4. La rivoluzione russa Prima della rivoluzione, in Russia La crisi

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La rivoluzione russa
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4. La rivoluzione russa
Prima della rivoluzione, in Russia
La crisi della monarchia zarista e lo scoppio della rivoluzione socialista furono
due importanti eventi legati alla prima guerra mondiale. Ancora agli inizi del secolo, in Russia
l'agricoltura era la risorsa economica più importante, esercitata con tecniche molto
arretrate. I contadini, che erano la grande maggioranza della popolazione, vivevano in
condizioni misere, mentre i grandi proprietari terrieri, assieme ai kulaki, i contadini benestanti,
possedevano il 40% delle terre. Nelle grandi città all'inizio del XX secolo erano sorte industrie
grazie a investimenti statali o stranieri. Si formò quindi una classe operaia, che viveva e
lavorava in condizioni molto pesanti, con orari lunghissimi e salari ridotti. Gli operai erano pochi e
concentrati nelle città; il 70% della popolazione viveva nelle campagne. Già nel 1905, dopo la
sconfitta nella guerra russo-giapponese, in tutto l'impero erano scoppiate rivolte che avevano
evidenziato la grave crisi del regime. Lo zar Nicola II era stato costretto a promettere la
concessione di riforme e l'istituzione di un parlamento (duma). I poteri del parlamento furono
limitati e negli anni successivi il regime divenne più oppressivo.
Bolscevichi e menscevichi
L'opposizione alla monarchia russa era sempre stata clandestina, poiché erano stati vietati dal
governo le organizzazioni sindacali e i partiti politici. Erano comunque nate delle forze di
opposizione, tra cui la più attiva era il partito operaio socialdemocratico russo, al
quale avevano aderito circa quarantamila operai e proletari. Il partito era diviso in due: i
menscevichi (che in russo significa «minoranza») e i bolscevichi (<<maggioranza»). I
menscevichi erano moderati e proponevano di arrivare alle riforme attraverso un'alleanza con la
borghesia. Per i bolscevichi, invece, solo una rivoluzione avrebbe cambiato le cose. Tra i capi del
partito bolscevico c'era VIadimir Ulianov, detto Lenin, che era stato esiliato nel 1905 prima
in Siberia poi in Svizzera.
La rivoluzione di febbraio
Durante il conflitto mondiale, la Russia aveva mobilitato dodici milioni di uomini: tantissimi erano
stati i morti, i feriti e i dispersi. Nelle fabbriche gli operai lavoravano in condizioni disumane, per
fornire armamenti all'esercito. Nelle campagne erano rimasti i vecchi, le donne e i bambini.
Quando cominciarono a mancare i rifornimenti alimentari alle città e al fronte, la fiducia nello zar
cominciò a diminuire.
Il 23 febbraio del 1917, ottantamila operai scioperarono a San Pietroburgo, per protestare
contro le sofferenze e la fame provocate dalla guerra. In pochi giorni in città regnò il caos. Lo zar
ordinò ai soldati di sciogliere la manifestazione, ma le truppe fraternizzarono con gli scioperanti. TI
presidente del parlamento chiese allo zar di concedere che si formasse un governo popolare.
Anche i comandanti delle armate russe, che battevano in ritirata, appoggiarono il parlamento
contro l'imperatore. Il 2 marzo Nicola II abdicò e fu arrestato assieme alla famiglia reale.
L'impero russo era crollato in una settimana.
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L'autorità dello zar fu sostituita da due centri di potere in contrapposizione fra loro: il governo
provvisorio, guidato dal principe L'vov e composto dai liberali, e il soviet di San Pietroburgo, il
consiglio dei rappresentanti degli operai e dei soldati, che si era costituito spontaneamente,
composto dai socialisti. TI governo provvisorio voleva che la Russia proseguisse l'intervento nella
guerra mondiale, intendeva organizzare il paese come una democrazia liberale, sul modello delle
potenze occidentali, era contrario alla riforma agraria. Il soviet premeva per la pace immediata e
per la creazione di uno stato socialista. All'interno del soviet vi erano contrasti tra bolscevichi e
menscevichi, per l'organizzazione del partito e gli obiettivi della lotta. I menscevichi appoggiarono
il governo provvisorio, mentre i bolscevichi attesero il ritorno in Russia, dall'esilio in Svizzera, di
Lenin. Egli chiari la sua linea politica: occorreva dare potere ai soviet, diffusi in tutto il paese,
chiedere la pace immediata, dare la terra ai contadini attraverso una riforma agraria.
Il governo provvisorio, intanto, portava avanti il proprio programma: la guerra continuava, pur se
con risultati negativi, perciò, si intensificò la protesta di tutti i ceti sociali. I bolscevichi
approfittarono della situazione: essendo l'unico gruppo politico rimasto fuori dal governo
provvisorio, erano ritenuti dalla popolazione i soli capaci di attuare davvero i cambiamenti, che
avrebbero portato la pace, il lavoro e la terra. Per questo motivo i bolscevichi aumentarono i
propri seguaci e giunsero al pieno controllo dei soviet.
