che risiede in questo modo laconico di esprimersi, deve essere colto dall’attore attraverso il suo immaginario. È lui che fa vibrare tutte le corde della vita in uno spartito che si riduce all’essenziale, punteggiato di silenzi che si riempiono di significato. In Jon Fosse il silenzio non è soltanto una didascalia ritmica nello svolgimento del testo. È piuttosto come se tutto il testo ruotasse attorno a un silenzio universale, attorno a un polo, all’occhio di una tempesta, a un buco nero che fagocita tutto ciò che attira. Nel vortice che allinea le nostre parole in una spirale in accelerazione verso l’ignoto, l’autore ci accompagna ai confini del linguaggio, ci fa toccare l’Inesprimibile. Nel far questo procede come un avventuriero, cosciente che il minimo passo falso lo farà perire e affondare nel nulla. A volte ho la sensazione che Jon Fosse non scriva i suoi testi ma che, piuttosto, diventi il medium di una scrittura che si autocrea un po’ suo malgrado. C’è come una specie di sciamanesimo nel suo modo di pensare e procedere. Dopo aver montato il Lohengrin di Richard Wagner per l’Opera di Madrid, come mai ha scelto una pièce così intima e raffinata? L’Opera per me rappresenta un modo di continuare a fare teatro con altri mezzi. Ma è vero che provo piacere – ed è quasi un bisogno – nel ritrovarmi, per questo lavoro, in una costellazione intima, in stretto rapporto con alcuni complici, dopo imprese che hanno riunito su uno stesso palcoscenico un gran numero di persone di diversa provenienza. Probabilmente sono sensibile all’universo di Jon Fosse per le esperienze che ho vissuto in questi ultimi anni. Il mio lavoro a Taïwan e i miei incontri in Giappone mi hanno svelato un modo di concepire il lavoro creativo molto diverso da quello che avevo conosciuto prima di allora. Si tratta di una predisposizione interiore che dà origine a un modo a noi sconosciuto di posizionarsi nel mondo. Su un piano più concreto, il modo in cui Jon Fosse ci fa vivere una sorta di scontro tra tempi in cui passato e futuro si confondono, trova molteplici modelli nelle forme del teatro orientale, in particolare del teatro Nô giapponese. Jon Fosse desiderava che il suo testo fosse appena suggerito; quali sono state le indicazioni per la scenografia firmata da Pietro Babina? Il progetto è segnato anche dall’incontro con Pietro Babina, artista plastico, scenografo e regista italiano. Suoi sono i costumi e le scenografie. Quando abbiamo cominciato a lavorare al progetto, ho insistito su due aspetti fondamentali che costituiscono il punto di partenza: l’indicazione dell’autore secondo il quale nulla deve essere rappresentato e tutto deve essere frutto di allusione, e la mia volontà di creare un legame particolare tra la recitazione degli attori e il dispositivo scenografico in cui operano. Non si trattava di fare apparire in scena la riva del mare, una barca ecc. La proposta di Pietro Babina, che abbiamo affinato assieme, si basa su un principio modulare in virtù del quale saranno gli attori stessi a costruire la scenografia nel corso dello spettacolo. Su una superficie vagamente somigliante a una banchisa sono appoggiate centoventi cassette di plastica che possono incastrarsi e impilarsi come i moduli di un Lego. La fonte principale di luce è indipendente dagli impianti fissi e consiste in un pallone gonfiabile appoggiato su di un treppiede contenente una potente lampada alogena simile a quelle utilizzate nei cantieri all’aperto durante le operazioni notturne. Completano l’allestimento una macchina del fumo e una macchina del vento. In questo universo composto da elementi grezzi, denudato da ogni estetica didascalica, gli attori creano con i loro gesti le topografie del mare, della barca e della tempesta, in un processo che impone allo spazio una metamorfosi perpetua, al contempo astratta e concreta. Jon Fosse Nato nel 1959 vicino a Haugesund sulla costa ovest della Norvegia, Jon Fosse è uno scrittore norvegese approdato al teatro dopo una quindicina di romanzi, racconti, saggi, raccolte di poesie e libri per ragazzi. Nel 1983 