STAT3 NEL CARCINOMA MAMMARIO: RUOLO NELLE CELLULE

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Riassunto della Tesi
STAT3 NEL CARCINOMA MAMMARIO: RUOLO NELLE CELLULE STAMINALI
TUMORALI E NELLE RECIDIVE LOCALI
1. IL TUMORE AL SENO E LE RECIDIVE LOCALI
Il tumore al seno rappresenta una delle forme di tumore più diffuse tra le donne, infatti ogni
anno vengono diagnosticati circa 1-2 milioni di nuovi casi, colpendo così il 10-12% della
popolazione femminile in tutto il mondo 1.
I programmi di prevenzione e screening del tumore alla mammella hanno portato negli
ultimi anni a diagnosi sempre più precoci. In questo contesto, sebbene il tumore primario sia
molto spesso curabile, ciò che maggiormente influenza la risposta delle pazienti è la comparsa di
recidive locali e il possibile sviluppo successivo di metastasi 2.
Recentemente diversi studi hanno evidenziato come la comparsa di recidiva locale (definita
come la ricomparsa del tumore nella mammella ipsilaterale) sia da considerarsi non solo un
indicatore, ma addirittura un determinante per lo sviluppo di metastasi 3, e che le pazienti che ne
sono affette abbiano una prognosi decisamente peggiore. Prevenire la comparsa di recidive locali
quindi significherebbe prevenire la mortalità per tumore al seno in una paziente su quattro 4.
In un recente studio è stato evidenziato che nel carcinoma alla mammella più del 90% delle
recidive locali si manifestano nello stesso quadrante in cui era stato rilevato il tumore primario,
nella maggior parte delle volte in prossimità della cicatrice post-chirurgica5. Ciò suggerisce che
l’atto stesso della chirurgia possa provocare alterazioni nel microambiente mammario tali da
favorire la sopravvivenza e la proliferazione delle cellule tumorali residue portando,
eventualmente, alla formazione di recidive locali.
Recentemente, nel laboratorio in cui è stato condotto questo lavoro di tesi, è stata testata
l’ipotesi che le alterazioni provocate nel microambiente locale dall’escissione tumorale e dai
successivi meccanismi di riparo della ferita, possano modificare il fenotipo e la cinetica di crescita
delle cellule tumorali di mammella6, 7, 8. A questo scopo sono stati utilizzati i fluidi di drenaggio (da
qui in avanti indicati come Wound Fluids, WF) raccolti dalla ferita post-chirurgica delle pazienti
operate al seno nelle 24 ore successive alla chirurgia. L’analisi proteomica dei WF ha dimostrato
che essi presentano un’elevata espressione di molti fattori di crescita e citochine, indicando che il
1
trauma causato dalla chirurgia genera una risposta che porta al rilascio di molti mediatori chimici
nel letto tumorale. Inoltre, è stato dimostrato che i WF stimolano la proliferazione, la migrazione,
l’invasione e la sopravvivenza delle cellule tumorali di mammella 6, 7, 8, supportando l’ipotesi che
davvero la chirurgia possa rappresentare un fattore perturbante in grado di stimolare la
proliferazione delle cellule maligne eventualmente presenti nel microambiente locale. Da studi
precedenti è anche emerso che una delle vie di segnalazione coinvolte funzionalmente nella
risposta delle cellule tumorali di mammella ai WF è la via di STAT36.
Partendo da queste nozioni si è deciso di approfondire il ruolo di STAT3 e il suo possibile
coinvolgimento nei meccanismi che portano allo sviluppo della recidiva locale.
2. STAT3 E IL TUMORE AL SENO
STAT3 è una proteina appartenente alla famiglia delle proteine STAT (Signal Transducers and
Activators of Transcription), e, come dice il nome stesso, agisce sia come trasduttore del segnale
sia come fattore di trascrizione9.
Questa proteina può essere attivata da una grande varietà di fattori solubili, come fattori di
crescita, ormoni e citochine, in particolare dagli interferoni (IFNs) e dall’interleuchina 6 (IL-6)10.
Il legame di questi con i propri recettori promuove l’attivazione di una via di segnalazione
che porta in ultima istanza alla dimerizzazione di STAT3 e alla sua successiva traslocazione nel
nucleo. I geni attivati da STAT3 sono molti, tra cui geni antiapoptotici, regolatori del ciclo cellulare
e geni coinvolti nell’angiogenesi.
