I FARMACI BIOLOGICI NELLA CURA DEI TUMORI STORIA E RAZIONALE Lo studio di alcuni aspetti della biologia tumorale – fattori di crescita e segnali di trasduzione, invasività e angiogenesi, apoptosi, ciclo cellulare, sistemi di controllo della fedeltà di replicazione del DNA – ha fornito nuove indicazioni per l’ideazione di farmaci che interferiscano direttamente con eventi chiave della cellula neoplastica, con maggiore selettività per il tumore e minore tossicità per l’organismo. Infatti, la mancata specificità d’azione dei chemioterapici, ne causa la considerevole tossicità (mielosoppressione, mucosite, alopecia, astenia, alterazioni delle funzioni cardiache, neurologiche, renali e gastroenteriche). È quindi oggi possibile identificare e colpire in maniera selettiva e specifica le molecole (fattori di crescita, recettori, enzimi, ecc.) responsabili della crescita e della diffusione incontrollata delle cellule tumorali, della loro capacità di sopravvivere alla chemioterapia e alla radioterapia e di stimolare la produzione di nuovi vasi sanguigni. Grazie ad una serie di tecniche sempre più sofisticate per studiare i geni, i loro prodotti proteici, i vari aspetti del ciclo cellulare, i ricercatori hanno cominciato ad identificare molecole che interagissero con un difetto specifico: l’approccio alla farmacologia antineoplastica ne è risultato radicalmente cambiato, passando da una farmacologia basata sulla malattia ad una terapia guidata sul difetto molecolare. I recettori per i fattori di crescita e le vie di trasduzione del segnale intracellulare – “step” critici per la progressione della malattia – rappresentano bersagli particolarmente attraenti e potenzialmente sfruttabili per la maggior parte dei nuovi farmaci antineoplastici. Ma quando nasce la target therapy? L’esempio più eclatante e ormai “illustre” della potenziale efficacia clinica degli approcci “biologici” è dato dall’imatinib che ha cambiato la storia della leucemia mieloide cronica resistente alla terapia con interferone. Il primo studio di Fase I con Glivec iniziò nel giugno 1998. Ad aprile 1999, i primi risultati già indicavano che il farmaco dimostrava una significativa attività. Meno di tre anni dopo, il 27 febbraio 2001, venne avviata la richiesta d'autorizzazione per il farmaco e il 7 marzo, dopo soli otto giorni, l’FDA assicurò la procedura prioritaria nell’esame della richiesta. Imatinib è stato designato farmaco 'orfano’ in America, nell’Unione Europea e in Giappone. Il 10 maggio 2001, l’ FDA approvò il farmaco. Più recentemente sono stati sviluppati i cosiddetti anticorpi monoclonali in grado di colpire e distruggere le cellule tumorali senza arrecare danni a quelle sane. Un esempio in questo campo è il trastumazab, che si lega a una proteina presente sulla superficie della cellula di alcuni tumore alla mammella detta recettore HER2. Il legame tra il farmaco e il recettore inibisce la riproduzione della cellula contrastando così la crescita del tumore. Gli anticorpi monoclonali diretti contro il Vascular Endothelial Growth Factor (fattore di crescita dell’endotelio vascolare o VEGF), come il bevacizumab, agiscono inibendo l’angiogenesi, processo di formazione di un nuovo network sanguigno che alimenta il tumore. Un'altra molecola che ha ottenuto ottimi risultati è cetuximab, nei giorni scorsi approvato dall’AIFA come trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma metastatico che esprime il gene KRAS wild-type e EGFR, fattore di crescita dei tumori, bersaglio di questo anticorpo monoclonale. Gli anticorpi sono proteine prodotte dai linfociti B, piccole cellule appartenenti alla categoria dei globuli bianchi con il compito di difendere l'organismo da agenti esterni tramite la risposta umorale. Agiscono distruggendo alcuni tipi di cellule tumorali, senza danneggiare in misura rilevante le cellule normali. La loro funzione è di riconoscere alcune proteine presenti sulla superficie di specifiche cellule tumorali. Quando l’anticorpo monoclonale riconosce la proteina, vi si unisce saldamente e in questo modo stimola il sistema immunitario dell’organismo ad aggredire le cellule neoplastiche e può anche indurre le cellule ad autodistruggersi.