pubblica il suo primo romanzo, Raudt, svart (Rosso, nero), mentre la sua prima pièce, realizzata su sollecitazione del giovane regista Kai Johnsen, dal titolo Og aldri skal vi skiljast (E non ci lasceremo mai) è data alle stampe nel 1994. Seguiranno diverse opere tra le quali Qualcuno arriverà, creata al Norske Teatret di Oslo nel 1996, anno in cui riceve il prestigioso premio Ibsen, e Barnet (Il bambino) creata al Teatro Nazionale di Oslo nel 1997. Nella sua opera teatrale i pochi personaggi sono spesso generici (Lui, Lei, Il Padre, La Figlia, Personaggio 1, Personaggio 2), e si confrontano perlopiù con la loro solitudine. Tramite una scrittura semplice, minimalista e ripetitiva, anche se quasi barocca per l’infinito moltiplicarsi e trasformarsi dei suoi motivi, Fosse è capace di carpire i pensieri più intimi, le contraddizioni e i tumulti dei sentimenti che ci assalgono. I suoi scritti (romanzi, novelle, poesie, saggi e opere teatrali) sono stati tradotti in oltre quaranta lingue e messi in scena dai più famosi registi, tra i quali Thomas Ostermeier e Claude Régy. In Italia due suoi romanzi sono stati pubblicati da Fandango: Melancholia nel 2009 e Insonni nel 2011. Un’antologia di sei drammi – Il nome (1994), Qualcuno arriverà (1996), E la notte canta (1997), Sogno d’autunno (1998), Inverno (2000) e La ragazza sul divano (2002) – è stata pubblicata nel 2006 sotto il titolo Teatro da Editoria & Spettacolo a cura di Rodolfo Di Giammarco. Precedentemente La notte... canta è stato pubblicato nel 2004 da Theatrum mundi nella traduzione di Graziella Perin. Variazioni di morte (2001), Sonno (2005) e Io sono il vento (2007) sono stati riuniti in un unico volume, a cura di Vanda Monaco Westerståhl, dalla casa editrice Titivillus nel 2012. Considerato uno dei più grandi autori contemporanei, Jon Fosse vive a Bergen. Lukas Hemleb Lukas Hemleb è nato nel 1960 in Germania, vicino a Francoforte. Giovanissimo è stato assistente alla regia presso la prestigiosa Schaubühne di Berlino. Nel 1983 ha inizio il suo apprendistato all’estero, prima in Italia, dove affianca Luca Ronconi, e poi in Belgio presso l’Opéra National La Monnaie. Nel 1985 debutta come regista in Belgio e in Germania e, all’inizio degli anni 90, dopo qualche progetto in Camerun e in Nigeria, si stabilisce in Francia dove si fa conoscere rapidamente per i suoi progetti innovativi. Numerosi teatri hanno presentato le sue messe in scena, a Parigi e altrove: L’Odéon, la MC93 di Bobigny, il TGP di St Denis, il Théâtre des Abbesses, il Théâtre Vidy-Lausanne, il Burgtheater di Vienna, per citarne alcuni. Come regista d’opera, ha collaborato con compositori contemporanei e ha messo in scena opere del grande repertorio di Verdi e Mozart. È sempre più presente sui principali palcoscenici lirici, in particolare con le sue messe in scena di opere del periodo Barocco. Tra suoi più recenti lavori: Misanthrope realizzato alla Comédie Française nel 2007, rappresentato anche nell’ambito del Festival di Autunno di Madrid; Phèdre di Marina Tsvetaeva con gli attori della compagnia moscovita del Teatro Pouchkine con il sostegno del Festival Cechov di Mosca (2009); l’opera barocca Niobe, regina di Tebe di Steffani, ripresa nel 2010 al Covent Garden di Londra; Z - Je me crois à l’enfer donc j’y suis, spettacolo musicale ispirato all’opera di Rimbaud, con una compagnia franco-americano-giapponese (2011), Lohengrin di Richard Wagner per l’Opera di Madrid (2014). Iphigénie en Tauride di Christoph Willibald Gluck per l’Opera di Ginevra è la sua regia lirica più recente (2015). Hemleb ha inoltre esplorato la cultura cinese attraverso una collaborazione con artisti taïwanesi esperti di musica tradizionale «Nanguan». Tra gli esiti di queste collaborazioni, La déesse de la rivière Luo che è stato rappresentato nel 2008 a Pechino all’interno della Città Proibita. L’opera da camera Yu (Feather) con la celebre musicista Nanguan Wang Xin Xin è stata invitata al Festival New Vision Arts a Hongkong nel 2010. Nell’ottobre 2014 Hemleb ha diretto Io sono il vento in un’edizione francese