Nell’ambito del tumore al seno STAT3 è stato trovato costitutivamente fosforilato, e quindi
attivo, nel 30-60% dei tumori primari analizzati, nonché in molte linee cellulari di carcinoma alla
mammella. In questo contesto è associato ad un aumento della proliferazione, resistenza
all’apoptosi e invasività. Inoltre è anche associato alle caratteristiche staminali delle cellule
staminali tumorali11.
2
Figura 1. Immagine raffigurante la via di segnalazione di STAT3. Tratto e modificato da: Yu H et al., 200712.
3. CELLULE STAMINALI TUMORALI E TUMORE AL SENO
Le cellule staminali tumorali sono una piccola popolazione cellulare presente all’interno della
massa tumorale che, secondo le teorie più recenti, sono responsabili dell’origine dei tumori stessi,
dello sviluppo di recidive locali e della formazione di metastasi. Solamente loro infatti, tra tutte le
cellule che costituiscono il tumore, sono in grado di riformarlo.
Sono dotate di caratteristiche peculiari che le rendono molto aggressive, come la capacità di
dividersi in maniera asimmetrica rigenerando sempre una nuova cellula staminale (self-renewal) e
la resistenza alla radioterapia e alla maggior parte dei trattamenti farmacologici utilizzati in
clinica13.
Figura 2. Immagine raffigurante il processo di self-renewal, ovvero di auto-rinnovamento delle cellule
staminali tumorali. Tratta e modificata da: Gupta PB et al., 200914.
3
La grande plasticità di cui la ghiandola mammaria femminile è dotata, e che le consentono di
adattarsi ai vari cambiamenti cui va incontro nel corso della vita: pubertà, gravidanza,
allattamento e involuzione, è dovuta in gran parte alla presenza di un numero considerevole di
cellule staminali adulte.
Considerando le più recenti scoperte sull’importanza delle CSC nella formazione delle
neoplasie maligne e nello sviluppo di metastasi, negli ultimi anni molti studi hanno investigato
anche il loro possibile coinvolgimento nei tumori della mammella. Infatti dal momento che lo
sviluppo di metastasi influenza molto negativamente la prognosi delle pazienti affette da tumore
al seno, e che le CSC sembrano essere coinvolte nei processi che promuovono l’invasività dei
tumori, risulta particolarmente importante comprendere quali sono i meccanismi che regolano il
mantenimento delle cellule staminali tumorali di mammella, in modo da riuscire a sviluppare dei
farmaci in grado di agire in maniera specifica contro questa sottopopolazione tumorale.
Negli ultimi anni diversi studi hanno evidenziato il coinvolgimento di STAT3 nella
proliferazione e nella sopravvivenza delle CSC 15, 16, 17. Considerando l’importante ruolo che questa
via di segnalazione ha nella risposta mediata dai fluidi infiammatori post-operatori, si è deciso di
continuare ad approfondire il suo ruolo nella promozione e nella sopravvivenza delle cellule
staminali tumorali di mammella, in particolare nel contesto post-chirurgico che sembrerebbe
facilitare la comparsa di metastasi e recidive locali.
4. ANALISI DELL’ATTIVAZIONE DI STAT3
Lo scopo di questa tesi era quello di approfondire il ruolo di STAT3 nella risposta delle cellule
tumorali ai WF. Con questo fine sono stati fatti sia degli studi in vitro, con i quali usando i WF come
surrogato della risposta infiammatoria post-chirurgica si è potuto valutare in particolare il ruolo di
STAT3 nel mantenimento del fenotipo staminale delle cellule staminali tumorali di mammella, che
degli studi in vivo, grazie ai quali è stata verificata l’importanza di STAT3 nell’attecchimento delle
cellule tumorali e nella formazione delle recidive locali.
Come prima cosa è stato deciso di valutare l’attivazione di STAT3 in seguito a stimolazione
con WF, in un pannello ampio di linee cellulari di mammella, che corrispondono a differenti istotipi
tumorali.
Come si può osservare dall’analisi Western Blot dei lisati cellulari, la stimolazione con il 5% di
WF induce in maniera efficace e sostenuta la fosforilazione di STAT3, in tutte le linee testate.
4
Questo indica che la stimolazione con STAT3 nel contesto infiammatorio post-chirurgico è un
evento comune a tutti i tipi di carcinoma mammario.