La rivoluzione d'ottobre
In ottobre Lenin decise che era giunto il momento per la conquista del potere attraverso
un'insurrezione. Trotzkij, presidente del soviet di San Pietroburgo, assunse la guida di un
comitato rivoluzionario con il compito di organizzare la rivolta. Il 25 ottobre (secondo il calendario
russo: secondo il nostro calendario era il 7 novembre) furono arrestati i membri del governo
provvisorio, che vennero sostituiti da "commissari del popolo". Questi si insediarono nel Palazzo
d'inverno, sede del governo. I soviet si riunirono e costituirono il nuovo governo
rivoluzionario, con a capo Lenin.
La dittatura del proletariato
Qualche giorno dopo, il nuovo governo emanò le prime importanti disposizioni: Lenin
voleva arrivare al più presto alla pace, sopprimere le grandi proprietà terriere e nazionalizzare le
terre, dividendole tra tutti i contadini. Sicuro di ottenere la vittoria, Lenin indisse subito le elezioni
per l'assemblea costituente, a cui doveva essere affidato il compito di predisporre la carta
costituzionale; tuttavia i bolscevichi non ebbero la maggioranza dei voti. Alla prima riunione
dell'assemblea, nel gennaio del 1918, non fu riconosciuta la legittimità del governo bolscevico.
Lenin sciolse allora l'assemblea e proibì ogni tipo di opposizione; era
necessaria, secondo lui, una fase temporanea di potere assoluto da parte del partito bolscevico,
che fu denominata dittatura del proletariato.
Le dure condizioni di pace e la guerra civile
Lenin intendeva ottenere la pace e uscire dal conflitto mondiale ad ogni costo, prima di affrontare
ogni altra questione. Perciò egli accettò le condizioni di pace imposte dalla Germania, con il
trattato di Brest-Litovsk, che il governo firmò il3 marzo 1918. Il trattato prevedeva la
perdita di estesi territori che erano stati parte dell'impero zarista.
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Le umiliazioni del trattato di pace e lo scioglimento dell'assemblea costituente determinarono una
forte opposizione verso i bolscevichi. Scoppiò dunque una sanguinosa guerra civile, che vide
contrapposti l'armata rossa, l'esercito rivoluzionario comandato da Trotzkij, e le armate
bianche controrivoluzionarie (denominate così per il colore della divisa) guidate da ex
ufficiali dello zar, che avevano appoggi finanziari ed economici da parte delle potenze occidentali. I
governanti europei nutrivano una forte ostilità nei confronti della Russia socialista, che, secondo
loro, rappresentava una minaccia per il capitalismo. Dopo quattro anni di inaudite violenze da
entrambe le parti, nel 1921 l'armata rossa prevalse.
Nel 1920 la repubblica di Polonia, approfittando della crisi interna della Russia, tentò di
conquistare l'Ucraina. L'armata rossa intervenne e l'anno dopo fu firmato un trattato di pace, a
Riga, che prevedeva il passaggio alla Polonia di ampie zone della Bielorussia e dell'Ucraina.
Le vittorie dell'armata rossa permisero a Lenin di attuare un importante progetto: creò
l'Internazionale comunista, assemblea che aveva il compito di organizzare e coordinare i
partiti rivoluzionari (comunisti) di tutto il mondo.
La nascita dell'U RSS
Nel 1921 le condizioni economiche della Russia erano disastrose. Durante la guerra civile, il
governo bolscevico, per far fronte alle necessità di approvvigionamento delle città, aveva
instaurato il comunismo di guerra: aveva costretto i contadini a consegnare tutti i prodotti
agricoli e aveva nazionalizzato molte industrie. Era quindi enorme il malcontento tra la
popolazione.
Alla fine delle ostilità, Lenin decise di avviare la Nuova politica economica (NEP), che
liberalizzò in parte il commercio. Infatti i contadini ebbero la possibilità di vendere al mercato la
parte dei loro prodotti che non doveva essere consegnata allo Stato. La Nep diede buoni risultati;
ma alla maggiore libertà economica non corrispose una maggiore libertà politica; i partiti politici
furono messi fuori legge.
Nel 1922 lo Stato prese il nome di Unione delle repubbliche socialiste sovietiche
(URSS), una federazione di Stati socialisti governati dai soviet, con un territorio vastissimo.
Attraverso l'Internazionale Lenin cercò di instaurare buoni rapporti con altri Stati per fare uscire la
Russia dall'isolamento provocato dalla rivoluzione. Nel 1924, molte grandi potenze
riconobbero il nuovo Stato.
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