interpretata da Laurent Manzoni e Airy Routier, anche questa prodotta dalla Maison de la Culture d’Amiens e da Emilia Romagna Teatro Fondazione. Giovanni Franzoni Scopre il teatro a Mantova tra le pareti di casa e il palcoscenico dell’oratorio dove si emozionava vedendo recitare le sorelle ma sul quale, per la troppa emotività, non è mai riuscito a salire. Lascia Mantova per fare del teatro la sua vita e il suo lavoro rinascendo artisticamente dal ventre del Teatro Stabile di Genova dove incontra Marco Sciaccaluga e Vittorio Gassman. Battesimo a Milano in quella realtà che oggi si chiama Elfo Puccini, in uno spettacolo che non dimenticherà mai diretto da Ferdinando Bruni e Elio De Capitani. Comunione con, tra gli altri, Carlo Lizzani, Gigi Dall’Aglio, Andrée Ruth Shammah, Pier Luigi Pizzi, Giorgio Gallione, Angelo Savelli, Stephan Braunschweig, Graham Eatough, Toni Servillo, Giorgio Barberio Corsetti, Lorenzo Loris, Fabio Sonzogni, Federico Tiezzi, Animanera, Alberto Giusta. Cresima con Antonio Latella col quale collabora anche nell’esperienza napoletana sul Fondamentalismo dove incontra, tra gli altri, Giancarlo Sepe, gli MK e Andrea De Rosa. In cinema collabora con Gabriele Salvatores, Dario Argento, Alessandro D’Alatri, Michele Soavi, Marina De Van, Marco Puccioni. Per la televisione anche con Francesca Archibugi, Antonio Frazzi, Francesca Comencini. Un’importante istallazione con Peter Greenaway. Matrimonio ed estrema unzione ancora non pervenuti... www.giovannifranzoni.com Luca Lazzareschi Diplomato alla Bottega Teatrale di Firenze dove ha avuto come maestri Costa, Gassman e Albertazzi. È stato diretto tra gli altri da: Lavia/Edipo Re di Sofocle, Il misantropo di Molière, Riccardo II, Otello, Riccardo III, Amleto di Shakespeare; Ronconi/Lo specchio del diavolo di G. Ruffolo; Lievi/Erano tutti miei figli di A. Miller; Calenda/ Re Lear e Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, Persiani di Eschilo; Sciaccaluga/Le tigri di Bona; De Bosio/Edipo tiranno di Sofocle; Carriglio/Il malinteso di Camus, Orestiade di Eschilo, Amleto di Shakespeare; Missiroli/Lulù di Wedekind; M.T.Giordana/Morte di Galeazzo Ciano di Siciliano, The Coast of Utopia di Stoppard; V. Gassman/Macbeth di Shakespeare; Mauri/ Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare; Marconi/ Rain Man; Avogadro/Il benessere di Brusati; Luconi/Sarabanda di Bergman; Patroni Griffi/Un marito di Svevo; De Fusco/Eracle di Euripide, Antonio e Cleopatra di Shakespeare; De Monticelli/Enrico V di Shakespeare; Salvo/Summer di Bond; Salveti/Ecuba di Euripide e Fedra di Seneca; Schroeter/Zoo di vetro di T. Williams; Perlini/ Lazzaro di L. Pirandello; Maccarinelli/La fiaccola sotto il moggio di G. D’Annunzio, Lungo viaggio verso la notte di O’Neill; Andò/Good People; P. Rambert/Clôture de l’amour di P. Rambert. Ha vinto il Premio della Critica, il Premio Eschilo d’Oro, il Premio Veretium, il Premio Randone, il Premio Danzuso. È stato candidato per tre volte ai Premi Ubu, sia come miglior attore protagonista che come non protagonista e per tre volte ai Premi Olimpici/Le Maschere del Teatro, sia come miglior attore protagonista che come non protagonista, e inoltre candidato al Premio Golden Graal. Per il cinema, ha recitato in Parfums d’Alger di R. Benhadj, Where Angels Fear to Tread di C. Sturridge. Dal 2011 è direttore artistico del Festival della Versiliana. Lo spettacolo è andato in scena in prima assoluta il 3 marzo 2015 all’Arena del Sole di Bologna / ARENA DEL SOLE, dal 3 al 15 marzo da martedì a venerdì ore 20.30, sabato ore 20, domenica ore 16.30 via Indipendenza 44, Bologna — 051.2910910 / TEATRO DELLE PASSIONI, dal 17 al 29 marzo da martedì a venerdì ore 21, sabato ore 19.45, domenica ore 17 viale Carlo Sigonio 382, Modena — 059.2136021 / Conversando di teatro Incontri con Giovanni Franzoni e Luca Lazzareschi sabato 7 marzo, ore 16, Salaborsa Bologna sabato 21 marzo, al termine dello spettacolo, Teatro delle Passioni Modena direttore Pietro Valenti Viale Carlo Sigonio 50/4 – 41124 Modena tel. 059.2136011 www.emiliaromagnateatro.com