Si può dedurre che l’infiammazione generata dalla rimozione del tumore primario è in grado
di attivare la via di segnalazione di STAT3, in vitro.
Figura 3. Analisi dell’attivazione della via di segnalazione di STAT3. La figura mostra l’analisi Western Blot
delle linee cellulari tumorali di mammella MDA-MB-468, MDA-MB-231, MDA-MB-453, SK-BR-3, MCF-7 e
BT-474. Le cellule sono state deprivate dal siero e stimolate con 10% FBS o con 5% WF per i tempi indicati.
L’analisi di espressione della Vinculina è stata utilizzata come normalizzatore dei livelli di caricamento.
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5. ANALISI DELL’ATTIVAZIONE DELLE CELLULE STAMINALI TUMORALI IN PRESENZA DI WF
Successivamente si è deciso di valutare se i WF fossero in grado di stimolare la crescita delle
cellule staminali tumorali. A questo scopo sono stati adottati due differenti metodi:
Il primo saggio adottato è stato quello della formazione di mammosfere. Le mammosfere
sono degli sferoidi formati da cellule cresciute in sospensione. Questa condizione non è fisiologica
per le cellule tumorali e soltanto quelle con fenotipo staminale riescono a crescere, quindi ne
deriva che le mammosfere che si originano derivano da una singola cellula staminale tumorale.
La procedura utilizzata prevede che le cellule vengano piastrate in piastre non adesive, in
presenza di un terreno di coltura specifico in modo da ottenere una generazione primaria, grazie
alla quale si può valutare l’efficienza di formazione delle mammosfere e il potenziale staminale
delle stesse. Queste vengono poi processate e ripiastrate in modo tale da ottenere una
generazione secondaria grazie alla quale si valuta la capacità di self-renewal, caratteristica
fondamentale di queste cellule.
In questo esperimento sono state testate anche alcune linee tumorali di mammella in
presenza di terreno di coltura standard, con EGF (Epidermal Growth Factor), oppure nello stesso
terreno senza EGF ma con 5% di WF. Come si può osservare, in presenza di WF, in tutte le linee
testate si ha un aumento nell’efficienza di formazione delle mammosfere, sia nella generazione
primaria che in quella secondaria. Inoltre si osserva anche un aumento della self-renewal.
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Figura 4. Saggio di formazione delle mammosfere in presenza di WF. A. Il grafico mostra l’efficienza di
formazione delle mammosfere (MFE%) ottenuta dalla generazione primaria nelle linee cellulari MDA-MB468, MDA-MB-231, BT-474 e MCF-7 in presenza di terreno standard contenente EGF (EGF) o senza EGF ma
addizionato con 5% WF (WF). Il valore di MFE è stato calcolato dal rapporto percentuale tra le mammosfere
formate e il numero di cellule piastrate. B. Il grafico mostra la MFE% della generazione secondaria ottenuta
a partire dalle mammosfere della generazione primaria disgregate e piastrate nuovamente nei terreni
indicati. C. Il grafico indica il Self-Renewal delle cellule MDA-MB-468, MDA-MB-231, BT-474 e MCF-7 in
presenza dei terreni indicati. Il self-renewal è stato calcolato dal rapporto tra il numero delle mammosfere
secondarie e primarie. D. Immagini rappresentative delle mammosfere formate nella generazione primaria
nelle linee indicate. Le immagini sono state acquisite con il microscopio ottico ad ingrandimento 20X.
Il secondo metodo che è stato utilizzato per valutare la staminalità delle cellule tumorali è
l’analisi della Side Population. Questa è una popolazione cellulare molto ricca di pompe di efflusso
che le consentono di escludere composti chimici. Sfruttando questa caratteristica, le cellule
vengono marcate con un colorante vitale, l’Hoechst 33342, e usando un inibitore specifico per
queste pompe, come la Reserpina, si riesce a riconoscerlo mediante citofluorimetria a flusso.
In questo esperimento è stata valutata la Side Population nelle cellule di mammella,
mantenute in coltura in presenza o in assenza di WF.
Come si può osservare, la presenza di WF in questa linea cellulare aumenta notevolmente la
Side Population, che passa dal 4.5% al 15.9%
Nel complesso, entrambi questi risultati ci suggeriscono che i WF stimolano in maniera
efficace la proliferazione e il self-renewal delle cellule staminali tumorali di mammella.
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Figura 5. Analisi della Side-Population in presenza di WF. Le figure mostrano l’analisi al FACS per la
valutazione della Side Population (SP) nella linea cellulare MCF-7 (A) e nella linea cellulare MDA-MB-468 (B)
mantenute per 48 ore nel mezzo completo (CTR) oppure in terreno privo di siero addizionato con 5% WF
(WF). La SP è stata identificata mediante l’esclusione del colorante Hoechst che è inibita in presenza di
Reserpina. La percentuale di SP è indicata all’interno del plot.
6. SILENZIAMENTO DI STAT3 NELLE CELLULE STAMINALI DI MAMMELLA
Per poter valutare il ruolo di STAT3 nell’ambito della proliferazione delle cellule staminali
tumorali in vitro, e nella formazione di recidive locali in vivo, è stato necessario adottare strumenti
adatti.
La prima strategia usata è stata quella di silenziare la proteina in due linee cellulari di
mammella, MDA-MB 231 e MDA-MB 4668, utilizzando la tecnica della RNA-interference.
Come si può osservare dall’analisi Western-Blot dei lisati cellulari, i cloni ottenuti da
entrambe le linee risultano essere efficacemente silenziati e anche dopo stimolazione con WF al
5%, in tutti i tempi testati, non si osserva attivazione della proteina.
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Si è inoltre valutata l’espressione di alcuni geni regolati trascrizionalmente da STAT3. Come si
può osservare dall’analisi mediante qRT-PCR, BCL2 e Survivin, due dei principali target di STAT3,
risultano down-modulati rispetto alle cellule di controllo, anche in presenza di WF.
Si può quindi dedurre che il silenziamento di STAT3 è stato efficace ed in grado di inibire
l’attività trascrizionale della proteina.
Figura 6. Silenziamento di STAT3 nella linea cellulare MDA-MB-231. A. La figura mostra l’analisi Western
Blot delle cellule controllo (CTR) e dei cloni silenziati per STAT3 (sh). Le cellule sono state deprivate dal siero
per 48 ore e successivamente stimolate con 5% WF per i tempi indicati. L’analisi di espressione della
Vinculina è stata utilizzata come normalizzatore dei livelli di caricamento. B. I grafici mostrano l’analisi di
espressione di due target trascrizionali di STAT3, Bcl-2 e Survivin, mediante la tecnica qRT-PCR, nelle cellule
di controllo (CTR) e nei cloni silenziati per STAT3 (sh-STAT3). Le cellule sono state deprivate dal siero e
stimolate per i tempi indicati con 5% WF.
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Figura 7. Silenziamento di STAT3 nella linea cellulare MDA-MB-468. La figura mostra l’analisi Western Blot
delle cellule controllo (CTR) e dei cloni silenziati per STAT3 (sh). Le cellule sono state deprivate dal siero per
48 ore e successivamente stimolate con 5% WF per i tempi indicati. L’analisi di espressione della Vinculina è
stata utilizzata come normalizzatore dei livelli di caricamento.
7. INIBIZIONE FARMACOLOGICA DI STAT3
La seconda strategia adottata è stata quella di utilizzare degli inibitori di STAT3
commercialmente disponibili: S3I-201, STATTIC e STA-21 agiscono interagendo con il dominio SH2
della proteina, e quindi bloccando la dimerizzazione e la conseguente traslocazione nel nucleo di
STAT3, mentre GALLIELLALACTONE agisce bloccando l’attività trascrizionale di STAT3 per
interazione con il suo dominio di legame al DNA.
Come si può osservare dall’analisi Western Blot della frazione citoplasmatica e di quella
nucleare delle cellule trattate, la stimolazione con WF nel controllo causa la fosforilazione di STAT3
e la sua traslocazione nel nucleo. Per contro gli inibitori S3I-201, STATTIC e STA-21 impediscono la
traslocazione nucleare della proteina, in accordo con la loro attività. Galliellalactone invece
impedisce soltanto in maniera parziale lo spostamento della proteina nel nucleo.
Anche in questo caso è stata analizzata l’espressione dei target a valle di STAT3. Si può
osservare dall’analisi qRT-PCR come tutti gli inibitori, sebbene a livelli differenti, siano stati in
grado di ridurre in maniera efficace la trascrizione dei geni di STAT3 in entrambe le linee testate.
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1
Figura 8. Inibizione farmacologica di STAT3 nella linea MDA-MB-231. A. La figura mostra l’analisi Western
Blot della frazione nucleare e di quella citoplasmatica delle cellule deprivate dal siero, pre-trattate o meno
con gli inibitori di STAT3 (S3I-201 50 μM, STATTIC 10 μM, STA-21 30 μM, Galiellalactone 12 μM), raccolte al
tempo 0 oppure stimolate per 20 minuti con 5% WF. L’analisi di espressione della Tubulina e della
Fibrillarina sono state utilizzate come normalizzatori e marcatori della frazione citoplasmatica e nucleare,
rispettivamente. B. I grafici mostrano l’analisi di espressione dei target trascrizionali di STAT3, Bcl-2,
Survivin e Ciclina D1, mediante la tecnica qRT-PCR. Le cellule sono state trattate o meno con gli inibitori di
STAT3 (S3I-201 50 μM, STATTIC 10 μM, STA-21 30vμM, Galiellalactone 12 μM) e stimolate con 5% WF.
11
8. IMPORTANZA DI STAT3 NELLA FORMAZIONE DELLE MAMMOSFERE
A questo punto è stato possibile verificare l’importanza di STAT3 nella proliferazione delle
cellule staminali tumorali, nel contesto infiammatorio post-chirurgico.
E’ stata quindi valutata la formazione delle mammosfere in un terreno di coltura addizionato
di WF al 5%, in presenza o meno degli inibitori di STAT3 precedentemente testati e di un nuovo
inibitore di STAT3, NVP-BSK 805. In questo esperimento inoltre sono state testate anche le cellule
silenziate per STAT3 precedentemente ottenute.
Come si può osservare, la capacità di formare mammosfere nella generazione primaria e la
self-renewal sono molto ridotte, sia nelle cellule in cui STAT3 è inibito farmacologicamente, che in
quelle silenziate. Inoltre le mammosfere che si formano quando STAT3 è inattivato risultano più
piccole e con una densità cellulare minore.
Questi risultati indicano che STAT3 è importante nel mantenimento delle caratteristiche
staminali delle cellule tumorali di mammella mediata dai WF.
Dal momento che numerosi dati di letteratura indicano che uno dei primi attivatori di STAT3
è l’IL-6 è stato deciso anche di testare un anticorpo bloccante IL-6. Esaminando i risultati ottenuti,
si può notare come sia l’efficienza di formazione delle mammosfere che la self-renewal
diminuiscono rispetto al non trattato, ma questo non è comparabile con i risultati ottenuti con i
cloni silenziati o con gli inibitori, suggerendo che sebbene in altri contesti l’IL-6 sia il principale
attivatore di STAT3, nel microambiente infiammatorio post-chirurgico, la sua attivazione non èp
data da una sola interleuchina.
12
Figura 9. Saggio di formazione delle mammosfere nelle cellule delle linea MDA-MB-231 inibite o
silenziate per STAT3. A. I grafici mostrano, a sinistra, l’efficienza di formazione delle mammosfere (MFE%)
e, a destra, il self-renewal delle cellule MDA-MB-231 trattate o meno con l’anticorpo bloccante l’IL-6 (0.2
μg/ml) oppure con gli inibitori di STAT3 (S3I-201 50 μM, STATTIC 10 μM, STA-21 30 μM, Galiellalactone 12
μM, NVP-BSK-805 25 μM ), e dei cloni silenziati per STAT3 (sh-2 STAT3 ed sh-3STAT3), in presenza di
terreno standard addizionato con 5% WF. B. Immagini rappresentative delle mammosfere formate nella
generazione primaria nelle condizioni descritte. Le immagini sono state acquisite con il microscopio ottico
ad ingrandimento 20X.
9. FORMAZIONE DELLE RECIDIVE LOCALI, IN VIVO
Dopo aver dimostrato in vitro che l’infiammazione post-chirurgica promuove la
proliferazione delle CSC e che questo evento è mediato da STAT3, è stato messo a punto un
modello sperimentale per valutare in vivo la formazione di recidive locali, mimando ciò che accade
normalmente alle pazienti nella pratica clinica, ovvero la crescita di un tumore primario, seguita
dalla rimozione chirurgica dello stesso, e la comparsa eventuale di recidive.
A questo scopo si sono utilizzati due approcci:
Nel primo approccio le mammelle toraciche di topi nudi atimici sono state inoculate con
cellule silenziate per STAT3 o con cellule di controllo della line MDA-MB 231. Raggiunta la
dimensione ottimale, il tumore primario è stato asportato e si è seguita la comparsa di recidive per
8 settimane
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Nel secondo approccio le mammelle toraciche di topi nudi atimici sono state inoculate con
cellule di controllo. Dopo la formazione del tumore gli animali sono stati suddivisi in quattro
gruppi: un gruppo è servito come controllo e gli altri tre sono stati trattati seguendo uno schema
perioperatorio con gli inibitori di STAT3 S3I-201 e NVP-BSK 805 che dalle analisi in vitro realizzate
in precedenza sembravano essere i più promettenti. Questi sono stati somministrati per via orale il
giorno prima, il giorno stesso e il giorno dopo la chirurgia.
Come si può osservare dai grafici riportati, solo il 25% degli animali inoculati con cellule
silenziate hanno formato recidiva, e il trattamento farmacologico è risultato ancora più afficace,
con solo l’8% di recidive nei topi trattati con S3I-201 e addirittura lo 0% in quelli trattati con NVPBSK 805.
E’ quindi possibile affermare che l’inibizione di STAT3 è in grado di diminuire la formazione di
recidive locali in vivo.
Figura 10. Ruolo di STAT3 nella formazione delle recidive locali, in vivo. A. Schema raffigurante le
principali fasi del modello adottato per valutare la comparsa di recidive locali: inoculo delle cellule tumorali
di mammella nelle ghiandole mammarie toraciche di topi nudi atimici, asportazione chirurgica del tumore
primario e analisi dell’eventuale comparsa delle recidive locali per 8 settimane dalla chirurgia. B. Schema di
trattamento “peri-operatorio” con gli inibitori di STAT3: S3I-201 60 mg/kg, NVP-BSK-805 80 e 160 mg/kg. I
topi sono stati trattati per via orale il giorno prima della chirurgia (giorno -1), il giorno stesso della chirurgia
(giorno 0) e il giorno successivo (giorno +1).
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Figura 21. Ruolo di STAT3 nella formazione delle recidive locali, in vivo. A. La tabella riporta la
percentuale delle recidive locali formate dai topi dopo l’inoculo con le cellule MDA-MB-231 di
controllo, trattati o meno con gli inibitori di STAT3 indicati, oppure dopo l’inoculo con le cellule
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MDA-MB-231 silenziate per STAT3 (sh2-STAT3 ed sh-3 STAT3). B. Immagini rappresentative dei
tumori primari asportati il giorno della chirurgia, dai topi appartenenti alle coorti indicate.
C. Immagine rappresentativa di un topo non trattato che ha sviluppato recidiva locale (indicata
dalla freccia) e un topo trattato con l’inibitore S3I-201 di STAT3 che non ha sviluppato recidiva
nelle 8 settimane dopo la chirurgia. D. Il grafico riporta la percentuale di sopravvivenza senza
recidive nelle coorti indicate, nel periodo di 8 settimane dall’asportazione chirurgica del tumore
primario.
10. CONCLUSIONI
Per concludere, i risultati ottenuti da questo lavoro di tesi dimostrano che l’infiammazione
generata dalla rimozione del tumore primario, stimola la sopravvivenza delle cellule tumorali
residue, in particolare delle cellule staminali tumorali, e questo evento è attribuibile all’attivazione
della via di segnalazione di STAT3 indotta dall’infiammazione stessa.
L’inattivazione di STAT3 infatti diminuisce in vitro l’attività delle cellule staminali tumorali, e
questo evento è attribuibile all’attivazione della via di segnalazione di STAT3 indotta
dall’infiammazione stessa.
L’inattivazione di STAT3 infatti diminuisce in vitro l’attività delle cellule staminali tumorali ed
in vivo l’attecchimento delle cellule tumorali e la formazione di recidive.
Nel complesso è stato possibile dimostrare che STAT3 può essere considerato un target
importante per il trattamento del tumore al seno e può portare, con uno schema di trattamento
peri-operatorio adeguato, ad una riduzione significativa dell’insorgenza di recidive locali e quindi
ad un aumento della sopravvivenza delle pazienti affette da tumore al seno.
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